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CERCATE IL REGNO DI DIO

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CERCATE IL REGNO DI DIO
INCONTRO SETTIMANALE CON LA PAROLA
CERCATE IL REGNO DI DIO
VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Canto iniziale: RALLEGRATEVI NEL SIGNORE
Rit. Rallegratevi nel Signore sempre, rallegratevi
non angustiatevi per nulla.
Rallegratevi nel signore sempre, rallegratevi
il Signore è vicino.
1. E la pace di Dio sarà con voi,
non angustiatevi per nulla
E la pace di Dio sarà con voi, alleluia.
EPICLESI
2. E la luce di Dio risplenda in voi,
non angustiatevi per nulla.
E la luce di Dio risplenda in voi, alleluia.
Il Signore è la gioia Alleluia
Il Signore è la speranza Alleluia
Il Signore è libertà Alleluia
Il Signore è verità Alleluia
3. E la grazia di Dio dimori in voi,
non angustiatevi per nulla.
E la grazia di Dio dimori in voi, alleluia.
Signore noi ti ringraziamo
perché ci hai radunati alla tua presenza
per farci ascoltare la tua Parola:
in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà.
Fa' tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua
e perché non troviamo condanna nella tua Parola
letta ma non accolta
meditata ma non amata
pregata ma non custodita
contemplata ma non realizzata
manda il tuo Spirito Santo
ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori.
Solo così il nostro incontro con la tua Parola
sarà rinnovamento dell'alleanza
e comunione con te e lo Spirito Santo
Dio benedetto nei secoli dei secoli.
Amen.
Leggiamo il Vangelo (Mt 6,24-34)
LECTIO
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si
affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del
cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai;
eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per
quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo:
non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua
gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è
e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che
cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso.
A ciascun giorno basta la sua pena».
S I L E N Z I O
Ascoltiamo un commento al Vangelo
MEDITATIO
di Antonio Marangon
Già nell'ultima antitesi di Gesù, rispetto a quanto era stato detto nella Toràh sull'amore del prossimo (cfr. vv. 43-48 di Mt 5), Matteo aveva richiamato per due volte il riferimento del profeta di Nazaret al volto divino del «Padre che sta nei cieli»: egli infatti
«fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (v.
45b); alla sua 'perfezione' di Padre sono chiamati a conformarsi, nell'agire e nell'essere, gli ascoltatori di Gesù (v. 48).
In Mt 6,1-18 Gesù invita a compiere le tre opere della religiosità ebraica (elemosina,
preghiera, digiuno) unicamente per essere veduti e 'ricompensati' dal Padre che sta
nei cieli, non per essere ammirati dagli uomini. Al centro poi di quest'ultima sezione
viene riportata dall'evangelista la preghiera, insegnata da Gesù ai discepoli, con la
quale rivolgersi a Dio, il Padre che sta nei cieli (vv. 9-13).
Breve esame del testo evangelico. Il vangelo di Matteo, proclamato dalla liturgia
odierna come Parola del Signore, si presenta composto da una sezione centrale (vv.
25-33) ben unitaria e strutturata. È, del resto, quasi alla lettera, parallela con quella
di Lc 12,22-31. Di ambedue, quindi, si riconosce la comune fonte (Q) presinottica. Sarebbero invece stati aggiunti, in fase di redazione finale del primo vangelo, sia il v. 24
introduttivo, sia il v. 34 conclusivo.
Rinviando l'approfondimento esegetico di questa grande pagina ai commentari e agli
studi dedicati al discorso del monte, preme evidenziare qui il messaggio generale che
si ascolta da Mt 6,24-34. E precisamente: non preoccupatevi affannosamente per ciò
che è necessario al nutrimento e al vestire, come se foste soli e abbandonati da Dio
(vv. 25-32): cercate anzitutto il regno di Dio e un corretto rapporto con lui: egli non
manca di esservi vicino e provvidente (v. 33).
Accostiamo ora più direttamente qualche dato testuale che chiarisca il senso dell'esperienza cristiana proposta.
v, 24: È l'ultimo di un gruppo di detti che fanno da introduzione e da contesto alla pagina sulla fede in Dio provvidente, che poi segue. Ponendo in alternativa il servizio a
Dio e il servizio alla ricchezza ('mammona' nel testo greco, sia in Matteo sia nel parallelo lucano di Lc 16,13), il detto di Gesù ribadisce un insegnamento che spesso ritorna
nei vangeli: già nel testo precedente di Mt 6,19-21, dove l'alternativa era fra 'tesori
sulla terra' e 'tesori in cielo'. Si veda poi la rievocazione dell'episodio, con il dialogo fra
Gesù e i discepoli, a proposito della vocazione mancata del ricco: cfr. Mt 19,21-26.
L'Antico Testamento sapienziale aveva avuto occasioni e motivi per esprimersi sui
danni dell'idolatria del benessere e della ricchezza: cfr. Sal 49; Sir 11,18-19.
I vv. 25-32: La nota che maggiormente risalta nel brano è l'insistente appello di Gesù a non preoccuparsi per il cibo e il vestito. Certamente Gesù non esortava alla inerzia fatalistica: lui stesso era stato «figlio del falegname» (cfr. Mt 13,55); o «il falegname, figlio di Maria» (cfr. Me 6,3). Dal v. 33 si può dedurre che Gesù chiede una
'priorità' da dare al Regno e alla sua giustizia: un riordinare i valori e gli interessi
nell'animo umano. Anzi, alla luce del v. 24, l'invito rivolto ai discepoli è di sottrarsi alla
tentazione idolatrica della 'ricchezza', ossia alla sua forma di 'sicurezza' (etimologia
probabile di 'mammona'). Dunque è quel verbo (merìmnàn, in greco) che va ben inteso nella sua spinta ad assorbire l'animo umano «fino ad arrivare all'ansietà» (J.
Du-pont). Che poi non era forse soltanto un problema umano dei cristiani di Siria (per
cui scrive Matteo) o di Grecia (cfr. Luca), ma era ed è un problema di fede in Dio: il
Dio Padre, vicino e provvidente, spariva e sparisce dall'orizzonte della fede del cristiano (e delle chiese!) quando si impone 'mammona'.
Una conferma di carattere letterario a quanto ora cercato nel Vangelo di Gesù secondo
Matteo: già infatti la fonte scritta, cui questi attinge (assieme a Luca), ha redatto il
nostro testo (vv. 25-32) con una serie di domande retoriche, portando così il lettore a
recepire l'urgenza del problema, facendolo proprio! Ancora più efficace è la duplice
questione posta nei versetti 26.30; v. 26: «guardate bene gli uccelli del cielo: non
seminano, non mietono... e il Padre vostro celeste li nutre; non valete voi forse più di
loro?», e v. 30: «imparate bene come crescono i gigli del campo: non faticano e non
filano... Ora se Dio veste così l'erba del campo..., non farà molto di più per voi, gente
di poca fede?». Dunque provvedete alla vostra vita, ma non lontano dalla fede in Dio
Padre. E al v. 34 si acclude un proverbio popolare, per ribadire ancora una volta l'appello fondamentale: «non preoccupatevi con ansietà del domani!».
Si noti un dettaglio non privo di significato circa la collocazione di questo insegnamento di Gesù intorno alla fede in Dio, Padre provvidente.
Per Matteo si tratta di uno dei capitoli centrali della identità cristiana esposta in Mt 57: accanto ai «ma io vi dico» delle novità rispetto alla Toràh sinaitica (cfr. Mt 5,1748); assieme alla coscienza di operare sotto lo sguardo di Dio Padre, che scruta i nostri cuori (cfr. Mt 6,1-18), la fede in Dio provvidente appartiene alla carta di fondazione della Chiesa.
Secondo Luca, la relazione con Dio Padre provvidente fa parte delle grandi lezioni impartite da Gesù ai discepoli nel viaggio di formazione dalla Galilea a Gerusalemme (Lc
9,51-19,27), assieme all'esperienza di missione fra i Samaritani (Lc 9,51-10,37),
quando a più riprese Gesù insegnò ai discepoli a pregare.
S I L E N Z I O
CONTEMPLATIO
Lasciamo risuonare in noi la Parola
Torniamo al testo e ripetiamo liberamente qualche frase che ci ha colpito, gustando la
Parola con la bocca del cuore e condividendola con gli altri. Chi desidera può aggiungervi una riflessione personale.
Facciamo nostre le parole del salmista (Dal Salmo 61)
ORATIO
Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.
Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: non potrò vacillare.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.
Diamo spazio alla preghiera che ci nasce spontanea
Ogni tre preghiere cantiamo:
Nada te turbe, nada te espante; quien a Dios tiene nada le falta.
Nada te turbe, nada te espante; solo Dios basta.
Conclusione: PADRE NOSTRO
Padre santo, che vedi e provvedi a tutte le creature, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché in mezzo alle fatiche e alle preoccupazioni di ogni giorno non ci lasciamo
dominare dall’avidità e dall’egoismo, ma operiamo con piena fiducia per la libertà e la
giustizia del tuo regno.
Per Cristo nostro Signore
Le altre letture
Dal libro del profeta Isaìa (Is 49,14-15)
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
L'anonimo autore degli oracoli, raccolti nel rotolo di Isaia ai capp. 40-55, si collega per
certi temi al grande profeta di circa due secoli prima. Manifesta però un volto di Dio e
una teologia della storia assai differenti. Nelle sue pagine, il Santo di Israele (Dio) viene celebrato con le categorie esperienziali della sponsalità e della paternità-maternità,
che tanto avevano caratterizzato la profezia di Osea, il profeta vissuto al tempo del
regno di Samaria.
Il testo che viene proposto nella Liturgia della Parola è in consonanza tematica con ls
54 (e con il cap. 62): alla comunità dei rimpatriati dall'esilio babilonese vengono in animo tante perplessità e trepidazioni circa la possibilità di un rapporto nuovo con quel
Dio che nella sua collera - così si pensa - aveva castigato Israele con un drammatico
esilio. Simile atteggiamento comparirà più tardi anche nei testi di 'confessioni di colpe'
(cfr. quella di ls 59 + 63,7-64,11 ).
L'autore del nostro brano oracolare (da prolungare fino al v. 26) riporta tre lamenti di
Sion: vv. 14.21.24. La risposta divina è quella che inizia al v. 15. Ossia, Dio è madre e
Sion è il figlio del suo seno! Il profeta, avvocato di Dio e suo portavoce, aggiunge:
«Anche se ci fosse una donna che si dimentica (di suo figlio), io invece non ti dimenticherò mai». Di grande effetto, per la sua originalità simbolica, è pure il versetto seguente, non ripreso però dal lezionario liturgico: «Ecco, ti ho disegnato sulle palme
delle mie mani, le tua mura sono sempre davanti a me».
Non sfugga il genere di perplessità e paure che manifestano i rimpatriati proprio nei
confronti del loro Dio (cfr. anche ls 58,1-3 e 59,1-3)! Il peccato più grande di chi si allontana da Dio è di non considerarsi più ricuperabile e amato ai suoi occhi: come se
non fosse vero che Dio ama gratuitamente, e sempre e nessuno escluso. Il figlio prodigo, del resto, sogna di rientrare 'servo' nell'azienda di suo padre, per... mangiare!
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 4,1-5)
Fratelli, ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio.
Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele.
A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!
Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà.
Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora
ciascuno riceverà da Dio la lode..
Il tono che ora Paolo dà al suo lungo intervento, intorno al duplice argomento della
'parola della croce' e del predicatore di essa, è quello esortativo. Nei nostri cinque ver-
setti il riferimento vuol essere generale, al noi dei responsabili e guide della comunità
cristiana. Ma è inevitabile per Paolo portare l'attenzione sul suo personale ministero
apostolico (cfr. vv. 3-4). Più espressamente, nei successivi vv. 6-13 le considerazioni
verteranno su i due, Apollo e Paolo medesimo, già più volte chiamati in causa, fin da 1
Cor 1,10-17.
A proposito dei responsabili delle comunità cristiane, l'apostolo usa due designazioni
per qualificarne il ruolo: servi (alle dipendenze, letteralmente: 'remigatori') di Cristo;
e, in particolare, amministratori, ossia economi dei misteri di Dio. Questa seconda identità può esprimere, ancor più della prima, il ruolo che Paolo vuol precisare: sia
perché l'amministratore deve essere alle dipendenze dirette del padrone della casa
(cfr. anche Le 12,41-48; 16,1-8) e suo uomo di fiducia; sia perché i 'misteri', di cui
egli vien qui detto responsabile, sono - come emerge dal contesto - quelli del messaggio evangelico e soprattutto quello della «sapienza di Dio, che è nel mistero», il cui
centro è il Crocifisso (si veda 1 Cor 2,1.6-8: «... sapienza di Dio, che è nel mistero...
Nessuno dei dominatori di questo mondo l'ha conosciuta; se l'avessero conosciuta,
non avrebbero crocifisso il Signore della Gloria»).
A questo punto l'apostolo passa a parlare della sua amministrazione del mistero cristiano (vv. 3-5). Egli si attende dal Signore il giudizio sulla sua fedeltà. Quando verrà
il giudice, al cui servizio era stato assunto, «metterà in luce i segreti delle tenebre e
manifesterà le intenzioni dei cuori». Dunque, Paolo non trema di fronte al giudizio della comunità cristiana sul suo operato. Pensa allo sguardo penetrante di Colui che scruta il cuore dell'uomo, come spesso professavano i testi sapienziali di Israele (cfr. Sai
139). Ciò che più colpisce è la dichiarazione di Paolo circa la sua valutazione riguardo
al giudizio che può venirgli dalla sua coscienza! Forse proprio per la sua professione di
fede sulla priorità della parola e dello sguardo di Dio sull'uomo (se ne può avere un'eco nel testo evangelico di Mt 6,1-6.16-18).
Per rendere grazie
Siamo ipersensibili, Signore Dio, alle critiche e ai giudizi degli uomini, cerchiamo affannosamente il loro consenso, la loro approvazione. Ma tu ci inviti a metterci con
semplicità nelle tue mani di Padre, mani tenere e misericordiose. Che tu sia benedetto
per la fiducia nuova che fai germogliare nei nostri cuori, per la certezza consolante del
tuo amore smisurato.
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