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Ciane-Saline abbandonata all`erosione
“Per un giornalista la libertà di scrivere la verità non ha prezzo” (Sebastiano Messina - REPUBBLICA) Anno IV n.10 € 0,70 domenica 20 maggio 2012 • QUINDICINALE DI FATTI E OPINIONI • REG. TRIB. DI SIRACUSA N.1509 DEL 25/08/2009 • DIRETTORE: FRANCO ODDO • VICEDIRETTORE: MARINA DE MICHELE e-mail: [email protected] prossima uscita: 6 giugno L’AREA PROTETTA HA VISTO ACCRESCERSI IL DEGRADO DELLE ZONE CHE DOVEVA TUTELARE. CI SONO PRECISE RESPONSABILITÀ Ciane-Saline abbandonata all’erosione DAI DOCUMENTI RISULTA CHE “LAVORANO” DA MATTI ANCHE NEI GIORNI PIÙ AFOSI DI LUGLIO E AGOSTO (SIC!) Cinquemila euro mensili a ogni consigliere comunale Alla luce dei risultati conseguiti, il bilancio appare decisamente negativo, tanto da far dubitare non solo delle capacità di chi ha ne ha condiviso la responsabilità gestionale, ma anche della adeguatezza dello stesso strumento normativo. E’ innegabile che la conservazione dei luoghi non è migliorata in questo lungo lasso di tempo, ma in molti casi è addirittura peggiorata, raggiungendo livelli di degrado difficilmente immaginabili prima che la riserva venisse istituita. La situazione più drammatica riguarda le saline, la cui stessa sopravvivenza fisica è oggi messa in seria discussione. Dopo la istituzione della riserva è infatti cessata la manutenzione dell’argine che le separava dal mare e che veniva precedentemente assicurata sia pure artigianalmente e con pochi mezzi, ma regolarmente, dai salinari, con il risultato che l’azione erosiva esercitata dal moto ondoso ha causato l’arretramento della linea di costa di qualche centinaio di metri e la rottura dello stesso in alcuni punti, sicchè circa un quarto della superficie delle caselle salanti è stato invaso dal mare in maniera verosimilmente irreversibile. Le responsabilità dei singoli probabilmente esistono. Restano i fatti, che non possono essere negati: un’area protetta che ha visto accrescersi il degrado delle zone che doveva tutelare. Altrove, e anche questo, sia pur con rammarico, non può contestarsi, quei medesimi strumenti vincolistici, affidati a mani più accorte ed esperte, hanno dimostrato di funzionare egregiamente, conseguendo risultati che l’improvvida ed irresponsabile gestione pubblica nostrana ha negato alla comunità siracusana. PAG. 4 (Ansaldi-Iapichino) Nell’agosto del 2011 la Commissione che ha lavorato più a pieno ritmo è stata quella del bilancio e sviluppo, almeno 19 incontri, ma la più partecipata è stata quella dei servizi pubblici e viabilità con non meno di 14 sedute e 166 presenze, per un costo pari a poco più di 10.800 euro (quella che ha lavorato di meno, patrimonio e contenzioso, 10 incontri, 89 presenze, è costata ai contribuenti circa 5.800 euro; le altre 6, sulle 140 presenze, 9.177 euro). A occhio e croce ogni mese i lavori di commissione assorbono una media di 80mila euro solo di gettoni, all’anno si sfiora quindi un esborso complessivo pari a circa un milione. Ma per non cadere in semplicistiche valutazioni sull’opportunità o meno di una spesa del genere, o sulla necessità che le commissioni siano in tal numero, sarebbe necessario conoscere le ricadute di tale assiduo lavoro: quali studi siano stati condotti, quali relazioni, quali atti deliberativi o proposte. La stessa domanda che occorrerebbe porsi per le sedute del consiglio: quante le sedute andate a vuoto, quante le delibere esitate, così come tante le possibilità di risparmio in un’eventuale riprogrammazione e razionalizzazione delle spese: commissioni solo dalle 17 in poi, il sabato pomeriggio per il consiglio comunale così da azzerare anche i rimborsi per i giorni di assenza dal lavoro (e, dicono i maligni, per contrastare il gioco di far mancare il numero legale), riunioni meno frequenti e più produttive per evitare anche gli straordinari del personale ausiliario o per ridurre i costi delle utenze a cominciare da quella della luce, e via discorrendo. Pag. 5 (De Michele) DE BENEDICTIS FESTA DELL’ARIA “Col mio ddl più certo l’iter degli interventi socio-sanitari” “L’anno scorso ci vietarono il volo del dirigibile” PAG.12 (Festa) PAG. 15 (Di Mauro) ADORNO E BAIO: “LA PROVINCIA DAL 2014 SENZA PIÙ FONDI” “IL CONSORZIO ARCHIMEDE INDEBOLITO, NON HA PIÙ SENSO” Università, non ci resta che difendere Architettura “A questo punto dobbiamo fare una sola cosa: difendere con i denti quel poco che ci rimane, difendere la facoltà di architettura. D’altronde la colpa di tutta questa situazione non è né del Consorzio né dell’ateneo: il fatto è che una sede universitaria decentrata comporta dei costi e dei problemi. È indispensabile fare delle proposte innovative o non si va da nessuna parte”. PAGG. 10-11 (Lanaia) Incredibile, si costruisce fin dentro le Latomie! Pag. 2 (De Michele) AUGUSTA SCUOLA Dipendenti CRASS Dimensionamento da undici mesi Nel 2013 si andrà senza stipendio al disastro E lavorano organizzativo PAG.7 (Di Mauro) PAG.8 (Totis) PORTO TURISTICO Caltagirone in guai maggiori e a Siracusa lavori fermi PAG.3 (De Michele) 2 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Lo stupro denunciato dal Comitato Parchi, che chiede la sospensione immediata dei lavori Da stropicciarsi gli occhi. Com’è possibile che sia stata rilasciata una concessione edilizia fin dentro la Latomia del Casale? È uno di quei fatti che ti lascia senza parole, quasi senza fiato. Continui a guardare quelle foto come se raffigurassero un marziano, tale è l’incredulità che suscitano. Come sia stato possibile aver rilasciato una concessione per costruire fin dentro la Latomia del Casale, in condizioni quasi da missione impossibile (e la sequenza fotografica ne è evidentre testimonianza) appare un mistero, proprio come uno di quelli consacrati dalla dottrina. Perché certo una concessione deve esserci, per forza, anche se il Comitato Parchi, che ha segnalato lo stupro, cerca di correre ai ripari chiedendo all’Assessorato al Territorio e Ambiente di sospendere cautelativamente i lavori e si prepara a verificare la legittimità dell’autorizzazione. Intervento meritorio, da fare, in ogni caso, da apprezzare, sempre, con convinzione e condivisione, ma che genera una stretta al cuore perché già lo sai che non servirà a nulla se non a consegnarlo alla memoria di chi un giorno vorrà scrivere un dolente resoconto su questa città violata, profanata, sfregiata, da un piano regolatore che, falso nei suoi presupposti fondanti, ha consegnato la città, un gioiello della grecità, a speculatori, affaristi, cementificatori, egoisti. Mentre lo scrivo, lo dico a me stessa (scusate questo personalismo dai quali di solito rifuggo ma sento che il sangue scorre più veloce) che sto sconfinando nella retorica, ma mi sembra che le parole non bastino più per opporsi a scempi così ripetuti, così arroganti, così sempre impuniti. Le colate di cemento all’Epipoli e alle mura dionigiane, le cooperative sulle balze di Santa Panagia, il mare del Porto Grande interrato per inutili alberghi, le isole nell’acqua per moltiplicare gli edifici quando ce ne sono tanti altri solo da recuperare, la villa a strapiombo ai Cappuccini, il palazzo sulle curve della Cittadella, la distesa di abitazioni alla Maddalena, gli edifici nella preriserva del Ciane, le coste sepolte dalle seconde case, Fontane Bianche e l’Arenella snaturate: usque tandem? AbitoCasa S.r.l. Via Re Ierone, 55 - 96100 - Siracusa Tel. 0931 462161 - Fax 0931 1960404 - Cell. 392 4229037 www.abitocasa.it SPECIALISTI IN ASTE IMMOBILIARI Rif. 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AFFARE, INFO SOLO DI PERSONA Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Sfuma un affare da 400 milioni, intanto a Siracusa lavori ancora fermi e non si capisce perchè 3 Dopo i guai giudiziari per il porto di Imperia, Acqua Marcia perde pezzi Invitalia ha risolto il contratto d’appalto con Caltagirone per Fiumicino di MARINA DE MICHELE Sembrano non dover finire mai i guai di Francesco Bellavista Caltagirone e non si comprende come quanto stia accadendo al potente imprenditore possa non avere una diretta ricaduta anche sul Marina di Archimede di Siracusa. Dopo la bufera giudiziaria relativa alla realizzazione del porto di Imperia, (La Civetta IV n.6, 23 marzo u.s.), l’impero di Acqua Marcia inizia a perdere pezzi. Invitalia, la società del Ministero dell’Economia, ha risolto il contratto d’appalto in virtù del quale stava realizzando, insieme a Goldfinger (così veniva definito l’imprenditore negli anni ’60), il nuovo porto di Fiumicino, chiedendo anche un cospicuo risarcimento danni per alcune presunte irregolarità compiute da Caltagirone sul piano azionario (una scalata non autorizzata sfruttando a suo vantaggio la rete di partecipate e controllate coinvolte nel progetto). Sfuma così un affare che dall’originario investimento di 324 milioni nel 2007, è nel 2010 arrivato, per aggiornamento prezzi, oneri finanziari e lavori aggiuntivi di 20 milioni chiesti da Comune e Regione, a 400 milioni complessivi. Di questi il 75% sarebbero dovuti andare ad Acqua Marcia, general contractor, e la rimanente parte a Iniziative Portuali, la società partecipata da Italia Navigando, controllata dell’Invitalia. I problemi di Caltagirone a Fiumicino erano però iniziati già prima dell’intervento dei magistrati quando, dopo i primi investimenti di 40 milioni, è stato costretto a bloccare i lavori per difficoltà finanziarie, come racconta il Corriere della Sera. E sulla scorta anche di questa grave inadempienza nell’avanzamento lavori, un ritardo di 18 mesi, Invitalia ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto di appalto con l’intenzione di proporre un bando europeo per terminare l’opera ed evitare così che un progetto, inizialmente proposto come volano dell’economia locale, si traduca in un’ennesima incompiuta. Naturalmente, secondo AcquaTirrena, l’azienda del gruppo Acqua Marcia titolare dei lavori, unici responsabili di tali inadempienze sono invece la Regione Lazio e il Comune stesso colpevoli di mancate autorizzazioni la prima e di non aver consentito la realizzazione della strada di cantiere il secondo. Una situazione per certi versi simile a quella siracusana dove almeno formalmente a bloccare i lavori è stato il direttore regionale Gesualdo Campo, assertore, finalmente, di una diversa interpretazione di quel decreto Burlando che ha rappresentato per tutti gli imprenditori portuali la breccia attraverso cui far ritenere cantierabili opere a terra, anzi sul mare trasformato in terra, che in nessun modo avrebbero mai dovuto essere consentite. Una confusione interpretativa che probabilmente solo in Italia potrà non vedere mai i responsabili. Ma le somiglianze tra le diverse realtà che vedono Caltagirone come vulcanico protagonista del nuovo assetto portuale delle coste italiane, al centro di quel “sistema” di cui abbiamo parlato nell’articolo di marzo, e che quindi non consentono di stare tranquilli, non si fermano qui. È tutta la storia del Marina Di Archimede che presenta “sorprendenti” affinità con la stessa Fiumicino per esempio. In ambedue i casi a dare l’avvio ai progetti non è stata una qualche azienda del gruppo Caltagirone ma una sorta di apripista, una modesta società che, quale primo determinante passo, ha operato per acquisire le necessarie concessioni demaniali: Iniziative Nautiche Portuali a Fiumicino, la società “Marina del Porto Grande” a Siracusa. La nostrana piccola e sconosciuta società, con sede a Palazzolo, come riferivano articoli di quei giorni, aveva affidato l’intero procedimento amministrativo al Comandante Angelo Zerilli, una sorta di guru del turismo da diporto, uno dei massimi esperti italiani del settore, capitano di vascello, “approdato” nel paesino montano del siracusano, attivo collaboratore di Caltagirone come di Ligresti. In un nostro contributo del 2007 evidenziavamo tra l‘altro che, nella conferenza dei servizi del 29 settembre 2004 (la quinta dell’iter progettuale), “Marina del Porto Grande” sedeva a fianco della Proteco, rappresentata dall’ingegnere Pietro Gallo, società con la quale condivideva insieme alla stessa sede in via Scipione 26, a Palazzolo (ma in realtà sembrava si trattasse di una sorta di sdoppiamento di una stessa società), un progetto ancora più imponente di quello poi andato “in porto”: 905 posti barca con una concessione demaniale per cinquant’anni per 118mila mq di specchio acqueo e 9.650 mq di demanio marittimo. Successivamente, nell’ottava conferenza del primo marzo 2005, sedevano allo stesso tavolo i due rappresentanti: l’ingegnere Gallo e l’ingegnere Leone ma sembrava essere quest’ultimo il rappresentante della Proteco. Comunque, nel settembre 2006, la Proteco, che intanto si era aggiudicato il progetto, cambiava la propria denominazione sociale in “Marina di Archimede” nominando come amministratore unico Paolo Gallo e nel 2007 veniva “affiancata” dall’Acquamarcia di Roma. Lo stesso Zerilli, in un suo intervento del gennaio, spiegava che da un canto la Regione aveva finanziato una parte del progetto presentato dai privati “oltre alla ristrutturazione delle altre banchine del porto necessaria alla piena funzionalità dell’infrastruttura” e che dall’altra il Comune di Siracusa “si era preoccupato di adeguare i propri strumenti urbanistici in modo non solo da consentire la realizzazione della nuova struttura per la nautica da diporto ma anche una valorizzazione della città quale approdo per le navi da crociera. Il privato – continuava – ha ideato e progettato la realizzazione della struttura valorizzandone gli aspetti privatistici, ha sostenuto il rischio d‘impresa, si è munito di un team di professionisti nonchè di quella pazienza che purtroppo in Italia è indispensabile e, affiancando costantemente le amministrazioni, ha avuto la possibilità di giungere al termine di un percorso che molti all’inizio gli avevano sconsigliato di intraprendere”. Al di là di alcune inesattezze sui 9 milioni di finanziamento pubblico che, per quanto ci risulta, sono relativi solo al Marina di Archimede e non anche al progetto del Comune al Molo Sant’Antonio, le parole del super comandante appaiono oggi quasi profetiche a giudicare dallo stallo dei lavori che avrebbero dovuto essere terminati nel 2008, questo a riprova delle ragioni di chi “consigliava di lasciar perdere”, ma lasciano anche perplessi se si pensa alle risultanze dell’indagine giudiziaria aperta ad Imperia sulle modalità con cui Caltagirone piegava la volontà degli amministratori locali. Come abbiamo già scritto, secondo i giudici l’imprenditore romano, considerando il suo amico Scajola e l’amministrazione comunale di Imperia “una cosa sola”, pretendeva dall’allora ministro un intervento per “mettere in riga i suoi” perché il Comune “ci rompe il c…” e spadroneggiava: “Si fa passare dal sindaco del Pdl la bozza della delibera comunale che definisce i rapporti della parte pubblica con quella privata e gli corregge gli errori, opponendosi a una verifica sulla congruità degli accordi economici sul porto”. Insomma, altro che pazienza! Se poi si mettono insieme tutte le anomalie riscontrate nei giorni dell’accordo di programma di Siracusa che ha dato il via all’opera, le domande aumentano: il gioco tra un progettato “approdo turistico” per cui si richiedevano le concessioni e ciò che è stato realmente autorizzato: un “porto” turistico, differenza non da poco come ha comprovato la successiva presa Il Comandante Zerilli di posizione dell’assessorato regionale competente che ha segnato un retrofront; la Via che arriva provvidamente nell’ultimo giorno utile possibile, esattamente lo stesso in cui si sigla l’accordo di programma: il 20 divembre del 2006; la Vas probabilmente non acquisita o non acquisita nei tempi opportuni; il contenzioso con l’Eni che apre profili di illegittimità e ancora altro. Ce n’è abbastanza insomma per chiedersi se anche a Siracusa qualcosa sia stato pilotato con rodata maestria. Oggi poi non si comprende bene perchè i lavori siano fermi: si dice perchè in attesa che si completi la banchina e il braccio del molo Sant’Antonio (a loro volta bloccati da una querelle sull’adeguamento dei costi che vede la società appaltatrice in contrasto con l’amministrazione comunale) e questo significherebbe la possibilità di una richiesta di risarcimento danni da parte di Caltagirone di cui però nessuno parla (ed eventualmente: come mai il “patriota dell‘Alitalia” non avrebbe nulla da rivendicare?). Oppure l’impasse potrebbe essere determinato dall’opposizione del direttore generale Gesualdo Campo alla realizzazione delle opere a terra e ci si chiede se, per caso, stanti le difficoltà in cui versano sia Caltagirone agli arresti domiciliari che il suo gruppo (la società Acqua Marcia ha un’esposizione con il sistema creditizio italiano di ben 900 milioni di euro sebbene dichiari che le attività dei suoi principali settori - immobiliare, turistico, aeroportuale e dei porti turistici - abbiano un valore di mercato pari a 2 miliardi e mezzo), il fermo forzato non debba essere considerato un vantaggio piuttosto che un danno per l’imprenditore che non deve così dar conto a nessuno di lavori che non si sa quando riprenderanno. Se poi a questo si somma lo stand by dei cantieri al Foro Italico (il sindaco ne promette la riapertura subito dopo l’estate ma non si sa chi dovrà sostenere le spese per riportare i cassoni dalla Marina di Melilli a Siracusa) come la paralisi del Porto Spero, un altro progetto frutto della follia collettiva per come è stato immaginato, la situazione complessiva delle infrastrutture portuali di Siracusa appare decisamente senza speranza. Né si riesce ad immaginare, alla luce delle caratteristiche dell’amministrazione attiva della città, chi potrebbe intervenire per segnare un cambio di rotta che faccia chiarezza e ordine su tutto. 4 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Fotodocumentazione dello scempio. Negativo anche il bilancio della gestione del papiro del Ciane Nonostante più di un milione di euro per acquisire al demanio le Saline il bellissimo habitat abbandonato al vandalismo e all’erosione marina di *GIUSEPPE ANSALDI e CARMELO IAPICHINO La riserva naturale orientata fiume Ciane e Saline di Siracusa esiste dal marzo del 1984, un tempo più che congruo per valutarne gli effetti sul territorio e sul raggiungimento delle finalità previste dal decreto istitutivo “di salvaguardare e rivitalizzare il papiro lungo l’intero corso del fiume Ciane e conservare i valori ambientali della zona umida delle Saline di Siracusa“. Alla luce dei risultati conseguiti, il bilancio appare decisamente negativo, tanto da far dubitare non solo delle capacità di chi ha ne ha condiviso la responsabilità gestionale, ma anche della adeguatezza dello stesso strumento normativo. E’ innegabile che la conservazione dei luoghi non è migliorata in questo lungo lasso di tempo, ma in molti casi è addirittura peggiorata, raggiungendo livelli di degrado difficilmente immaginabili prima che la riserva venisse istituita. La situazione più drammatica riguarda le saline, la cui stessa sopravvivenza fisica è oggi messa in seria discussione. Dopo la istituzione della riserva è infatti cessata la manutenzione dell’argine che le separava dal mare e che veniva precedentemente assicurata sia pure artigianalmente e con pochi mezzi, ma regolarmente, dai salinari, con il risultato che l’azione erosiva esercitata dal moto ondoso ha causato l’arretramento della linea di costa di qualche centinaio di metri e la rottura dello stesso in alcuni punti, sicchè circa un quarto della superficie delle caselle salanti è stato invaso dal mare in maniera verosimilmente irreversibile. La parte rimanente delle saline è stata ugualmente abbandonata a se stessa, con il canneto che ha ormai invaso la maggior parte dei pantani e delle caselle, provocando una conseguente perdita di biodiversità. Ciò che è più paradossale è che, nonostante l’impiego di ingenti risorse economiche (pari ad oltre un milione di euro) per acquisire l’intera salina al demanio e per interventi di restauro delle vecchie case dei salinari, le discutibili modalità operative adottate hanno di fatto prodotto uno snaturamento dell’habitat preesistente lasciato nel più completo abbandono e soggetto alla duplice azione corrosiva dell’opera vandalica dell’uomo e dell’attività erosiva del mare. Quest’ultima, non contrastata efficacemente, ha ormai prodotto lo smottamento delle gabbionate poste a protezione e l’inizio di cedimento delle fondazioni mai consolidate. Tutto ciò in dispregio di quanto lo stesso decreto istitutivo prevedesse circa il ripristino della salicoltura, non solo per salvaguardare un’attività risalente nel tempo, ma anche come sistema di manutenzione naturale di un ambiente di rilevante interesse paesaggistico e pur dipendente dall’attività umana. Ugualmente negativo è il bilancio della gestione del papiro del Ciane, che, se ha beneficiato della fine dei prelievi idrici per uso industriale da parte del Consorzio di Bonifica, registra una situazione di precarietà, con sensibile rallentamento dei deflussi idrici per assenza di manutenzione dell’alveo e la conseguente impossibilità di mantenere un regime idraulico equilibrato. E la situazione potrebbe decisamente peggiorare qualora le paratie abbandonate della ex stazione di derivazione e sollevamento delle acque dovessero cedere per l’usura del tempo: l’abbassamento repentino del livello idrico causerebbe sicuramente un danno incommensurabile alla colonia di papiro con effetti a lungo termine e difficilmente reversibili. Ancora più incomprensibile appare la problematica fruizione dello stesso fiume: il tratto del sentiero lungo la sponda destra è stato oggetto di pulizia e manutenzioni occasionali, diventando impraticabile per mesi o anni. E’ un fatto che, prima della riserva, entrambi i sentieri erano sempre percorribili in quanto il Consorzio di Bonifica destinava regolarmente alcuni operai alla loro manutenzione. Ci si chiede perchè, nel momento in cui l’amministrazione provinciale ha determinato l’organico della polizia provinciale, non è stata in grado, senza alcun onere aggiuntivo, di impegnare parte del personale per assicurare la continuità degli interventi operati dalla precedente gestione? Ma le situazioni di accresciuto degrado non si fermano qui. Potremmo ancora ricordare lo stato di abbandono della ex stazione di pompaggio, che avrebbe potuto diventare un centro visitatori e dei servizi di assistenza turistico-culturale; la mancata attuazione del piano della pre-riserva mediante intese con il Comune di Siracusa (e qui alle responsabilità dell’ente gestore si sommano quelle dell’ amministrazione comunale) con le decine di cose che si sarebbero potute fare: recupero delle zone di discarica degli ex Pantanelli, restauro della vecchia stazione di sollevamento delle acque, risanamento della fascia a nord della foce del fiume Anapo antistante la ex playa (su cui esisteva un vecchio progetto del Comune di acquisizione e demolizione delle strutture che invece hanno continuato a proliferare in maniera indiscriminata), rinaturalizzazione di alcune aree di proprietà pubblica attorno alla sorgente Pismotta. Non è questa le sede per individuare incapacità o responsabilità dei singoli, che probabilmente esistono. Restano i fatti, che non possono essere negati: un’area protetta che ha visto accrescersi il degrado delle zone che doveva tutelare. Altrove, e anche questo, sia pur con rammarico, non può contestarsi, quei medesimi strumenti vincolistici, affidati a mani più accorte ed esperte, hanno dimostrato di funzionare egregiamente, conseguendo risultati che l’improvvida ed irresponsabile gestione pubblica nostrana ha negato alla comunità siracusana. *Comitato Parchi Stato di degrado della stazione di sollevamento delle acque. Vasca di derivazione delle acque dal Ciane interrata e in stato di totale abbandono. Base del muro perimetrale della casa dei salinari di recente ristrutturazione e in fase di erosione da parte dei marosi con cedimento delle gabbionate poste a protezione delle fondazioni. Arretramento della linea di costa e rottura degli argini delle caselle. Cedimento dell’ immobile annesso al faro Calderini Rottura degli argini ad opera del moto ondoso. Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] 5 La documentazione raccolta dal Movimento 5 Stelle incrementa a Siracusa la folla di indignados Caccia dei consiglieri comunali alla firma che attesti il “lavoro” svolto Ma ora c’è da temere la Corte dei Conti e un’attiva Guardia di Finanza di MARINA DE MICHELE Come sopravvivere all’onda lunga che arriva ora anche sui nostri consiglieri comunali, e provinciali, simile a uno tzunami che si fa annunciare dopo aver già investito, da tempo ormai, anche gli altri enti locali di Italia? È tempo di consigli ai naviganti per non soccombere, soprattutto per evitare che comportamenti ed espedienti per “tirare a campare”, ma egregiamente rispetto alla gran parte dei concittadini amministrati, si trasformino in danno erariale, perseguibile dalla Corte dei Conti, e non restino semplicemente inveterate abitudini italiche sanzionabili solo eticamente, e semmai politicamente (magari gli elettori imparassero a scegliere dopo un serio giudizio di merito su vizi e virtù dei loro rappresentanti!). La discussione aperta dal Movimento 5 Stelle sui rimborsi che dissanguano le casse comunali coinvolge tutti loro, senza quasi alcuna distinzione, perchè nessuno prima di ora ha mai avvertito rimorsi di coscienza nel percepire quanto già dal 2000 la legge, nazionale si badi bene, ha consentito di incassare in prima persona, e far incassare a parenti, amici e vari, disposti a offrire estemporanei posti di lavoro. Un peccato che l’atto di indirizzo del consigliere Di Giovanni per un taglio del 50% degli emolumenti sia arrivato fuori tempo massimo, dando così, al di là delle buone intenzioni, la sensazione di una proposta in qualche modo coartata dalle circostanze, per stare al passo, per recuperare posizioni perdute, quelle occupate dai grillini, anche loro comunque in affanno rispetto agli amici delle altre città. Non sfugge a nessuno che si sta discutendo di anomalie “fossili” del nostro malato sistema politico, stratificate da tempi immemorabili, percepite oggi non perché suggerite da epifaniche rivelazioni ma perchè purtroppo è solo “la tasca” che acuisce i sensi, che sveglia l’attenzione di cittadini troppo distratti, distanti dalla cosa pubblica e pertanto responsabili, anche loro, vorrei dire soprattutto loro, della corruzione e del malaffare che regna nelle stanze del potere in quanto colpevoli di omessa vigilanza, di mancato controllo sociale. Palazzo Vermexio, sede del Consiglio Comunale di Siracusa E nei momenti di profondissima crisi economicofinanziaria, quando ad essere i più vessati dalle scelte governative sono le fasce di popolazione più numerose e più controllabili dal fisco (quelle dal reddito fisso tassato alla fonte), quando è gioco semplice aggredire un bene quale la prima casa - che, da indice positivo e rivendicato di un benessere finalmente diffuso o della lodevole capacità di risparmio di “avveduti” cittadini, si trasforma in inerme preda di esattori in cerca di immediati risultati -, nulla è più efficace che intimare tangibili sacrifici ai rappresentanti del popolo, locali come nazionali, per aggregare immediatamente intorno a sé, per lo più in vista di future tornate elettorali, schiere crescenti di indignados. E’ così che una battaglia sacrosanta, quella a sprechi ingiustificabili e non più tollerabili (ma chissà perchè mai avrebbero dovuto esserlo in un qualsiasi altro momento della nostra storia!), quella contro prebende e sovvenzioni motivate dalla sola necessità di creare personali bacini di voto, rischia di diventare un “attentato” alla democrazia, a quella logica della rappresentanza che è la sola forma di partecipazione dei cittadini (se sostenuta non da leggi elettorali “porcelle”) nelle società complesse, in quelle che non consentono la “democrazia diretta” sul modello dell’Atene periclea, seppure avrebbero assoluto bisogno di elaborare nuove modalità di un coinvolgimento quanto più ampio e significativo dei cittadini elettori. Ma oltre a riflettere sui risparmi possibili - varie le proposte già fatte da più parti, tutte facilmente attuabili -, il problema per i nostri consiglieri è forse quello proposto inizialmente: come non incappare nelle grinfie della Corte dei Conti? Perchè è su questo versante che si potrebbe rischiare di pagare il fio sebbene siamo convinti che la lunga, in alcuni casi lunghissima, militanza politica dei nostri rappresentanti abbia già suggerito, quanto meno, di “mettere a posto le carte”. Bisogna che alzino il livello di guardia per difendersi da eventuali improvvisi controlli per esempio da parte di una Guardia di Finanza che in questo periodo, a Siracusa come nel resto d’Italia, sembra più che mai mossa dal desiderio di debellare qualsiasi forma di illegalità e sperpero di denaro pubblico. Il gettone di presenza, perché tutto sia in regola, deve essere supportato da un verbale che attesti la partecipazione del consigliere alle varie commissioni; guai a basarsi solo su una semplice attestazione rilasciata dai presidenti delle stesse, guai a dimenticare qualche nominativo o passare il tempo esaminando questioni non attinenti le finalità pubbliche dell’Ente. E attenti anche che, nella distrazione figlia dell’assuefazione e della condivisione del peccato, non si dimentichi di indicare con precisione l’orario di inizio e termine dei lavori, o che ci si limiti, come pare sia “normale”, a una frettolosa firma per subito scomparire, o, ancora peggio, che nella foga di una frenetica attività di commissione in commissione per la raccolta punti, non capiti di far risultare sovrapposizioni di orari spiegabili solo alla luce del dono, che riteniamo improbabile, dell’ubiquità. A essere inchiodati alle proprie responsabilità, per la delicatezza delle funzioni esercitate, sarebbero in correità tanto il consigliere che il presidente della commissione che il dirigente preposto a disporre il pagamento, obbligato a verificare la regolarità e veridicità degli atti, a non farsi sfuggire, per superficialità o condiscendenza, anomalie e coincidenze. È la stessa legge invocata per poter usufruire tanto dei gettoni di presenza che dei rimborsi per i datori di lavoro dei consiglieri, a imporre che tutti i documenti di riferimento per l’autorizzazione ai mandati di pagamento siano ineccepibili: “presenti, completi e redatti con precisione” così da non incorrere nel reato di “colpa grave” come già in più di un caso, in altri comuni, è accaduto. Non c’è dubbio infatti che in casi del genere i rimborsi non dovuti determinino un indiscutibile danno erariale per l’indebito depauperamento delle casse comunali. Sarebbe singolare se, che so, un provvido incendio estinguesse le tracce di un passato da dimenticare. Tranne pochi giorni a Ferragosto, nelle carte risultano presenti anche nei periodi più afosi dell’estate Tra gettoni di presenza in consiglio, nelle commissioni, rimborsi vari ogni consigliere comunale percepisce più di cinquemila euro al mese Sono impegnati, come oggi - ahimè – piace dire, h. 24. A lavoro sempre. A settimana almeno cinque giorni su sette, senza tregua, anche nel periodo delle vacanze natalizie o pasquali, e soprattutto a luglio e agosto. I consiglieri comunali di Siracusa sono dei veri stakanovisti e non si consentono mai riposo. È tale il loro amore per la città, tale la loro abnegazione per la comunità siracusana che hanno rinunciato, in massa, a tutte le ferie. Dicono questo i tabulati delle loro spettanze dei due mesi di solleone dell’anno 2011, e immaginiamo che sia così sempre, e da sempre. Un’unica eccezione: quella di Mimmo Richiusa che a luglio ed agosto ha partecipato solo a un consiglio comunale al mese, così come per il solo agosto ha fatto Italo Bufardeci. Un solo gettone di presenza e niente di più ma si tratta di casi particolari motivati probabilmente da un lavoro, una professione, che assorbe totalmente, e che richiede poi adeguato ed effettivo riposo, o da una scelta di vita ormai lontana dai percorsi della politica. Sono quindi tutti gli altri consiglieri a fare storia. Alcuni di loro danno prova di un’attività quasi frenetica: anche fino a 46 – 47 presenze registrate in 31 giorni che però, sottratti i week end e, per non esagerare, un 3 giorni a Ferragosto, si riducono su per giù a una ventina di giorni. Di qui la partecipazione non ai lavori di una sola commissione ma anche di due o più nella stessa giornata. Uno stress incredibile se si considera che le sedi delle riunioni possono essere lontane le une dalle altre e sotto i raggi infuocati deve essere davvero dura. Da apprezzare tuttavia lo sforzo di non far risultare, ai fini della retribuzione, solo le presenze numericamente sufficienti a raggiungere la soglia massima consentita di 1.694,05 euro netti al mese per la quale basterebbe anche far registrare la propria presenza non più di 26 volte (e qualcuno che lo fa c’è). Nell’agosto del 2011 la Commissione che ha lavorato più a pieno ritmo è stata quella del bilancio e sviluppo, almeno 19 incontri, ma la più partecipata è stata quella dei servizi pubblici e viabilità con non meno di 14 sedute e 166 presenze, per un costo pari a poco più di 10.800 euro (quella che ha lavorato di meno, patrimonio e contenzioso, 10 incontri, 89 presenze, è costata ai contribuenti circa 5.800 euro; le altre 6, sulle 140 presenze, 9.177 euro). A occhio e croce ogni mese i lavori di commissione assorbono una media di 80mila euro solo di gettoni, all’anno si sfiora quindi un esborso complessivo pari a circa un milione. Ma per non cadere in semplicistiche valutazioni sull’opportunità o meno di una spesa del genere, o sulla necessità che le commissioni siano in tal numero, sarebbe necessario conoscere le ricadute di tale assiduo lavoro: quali studi siano stati condotti, quali relazioni, quali atti deliberativi o proposte. La stessa domanda che occorrerebbe porsi per le sedute del consiglio: quante le sedute andate a vuoto, quante le delibere esitate, così come tante le possibilità di risparmio in un’eventuale riprogrammazione e razionalizzazione delle spese: commissioni solo dalle 17 in poi, il sabato pomerig- gio per il consiglio comunale così da azzerare anche i rimborsi per i giorni di assenza dal lavoro (e, dicono i maligni, per contrastare il gioco di far mancare il numero legale), riunioni meno frequenti e più produttive per evitare anche gli straordinari del personale ausiliario (ci si potrebbe riunire solo il martedì e il giovedì, giorni di apertura anche pomeridiana degli uffici comunali) o per ridurre i costi delle utenze a cominciare da quella della luce, e via discorrendo. Tutto anche senza voler dimezzare l’entità del gettone di presenza. Ancora da calcolare poi, in questo gioco di caccia agli sprechi della politica, altri eventuali impegni di spesa quali convegni, corsi di formazione, trasferte, buoni benzina, auspicando che nessuno dei nostri abbia trasferito, fittiziamente, la propria residenza alla casa al mare per ricavare ancora nuovi utili dalla propria attività di rappresentanza. Ma, come hanno evidenziato i grillini, non basta neanche così. Rimane la querelle sui rimborsi che il Comune deve ad aziende e società presso cui “lavorano” i consiglieri. Nessuno scandalo se a conquistare l’ambito posto nel consesso cittadino sia qualcuno già dipendente pubblico o privato (la regola è quella che vale tanto quanto un distacco sindacale), nessuna levata di scudi ci dovrebbe essere neanche se ad assumere prima della fatidica data, e a prescindere da essa, sia stato un parente o amico. Sarebbe davvero illogico rinfacciare di nepotismo, quello tipico delle “famiglie universitarie” o degli ospedali pubblici dove la meri- tocrazia cede il passo all’appoggio politico, chi abbia l’opportunità di usufruire di un vantaggio del genere, a meno che non si voglia veramente fare della sciocca utopia, così come troviamo poco giustificabile e condivisibile la richiesta di rinunciare al versamento dei contributi previdenziali mettendosi in aspettativa. Ciò che sicuramente non va sono le fittizie assunzioni in società compiacenti (spesso di mogli e parenti o “semi pubbliche” come la Sogeas o l’Ias, o anche create per l’occasione) e per giunta con mansioni dirigenziali per far lievitare i costi fino al massimo di retribuzione possibile. A Siracusa la cifra è di 3.764,56 euro al mese lordi, dal momento che il tetto previsto dalla norma è pari ai 2/3 dell’indennità del primo cittadino (somma che ovviamente va aggiunta a quella calcolata precedentemente di 1.694,05 netti e alla quale è stato comunque posto un limite dopo qualche anno dall’entrata in vigore della legge del 2000, per porre argine a una deriva che a Siracusa ha visto consiglieri retribuiti addirittura fino a sei-settemila euro al mese perché ricoprivano “posti di altissima responsabilità” nella società della moglie). Inutile dire che la maggior parte dei consiglieri, essendo totalmente assorbiti ogni giorno utile nei lavori di commissione e di consiglio, sospende completamente la propria attività lavorativa privando così i datori di lavoro di un essenziale e qualificato contributo. Anche in questo caso però occorre stare attenti: la Guardia di Finanza una sbirciatina tra le carte potrebbe andare a darla. 6 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Ci chiediamo, tra l’altro, cosa significhi la voce “quota utenza per unità immobiliare domestica x mese” SAI8 e le tariffe del servizio idrico. Occhio all’andirivieni degli aumenti L’ultima fatturazione il 24 febbraio, in pieno regime di commissario ATO e CdA di CONCETTO ROSSITTO La Civetta ha delle perplessità in merito all’andamento delle tariffe relative al servizio idrico. Come si può osservare dalla tabella, c’è stato un primo aumento nelle fatturazioni che portano la data del 27-08-2010. La fatturazione successiva (quella del 18-12-2010) è stata effettuata secondo la tariffe anteriori a tale primo aumento. Una spiegazione potrebbe essere quella di un necessario ritorno a tariffe anteriori ad un aumento forse non autorizzato, ma in questo caso la società di gestione avrebbe dovuto successivamente detrarre quanto incassato per una applicazione arbitraria di aumenti non ancora autorizzati. Una spiegazione opposta (ingenua e poco credibile) potrebbe essere quella di un ritorno per mero errore alle tariffe anteriori a quelle maggiorate in seguito a regolare autorizzazione. Ma in questo caso la società avrebbe poi ricalcolato le bollette e recuperato successivamente le somme dovute dai cittadini e non conteggiate (erroneamente) nelle bollette fatturate nel dicembre 2010. Mistero! Quale possa essere la spiegazione giusta non lo sappiamo. Più recentemente, a partire dalle fatture emesse in data 25-11-2011, si registra un nuovo aumento, applicato anche nell’ultima fatturazione del 24-022012. Ci chiediamo se gli aumenti delle tariffe siano stati regolarmente autorizzati. Se in particolare sia stato autorizzato l’ultimo, avvenuto durante il regime commissariale, e da chi. Ci chiediamo se l’approvazione di un piano tariffario diverso da quello esistente rientri tra le competenze di un commissario che ci pare abbia i poteri del CdA e anche le funzioni del Presidente dell’ATO (e quindi anche la funzione di presiedere l’Assemblea dei Sindaci) ma non di sostituirla. Ci chiediamo se sia usuale e legittimo commissariare anche la maggioranza azionaria dell’ATO e vanificare, in tal modo, l’organo di controllo e di indirizzo (l’Assemblea). Ci chiediamo cosa significhi la voce “quota utenza per unità immobiliare domestica x mese”. Se tale voce si riferisce al noleggio del contatore, facciamo presente che moltissimi contatori sono in realtà di proprietà dei cittadini. In tal caso sarebbe un abuso pretendere la riscossione del noleggio del contatore di proprietà del cittadino. In una precedente edizione della Civetta abbiamo segnalato il tentativo di SAI8 di far pagare, con minaccia di distacco preventivo dalla rete idrica, bollette emesse a fronte di consumi presunti per unità immobiliari non utilizzate. Basterebbe una lettura dei contatori per constatare che in realtà sono state Data fattura 16/12/09 24/05/10 27/08/10 18/12/10 31/08/11 25/11/11 24/02/12 Tariffa 0-15 mc 0,291600 0,291600 0,306300 0,291600 0,306300 0,320500 0,320500 Tariffa 16-50 mc 0,466600 0,466600 0,490200 0,466600 0,490200 0,512700 0,512700 0,974200 0,974200 Tariffa 51-70 mc Canone fognatura 0,111900 0,111900 0,117600 0,111900 0,117600 0,123000 0,123000 Canone depurazione 0,306300 0,306300 0,321800 0,306300 0,321800 0,336600 0,336600 Quota utenza 0,666236 0,666236 0,666236 0,666236 0,666236 0,666236 0,666236 già pagate quantità di acqua non consumate. Altri cittadini ci segnalano il loro timore che anche la mancata lettura dei contatori in varie case abitate si traduca poi in conguagli pesanti, che il gestore potrebbe fatturare secondo fasce di prezzo relative a consumi eccedenti i 70 mc per persona e, per giunta, con l’applicazione della tariffa aumentata. Questo per il momento è solo un timore dei cittadini, lo ribadiamo, ma precisiamo sin d’ora che sarebbe giusto spalmare i consumi, proporzionalmente, su tutto il periodo successivo all’ultima lettura, applicando ad essi, in sede di conguaglio, le tariffe dei vari periodi. Vedremo cosa succederà. Sulle questioni esposte sopra non ci va di chiedere spiegazioni al gestore, in quanto non ci fidiamo delle risposte di una società che ci risulta inaffidabile in relazione all’inadempimento relativo alla clausola contrattuale di garanzia per cui s’è beccata la diffida di Bono. La questione della fidejussione è stata, per inciso, confermata recentemente da un esponente della Procura in una sua dichiarazione. Ma anche in relazione alla nota vicenda della procedura di gara (illegittima per il CGA) potrebbero emergere responsabilità non solo della parte appaltante: aspetteremo al riguardo tutti gli sviluppi giudiziari della vicenda, in cui il CGA ha ravvisato profili che potrebbero essere di competenza di altra magistratura (non amministrativa). Ci limitiamo a segnalare ai politici locali, ai Sindaci della Provincia, alle Istituzioni ed alle autorità tutte fatti che ci sembrano degni di esame e di opportuni controlli. Aggiungiamo che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 18 luglio 2011, che ha recepito il risultato del secondo referendum sull’acqua, le tariffe avrebbero dovuto essere adeguate, al ribasso, attraverso lo scorporo della remunerazione del capitale investito; remunerazione che, prima del referendum, era garantita per legge e compresa nella cosiddetta tariffa normalizzata. Possibile che le tariffe applicate nella nostra provincia non comprendessero tale remunerazione? A chi spetta il compito di controllare? Riteniamo che l’obbligo di osservare e di fare osservare le leggi sia di tutti. Ma soprattutto di chi ha compiti e poteri istituzionali. Ci sorprende che le tariffe riportate nelle fatture emesse dopo il citato decreto del luglio 2011 non rechino la riduzione in questione e che le ultime presentino addirittura dei rincari, sui quali nutriamo fortissime perplessità. Se è questo il modo in cui una classe politica, oggi giustamente nel mirino dei cittadini, esegue i controlli sui gestori ai quali ha affidato (per altro, nel caso in ispecie, illegittimamente) un servizio di delicatezza capitale, i cittadini abbiamo un altro misfatto di cui dovremo farle pagare il fio, elettoralmente. E adesso vedremo chi si darà da fare per accertare, verificare, chiedere conto e ragione degli aumenti ed, eventualmente, imporre la restituzione di somme ai cittadini. Non pensino i signori politici di cavarsela con dichiarazioni di comodo ed approssimative. Dovranno dimostrare ai cittadini in che modo abbiano affrontato le questioni di fondo (schierandosi al fianco dei sindaci resistenti ai fini della risoluzione giudiziaria del contratto ) e cosa abbiano fatto per tutelare concretamente gli utenti del servizio idrico in tutti gli aspetti della microconflittualità col gestore. Parlare in modo generico per spacciarsi come difensori dei cittadini in questa vicenda è troppo comodo, ma per nulla credibile! I cittadini vogliono vedere fatti concreti. Il compito della stampa libera è quello di segnalare, nei modi dovuti, tutto ciò che merita attenzione; ad altri spetta il compito di verificare ed intervenire. E di produrre i risultati del ripristino della legalità, qualora questa sia stata calpestata! A questo riguardo, ricordiamo a tutti i nostri lettori che, in seguito all’accertamento da parte del CGA della illegittimità dell’affidamento del servizio idrico a SAI8, siamo in attesa del responso della Cassazione. Siamo certi che la vicenda giudiziaria si concluderà, speriamo presto, con l’eliminazione del vulnus arrecato alla legalità. Chi pretende che, in attesa del verdetto finale, i sindaci debbano mettere la testa sotto la sabbia e consegnare, nelle more che la giustizia faccia il suo corso, altri impianti ad una società già palesemente affidataria in modo illegittimo del servizio idrico, secondo noi è fuori strada. I politici che affermano questo rivelano chiaramente da che parte stanno. Ci sembra che chi opera illegittimamente non possa pretendere di imporre i suoi interessi sino a pronunciamento di una sentenza che riconosca invalido un rapporto posto in essere per una gara illegittima e di fatto caducato per la inadempienza di una delle parti, sin dal giugno 2008. Non si può ragionevolmente pretendere che il contratto (posto in essere in conseguenza di una procedura illegittima), già non rispettato da una parte, debba essere integralmente rispettato dall’altra, che lo impugna giudiziariamente! Altrimenti la lentezza del procedimento giudiziario, accentuata da azioni strumentalmente difensive, si tradurrebbe in un ulteriore vantaggio del gestore e in un accrescimento del danno per i cittadini. SAI8 e i suoi due talloni di Achille. La posizione ambigua di Faraci e quella limpida di Orazio Scalorino in ballottaggio a Floridia Qualche candidato al ruolo di sindaco, ignaro di molti aspetti della vicenda, ha promesso al suo elettorato di interessarsi per raccogliere il contenzioso tra cittadini e SAI8 al fine di pervenire alla risoluzione del contratto per questa via. Alle calende greche! Gli consigliamo vivamente, nell’improbabile caso di una sua elezione, di prendere contatto coi sindaci resistenti e di unirsi alla loro iniziativa giudiziaria, finalizzata alla risoluzione del contratto. Orazio Scalorino ha dichiarato che sarà questo il suo primo atto da sindaco. Ci auguriamo che lo compiano tutti i sindaci neoeletti. Illudersi che gli interessi dei Comuni montani non consegnatari siano diversi da quelli del Comune di Floridia e degli altri Comuni che hanno consegnato gli impianti al gestore privato è un madornale errore di valutazione. Si faccia valere pure il contenzioso nelle sedi opportune, ma intanto non si trascuri di appoggiare, da subito, l’iniziativa giudiziaria comune già avviata contro SAI8. Voler agire diversamente significa voler mascherare una condiscendenza verso il gestore privato, inconfessabile ai cittadini. Concetto Rossitto Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] “Ad Augusta 6.000 disoccupati e un tasso di disoccupazione tra i 18 ed i 35 anni pari al 40%” 7 Lo Turco (Cgil): “Per pagare i dipendenti Crass da 11 mesi senza stipendio il Comune spera negli incassi di Tarsu e Imu. Urge un piano di rientro” di CARMELO DI MAURO La crisi di liquidità di cui soffrono le pubbliche amministrazioni italiane in questi ultimi mesi si è mostrata in tutta la propria gravità, contribuendo ad alimentare una posizione debitoria che diventa sempre meno sopportabile. A farne le spese sono certamente le aziende di piccole o medie dimensioni, i cui compensi vengono liquidati solo dopo diversi mesi, se non anni, dalla conclusione del proprio lavoro. Ma gli effetti di una gestione impropria delle finanze pubbliche gravano, in maniera non meno intensa, anche sulle spalle delle cooperative sociali che hanno spesso nella pubblica amministrazione l’unico “cliente” cui offrire i propri servizi. È un problema diffuso, che attraversa l’Italia da nord a sud, divenuto quasi cronico, che si ripercuote sulle cooperative sociali, sui lavoratori e sulle loro famiglie, ma che rischia di intaccare anche la quantità e la qualità dei servizi offerti, ricadendo così sulle fasce di popolazione più deboli. Ne soffre l’intero terzo settore, chiamato a colmare gli spazi lasciati colpevolmente vuoti dalle amministrazioni pubbliche nella gestione delle proprie attività sociali e nella lotta ad ogni emarginazione, la cui attività non viene sempre adeguatamente ricompensata. Ad Augusta, da diversi mesi, la cooperativa C.R.A.S.S., che si occupa di gestire per conto del Comune i servizi di assistenza sociale, soffre a causa di un grave ritardo nei pagamenti delle proprie spettanze dovuto alle difficoltà finanziarie dell’ente. Questa situazione fa sì che decine di lavoratori restino senza retribuzione da mesi e che la cooperativa si ritrovi esposta nei confronti di fornitori e fisco. Le numerose e vibranti proteste, che hanno portato gli operatori della cooperativa a richiedere l’intervento del Prefetto di Siracusa, non hanno però prodotto i risultati sperati, come si evince da un comunicato della CGIL emesso a seguito dell’incontro avvenuto tra il Prefetto ed il Sindaco di Augusta, che così riassume il punto di vista del sindacato: “A parte l’impegno di un mandato cospicuo entro il mese di giugno, non si è potuto concordare un piano di rientro che permettesse alla cooperativa di gestire bene i prossimi mesi e dare certezza ai lavoratori di uno stipendio regolare”. Concetti ribaditi anche da Carmelo Lo Turco, segretario della locale Camera del lavoro, che ha seguito da molto vicino la vicenda. “Non possiamo essere soddisfatti – dichiara Lo Turco – per un impegno verbale che non ha nulla di concreto, i lavoratori al termine della loro ultima assemblea sono rimasti molto delusi. L’amministrazione comunale spera di riuscire a far fronte ai propri impegni grazie alle risorse finanziarie derivanti dalla riscossione delle imposte locali quali TARSU e IMU, ma per il momento abbiamo visto solo manifestazioni di buona volontà e nulla di concreto. Quello che noi ci auguriamo è che l’amministrazione possa presto definire un piano di rientro in grado di garantire il pagamento delle undici mensilità arretrate e programmare una giusta e regolare retribuzione dei lavoratori, consentendo alla cooperativa di avere le risorse necessarie a coprire i costi di gestione dell’attività, i contributi e le imposte”. A proposito dell’eventualità che la situazione di difficoltà della cooperativa possa incidere sulle attività di assistenza, Lo Turco sottolinea che “lo stato di agitazione della C.R.A.S.S. non ha fino ad oggi provocato disagi o interruzioni dei servizi, anzi la cooperativa ha sempre garantito servizi di assistenza di qualità ed ha lavorato con passione. I lavoratori sono quasi dei volontari e svolgono un’attività preziosa, dimostrando grande rispetto per chi soffre o vive momenti di difficoltà. In tanti anni e malgrado altri momenti difficili, mai sono stati sospesi i servizi, ma se si prosegue così il rischio di sospensione è concreto. Per il momento, si rimane in attesa di vedere se entro giugno il Comune potrà mantenere gli impegni presi e poi decideremo quali ulteriori iniziative intraprendere.” Carmelo Lo Turco insieme ad alcuni lavoratori Crass in sciopero. Ma quello della cooperativa CRASS non è l’unico dossier scottante sul tavolo della sezione augustana della CGIL. Lo stato di agitazione ha investito, infatti, anche i dipendenti comunali che soffrono l’ennesimo ritardato pagamento delle proprie retribuzioni. “Si è tenuta nella giornata di mercoledì scorso l’assemblea dei lavoratori del Comune – ci informa Lo Turco – che si ritroveranno presto in via Principe Umberto, proprio davanti al Palazzo di Città, per un sit in di protesta. La loro intenzione, credo, sia quella di richiedere un incontro con il Prefetto.” Le difficoltà che vive il Comune nel retribuire con puntualità i propri dipendenti ed i propri fornitori di beni e servizi sono certo frutto di un problema di gestione delle risorse finanziarie, ma sono anche il sintomo della grave crisi economica che morde la città. La crisi occupazionale, che spinge tantissimi ad emigrare, viene raccontata da Lo Turco attra- verso numeri sconcertanti. “Ad Augusta ci sono circa 6.000 disoccupati ed un tasso di disoccupazione per i lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 35 anni pari al 40% - precisa Lo Turco - poi bisogna anche tenere conto dei tantissimi che non si iscrivono più all’ufficio di collocamento e degli ultra cinquantenni che difficilmente ritroveranno una nuova collocazione lavorativa. Solo sbloccando i lavori nella zona industriale, nel porto ed avviando le bonifiche, possiamo immaginare una ripresa della produzione e quindi dell’occupazione. L’amministrazione comunale di Augusta ha avviato due iniziative che ritengo molto valide, penso al progetto per la zona artigianale di contrada Balate ed al progetto di riqualificazione e recupero delle saline. Quello che conta, però, è che la burocrazia agisca con celerità perché le risorse vengano utilizzate al meglio ed in tempi brevi.” Riapre oggi pomeriggio a San Focà il campo sportivo Cerimonia con Coni, Figc, Prestigiacomo e giunta Si svolgerà oggi pomeriggio alle 16 la cerimonia di riapertura del Campo Sportivo San Focà, a Priolo ore 16,00. Saranno presenti il sindaco Antonello Rizza, una rappresentanza del consiglio comunale e della giunta, l’ec ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacono, il preidente povinciale del Coni, avv. Giuseppe Corso, e il delegato provinciale della Figc Maurizio Rizza. 8 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] La razionalizzazione varata dalla Provincia determinerà il prossimo anno un disastro organizzativo Per piccoli interessi o incompetente arroganza, scuole di valore e prestigio saranno gestite part time da dirigenti titolari altrove e Dgsa a mezzo servizio di GIAMBATTISTA TOTIS Se le società internazionali bocciano scuola e università e si procede indifferenti alle critiche, senza governare la scuola, come andremo a finire? Nelle scorse settimane, a Milano, è stato presentato un documento in cui le società internazionali hanno criticato Il sistema formativo italiano che, a dispetto delle reiterate riforme dell’ultimo decennio, continua a sfornare professionalità che non sono richieste dal mercato del lavoro e che crea nuova disoccupazione, spesso di alto livello, lasciando scoperti i profili di cui le aziende avrebbero bisogno. Nel criticare la scuola e l’università italiane è stato stimato che rispetto al numero di laureati che le società sono disposte ad assumere in Italia ci sono 40 mila laureati che non hanno mercato; ciò a fronte di 40 mila laureati che servirebbero e che non ci sono. Uno «strabismo», che ha radici lontane: mentre l’impresa raddoppia i tecnici (in 15 anni siamo passati dal 12,9% al 22% sul totale degli occupati), al contrario, la scuola li dimezza (nel 1990 gli istituti tecnici erano il 46,6% del totale, nel 2010 il 33,5% mentre i licei, che nel 1990 erano il 31,3%, oggi sono il 41,5). Eppure la tendenza, in Europa, vede comunque un aumento significativo dei lavori con qualifica medio alta e tecnica. Infatti da uno studio emergono alcuni dati interessanti: se nel 1996 gli occupati con qualifica tecnica medio-alta erano il 20,9%, si prevede che nel 2020 saranno il 31,4%, con una parallela diminuzione delle qualifiche basse. La competitività si difende in larga misura con la formazione, soprattutto quella tecnico-scientifica. Certo le osservazioni dello studio presentato a Milano sono parametrate rispetto ai fabbisogni di colossi internazionali, ma da altre indagini emergono analisi non troppo dissimili. Lo studio conferma che esistono al tempo stesso un surplus e un deficit di professionalità che si traduce in uno spreco di risorse e in opportunità mancate. L’orientamento professionale fatto a scuola, sia per quanto riguarda la scelta dell’università che della scuola superiore, è assolutamente inadeguato e foriero di errori e rafforza percorsi di studio che produrranno disoccupati. Ancora una volta si conferma un dato inequivocabile: la scelta orientata alle discipline tecniche e scientifiche rappresenta la parte preponderante di opportunità che assicurano sbocchi lavorativi avvicinando meglio la domanda all’offerta di competenze richieste dal mercato. Altro elemento di criticità è rappresentato dalla debole politica per l’avviamento al lavoro degli studenti sia della scuola secondaria che universitari. Tutti bravi a predicare che la ripresa economica passa attraverso una migliore qualità della scuola e della conoscenza ma poco o nulla si fa concretamente in merito. Negli ultimi anni i tagli di risorse economiche ed umane sono stati una costante, di contro è stato posto in essere il riordino dei cicli senza avviare politiche di sostegno all’autonomia scolastica che garantiscano l’allineamento dell’attività delle scuole agli obiettivi fissati dalla legge. Il risultato è: caos e approssimazione. In moltissime scuole, infatti, pur con le nuove materie e i nuovi ordinamenti che comportano una diversa didattica ed una progettazione educativa per competenze, si continuano a svolgere i vecchi programmi, inconsapevoli che i programmi non esistono più da oltre un decennio e che gli obiettivi formativi vanno ridefiniti nell’ambito della propria offerta formativa all’interno degli obiettivi nazionali. Nei professionali assisteremo ad alcuni paradossi. Gli alunni che frequentano i primi anni sanno che il loro percorso di studi durerà 5 anni? Mi chiedo quanti alunni e quante famiglie sappiano che i loro figli, iscritti negli istituti professionali ad oggi, stante il mancato intervento della regione , non potranno avere la qualifica a fine triennio. D’altra parte il sistema scolastico nell’ultimo decennio è stato disarticolato ed abbandonato a se stesso, in più gli EE.LL. (Regione, Provincie e Comuni) continuano a trattare la scuola come un fastidio, operando con disinvoltura e superficialità, incapaci di comprendere che ormai la funzione educativa non è più delega esclusiva dello Stato e che essi devono uscire dalla semplice amministrazione del settore ed avviarsi rapidamente al suo governo altrimenti intere popolazioni perderanno l’appuntamento con lo sviluppo e la trasformazione della società imposta dalla globalizzazione dell’economia. Cosa aspettarsi , con questo stato di fatto per il prossimo futuro? La cultura, la scuola, la ricerca sembrano beni di lusso senza incidenza sullo sviluppo del Paese che diviene giorno dopo giorno culturalmente più arretrato (preoccupante il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno) e marginale. La sensazione sempre più netta è che la Cultura e la scuola siano considerate dai politici come un adempimento burocratico, come è dimostrato, specie negli EE.LL. più vicini, dove, a livello organizzativo interno, i servizi scolastici sono affidati a funzionari amministrativi lontani dalla cultura della scuola e spesso con altri incarichi in altri settori e dal ridotto peso politico attribuito agli assessorati alla P.I. in genere affidati ad Amministratori incompetenti e superficiali. Il danno che ciò comporta è reso più evidente, ad esempio, dalla razionalizzazione varata dalla Provincia che, incurante dei suggerimenti, rincorrendo piccoli e miserabili interessi o, peggio, manifestando incompetente arroganza, determinerà il prossimo anno un disastro organizzativo: scuole di valore e prestigio saranno gestite a part time da Dirigenti titolari altrove e da DGSA a mezzo servizio. Bastava non essere presuntuosi ed avere rispetto di ciò che era scritto nella legge per limitare enormemente i danni. Ma si sa, i politicanti sono alla ricerca di un titolone sulla stampa, spesso garantito da giornalisti compiacenti e privi di spirito critico, per vendere all’opinione pubblica come grande risultato quello che nei fatti sarà una “Caporetto”; poi, molto tempo dopo, quando saranno evidenti gli effetti delle loro scelte, chi ricorderà più? E i giornalisti “on demand” si guarderanno bene dal ricordare, in un’opera di disinformazione sistematica, di individuare i responsabili che sono qui a Siracusa e si scaricherà ogni responsabilità sul Governo nazionale, che è lontano e non replicherà. Bisogna riportare la cultura al centro dello sviluppo strategico del Paese, proporre soluzioni concrete per ridare vigore agli investimenti ma anche un allarme che risuona in sottofondo: che la classe politica non creda davvero alla cultura come opportunità. L’idea che la cultura sia importante è presente nella valutazione comune, ma non passa l’idea che essa va sostenuta come la principale risorsa del Paese. L’Italia è quella che è grazie alla cultura, ma in troppi sembrano non accorgersene. A questa scarsa consapevolezza si aggiungono i danni provocati dagli EE.LL. quando tagliano le risorse spesso senza preavviso, come è successo lo scorso anno in Provincia mettendo in crisi chi gestisce la scuola anche per assicurare il minimo di organizzazione. Niente cultura, niente sviluppo: “Cultura” significa educazione, ricerca, conoscenza. Se vogliamo ritornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un’idea di cultura sopra le macerie che somigliano a quelle su cui è nato il risveglio dell’Italia nel dopoguerra, dobbiamo pensare a un’ottica in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione della scuola. Cultura e ricerca innescano l’innovazione, e creano occupazione, producono progresso e sviluppo. Una cultura del merito deve attraversare tutte le fasi educative, formando i cittadini all’accettazione di regole per la valutazione di progetti di studio. Spesso si dimentica che sono le infrastrutture culturali quelle presupposte da ogni processo di sviluppo economico e civile. Non è solo l’economia in recessione, lo sono tutte le strutture scolastiche e culturali e forse non è solo un casuale parallelismo. Il Presidente Giorgio Napolitano ha ancora di recente ricordato che «la grande e ineludibile sfida che abbiamo oggi davanti è vedere la politica in Italia sollevarsi dall’impoverimento culturale che ne ha segnato la decadenza»: segno e causa di tale impoverimento è il disinteresse dei vari governi per i problemi della scuola, della ricerca: la nostra recessione è anzitutto culturale. Due risate in questo mondo di sacrifici La bocca della verità Uno scienziato ha inventato un computer in cui è racchiuso tutto il sapere del mondo; allora chiama un suo amico per provarlo e gli dice: “Fai una domanda qualsiasi a questo computer e lui ti risponderà correttamente. L’amico un pò scettico fa la domanda: “Dov`è adesso mio padre?” E il computer: “Tuo padre è al cinema a guardare un film.” “No, veramente mio padre è morto da 9 anni...” E lo scienziato: “Dai, prova a porgli la domanda in modo diverso...” L’amico: “Va bene, dov`è adesso il marito di mia madre?” “Il marito di tua madre è morto da 9 anni. Ma tuo padre è al cinema a guardare un film....” Editrice Associazione Culturale Minerva Viale Teocrito, 71 96100 Siracusa e-mail: [email protected] web: www.lacivettapress.it Direttore: Franco Oddo Vice direttore: Marina De Michele Pubblicità: 348 5123244 Reg. Trib. di Siracusa n° 1509 del 25/08/2009 Stampa: Tipolitografia Geny Canicattini Bagni (SR) Telefax: 0931 946013 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Gli assessori chiedono ai cittadini collaborazione, firmano protocolli d’intesa e poi finisce lì... 9 Denunciato da Radio Archimede e dall’Associazione culturale Modem lo scandalo dei parchi pubblici chiusi di Siracusa mentre il cemento cola Siracusa, lo scandalo prosegue: i più bei parchi di Siracusa, ettari di verde pubblico rimarrano ancora chiusi, e sopra tutti quello denominato Parco Archimede, il parco di Bosco Minniti, migliaia di metri quadrati di verde pubblico chiusi dietro una lunghissima cancellata, in una città depredata dai palazzinari cementificatori, che hanno devastato e stanno devastando una città classificata dall’Unesco “Patrimonio dell’umanità”. Il Parco Archimede, luogo stupendo e inaccessibile, perchè sempre chiuso, è nel quartiere popolare dove i bambini avrebbero diritto a un parco in cui giocare liberi, sulle altalene e le giostrine, tra l’erba, scaldati dal sole abbracciati dalla primavera, ma il parco è chiuso. Le giovani coppie avrebbero diritto di poter passeggiare sotto gli alberi tenendosi teneramente la mano, ma il parco è chiuso! Chi ama la musica avrebbe il diritto di ritrovarsi la sera nel piccolo anfiteatro del parco ad ascoltare un buon concerto dal vivo, ma il parco è chiuso. Gli anziani avrebbero il diritto di potersi godere il fresco della natura, magari facendosi una partita a carte ma il parco è chiuso. Anni di abbandono hanno lasciato i parchi preda di devastazioni, i giochi per i bimbi devastati, le fontanelle divelte, il campo per la palla a volo vandalizzato, il pallone tensostatico depredato delle panche e della copertura, e il parco rimane chiuso. E l’amministrazione comunale ha chiesto alle associazioni di manifestare la propria disponibilità ad aprire, un protocollo d’intesa tra Comune ed associazioni, preparato da competenti uffici, approvato dal consiglio comunale, firmato dalle associazioni, e poi stracciato da assessori ciechi alle richieste dei quartieri, e il parco rimane chiuso. Cambiano gli assessori competenti, quello alla solidarietà sociale cambiato, quello al verde pubblico, ed altri ancora; tutti assieme, ormai da dieci anni, ripetono le stesse cose: abbiamo grandi progetti, vogliamo la vostra collaborazione, riprogettiamo i protocolli di intesa, la città è incivile e non rispetta i beni pubblici, ci servono fondi che non abbiamo per la messa in sicurezza, vediamo approfondiamo, concertiamo... e il parco rimane chiuso! La Bianca Concetto - Vice Sindaco, Assessore per Infrastrutture, Manutenzione e reti di servizio, Verde pubblico; Sorbello Salvo - Assessore Politiche Sociali, Famiglia; Basile Mauro Assessorato: Polizia municipale; Caruso Gianluca - Assessore Politiche scolastiche ed educative, Protezione civile e opere connesse. Tutti impossibitati a svolgere le loro funzioni: sono senza soldi. E il parco rimane chiuso! Ed allora sommergono i cittadini di in un fiume di parole: Siamo disponibili ma... E il tempo passa invano! E il parco rimane chiuso. Ma a Bosco Minniti in molti non aspettano più ed hanno aperto i cancelli che impedivano l’accesso al verde, hanno abbattuto il muro che impedi- va il passaggio, hanno invaso il Parco di Bosco Minniti, ed anche se ancora ci sono vandali che distruggono gli arredi, se ci sono incivili che buttano carte e lattine, i bimbi possono giocare sulle altalene e gli abitanti del quartiere possono andare a passeggiare. Forse li chiameranno “fuorilegge”, forse li chiameranno “criminali”, forse li potranno denunciare, Spesso quello che è un diritto comune, l’avere una città a misura d’uomo, a Siracusa è solo un privilegio! Ma anche se richiuderanno ancora con lucchetti e catene i cancelli del parco, ogni giorno passerà qualcuno che spezzerà quelle catene, per ridare il parco al quartiere, a tutta la città. Promozione, valorizzazione ed insegnamento di storia, letteratura e patrimonio linguistico siciliano Da giugno i Consigli di Istituto delle scuole statali e paritarie della Sicilia potranno deliberare per il prossimo anno l’adesione alla rete L. 9/2011 Nel mese di giugno di ogni anno, con inizio dal giugno 2012, i Consigli d’istituto delle istituzioni scolastiche statali e paritarie della Regione possono deliberare, nel contesto degli indirizzi generali da trasmettere ai Collegi dei docenti per l’elaborazione del P.O.F. per l’anno scolastico successivo, l’adesione alla rete di scuole istituita dalla Regione “per la promozione, valorizzazione ed insegnamento della storia, della letteratura e del patrimonio linguistico siciliano”. La rete di scuole sarà destinataria delle misure relative ai Programmi Operativi Regionali e delle risorse previste dalla legislazione ordinaria regionale per l’educazione permanente degli adulti. I collegi dei docenti, nel mese di settembre dell’anno scolastico successivo, nell’ambito della redazione e approvazione del P.O.F., definiranno i seguenti moduli didattici con i relativi piani di lavoro annuali, e le unità di apprendimento: a) per le I classi della scuola primaria: i giochi dell’infanzia tipici della tradizione siciliana le nenie, le filastrocche e i canti. b) per le II classi della scuola primaria: Le tradizioni popolari con riferimento al culto dei morti e alla fiaba siciliana (dalla fiaba di magia alle storie di Giufà). c) per le III classi della scuola primaria: l’opera dei Pupi e “I Cuntastorie”. d) per le IV classi della scuola primaria: elementi della cultura etnografica siciliane con particolare riferimento alla cultura materiale e museale. e) per le V classi della scuola primaria: Elementi di grammatica, lessicali e fonetici della lingua siciliana. f) per le I classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal periodo Ellenistico Romano alla dominazione araba. g) per le II classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal periodo Normanno alla dominazione Aragonese. h) per le III classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal Regno delle due Sicilie all’Unità d’Italia, con particolare riferimento all’impresa dei Mille. i) per le prime classi della scuola secondaria di secondo grado: La storia siciliana dalla prima guerra mondiale alla nascita dell’autonomia siciliana. Lo Statuto della Regione siciliana. l) per le II classi della scuola secondaria di II grado: La storia della lotta alla mafia dalle società segrete dell’800 ai nostri giorni. m) per le III classi della scuola secondaria di II grado: La letteratura siciliana dalla Scuola poetica siciliana con Jacopo da Lentini (prima poesia in volgare in Italia e momento altissimo della corte di Federico II) a Giovanni Meli. n) per le IV classi della scuola secondaria di II grado: La letteratura siciliana da Luigi Capuana a Nino Martoglio, da Giovanni Verga a Luigi Pirandello. o) per le V classi della scuola secondaria di II grado: La letteratura siciliana da Salvatore Quasimodo a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da Leonardo Sciascia a Vincenzo Consolo. Roberto Tripodi PER L’ATENEO IN RETE OCCORRONO AIUTI “Con i consistenti tagli alle sovvenzioni statali e regionali è sempre più difficile far quadrare i conti” “A questo punto dobbiamo difendere con i denti il poco che ci rimane, la facoltà di Architettura” Il futuro dell’Università a Siracusa Salvo Baio: “Provincia disimpegnata, legato alla Struttura didattica speciale dal 2014 non vi saranno più fondi” Dopo la comica del Quarto Polo, su Architettura resistere, resistere, resistere “Ci sono troppi costi e senza proposte innovative non si va da nessuna parte” di MONICA LANAIA Esiste ancora, concretamente, la possibilità che Siracusa rimanga sede di corsi universitari e parte della vita culturale siciliana? Il destino della facoltà di architettura sembra, in realtà, nebuloso e la situazione, fra proposte, smentite, grandi annunci e meste ritirate, sarebbe comica, se non fosse tragica. Facciamo un passo indietro, tornando a due anni fa, febbraio 2010: l’ateneo di Catania ormai ai ferri corti con l’amministrazione siracusana, tredici milioni il debito accumulato dalla Provincia, sette corsi di laurea e tre master sfumati nel nulla, a Siracusa resta un unico corso di laurea in architettura. Poi, la speranza. L’ateneo di Catania ci tratta da sede secondaria e decentrata? E noi, alleandoci con Ragusa e – forse – Enna, creiamo un quarto polo. Il 2012 era l’anno indicato dal sindaco Visentin per la nascita del quarto ateneo pubblico siciliano. Magnificato da (quasi) tutti, avrebbe dovuto costituire una rivincita dopo la bagarre con Catania, uno slancio per la città, una soluzione definitiva a tutti i problemi. Anche il rettore Recca, nell’aprile 2010, aveva affermato: “Siamo fieri di aver contribuito alla prossima nascita del quarto polo universitario che prenderà avvio dal 2011-2012 e che comprenderà anche le sedi di Siracusa e Ragusa, e probabilmente anche Enna”. I problemi che La Civetta, in un’intervista al presidente del Consorzio Archimede, Salvo Baio, aveva evidenziato (che ci mettiamo dentro a questo Quarto Polo? Quali facoltà? In quali locali lo installiamo? Siamo davvero sicuri che studenti e docenti non privilegino, comunque, una città che dà un’offerta formativa maggiore, come Catania?) non hanno avuto modo di essere affrontati. Quasi subito, infatti, vi è stato un brusco ritorno alla realtà: l’opposizione dell’università Kore di Enna – che il suo bacino di utenza l’aveva già e non aveva interesse a spartire i contributi pubblici con altre due città – e il problema economico, nonostante gli enti locali di Siracusa e Ragusa si fossero impegnati a sostenere il Quarto Polo fino al 2019, prima che subentrasse il Ministero. Così si è tornati al punto di partenza, con tanti corsi di laurea in meno e tanti interrogativi in più. Ora la situazione sembra essere a un punto di svolta dato che, a marzo, è stata presentata l’ex facoltà di architettura di Siracusa, o meglio la nuova Struttura didattica speciale di architettura con sede a Siracusa. L’articolo 23 dello Statuto dell’ateneo catanese prevede appunto che: “Per la realizzazione di attività didattiche (…) l’Università può istituire, anche a seguito di convenzioni o mediante consorzi con enti pubblici o privati, apposite strutture didattiche, nel rispetto della normativa vigente. (…). Alle Strutture didattiche speciali può essere riconosciuta autonomia didattica, nonché autonomia finanziaria, nel rispetto di quanto stabilito dal regolamento per l’amministrazione, la contabilità e la finanza, e autonomia gestionale, nei limiti del budget assegnato annualmente dal Consiglio di amministrazione”. E’ stata inoltre firmata, da Recca e dalle Province di Siracusa e Ragusa, una lettera da inviare al Ministro per l’Istruzione, per chiedere che vi sia un incontro per concordare un eventuale supporto statale, in modo da garantire la continuità dell’offerta formativa universitaria di architettura e lingue straniere, a Siracusa e Ragusa. Il presidente della Provincia Nicola Bono è apparso ottimista, dichiarando che la creazione di questa struttura didattica speciale smentisce le buie profezie sulla fine imminente dell’offerta accademica della nostra città; i debiti sono stati saldati e tutto il 2012 risulta già finanziato. Sì, ma poi? Con i consistenti tagli alle sovvenzioni statali e regionali è sempre più difficile far quadrare i conti e – sia Bono che Recca l’hanno affermato chiaramente – non è detto che il futuro sia roseo. Per questo motivo è stato necessario chiedere un sussidio al Ministero: se si vuole realizzare quell’Ateneo a rete di cui parla Recca, con dei corsi di studio smistati fra le tre città, è necessario un aiuto da parte del Governo. Dunque, si attende la risposta del ministro Profumo; Recca, nel frattempo, ha dichiarato che la volontà dell’ateneo catanese è di mantenere le sedi decentrate di Siracusa e Ragusa, come attesta anche la creazione delle strutture didattiche speciali nello Statuto. Resta un unico piccolo problema (oltre a quello enorme: arriveranno i finanziamenti dal MIUR?): lo Statuto dell’ateneo catanese è stato impugnato davanti al Tar di Catania dallo stesso Ministero che ne aveva, addirittura, richiesto la sospensione, rilevando la sua illegittimità in quanto creava un’architettura istituzionale oltre i limiti della legge 240/2010 (la legge Gelmini in materia di riorganizzazione delle università). Ora, il Tar ha rigettato il ricorso del MIUR per “insussistenza di significativi profili di fondatezza”. Ma la storia non finisce qui: il Tar deve ancora valutare nel merito l’impugnativa. di MONICA LANAIA I nostri intervistati sono d’accordo: Siracusa deve guardare al mare. No, non nel senso che di fronte alla penosa situazione di stallo, le resta solo da buttarsi a mare. Il futuro, invece, potrebbe essere l’utenza del bacino mediterraneo. Per la serie: chissà che studenti e docenti stranieri non apprezzino la nostra città e i suoi beni culturali. E, inoltre, un appello unanime: architettura, almeno quella, resti a Siracusa. Il dott. Salvo Baio, ex presidente del Consorzio Archimede, dichiara: “Il quarto polo è stata una patacca propugnata dal centrodestra, un’avventura senza possibili sbocchi. Diciamolo chiaro: purtroppo non ci sono i presupposti per creare un’università autonoma con sedi a Ragusa e Siracusa. D’altronde, ritengo che non ci sia bisogno di polverizzare le università, secondo la logica per cui ad ogni campanile debba corrispondere un ateneo; la logica dell’università sotto casa è sbagliata e porta solo al degrado. Siracusa dovrebbe restare un polo decentrato dell’ateneo catanese, anche se, ovviamente, servono scelte mirate in proposito. Per esempio, le facoltà di architettura e di beni culturali potrebbero costituire un importante polo di riferimento culturale, ma non solo per gli studenti di Siracusa: dovremmo diventare il fulcro del bacino del Mediterraneo per quanto riguarda il restauro dei beni culturali. La struttura didattica dovrebbe fare in modo di creare nuove figure professionali capaci di intervenire nel vasto campo dei beni culturali, a partire dall’aspetto della tecnologia del loro restauro per finire all’aspetto della loro sponsorizzazione e divulgazione. Non sono delle idee così assurde: per quello che la nostra città rappresenta storicamente e culturalmente si merita di essere questo, doveva essere questo. “A questo punto dobbiamo fare una sola cosa: difendere con i denti quel poco che ci rimane, difendere la facoltà di architettura. D’altronde – prosegue Baio – la colpa di tutta questa situazione non è né del Consor- zio né dell’ateneo: il fatto è che una sede universitaria decentrata comporta dei costi e dei problemi. È indispensabile fare delle proposte innovative, altrimenti non si va da nessuna parte. E allora tutto si può fare, il problema è: chi lo fa? Con quali risorse? Non siamo in una fase di crescita, non prendiamoci in giro. La nostra Provincia si è disimpegnata ufficialmente: dal 2014 non vi saranno più fondi e, a quel punto, il nostro destino dipenderà solo dalle scelte di Catania. Cosa accadrà dopo il 2014? Abbiamo solo un grande punto interrogativo sul futuro, ma una cosa è certa: dobbiamo difendere quel poco che ci è rimasto, quell’unico corso di architettura. Inoltre, l’obiettivo della crescita universitaria deve inserirsi in un progetto di sviluppo della città. Tuttavia, è inutile alimentare false speranze: sull’incisività della nostra politica ho fortissime riserve, non per pregiudizio, ma per esperienza. Quindi, meglio ridimensionare i nostri sogni di gloria”. STATALI MA IL MINISTRO PROFUMO TACE “L’intera strategia è da ripensare, necessarie scelte politiche per una prospettiva a lungo termine” Adorno: “Se non si riuscisse a mantenere Architettura meglio investire in una scuola di dottorato: costi modici e attrarrebbe finanziamenti” di MONICA LANAIA Salvo Adorno, professore associato di Storia contemporanea presso la facoltà di lettere e filosofia dell’università di Catania, spiega: “Quello dell’università a Siracusa è un tema politico nelle mani di Comune e Provincia: se e come si farà qualcosa è tutto da vedere, le modalità, però, dovranno essere pensate e valutate attentamente. Questa che stiamo attraversando è una fase di grandi trasformazioni e mantenere una sede universitaria a Siracusa sarebbe una scelta strategica e riqualificante per il nostro territorio. Ma c’è bisogno di impegni politici: adesso la questione è affidata alla volontà dei ceti dirigenti. Come, soprattutto da un punto di vista finanziario, si dovrà risolvere il problema sarà rimesso a un tavolo di trattative con l’ateneo catanese. “Il fatto che già siano saltati alcuni corsi di laurea – prosegue Adorno - è stato un punto negativo per la città, anche se si deve ammettere che viviamo un periodo difficile, i tagli fatti dal Ministe- ro dell’istruzione sono stati feroci; inoltre gestire economicamente una sede decentrata non è affatto facile, ci vuole una forte volontà politica di investire in quest’ambito. E ora l’intera strategia è da ripensare, è necessaria una prospettiva a lungo termine, non si possono fare delle scelte da mettere, sul momento, come fiore all’occhiello. Se non fosse possibile, in fin dei conti, mantenere la facoltà di architettura a Siracusa, io investirei, per esempio, in una scuola di dottorato: avrebbe costi modici, esalterebbe la specificità del territorio, metterebbe in evidenza il nostro patrimonio culturale in una prospettiva non solo siracusana, ma globale; una scuola del genere attrarrebbe finanziamenti, prestigiosi docenti, studenti stranieri. A patto, però, che diventi una scuola dottorale molto radicata nel territorio e che crei un forte punto di pressione culturale. Ovviamente, inutile specificarlo, la scelta primaria, trovando le risorse, è sempre quella: la facoltà di architettura deve restare a Siracusa”. “In questi anni si è molto indebolito” ma intanto, nel sito, annuncia master dai nomi altisonanti “Il Consorzio Archimede non ha più motivo di esistere, è un costoso doppione” “Ha una funzione di promozione più che di partnership con l’ateneo di Catania” Restano due ultime criticità. La prima è relativa al destino del Consorzio Archimede, costituito nel 2005; i soci sono il Comune e la Provincia, oltre alla Camera di commercio e alla Confindustria siracusane. Che futuro avrà? Servirà a promuovere le attività della nuova Struttura didattica speciale (ex facoltà di architettura)? Servirà a sostenere le voci di chi, come il capogruppo provinciale del PD Carmelo Spataro, ritiene che l’accordo con Recca abbia rappresentato il “funerale di una realtà universitaria”? Fra l’altro, il ruolo del Consorzio è stato messo in discussione anche dal Preside di architettura, il prof. Carlo Truppi, che ha dichiarato che il salvataggio della facoltà non è da attribuire al Consorzio Archimede: “architettura si è salvata da sola”, grazie all’accordo di Recca, Bono e Visentin. Baio, in merito, commenta: “Il Consorzio non ha più motivo di esistere; era stato creato con l’obiettivo di fare crescere l’offerta universitaria siracusana: a questo punto non solo il suo compito non ha alcun senso, ma anzi costituisce un’inutile duplicazioni di funzioni amministrative e comporta ulteriori spese. Oramai deve essere soppresso: non può più svolgere il suo ruolo di assecondare la crescita e lo sviluppo dell’università siracusana, siamo in una logica di rescissione, in una fase solo difensiva”. Però il sito internet del Consorzio sponsorizza l’organizzazione di master, dai nomi altisonanti: “tutela, valorizzazione e promozione dei beni culturali e paesaggistici”, “promozione e divulgazione della cultura classica”, “fruizione sostenibile dei beni culturali”, master internazionale in “economics and administration of cultural heritage”. “Peccato” – precisa Baio – “che questi master non siano ancora stati avviati e non so se mai lo saranno a questo punto. E, comunque, contavano solo una ventina di iscritti: che senso ha sopprimere corsi di laurea che raccoglievano centinaia di studenti per accontentarci di master con un bacino di utenza limitato?”. Anche Adorno è dello stesso parere: “Il Consorzio svolge una funzione di promozione più che di partnership con l’ateneo di Catania. Per quanto riguarda il suo destino, però, credo abbia un ruolo limitato; si è molto indebolito, in questi anni, svolgendo sempre più solo un ruolo di promozione, senza andare oltre”. M.L. Boom nel Paese, negli ultimi anni il numero degli iscritti ai corsi di laurea via web aumentato del 900% “Questa della teleuniversità una cosa fuori dal mondo, specie per Architettura” “Mai sentito prima, ma non ho molta fiducia nelle università telematiche” La seconda criticità da risolvere riguarda una “voce”, non si sa quanto veritiera, ma certamente plausibile alla luce dell’attuazione della riforma Gelmini, secondo la quale un possibile futuro per la facoltà – ora struttura speciale – di architettura sarebbe quello di trasformarsi in un’università telematica. Le famigerate università telematiche, quelle che, in teoria, dovrebbero favorire studenti fuori sede e studenti lavoratori; quelle che, in pratica, diventano una scorciatoia verso la laurea. Negli ultimi anni il numero degli iscritti alle università telematiche è aumentato del 900%, soprattutto si tratta di studenti di anni successivi al primo. Negli atenei telematici, d’altronde, ci si può avvalere di convenzioni tra università e ordini professionali, enti e organizzazioni sindacali per evitare di dare alcuni esami, in base alla logica di premiare l’esperienza. Non del tutto sbagliata come logica, per un’università che dovrebbe accogliere studenti-lavoratori; però, la stessa ministra Gelmini aveva notato la presenza di“criticità molto rilevanti” in questo sistema. Tuttavia la sua riforma ha in qualche modo premiato questi nuovi atenei, permettendo loro di accedere agli stessi fondi destinati agli istituti non statali o di trasformarsi in normali università per svolgere sia la didattica tradizionale che quella a distanza (si chiama didattica blended, questa didattica mista). D’altronde che l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nutrisse delle simpatie per i campus telematici – o meglio per le “ragazze laureate con il massimo dei voti e non somiglianti a Rosy Bindi” – non è un mistero. Ironia a parte, queste università telematiche continuano a suscitare molte perplessità. E se Siracusa ne fosse una prossima sede? “Mi sembra che questa storia della teleuniversità sia una cosa fuori dal mondo” – commenta Salvo Baio – “Una facoltà come architettura presuppone un rapporto diretto degli studenti con i docenti, anche perché le lezioni non sono solo teoriche e un rapporto tramite lo schermo non sarebbe sufficiente per quelle attività come la composizione o il disegno. Io, in linea di principio, non sono favorevole alle università telematiche per nessun tipo di facoltà: l’università è un luogo che gli studenti devono frequentare, nel quale devono avere dei contatti umani con i docenti, con i propri colleghi, è un’esperienza relazionale, di socializzazione, di vita; insomma, ritengo che le lezioni debbano svolgersi nelle aule e queste proposte di interazione virtuale sono lontane dal mio modo di vedere l’università.” – e prosegue – “Forse, per via telematica potrebbero realizzarsi degli approfondimenti delle materie, delle ulteriori lezioni per un arricchimento culturale personale”. Salvo Adorno, invece, spiega: “Non ho informazioni in proposito e non so valutare l’attendibilità della notizia, è la prima volta che la sento. D’altronde non mi stupisce: l’ateneo catanese sta razionalizzando la struttura didattica e questa potrebbe essere una scelta. Tuttavia il mio auspicio è che la facoltà di architettura rimanga a Siracusa con una sede stabile: a dire la verità non ho molta fiducia nelle università telematiche e credo che sarebbe una scelta poco utile per il territorio. Invece, preferirei che venissero localizzati a Siracusa dei corsi universitari ridotti, come dottorati o specializzazioni, punti di interesse che portino nella città intellettuali e ricercatori. Ovviamente, questa opzione sarebbe un ripiego: la prima scelta, potendo, sarebbe che la facoltà di architettura rimanesse dov’è”. Monica Lanaia 12 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] In Sicilia si fa ancora distinzione tra il sociale (gestito dal Comune) e il sanitario (ASP) Tomasello (Cgil): “La 328 non ha mai integrato gli enti competenti e anzi i sindaci ne hanno usato le risorse dove c’era assenza di fondi” di STEFANIA FESTA Aggiornare la legislazione regionale in materia di servizi sociali e socio-sanitari e rendere più efficace l’integrazione socio-sanitaria: questi gli obiettivi del disegno di legge 895 presentato all’Ars dall’on. le Roberto De Benedictis, estensore e primo firmatario, insieme ad altri deputati del Pd. Il disegno di legge risponde alle esigenze di aggiornamento del sistema assistenziale regionale anche alla luce delle linee di indirizzo del sistema integrato sociosanitario approvate lo scorso gennaio con deliberazione della giunta regionale n.12, dove si evidenzia la necessità di ottimizzare le risorse disponibili e di una pianificazione integrata per far fronte al ridimensionamento del fondo nazionale per la non autosufficienza previsto dalla legge finanziaria 220/2010. Nelle linee di indirizzo, tra l’altro, si richiede “un nuovo impianto normativo in grado di risolvere e superare le enormi criticità generate dall’attuale dicotomia dei due sistemi, sociale e sanitario.” La regione Sicilia, infatti, non solo non ha mai recepito formalmente la legge nazionale 328 del 2000, ma è anche una delle poche regioni in Italia che ancora adotta una distinzione fra sociale e sanitario. E sono questi i due elementi fondamentali che hanno generato tutte le criticità e, per alcuni versi, il fallimento della 328, non essendo stato raggiunto l’obiettivo prefissato dell’integrazione socio-sanitaria. “Il sociale – ci spiega Enzo Tomasello, responsabile terzo settore FP CGIL di Siracusa – è gestito dai comuni, mentre il sanitario è gestito dalle ASP. Il punto cruciale che si intendeva raggiungere con la 328 era l’integrazione sociosanitaria, ma all’interno dei piani di zona non si è mai riusciti ad integrare i vari enti. Due anni fa, per la modulazione della triennalità della 328, avevo inserito un progetto pilota per l’integrazione che non è mai riuscito a decollare perché l’ASP accusava il comune di non voler aderire e viceversa, ma aderire significa mettere a disposizione le risorse e il personale, e tutti sono in deficit. Allora cosa succede, ad esempio, con l’assistenza domiciliare integrata? Che il paziente anziano che ha bisogno di un’assistenza socio-sanitaria si ritrova una volta la settimana una signora che fa le pulizie e lo accudisce. Poi, dopo aver fatto richiesta, viene visitato da un’equipe di medici per verificare se è necessaria l’assistenza sanitaria, dopodiché viene inviato un infermiere sporadicamente. Stando così le cose, quindi, è meglio per l’anziano ricorrere al ricovero ospedaliero per farsi curare piuttosto che stare a casa per morire!” Ma il vero punto critico della 328, secondo Enzo Tomasello, è il comitato dei sindaci. Procedendo con ordine, la 328 nasce con un piano di zona gestito da un gruppo piano. Di quest’ultimo fanno parte i rappresentanti di tutti i comuni partecipanti al distretto sociosanitario, le associazioni dei pazienti, dei familiari, dei disabili, le cooperative, CGIL, CSIL, UIL, rappresentanti dell’ASP, la prefettura, il ministro di grazia e giustizia e l’Inps. Il gruppo piano si riunisce per valutare il piano triennale della 328, quindi le varie azioni rispondenti alle linee di indirizzo della regione siciliana. Dopo aver effettuato questo lavoro, il gruppo piano ha l’obbligo di ascoltare la popolazione. Si reca quindi nei vari comuni del distretto per incontrarsi con le associazioni e i cittadini e capire quali sono i bisogni di quel dato territorio all’interno delle aree tematiche della 328. Sulla scorta delle informazioni ottenute e tenendo presente le linee guida della regione, il gruppo piano stila i vari progetti e li presenta al comitato dei sindaci, che ha il compito di deliberare. “Al comitato dei sindaci – commenta Tomasello – arriva una bella torta che si chiama milioni di euro, e ogni sindaco se ne taglia una fetta e decide di sfruttarli per quello che gli serve, ad esempio per l’assistenza alle persone indigenti, senza tener conto assolutamente di quelli che sono i bisogni dei cittadini e del lavoro svolto dal gruppo piano. Su questo argomento noi abbiamo fatto numerose denunce, come quella sul telesoccorso che costa tantissimo e non serve a niente, o sul fatto che alcuni assistenti sociali vengano presi con la 328 per sopperire alla mancanza di fondi ordinari. I finanziamenti della 328 sono ad integrazione, non devono sostituire le azioni che rientrano nel bilancio ordinario.” Gli obiettivi del ddl 895 sui servizi sociali e socio-sanitari, primo firmatario Roberto De Benedictis “Abbiamo voluto semplificare e rendere maggiormente certo l’intero iter che porta dalla programmazione degli interventi alla loro attuazione” All’on. Roberto De Benedictis, componente all’ARS della VI Commissione legislativa “Servizi sanitari e sociali”, estensore e primo firmatario del disegno di legge, chiediamo subito: come nasce questa proposta, e perché? “Non è un’iniziativa isolata né personale, me ne sono occupato per conto del PD siciliano. Con il segretario regionale del mio partito, l’on. Lupo, avevamo condiviso la necessità di studiare questa materia, che in Sicilia interessa la vita di migliaia di famiglie e di operatori, verificando la possibilità di pervenire a un suo riordino attraverso un’eventuale proposta di legge. Anche per questo mi sono stati d’aiuto alcuni esperti e mi sono confrontato con molti amici che conoscono il tema, soprattutto qui nella mia provincia, che proprio in questo settore annovera personalità e risorse umane di primo piano, ricevendone osservazioni e critiche di cui credo d’aver fatto tesoro”. Perché la scelta di questo tema? “Perché è storicamente al centro dell’interesse di un partito come il nostro e, come ho detto, ha un grande peso nella vita di migliaia di famiglie siciliane e migliaia di operatori in tutta l’isola, che vi lavorano in condizioni il più delle volte incerte se non frustranti. Uno dei paradossi del sistema attuale è infatti che si riesce a non spendere tutte le risorse disponibili, rilevanti anche se insufficienti, a fronte di un bisogno assistenziale enorme. Da qui discende uno dei primi obiettivi del disegno di legge, quello di semplificare e rendere maggiormente certo l’intero iter che porta dalla programmazione degli interventi fino alla loro attuazione”. C’è un tema particolare che il disegno di legge affronta? “Quello di conciliare due visioni e due mondi, quello dell’assistenza sociale e quello dell’assistenza sanitaria, nell’ottica di un unico approccio integrato che guardi alla persona nella sua interezza ed al bisogno di cui è portatore nella sua complessità. Invece i maggiori problemi oggi derivano, a mio avviso, dalla separazione sia culturale che istituzionale di competenze e responsabilità in questi ambiti, a cominciare proprio dalla Regione, dove ad occuparsi della materia sono due assessorati diversi, quello alla salute e quello alla famiglia. “Per questo avevamo inizialmente immaginato che l’intera materia fosse affidata ad un unico assessorato, generando però una comprensibile preoccupazione in molti operatori del campo sociale che temevano che il più forte sistema sanitario – che poca attenzione a queste problematiche ha sempre mostrato e verso cui quindi era naturale la diffidenza – fagocitasse il sistema dell’assistenza sociale, riducendone ancora di più i margini. Ho ritenuto che fosse una critica fondata e la soluzione finale che il ddl propone è più equilibrata, limitandosi ad aggiungere all’assessorato alla salute solo le competenze in materia sociosanitaria, mantenendo tutte le altre in capo all’assessorato alla famiglia”. Che speranze ha questa proposta di diventare legge, considerato il paventato scioglimento anticipato dell’ARS? “Stando così le cose, nessuna. Ma non si perde nulla del lavoro fatto perché nella prossima legislatura potrà essere immediatamente ripresentato. Il fatto che sia firmato da tutti gli attuali deputati del PD rende più naturale questa continuità. E credo che si può anche non perdere il tempo, nel senso che un disegno di legge è giusto che sia discusso prima che venga presentato, come è stato in questo caso, ma soprattutto dopo, con gli operatori, le famiglie e tutti i soggetti interessati, prima che venga esaminato nelle commissioni legislative ed in aula. Solo così, sottoponendolo ancora a critiche e verifiche, si può renderlo aderente allo scopo per cui è concepito e alle esigenze dei suoi destinatari. Questo è il lavoro che adesso si sta facendo e che in ogni caso era giusto fare, ed è lo scopo del convegno che si terrà il prossimo 16 giugno, proprio a Siracusa”. Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] 13 I distretti che riescono a spendere di più e meglio avranno un premio nel finanziamento successivo Riccardo Gionfriddo: “Un coordinamento integrato socio-sanitario evita che ciò che prima s’incentrava sui Comuni lo sia ora sull’Asp di STEFANIA FESTA Sul fatto che il mancato recepimento formale da parte della regione siciliana della legge nazionale 328/2000 e la dicotomia esistente nella nostra regione fra sociale e sanitario siano le cause principali delle criticità e del ‘disordine’ nell’applicazione della 328 è concorde anche il dott. Riccardo Gionfriddo, collaboratore del gruppo di lavoro nella stesura del documento, con cui abbiamo ‘letto’ il disegno di legge n.895. Il primo punto, e cioè la separazione esistente fra sociale e sanitario, nel disegno di legge in esame all’Ars dovrebbe essere superato dall’istituzione di un nuovo assessorato regionale, quello della salute e dei servizi socio-sanitari in sostituzione delle rubriche “Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro” e “Assessorato regionale della salute”. “Questo è l’elemento più innovativo – ci spiega il dott. Gionfriddo – perché cambia completamente l’organizzazione e il regolamento di tutta la macchina amministrativa regionale. Si tratta dell’istituzionalizzazione dell’integrazione sociosanitaria.” Allo stato attuale, infatti, i fondi della 328 sono distribuiti dall’assessorato alla famiglia, mentre parte di essi sono destinati anche agli aspetti sanitari: il meccanismo si inceppa e l’idea dell’integrazione non funziona più nel momento in cui ognuno, ‘ovviamente’, cerca di tirare acqua al proprio mulino. L’istituzione di un’unica rubrica, invece, oltre ad integrare i due settori, comporterebbe anche una riorganizzazione interna del funzionamento dei servizi della 328, altro elemento innovativo. Al momento, la gestione dei gruppi piano è prevalentemente comunale, con una presenza marginale dell’ASP, mentre il coordinamento di tutte le politiche nella provincia è affidato alla provincia regionale attraverso un coordinamento regionale che però, a quanto sembra, non ha mai funzionato per mancanza di strumenti organizzativi e perché alle provincie regionali non arriva nessuna risorsa economica e finanziaria. Questa lacuna dovrebbe essere sopperita con l’istituzione di un osservatorio provinciale delle politiche integrate sociali e sociosanitarie diretto da un coordinatore sociale che può far riferimento o ai comuni o alle ASP e che ha il compito di coordinare tutti i servizi che vengono realizzati all’interno del distretto. Il coordinatore può avvalersi della collaborazione di operatori, anche in questo caso dei comuni o dell’ASP, esperti nei vari settori di competenza. Le aziende sanitarie provinciali, quindi, cambierebbero denominazione per diventare aziende socio-sanitarie provinciali, così come cambierebbero denominazione i piani di zona diventando piani integrati socio-sanitari distrettuali. “Ci sarebbe il rischio – commenta il dott. Gionfriddo – di invertire le parti, nel senso che tutto quello che prima era incentrato sui comuni, con questo disegno di legge passerebbe ad essere incentrato sulle ASP. Però questo pericolo dovrebbe essere limitato proprio dall’istituzione del coordinamento integrato socio-sanitario.” Le innovazioni riguardano anche la distribuzione delle risorse: il disegno di legge introduce delle premialità, vale a dire che quei distretti che riescono a spendere di più e meglio avranno un premio nel finanziamento successivo che sarà invece tolto a quei distretti che non sono riusciti sfruttare a pieno le risorse. Ad oggi, infatti, nei quattro distretti si è riusciti a spendere quasi il 50% delle risorse, ad eccezione del distretto con capofila il comune di Noto che è riuscito a sfruttare il 75% dei fondi stanziati. Il problema non è legato alla mancanza di progetti, ma all’incapacità di mettere in moto quei meccanismi burocratici validi ed efficaci per spendere le risorse: le gare non vengono bandite in tempo, le modalità dell’assegnazione dei servizi non sono chiare e questo porta ad una valanga di ricorsi, sen- za considerare la ‘famigerata’ conferenza dei sindaci che non si riunisce con la dovuta regolarità e difficilmente riesce a trovare un accordo, e quando ciò accade stravolge completamente il lavoro presentato dal gruppo piano. Il disegno di legge, invece, afferma che la proposta del gruppo piano è vincolante rispetto ai progetti dei tavoli tematici. La conferenza dei sindaci potrà ovviamente intervenire ma senza stravolgere i progetti, abolirne o farne passare altri. A livello regionale è prevista, oltre all’istituzione di un unico assessorato che assorba le competenze delle altre due rubriche, anche l’istituzione di un sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi (SIRIS) per valutare il lavoro dei distretti e stabilire le premialità a livello regionale. Attualmente c’è un gruppo di lavoro all’assessorato alla famiglia che si limita ad assegnare le risorse e ‘valutare’ i progetti attuati, ma non c’è nessun monitoraggio e nessuna pubblicazione sul sito della regione, cosa che dovrebbe diventare obbligatoria nel caso in cui il disegno di legge venisse approvato. Un altro elemento importante introdotto nel disegno di legge è una maggiore precisazione di quelli che devono essere considerati i beneficiari dell’integrazione socio-sanitaria. “Ad oggi – afferma Riccardo Gionfriddo – molti fondi e molti progetti non vengono destinati a soggetti che hanno bisogno di assistenza sociosanitaria secondo lo spirito della 328, ma a soggetti in condizione di povertà o di disoccupazione e di bisogno materiale. A queste persone, che sicuramente vivono situazioni di disagio, dovrebbe pensarci il comune con altri fondi e altri interventi, invece sono stati realizzati dei progetti di cosiddetta inclusione sociale che non hanno niente a che vedere con l’assistenza sociosanitaria.” I soggetti svantaggiati beneficiari di assistenza sociosanitaria dovrebbero essere, per esempio, ex tossicodipendenti, soggetti con disabilità mentale o fisica, che hanno bisogno di un’integrazione socio-lavorativa. La scelta di offrire determinati servizi piuttosto che altri è a volte determinata da una sorta di conflitto di interessi, se così lo si può chiamare, nella composizione del gruppo piano tra chi gestisce i servizi e chi li progetta, dal momento che del gruppo piano fanno parte anche i rappresentanti delle associazioni e delle cooperative sociali e del terzo settore che, a volte, gestiscono direttamente i servizi. “È importante che chi usufruisce dei servizi – continua il dott. Gionfriddo – partecipi alla progettazione, ma spesso c’è il rischio che i servizi vengano poi gestiti da chi li progetta. È necessario quindi, come viene proposto in questo disegno di legge, introdurre un meccanismo onesto e trasparente con un sistema di valutazione scientifico e serio, con degli indicatori chiari. Io faccio parte del gruppo piano di Augusta e Noto, e già stiamo cercando di istituire una griglia di valutazione con degli indicatori e degli obiettivi verificabili. Questo serve per verificare se i servizi sono utili all’utenza o meno, come ad esempio i servizi di animazione rivolti ai bambini. I bambini con disagio difficilmente accedono a questi servizi, passano un po’ di tempo ma potrebbero farlo in altre realtà. Il disagio minorile e giovanile è una cosa complessa. Magari vengono destinati fondi per gestire questi luoghi di aggregazione sociale mentre ci sono disabili che avrebbero bisogno di assistenza domiciliare e rimangono a casa senza che ci sia nessuno che li vada a trovare.” Il disegno di legge, quindi, dà maggiore priorità agli ambiti sanitari ad alta valenza sociale, nello spirito appunto dell’integrazione socio-sanitaria. Un ulteriore elemento innovativo è la scheda di soddisfazione del cliente, il cosiddetto customer satisfaction, ormai presente in tutti i settori, soprattutto in sanità, per avere una valutazione diretta della qualità dei servizi direttamente da chi ne usufruisce e non da enti terzi. Il Comune ha ottenuto un finanziamento di 500 mila euro, unico nella zona, con il PON legalità Verrà realizzata in project financing la piscina comunale di Rosolini Nuova struttura sportiva dopo l’annuncio di un altro Palasport Tra circa un mese potrebbe essere dato il via ufficiale alla pubblicazione del bando relativo alla realizzazione della piscina comunale. E’ questo l’esito di un incontro congiunto tra il Vice Sindaco Corrado Roccasalvo e i Responsabili dei Servizi Finanziari Carmelo Lorefice e dei Lavori Pubblici Corrado Mingo. Un altro tassello importante dunque che porterà la Città a dotarsi di una nuova struttura sportiva, dopo la già annunciata costruzione di un nuovo Palasport denominato “23 maggio 1992”da costruire in contrada Masicugno con un finanziamento già ottenuto dall’Ente, unico in tutto il circondario, di circa 500 mila euro nell’ambito del PON legalità. La realizzazione della piscina comunale non comporterà alcun impegno finanziario per l’Ente che avrà solamente l’onere di mettere a disposizione un’area di propria pertinenza, mentre il resto sarà eseguito con capitali esclusivamente privati, in project financing. 14 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Il tragitto quotidiano tra gli scali da realizzare con i tipici “gozzi” e utilizzando rigorosamente i remi Rilancio Borgata, opportuno che i barcaioli si riuniscano in un Consorzio per un servizio regolare sul tragitto Sbarcadero - Riva delle Poste - Marina di *PAOLO PASSANISI Da un sondaggio da me effettuato presso gli abitanti del Quartiere Santa Lucia, ritengo sia importante che la nostra città, grazie alla sua ottima posizione sul mare, sfrutti appieno le potenziali vie di collegamento marittime che offrono ed hanno offerto in passato ai suoi abitanti una valida alternativa all’uso troppo frequente e caotico delle automobili e quindi usare il mare come via utile agli spostamenti di breve percorso. La città di Siracusa possiede due porti (a nord e a sud) quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della stessa. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all’altra estremità. Sono considerati tra i più antichi scali marittimi del Mediterraneo e furono ben presto sfruttati dai Corinzi dopo la fondazione di Siracusa nel 734 a.C. Con lo sviluppo della città il porto assunse una crescente importanza commerciale e militare. Il Porto Piccolo era detto Lakkios o porto marmoreo, così chiamato per la presenza di banchine di marmo. Nel Porto Grande si svolse la grande battaglia contro Atene nel 413 a.C. Con la conquista romana della città anche il porto iniziò il suo lungo declino, per poi riprendere una certa importanza, data la sua valenza commerciale e militare, durante il periodo bizantino. Negli ultimi tempi si è ridotto sempre più ad uno scalo secondario e continua a rimanere nel suo complesso una potenzialità inespressa. Attualmente il Porto Grande di Siracusa, perla del turismo nautico, come sappiamo tutti, è al centro di un progetto di ammodernamento presentato il 21 ottobre 2007, denominato “Marina di Archimede”, opera dell’impresa “Acqua Marcia” dei fratelli Francesco e Gaetano Caltagirone, per essere convertito in porto crocieristico. Sarà inoltre attrezzato con impianti all’avanguardia utili alla nautica: allacci per acqua, luce, distributore di carburante, officina meccanica, assistenza tecnica di qualunque genere, scarichi delle pompe di sentina, boe, paracolpi, ecc. e di circa 600 posti barca. Il Porto Grande di Siracusa sarà uno dei bacini più importanti del Meridione e soprattutto fungerà da impulso per lo sviluppo sostenibile del settore turistico con un occhio di riguardo alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio ambientale di Siracusa. Purtroppo al momento i lavori sono fermi a causa della ormai nota vicenda riguardante la costruzione dei cassoni, i quali dovevano essere calati a mare per prolungare la banchina (di 300 metri circa) che porta al Molo Sant’Antonio, dove sono stati già avviati i lavori, utilizzando cemento depotenziato. Dai successivi controlli di questi cassoni però si è giunti alla conclusione che il quantitativo di cemento usato non solo non è inferiore a quanto richiesto dal contratto di capitolato ma anzi è superiore e quindi i cassoni risultano essere conformi. Mi chiedo allora, come se lo chiederanno molti siracusani, quando riprenderanno i lavori di completamento del porto turistico di Siracusa “Marina di Archimede” che doveva essere pronto entro il 2010? L’uso del mare come via utile agli spostamenti di breve percorso sarebbe un’alternativa da non sottovalutare in quanto permetterebbe di: ridurre notevolmente il problema dell’inquinamento atmosferico dovuto al numero sempre più eccessivo di automobili ed autobus; ridurre il problema inerente al numero sempre più esiguo di parcheggi e rendere nel contempo il traffico viario, sempre più spesso causa di stress per la collettività, molto più fluente. Negli anni ’50 e ’60 i siracusani usavano il “percorso storico” che collegava la Borgata all’isola di Ortigia e viceversa. A quel tempo tutti quelli che abitavano oltre “i ponti“ non venivano considerati cittadini siracusani: erano con un certo distacco chiamati “burgarioti”, cioè gente del borgo, della borgata, “sottosiracusani” insomma. Mentre quelli che abitavano un po’ più sopra dell’ormai ex “ponti ‘i ferru”, in viale Luigi Cadorna, erano con maggior distacco chiamati “chiddi d’‘u vadduni” che bisognava attraversare camminando sopra un tavolone da ponte, perché lì c’era ancora un piccolo torrente che scendeva dalla zona ancora più alta, da “Testa o Re”, e da viale Tica che allora altro non era che un viottolo di campagna. La città dunque era solamente il vecchio e glorioso Quartiere di Ortigia, “‘u scogghiu”, oggi detto centro storico, allora legato alla terraferma dal solo Ponte Umbertino e non come adesso che ce ne sono tre. I burgarioti, però, avevano un grosso vantaggio, anzi due: quello che, se gli ortigiani volevano andare allo stadio, alla Basilica di Santa Lucia o salire fino ai Cappuccini, dovevano necessariamente passare dalla Borgata. E alla Borgata allora ci si andava o a piedi o in barca, a bordo del tipico “gozzo siracusano”, una piccola imbarcazione peschereccia a remi, di cui oggi sono rimasti davvero pochi esemplari. Nella costruzione di questa imbarcazione, l’operazione più importante e particolare, compiuta dai Calafatari, era quella di introdurre un trefolo di canapa nella fessura tra una tavola e l’altra per impedire all’acqua di penetrare. I Calafatari di Siracusa, nell’ultimo secolo e mezzo, appartenevano a tre sole famiglie: Aliffi, Galiffi e Nizza. Il mestiere veniva tramandato da padre in figlio con un lunghissimo apprendistato. Erano artigiani molto abili tanto che diverse volte si sono trasferiti in altri cantieri per aiutare i costruttori locali nella costruzione di grossi bastimenti. La traversata in barca, che accomunava giovani e anziani, costava all’inizio cinque lire, poi dieci, si consumava all’incirca in quindici o venti minuti, ed era qualcosa di veramente suggestivo, in quanto sembrava di stare nientepopodimenochè a Venezia. Gli anziani di allora ricordano che la domenica, quando di solito dovevano andare allo stadio, consumavano un pranzo veloce e anticipato per poi correre verso l’imbarcadero del “fosso” all’assalto delle barche che portavano verso la Borgata. Qualcuno starà sicuramente pensando all’ipotesi che a piedi, tagliando dai “Marinaretti”, si poteva benissimo raggiungere, facendo anche prima, lo stadio. Sì è vero, ma quel tratto effettuato in barca, con i soliti discorsi improvvisati da “bar dello sport”, era un rito a cui i siracusani non potevano rinunciare. Questo servizio era molto utile per i cittadini in quanto permetteva loro di spostarsi quotidianamente per fare la spesa, andare al cinema, recarsi al lavoro e, per chi lo desiderava, fare visita ad amici e parenti. Passato lo Sbarcadero, avevano inizio la strada che attraversava il passaggio a livello e portava al centro della Borgata e quella che fiancheggiava la ferrovia. Questa ancora oggi è chiamata via Arsenale, sebbene a questo nome corrisponde invece la strada che dal Circolo Juvenilia porta allo Sbarcadero, mentre quella che viene appresso, cioè quella che i siracusani chiamano ancora oggi via Arsenale e porta fino ai Cappuccini, si chiama esattamente Riviera Dionisio il Grande che, compresa spiaggia sabbiosa e scogliera, costituiva veramente la riva balneare dei burgarioti. Adesso dove c’è la sabbia è spuntato, da diversi anni ormai, un solarium, mentre c’è (anzi c’era, è rimasto solo il palo) tanto di cartello che ne vieta la balneazione. Mi sembra poi che, a poca distanza da questo solarium, ci sia un pontile che si nota benissimo da tutte le parti di Siracusa e non solo dalla Riviera, il quale porta in buo- na parte la fognatura della Borgata e la scarica a mare dopo averne depurato il contenuto più a monte. Qualcuno di voi, sottoscritto in testa, avrebbe il coraggio di fare il bagno in quel tratto di mare fognario? Penso proprio di no. Eppure c’è chi ha interesse a farlo fare, sfruttando in maniera impropria quel pezzo di spiaggia che è un bene appartenente a tutti i siracusani (oltre ad essere demanio della Capitaneria di Porto). Dalle testimonianze da me raccolte, praticamente le banchine di Riva delle Poste, dove ormeggiavano le barche, allora pullulavano di gente che usufruiva del suddetto servizio tanto che Siracusa fu perfino ribattezzata “la piccola Venezia del Sud”. Ci rendiamo conto che tutto questo ai giorni nostri è totalmente scomparso? Come sono cambiate le abitudini dei siracusani nell’arco degli ultimi cinquant’anni! Capisco e condivido perfettamente il progresso e l’evoluzione tecnologica che apportano sempre delle migliorie al tenore di vita, ma ritengo sia anche opportuno, al fine di evitare i sopraccitati problemi, e allo stesso tempo rivalutare la Borgata, zona ricca di antiche tradizioni, cultura, folklore, arte e religiosità, rinverdire quelle vecchie abitudini che, a mio modesto parere, rimarranno sempre nei cuori dei siracusani. Da molto tempo i nostri amministratori ribadiscono che la loro intenzione è quella di dedicarsi alla riqualificazione della Borgata. Ma quanto tempo dovremmo pazientare ancora per rivedere questo glorioso quartiere siracusano vivere una seconda vita? L’isolotto di Ortigia, negli ultimi anni ha ripreso ad animarsi in seguito al sempre maggiore flusso turistico ed agli investimenti, sostenuti dalle passate Amministrazioni Comunali, tesi a riqualificare ed abbellire il centro storico. Purtroppo finora non è stato così, o lo è stato in parte, per la Borgata. A tutt’oggi l’unica miglioria apportata è la costruzione della nuova arteria stradale, sul vecchio tracciato ferroviario, che ha cambiato l’assetto del traffico cittadino, in quanto permette di raggiungere con maggiore semplicità il Quartiere Santa Lucia. Il ritorno del quadro del Caravaggio (“Il Seppellimento di Santa Lucia”, la prima suggestiva opera siciliana realizzata da Michelangelo Merisi detto appunto “il Caravaggio” ad olio su tela, 408 x 300 cm, nel giro di pochi mesi durante il suo breve soggiorno a Siracusa nell’autunno del 1608, raffigurante Santa Lucia morta decapitata col Vescovo che la benedice e due becchini che scavano la fossa con la pala per seppellirla) nella sua sede originaria (la Basilica di Santa Lucia) e l’apertura al pubblico delle Catacombe di Santa Lucia (visite limitate, per le difficili condizioni statiche del complesso ipogeo, unicamente alla sola regione A che, per le caratteristiche strutturali delle gallerie alte e strette e dei loculi impilati alle pareti, si configura indubbiamente come un prodotto dell’eta’ precostantiniana), quelle di Vigna Cassia (l’area funeraria visitabile è costituita da un cimitero di comunità e da cinque ipogei di diritto privato, ascrivibili cronologicamente ai secoli III, IV e V) e il luogo dove venne martirizzata Santa Lucia, potrebbero essere di sicuro un pretesto per organizzare al meglio i flussi turistici alla Borgata. Le guide turistiche non si devono limitare soltanto alle visite classiche, ma giungere anche, e non solo in occasione della festa patronale, nell’ampia Piazza Santa Lucia. In questo modo le varie attività commerciali potrebbero trovare nuova linfa vitale. Propongo quindi che sia instaurato nuovamente questo servizio barca storico, il quale attualmente è svolto sporadicamente e su iniziativa spontanea da quegli stessi pescatori che, di notte, al largo, ardiscono sacrificanti battute di pesca, e di giorno per sbarcare il lunario si improvvisano “guide turistiche”. Senza voler coprire di biasimo questi pescatori, ai quali, anzi va tutto il mio elogio per lo sforzo profuso, sarebbe meglio se tale importante e attraente servizio si “istituzionalizzasse”, perché in questo modo non si fa altro che offrire un servizio qualitativamente molto scadente rispetto alle risorse di cui Siracusa dispone. Per quanto detto precedentemente, molto importanti risultano essere gli scali. Oltre all’antico percorso storico, quello che va dallo Sbarcadero Santa Lucia a Riva delle Poste e viceversa, propongo, sempre che le condizioni del Ponte Umbertino lo permettano, l’ampliamento del servizio fino al Molo Zanagora (Marina) e viceversa. Ritengo inoltre che l’Amministrazione Comunale debba farsi carico degli oneri iniziali riguardanti l’instaurazione del suddetto servizio, al fine di rivalutare, soprattutto, la figura storica del barcaiolo e nel contempo creare nuove opportunità di lavoro. Secondo me, sarebbe opportuno che i barcaioli si associassero tra di loro, formando un “Consorzio di Barcaioli Professionisti Siracusani” e presentassero all’Amministrazione Comunale un piano di attuazione programmatico per l’instaurazione di tale servizio ancor più qualificato ed in grado di soddisfare le più svariate esigenze. Il sottoscritto, nell’agosto di tre anni fa, ha già inoltrato questo piano al Sindaco Roberto Visentin, ma penso che il mio lavoro non sia stato nemmeno preso in considerazione e sia finito, come al solito, nel dimenticatoio. In questo piano avevo previsto che: si dovevano individuare i barcaioli (almeno 5) con i relativi “gozzi”, disposti ad effettuare ancora tale servizio e formare un Consorzio di Barcaioli Professionisti Siracusani, in quanto tale servizio non può essere dato a privati; stabilire il tragitto che dovrà essere il seguente: partenza dallo Sbarcadero Santa Lucia con scalo a Riva delle Poste, e viceversa, con la possibilità, eventualmente che ci siano le condizioni, di poterlo poi allargare fino al Molo Zanagora (Marina); stabilire il costo del biglietto (all’incirca stimato equamente nella cifra di 1 euro a persona) che assieme ad una sovvenzione (da definire) messa a disposizione dall’Amministrazione Comunale costituirà il guadagno dei barcaioli; stabilire il numero delle attraversate da effettuare in un giorno (max 15 per ogni imbarcazione); stabilire la modalità in cui il servizio dovrà essere effettuato, utilizzando cioè i remi e non i motori a scoppio, poichè l’obiettivo primario della rievocazione di tale servizio è quello di rispolverare le “vecchie tradizioni siracusane di un tempo” e ridurre così soprattutto il problema dell’inquinamento atmosferico; stabilire il periodo ideale per poter effettuare tale servizio che dovrà essere quello compreso da Maggio a Settembre (6 mesi); stabilire il numero dei passeggeri che può trasportare ogni imbarcazione (max 12 persone); l’installazione delle biglietterie agli scali; stabilire l’orario del servizio (inizio alle ore 08:30 del mattino fino alle 19:30 della sera, suddiviso in due turni lavorativi da 5 ore l’uno) ed infine prevedere un accurato servizio di vigilanza privata (da affidare ad un Istituto di Vigilanza) che effettuerà passaggi saltuari di controllo durante le ore notturne, al fine di tutelare le tipiche imbarcazioni ormeggiate in tutta l’area del Porto Piccolo di Siracusa. *Vice Presidente della Circoscrizione Santa Lucia Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Grande successo della terza edizione della festa dell’aria al parco Hangar di Augusta 15 Ilario Saccomanno: “L’anno scorso ci vietarono il volo del dirigibile e quest’anno persino l’esposizione statica della mongolfiera. Un abuso” di CARMELO DI MAURO Come accade ogni anno i veri protagonisti della “festa dell’aria” sono i colori. Quelli degli aquiloni che si librano leggeri in volo, quelli dei modellini di aereo o di elicottero con il loro inconfondibile ronzio, quelli di un parco che si mostra sempre più bello. Anche in questa terza edizione, la festa dell’aria, che si tiene presso il parco dell’Hangar per dirigibili ad Augusta, è stata un successo assoluto con migliaia di visitatori ed un programma fitto di eventi di grande interesse. La manifestazione è stata organizzata dall’associazione Hangar Team di Augusta, alla cui caparbietà si deve la sopravvivenza di questo splendido angolo del territorio megarese. Un luogo che fino a non molti anni fa rischiava il completo oblio, abbandonato dalle istituzioni e quasi dimenticato dalla città, lasciato in preda ai vandali ed agli inevitabili effetti del tempo e che oggi è diventato un punto di riferimento imprescindibile per cittadini ed associazioni. “Ormai la festa dell’aria è un momento molto atteso in città – assicura il professor Ilario Saccomanno, presidente dell’Hangar Team – ed è sempre un grande successo. Questa terza edizione è stata dedicata soprattutto alla promozione delle associazioni di volontariato e dei gruppi attivi nel territorio e nel sociale. In questo senso si legge anche la nostra collaborazione con il C.S.V.E., Centro Servizi per il Volontariato Etneo, che ha collaborato alla realizzazione dell’evento con il finanziamento di alcune nostre iniziative. Li abbiamo incontrati nel corso dell’iniziativa “Siti da salvare, storie da raccontare”, che ha coinvolto decine di associazioni, alla quale abbiamo partecipato presentando ed illustrando il sito del parco dell’Hangar.” Come giudica l’affluenza a questa terza edizione della manifestazione? “Anche quest’anno l’aff luenza alla festa dell’aria è stata ottima, come testimonia il grande successo del torneo di “park volley” che si è tenuto in questi due giorni ed ha visto impegnati oltre settanta giovanissimi atleti provenienti da tutta la provincia. Un’altra iniziativa molto apprezzata e rivolta i più piccoli è stato lo spettacolo “fiabe tra gli alberi” messo in scena da due attrici del Piccolo Teatro di Catania.” In molti si aspettavano, così come previsto dal programma, la possibilità di poter effettuare un breve volo su una mongolfiera; come mai questa opportunità è venuta meno? “Il volo frenato della mongolfiera non era solo previsto dal programma, avevamo anche l’autorizzazione della commissione per i pubblici spettacoli. Purtroppo non è stato possibile effettuarlo poiché l’autorità di pubblica sicurezza non ha concesso la propria autorizzazione, interpretando, a nostro parere, in maniera non corretta la normativa vigente in materia di volo frenato. A seguito di questo diniego, l’Hangar Team ha deciso di rinunciare al volo frenato e di limitarsi all’esposizione statica della mongolfiera entro un’area transennata, delimitata secondo le indicazioni della commissione per i pubblici spettacoli. Ma anche questa soluzione di buon senso è stata rifiutata dalla Polizia, a causa della presunta mancanza di autorizzazioni a nostro parere non necessarie. Un abuso che ci sembra evidente. È il secondo anno che si verifica una situazione simile, durante la scorsa edizione infatti ci è stato impedito di far volare, dopo decenni, un dirigibile all’interno del parco. Comunque, mongolfiera a parte, la gente aspettava con ansia la festa, per poter tornare a riappropriarsi del parco dell’hangar.” Archiviata la festa dell’aria, quanto è intensa l’attività del parco durante il resto dell’anno? “Durante l’anno, anche al di fuori di questi eventi, il parco è sempre molto frequentato da cittadini, scuole o gruppi organizzati che partecipano alle nostre visite guidate. La struttura, poi, è spesso oggetto di studi da parte di importanti istituti internazionali. L’Hangar Team lavora ininterrottamente per recuperare in pieno uno spazio che per anni è stato abbandonato e che per la città è una fondamentale area cuscinetto tra la zona industrializzata e quella urbanizzata. Per le nostre attività future, sarebbe anche molto utile la collaborazione di cittadini, ragazzi e studenti che volessero dare il proprio contributo al lavoro dell’associazione.” Cancellato il servizio mensa in tutte le elementari e medie della città, genitori costretti al fai da te L’istituto Chindemi di via Basilicata formazione di frontiera a Siracusa Primo premio alla coerenza inconcludente del sistema Scuola-Comune di CICCIO MAGNANO Una scuola vera. A differenza delle indegne sedi scolastiche in cui tanti nostri alunni sono costretti, abbiamo a Siracusa una scuola veramente degna di questo nome: la scuola S. Chindemi, sita in via Basilicata. Progettata con i caratteri di vivibilità di una scuola, da qualche anno ospita, quale istituto comprensivo, sezioni di materna, elementare e media. Ampi locali accolgono scolaresche con una media di circa 24 per classe. Avendo tuttavia subito gli accorpamenti dettati dai continui tagli della pubblica istruzione, oggi la scuola è costretta a definire un piano di limitazioni alle iscrizioni. Raccoglie giovanissimi provenienti dai più svariati strati sociali, con preponderante presenza di bambini del sottoproletariato urbano. Vi sono piccoli alunni, grazie al cielo sono la minoranza, che vivono severe condizioni di rischio, di degrado familiare degno di cronaca nera. In questo la medicina scolastica, assieme al lavoro interdisciplinare di un’équipe psicopedagogica, cerca di far emergere per tempo aree di rischio infantile. Qual è il paradosso cui è possibile assistere? La dirigente, dr.ssa Giuffrida, è riuscita ad ottenere un congruo budget per dotare la scuola di un monte ore pomeridiano onde attivare iniziative extracurriculari. Una mole interminabile di iniziative di grande significato pedagogico: la legalità come scelta di vita, l’educazione alla sicurezza, il consiglio comunale dei ragazzi eccetera. Bellissimo, direte voi. Giusto. Togliamo i bambini dalle strade dei quartieri a rischio. Rappresentiamo ai piccoli e alle loro famiglie un modo diverso di concepire l’esistenza. Bla, Bla, Bla. La verità? Bene, siccome il comune della nostra città, ricordiamo “città d’arte e cultura”, ha cancellato le mense scolastiche per tutte le scuole elementari e medie, ecco che i genitori devono pagare la mensa scolastica privata per propri figli. Ma se non possono? Se non possono, allora li riprendono a scuola alle 13,30 e addio orario continuato.E qui ricadiamo nei soliti paradossi irrisolvibili. La funzione assume l’onere di una crescita sociale, pedagogica e didattica, e l’orga- no cancella ogni tentativo istituzionalmente anelabile. Quindi delle due l’una, detterebbe il buon senso, o mi consenti l’orario continuato, dotando la struttura delle funzioni utili all’espletamento, o non mi paghi il personale da adibire. E torniamo alle solite stoltezze cui questa amministrazioni ci ha da tempo abituati. Penso agli ottocento mila euro (800.000) di iniziative culturali nella nostra città. Per carità, utilissimi, necessari, così tappiamo la bocca agli organici al sistema, ma credo sia assolutamente più utile investire nei ragazzi che tra meno di vent’anni saranno cittadini a pieno titolo in questa città. Certe società, secondo i nostri parametri meno evolute delle nostre, assicurano ai più giovani uno sviluppo il più possibile armonico, e fortemente orientato alla formazione, come noi, ma al primo posto il bambino deve aver garantito un pasto. Assolutamente. La nostra amministrazione invece cancella le mense scolastiche. Qualche consigliere rimasto ancora libero di dissentire potrebbe per favore dotarci, parlo come pubblica opinione, di dati relativi alle inutili elargizioni offerte a vario titolo ad associazioni vicine all’amministrazione? Basti pensare che, per dotare la piccola mensa della scuola materna, è stato necessario l’intervento di un generoso cittadino che ha donato alla struttura tavoli e sedie. Un’associazione polisportiva assicura l’assistenza didattica-motoria nel tempo prolungato ed inoltre garantisce nel mese di luglio una sorta di estate ragazzi. Ora, il concetto di sussidiarietà è sinonimo di civile distribuzione di opportunità e risorse tra le istituzioni e società civile, ma almeno un minimo di decenza! Signor sindaco faccia uno sforzo! Ribalti in un gesto coraggioso quattro anni di ignava ed insulsa guida della città. Riscatti con una semplice delibera anni di inutile rappresentazione della sua sindacatura. Lascerà un ricordo indelebile. Nessun nuovo sindaco avrà poi il coraggio di togliere la mensa ai bambini delle scuole siracusane. Speriamo. *[email protected] 16 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Il direttore de La Civetta: “Aderiamo pienamente. Speriamo che abbia la forza della Parola” Il manifesto per la buona politica e la difesa dell’interesse pubblico inviato ai candidati a sindaco dei Comuni capoluogo al ballottaggio Il gruppo dei sottoscrittori del “Manifesto per la Buona Politica e la difesa dell’Interesse Pubblico” continua la campagna per la sottoscrizione dell’importante documento, il cui obbiettivo è di affermare che solo attraverso la Buona Politica è possibile tutelare l’interesse pubblico e, quindi, uscire dal tunnel della crisi e della depressione economica e sociale. Per troppo tempo la Politica nel nostro Paese ha indugiato nella tutela di interessi particolari, individuali e di gruppo, che hanno portato ad un progressivo declino dei valori fondanti di una società civile, assecondando il malaffare e la corruzione, fino a mettere in crisi le stesse istituzioni. Non c’è libertà senza regole e, soprattutto, senza la garanzia di istituzioni autorevoli e garanti degli interessi generali e, quindi, oggi più che mai si impone l’applicazione di regole certe a garanzia della Buona Politica, essenziali non solo per coloro che si vogliono impegnare in politica, ma per tutti i cittadini, anch’essi invitati a firmare il “Manifesto per la Buona Politica e la Difesa dell’Interesse Pubblico”, per ribadire il principio che il controllo democratico non può essere esercitato soltanto ogni 5 anni, all’atto del rinnovo elettorale, ma piuttosto quotidianamente, attraverso una costante verifica degli atti e delle azioni posti in essere da chi riveste incarichi istituzionali. Ed è proprio per dare una chiave di lettura della compatibilità tra atti politici e tutela dell’interesse pubblico che è stato redatto, da un gruppo selezionato di persone appartenenti a diverse estrazioni sociali, ideali e religiose, il seguente Manifesto, quale contributo per migliorare la politica nel nostro Paese, e per la stessa ragione è stato già inviato ai candidati a Sindaco dei Comuni Capoluogo di Provincia di tutta Italia. In occasione del turno di ballottaggio delle elezioni amministrative del 20-21 maggio, il Manifesto è stato nuovamente inviato a tutti i candidati che in precedenza non lo avevano sottoscritto. Il testo del documento può essere visionato sul web. Diamo una scorsa a tutti gli impegni dei firmatari. “Il Buon Politico deve: dire sempre la verità; evitare di indulgere in promesse non mantenibili; rinunciare al clientelismo, primo nemico dell’interesse pubblico; adottare regole che garantiscano la trasparenza in ogni fase della gestione politica ed amministrativa e impegnarsi a farle rispettare; impegnarsi affinché il suo ufficio pubblico non solo debba essere, ma anche apparire cristallino; difendere e servire sempre i diritti e mai i privilegi; evitare di strumentalizzare le istituzioni a fini di parte e per servire interessi personali singoli o collettivi; adottare strumenti di governo che riducano al massimo la discrezionalità e consentano di misurare costantemente gli effetti e i risultati delle scelte compiute; favorire l’adozione di strumenti per una democrazia realmente partecipata; prendere decisioni chiare e, se necessario, anche impopolari purché funzionali all’interesse generale; rendere efficiente l’azione amministrativa e assicurare tempi certi e brevi nelle decisioni e nelle conseguenti procedure; rifuggire dalla elencazione sommaria e confusa dei problemi, ma operare per una loro puntuale individuazione e conseguente soluzione, identificando altresì gli interlocutori istituzionali competenti; rifuggire la demagogia e il populismo; adottando un approccio serio alle problematiche, caratterizzato da studio, analisi, ricerca, fatica, perseveranza e dedizione; non limitare l’azione politica alla mera richiesta di finanziamenti, bensì alla individuazione di metodologie e percorsi che consentano il pieno raggiungimento degli obbiettivi programmati; promuovere una grande azione politica per liberare il sistema economico italiano da ogni forma di vincolo protezionistico; riorganizzare il sistema produttivo nazionale per attrezzarlo a raccogliere e vincere la sfida per la competitività; contribuire al veloce rinnovamento della classe politica, contrastando in ogni modo, a partire dalla formazione delle liste elettorali, chi si è distinto in pratiche clientelari; ostacolare, in particolare, la ricandidatura di chiunque abbia più di una volta praticato transumanze da un partito all’altro, con l’evidente obiettivo di ricercare gratificazioni di ordine personale. “Con la firma dei punti di questo Manifesto, ciascun sottoscrittore esprime la volontà di aderirvi incondizionatamente. Le obbligazioni nascenti dall’apposizione della firma variano a seconda che il sottoscrittore svolga o si accinga a svolgere o meno un ruolo politico o amministrativo. In particolare, nella qualità di politici, ci impegniamo solennemente a rispettarne tutti i punti, pena, in caso di qualsiasi violazione, l’immediata delegittimazione e il conseguente obbligo morale alla presentazione delle dimissioni da qualsiasi carica o incarico pubblico rivestito; nella qualità di cittadini, non coinvolti in prima persona in politica, ci impegniamo solennemente: a non sostenere liste che non abbiano fatto esplicita accettazione di questo manifesto; a non votare candidati che non abbiano apposto la loro firma allo stesso; a rinunciare a chiedere favori e privilegi ai politici di qualsiasi livello istituzionale; a svolgere ogni azione per pretendere sempre, in ogni decisione politica e amministrativa, il rispetto dei diritti collettivi, del bene pubblico e il perseguimento dell’interesse generale; ad esercitare con efficacia ed efficienza la vigilanza per la corretta attuazione di questi nobili principi. L’Italia ha bisogno che la politica si rigeneri e torni velocemente al suo originario ruolo e cioè la difesa del bene comune e dei diritti di tutti i cittadini”. La Civetta dichiara sin da ora di aderire, quale organo di informazione, a un programma siffatto che, nel degrado morale della politica contemporanea, si configura come un nuovo vangelo tendente a rifondare l’azione politica radicandola in principi etici immutabili. Speriamo che la mobilitazione dei cittadini onesti attorno a questi principi abbia la forza dirompente della Parola. Ma, con tutta franchezza, non ci illudiamo più di tanto. Il direttore In certi punti l’odore del pesce fresco sfuma lasciando spazio al profumo del pane appena sfornato A ridosso di piazza del Duomo a Catania il mercato del pesce con la sua mescolanza di odori, gusti e colori rapisce i passanti Ponendosi al centro della Piazza del Duomo di Catania, sotto il famoso monumento dell’elefante, detto liotru, è possibile ascoltare un brusio misto di acqua che sgorga e di voci provenienti dal vicino mercato ittico. Al di là della fontana, quasi come il sipario di un teatro, si apre la piazza Alonzo di San Benedetto e proprio al di sotto delle antiche mura del Palazzo dei Chierici è situata la cosiddetta Fontana dei sette canali, un monumento divenuto storico per la città perché sopravvissuto integro nel corso dei secoli. In questo luogo denso di storia e tradizione sembra che la gente non abbia mai perso le antiche abitudini. Al mercato del pesce il lavoro inizia all’alba quando timidamente avanza la luce del sole. I pescivendoli iniziano il loro incessante lavoro e qualche ora dopo le massaie sono le prime ad addentrarsi nel mercato in cerca di prelibatezze. Intorno è tutto un susseguirsi di antiche scale in pietra lavica su cui poggiano banconi di pesce fresco, in prevalenza il pesce azzurro tipico delle acque mediterranee. I pescivendoli espongono con orgoglio tutto il pescato: maestosi pesci spada, le argentate spatole e le telline, tipici molluschi della playa di Catania. Non mancano mai le cosiddette mascoline, cioè le alici che da sempre arricchiscono di gusto i piatti siciliani. In certi punti l’odore del pesce fresco sfuma lasciando spazio al profumo del pane appena sfornato dai panettieri le cui botteghe sono disposte qua e là sulle vie del mercato. Banchi di frutta e ortaggi tipici sono presenti in abbondanza e la loro vendita è accompagnata dalle classiche vociate catanesi, ossia il modo cantilenante con cui i venditori propongono la loro merce. All’ascoltatore più attento sembrerà quasi di udire una melodia dai suoni arabi che rimanda alle usanze di paesi lontani. Una tale mescolanza di odori, gusti e colori rapisce chiunque si trovi a passare dalla pescheria di Catania. Sembra quasi di osservare un quadro animato. Anna Li Volsi Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Il dott. Salvatore Paolino: “Ho chiesto al sindaco e al prefetto di intervenire urgentemente” 17 Impossibile a un disabile andare a cinema o a teatro al Planet-Vasquez Nei pressi non ci sono stalli per le auto dei portatori di handicap di CONCETTA LA LEGGIA Sarà pur vero che le norme esistono ma, in Italia, è più facile infrangerle o negarle che applicarle. Uguaglianza, rispetto dei diritti, abbattimento delle barriere architettoniche, inserimento dei diversamente abili nel mondo del lavoro. Se tutto fosse così facile e trasparente non avremmo forse un mondo migliore? Beh, come al solito osserviamo la nostra realtà e ci accorgiamo che a Siracusa siamo ben lungi dal vedere affermare i diritti dell’uomo e del cittadino come sancito dalla Costituzione. Ne è un esempio la famiglia Paolino per la quale parla il dott. Salvatore Paolino, un cittadino come tanti, che ci spiega come siamo ancora lontani dalla uguaglianza delle opportunità. Il motivo occasionale nasce dalla constatazione che un soggetto diversamente abile non può fruire di uno stallo di sosta riservato alle persone invalide nei pressi del multisala Planet-teatro Vasquez e dunque incontra certamente maggiori difficoltà nel godere dei servizi e spettacoli offerti dalla struttura. Il dott. Paolino ci spiega: “Fino ad ora nei pressi del multisala Planet-Vasquez di Siracusa non esistono stalli per le auto dei diversamente abili che intendono posteggiare per fruire dei servizi dello stesso Planet. Nel passato la carenza di parcheggi veniva colmata dalla possibilità di posteggiare nel cortile interno, servizio che è stato sospeso dalla direzione del cinema per motivi di sicurezza”. Poiché il multisala Planet è ge- stito da privati è ovviamente compito dei responsabili della stessa struttura chiedere la realizzazione di parcheggi per disabili antistanti l’edificio. D’altronde, scorrendo i servizi di cui la struttura dispone (vedi accesso agevolato in tutte le sale per i portatori di handicap) viene da chiedersi: come possono essere sfuggite ad una struttura importante come il Planet-Vasquez, che non è l’ultimo negozietto della Borgata, le difficoltà che può incontrare un diversamente abile? Per godere della visione di un film o dell’annesso bar o loungue areas un portatore di handicap non deve dapprima poterci arrivare? Dunque, in attesa del parcheggio che dignitosamente consenta ad un diversamente abile la fruizione dell’area in questione, il dottor Paolino aggiunge: “Ho portato a conoscenza del Sindaco di Siracusa e dei preposti enti pubblici quali Prefetto di Siracusa, associazione Assofadi, settore politiche sociali e comandante della polizia municipale la carenza del servizio e chiedo, ai sensi della legge 104/92 che disciplina l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti delle persone con handicap, di intervenire urgentemente per colmare l’increscioso disservizio pubblico e creare almeno tre posteggi per disabili antistanti il cinema suddetto”. Ora, aggiungiamo noi, vero è che il privato deve richiedere lo stallo auto ma ci si ricordi che l’accessibilità in Italia si fonda sulla Costituzione, e che la legge 104/’92 all’art. 8 sancisce l’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata mediante interventi diretti ad assicurare l’accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. La stessa legge inoltre stabilisce provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici. Nell’area in considerazione ricadono, secondo nostra memoria, oltre al summenzionato Planet, due edifici scolastici, la cittadella dello sport e qualche altra struttura che alla memoria sfugge. “Ad essere più precisi - aggiunge Paolino - dinnanzi al cinema vi è uno stallo riservato, ottenuto dall’autoscuola, ma la possibilità di sostarvi è limitata all’orario di apertura della stessa autoscuola e dunque, dopo un certo orario, il parcheggio diviene fruibile a tutti”. Dunque un parcheggio riservato sì, per ovvie necessità lavorative, e uno per i portatori di handicap no, perché tanto loro è meglio che se ne stiano a casa? Premesso che all’art. 5 dello statuto della nostra città si afferma che il Comune persegue la rimozione degli ostacoli che si frappongono al completo sviluppo della persona e che impediscono l’effettivo esercizio dei diritti, con particolare riguardo ai soggetti più deboli ed emarginati, non ci sembrerebbe tanto illogico disciplinare la realizzazione di stalli gialli e rosa nelle vicinanze Salvatore Paolino dell’area in questione. Forse una docente in stato interessante non ha diritto di fruire del parcheggio preferenziale se si reca a lavoro in una delle scuole nei presso di via Tucidide o in piazza dei Matila o se vuole andare al cinema? O che ad un disabile non sia giusto garantire un parcheggio in via Zopiro per realizzare quelle attività sportive per le quali è vocato? Assenza di sensibilità dunque del comune che certamente non ha minimamente idea di quello che accade in alcuni Comuni d’Italia nei quali viene applicato l’articolo 7 del Codice della strada, che prevede che nei centri abitati i comuni possano, con ordinanza del sindaco, riservare limitati spazi alla sosta dei veicoli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria, munite del contrassegno speciale. “E’ chiaro che chi ha un handicap fisico fruisca del tagliando di posteggio per disabili – conclude Paolino - ma il punto è capire a cosa serva dato che in alcune aree della città gli stalli non sono presenti”. Ci pare a tal punto fuori luogo citare i casi di comuni virtuosi come Verbania nella quale, da tempo, il regolamento comunale prevede la gratuità per i disabili nei parcheggi a pagamento o l’indicazione della Commissione Trasporti presieduta da Mario Valducci che ha stabilito con una risoluzione approvata all’unani- mità che i disabili possano parcheggiare ovunque senza pagare, anche sulle strisce blu qualora risultino indisponibili quelli sulle strisce gialle. A Siracusa la regolamentazione non esiste e lì dove è presente serve solo per punire e multare gli indisciplinati e portare soldi alle casse del comune, non certo per venire incontro alle esigenze di noi poveri residenti! E quindi non chiedete, cari siracusani, notizie sui colori blu, giallo e rosa alla nostra amministrazione poiché probabilmente vi risponderebbe di cercarli nell’arcobaleno, unico luogo dove risiedono le lungimiranti menti dei nostri amministratori svampiti. Tanto vale che, con un Bando, gli asili nido comunali siano affidati gratis a privati risparmiando 2,5 milioni Assurdo che il Comune paghi per ogni bambino alla cooperativa più del triplo di quanto si paga portando i figli in asili privati di *PAOLO PASSANISI Dal Bilancio del Comune di Siracusa, si evince chiaramente a quanto ammonta la spesa per la gestione di asili Nido Comunali. In un momento in cui le dichiarazioni allarmanti del Sindaco fanno presupporre che c’è il rischio di disoccupazione per lavoratori che da anni hanno dato il massimo per le casse Comunali (Gepa, Rit, società che gestisce i lavoratori degli uffici Tributi); visto che il Sindaco comunica che oggi il Comune per risparmiare deve gestire servizi esternalizzati, all’interno del Comune di Siracusa, mettendo a rischio numerosi posti di lavoro, voglio proporre dove recuperare circa 2.500.000,00 di euro evitando disoccupazione e salvaguardando le famiglie siracusane vittime dalle decisioni di questa amministrazione. Ebbene, il comune di Siracusa spende per 6 asili comunali la somma di circa 2.900.000,00 euro, somma che potrebbe servire per risanare le casse del Comune e per evitare di tartassare i cittadini creando preoccupazione nella gente che rischia il lavoro. A volte, si pensa che la critica non serve a niente, ed è vero!, ma questo vale quando non ci sono proposte alternative. Io non propongo di chiudere gli asili nido né di creare disoccupazione o danneggiare chi porta i propri figli nelle strutture comunali, al contrario di mantenere tutto, senza costi a carico del Comune di Siracusa. Oggi, portare un bambino in asilo privato dalle ore 8 alle 14 costa a una famiglia circa 300 euro al mese, parlo di asili sparsi nella città di Siracusa. La quota di compartecipazione che paga una famiglia per portare il proprio figlio in asilo comunale gestito da cooperative private è di circa 250 euro e più, variando a secondo il reddito familiare. Se facciamo una disanima ci accorgiamo che si paga quasi la stessa cifra, e ci viene spon- taneo domandarci: “perché ogni asilo comunale costa all’amministrazione 500.000 euro l’anno?” Semplice: facendo due conti ci si accorge che al mese un solo asilo nido costa circa 45 mila euro che diviso 50 Bambini significa circa 1.000 euro a bambino. È assurdo che il Comune paghi per ogni bambino alla cooperativa più del triplo di quanto si paga portando i figli in asili privati. Aggiungiamo che a carico del Comune sono altresì: la spesa di manutenzione straordinaria dei locali, suppellettili, e non volendo sbagliare chissà se ci sono anche alimenti. Ma ancora di più, la struttura data alla cooperativa è del Comune di Siracusa, quindi la stessa non paga alcun affitto, mentre l’asilo privato la struttura se la paga. Voglio proporre al Sindaco una soluzione che faccia recuperare soldi al Comune e che dia ugualmente lo stesso servizio alle tante famiglie siracusane, evitando sprechi di denaro e recuperando risorse per i lavoratori Gepa e altri. Il Comune di Siracusa (finalmente dopo anni) pubblichi un Bando dicendo che affida le strutture di proprietà del Comune, a costo zero, a dei privati (tanto chi gestisce attualmente è sempre un privato, pur se cooperativa) e che le famiglie che si rivolgono a quella struttura, come fanno regolarmente oggi portando i propri figli, invece di pagare al Comune versino la quota di compartecipazione direttamente al privato che gestisce. Il Comune non pagherebbe più 1.000 euro a bambino e risparmierebbe due milioni e mezzo di Euro, la spesa di manutenzione e suppellettili; e le famiglie riceverebbero ugualmente lo stesso servizio, perché è assurdo che in un asilo privato un bambino costi meno di quanto costa al Comune pagare le cooperative. *Vice Presidente Circoscrizione Santa Lucia 18 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] A vent’anni dal barbaro assassinio di Falcone, della moglie e di tre agenti di scorta “una nuova coscienza” Giusy Aprile (Libera): “La lotta alle mafie va fatta 365 giorni l’anno e la scuola è lo strumento adatto per scardinare le logiche criminali” di CONCETTA LA LEGGIA Venti anni fa, il 23 maggio 1992, la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, le cui vite furono spezzate da 1000 chili di tritolo sull’autostrada Trapani-Palermo. A Siracusa il Prefetto, Renato Franceschelli, giovedì 17 maggio, in occasione del ventennale delle stragi di mafia, ha promosso, in partenariato con la locale Camera di Commercio, l’Ufficio Scolastico Territoriale e l’Associazione “Libera”, una giornata di studi a tema presso l’I.T.C. “F. Insolera” a cui seguiranno sul territorio provinciale iniziative simili. Nei giorni in cui il pentito Spatuzza svela i segreti che portarono alla strage di Capaci, il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri chiede una revisione della legge che regola il sequestro e la confisca dei beni dei criminali affermando che tali beni vanno venduti ed aprendo così una polemica sui rischi che tali beni tornino ai mafiosi e mentre a Corleone stanno per celebrarsi (24 maggio) i funerali di Stato di Placido Rizzotto (le indagini sull’omicidio furono allora condotte dal giovane capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa mentre al posto di Placido veniva eletto segretario della Camera del Lavoro di Corleone, il giovane Pio La Torre) abbiamo voluto sentire Giusy Aprile, coordinatrice provinciale di Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie, per capire la situazione nella nostra realtà. Dott.ssa Aprile, a distanza di 20 anni che funzione sociale ricopre la celebrazione del 23 maggio e perché ricordare? “Il 20° anniversario delle stragi di mafia non vuole essere un momento rituale e commemorativo, ma un’occasione importante per tracciare un bilancio di questi vent’anni di mafia e antimafia e per rinnovare l’impegno. Una proposta per ri-leggere quanto finora è stato realizzato come attenzione di quei desideri che ci apparivano, soltanto pochi anni fa, come impossibili o così lontani dall’essere realizzati, da figurare nell’elenco dei sogni. Molti di quei sogni, però, sono ora realtà: la rinascita civile e il sorriso dei commercianti che si sono ribellati alla piaga del racket, i tanti percorsi di educazione alla legalità che hanno permesso a giovani, insegnanti, operatori del sociale, amministratori e operatori dell’informazione di questa provincia di confron- tarsi con il tema della giustizia saldata alla legalità, sono solo alcuni dei “fiori” di primavera, nati e cresciuti nella nostra provincia, che le mafie non potranno spezzare!” In questi anni quanto è cresciuta la coscienza civile e l’impegno dei giovani della nostra provincia? In che modo gli enti formativi, soprattutto le scuole, si sono mossi? “Nelle scuole della nostra provincia sono stati ideati e portati avanti decine e decine di percorsi formativi rivolti all’approfondimento e alla conoscenza dei fenomeni mafiosi e alla promozione della cittadinanza democratica e dei diritti. Dall’incontro con i familiari delle Vittime delle mafie alla riqualificazione urbana di quartieri degradati, dall’apprendimento in situazione sui beni confiscati a performances artistiche e teatrali, da intitolazioni di aule alla costituzione dei Consigli Comunali dei Ragazzi: sono solo alcune testimonianze dell’impegno vitale e gioioso di studenti, docenti e dirigenti di meravigliose istituzioni scolastiche siracusane. Le scuole ci stimolano a imparare quella “grammatica della vita” che spesso dimentichiamo e a “cambiare l’acqua” alle nostre radici, spesso affaticate. Siamo tutti convinti che la lotta alle mafie vada fatta 365 giorni all’anno e che la scuola, l’istruzione rappresentano gli strumenti sovversivi per scardinare il sistema, la logica criminale che invece si alimenta di illegalità, ignoranza e violenza. La scuola è un punto di riferimento educativo, il presidio di legalità per eccellenza, un’istituzione contro le mafie, in grado di strappare loro consenso, contagiando di senso civico la società, accompagnandola nel processo di costruzione della cittadinanza attiva. Un autentico laboratorio civile che produce integrazione, collaborazione, aggregazione, collegamento”. Nel frattempo procede a Lentini “Libera Terra Leontinoi Casa nostra - fattoria della legalità” per la realizzazione, su immobili confiscati al clan Nardo, di un’azienda agricola. Il riuso sociale dei terreni confiscati alla mafia ha un effetto concreto e simbolico molto forte: significa colpire le mafie al portafogli, sostenere l’Italia che lotta contro le cosche e significa anche decostruire l’immagine di potere dei boss sui territori. “Il progetto di riconversione dei beni sottratti alla criminalità, pilota per la Sicilia orientale, punta alla realizzazione di una azienda agricola che, oltre alla produzione di grano duro, arance rosse biologiche, olive, latte e suoi derivati preveda una fattoria didattica, la fattoria della legalità, a sostegno dello sviluppo di un turismo rurale. Una fattoria che permetta di coniugare la salvaguardia e la memoria delle antiche culture contadine di questi luoghi e, nel contempo, promuova il riuso sociale dei terreni confiscati alla mafia, assume degli effetti negativi dirompenti sul consenso di cui godono le cosche mafiose, capovolgendo il diffuso luogo comune che la mafia porta lavoro. Il progetto dimostra l’esatto contrario, facendo tesoro delle buone pratiche già esistenti sull’uso sociale dei beni confiscati e, a sua volta, è fortemente innovativo e concreto, creando nuove opportunità occupazionali, producendo economia legale e un rinnovato spirito di iniziativa imprenditoriale, basato sulla legalità e sulla giustizia, che guida i ragazzi della neonata cooperativa sociale Montana. “Il progetto “Liberaterra – Leontinoi, Casa Nostra – Fattoria della legalità” ha radici lontane, ha registrato la fattiva collaborazione delle istituzioni del territorio. Processo che, culminato nel 2003 nella sottoscrizione da parte di diversi soggetti sociali ed istituzionali di un’apposita Carta degli Impegni, ha permesso la restituzione di 42 ettari di terreno, confiscati al boss lentinese Sebastiano Nardo, ai cittadini dopo nove anni di stasi. Una distesa di campi a seminativo, aranceti e fabbricati rurali, teatro di summit mafiosi e testimoni di una storia travagliata, ricadono in contrada Cuccumella-Sigona, sulla piana di Catania a ridosso della base militare di Sigonella. A sostenere il progetto c’è l’azione educativa delle scuole della provincia aretusea che ogni anno sviluppano progettualità complesse di educazione alla legalità. La risposta della comunità lentinese al progetto “Casa Nostra – Fattoria della legalità” non si è fatta attendere, il Consiglio Comunale aperto, indetto per la sigla della Carta degli Impegni, era stracolmo di gente. La paura sembrava essere scomparsa. Lì c’erano tutti, dalle massime autorità dello Stato a quelle locali e provinciali, dalle associazioni alle parrocchie, dai sindacati alle forze economiche. Se lo Stato c’è, con tutte le sue istituzioni e fa sul serio, i cittadini ci sono anche”. Finita la messa, usciva sul sagrato e spesso dava ai poveri questuanti quanto aveva in tasca Un Comitato chiede la traslazione delle spoglie mortali di padre Inserra nella Chiesa di Santa Rita di cui per mezzo secolo fu parroco e animatore Si è costituito nella nostra città, ad iniziativa del giornalista Salvatore Cimino, presidente dell’AVDD, un Comitato per celebrare la memoria di don Alfio Inserra già parroco emerito della Chiesa di Santa Rita, chiedendo alle autorità ecclesiastiche la traslazione delle sue spoglie mortali nella “sua” Chiesa e promuovendo una raccolta fondi per la realizzazione di un busto marmoreo da sistemare nel cortile della Chiesa dove esiste già un degno piedistallo. Al Comitato hanno aderito fra i primi: il nipote di padre Inserra Gianfranco Grimaldi, l’assessore comunale alle Politiche Sociali ed alla Famiglia dr. Salvo Sorbello, la dr.ssa Carmela Fronte, dirigente scolastico e presidente del Kiwanis Club, l’avv. Gianni Failla, vice direttore del settimanale cattolico “Cammino”, fondato e diretto per oltre cinquant’anni da don Inserra che fu anche un valentissimo giornalista, il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Santo Gallo, il segretario provinciale dell’Assostampa Aldo Mantineo, il presidente provinciale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana Salvatore Di Salvo, il direttore dell’emittente televisiva Tris-Tv Franco Nania. Noi tutti, fedelissimi di padre Inserra, riteniamo sia giusto che il buon don Alfio, che dopo aver seguito fin dall’inizio la costruzione della Chiesa e dell’immobile annesso, ne fu per oltre cinquant’anni il santo animatore e parroco, debba riposare definitivamente nella gloria del Signore nella “sua” Santa Rita. Il sacerdote, esempio di umiltà e di cari- tà cristiana fu sempre stimato ed apprezzato dai suoi parrocchiani che ricorrevano a lui come i figli devoti ad un padre buono. Un esempio. Ogni volta che lui celebrava Messa, al termine della funzione, dopo l’uscita dei fedeli, egli si avvicinava ai mendicanti che sostavano davanti al portone della Chiesa per chiedere l’elemosina e domandava loro se avessero ricevuto abbastanza soldi per acquistare qualcosa da portare a casa, qualcosa da mangiare. Se la risposta era negativa egli metteva le mani nelle tasche del suo tradizionale “abito talare”, offrendo loro tutto quanto aveva con sé. Un comportamento cristiano diverso da quello espresso da un certo sacerdote, del quale abbiamo avuto notizia, che celebrando una messa, nel corso dell’omelia, invitava i fedeli “a non dare elemosine ai mendicanti davanti alla Chiesa perché in questo modo si faceva loro del male… perchè loro, invece, dovevano andare a lavorare! “A quell’esimio Sacerdote noi diciamo: “Padre, allora lo trovi lei un lavoro a quei poveretti per permettergli di portare a casa un pezzo di pane per i loro figli, senza essere costretti a dover chiedere l’elemosina!” Per queste ed altre diversità di comportamento noi invece vogliamo celebrare la santità, la bontà e lo spirito di carità di padre Inserra. Chiunque volesse aderire al Comitato per onorare il vecchio parroco di santa Rita può scrivere al seguente indirizzo e-mail: [email protected]. Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] 19 Paolo Pantano: “Lo sviluppo sia sostenibile, legale, ordinato, equilibrato, ecologico, compatibile” Banca Etica spopola con il Laboratorio di Economia Civile ad Avola E a settembre Summer School con Luigino Bruni e Stefano Zamagni di CORRADO FIANCHINO Recentemente si è svolto presso l’Eremo di Avola Antica il “Laboratorio di Economia Civile” organizzato da Banca Etica e dai movimenti civici siciliani. E’ stato un laboratorio, appunto, di eccellenza per la numerosa e qualificatissima partecipazione di analisti finanziari, specialisti, studiosi, intellettuali, operatori sociali, docenti della facoltà di economia e responsabili di dipartimento, funzionari di banca, sociologi, operatori turistici, guide naturalistiche, piccoli-medi imprenditori, consulenti aziendali, operatori agricoli, commercialisti. Sono state presentate, inoltre, testimonianze di attività che sono espressioni appunto di economia civile. Riprendendo il tema dei lavori del 1° seminario svoltosi il 28 gennaio, in particolare nella discussione plenaria e dalla dichiarazione d’intenti redatta in quella sede, Paolo Pantano, in rappresentanza degli “Ecologisti, Reti Civiche e Verdi” della provincia di Siracusa (alcuni esponenti hanno partecipato ai lavori), ha ribadito il concetto che in economia vi è una sostanziale differenza tra crescita e sviluppo. La crescita si riferisce unicamente all’incremento quantitativo e ai fattori produttivi, lo sviluppo fa riferimento al miglioramento qualitativo e alla realizzazione di potenzialità. Herman Daly, ma oggiAggiungi un appuntamento per oggi Zigmunt Bauman, Pietro Barcellona, Martha C. Nussbaum, Jeremy Rif kin, Luciano Gallino, Manfred Max-Neef, Maurizio Pallante, Serge Latouche, Stefano Zamagni, per citare i più noti, sostengono che la valutazione della posizione di un paese nei confronti dell’economia internazionale in termini di vero progresso e modernità deve essere determinata anche da fattori qualitativi (aspettativa media di vita, tipologia dei consumi, disponibilità dei servizi sulla salute, istruzione, formazione professionale, cultura, qualità della vita). Naturalmente quindi bisogna fare riferimento al concetto di sviluppo, ma occorre necessariamente “declinare” il concetto come quello di economia civile. Economia civile o sviluppo ma sostenibile, legale, ordinato, equilibrato, in armonia con la natura, in definitiva ecologico e quindi compatibile. E’ stato sottolineato, infatti, che qualsiasi intervento di “economia sostenibile e democratica” deve avere il minor impatto ambientale possibile (non deve essere fuori scala) e deve essere realizzato in maniera “durevole” cioè in funzione delle future generazioni. È stata evidenziata la necessità di una elaborazione teorica che parta, appunto, dalle testimonianze rappresentate nel corso della giornata anche dagli esponenti ecologisti e cioè dalle aziende produttrici di energie rinnovabili (da fotovoltaico o da prodotti da scarto), dalle fattorie agricole multifunzionali e dalle fattorie sociali. Le esperienze di agricoltura biologica hanno rappresentato l’esigenza di affrontare anche la questione della protezione dei nostri prodotti di eccellenza dai continui tentativi di taroccamento attraverso la falsa etichettatura di prodotti provenienti dall’estero e contrabbandati come prodotti siciliani biologici. È stato deciso di elaborare un “Progetto di legge sui beni comuni per cambiare le regole della democrazia” e di organizzare per la fine di settembre una Summer School con la presenza dei prof. Luigino Bruni e Stefano Zamagni. Paolo Pantano Steni Di Piazza, dirigente regionale di Banca Etica, che ha presieduto l’incontro, ha accolto la nostra considerazione che è utile, oltre che elaborare il progetto di legge sui beni comuni, seguire l’iter del progetto di legge d’iniziativa popolare sull’acqua (altro bene comune vitale) affinché sia approvato dal Parlamento Regionale al più presto ed infine far conoscere e far “sfruttare” le leggi del rispar- mio energetico (296/2006) e sulle ristrutturazioni edilizie (244/2007) che consentono la detrazione del 55% e del 36% nella dichiarazione dei redditi, in quanto rappresentano una possibilità concreta di occupazione qualificata, regolare e legale in Sicilia, consentono l’emersione del lavoro in nero ed uno strumento di tutela economica per gli incidenti sul lavoro. 20 Anno IV n.10 - 20 maggio 2012 e-mail: [email protected] Per ogni infrazione scattano sanzioni sia per il comandante che per l’armatore titolare della licenza Patente a punti per i pescherecci e nuove norme europee Legacoop Pesca incontra i pescatori di Catania e Siracusa di LUCA CIARAMIDARO Due incontri promossi da Legacoop Pesca per spiegare ai pescatori delle marinerie di Catania e Acireale i dettagli della nuova normativa europea che ha introdotto la controversa licenza a punti per i pescherecci e imposto nuove regole e ulteriori controlli in mare e sui mercati. Due giorni dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema di regole europee - una serie di norme contro la quale nei mesi scorsi si è mobilitato l’intero settore ittico con tensioni in molte marinerie - a illustrarne contenuti e criticità ai pescatori dell’area ionica sono stati, ieri, il presidente nazionale di Legacooop Pesca Ettore Ianì ed il presidente regionale della stessa organizzazione Pino Gullo. Il sistema normativo europeo, i cui decreti attuativi sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale l’8 maggio, interessa pescherecci e comandanti delle navi che con l’applicazione delle nuove regole non saranno soltanto multati in caso di infrazione, ma vedranno aumentare i loro punti sulla licenza. Al contrario di quanto accade per la patente automobilistica, il patentino viene sospeso quando si arriva a quota 90. “Con la patente a punti siamo di fronte all’emblema di una riforma europea dei controlli sulla pesca fortemente contestata non solo da Lega Pesca, ma anche dalle associazioni di molti altri paesi mediterranei, perché tagliata e studiata sul modello di pesca in uso nei pescherecci che operano nei mari del nord Europa”, ha affermato il presidente Ianì. “Questa riforma è di difficile applicazione alla pesca del sud Europa – ha continuato Ianì – ed è percepita dalla categoria come vessatoria e punitiva”. Ad esempio, ogni volta che si commette un’infrazione, scattano le sanzioni sia per il comandante responsabile delle operazioni a bordo che per l’armatore titolare della licenza di pesca. Per la piccola pesca, dove le figure del comandante, dell’armatore e del proprietario spesso coincidono, c’è il rischio che uno stesso soggetto veda assegnarsi una tripla penalizzazione per la stessa trasgressione. “Le regole però ci sono – ha continuato Ianì – e ora, mentre si continua la battaglia per ottenerne modifiche significative e perché il sacrosanto rispetto delle regole non si traduca in ingiuste penalizzazioni per la filiera, bisogna rispettarle. Non è con le promesse di abolire la licenza a punti, di ridurre il costo del carburante, o di poter continuare la cattura di specie vietate dalla UE che si combatte il grave stato di disagio e difficoltà dei pescatori del catane- se”. “La crisi si combatte rilanciando le proposte avanzate unitariamente dalle Associazioni Pesca dell’Alleanza delle Cooperative Italiane (AgciAgrital, Federcoopesca/Confcooperative e Lega Pesca) e già all’attenzione del Governo e del Parlamento, che vanno dalla stabilizzazione degli ammortizzatori sociali alla certezza di attuazione del fermo pesca 2012, dalla semplificazione alla riforma della fiscalità di settore, fino al rafforzamento del credito agevolato per sostenere i bisogni delle imprese”, ha concluso il presidente nazionale di Legacoop Pesca. “Servono regole chiare – ha aggiunto il presidente di Legacoop Pesca Sicilia, Giuseppe Gullo – e serve anche che il Governo regionale, che ne ha facoltà, legiferi per arginare il fenomeno dilagante della falsa pesca sportiva. Un trucco spesso utilizzato per aggirare le regole mascherandosi da sportivi. In tutta Italia i pescatori sportivi sono 2 milioni - ha concluso Gullo - di questi ben 700 mila sono in Sicilia e fanno concorrenza sleale a chi, come i pescatori catanesi, è costretto a sottostare a norme severissime”. Gli incontri sono stati coordinati da Giuseppe Giansiracusa, presidente di Legacoop Catania. A spiegare nel dettaglio le nuove norme in materia di licenza a punti, giornale di pesca, dichiarazione di sbarco, marcatura attrezzi, etichettatura, nota di vendita, sono intervenuti, Elena Ghezzi di Lega Pesca, Paolo Pelusi, presidente del Consorzio Mediterraneo e i dirigenti della Direzione Marittima Catania. Storia, cultura, tradizioni, vertenze, segreti della pesca e attività economiche con una prosa accattivante Salvo Sorbello, politico e giornalista, in “Tonni nel capolinea del Sud” Dall’antichità classica alle tonnare di Vendicari, Marzamemi, Portopalo di CORRADO CARTIA Salvo Sorbello sorprende sempre di più, riuscendo a coniugare diverse attività e tutte fatte bene. Ed è proprio questo che in lui colpisce, questo suo concreto industriarsi, sempre in nome di un obiettivo ben chiaro, inequivocabile, e sempre a tempo pieno. Infatti riesce a fare il giornalista dirigendo giornali e radio locali con efficienza, per 24 ore; riesce anche a soddisfare quell’adagio secondo cui “anche i bancari hanno un anima”; espleta compiti di prestigio politico-amministrativo e fa il buon padre di famiglia non tralasciando anche, e ciò sorprende non poco, di fare ricerche e scrivere libri importanti quali “La Pesca del Tonno nel capolinea del Sud” (Emarom sas-Siracusa 2010). È questo un volume di non comune importanza per la esauriente documentazione storicofotografica da cui emerge il gran lavoro svolto attorno alle Tonnare, partendo da Mar- ziale e percorrendo Omero, Eschilo, Erodoto e Aristotele, quest’ultimo considerato il primo teorico delle migrazioni dei tonni, passando ancora attraverso Predrag Matejevic, ma anche perTeocrito, Archestrato di Gela, Oppiano, quello che paragona la tonnara a una città, e ancora, soffermandosi su Polibio, Strabone, Plinio il Vecchio, Galeno. Sorbello ricorda le innovazioni dei Normanni, degli Aragonesi che fecero diventare le tonnare vere e proprie “proprietà feudali” che poi vennero però vendute dai sovrani spagnoli assieme a città e titoli nobiliari, privilegi e concessioni, per uscire dalla grave crisi economica provocata dalla famosa guerra dei Trent’anni, né più né meno ciò che sta succedendo anche oggi con tutte le guerre che assillano il mondo contemporaneo! Ecco quindi che Sorbello sorprende per la grande adesione ai tempi recenti: per capire meglio la storia delle tonnare, ricorre, tra l’altro, a narrare della diatriba tra l’avvocato siracusano Francesco Paolo Avolio e il messinese Francesco Carlo D’Amico, duca di Ossida S. Giorgio, proprietario di tonnare e sostenitore di proibizioni a distanza argomentando sulle “Osservazioni intorno alla pesca, corso e cammino dei tonni”. Il libro si snoda con una prosa chiara e altamente appropriata illustrando senza indugi o tentennamenti i segreti dell’affascinante settore della vita delle tonnare e le loro conseguenziali attività tutte, come dice il titolo, riferite alle tonnare di Vendicari, Marzamemi, Portopalo, con precisi riferimenti ai loro proprietari e animatori, dai Bruno di Belmonte ai Nicolaci, ai Pupillo, il tutto con un soddisfacente e ottimo corredo fotografico. Un libro, allora, tutto da leggere e da tenere sempre a portata di mano per una consultazione veloce e utile.