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Dai banchi alle trincee - Liceo Classico Romagnosi

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Dai banchi alle trincee - Liceo Classico Romagnosi
GRUPPO INTERCLASSE 3B-3G
LICEO CLASSICO ROMAGNOSI
PARMA
LICEO ROMAGNOSI
MANICOMIO DI COLORNO
(PR)
LA LAPIDE
ALL‟INGRESSO
DEL LICEO
NELL‟ATRIO DEL LICEO
CLASSICO ROMAGNOSI UNA
LAPIDE POSTA NEL 1933
RICORDA I DOCENTI E GLI EX
ALUNNI DEL REGIO LICEO
ROMAGNOSI PARTITI PER LA
GRANDE GUERRA E MORTI NEL
CONFLITTO.
A DUE DI ESSI E‟ STATA
ASSEGNATA LA MEDAGLIA
D‟ORO AL VALOR MILITARE,
AGLI ALTRI LA MEDAGLIA
D‟ARGENTO.
MANICOMIO
DI COLORNO
IL MANICOMIO DI
COLORNO FU UNO DEI
TANTI MANICOMI
DOVE VENNERO
INTERNATI I SOLDATI
CHE VENIVANO
ALLONTANATI DAL
FRONTE PER PROBLEMI
DI NATURA PSICHICA.
SONO QUEI SOLDATI
DEFINITI COME SCEMI
DI GUERRA.
1. PARMA E IL LICEO ROMAGNOSI DAL 1911al1918:
2.
3.
4.
5.
PRESENTAZIONE GENERALE.
GLI ALUNNI DEL ROMAGNOSI IN TRINCEA
LA VOCE DEGLI STUDENTI: IL GIORNALE DEGLI
STUDENTI IN TEMPO DI GUERRA.
FERDINANDO BERNINI: DALLA CATTEDRA DI
DOCENTE AL FRONTE, DAL FRONTE ALL‟IMPEGNO
ANTIFASCITA E ALL‟ASSEMBLEA COSTITUENTE.
GLI SCEMI DI GUERRA NEL MANICOMIO DI
COLORNO.
6. L‟ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE.
1911 - 1918
1912
L’ITALIA INTERA E’ IN
FERMENTO E SI DIVIDE FRA
OPPOSTORI E FAUTORI
DELL’IMPRESA IN LIBIA
IL DIBATTITO SI ACCENDE
ANCHE IN UNA PARMA POVERA
E PREVALENTEMENTE ANALFABETA
LA CITTA’ SI SCHIERA DECISAMENTE CON GLI INTERVENTISTI, NELLE
CUI FILE MILITANO GLI STUDENTI (CHE CREANO ASSOCIAZIONI E
FONDANO GIORNALI) E I FUTURISTI. QUESTI ULTIMI HANNO UN
SEGUITO MOLTO NUTRITO, STAMPANO UNA RIVISTA (LA DIFESA
ARTISTICA), TENGONO CONFERENZE
E METTONO IN SCENA SPETTACOLI.
SONO APPOGGIATI PERFINO
DAI SINDACALISTI RIVOLUZIONARI
DI ALCESTE DE AMBRIS
INTANTO NEL 1913 SI SVOLGONO LE ELEZIONI
POLITICHE (LE PRIME A SUFFRAGIO UNIVERSALE
MASCHILE ) E LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE
PARMA SI SCALDA: SUL PIANO NAZIONALE ASSISTE ALLO
SFALDAMENTO DELLA SINISTRA E ALL’ENTRATA
IN PARLAMENTO DEL PRIMO ONOREVOLE CATTOLICO
PARMIGIANO ( MICHELI).
CARICATURA DI MICHELI
IN CITTA’ E IN PROVINCIA SONO INVECE RADICALI,
REPUBBLICANI E DISSIDENTI SOCIALISTI A PREVALERE, MENTRE I
LIBERALI MOSTRANO UN DECISO DECLINO
SONO GLI ULTIMI ANNI DELLA BELLE EPOQUE.
MENTRE ANCORA SI SVOLGONO LE MANIFESTAZIONI PER TRENTO E
TRIESTE LIBERE- MA SEMPRE IN UN CLIMA FESTOSO, PIU’ CHE ALTRO
PER PERDERE ORE DI SCUOLA –
VIENE FONDATO IL PARMA FOOTBALL CLUB,
VIENE COSTRUITO IL PRIMO CINEMATOGRAFO,
TOSCANINI DIRIGE LE CELBRAZIONI
VERDIANE,LE INIZIATIVE SPORTIVE SI MOLTIPLICANO,
LE SCUOLE VENGONO
DOTATE DI PALESTRE MIGLIORI E MEGLIO
ATTREZZATE.
MA SULLO SFONDO DI QUESTO RINNOVATO
FERMENTO SOCIALE SI STAGLIA L’OMBRA
MINACCIOSA DELLA GUERRA…
2 AGOSTO 1914:
A POCHI GIORNI DALLA DICHIARAZIONE DI
GUERRA DELL’AUSTRIA ALLA SERBIA CHE PORTERA’
ALLO SCOPPIO
DELLA PRIMA
GUERRA MONDIALE,
L’ITALIA DI GIOLITTI
SI DICHIARA NEUTRALE.
L’INTERA NAZIONE SI DIVIDE FRA INTERVENTISTI E
NEUTRALISTI E PARMA NON FA ECCEZIONE…
MENTRE IL FRONTE NEUTRALISTA E’ SOSTENUTO DAI
SOLI SOCIALISTI E ANARCHICI CHE SI ESPRIMONO
SULLA RIVISTA «L’IDEA»,
LA FAZIONE INTERVENTISTA
E’ BEN PIU’ NUTRITA.
STUDENTI, REPUBBLICANI,
SOCIALISTI DELLA DESTRA
RIFORMISTA,
TRASFUGHI DEL P.S.I.,
DEMOCRATICI, GARIBALDINI E PERFINO SOCIETA’
CULTURALI QUALI LA DANTE ALIGHIERI E
L’UNIVERSITA’ POPOLARE SI SCHIERANO A FAVORE
DELLA GUERRA.
SONO IN PARTICOLARE GLI STUDENTI, SIA LICEALI
CHE UNIVERSITARI, A FOMENTARE MANIFESTAZIONI
E CONTESTAZIONI.
MOLTISSIMI PARTIRANNO
VOLONTARI PER LA GUERRA:
A SPINGERLI E’ IL MITO
DELL’ANCORA GIOVANE ITALIA,
IL FORTISSIMO DESIDERIO
DI ESSERE DEGNI DEI
LORO PADRI
DAI BANCHI ALLE TRINCEE
NEL 1910 SI INSEDIA IL PRESIDE GIAN DOMENICO
BELLETTI, UOMO RICORDATO PER IL SUO CARATTERE
DECISO E LA SUA CAPACITA’ DI ASCOLTO. SI
OCCUPA CON SOLERZIA DELLE PROBLEMATICHE
DELLA SCUOLA: LA MESSA A NUOVO DELL’EDIFICIO,
LA COSTRUZIONE DI UN’AULA NEL
CONVITTO MARIA LUIGIA E
DI UNA PALESTRA ADEGUATA
AL NUOVO PROGRAMMA
MINISTERIALE, CHE RICHIEDE, PER LA PROMOZIONE,
ANCHE LA SUFFICIENZA IN GINNASTICA.
SI RADICA ULTERIORMENTE, LA CONCEZIONE DELL’
ATTIVITA’ SPORTIVA COME PREPARAZIONE ALLA VITA
MILITARE.
LA SCUOLA DIVENTA UNA CASSA DI RISONANZA
PER GLI EVENTI ISPIRATI DAL GOVERNO.
SI MOLTIPLICANO LE FESTE, LE CELEBRAZIONI, LE
ASSOCIAZIONI, COME L’ «ASSOCIAZIONE DEGLI
STUDENTI LICEALI» CHE, CON TANTO DI PRESIDENTE,
SEGRETARIA E CARTA INTESTATA, PRETENDE UN
RICONOSCIMENTO DAL MUNICIPIO.
LA VOGLIA DEGLI STUDENTI DI
PARTECIPARE E FARSI SENTIRE SI
AVVERTE ANCHE NELLA RICHIESTA
CREDARO
DI UNA SCUOLA PIU’ MODERNA, IN CONFORMITA’
ALLA RIFORMA CREDARO CHE DIMINUISC LE ORE DI
GRECO IN FAVORE DELLE LINGUE STRANIERE.
ANCORA IN TEMPO DI PACE, FRA I PROBLEMI PIU’
DIBATTUTI VI E’ LO STIPENDIO DEGLI INSEGNANTI,
OGGETTO DEL CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE
INSEGNANTI SCUOLE MEDIE (PARMA, 1913).
FRA LE VOCI PIU’ AUTOREVOLI SI DISTINGUE QUELLA
DEL PROFESSORE ENRICO BEVILACQUA CHE
EVIDENZIA IL PROBLEMA COME ESTREMAMENTE
GRAVE PER LA SCUOLA.
FRA I SUOI CONTRIBUTI PIU’ SIGNIFICATIVI VIENE
RICORDATA LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DEI
COMPONIMENTI SCOLASTICI CHE SONO A CARICO
DEL SOLO DOCENTE DI ITALIANO.
24 MAGGIO 1915: L’ITALIA DICHIARA GUERRA
ALL’AUSTRIA.
L’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA NON
HA UN EFFETTO IMMEDIATO SULLA
SCUOLA, SE NON QUELLO DI ACUIRE
LO SPIRITO NAZIONALISTA DEGLI
STUDENTI. SI ORGANIZZANO CORTEI E MANIFESTAZIONI.
I PROFESSORI HANNO OTTENUTO IL
PERMESSO DI RECARSI A GENOVA CON
ALCUNI STUDENTI PER ASCOLTARE IL
DISCORSO DEL 5 MAGGIO DI
D’ANNUNZIO.
«Beati quelli che hanno vent’anni , che disdegnano amori sterili per
essere vergini all’amore della patria!»
ALLA GUERRA BASTANO POCHI
GIORNI PER RAGGIUNGERE IL
ROMAGNOSI. LA SCUOLA VIENE
IN PARTE REQUISITA DALLE AUTORITA’
MILITARI, VIENE EMANATA UNA LEGGE PER
ANTICIPARE GLI ESAMI E A GIUGNO .
SONO MOLTI I RAGAZZI CHE SENZA
NEMMENO ESSERSI ISCRITTI
ALL’UNIVERSITA’ PARTONO PER IL FRONTE, ALTRI VI
SONO RICHIAMATI A DISTANZADI POCHI MESI.
INVECE DEGLI STUDENTI ARRUOLATI, GIA’ ALLA FINE DI
GIUGNO COMINCIANO A GIUNGERE A SCUOLA I
PRIMI INCREDIBILI COMUNICATI DI MORTE.
1916: LA GUERRA HA STRAVOLTO LA VITA DELLA
SCUOLA. IL ROMAGNOSI E’ STATO TRASFERITO NELLA
SEDE DELL’ISTITUO TECNICO DI VIA
FARINI, CHE PER META’ E’ ADIBITO A
OSPEDALE MILITARE.
FRA LE AULE IMPROVVISATE, I BANCHI
VUOTI E LE PROVE DI FUGA
ANTIBOMBARDAMENTO, VIENE
MANTENUTO UN DIALOGO APPASSIONATO
TRA BANCHI E TRINCEE.
ANCHE LE FAMIGLIE SI RIVOLGONO
ALLA SCUOLA PER RICORDARE I FIGLI,
COMUNICARE NOTIZIE, INVIARE DIARI
E
E LETTERE.
NELLE LETTERE CHE MANDANO DAL FRONTE I RAGAZZI
SI MOSTRANO SEMPRE ENTUSIASTI , SI SENTONO
FINALMENTE VALORIZZATI, FINALMENTE UTILI.
«QUESTA NOSTRA GUERRA, GUERRA SANTA, COMBATTUTA PER UN
SACROSANTO SCOPO MI E’ ENTRATA NEL CUORE E LA SENTO COME UNA
NECESSITA’ DELLA MIA GIOVANE VITA»
Vincenzo Verga – 20 Anni
«LA VITA E’ PIU’ BELLA, QUANDO SI CIMENTA CON LA MORTE. BEATI QUESTI
MORTI A VENT’ANNI, NEL FIORE DELLA GIOVINEZZA, COL TUMULTO DEI SOGNI
NEL CUORE, NELL’IDEA DELLA PATRIA»
Michele Vitali – 20 Anni
«DA TRE GIORNI VIVO UNA VITA DI SOGNO. NON LE FATICHE, NON IL
PERICOLO, NON IL FREDDO, LA FAME E LA SETE MI POSSONO SVEGLIARE. ALLE
VOLTE E’ TANTA LA GIOIA CHE MI RIEMPIE CHE DIREI QUASI ESSERE DEL TUTTO
FATTA PIANA LA MIA ESISTENZA, E LA MORTE ESSERE NON PIU’ UNA PRIVAZIONE
, MA UNA FINE NECESSARIA»
Uris Guareschi – 20 Anni
1917: ANNO TERRIBILE PER CHI E’ PARTITO MA ANCHE PER
CHI E’RESTATO A CASA:TUTTI I BENI VENGONO RAZIONATI, I
RIFORNIMENTI DI LEGNA SI FERMANO A BORGOTARO E LA
CITTA’ ALLO STREMO SI TROVA AD AFFRONTARE UNO
DEGLI
INVERNI PIU RIGIDI CHE SI
RICORDINO.
LE CONDIZIONI PRECARIE
NON SCORAGGIANO PERO’
GLI STUDENTI DEL LICEO,
CHE PER CREARE UN FRONTE
COMUNE CON I COMPAGNI IN TRINCEA FONDANO IL
LORO PRIMO GIORNALE A STAMPA, «LA VOCE DEGLI
STUDENTI», EDITO FINO AL 1918 CON PIU’ DI 700 COPIE
VENDUTE. LA REDAZIONE CHIUDERA’ POCO DOPO LA
PARTENZA DEI REDATTORI PER IL FRONTE.
1918: LA MILITARIZZAZION DELLA SCUOLA E’
COMPLETA E LE ORE SONO ORMAI SCANDITE DAI
COMUNICATI DI MORTE DEGLI ALLIEVI, CHE
CONTINUANO A CADERE SOTTO LA FALCE DELLA
GUERRA FINO AGLI ULTIMI GIORNI DEL CONFLITTO.
NUOVI LUTTI PER LE AMICHE,
LE RAGAZZE FIDANZATE FRA I
BANCHI DEL LICEO. LE
«NUOVE ANDROMACHE»
PIANGONO I COMPAGNI,
MA C’E’ ANCHE CHI NON SOPPORTA IL DOLORE:
GRAZIELLA, ALUNNA DELLA SANVITALE, SI SUICIDA IN
CLASSE CON UNA PISTOLA.
4 NOVEMBRE 1918: FINE DELLE
OSTILITA’ FRA ITALIA E AUSTRIA.
LA GRANDE GUERRA E’ FINITA,
E’VINTA.
1919: LA SCUOLA TENTA INSIEME ALLA CITTA’ INTERA DI RITROVARE LA
NORMALITA’ PERDUTA.
GLI STUDENTI SI ATTIVANO IN RACCOLTE FONDI PER I PIU’ BISOGNOSI E
CON IL NUOVO PRESIDE GIOVANNI ROBERTI SI PREOCCUPANO DELLA
CELBRAZIONE DELLE ESEQUIE DEI COMPAGNI CADUTI.
NEL FRATTEMPO NON SI SPEGNE LA VOCAZIONE POLITICA ACQUISITA
DURANTE IL CONFLITTO E I TRATTATI DI PACE VENGONO SEGUITI CON
VIVISSIMO INTERESSE. GLI ANIMI SI ACCENDONO, PERO’, ANCHE PER
LE POLEMICHE SCATENATE DAGLI ESAMI «TROPPO FACILI» RISERVATI
AGLI STUDENTI SOLDATI.
1915-1918
Cuori informati ai sensi generosi di fraternità e
sacrifizio,
Spiriti sitibondi di libertà, apostoli dell’uguaglianza,
Menti aperte alla visione della Verità e della Giustizia,
Colpiti a morte nella foga della corsa verso l’ideale, si
imbatterono nel grembo santo della patria, che col
premio del supremo suo bacio di madre, fissò loro
negli occhi moribondi, in eterno, il fulgore vivificante
della gloria.
Agostino Berenini
Pietro Zuffardi nasce a Fornovo di Taro nel 1885 da una famiglia molto in vista del paese, di origine
ebraica, da secoli integrata nella comunità. Dopo aver intrapreso i primi studi in paese frequenta il liceo
classico Romagnosi che lo educa allo studio e alla diligenza. Anche se proseguendo con gli studi si discosterà
nettamente dall‟ambito classico gli rimarranno sempre addosso i valori appresi tramite lo studio delle
discipline umanistiche. Consegue brillantemente il diploma e successivamente si laurea in geologia con
risultati altrettanto brillanti. Presto infatti si fa notare sia in ambito accademico (diventerà infatti docente di
geologia all‟Università di Torino) sia in ambito pubblico. Spesso infatti furono richieste delle sue consulenze
in ambito geologico ed urbanistico tanto nel borgo natio quanto a livello nazionale. Nel 1912 fu inserito in
una commissione di esperti che fu inviata in Tripolitania per verificare la ricchezza mineraria e petrolifera
della Libia. Simili incarichi lo portarono a viaggiare anche in Russia. Quando si profilò l‟eventualità della
guerra lui avrebbe tranquillamente potuto, grazie alle sue influenti amicizie e al suo status sociale, sottrarsi
alla leva. Non lo fece. Considerava il servizio militare un dovere e un onore, un necessario impegno
patriottico. A chi in casa lo invitava a rivedere la sua decisione di arruolarsi rispondeva semplicemente:
“Partono tutti e non vedo perché non dovrei farlo io”. Come soldato si distinse per il suo valore che lo
rendeva un esempio per i suoi uomini e soprattutto per la sua umanità e sensibilità che gli fecero
guadagnare la stima e l‟affetto dei suoi commilitoni. Infatti molto spesso riservava incarichi poco rischiosi
(come rimanere di guardia all‟accampamento nelle trincee) a soldati che erano già padri di famiglia. Fu
ferito una prima volta e fu allontanato dal fronte per ricevere le necessarie cure. Durante la convalescenza
sposa la fidanzata Rosetta, lasciandola incinta dell‟unico figlio, Piero, che non vedrà mai. Nel „16 torna al
fronte e combatte valorosamente sulla Zugna, in Trentino. Anche nel corso di questa operazione viene ferito
alla gola e ad un ginocchio. Nonostante le ferite fossero di lieve entità le cattive condizione igieniche delle
trincee e il fatto che alcune schegge di metallo gli fossero rimaste in corpo fecero sì che si infettassero.
Muore all‟ospedale di Verona a soli 31 anni, fu sepolto nella stessa città e successivamente le sue ossa furono
trasportate nella tomba della famiglia della moglie a Frascati.
LEONIDA AMADASI
Leonida Amadasi nasce a
Fontanellato il 14 di Agosto del
1895. Intraprende gli studi classici e
si iscrive alla facoltà di
giurisprudenza nel 1914. Terminato
il primo anno di studi di legge,
spinto dal suo nobile spirito e dal
suo sentimento patriottico, non
esita a rispondere alla leva militare.
Apprezzato come soldato e come
animatore dei suoi compagni, è
descritto dai compagni come
macchina di guerra e insignito di
una prima medaglia d‟argento al
valore militare. Una morte gloriosa
conclude le sue gesta nel 1918.
.
GIGLIO BELLICCHI
Giglio Bellicchi nasce l‟8 di Ottobre del
1893 a Parma. Frequenta ilLiceo classico
Romagnosi e il primo anno di
giurisprudenza. Nel biennio seguente
(1912-14) la sua iscrizione è d‟ufficio
essendo chiamato alle armi fin dal
1^giugno 1915. E‟ nominato sottotenente
e dopo quattro mesi di servizio presso il
distretto di Parma parte per il fronte
assegnato al 25esimo reggimento di
fanteria dislocato nei dintorni di Tolmino:
qui prende parte a combattimenti
violentissimi. Nel 1917 è ferito
gravemente e fatto prigioniero a
Sigmundsherberg in Boemia. Dopo un
anno viene liberato e muore a Padova il
25 Novembre del 1918 per malattia. Nel
1919 l‟Università di Parma gli conferisce
la laurea ad honorem in giurisprudenza.
ANGELO CARNEVALI
Nato a
Roccabianca il 23
settembre 1891,
morto il 21 ottobre
nel 1915 nel
cambattimento di
Monte Cappuccio.
FABIO ENRICO
CHIZZOLINI
NATO IL 17 GENNAIO
1896. LA VITA IN TRINCEA
RIVELA NEL GIOVANE
UFFICIALE SPLENDIDE
QUALITA‟ DI
COMBATTENTE SERENO E
ANIMOSO. TROVERA‟ LA
MORTE NELLA NOTTE TRA
IL 24 ED IL 25 AGOSTO
1917.
CARLO CLERICI
NATO A PARMA IL
12 OTTOBRE 1894.
TROVERA‟ LA MORTE
NELLA NOTTE TRA IL
10 E L‟11 OTTOBRE
1919, A POCHI
GIORNI DALLA FINE
DELLA GUERRA.
GIULIANO GALLENGA
NATO NEL LUGLIO DEL
1899, GIULIANO
DIMOSTRO‟ FIN DA
RAGAZZO UN SENSO
INFLESSIBILE DEL
DOVERE E UN GRANDE
AMOR DI PATRIA. NEL
FEBBRAIO DEL 1917
VENNE CHIAMATO
ALLE ARMI.
NEL MAGGIO DEL
1918 FU INVIATO IN
LIBIA E LA MORTE LO
COLSE IN MARE PER
MANO DEI NEMICI. IL
SUO CORPO NON FU
MAI RITOROVATO
URIS GUARESCHI
NATO IL 1 APRILE 1893,
MUORE IL 28 OTTOBRE
1915 SULLE ALTURE DI
SANTA MARIA DI
TOLMINO.
ANTONIO MORUZZI
Antonio Moruzzi nasce a Parma
il 23 Luglio del 1897, dove
frequenta il Liceo classico
Romagnosi. Si distingue a
scuola per la sua intelligenza e
mentalità aperta. Viene
chiamato alle armi quando si è
iscritto al secondo anno del
corso di ingegneria. Nel 1916
entra nell‟Accademia militare
di Torino. Avvelenato dai gas
asfissianti muore l‟8 Settembre
del 1918. Fu proclamato
ingegnere ad honorem nel
1919.
ANTONIO MOZZANI
Nasce a Parma il 26 aprile 1894.
Muore ai piedi del Monte Veliki Kribak a
capo dei suoi granatieri il 18 settembre
del 1916.
AlLBERTO
PELLEGRI
Nasce a Parma il
23 maggio del
1896.
Muore il 17
gennaio del 1916
sul Carso durante
un’azione per cui
si era offerto come
volontario.
GIOVANNI PILETTI
Nasce il 5 agosto
del 1894 a
Trecasali di Parma.
Colpito a morte
durante l’assalto
alla guida del suo
plotone ,muore il
17 novembre 1915
presso
Monfalcone.
LIVIO RASORI
Nasce a Parma il
26 ottobre 1892.
Il 29 luglio 1915,
mentre guida
all’assalto la sua
compagnia viene
ferito a morte sul
Carso e muore a
Lubiana il giorno
30.
EZIO STANGHELLINI
Ezio Stanghellini nasce a Parma l‟11
Settembre del 1893 e intraprende gli studi
classici. Si iscrive alla facoltà di
giurisprudenza e, chiamato alle armi fin
dai primi mesi della guerra, viene
nominato sottotenente. Pieno di
patriottismo sa animare gli animi dei suoi
fanti unendo costantemente la parola
all‟esempio, così da essere apprezzato sia
dai colleghi sia dai soldati. Nel 94esimo
reggimento di fanteria si distingue per
eroismo nei combattimenti e nelle
operazioni notturne; in uno di questi
purtroppo trova la morte nel 1916 dopo
aver sventato un tentativo di
accerchiamento da parte dei nemici. Le
sue ultime parole furono: “Muoio contento
di aver fatto il mio dovere.” Gli venne
conferita la medaglia d‟argento al valore
e la laurea a titolo di onore.
VINCENZO VERGA
Vincenzo Verga nasce a Parma il 5
Aprile del 1896 dove frequentò il Liceo
classico Romagnosi. Quando l‟Italia
entra in guerra egli non risponde subito
alla leva a causa di una grave malattia;
una volta guarito dalla malattia egli
,spinto dall‟amor di patria e dal desiderio
di rendersi utile ,si arruola. Combatte con
ardore nel terzo reggimento di artiglieria
da montagna fin quando nel 1916 una
cannonata non gli spezza entrambe le
gambe. Muore conseguentemente alle
gravi ferite riportate. Viene onorato con
la medaglia d‟argento al valore e nel
1917 ebbe il diploma d‟ingegnere a titolo
d‟onore
1917-1918
LA VOCE DEGLI
STUDENTI
Nato nel dicembre 1917 dal
desiderio degli alunni del
liceo Romagnosi di
sostenere i compagni al
fronte e dire la propria
riguardo alla difficile
situazione presente, il
giornale “la Voce degli
studenti” riscuote un
discreto successo anche
fuori dal liceo; così continua
a pubblicare fino al 24
aprile del ‟18.
Con l‟avvento della guerra i giovani si vedono divenire
protagonisti, soggetto politico attivo della società in
guerra: i temi trattati sono principalmente legati alla
cittadinanza in guerra e alla vita dei giovani, divisa tra
scuola e impegni militari. Gli studenti si occupano
anche di temi sociali, ad esempio denunciano il fatto
che le fasce sociali più danneggiate dai sacrifici della
guerra sono quelle più basse, in particolare i contadini.
Una delle istanze che più stanno a cuore ai ragazzi della
redazione è il dimostrare il proprio impegno e sforzo nel
sostenere la nazione; pur essendo troppo giovani per
essere chiamati “alla fronte” , infatti, gli studenti di molti
licei organizzano raccolte di vestiario e oggetti utili per i
loro soldati e si impegnano a sostenere la patria.
Sebbene gli studenti percepiscano chiaramente
una situazione di costante pericolo per l‟Italia,
dalle pagine del giornalino emerge un grande
entusiasmo nei confronti di quella che
considerano la loro occasione per emergere e
rendersi utili alla patria. I ragazzi, con l‟ingenuità e
le aspettative tipiche della gioventù, sanno di
essere rimasti pressoché gli unici a mantenere vivi
il nazionalismo e il clima di esaltazione che era
stato ampiamente diffuso nell‟Italia antebellica
Così si legge nell‟editoriale del 18 gennaio 1918:
‘’Tra i concetti che la guerra sta
modificando noi siamo certi che vi
sia anche quello di studente. Fin qui
la nostra classe è stata considerata
con molta leggerezza e non le è
stata data maggior importanza di
quella che si attribuirebbe a
un’accozzaglia di fannulloni
coltivanti gli studi solo perché
costretti.
Che invece sia da considerarsi
come un insieme di giovani (…)
ricchi di tenacia, di entusiasmo, di
fede , e quindi di ingenua bontà
d’animo lo hanno dimostrato i nostri
compagni CHE DAL BANCO DI
SCUOLA SONO PASSATI ALLA VITA DI
TRINCEA.
Ma altri meriti della classe
studentesca non debbono essere
dimenticati, e soprattutto di aver
saputo tener desta- quasi soli- la
fiamma dell’italianità e
dell’irredentismo antiaustriaco. ‘’
Alcuni ragazzi rimasti a casa intrattengono
una corrispondenza con i loro compagni
partiti per il fronte o per la scuola di ufficiali,
pubblicando sul giornalino scolastico le
lettere di risposta che questi inviano loro, in
modo da sentirsi vicini ai compagni e rendere
partecipe la comunità dell‟impegno dei
giovani militari. Questa è una lettera di
Rodolfo Verduri, allievo ufficiale, pubblicata
sul numero del 20 febbraio „18:
‘’Quand’ero sui banchi del Liceo la
maggiore e forse la più gradita delle
mie e delle vostre attività era
certamente quella di trovare il modo
di non studiare, di ingannare i
professori, di carpire un voto migliore;
certo non pensavamo allora che il
maggiore dei nostri doveri era quello
di imparare per la vita e non per la
scuola. In questi banchi invece e
sotto l’austera disciplina militare la
vita si presenta con altro aspetto; qui
si è dato il bando ad ogni azione non
seria, qui si educa al solo concetto
del dovere e dell’obbedienza: ci si
insegna a prendere dimestichezza
con instrumenti ed ordigni atti solo a
togliere la vita altrui; qui si deve
imparare a guidare all’assalto altri
giovani ed a guardare con occhio
sereno in faccia alla morte. „‟
‘’No, mamma, siamo uomini.
Con diciotto anni, se il corpo
non ha ancora raggiunto il
suo pieno sviluppo, il cuore è
già formato e sapremo lottare
come i nostri fratelli. (…) No!
Non piangere, mamma, se
parlo così, sono cattivo, lo so,
ma fatti cuore! Sii forte: una
donna italiana non deve
abbandonarsi al pianto,
piegarsi al dolore, bensì
essere orgogliosa di avere un
figlio che faccia il suo dovere
non più come cittadino, ma
come soldato. ‘’
( dal diario di un territoriale
del „99)
Dal Liceo Romagnosi al fronte, dal fronte all‟impegno
antifascista e all‟Assemblea Costituente
FERDINANDO BERNINI
San Secondo (PR) 18 maggio 1891 – Bologna 12 marzo 1954
Ferdinando Bernini fu un insegnante e uomo politico appassionato
e coraggioso che visse uno dei periodi più tormentati della nostra
storia.
Si laureò nel 1913 alla Normale di Pisa e grazie alla frequentazione
dello storico Salvemini si appassionò anche alla politica. Fin da
giovane si schierò con i socialisti antinterventisti e nel 1914 scrisse
un articolo sulla rivista “Rompete le file” in cui invitava qualsiasi
organizzazione a cominciare un‟opera seria e continua di
propaganda antimilitarista.
Allo scoppio della guerra, nonostante la sua posizione
antinterventista, fu obbligato ad arruolarsi. Si impegnò come
bersagliere nell‟inverno 1916 nella trincee del Costabella; in seguito
ricevette anche la medaglia d‟argento al valore militare nella
battaglia del Piave.
Concluso il conflitto visse la fase dell‟incertissima
democrazia del primo dopoguerra e poco più tardi la
degenerazione e la deriva fascista.
Per il suo amore di libertà vera, di pensiero e di
partecipazione, non poteva che opporsi all‟ascesa del
potere fascista. Egli sosteneva come unico modo per
resistere quello dell‟insegnamento e della continua ricerca
culturale. Bernini diventò professore di latino e greco e nelle
sue lezioni non insegnava semplicemente le sue materie
ma, come testimoniano molti alunni e alunne, incarnava
nella sua persona la libertà di ricerca, di pensiero e la
capacità di coniugare il forte rigore disciplinare con
l‟apertura nella rielaborazione delle conoscenze. Grazie allo
studio della storia sosteneva l‟idea di appartenenza alla
comunità , di militanza civile e di impegno politico. Il forte
impegno politico fu pertanto per Bernini una conseguenza
dell‟impegno culturale.
Proprio in virtù della necessità di non restare indifferenti,
dopo la marcia su Roma nel 1922 e la presa del potere
da parte dei fascisti,scrisse un breve saggio ispirato
dall‟amicizia con l‟intellettuale neutralista Rolland ,
intitolato “Il dialogo della perduta eloquenza”. Inoltre
nonostante il progressivo inasprirsi del regime
dittatoriale non venne mai meno all‟impegno politico e
civile. L‟attività di Bernini è testimoniata anche da
numerosi fascicoli e inchieste della questura di Parma.
L‟impegno civile e politico culmina nel 1943, quando,
dopo la caduta di Mussolini, entra nel Comitato di
azione antifascista come rappresentante del partito
socialista italiano e per questo viene arrestato il 28
ottobre e imprigionato nel carcere di San Francesco.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 2 giugno
1946 venne eletto come esponente del partito socialista
nell‟Assemblea Costituente. Si impegnò in particolar modo
nell‟ambito della pubblica istruzione a portare avanti e
difendere i valori di laicità e democrazia all‟interno della
scuola. Per la sua esperienza e abilità fu anche nominato,
durante il terzo governo De Gasperi, sottosegretario al
ministero della pubblica istruzione.
Dopo gli intensi anni di lavoro a Roma tornò a Parma dove
ricominciò a dedicarsi allo studio, alla cultura e alla
formazione appassionata intellettuale e morale di tanti
giovani.
E‟ importante e necessario fare tesoro
di figure come Ferdinando Bernini
perché è grazie all‟intelligenza, al
coraggio e alla tenacia di persone
così che oggi abbiamo la fortuna di
vivere ancora in un‟Italia libera e
democratica.
Durante la Grande guerra si assiste ad
un nuovo fenomeno: quello dei
cosiddetti “scemi di guerra”.
È un fenomeno che comporta la perdita
del senno come reazione allo shock
della guerra ed al senso di oppressione
che i soldati vivevano nelle trincee. La
mancanza di una via di fuga da questa
disperazione esistenziale li porta alla
follia.
Tutto ha inizio nel doloroso momento della partenza per il
fronte, qualcosa di sconosciuto ed ignoto. Già da questo
istante si affievoliscono i legami con la famiglia, con la vita
precedente e con il mondo come lo avevano sempre
conosciuto. Nelle trincee si sentono come intontiti; sono
educati a reagire con distacco nei confronti della morte
dei nemici, dei compagni, dei fratelli. Sono educati alla
crudeltà, a trasgredire le regole e i taboo morali. Sono
costretti ad attaccare, ad uccidere sotto minaccia,
vengono addirittura colpiti.
I soldati devono dimenticarsi
dei loro affetti e così, diventati
oggetti, manichini regolati da
meccanismi che si ripetono
all‟infinito, gli uomini perdono
la loro identità, sono come
piccole gocce di una
fiumana che li travolge senza
scrupoli.
Giunti al fronte i soldati sono colpiti dal rumore assordante
delle armi da fuoco e delle bombe. Questo shock è tale che
molti non riescono a superarlo. Vivono un forte malessere
mentale che li porta alla follia. Questi “scemi di guerra”
vengono mandati nei manicomi dove vengono assistiti e
“curati” da psicologi e psichiatri. Dalle diagnosi che ci sono
giunte la maggior parte dei pazienti è affetta da shell-shock
cioè una forma di nevosi traumatica
I comandi interiori corpo-mente sembrano essere
svaniti, i malati hanno incubi e spesso si rifugiano
dietro ad un muro di silenzio, sono colpiti da
improvvise crisi di pianto e replicano le posizioni
che assumevano in trincea, sono spaventati da
parole quali bomba, granata, hanno paura di
avere paura. I pazienti alternano momenti di
tranquillità a momenti di forte agitazione, hanno
allucinazioni, sono impulsivi, altri invece sono
apatici, come annullati.
ANCHE NEL MANICOMIO DI COLORNO ARRIVARONO SOLDATI
AFFETTI DA TRAUMI PSICHICI E QUI VENNERO RICOVERATI.
L‟ANALISI DELLE LORO CARTELLE DIMOSTRA COME SPESSO
VENISSERO CONSIDERATI SIMULATORI E COME NON VI FOSSE
ALCUNA CONSIDERAZIONE PER LA LORO VITA E PER LA LORO
IDENTITA‟.
ERANO SOLDATI DA RIMANDARE QUANTO PRIMA AL FRONTE
PERCHE‟ IL SOLDATO DEVE ESSERE FORTE E SANO, LA SUA MENTE
NON PUO‟ AVERE CEDIMENTI.
LA DEBOLEZZA DEL SOLDATO E‟ UN SEGNO DI DEBOLEZZA DELLO
STATO STESSO.
A COLORNO COME IN ALTRI MANICOMI DI TUTTA ITALIA LA
GRANDE GUERRA MOSTRA IL SUO VOLTO TERRIBILE.
L‟ENTUSIAMO PER LA GUERRA SI SCONTRA CON LE
DRAMMATICHE CONSEGUENZE DELLA GUERRA STESSA.
Età: 25 anni
Entrato il: 23 Aprile 1919
Diagnosi: è incapace di ragionare, di comprendere le domande
rivoltegli, è scomposto nei gesti e trasandato nella persona. È turbato
nella mente per il terrore causato dalla guerra,in preda a continue
allucinazioni, si crede ancora in trincea a contatto con i nemici. Ha
momenti in cui parla ininterrottamente alternando toni di voce bassi e
alti. Soffre di infermità mentale contratta durante la guerra. Non è
possibile comprendere se questa follia è dovuta a schegge di
granata conficcte in vicinanza della membrana del cervello.
Nuova diagnosi: si chiude in se stesso e non ha coscienza di ciò che
accade intorno a lui, è incapace di provvedere ai propri bisogni, non
è autonomo. È apatico, si rifiuta di alzarsi dal letto, non chiede nulla,
non risponde alle domande, mangia solo se imboccato, compie atti
impulsivi nei confronti degli infermieri.
Giuseppe Stefanini viene interdetto il 31-07-1922 perché è affetto da
una delle più gravi forme di disordine mentale.
Nome: Bassi Aldo
Età: 25 anni
Entrato il: agosto 1918
Diagnosi: allucinazioni, impulsi di violenza contro gli altri,
vive momenti di tranquillità alternati a momenti di
irrequietezza.
Viene rimandato sul campo perché le sue condizioni
migliorano, rientra nel 1924.
Diagnosi: delira, non mangia, è apatico e spesso impulsivo.
Non si relaziona in modo tranquillo con gli altri, è
ossessionato dal fumo. Non mostra vergogna di essere
sudicio, non ha pudore. Disorientato. Rimane appartato per
lunghe ore.
È interdetto, non è capace di intendere e di volere.
Età : 19 anni
Ricoverato tre volte nell‟arco di 10 mesi dal giugno 1917 all‟aprile
1918 nel manicomio di Colorno . Tutte le volte viene considerato un
simulatore, i medici segnano sulla cartella: “ Perchè lo hanno
mandato qui?”
Prima diagnosi: costituzione epilettoide, pericoloso a sé e agli altri.
Atteggiamento depressivo,non si muove che pochissimo e non parla.
Fisionomia stupita.
Nel corso di tutti e tre i ricoveri si segnala un comportamento
disturbato (una volta tenta il suicidio, un‟altra si ricopre
completamente di sterco, un‟altra volta in modo violento rifiuta di farsi
tagliare i capelli).
Durante il suo ultimo ricovero chiede, quasi supplica il dottore di
trattenerlo in manicomio, dicendo che in manicomio sta bene.
Nell‟aprile del 1918 verrà dimesso dal manicomio ma anche riformato
e quindi non più rimandato al fronte.
Carpi Alessandro , figlio di Giacomo e Rosa Allegretti, nasce a Genova
il 25 dicembre 1893.Di stato civile celibe, Carpi, soldato del 28∞
Reggimento Artiglieria, viene internato nel Manicomio di Colorno il 6
gennaio 1916, all'eta‟ di 23 anni, per "fremosi acuta". Quando entra in
manicomio, portato in barella, digrigna i denti agitatissimo e pronuncia
parole sconnesse come "di spavento", "l'aereoplano", "m'ammazzano".
Dopo due ore si calma e risponde alle domande, ma è "intontito" e
"attonito". In data 8 gennaio, anche se definito lucido e tranquillo,
rimane di "aspetto intontito". Si lamenta di dolori addominali e ha feci
diarroiche. Due giorni dopo, Carpi presenta "catarro intestinale
febbrile“. E‟ sempre lucido, ma "lento e tonto nel rispondere".Il 15
gennaio 1916 il soldato si lamenta di capogiri, si sente smanioso e
depresso e non ricorda come e quando venne internato in manicomio.
I giorni 20,25 e 28 gennaio, Carpi non cambia stato : viene consegnato
all' autorità militare con proposta (accettata) di tre mesi di licenza. Il
direttore del manicomio scrive nella lettera di licenziamento che Carpi
ha sofferto di " un lievissimo stato di confusione mentale da probabile
trauma psichico sofferto in guerra", ed essendo ora guarito , lo giudica
peraltro idoneo al servizio militare.
ARTICOLO 11
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Il 24 marzo 1947 intorno alle 19 è stato approvato, alla
Camera dei Deputati, con vivi applausi, l'articolo 4, che
successivamente diventerà l'articolo 6 e infine l'articolo 11
della Costituzione italiana.L'approvazione dell'articolo è
stata preceduta da un dibattito circa i termini da utilizzare
per indicare il rifiuto dell'Italia alla guerra. Si trattava di
scegliere, come disse il Presidente della Commissione per
la Costituzione Ruini, fra alcuni verbi: rinunzia, ripudia e
condanna. Mentre il verbo «condanna» ha un valore etico
più che politico-giuridico, e «rinunzia» presuppone, in
certo modo, la rinunzia ad un bene, ad un diritto, il diritto
alla guerra (che vogliamo appunto contestare), la parola
«ripudia», (…) ha un significato intermedio, ha un accento
energico ed implica così la condanna come la rinuncia
alla guerra.
La parola «ripudia», a differenza della parola «rinunzia»
che dà una sensazione di passività, indica una vera
ripugnanza morale verso i crimini e gli orrori della guerra
e costituisce l'obbligo morale di vietare il ricorso alla
guerra come strumento di risoluzione delle controversie
internazionali.
Sono escluse da tale divieto le guerre difensive,
destinate a fronteggiare aggressioni che interessano
direttamente il territorio dello Stato; il nostro
ordinamento fa propria la norma dell'articolo 51 dello
Statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che
ammette la legittima difesa di fronte ad un attacco
armato come diritto naturale degli Stati.
Nella seconda parte dell'articolo emerge molto
chiaramente lo spirito visionario che anima la
Costituente: «l'Italia cosciente» consente alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
nazioni, privilegiando come strumenti di risoluzione
delle controversie la solidarietà e la giustizia tra i
popoli, e sostituendo quindi alla legge della forza la
forza del diritto come strumento di pacificazione.I
nostri padri e le nostre madri costituenti erano
animati dal desiderio di creare un'integrazione
sempre più stretta tra i popoli.
 GRECI R.-SCHIAVENZA S., Il regio Liceo Ginnasio


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Romagnosi. Modello di scuola classica, Diabasis
2007.
LA FATA I, Scemi di guerra.Il caso di Parma, Tesi di
dottorato, 2007 Università di Parma
La voce degli studenti, rivista studentesca 19171918
CHISTONI PARIDE, Canti di Gloria, Associazione
studenti liceali a favore dei mutilati di guerra,
parma 1917
GIULIO BAZINI, Da Venezia a Venezia, Gaspari ed.,
Udine 2010
A cura dell’Associazione allievi del Romagnosi,
Ferdinando Bernini, dal Romagnosi alla
Costituente, Parma 2004
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