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Dai banchi alle trincee - Liceo Classico Romagnosi
GRUPPO INTERCLASSE 3B-3G LICEO CLASSICO ROMAGNOSI PARMA LICEO ROMAGNOSI MANICOMIO DI COLORNO (PR) LA LAPIDE ALL‟INGRESSO DEL LICEO NELL‟ATRIO DEL LICEO CLASSICO ROMAGNOSI UNA LAPIDE POSTA NEL 1933 RICORDA I DOCENTI E GLI EX ALUNNI DEL REGIO LICEO ROMAGNOSI PARTITI PER LA GRANDE GUERRA E MORTI NEL CONFLITTO. A DUE DI ESSI E‟ STATA ASSEGNATA LA MEDAGLIA D‟ORO AL VALOR MILITARE, AGLI ALTRI LA MEDAGLIA D‟ARGENTO. MANICOMIO DI COLORNO IL MANICOMIO DI COLORNO FU UNO DEI TANTI MANICOMI DOVE VENNERO INTERNATI I SOLDATI CHE VENIVANO ALLONTANATI DAL FRONTE PER PROBLEMI DI NATURA PSICHICA. SONO QUEI SOLDATI DEFINITI COME SCEMI DI GUERRA. 1. PARMA E IL LICEO ROMAGNOSI DAL 1911al1918: 2. 3. 4. 5. PRESENTAZIONE GENERALE. GLI ALUNNI DEL ROMAGNOSI IN TRINCEA LA VOCE DEGLI STUDENTI: IL GIORNALE DEGLI STUDENTI IN TEMPO DI GUERRA. FERDINANDO BERNINI: DALLA CATTEDRA DI DOCENTE AL FRONTE, DAL FRONTE ALL‟IMPEGNO ANTIFASCITA E ALL‟ASSEMBLEA COSTITUENTE. GLI SCEMI DI GUERRA NEL MANICOMIO DI COLORNO. 6. L‟ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE. 1911 - 1918 1912 L’ITALIA INTERA E’ IN FERMENTO E SI DIVIDE FRA OPPOSTORI E FAUTORI DELL’IMPRESA IN LIBIA IL DIBATTITO SI ACCENDE ANCHE IN UNA PARMA POVERA E PREVALENTEMENTE ANALFABETA LA CITTA’ SI SCHIERA DECISAMENTE CON GLI INTERVENTISTI, NELLE CUI FILE MILITANO GLI STUDENTI (CHE CREANO ASSOCIAZIONI E FONDANO GIORNALI) E I FUTURISTI. QUESTI ULTIMI HANNO UN SEGUITO MOLTO NUTRITO, STAMPANO UNA RIVISTA (LA DIFESA ARTISTICA), TENGONO CONFERENZE E METTONO IN SCENA SPETTACOLI. SONO APPOGGIATI PERFINO DAI SINDACALISTI RIVOLUZIONARI DI ALCESTE DE AMBRIS INTANTO NEL 1913 SI SVOLGONO LE ELEZIONI POLITICHE (LE PRIME A SUFFRAGIO UNIVERSALE MASCHILE ) E LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE PARMA SI SCALDA: SUL PIANO NAZIONALE ASSISTE ALLO SFALDAMENTO DELLA SINISTRA E ALL’ENTRATA IN PARLAMENTO DEL PRIMO ONOREVOLE CATTOLICO PARMIGIANO ( MICHELI). CARICATURA DI MICHELI IN CITTA’ E IN PROVINCIA SONO INVECE RADICALI, REPUBBLICANI E DISSIDENTI SOCIALISTI A PREVALERE, MENTRE I LIBERALI MOSTRANO UN DECISO DECLINO SONO GLI ULTIMI ANNI DELLA BELLE EPOQUE. MENTRE ANCORA SI SVOLGONO LE MANIFESTAZIONI PER TRENTO E TRIESTE LIBERE- MA SEMPRE IN UN CLIMA FESTOSO, PIU’ CHE ALTRO PER PERDERE ORE DI SCUOLA – VIENE FONDATO IL PARMA FOOTBALL CLUB, VIENE COSTRUITO IL PRIMO CINEMATOGRAFO, TOSCANINI DIRIGE LE CELBRAZIONI VERDIANE,LE INIZIATIVE SPORTIVE SI MOLTIPLICANO, LE SCUOLE VENGONO DOTATE DI PALESTRE MIGLIORI E MEGLIO ATTREZZATE. MA SULLO SFONDO DI QUESTO RINNOVATO FERMENTO SOCIALE SI STAGLIA L’OMBRA MINACCIOSA DELLA GUERRA… 2 AGOSTO 1914: A POCHI GIORNI DALLA DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL’AUSTRIA ALLA SERBIA CHE PORTERA’ ALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE, L’ITALIA DI GIOLITTI SI DICHIARA NEUTRALE. L’INTERA NAZIONE SI DIVIDE FRA INTERVENTISTI E NEUTRALISTI E PARMA NON FA ECCEZIONE… MENTRE IL FRONTE NEUTRALISTA E’ SOSTENUTO DAI SOLI SOCIALISTI E ANARCHICI CHE SI ESPRIMONO SULLA RIVISTA «L’IDEA», LA FAZIONE INTERVENTISTA E’ BEN PIU’ NUTRITA. STUDENTI, REPUBBLICANI, SOCIALISTI DELLA DESTRA RIFORMISTA, TRASFUGHI DEL P.S.I., DEMOCRATICI, GARIBALDINI E PERFINO SOCIETA’ CULTURALI QUALI LA DANTE ALIGHIERI E L’UNIVERSITA’ POPOLARE SI SCHIERANO A FAVORE DELLA GUERRA. SONO IN PARTICOLARE GLI STUDENTI, SIA LICEALI CHE UNIVERSITARI, A FOMENTARE MANIFESTAZIONI E CONTESTAZIONI. MOLTISSIMI PARTIRANNO VOLONTARI PER LA GUERRA: A SPINGERLI E’ IL MITO DELL’ANCORA GIOVANE ITALIA, IL FORTISSIMO DESIDERIO DI ESSERE DEGNI DEI LORO PADRI DAI BANCHI ALLE TRINCEE NEL 1910 SI INSEDIA IL PRESIDE GIAN DOMENICO BELLETTI, UOMO RICORDATO PER IL SUO CARATTERE DECISO E LA SUA CAPACITA’ DI ASCOLTO. SI OCCUPA CON SOLERZIA DELLE PROBLEMATICHE DELLA SCUOLA: LA MESSA A NUOVO DELL’EDIFICIO, LA COSTRUZIONE DI UN’AULA NEL CONVITTO MARIA LUIGIA E DI UNA PALESTRA ADEGUATA AL NUOVO PROGRAMMA MINISTERIALE, CHE RICHIEDE, PER LA PROMOZIONE, ANCHE LA SUFFICIENZA IN GINNASTICA. SI RADICA ULTERIORMENTE, LA CONCEZIONE DELL’ ATTIVITA’ SPORTIVA COME PREPARAZIONE ALLA VITA MILITARE. LA SCUOLA DIVENTA UNA CASSA DI RISONANZA PER GLI EVENTI ISPIRATI DAL GOVERNO. SI MOLTIPLICANO LE FESTE, LE CELEBRAZIONI, LE ASSOCIAZIONI, COME L’ «ASSOCIAZIONE DEGLI STUDENTI LICEALI» CHE, CON TANTO DI PRESIDENTE, SEGRETARIA E CARTA INTESTATA, PRETENDE UN RICONOSCIMENTO DAL MUNICIPIO. LA VOGLIA DEGLI STUDENTI DI PARTECIPARE E FARSI SENTIRE SI AVVERTE ANCHE NELLA RICHIESTA CREDARO DI UNA SCUOLA PIU’ MODERNA, IN CONFORMITA’ ALLA RIFORMA CREDARO CHE DIMINUISC LE ORE DI GRECO IN FAVORE DELLE LINGUE STRANIERE. ANCORA IN TEMPO DI PACE, FRA I PROBLEMI PIU’ DIBATTUTI VI E’ LO STIPENDIO DEGLI INSEGNANTI, OGGETTO DEL CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE INSEGNANTI SCUOLE MEDIE (PARMA, 1913). FRA LE VOCI PIU’ AUTOREVOLI SI DISTINGUE QUELLA DEL PROFESSORE ENRICO BEVILACQUA CHE EVIDENZIA IL PROBLEMA COME ESTREMAMENTE GRAVE PER LA SCUOLA. FRA I SUOI CONTRIBUTI PIU’ SIGNIFICATIVI VIENE RICORDATA LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DEI COMPONIMENTI SCOLASTICI CHE SONO A CARICO DEL SOLO DOCENTE DI ITALIANO. 24 MAGGIO 1915: L’ITALIA DICHIARA GUERRA ALL’AUSTRIA. L’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA NON HA UN EFFETTO IMMEDIATO SULLA SCUOLA, SE NON QUELLO DI ACUIRE LO SPIRITO NAZIONALISTA DEGLI STUDENTI. SI ORGANIZZANO CORTEI E MANIFESTAZIONI. I PROFESSORI HANNO OTTENUTO IL PERMESSO DI RECARSI A GENOVA CON ALCUNI STUDENTI PER ASCOLTARE IL DISCORSO DEL 5 MAGGIO DI D’ANNUNZIO. «Beati quelli che hanno vent’anni , che disdegnano amori sterili per essere vergini all’amore della patria!» ALLA GUERRA BASTANO POCHI GIORNI PER RAGGIUNGERE IL ROMAGNOSI. LA SCUOLA VIENE IN PARTE REQUISITA DALLE AUTORITA’ MILITARI, VIENE EMANATA UNA LEGGE PER ANTICIPARE GLI ESAMI E A GIUGNO . SONO MOLTI I RAGAZZI CHE SENZA NEMMENO ESSERSI ISCRITTI ALL’UNIVERSITA’ PARTONO PER IL FRONTE, ALTRI VI SONO RICHIAMATI A DISTANZADI POCHI MESI. INVECE DEGLI STUDENTI ARRUOLATI, GIA’ ALLA FINE DI GIUGNO COMINCIANO A GIUNGERE A SCUOLA I PRIMI INCREDIBILI COMUNICATI DI MORTE. 1916: LA GUERRA HA STRAVOLTO LA VITA DELLA SCUOLA. IL ROMAGNOSI E’ STATO TRASFERITO NELLA SEDE DELL’ISTITUO TECNICO DI VIA FARINI, CHE PER META’ E’ ADIBITO A OSPEDALE MILITARE. FRA LE AULE IMPROVVISATE, I BANCHI VUOTI E LE PROVE DI FUGA ANTIBOMBARDAMENTO, VIENE MANTENUTO UN DIALOGO APPASSIONATO TRA BANCHI E TRINCEE. ANCHE LE FAMIGLIE SI RIVOLGONO ALLA SCUOLA PER RICORDARE I FIGLI, COMUNICARE NOTIZIE, INVIARE DIARI E E LETTERE. NELLE LETTERE CHE MANDANO DAL FRONTE I RAGAZZI SI MOSTRANO SEMPRE ENTUSIASTI , SI SENTONO FINALMENTE VALORIZZATI, FINALMENTE UTILI. «QUESTA NOSTRA GUERRA, GUERRA SANTA, COMBATTUTA PER UN SACROSANTO SCOPO MI E’ ENTRATA NEL CUORE E LA SENTO COME UNA NECESSITA’ DELLA MIA GIOVANE VITA» Vincenzo Verga – 20 Anni «LA VITA E’ PIU’ BELLA, QUANDO SI CIMENTA CON LA MORTE. BEATI QUESTI MORTI A VENT’ANNI, NEL FIORE DELLA GIOVINEZZA, COL TUMULTO DEI SOGNI NEL CUORE, NELL’IDEA DELLA PATRIA» Michele Vitali – 20 Anni «DA TRE GIORNI VIVO UNA VITA DI SOGNO. NON LE FATICHE, NON IL PERICOLO, NON IL FREDDO, LA FAME E LA SETE MI POSSONO SVEGLIARE. ALLE VOLTE E’ TANTA LA GIOIA CHE MI RIEMPIE CHE DIREI QUASI ESSERE DEL TUTTO FATTA PIANA LA MIA ESISTENZA, E LA MORTE ESSERE NON PIU’ UNA PRIVAZIONE , MA UNA FINE NECESSARIA» Uris Guareschi – 20 Anni 1917: ANNO TERRIBILE PER CHI E’ PARTITO MA ANCHE PER CHI E’RESTATO A CASA:TUTTI I BENI VENGONO RAZIONATI, I RIFORNIMENTI DI LEGNA SI FERMANO A BORGOTARO E LA CITTA’ ALLO STREMO SI TROVA AD AFFRONTARE UNO DEGLI INVERNI PIU RIGIDI CHE SI RICORDINO. LE CONDIZIONI PRECARIE NON SCORAGGIANO PERO’ GLI STUDENTI DEL LICEO, CHE PER CREARE UN FRONTE COMUNE CON I COMPAGNI IN TRINCEA FONDANO IL LORO PRIMO GIORNALE A STAMPA, «LA VOCE DEGLI STUDENTI», EDITO FINO AL 1918 CON PIU’ DI 700 COPIE VENDUTE. LA REDAZIONE CHIUDERA’ POCO DOPO LA PARTENZA DEI REDATTORI PER IL FRONTE. 1918: LA MILITARIZZAZION DELLA SCUOLA E’ COMPLETA E LE ORE SONO ORMAI SCANDITE DAI COMUNICATI DI MORTE DEGLI ALLIEVI, CHE CONTINUANO A CADERE SOTTO LA FALCE DELLA GUERRA FINO AGLI ULTIMI GIORNI DEL CONFLITTO. NUOVI LUTTI PER LE AMICHE, LE RAGAZZE FIDANZATE FRA I BANCHI DEL LICEO. LE «NUOVE ANDROMACHE» PIANGONO I COMPAGNI, MA C’E’ ANCHE CHI NON SOPPORTA IL DOLORE: GRAZIELLA, ALUNNA DELLA SANVITALE, SI SUICIDA IN CLASSE CON UNA PISTOLA. 4 NOVEMBRE 1918: FINE DELLE OSTILITA’ FRA ITALIA E AUSTRIA. LA GRANDE GUERRA E’ FINITA, E’VINTA. 1919: LA SCUOLA TENTA INSIEME ALLA CITTA’ INTERA DI RITROVARE LA NORMALITA’ PERDUTA. GLI STUDENTI SI ATTIVANO IN RACCOLTE FONDI PER I PIU’ BISOGNOSI E CON IL NUOVO PRESIDE GIOVANNI ROBERTI SI PREOCCUPANO DELLA CELBRAZIONE DELLE ESEQUIE DEI COMPAGNI CADUTI. NEL FRATTEMPO NON SI SPEGNE LA VOCAZIONE POLITICA ACQUISITA DURANTE IL CONFLITTO E I TRATTATI DI PACE VENGONO SEGUITI CON VIVISSIMO INTERESSE. GLI ANIMI SI ACCENDONO, PERO’, ANCHE PER LE POLEMICHE SCATENATE DAGLI ESAMI «TROPPO FACILI» RISERVATI AGLI STUDENTI SOLDATI. 1915-1918 Cuori informati ai sensi generosi di fraternità e sacrifizio, Spiriti sitibondi di libertà, apostoli dell’uguaglianza, Menti aperte alla visione della Verità e della Giustizia, Colpiti a morte nella foga della corsa verso l’ideale, si imbatterono nel grembo santo della patria, che col premio del supremo suo bacio di madre, fissò loro negli occhi moribondi, in eterno, il fulgore vivificante della gloria. Agostino Berenini Pietro Zuffardi nasce a Fornovo di Taro nel 1885 da una famiglia molto in vista del paese, di origine ebraica, da secoli integrata nella comunità. Dopo aver intrapreso i primi studi in paese frequenta il liceo classico Romagnosi che lo educa allo studio e alla diligenza. Anche se proseguendo con gli studi si discosterà nettamente dall‟ambito classico gli rimarranno sempre addosso i valori appresi tramite lo studio delle discipline umanistiche. Consegue brillantemente il diploma e successivamente si laurea in geologia con risultati altrettanto brillanti. Presto infatti si fa notare sia in ambito accademico (diventerà infatti docente di geologia all‟Università di Torino) sia in ambito pubblico. Spesso infatti furono richieste delle sue consulenze in ambito geologico ed urbanistico tanto nel borgo natio quanto a livello nazionale. Nel 1912 fu inserito in una commissione di esperti che fu inviata in Tripolitania per verificare la ricchezza mineraria e petrolifera della Libia. Simili incarichi lo portarono a viaggiare anche in Russia. Quando si profilò l‟eventualità della guerra lui avrebbe tranquillamente potuto, grazie alle sue influenti amicizie e al suo status sociale, sottrarsi alla leva. Non lo fece. Considerava il servizio militare un dovere e un onore, un necessario impegno patriottico. A chi in casa lo invitava a rivedere la sua decisione di arruolarsi rispondeva semplicemente: “Partono tutti e non vedo perché non dovrei farlo io”. Come soldato si distinse per il suo valore che lo rendeva un esempio per i suoi uomini e soprattutto per la sua umanità e sensibilità che gli fecero guadagnare la stima e l‟affetto dei suoi commilitoni. Infatti molto spesso riservava incarichi poco rischiosi (come rimanere di guardia all‟accampamento nelle trincee) a soldati che erano già padri di famiglia. Fu ferito una prima volta e fu allontanato dal fronte per ricevere le necessarie cure. Durante la convalescenza sposa la fidanzata Rosetta, lasciandola incinta dell‟unico figlio, Piero, che non vedrà mai. Nel „16 torna al fronte e combatte valorosamente sulla Zugna, in Trentino. Anche nel corso di questa operazione viene ferito alla gola e ad un ginocchio. Nonostante le ferite fossero di lieve entità le cattive condizione igieniche delle trincee e il fatto che alcune schegge di metallo gli fossero rimaste in corpo fecero sì che si infettassero. Muore all‟ospedale di Verona a soli 31 anni, fu sepolto nella stessa città e successivamente le sue ossa furono trasportate nella tomba della famiglia della moglie a Frascati. LEONIDA AMADASI Leonida Amadasi nasce a Fontanellato il 14 di Agosto del 1895. Intraprende gli studi classici e si iscrive alla facoltà di giurisprudenza nel 1914. Terminato il primo anno di studi di legge, spinto dal suo nobile spirito e dal suo sentimento patriottico, non esita a rispondere alla leva militare. Apprezzato come soldato e come animatore dei suoi compagni, è descritto dai compagni come macchina di guerra e insignito di una prima medaglia d‟argento al valore militare. Una morte gloriosa conclude le sue gesta nel 1918. . GIGLIO BELLICCHI Giglio Bellicchi nasce l‟8 di Ottobre del 1893 a Parma. Frequenta ilLiceo classico Romagnosi e il primo anno di giurisprudenza. Nel biennio seguente (1912-14) la sua iscrizione è d‟ufficio essendo chiamato alle armi fin dal 1^giugno 1915. E‟ nominato sottotenente e dopo quattro mesi di servizio presso il distretto di Parma parte per il fronte assegnato al 25esimo reggimento di fanteria dislocato nei dintorni di Tolmino: qui prende parte a combattimenti violentissimi. Nel 1917 è ferito gravemente e fatto prigioniero a Sigmundsherberg in Boemia. Dopo un anno viene liberato e muore a Padova il 25 Novembre del 1918 per malattia. Nel 1919 l‟Università di Parma gli conferisce la laurea ad honorem in giurisprudenza. ANGELO CARNEVALI Nato a Roccabianca il 23 settembre 1891, morto il 21 ottobre nel 1915 nel cambattimento di Monte Cappuccio. FABIO ENRICO CHIZZOLINI NATO IL 17 GENNAIO 1896. LA VITA IN TRINCEA RIVELA NEL GIOVANE UFFICIALE SPLENDIDE QUALITA‟ DI COMBATTENTE SERENO E ANIMOSO. TROVERA‟ LA MORTE NELLA NOTTE TRA IL 24 ED IL 25 AGOSTO 1917. CARLO CLERICI NATO A PARMA IL 12 OTTOBRE 1894. TROVERA‟ LA MORTE NELLA NOTTE TRA IL 10 E L‟11 OTTOBRE 1919, A POCHI GIORNI DALLA FINE DELLA GUERRA. GIULIANO GALLENGA NATO NEL LUGLIO DEL 1899, GIULIANO DIMOSTRO‟ FIN DA RAGAZZO UN SENSO INFLESSIBILE DEL DOVERE E UN GRANDE AMOR DI PATRIA. NEL FEBBRAIO DEL 1917 VENNE CHIAMATO ALLE ARMI. NEL MAGGIO DEL 1918 FU INVIATO IN LIBIA E LA MORTE LO COLSE IN MARE PER MANO DEI NEMICI. IL SUO CORPO NON FU MAI RITOROVATO URIS GUARESCHI NATO IL 1 APRILE 1893, MUORE IL 28 OTTOBRE 1915 SULLE ALTURE DI SANTA MARIA DI TOLMINO. ANTONIO MORUZZI Antonio Moruzzi nasce a Parma il 23 Luglio del 1897, dove frequenta il Liceo classico Romagnosi. Si distingue a scuola per la sua intelligenza e mentalità aperta. Viene chiamato alle armi quando si è iscritto al secondo anno del corso di ingegneria. Nel 1916 entra nell‟Accademia militare di Torino. Avvelenato dai gas asfissianti muore l‟8 Settembre del 1918. Fu proclamato ingegnere ad honorem nel 1919. ANTONIO MOZZANI Nasce a Parma il 26 aprile 1894. Muore ai piedi del Monte Veliki Kribak a capo dei suoi granatieri il 18 settembre del 1916. AlLBERTO PELLEGRI Nasce a Parma il 23 maggio del 1896. Muore il 17 gennaio del 1916 sul Carso durante un’azione per cui si era offerto come volontario. GIOVANNI PILETTI Nasce il 5 agosto del 1894 a Trecasali di Parma. Colpito a morte durante l’assalto alla guida del suo plotone ,muore il 17 novembre 1915 presso Monfalcone. LIVIO RASORI Nasce a Parma il 26 ottobre 1892. Il 29 luglio 1915, mentre guida all’assalto la sua compagnia viene ferito a morte sul Carso e muore a Lubiana il giorno 30. EZIO STANGHELLINI Ezio Stanghellini nasce a Parma l‟11 Settembre del 1893 e intraprende gli studi classici. Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e, chiamato alle armi fin dai primi mesi della guerra, viene nominato sottotenente. Pieno di patriottismo sa animare gli animi dei suoi fanti unendo costantemente la parola all‟esempio, così da essere apprezzato sia dai colleghi sia dai soldati. Nel 94esimo reggimento di fanteria si distingue per eroismo nei combattimenti e nelle operazioni notturne; in uno di questi purtroppo trova la morte nel 1916 dopo aver sventato un tentativo di accerchiamento da parte dei nemici. Le sue ultime parole furono: “Muoio contento di aver fatto il mio dovere.” Gli venne conferita la medaglia d‟argento al valore e la laurea a titolo di onore. VINCENZO VERGA Vincenzo Verga nasce a Parma il 5 Aprile del 1896 dove frequentò il Liceo classico Romagnosi. Quando l‟Italia entra in guerra egli non risponde subito alla leva a causa di una grave malattia; una volta guarito dalla malattia egli ,spinto dall‟amor di patria e dal desiderio di rendersi utile ,si arruola. Combatte con ardore nel terzo reggimento di artiglieria da montagna fin quando nel 1916 una cannonata non gli spezza entrambe le gambe. Muore conseguentemente alle gravi ferite riportate. Viene onorato con la medaglia d‟argento al valore e nel 1917 ebbe il diploma d‟ingegnere a titolo d‟onore 1917-1918 LA VOCE DEGLI STUDENTI Nato nel dicembre 1917 dal desiderio degli alunni del liceo Romagnosi di sostenere i compagni al fronte e dire la propria riguardo alla difficile situazione presente, il giornale “la Voce degli studenti” riscuote un discreto successo anche fuori dal liceo; così continua a pubblicare fino al 24 aprile del ‟18. Con l‟avvento della guerra i giovani si vedono divenire protagonisti, soggetto politico attivo della società in guerra: i temi trattati sono principalmente legati alla cittadinanza in guerra e alla vita dei giovani, divisa tra scuola e impegni militari. Gli studenti si occupano anche di temi sociali, ad esempio denunciano il fatto che le fasce sociali più danneggiate dai sacrifici della guerra sono quelle più basse, in particolare i contadini. Una delle istanze che più stanno a cuore ai ragazzi della redazione è il dimostrare il proprio impegno e sforzo nel sostenere la nazione; pur essendo troppo giovani per essere chiamati “alla fronte” , infatti, gli studenti di molti licei organizzano raccolte di vestiario e oggetti utili per i loro soldati e si impegnano a sostenere la patria. Sebbene gli studenti percepiscano chiaramente una situazione di costante pericolo per l‟Italia, dalle pagine del giornalino emerge un grande entusiasmo nei confronti di quella che considerano la loro occasione per emergere e rendersi utili alla patria. I ragazzi, con l‟ingenuità e le aspettative tipiche della gioventù, sanno di essere rimasti pressoché gli unici a mantenere vivi il nazionalismo e il clima di esaltazione che era stato ampiamente diffuso nell‟Italia antebellica Così si legge nell‟editoriale del 18 gennaio 1918: ‘’Tra i concetti che la guerra sta modificando noi siamo certi che vi sia anche quello di studente. Fin qui la nostra classe è stata considerata con molta leggerezza e non le è stata data maggior importanza di quella che si attribuirebbe a un’accozzaglia di fannulloni coltivanti gli studi solo perché costretti. Che invece sia da considerarsi come un insieme di giovani (…) ricchi di tenacia, di entusiasmo, di fede , e quindi di ingenua bontà d’animo lo hanno dimostrato i nostri compagni CHE DAL BANCO DI SCUOLA SONO PASSATI ALLA VITA DI TRINCEA. Ma altri meriti della classe studentesca non debbono essere dimenticati, e soprattutto di aver saputo tener desta- quasi soli- la fiamma dell’italianità e dell’irredentismo antiaustriaco. ‘’ Alcuni ragazzi rimasti a casa intrattengono una corrispondenza con i loro compagni partiti per il fronte o per la scuola di ufficiali, pubblicando sul giornalino scolastico le lettere di risposta che questi inviano loro, in modo da sentirsi vicini ai compagni e rendere partecipe la comunità dell‟impegno dei giovani militari. Questa è una lettera di Rodolfo Verduri, allievo ufficiale, pubblicata sul numero del 20 febbraio „18: ‘’Quand’ero sui banchi del Liceo la maggiore e forse la più gradita delle mie e delle vostre attività era certamente quella di trovare il modo di non studiare, di ingannare i professori, di carpire un voto migliore; certo non pensavamo allora che il maggiore dei nostri doveri era quello di imparare per la vita e non per la scuola. In questi banchi invece e sotto l’austera disciplina militare la vita si presenta con altro aspetto; qui si è dato il bando ad ogni azione non seria, qui si educa al solo concetto del dovere e dell’obbedienza: ci si insegna a prendere dimestichezza con instrumenti ed ordigni atti solo a togliere la vita altrui; qui si deve imparare a guidare all’assalto altri giovani ed a guardare con occhio sereno in faccia alla morte. „‟ ‘’No, mamma, siamo uomini. Con diciotto anni, se il corpo non ha ancora raggiunto il suo pieno sviluppo, il cuore è già formato e sapremo lottare come i nostri fratelli. (…) No! Non piangere, mamma, se parlo così, sono cattivo, lo so, ma fatti cuore! Sii forte: una donna italiana non deve abbandonarsi al pianto, piegarsi al dolore, bensì essere orgogliosa di avere un figlio che faccia il suo dovere non più come cittadino, ma come soldato. ‘’ ( dal diario di un territoriale del „99) Dal Liceo Romagnosi al fronte, dal fronte all‟impegno antifascista e all‟Assemblea Costituente FERDINANDO BERNINI San Secondo (PR) 18 maggio 1891 – Bologna 12 marzo 1954 Ferdinando Bernini fu un insegnante e uomo politico appassionato e coraggioso che visse uno dei periodi più tormentati della nostra storia. Si laureò nel 1913 alla Normale di Pisa e grazie alla frequentazione dello storico Salvemini si appassionò anche alla politica. Fin da giovane si schierò con i socialisti antinterventisti e nel 1914 scrisse un articolo sulla rivista “Rompete le file” in cui invitava qualsiasi organizzazione a cominciare un‟opera seria e continua di propaganda antimilitarista. Allo scoppio della guerra, nonostante la sua posizione antinterventista, fu obbligato ad arruolarsi. Si impegnò come bersagliere nell‟inverno 1916 nella trincee del Costabella; in seguito ricevette anche la medaglia d‟argento al valore militare nella battaglia del Piave. Concluso il conflitto visse la fase dell‟incertissima democrazia del primo dopoguerra e poco più tardi la degenerazione e la deriva fascista. Per il suo amore di libertà vera, di pensiero e di partecipazione, non poteva che opporsi all‟ascesa del potere fascista. Egli sosteneva come unico modo per resistere quello dell‟insegnamento e della continua ricerca culturale. Bernini diventò professore di latino e greco e nelle sue lezioni non insegnava semplicemente le sue materie ma, come testimoniano molti alunni e alunne, incarnava nella sua persona la libertà di ricerca, di pensiero e la capacità di coniugare il forte rigore disciplinare con l‟apertura nella rielaborazione delle conoscenze. Grazie allo studio della storia sosteneva l‟idea di appartenenza alla comunità , di militanza civile e di impegno politico. Il forte impegno politico fu pertanto per Bernini una conseguenza dell‟impegno culturale. Proprio in virtù della necessità di non restare indifferenti, dopo la marcia su Roma nel 1922 e la presa del potere da parte dei fascisti,scrisse un breve saggio ispirato dall‟amicizia con l‟intellettuale neutralista Rolland , intitolato “Il dialogo della perduta eloquenza”. Inoltre nonostante il progressivo inasprirsi del regime dittatoriale non venne mai meno all‟impegno politico e civile. L‟attività di Bernini è testimoniata anche da numerosi fascicoli e inchieste della questura di Parma. L‟impegno civile e politico culmina nel 1943, quando, dopo la caduta di Mussolini, entra nel Comitato di azione antifascista come rappresentante del partito socialista italiano e per questo viene arrestato il 28 ottobre e imprigionato nel carcere di San Francesco. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 2 giugno 1946 venne eletto come esponente del partito socialista nell‟Assemblea Costituente. Si impegnò in particolar modo nell‟ambito della pubblica istruzione a portare avanti e difendere i valori di laicità e democrazia all‟interno della scuola. Per la sua esperienza e abilità fu anche nominato, durante il terzo governo De Gasperi, sottosegretario al ministero della pubblica istruzione. Dopo gli intensi anni di lavoro a Roma tornò a Parma dove ricominciò a dedicarsi allo studio, alla cultura e alla formazione appassionata intellettuale e morale di tanti giovani. E‟ importante e necessario fare tesoro di figure come Ferdinando Bernini perché è grazie all‟intelligenza, al coraggio e alla tenacia di persone così che oggi abbiamo la fortuna di vivere ancora in un‟Italia libera e democratica. Durante la Grande guerra si assiste ad un nuovo fenomeno: quello dei cosiddetti “scemi di guerra”. È un fenomeno che comporta la perdita del senno come reazione allo shock della guerra ed al senso di oppressione che i soldati vivevano nelle trincee. La mancanza di una via di fuga da questa disperazione esistenziale li porta alla follia. Tutto ha inizio nel doloroso momento della partenza per il fronte, qualcosa di sconosciuto ed ignoto. Già da questo istante si affievoliscono i legami con la famiglia, con la vita precedente e con il mondo come lo avevano sempre conosciuto. Nelle trincee si sentono come intontiti; sono educati a reagire con distacco nei confronti della morte dei nemici, dei compagni, dei fratelli. Sono educati alla crudeltà, a trasgredire le regole e i taboo morali. Sono costretti ad attaccare, ad uccidere sotto minaccia, vengono addirittura colpiti. I soldati devono dimenticarsi dei loro affetti e così, diventati oggetti, manichini regolati da meccanismi che si ripetono all‟infinito, gli uomini perdono la loro identità, sono come piccole gocce di una fiumana che li travolge senza scrupoli. Giunti al fronte i soldati sono colpiti dal rumore assordante delle armi da fuoco e delle bombe. Questo shock è tale che molti non riescono a superarlo. Vivono un forte malessere mentale che li porta alla follia. Questi “scemi di guerra” vengono mandati nei manicomi dove vengono assistiti e “curati” da psicologi e psichiatri. Dalle diagnosi che ci sono giunte la maggior parte dei pazienti è affetta da shell-shock cioè una forma di nevosi traumatica I comandi interiori corpo-mente sembrano essere svaniti, i malati hanno incubi e spesso si rifugiano dietro ad un muro di silenzio, sono colpiti da improvvise crisi di pianto e replicano le posizioni che assumevano in trincea, sono spaventati da parole quali bomba, granata, hanno paura di avere paura. I pazienti alternano momenti di tranquillità a momenti di forte agitazione, hanno allucinazioni, sono impulsivi, altri invece sono apatici, come annullati. ANCHE NEL MANICOMIO DI COLORNO ARRIVARONO SOLDATI AFFETTI DA TRAUMI PSICHICI E QUI VENNERO RICOVERATI. L‟ANALISI DELLE LORO CARTELLE DIMOSTRA COME SPESSO VENISSERO CONSIDERATI SIMULATORI E COME NON VI FOSSE ALCUNA CONSIDERAZIONE PER LA LORO VITA E PER LA LORO IDENTITA‟. ERANO SOLDATI DA RIMANDARE QUANTO PRIMA AL FRONTE PERCHE‟ IL SOLDATO DEVE ESSERE FORTE E SANO, LA SUA MENTE NON PUO‟ AVERE CEDIMENTI. LA DEBOLEZZA DEL SOLDATO E‟ UN SEGNO DI DEBOLEZZA DELLO STATO STESSO. A COLORNO COME IN ALTRI MANICOMI DI TUTTA ITALIA LA GRANDE GUERRA MOSTRA IL SUO VOLTO TERRIBILE. L‟ENTUSIAMO PER LA GUERRA SI SCONTRA CON LE DRAMMATICHE CONSEGUENZE DELLA GUERRA STESSA. Età: 25 anni Entrato il: 23 Aprile 1919 Diagnosi: è incapace di ragionare, di comprendere le domande rivoltegli, è scomposto nei gesti e trasandato nella persona. È turbato nella mente per il terrore causato dalla guerra,in preda a continue allucinazioni, si crede ancora in trincea a contatto con i nemici. Ha momenti in cui parla ininterrottamente alternando toni di voce bassi e alti. Soffre di infermità mentale contratta durante la guerra. Non è possibile comprendere se questa follia è dovuta a schegge di granata conficcte in vicinanza della membrana del cervello. Nuova diagnosi: si chiude in se stesso e non ha coscienza di ciò che accade intorno a lui, è incapace di provvedere ai propri bisogni, non è autonomo. È apatico, si rifiuta di alzarsi dal letto, non chiede nulla, non risponde alle domande, mangia solo se imboccato, compie atti impulsivi nei confronti degli infermieri. Giuseppe Stefanini viene interdetto il 31-07-1922 perché è affetto da una delle più gravi forme di disordine mentale. Nome: Bassi Aldo Età: 25 anni Entrato il: agosto 1918 Diagnosi: allucinazioni, impulsi di violenza contro gli altri, vive momenti di tranquillità alternati a momenti di irrequietezza. Viene rimandato sul campo perché le sue condizioni migliorano, rientra nel 1924. Diagnosi: delira, non mangia, è apatico e spesso impulsivo. Non si relaziona in modo tranquillo con gli altri, è ossessionato dal fumo. Non mostra vergogna di essere sudicio, non ha pudore. Disorientato. Rimane appartato per lunghe ore. È interdetto, non è capace di intendere e di volere. Età : 19 anni Ricoverato tre volte nell‟arco di 10 mesi dal giugno 1917 all‟aprile 1918 nel manicomio di Colorno . Tutte le volte viene considerato un simulatore, i medici segnano sulla cartella: “ Perchè lo hanno mandato qui?” Prima diagnosi: costituzione epilettoide, pericoloso a sé e agli altri. Atteggiamento depressivo,non si muove che pochissimo e non parla. Fisionomia stupita. Nel corso di tutti e tre i ricoveri si segnala un comportamento disturbato (una volta tenta il suicidio, un‟altra si ricopre completamente di sterco, un‟altra volta in modo violento rifiuta di farsi tagliare i capelli). Durante il suo ultimo ricovero chiede, quasi supplica il dottore di trattenerlo in manicomio, dicendo che in manicomio sta bene. Nell‟aprile del 1918 verrà dimesso dal manicomio ma anche riformato e quindi non più rimandato al fronte. Carpi Alessandro , figlio di Giacomo e Rosa Allegretti, nasce a Genova il 25 dicembre 1893.Di stato civile celibe, Carpi, soldato del 28∞ Reggimento Artiglieria, viene internato nel Manicomio di Colorno il 6 gennaio 1916, all'eta‟ di 23 anni, per "fremosi acuta". Quando entra in manicomio, portato in barella, digrigna i denti agitatissimo e pronuncia parole sconnesse come "di spavento", "l'aereoplano", "m'ammazzano". Dopo due ore si calma e risponde alle domande, ma è "intontito" e "attonito". In data 8 gennaio, anche se definito lucido e tranquillo, rimane di "aspetto intontito". Si lamenta di dolori addominali e ha feci diarroiche. Due giorni dopo, Carpi presenta "catarro intestinale febbrile“. E‟ sempre lucido, ma "lento e tonto nel rispondere".Il 15 gennaio 1916 il soldato si lamenta di capogiri, si sente smanioso e depresso e non ricorda come e quando venne internato in manicomio. I giorni 20,25 e 28 gennaio, Carpi non cambia stato : viene consegnato all' autorità militare con proposta (accettata) di tre mesi di licenza. Il direttore del manicomio scrive nella lettera di licenziamento che Carpi ha sofferto di " un lievissimo stato di confusione mentale da probabile trauma psichico sofferto in guerra", ed essendo ora guarito , lo giudica peraltro idoneo al servizio militare. ARTICOLO 11 L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Il 24 marzo 1947 intorno alle 19 è stato approvato, alla Camera dei Deputati, con vivi applausi, l'articolo 4, che successivamente diventerà l'articolo 6 e infine l'articolo 11 della Costituzione italiana.L'approvazione dell'articolo è stata preceduta da un dibattito circa i termini da utilizzare per indicare il rifiuto dell'Italia alla guerra. Si trattava di scegliere, come disse il Presidente della Commissione per la Costituzione Ruini, fra alcuni verbi: rinunzia, ripudia e condanna. Mentre il verbo «condanna» ha un valore etico più che politico-giuridico, e «rinunzia» presuppone, in certo modo, la rinunzia ad un bene, ad un diritto, il diritto alla guerra (che vogliamo appunto contestare), la parola «ripudia», (…) ha un significato intermedio, ha un accento energico ed implica così la condanna come la rinuncia alla guerra. La parola «ripudia», a differenza della parola «rinunzia» che dà una sensazione di passività, indica una vera ripugnanza morale verso i crimini e gli orrori della guerra e costituisce l'obbligo morale di vietare il ricorso alla guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Sono escluse da tale divieto le guerre difensive, destinate a fronteggiare aggressioni che interessano direttamente il territorio dello Stato; il nostro ordinamento fa propria la norma dell'articolo 51 dello Statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che ammette la legittima difesa di fronte ad un attacco armato come diritto naturale degli Stati. Nella seconda parte dell'articolo emerge molto chiaramente lo spirito visionario che anima la Costituente: «l'Italia cosciente» consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, privilegiando come strumenti di risoluzione delle controversie la solidarietà e la giustizia tra i popoli, e sostituendo quindi alla legge della forza la forza del diritto come strumento di pacificazione.I nostri padri e le nostre madri costituenti erano animati dal desiderio di creare un'integrazione sempre più stretta tra i popoli. GRECI R.-SCHIAVENZA S., Il regio Liceo Ginnasio Romagnosi. Modello di scuola classica, Diabasis 2007. LA FATA I, Scemi di guerra.Il caso di Parma, Tesi di dottorato, 2007 Università di Parma La voce degli studenti, rivista studentesca 19171918 CHISTONI PARIDE, Canti di Gloria, Associazione studenti liceali a favore dei mutilati di guerra, parma 1917 GIULIO BAZINI, Da Venezia a Venezia, Gaspari ed., Udine 2010 A cura dell’Associazione allievi del Romagnosi, Ferdinando Bernini, dal Romagnosi alla Costituente, Parma 2004