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L` attuale crisi finanziaria ed il ricordo del 1929

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L` attuale crisi finanziaria ed il ricordo del 1929
L’ attuale crisi finanziaria ed il ricordo del 1929
La crisi finanziaria che stiamo attraversando con le sue conseguenze diffuse, fa venire alla mente
un’altra grande crisi che il mondo ha vissuto.
Il ricordo va al ’29 , un anno che condivide con il 1914, il 1945 e per la caduta del muro di Berlino il
1989, la caratteristica di essere potentemente evocativo per la memoria collettiva.
Ciò si deve al fatto che il tracollo speculativo di quell’anno fu di dimensioni eccezionali e annunciò
per gli Stati Uniti e per tutto il mondo industriale, la crisi più profonda e più durevole che il
capitalismo avesse sperimentato.
La crisi del 1929 in America arrivò improvvisamente dopo dieci anni di ricchezza e di ottimismo.
Dal 1920 il valore delle azioni non faceva che salire e sembrava non ci fossero confini al mondo di
carta dei titoli azionari ed ai guadagni crescenti. L’impressione di vivere in una situazione di
ricchezza permanente era molto diffusa e anche se solo una piccola parte dei cittadini americani
aveva investito in borsa, l’euforia per il mercato finanziario era entrata a far parte della cultura
diffusa del Paese.
Fino a quel momento l’ottimismo dei più si costruiva sulla passerella dei cosiddetti maghi finanziari
acclamati pubblicamente. L’economia americana stava cambiando, la rivoluzione dei consumi era
alle porte e iniziavano a diffondersi su vasta scala pratiche nuove come la vendita a rate. Nel
frattempo cordate di investitori, aiutati da informatori all’interno dell’azienda (i cosiddetti
insiders) si mettevano d’accordo per comprare un titolo, gonfiarne il prezzo e poi rivenderlo
altissimo ad investitori ignari.
Si creò una vera bolla speculativa, in una situazione completamente priva di regole.
Ad arricchirsi furono soprattutto quelli che non avevano scrupoli e speculavano sulla borsa
falsando il mercato. Gli osservatori che misero in guardia dai rischi di un simile boom vennero
tacciati di antipatriottismo e di voler sminuire l’immagine dell’America.
Il crollo di allora mise in evidenza le gravi mancanze di coloro che erano stati considerati dei geni.
I prezzi delle azioni ordinarie alla Borsa di New York erano cominciate a salire nel 1924, i prezzi
crescevano perché gli investitori privati e le istituzioni erano convinti che sarebbero saliti ancora di
più.
Ma l’economia americana segnò in primavera una battuta d’arresto; la produzione dell’acciaio
rallentò, il settore immobiliare ristagnava, cadevano i consumi in molti settori come quello
automobilistico. A causa della facilità con cui si era fatto credito molte persone erano indebitate
fino al collo e le aziende non riuscivano a trovare nuovi clienti, mentre ampie fasce di popolazione
diventavano sempre più povere. Mentre l’economia dava segnali di crisi ci si aspettava che anche
la borsa frenasse la sua corsa al rialzo, ma non fu così. Il mercato continuava a salire e i prezzi delle
azioni non avevano più nulla a che vedere con i profitti delle aziende. La bolla speculativa,
disancorata dall’economia, viveva ormai di vita propria.
Fino a quando il 24 ottobre, il primo giovedì nero della storia, il mercato cominciò a precipitare in
caduta libera.
I banchieri decisero di immettere una gran quantità di denaro sul mercato per sostenere la borsa.
Il vice presidente della Borsa di New York, Richard Whitney, ordinò diecimila azioni della US Steel
ad un prezzo molto più alto dell’ultima offerta e poi, strillando le sue offerte, comprò pacchetti di
azioni di tutti i titoli principali. Il segnale serviva a calmare il panico , molti pensarono che se i
banchieri investivano il loro denaro la crisi era stata scongiurata.
Invece dopo il week end la situazione continuò a peggiorare e martedì 29 ottobre fu il giorno del
crack.
Impossibile arrestare gli eventi, tutti volevano vendere, il valore delle azioni crollò verticalmente.
L’illusione che aveva contagiato l’intero popolo americano svanì in pochi istanti.
A farne le spese furono soprattutto coloro che avevano comprato a credito, avevano dovuto
versare un acconto del 10 per cento, ma dopo il crollo dei titoli i loro soldi si erano volatilizzati.
Moltissimi piccoli risparmiatori si trovarono ad esser costretti a vendere le azioni, e così i titoli,
svalutandosi, innescarono una reazione a catena al ribasso.
Possono essere considerate delle analogie tra la crisi finanziaria che stiamo vivendo e quella del
1929. Uguale è ad esempio, l’illusione di ricchezza: la sopravvalutazione dei valori e la
speculazione. L’altra similitudine è il fatto che tutto avviene fuori dalle regole. Allora si operava in
assenza di regole, oggi la questione è diversa: le regole esistono ma sono nazionali, mentre la
finanza è diventata globale.
Oggi la globalizzazione del mercato e la facilità con la quale viaggiano le informazioni potrebbero
scatenare ondate di panico nei risparmiatori tali da spazzare via l’intero sistema in poche ore in
tutto il mondo.
Ora come allora la causa sta, almeno in parte, nella perdita di contatto tra realtà industriale e
speculazione finanziaria. Allora fu la voglia di speculazione azionaria tra i piccoli risparmiatori a
drogare i prezzi delle azioni; il loro valore in pratica saliva a prescindere dal valore industriale ma
solo in base alle leggi della domanda e dell’offerta.
Una bolla speculativa che logicamente ad un certo punto esplose.
Adesso la colpa è in gran parte nella virtualità del mondo finanziario fondato su prodotti “derivati”
ad alto rischio, che mediante complessi meccanismi che fanno leva sugli andamenti dei tassi e
sulle aspettative degli investitori, possono far ottenere grossi guadagni, ma anche enormi perdite.
Enormi ricchezze virtuali si muovono da una parte all’altra del pianeta senza che dietro ci sia
alcuna ricchezza materiale.
Solamente dopo tutto questo c’è la crisi dei mutui, figlia di un sistema nel quale chi eroga il
prestito non si preoccupa della solvibilità del debitore, perché cede immediatamente ad altri il
credito: più alto è il rischio, maggiore è il profitto che si pensa di ricavare.
Gli esperti giudicano il crollo finanziario della potente istituzione bancaria americana, Lehman
Brothers, con grande critica e disappunto verso l’intero sistema economico e verso chi ha il
compito di gestirne la vigilanza. La Fed ed i suoi governatori, osannati per anni come gli artefici
dello sviluppo dell’economia americana con la loro politica dei bassi tassi d’interesse, ora vengono
criticati per aver contribuito a gonfiare la bolla speculativa, che alla fine è esplosa anche questa
volta con conseguenze disastrose. Questa crisi come una mortale epidemia ha contagiato a partire
da quelle statunitensi tutte le più importanti banche e finanziarie del mondo e costerà centinaia di
miliardi alle casse di tutti i governi che interverranno per salvarle e proteggere i risparmi dei
cittadini. Ma alla fine saranno sempre i cittadini a sostenere gli enormi costi di queste manovre, in
termini di aumento del debito pubblico e di mancanza di risorse per il miglioramento della
sicurezza sociale e di tutti i servizi pubblici e per il sostegno all’economia reale e per rilanciare i
consumi.
Dopo ogni grande crisi internazionale il mondo è cambiato, come cambierà questa volta?
Maria Concetta Di Giovanni
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