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Ciane-Saline abbandonata all`erosione

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Ciane-Saline abbandonata all`erosione
“Per un giornalista la libertà di scrivere la verità non ha prezzo”
(Sebastiano Messina - REPUBBLICA)
Anno IV n.10
€ 0,70
domenica 20 maggio 2012
• QUINDICINALE DI FATTI E OPINIONI • REG. TRIB. DI SIRACUSA N.1509 DEL 25/08/2009
• DIRETTORE: FRANCO ODDO • VICEDIRETTORE: MARINA DE MICHELE
e-mail: [email protected]
prossima uscita: 6 giugno
L’AREA PROTETTA HA VISTO ACCRESCERSI IL DEGRADO DELLE ZONE CHE DOVEVA TUTELARE. CI SONO PRECISE RESPONSABILITÀ
Ciane-Saline abbandonata all’erosione
DAI DOCUMENTI RISULTA CHE “LAVORANO” DA MATTI
ANCHE NEI GIORNI PIÙ AFOSI DI LUGLIO E AGOSTO (SIC!)
Cinquemila euro mensili
a ogni consigliere comunale
Alla luce dei risultati conseguiti, il bilancio appare
decisamente negativo, tanto da far dubitare non
solo delle capacità di chi ha ne ha condiviso la responsabilità gestionale, ma anche della adeguatezza dello stesso strumento normativo.
E’ innegabile che la conservazione dei luoghi non
è migliorata in questo lungo lasso di tempo, ma in
molti casi è addirittura peggiorata, raggiungendo
livelli di degrado difficilmente immaginabili prima che la riserva venisse istituita.
La situazione più drammatica riguarda le saline,
la cui stessa sopravvivenza fisica è oggi messa in seria discussione. Dopo la istituzione della riserva è
infatti cessata la manutenzione dell’argine che le separava dal mare e che veniva precedentemente assicurata sia pure artigianalmente e con pochi mezzi,
ma regolarmente, dai salinari, con il risultato che
l’azione erosiva esercitata dal moto ondoso ha causato l’arretramento della linea di costa di qualche
centinaio di metri e la rottura dello stesso in alcuni
punti, sicchè circa un quarto della superficie delle
caselle salanti è stato invaso dal mare in maniera
verosimilmente irreversibile. Le responsabilità
dei singoli probabilmente esistono. Restano i fatti,
che non possono essere negati: un’area protetta che
ha visto accrescersi il degrado delle zone che doveva tutelare. Altrove, e anche questo, sia pur con
rammarico, non può contestarsi, quei medesimi
strumenti vincolistici, affidati a mani più accorte
ed esperte, hanno dimostrato di funzionare egregiamente, conseguendo risultati che l’improvvida
ed irresponsabile gestione pubblica nostrana ha
negato alla comunità siracusana.
PAG. 4 (Ansaldi-Iapichino)
Nell’agosto del 2011 la Commissione che ha lavorato più a pieno ritmo è stata quella del bilancio e
sviluppo, almeno 19 incontri, ma la più partecipata è stata quella dei servizi pubblici e viabilità
con non meno di 14 sedute e 166 presenze, per un
costo pari a poco più di 10.800
euro (quella che ha lavorato di
meno, patrimonio e contenzioso,
10 incontri, 89 presenze, è costata
ai contribuenti circa 5.800 euro;
le altre 6, sulle 140 presenze, 9.177
euro). A occhio e croce ogni mese
i lavori di commissione assorbono
una media di 80mila euro solo di
gettoni, all’anno si sfiora quindi
un esborso complessivo pari a circa un milione.
Ma per non cadere in semplicistiche valutazioni
sull’opportunità o meno di una spesa del genere,
o sulla necessità che le commissioni siano in tal
numero, sarebbe necessario conoscere le ricadute
di tale assiduo lavoro: quali studi siano stati condotti, quali relazioni, quali atti deliberativi o proposte. La stessa domanda che occorrerebbe porsi
per le sedute del consiglio: quante le sedute andate
a vuoto, quante le delibere esitate, così come tante le possibilità di risparmio in
un’eventuale riprogrammazione
e razionalizzazione delle spese:
commissioni solo dalle 17 in poi, il
sabato pomeriggio per il consiglio
comunale così da azzerare anche
i rimborsi per i giorni di assenza
dal lavoro (e, dicono i maligni, per
contrastare il gioco di far mancare
il numero legale), riunioni meno
frequenti e più produttive per evitare anche gli
straordinari del personale ausiliario o per ridurre i costi delle utenze a cominciare da quella della
luce, e via discorrendo.
Pag. 5 (De Michele)
DE BENEDICTIS
FESTA DELL’ARIA
“Col mio ddl
più certo l’iter
degli interventi
socio-sanitari”
“L’anno scorso
ci vietarono
il volo
del dirigibile”
PAG.12 (Festa)
PAG. 15 (Di Mauro)
ADORNO E BAIO: “LA PROVINCIA DAL 2014 SENZA PIÙ FONDI”
“IL CONSORZIO ARCHIMEDE INDEBOLITO, NON HA PIÙ SENSO”
Università, non ci resta
che difendere Architettura
“A questo punto dobbiamo fare una sola cosa:
difendere con i denti quel poco che ci rimane,
difendere la facoltà di architettura. D’altronde
la colpa di tutta questa situazione non è né del
Consorzio né dell’ateneo: il fatto è che una sede
universitaria decentrata comporta dei costi e dei
problemi. È indispensabile fare delle proposte innovative o non si va da nessuna parte”.
PAGG. 10-11 (Lanaia)
Incredibile, si costruisce
fin dentro le Latomie!
Pag. 2 (De Michele)
AUGUSTA
SCUOLA
Dipendenti CRASS Dimensionamento
da undici mesi
Nel 2013 si andrà
senza stipendio
al disastro
E lavorano
organizzativo
PAG.7 (Di Mauro)
PAG.8 (Totis)
PORTO TURISTICO
Caltagirone
in guai maggiori
e a Siracusa
lavori fermi
PAG.3 (De Michele)
2
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Lo stupro denunciato dal Comitato Parchi, che chiede la sospensione immediata dei lavori
Da stropicciarsi gli occhi. Com’è possibile che sia stata rilasciata
una concessione edilizia fin dentro la Latomia del Casale?
È uno di quei fatti che ti lascia senza parole, quasi senza
fiato. Continui a guardare quelle foto come se raffigurassero un marziano, tale è l’incredulità che suscitano.
Come sia stato possibile aver rilasciato una concessione
per costruire fin dentro la Latomia del Casale, in condizioni quasi da missione impossibile (e la sequenza fotografica ne è evidentre testimonianza) appare un mistero,
proprio come uno di quelli consacrati dalla dottrina.
Perché certo una concessione deve esserci, per forza,
anche se il Comitato Parchi, che ha segnalato lo stupro,
cerca di correre ai ripari chiedendo all’Assessorato al
Territorio e Ambiente di sospendere cautelativamente
i lavori e si prepara a verificare la legittimità dell’autorizzazione. Intervento meritorio, da fare, in ogni caso,
da apprezzare, sempre, con convinzione e condivisione,
ma che genera una stretta al cuore perché già lo sai che
non servirà a nulla se non a consegnarlo alla memoria
di chi un giorno vorrà scrivere un dolente resoconto su
questa città violata, profanata, sfregiata, da un piano
regolatore che, falso nei suoi presupposti fondanti, ha
consegnato la città, un gioiello della grecità, a speculatori, affaristi, cementificatori, egoisti. Mentre lo scrivo, lo dico a me stessa (scusate questo personalismo dai
quali di solito rifuggo ma sento che il sangue scorre più
veloce) che sto sconfinando nella retorica, ma mi sembra
che le parole non bastino più per opporsi a scempi così
ripetuti, così arroganti, così sempre impuniti. Le colate
di cemento all’Epipoli e alle mura dionigiane, le cooperative sulle balze di Santa Panagia, il mare del Porto
Grande interrato per inutili alberghi, le isole nell’acqua
per moltiplicare gli edifici quando ce ne sono tanti altri
solo da recuperare, la villa a strapiombo ai Cappuccini,
il palazzo sulle curve della Cittadella, la distesa di abitazioni alla Maddalena, gli edifici nella preriserva del Ciane, le coste sepolte dalle seconde case, Fontane Bianche e
l’Arenella snaturate: usque tandem?
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ai novelli sposi
Sabato scorso si sono uniti in
matrimonio Giuseppe Infanti
e Maria Maccarrone con una
bellissima cerimonia svoltasi
nel pomeriggio in Cattedrale con la partecipazione dei
parenti giunti da ogni parte
d’Italia. Ha celebrato la funzione mons. Sudano.
Testimoni dello sposo sono stati Luigi Infanti e Sonia Giacoia, della sposa Angela Minniti.
Elegantissimi e comprensibil-
mente soddisfatti i genitori di
Giuseppe, Salvatore Infanti e
Anna Giacoia, amici del nostro
direttore, e il padre e la madre
di Maria, Salvatore Maccarone
e Mirella Cucè.
Dopo la funzione i novelli sposi e i loro invitati hanno festeggiato nella suggestiva cornice
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fino alle tre del mattino.
A Giuseppe e Maria gli auguri
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Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Sfuma un affare da 400 milioni, intanto a Siracusa lavori ancora fermi e non si capisce perchè
3
Dopo i guai giudiziari per il porto di Imperia, Acqua Marcia perde pezzi
Invitalia ha risolto il contratto d’appalto con Caltagirone per Fiumicino
di MARINA DE MICHELE
Sembrano non dover finire mai i guai di Francesco
Bellavista Caltagirone e non si comprende come
quanto stia accadendo al potente imprenditore possa non avere una diretta ricaduta anche sul Marina
di Archimede di Siracusa. Dopo la bufera giudiziaria relativa alla realizzazione del porto di Imperia,
(La Civetta IV n.6, 23 marzo u.s.), l’impero di Acqua
Marcia inizia a perdere pezzi. Invitalia, la società
del Ministero dell’Economia, ha risolto il contratto
d’appalto in virtù del quale stava realizzando, insieme a Goldfinger (così veniva definito l’imprenditore
negli anni ’60), il nuovo porto di Fiumicino, chiedendo anche un cospicuo risarcimento danni per
alcune presunte irregolarità compiute da Caltagirone sul piano azionario (una scalata non autorizzata
sfruttando a suo vantaggio la rete di partecipate e
controllate coinvolte nel progetto). Sfuma così un
affare che dall’originario investimento di 324 milioni nel 2007, è nel 2010 arrivato, per aggiornamento prezzi, oneri finanziari e lavori aggiuntivi
di 20 milioni chiesti da Comune e Regione, a 400
milioni complessivi. Di questi il 75% sarebbero dovuti andare ad Acqua Marcia, general contractor,
e la rimanente parte a Iniziative Portuali, la società partecipata da Italia Navigando, controllata
dell’Invitalia.
I problemi di Caltagirone a Fiumicino erano però
iniziati già prima dell’intervento dei magistrati
quando, dopo i primi investimenti di 40 milioni, è
stato costretto a bloccare i lavori per difficoltà finanziarie, come racconta il Corriere della Sera. E
sulla scorta anche di questa grave inadempienza
nell’avanzamento lavori, un ritardo di 18 mesi, Invitalia ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto di appalto con l’intenzione di proporre un
bando europeo per terminare l’opera ed evitare così
che un progetto, inizialmente proposto come volano dell’economia locale, si traduca in un’ennesima
incompiuta.
Naturalmente, secondo AcquaTirrena, l’azienda
del gruppo Acqua Marcia titolare dei lavori, unici
responsabili di tali inadempienze sono invece la Regione Lazio e il Comune stesso colpevoli di mancate
autorizzazioni la prima e di non aver consentito la
realizzazione della strada di cantiere il secondo.
Una situazione per certi versi simile a quella siracusana dove almeno formalmente a bloccare i lavori è
stato il direttore regionale Gesualdo Campo, assertore, finalmente, di una diversa interpretazione di
quel decreto Burlando che ha rappresentato per tutti gli imprenditori portuali la breccia attraverso cui
far ritenere cantierabili opere a terra, anzi sul mare
trasformato in terra, che in nessun modo avrebbero
mai dovuto essere consentite.
Una confusione interpretativa che probabilmente
solo in Italia potrà non vedere mai i responsabili.
Ma le somiglianze tra le diverse realtà che vedono
Caltagirone come vulcanico protagonista del nuovo assetto portuale delle coste italiane, al centro di
quel “sistema” di cui abbiamo parlato nell’articolo di marzo, e che quindi non consentono di stare
tranquilli, non si fermano qui. È tutta la storia del
Marina Di Archimede che presenta “sorprendenti” affinità con la stessa Fiumicino per esempio. In
ambedue i casi a dare l’avvio ai progetti non è stata
una qualche azienda del gruppo Caltagirone ma una
sorta di apripista, una modesta società che, quale
primo determinante passo, ha operato per acquisire le necessarie concessioni demaniali: Iniziative
Nautiche Portuali a Fiumicino, la società “Marina
del Porto Grande” a Siracusa. La nostrana piccola e
sconosciuta società, con sede a Palazzolo, come riferivano articoli di quei giorni, aveva affidato l’intero
procedimento amministrativo al Comandante Angelo Zerilli, una sorta di guru del turismo da diporto, uno dei massimi esperti italiani del settore, capitano di vascello, “approdato” nel paesino montano
del siracusano, attivo collaboratore di Caltagirone
come di Ligresti.
In un nostro contributo del 2007 evidenziavamo tra
l‘altro che, nella conferenza dei servizi del 29 settembre 2004 (la quinta dell’iter progettuale), “Marina
del Porto Grande” sedeva a fianco della Proteco,
rappresentata dall’ingegnere Pietro Gallo, società
con la quale condivideva insieme alla stessa sede in
via Scipione 26, a Palazzolo (ma in realtà sembrava si trattasse di una sorta di sdoppiamento di una
stessa società), un progetto ancora più imponente
di quello poi andato “in porto”: 905 posti barca
con una concessione demaniale per cinquant’anni
per 118mila mq di specchio acqueo e 9.650 mq di
demanio marittimo. Successivamente, nell’ottava
conferenza del primo marzo 2005, sedevano allo
stesso tavolo i due rappresentanti: l’ingegnere Gallo
e l’ingegnere Leone ma sembrava essere quest’ultimo il rappresentante della Proteco. Comunque, nel
settembre 2006, la Proteco, che intanto si era aggiudicato il progetto, cambiava la propria denominazione sociale in “Marina di Archimede” nominando
come amministratore unico Paolo Gallo e nel 2007
veniva “affiancata” dall’Acquamarcia di Roma.
Lo stesso Zerilli, in un suo intervento del gennaio,
spiegava che da un canto la Regione aveva finanziato
una parte del progetto presentato dai privati “oltre
alla ristrutturazione delle altre banchine del porto
necessaria alla piena funzionalità dell’infrastruttura” e che dall’altra il Comune di Siracusa “si era
preoccupato di adeguare i propri strumenti urbanistici in modo non solo da consentire la realizzazione
della nuova struttura per la nautica da diporto ma
anche una valorizzazione della città quale approdo
per le navi da crociera. Il privato – continuava – ha
ideato e progettato la realizzazione della struttura
valorizzandone gli aspetti privatistici, ha sostenuto
il rischio d‘impresa, si è munito di un team di professionisti nonchè di quella pazienza che purtroppo in
Italia è indispensabile e, affiancando costantemente
le amministrazioni, ha avuto la possibilità di giungere al termine di un percorso che molti all’inizio
gli avevano sconsigliato di intraprendere”.
Al di là di alcune inesattezze sui 9 milioni di finanziamento pubblico che, per quanto ci risulta, sono
relativi solo al Marina di Archimede e non anche
al progetto del Comune al Molo Sant’Antonio, le
parole del super comandante appaiono oggi quasi profetiche a giudicare dallo stallo dei lavori che
avrebbero dovuto essere terminati nel 2008, questo
a riprova delle ragioni di chi “consigliava di lasciar
perdere”, ma lasciano anche perplessi se si pensa alle
risultanze dell’indagine giudiziaria aperta ad Imperia sulle modalità con cui Caltagirone piegava la
volontà degli amministratori locali.
Come abbiamo già scritto, secondo i giudici l’imprenditore romano, considerando il suo amico Scajola e l’amministrazione comunale di Imperia “una
cosa sola”, pretendeva dall’allora ministro un intervento per “mettere in riga i suoi” perché il Comune
“ci rompe il c…” e spadroneggiava: “Si fa passare
dal sindaco del Pdl la bozza della delibera comunale che definisce i rapporti della parte pubblica con
quella privata e gli corregge gli errori, opponendosi
a una verifica sulla congruità degli accordi economici sul porto”. Insomma, altro che pazienza! Se poi
si mettono insieme tutte le anomalie riscontrate nei
giorni dell’accordo di programma di Siracusa che
ha dato il via all’opera, le domande aumentano: il
gioco tra un progettato “approdo turistico” per cui
si richiedevano le concessioni e ciò che è stato realmente autorizzato: un “porto” turistico, differenza
non da poco come ha comprovato la successiva presa
Il Comandante Zerilli
di posizione dell’assessorato regionale competente
che ha segnato un retrofront; la Via che arriva provvidamente nell’ultimo giorno utile possibile, esattamente lo stesso in cui si sigla l’accordo di programma: il 20 divembre del 2006; la Vas probabilmente
non acquisita o non acquisita nei tempi opportuni;
il contenzioso con l’Eni che apre profili di illegittimità e ancora altro. Ce n’è abbastanza insomma
per chiedersi se anche a Siracusa qualcosa sia stato
pilotato con rodata maestria.
Oggi poi non si comprende bene perchè i lavori siano fermi: si dice perchè in attesa che si completi la
banchina e il braccio del molo Sant’Antonio (a loro
volta bloccati da una querelle sull’adeguamento dei
costi che vede la società appaltatrice in contrasto
con l’amministrazione comunale) e questo significherebbe la possibilità di una richiesta di risarcimento danni da parte di Caltagirone di cui però
nessuno parla (ed eventualmente: come mai il “patriota dell‘Alitalia” non avrebbe nulla da rivendicare?). Oppure l’impasse potrebbe essere determinato
dall’opposizione del direttore generale Gesualdo
Campo alla realizzazione delle opere a terra e ci si
chiede se, per caso, stanti le difficoltà in cui versano
sia Caltagirone agli arresti domiciliari che il suo
gruppo (la società Acqua Marcia ha un’esposizione
con il sistema creditizio italiano di ben 900 milioni
di euro sebbene dichiari che le attività dei suoi principali settori - immobiliare, turistico, aeroportuale
e dei porti turistici - abbiano un valore di mercato pari a 2 miliardi e mezzo), il fermo forzato non
debba essere considerato un vantaggio piuttosto che
un danno per l’imprenditore che non deve così dar
conto a nessuno di lavori che non si sa quando riprenderanno.
Se poi a questo si somma lo stand by dei cantieri al
Foro Italico (il sindaco ne promette la riapertura
subito dopo l’estate ma non si sa chi dovrà sostenere
le spese per riportare i cassoni dalla Marina di Melilli a Siracusa) come la paralisi del Porto Spero, un
altro progetto frutto della follia collettiva per come
è stato immaginato, la situazione complessiva delle
infrastrutture portuali di Siracusa appare decisamente senza speranza. Né si riesce ad immaginare,
alla luce delle caratteristiche dell’amministrazione
attiva della città, chi potrebbe intervenire per segnare un cambio di rotta che faccia chiarezza e ordine su tutto.
4
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Fotodocumentazione dello scempio. Negativo anche il bilancio della gestione del papiro del Ciane
Nonostante più di un milione di euro per acquisire al demanio le Saline
il bellissimo habitat abbandonato al vandalismo e all’erosione marina
di *GIUSEPPE ANSALDI e CARMELO IAPICHINO
La riserva naturale orientata fiume Ciane e Saline di
Siracusa esiste dal marzo del 1984, un tempo più che
congruo per valutarne gli effetti sul territorio e sul
raggiungimento delle finalità previste dal decreto
istitutivo “di salvaguardare e rivitalizzare il papiro
lungo l’intero corso del fiume Ciane e conservare i
valori ambientali della zona umida delle Saline di Siracusa“. Alla luce dei risultati conseguiti, il bilancio
appare decisamente negativo, tanto da far dubitare
non solo delle capacità di chi ha ne ha condiviso la responsabilità gestionale, ma anche della adeguatezza
dello stesso strumento normativo.
E’ innegabile che la conservazione dei luoghi non è
migliorata in questo lungo lasso di tempo, ma in molti casi è addirittura peggiorata, raggiungendo livelli
di degrado difficilmente immaginabili prima che la
riserva venisse istituita.
La situazione più drammatica riguarda le saline, la
cui stessa sopravvivenza fisica è oggi messa in seria
discussione.
Dopo la istituzione della riserva è infatti cessata la
manutenzione dell’argine che le separava dal mare e
che veniva precedentemente assicurata sia pure artigianalmente e con pochi mezzi, ma regolarmente, dai
salinari, con il risultato che l’azione erosiva esercitata
dal moto ondoso ha causato l’arretramento della linea di costa di qualche centinaio di metri e la rottura
dello stesso in alcuni punti, sicchè circa un quarto
della superficie delle caselle salanti è stato invaso dal
mare in maniera verosimilmente irreversibile.
La parte rimanente delle saline è stata ugualmente
abbandonata a se stessa, con il canneto che ha ormai
invaso la maggior parte dei pantani e delle caselle,
provocando una conseguente perdita di biodiversità.
Ciò che è più paradossale è che, nonostante l’impiego di ingenti risorse economiche (pari ad oltre un
milione di euro) per acquisire l’intera salina al demanio e per interventi di restauro delle vecchie case
dei salinari, le discutibili modalità operative adottate
hanno di fatto prodotto uno snaturamento dell’habitat preesistente lasciato nel più completo abbandono
e soggetto alla duplice azione corrosiva dell’opera
vandalica dell’uomo e dell’attività erosiva del mare.
Quest’ultima, non contrastata efficacemente, ha ormai prodotto lo smottamento delle gabbionate poste
a protezione e l’inizio di cedimento delle fondazioni
mai consolidate. Tutto ciò in dispregio di quanto lo
stesso decreto istitutivo prevedesse circa il ripristino
della salicoltura, non solo per salvaguardare un’attività risalente nel tempo, ma anche come sistema di
manutenzione naturale di un ambiente di rilevante
interesse paesaggistico e pur dipendente dall’attività
umana.
Ugualmente negativo è il bilancio della gestione del
papiro del Ciane, che, se ha beneficiato della fine dei
prelievi idrici per uso industriale da parte del Consorzio di Bonifica, registra una situazione di precarietà, con sensibile rallentamento dei deflussi idrici per
assenza di manutenzione dell’alveo e la conseguente
impossibilità di mantenere un regime idraulico equilibrato. E la situazione potrebbe decisamente peggiorare qualora le paratie abbandonate della ex stazione
di derivazione e sollevamento delle acque dovessero
cedere per l’usura del tempo: l’abbassamento repentino del livello idrico causerebbe sicuramente un danno
incommensurabile alla colonia di papiro con effetti a
lungo termine e difficilmente reversibili.
Ancora più incomprensibile appare la problematica fruizione dello stesso fiume: il tratto del sentiero
lungo la sponda destra è stato oggetto di pulizia e
manutenzioni occasionali, diventando impraticabile
per mesi o anni.
E’ un fatto che, prima della riserva, entrambi i sentieri erano sempre percorribili in quanto il Consorzio
di Bonifica destinava regolarmente alcuni operai alla
loro manutenzione. Ci si chiede perchè, nel momento
in cui l’amministrazione provinciale ha determinato
l’organico della polizia provinciale, non è stata in
grado, senza alcun onere aggiuntivo, di impegnare
parte del personale per assicurare la continuità degli
interventi operati dalla precedente gestione?
Ma le situazioni di accresciuto degrado non si fermano
qui. Potremmo ancora ricordare lo stato di abbandono
della ex stazione di pompaggio, che avrebbe potuto diventare un centro visitatori e dei servizi di assistenza turistico-culturale; la mancata attuazione del piano della
pre-riserva mediante intese con il Comune di Siracusa
(e qui alle responsabilità dell’ente gestore si sommano
quelle dell’ amministrazione comunale) con le decine
di cose che si sarebbero potute fare: recupero delle zone
di discarica degli ex Pantanelli, restauro della vecchia
stazione di sollevamento delle acque, risanamento della
fascia a nord della foce del fiume Anapo antistante la ex
playa (su cui esisteva un vecchio progetto del Comune
di acquisizione e demolizione delle strutture che invece
hanno continuato a proliferare in maniera indiscriminata), rinaturalizzazione di alcune aree di proprietà
pubblica attorno alla sorgente Pismotta.
Non è questa le sede per individuare incapacità o responsabilità dei singoli, che probabilmente esistono.
Restano i fatti, che non possono essere negati: un’area
protetta che ha visto accrescersi il degrado delle zone
che doveva tutelare. Altrove, e anche questo, sia pur
con rammarico, non può contestarsi, quei medesimi
strumenti vincolistici, affidati a mani più accorte ed
esperte, hanno dimostrato di funzionare egregiamente, conseguendo risultati che l’improvvida ed
irresponsabile gestione pubblica nostrana ha negato
alla comunità siracusana.
*Comitato Parchi
Stato di degrado della stazione di sollevamento delle acque.
Vasca di derivazione delle acque dal Ciane interrata e in stato di totale abbandono.
Base del muro perimetrale della casa dei salinari di recente ristrutturazione e in fase di erosione
da parte dei marosi con cedimento delle gabbionate poste a protezione delle fondazioni.
Arretramento della linea di costa e rottura degli argini delle caselle.
Cedimento dell’ immobile annesso al faro Calderini
Rottura degli argini ad opera del moto ondoso.
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
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La documentazione raccolta dal Movimento 5 Stelle incrementa a Siracusa la folla di indignados
Caccia dei consiglieri comunali alla firma che attesti il “lavoro” svolto
Ma ora c’è da temere la Corte dei Conti e un’attiva Guardia di Finanza
di MARINA DE MICHELE
Come sopravvivere all’onda lunga che arriva ora anche
sui nostri consiglieri comunali, e provinciali, simile
a uno tzunami che si fa annunciare dopo aver già investito, da tempo ormai, anche gli altri enti locali di
Italia? È tempo di consigli ai naviganti per non soccombere, soprattutto per evitare che comportamenti
ed espedienti per “tirare a campare”, ma egregiamente
rispetto alla gran parte dei concittadini amministrati, si trasformino in danno erariale, perseguibile dalla
Corte dei Conti, e non restino semplicemente inveterate
abitudini italiche sanzionabili solo eticamente, e semmai politicamente (magari gli elettori imparassero a
scegliere dopo un serio giudizio di merito su vizi e virtù
dei loro rappresentanti!).
La discussione aperta dal Movimento 5 Stelle sui rimborsi che dissanguano le casse comunali coinvolge tutti
loro, senza quasi alcuna distinzione, perchè nessuno
prima di ora ha mai avvertito rimorsi di coscienza nel
percepire quanto già dal 2000 la legge, nazionale si
badi bene, ha consentito di incassare in prima persona,
e far incassare a parenti, amici e vari, disposti a offrire
estemporanei posti di lavoro.
Un peccato che l’atto di indirizzo del consigliere Di
Giovanni per un taglio del 50% degli emolumenti sia
arrivato fuori tempo massimo, dando così, al di là delle buone intenzioni, la sensazione di una proposta in
qualche modo coartata dalle circostanze, per stare al
passo, per recuperare posizioni perdute, quelle occupate dai grillini, anche loro comunque in affanno rispetto agli amici delle altre città. Non sfugge a nessuno che
si sta discutendo di anomalie “fossili” del nostro malato sistema politico, stratificate da tempi immemorabili, percepite oggi non perché suggerite da epifaniche
rivelazioni ma perchè purtroppo è solo “la tasca” che
acuisce i sensi, che sveglia l’attenzione di cittadini troppo distratti, distanti dalla cosa pubblica e pertanto
responsabili, anche loro, vorrei dire soprattutto loro,
della corruzione e del malaffare che regna nelle stanze
del potere in quanto colpevoli di omessa vigilanza, di
mancato controllo sociale.
Palazzo Vermexio, sede
del Consiglio Comunale di Siracusa
E nei momenti di profondissima crisi economicofinanziaria, quando ad essere i più vessati dalle scelte
governative sono le fasce di popolazione più numerose e più controllabili dal fisco (quelle dal reddito fisso
tassato alla fonte), quando è gioco semplice aggredire
un bene quale la prima casa - che, da indice positivo e
rivendicato di un benessere finalmente diffuso o della
lodevole capacità di risparmio di “avveduti” cittadini,
si trasforma in inerme preda di esattori in cerca di immediati risultati -, nulla è più efficace che intimare tangibili sacrifici ai rappresentanti del popolo, locali come
nazionali, per aggregare immediatamente intorno a sé,
per lo più in vista di future tornate elettorali, schiere
crescenti di indignados.
E’ così che una battaglia sacrosanta, quella a sprechi ingiustificabili e non più tollerabili (ma chissà perchè mai
avrebbero dovuto esserlo in un qualsiasi altro momento
della nostra storia!), quella contro prebende e sovvenzioni motivate dalla sola necessità di creare personali
bacini di voto, rischia di diventare un “attentato” alla
democrazia, a quella logica della rappresentanza che è
la sola forma di partecipazione dei cittadini (se sostenuta non da leggi elettorali “porcelle”) nelle società
complesse, in quelle che non consentono la “democrazia
diretta” sul modello dell’Atene periclea, seppure avrebbero assoluto bisogno di elaborare nuove modalità di
un coinvolgimento quanto più ampio e significativo dei
cittadini elettori.
Ma oltre a riflettere sui risparmi possibili - varie le
proposte già fatte da più parti, tutte facilmente attuabili -, il problema per i nostri consiglieri è forse quello
proposto inizialmente: come non incappare nelle grinfie
della Corte dei Conti? Perchè è su questo versante che
si potrebbe rischiare di pagare il fio sebbene siamo convinti che la lunga, in alcuni casi lunghissima, militanza
politica dei nostri rappresentanti abbia già suggerito,
quanto meno, di “mettere a posto le carte”.
Bisogna che alzino il livello di guardia per difendersi da
eventuali improvvisi controlli per esempio da parte di
una Guardia di Finanza che in questo periodo, a Siracusa come nel resto d’Italia, sembra più che mai mossa
dal desiderio di debellare qualsiasi forma di illegalità
e sperpero di denaro pubblico. Il gettone di presenza,
perché tutto sia in regola, deve essere supportato da un
verbale che attesti la partecipazione del consigliere alle
varie commissioni; guai a basarsi solo su una semplice
attestazione rilasciata dai presidenti delle stesse, guai a
dimenticare qualche nominativo o passare il tempo esaminando questioni non attinenti le finalità pubbliche
dell’Ente. E attenti anche che, nella distrazione figlia
dell’assuefazione e della condivisione del peccato, non si
dimentichi di indicare con precisione l’orario di inizio e
termine dei lavori, o che ci si limiti, come pare sia “normale”, a una frettolosa firma per subito scomparire, o,
ancora peggio, che nella foga di una frenetica attività di
commissione in commissione per la raccolta punti, non
capiti di far risultare sovrapposizioni di orari spiegabili solo alla luce del dono, che riteniamo improbabile,
dell’ubiquità.
A essere inchiodati alle proprie responsabilità, per la
delicatezza delle funzioni esercitate, sarebbero in correità tanto il consigliere che il presidente della commissione che il dirigente preposto a disporre il pagamento,
obbligato a verificare la regolarità e veridicità degli atti,
a non farsi sfuggire, per superficialità o condiscendenza,
anomalie e coincidenze.
È la stessa legge invocata per poter usufruire tanto dei
gettoni di presenza che dei rimborsi per i datori di lavoro dei consiglieri, a imporre che tutti i documenti di riferimento per l’autorizzazione ai mandati di pagamento
siano ineccepibili: “presenti, completi e redatti con precisione” così da non incorrere nel reato di “colpa grave”
come già in più di un caso, in altri comuni, è accaduto.
Non c’è dubbio infatti che in casi del genere i rimborsi
non dovuti determinino un indiscutibile danno erariale
per l’indebito depauperamento delle casse comunali.
Sarebbe singolare se, che so, un provvido incendio estinguesse le tracce di un passato da dimenticare.
Tranne pochi giorni a Ferragosto, nelle carte risultano presenti anche nei periodi più afosi dell’estate
Tra gettoni di presenza in consiglio, nelle commissioni, rimborsi vari
ogni consigliere comunale percepisce più di cinquemila euro al mese
Sono impegnati, come oggi - ahimè – piace dire, h. 24.
A lavoro sempre. A settimana almeno cinque giorni su
sette, senza tregua, anche nel periodo delle vacanze natalizie o pasquali, e soprattutto a luglio e agosto. I consiglieri comunali di Siracusa sono dei veri stakanovisti
e non si consentono mai riposo. È tale il loro amore per
la città, tale la loro abnegazione per la comunità siracusana che hanno rinunciato, in massa, a tutte le ferie.
Dicono questo i tabulati delle loro spettanze dei due
mesi di solleone dell’anno 2011, e immaginiamo che sia
così sempre, e da sempre. Un’unica eccezione: quella di
Mimmo Richiusa che a luglio ed agosto ha partecipato
solo a un consiglio comunale al mese, così come per il
solo agosto ha fatto Italo Bufardeci. Un solo gettone di
presenza e niente di più ma si tratta di casi particolari
motivati probabilmente da un lavoro, una professione,
che assorbe totalmente, e che richiede poi adeguato ed
effettivo riposo, o da una scelta di vita ormai lontana
dai percorsi della politica.
Sono quindi tutti gli altri consiglieri a fare storia. Alcuni di loro danno prova di un’attività quasi frenetica:
anche fino a 46 – 47 presenze registrate in 31 giorni
che però, sottratti i week end e, per non esagerare, un
3 giorni a Ferragosto, si riducono su per giù a una ventina di giorni. Di qui la partecipazione non ai lavori di
una sola commissione ma anche di due o più nella stessa
giornata. Uno stress incredibile se si considera che le
sedi delle riunioni possono essere lontane le une dalle
altre e sotto i raggi infuocati deve essere davvero dura.
Da apprezzare tuttavia lo sforzo di non far risultare, ai
fini della retribuzione, solo le presenze numericamente
sufficienti a raggiungere la soglia massima consentita
di 1.694,05 euro netti al mese per la quale basterebbe
anche far registrare la propria presenza non più di 26
volte (e qualcuno che lo fa c’è).
Nell’agosto del 2011 la Commissione che ha lavorato
più a pieno ritmo è stata quella del bilancio e sviluppo,
almeno 19 incontri, ma la più partecipata è stata quella dei servizi pubblici e viabilità con non meno di 14
sedute e 166 presenze, per un costo pari a poco più di
10.800 euro (quella che ha lavorato di meno, patrimonio e contenzioso, 10 incontri, 89 presenze, è costata ai
contribuenti circa 5.800 euro; le altre 6, sulle 140 presenze, 9.177 euro). A occhio e croce ogni mese i lavori di
commissione assorbono una media di 80mila euro solo
di gettoni, all’anno si sfiora quindi un esborso complessivo pari a circa un milione.
Ma per non cadere in semplicistiche valutazioni sull’opportunità o meno di una spesa del genere, o sulla necessità che le commissioni siano in tal numero, sarebbe
necessario conoscere le ricadute di tale assiduo lavoro:
quali studi siano stati condotti, quali relazioni, quali
atti deliberativi o proposte. La stessa domanda che
occorrerebbe porsi per le sedute del consiglio: quante
le sedute andate a vuoto, quante le delibere esitate, così
come tante le possibilità di risparmio in un’eventuale
riprogrammazione e razionalizzazione delle spese:
commissioni solo dalle 17 in poi, il sabato pomerig-
gio per il consiglio comunale così da azzerare anche i
rimborsi per i giorni di assenza dal lavoro (e, dicono i
maligni, per contrastare il gioco di far mancare il numero legale), riunioni meno frequenti e più produttive
per evitare anche gli straordinari del personale ausiliario (ci si potrebbe riunire solo il martedì e il giovedì,
giorni di apertura anche pomeridiana degli uffici comunali) o per ridurre i costi delle utenze a cominciare da quella della luce, e via discorrendo. Tutto anche
senza voler dimezzare l’entità del gettone di presenza.
Ancora da calcolare poi, in questo gioco di caccia agli
sprechi della politica, altri eventuali impegni di spesa
quali convegni, corsi di formazione, trasferte, buoni
benzina, auspicando che nessuno dei nostri abbia trasferito, fittiziamente, la propria residenza alla casa al
mare per ricavare ancora nuovi utili dalla propria attività di rappresentanza.
Ma, come hanno evidenziato i grillini, non basta
neanche così. Rimane la querelle sui rimborsi che il
Comune deve ad aziende e società presso cui “lavorano” i consiglieri. Nessuno scandalo se a conquistare
l’ambito posto nel consesso cittadino sia qualcuno già
dipendente pubblico o privato (la regola è quella che
vale tanto quanto un distacco sindacale), nessuna levata di scudi ci dovrebbe essere neanche se ad assumere prima della fatidica data, e a prescindere da essa,
sia stato un parente o amico. Sarebbe davvero illogico
rinfacciare di nepotismo, quello tipico delle “famiglie
universitarie” o degli ospedali pubblici dove la meri-
tocrazia cede il passo all’appoggio politico, chi abbia
l’opportunità di usufruire di un vantaggio del genere,
a meno che non si voglia veramente fare della sciocca
utopia, così come troviamo poco giustificabile e condivisibile la richiesta di rinunciare al versamento dei
contributi previdenziali mettendosi in aspettativa.
Ciò che sicuramente non va sono le fittizie assunzioni in società compiacenti (spesso di mogli e parenti
o “semi pubbliche” come la Sogeas o l’Ias, o anche
create per l’occasione) e per giunta con mansioni dirigenziali per far lievitare i costi fino al massimo di retribuzione possibile. A Siracusa la cifra è di 3.764,56
euro al mese lordi, dal momento che il tetto previsto
dalla norma è pari ai 2/3 dell’indennità del primo
cittadino (somma che ovviamente va aggiunta a quella calcolata precedentemente di 1.694,05 netti e alla
quale è stato comunque posto un limite dopo qualche
anno dall’entrata in vigore della legge del 2000, per
porre argine a una deriva che a Siracusa ha visto consiglieri retribuiti addirittura fino a sei-settemila euro
al mese perché ricoprivano “posti di altissima responsabilità” nella società della moglie). Inutile dire che
la maggior parte dei consiglieri, essendo totalmente
assorbiti ogni giorno utile nei lavori di commissione
e di consiglio, sospende completamente la propria attività lavorativa privando così i datori di lavoro di un
essenziale e qualificato contributo. Anche in questo
caso però occorre stare attenti: la Guardia di Finanza
una sbirciatina tra le carte potrebbe andare a darla.
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Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Ci chiediamo, tra l’altro, cosa significhi la voce “quota utenza per unità immobiliare domestica x mese”
SAI8 e le tariffe del servizio idrico. Occhio all’andirivieni degli aumenti
L’ultima fatturazione il 24 febbraio, in pieno regime di commissario ATO e CdA
di CONCETTO ROSSITTO
La Civetta ha delle perplessità in merito all’andamento delle tariffe relative al servizio idrico. Come
si può osservare dalla tabella, c’è stato un primo
aumento nelle fatturazioni che portano la data del
27-08-2010. La fatturazione successiva (quella del
18-12-2010) è stata effettuata secondo la tariffe
anteriori a tale primo aumento. Una spiegazione
potrebbe essere quella di un necessario ritorno a tariffe anteriori ad un aumento forse non autorizzato,
ma in questo caso la società di gestione avrebbe dovuto successivamente detrarre quanto incassato per
una applicazione arbitraria di aumenti non ancora
autorizzati. Una spiegazione opposta (ingenua e
poco credibile) potrebbe essere quella di un ritorno
per mero errore alle tariffe anteriori a quelle maggiorate in seguito a regolare autorizzazione. Ma in
questo caso la società avrebbe poi ricalcolato le bollette e recuperato successivamente le somme dovute
dai cittadini e non conteggiate (erroneamente) nelle
bollette fatturate nel dicembre 2010. Mistero! Quale
possa essere la spiegazione giusta non lo sappiamo.
Più recentemente, a partire dalle fatture emesse
in data 25-11-2011, si registra un nuovo aumento,
applicato anche nell’ultima fatturazione del 24-022012. Ci chiediamo se gli aumenti delle tariffe siano
stati regolarmente autorizzati. Se in particolare sia
stato autorizzato l’ultimo, avvenuto durante il regime commissariale, e da chi.
Ci chiediamo se l’approvazione di un piano tariffario diverso da quello esistente rientri tra le competenze di un commissario che ci pare abbia i poteri
del CdA e anche le funzioni del Presidente dell’ATO
(e quindi anche la funzione di presiedere l’Assemblea
dei Sindaci) ma non di sostituirla. Ci chiediamo se
sia usuale e legittimo commissariare anche la maggioranza azionaria dell’ATO e vanificare, in tal
modo, l’organo di controllo e di indirizzo (l’Assemblea). Ci chiediamo cosa significhi la voce “quota
utenza per unità immobiliare domestica x mese”.
Se tale voce si riferisce al noleggio del contatore,
facciamo presente che moltissimi contatori sono in
realtà di proprietà dei cittadini. In tal caso sarebbe
un abuso pretendere la riscossione del noleggio del
contatore di proprietà del cittadino.
In una precedente edizione della Civetta abbiamo
segnalato il tentativo di SAI8 di far pagare, con minaccia di distacco preventivo dalla rete idrica, bollette emesse a fronte di consumi presunti per unità
immobiliari non utilizzate. Basterebbe una lettura
dei contatori per constatare che in realtà sono state
Data fattura
16/12/09
24/05/10
27/08/10
18/12/10
31/08/11
25/11/11
24/02/12
Tariffa 0-15 mc
0,291600
0,291600
0,306300
0,291600
0,306300
0,320500
0,320500
Tariffa 16-50 mc
0,466600
0,466600
0,490200
0,466600
0,490200
0,512700
0,512700
0,974200
0,974200
Tariffa 51-70 mc
Canone fognatura
0,111900
0,111900
0,117600
0,111900
0,117600
0,123000
0,123000
Canone depurazione
0,306300
0,306300
0,321800
0,306300
0,321800
0,336600
0,336600
Quota utenza
0,666236
0,666236
0,666236
0,666236
0,666236
0,666236
0,666236
già pagate quantità di acqua non consumate. Altri
cittadini ci segnalano il loro timore che anche la
mancata lettura dei contatori in varie case abitate
si traduca poi in conguagli pesanti, che il gestore
potrebbe fatturare secondo fasce di prezzo relative a
consumi eccedenti i 70 mc per persona e, per giunta,
con l’applicazione della tariffa aumentata. Questo
per il momento è solo un timore dei cittadini, lo ribadiamo, ma precisiamo sin d’ora che sarebbe giusto
spalmare i consumi, proporzionalmente, su tutto il
periodo successivo all’ultima lettura, applicando ad
essi, in sede di conguaglio, le tariffe dei vari periodi. Vedremo cosa succederà. Sulle questioni esposte
sopra non ci va di chiedere spiegazioni al gestore, in
quanto non ci fidiamo delle risposte di una società
che ci risulta inaffidabile in relazione all’inadempimento relativo alla clausola contrattuale di garanzia per cui s’è beccata la diffida di Bono. La questione della fidejussione è stata, per inciso, confermata
recentemente da un esponente della Procura in una
sua dichiarazione.
Ma anche in relazione alla nota vicenda della procedura di gara (illegittima per il CGA) potrebbero
emergere responsabilità non solo della parte appaltante: aspetteremo al riguardo tutti gli sviluppi
giudiziari della vicenda, in cui il CGA ha ravvisato
profili che potrebbero essere di competenza di altra magistratura (non amministrativa). Ci limitiamo a segnalare ai politici locali, ai Sindaci della
Provincia, alle Istituzioni ed alle autorità tutte
fatti che ci sembrano degni di esame e di opportuni
controlli. Aggiungiamo che, ai sensi del Decreto
del Presidente della Repubblica n. 116 del 18 luglio 2011, che ha recepito il risultato del secondo
referendum sull’acqua, le tariffe avrebbero dovuto
essere adeguate, al ribasso, attraverso lo scorporo
della remunerazione del capitale investito; remunerazione che, prima del referendum, era garantita per legge e compresa nella cosiddetta tariffa
normalizzata. Possibile che le tariffe applicate
nella nostra provincia non comprendessero tale
remunerazione? A chi spetta il compito di controllare? Riteniamo che l’obbligo di osservare e di fare
osservare le leggi sia di tutti. Ma soprattutto di chi
ha compiti e poteri istituzionali.
Ci sorprende che le tariffe riportate nelle fatture
emesse dopo il citato decreto del luglio 2011 non
rechino la riduzione in questione e che le ultime
presentino addirittura dei rincari, sui quali nutriamo fortissime perplessità. Se è questo il modo
in cui una classe politica, oggi giustamente nel
mirino dei cittadini, esegue i controlli sui gestori ai quali ha affidato (per altro, nel caso in ispecie, illegittimamente) un servizio di delicatezza
capitale, i cittadini abbiamo un altro misfatto di
cui dovremo farle pagare il fio, elettoralmente. E
adesso vedremo chi si darà da fare per accertare,
verificare, chiedere conto e ragione degli aumenti ed, eventualmente, imporre la restituzione di
somme ai cittadini. Non pensino i signori politici
di cavarsela con dichiarazioni di comodo ed approssimative. Dovranno dimostrare ai cittadini in
che modo abbiano affrontato le questioni di fondo (schierandosi al fianco dei sindaci resistenti ai
fini della risoluzione giudiziaria del contratto ) e
cosa abbiano fatto per tutelare concretamente gli
utenti del servizio idrico in tutti gli aspetti della
microconflittualità col gestore. Parlare in modo
generico per spacciarsi come difensori dei cittadini in questa vicenda è troppo comodo, ma per nulla
credibile! I cittadini vogliono vedere fatti concreti.
Il compito della stampa libera è quello di segnalare, nei modi dovuti, tutto ciò che merita attenzione; ad altri spetta il compito di verificare ed intervenire. E di produrre i risultati del ripristino della
legalità, qualora questa sia stata calpestata! A
questo riguardo, ricordiamo a tutti i nostri lettori
che, in seguito all’accertamento da parte del CGA
della illegittimità dell’affidamento del servizio
idrico a SAI8, siamo in attesa del responso della
Cassazione. Siamo certi che la vicenda giudiziaria
si concluderà, speriamo presto, con l’eliminazione del vulnus arrecato alla legalità. Chi pretende
che, in attesa del verdetto finale, i sindaci debbano
mettere la testa sotto la sabbia e consegnare, nelle
more che la giustizia faccia il suo corso, altri impianti ad una società già palesemente affidataria in
modo illegittimo del servizio idrico, secondo noi è
fuori strada. I politici che affermano questo rivelano chiaramente da che parte stanno. Ci sembra che
chi opera illegittimamente non possa pretendere di
imporre i suoi interessi sino a pronunciamento di
una sentenza che riconosca invalido un rapporto
posto in essere per una gara illegittima e di fatto
caducato per la inadempienza di una delle parti,
sin dal giugno 2008. Non si può ragionevolmente
pretendere che il contratto (posto in essere in conseguenza di una procedura illegittima), già non
rispettato da una parte, debba essere integralmente rispettato dall’altra, che lo impugna giudiziariamente! Altrimenti la lentezza del procedimento
giudiziario, accentuata da azioni strumentalmente
difensive, si tradurrebbe in un ulteriore vantaggio
del gestore e in un accrescimento del danno per i
cittadini.
SAI8 e i suoi due talloni di Achille. La posizione ambigua di Faraci
e quella limpida di Orazio Scalorino in ballottaggio a Floridia
Qualche candidato al ruolo di
sindaco, ignaro di molti aspetti della vicenda, ha promesso al
suo elettorato di interessarsi per
raccogliere il contenzioso tra cittadini e SAI8 al fine di pervenire alla risoluzione del contratto
per questa via. Alle calende greche! Gli consigliamo vivamente,
nell’improbabile caso di una sua
elezione, di prendere contatto
coi sindaci resistenti e di unirsi
alla loro iniziativa giudiziaria,
finalizzata alla risoluzione del
contratto. Orazio Scalorino ha
dichiarato che sarà questo il suo
primo atto da sindaco. Ci auguriamo che lo compiano tutti
i sindaci neoeletti. Illudersi che
gli interessi dei Comuni montani
non consegnatari siano diversi
da quelli del Comune di Floridia
e degli altri Comuni che hanno
consegnato gli impianti al gestore privato è un madornale errore
di valutazione. Si faccia valere
pure il contenzioso nelle sedi opportune, ma intanto non si trascuri di appoggiare, da subito,
l’iniziativa giudiziaria comune
già avviata contro SAI8. Voler
agire diversamente significa voler mascherare una condiscendenza verso il gestore privato,
inconfessabile ai cittadini.
Concetto Rossitto
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
“Ad Augusta 6.000 disoccupati e un tasso di disoccupazione tra i 18 ed i 35 anni pari al 40%”
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Lo Turco (Cgil): “Per pagare i dipendenti Crass da 11 mesi senza stipendio
il Comune spera negli incassi di Tarsu e Imu. Urge un piano di rientro”
di CARMELO DI MAURO
La crisi di liquidità di cui soffrono le pubbliche
amministrazioni italiane in questi ultimi mesi si è
mostrata in tutta la propria gravità, contribuendo ad alimentare una posizione debitoria che diventa sempre meno sopportabile. A farne le spese
sono certamente le aziende di piccole o medie dimensioni, i cui compensi vengono liquidati solo
dopo diversi mesi, se non anni, dalla conclusione
del proprio lavoro. Ma gli effetti di una gestione impropria delle finanze pubbliche gravano,
in maniera non meno intensa, anche sulle spalle
delle cooperative sociali che hanno spesso nella
pubblica amministrazione l’unico “cliente” cui
offrire i propri servizi.
È un problema diffuso, che attraversa l’Italia da
nord a sud, divenuto quasi cronico, che si ripercuote sulle cooperative sociali, sui lavoratori e
sulle loro famiglie, ma che rischia di intaccare
anche la quantità e la qualità dei servizi offerti, ricadendo così sulle fasce di popolazione più
deboli. Ne soffre l’intero terzo settore, chiamato
a colmare gli spazi lasciati colpevolmente vuoti
dalle amministrazioni pubbliche nella gestione
delle proprie attività sociali e nella lotta ad ogni
emarginazione, la cui attività non viene sempre
adeguatamente ricompensata.
Ad Augusta, da diversi mesi, la cooperativa
C.R.A.S.S., che si occupa di gestire per conto
del Comune i servizi di assistenza sociale, soffre
a causa di un grave ritardo nei pagamenti delle
proprie spettanze dovuto alle difficoltà finanziarie dell’ente. Questa situazione fa sì che decine di
lavoratori restino senza retribuzione da mesi e
che la cooperativa si ritrovi esposta nei confronti
di fornitori e fisco.
Le numerose e vibranti proteste, che hanno portato gli operatori della cooperativa a richiedere
l’intervento del Prefetto di Siracusa, non hanno
però prodotto i risultati sperati, come si evince
da un comunicato della CGIL emesso a seguito
dell’incontro avvenuto tra il Prefetto ed il Sindaco di Augusta, che così riassume il punto di vista
del sindacato: “A parte l’impegno di un mandato
cospicuo entro il mese di giugno, non si è potuto
concordare un piano di rientro che permettesse
alla cooperativa di gestire bene i prossimi mesi
e dare certezza ai lavoratori di uno stipendio regolare”. Concetti ribaditi anche da Carmelo Lo
Turco, segretario della locale Camera del lavoro,
che ha seguito da molto vicino la vicenda.
“Non possiamo essere soddisfatti – dichiara
Lo Turco – per un impegno verbale che non ha
nulla di concreto, i lavoratori al termine della
loro ultima assemblea sono rimasti molto delusi. L’amministrazione comunale spera di riuscire
a far fronte ai propri impegni grazie alle risorse
finanziarie derivanti dalla riscossione delle imposte locali quali TARSU e IMU, ma per il momento abbiamo visto solo manifestazioni di buona volontà e nulla di concreto. Quello che noi ci
auguriamo è che l’amministrazione possa presto
definire un piano di rientro in grado di garantire il pagamento delle undici mensilità arretrate e
programmare una giusta e regolare retribuzione
dei lavoratori, consentendo alla cooperativa di
avere le risorse necessarie a coprire i costi di gestione dell’attività, i contributi e le imposte”.
A proposito dell’eventualità che la situazione di
difficoltà della cooperativa possa incidere sulle
attività di assistenza, Lo Turco sottolinea che
“lo stato di agitazione della C.R.A.S.S. non ha
fino ad oggi provocato disagi o interruzioni dei
servizi, anzi la cooperativa ha sempre garantito
servizi di assistenza di qualità ed ha lavorato con
passione. I lavoratori sono quasi dei volontari e
svolgono un’attività preziosa, dimostrando grande rispetto per chi soffre o vive momenti di difficoltà. In tanti anni e malgrado altri momenti
difficili, mai sono stati sospesi i servizi, ma se si
prosegue così il rischio di sospensione è concreto. Per il momento, si rimane in attesa di vedere
se entro giugno il Comune potrà mantenere gli
impegni presi e poi decideremo quali ulteriori
iniziative intraprendere.”
Carmelo Lo Turco insieme ad alcuni lavoratori Crass in sciopero.
Ma quello della cooperativa CRASS non è l’unico
dossier scottante sul tavolo della sezione augustana della CGIL. Lo stato di agitazione ha investito, infatti, anche i dipendenti comunali che
soffrono l’ennesimo ritardato pagamento delle
proprie retribuzioni. “Si è tenuta nella giornata di mercoledì scorso l’assemblea dei lavoratori
del Comune – ci informa Lo Turco – che si ritroveranno presto in via Principe Umberto, proprio davanti al Palazzo di Città, per un sit in di
protesta. La loro intenzione, credo, sia quella di
richiedere un incontro con il Prefetto.”
Le difficoltà che vive il Comune nel retribuire con
puntualità i propri dipendenti ed i propri fornitori
di beni e servizi sono certo frutto di un problema
di gestione delle risorse finanziarie, ma sono anche
il sintomo della grave crisi economica che morde la
città. La crisi occupazionale, che spinge tantissimi
ad emigrare, viene raccontata da Lo Turco attra-
verso numeri sconcertanti.
“Ad Augusta ci sono circa 6.000 disoccupati ed
un tasso di disoccupazione per i lavoratori di età
compresa tra i 18 ed i 35 anni pari al 40% - precisa Lo Turco - poi bisogna anche tenere conto
dei tantissimi che non si iscrivono più all’ufficio
di collocamento e degli ultra cinquantenni che
difficilmente ritroveranno una nuova collocazione lavorativa. Solo sbloccando i lavori nella zona
industriale, nel porto ed avviando le bonifiche,
possiamo immaginare una ripresa della produzione e quindi dell’occupazione. L’amministrazione comunale di Augusta ha avviato due iniziative che ritengo molto valide, penso al progetto
per la zona artigianale di contrada Balate ed al
progetto di riqualificazione e recupero delle saline. Quello che conta, però, è che la burocrazia
agisca con celerità perché le risorse vengano utilizzate al meglio ed in tempi brevi.”
Riapre oggi pomeriggio a San Focà il campo sportivo
Cerimonia con Coni, Figc, Prestigiacomo e giunta
Si svolgerà oggi pomeriggio alle 16 la cerimonia di riapertura del
Campo Sportivo San Focà, a Priolo ore 16,00. Saranno presenti il
sindaco Antonello Rizza, una rappresentanza del consiglio comunale
e della giunta, l’ec ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacono,
il preidente povinciale del Coni, avv. Giuseppe Corso, e il delegato
provinciale della Figc Maurizio Rizza.
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Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
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La razionalizzazione varata dalla Provincia determinerà il prossimo anno un disastro organizzativo
Per piccoli interessi o incompetente arroganza, scuole di valore e prestigio
saranno gestite part time da dirigenti titolari altrove e Dgsa a mezzo servizio
di GIAMBATTISTA TOTIS
Se le società internazionali bocciano scuola e università e si procede indifferenti alle critiche, senza governare la scuola, come andremo a finire? Nelle scorse settimane, a Milano, è stato presentato un documento
in cui le società internazionali hanno criticato Il sistema formativo italiano che, a dispetto delle reiterate
riforme dell’ultimo decennio, continua a sfornare professionalità che non sono richieste dal mercato del
lavoro e che crea nuova disoccupazione, spesso di alto livello, lasciando scoperti i profili di
cui le aziende avrebbero bisogno. Nel criticare la scuola e l’università italiane è stato stimato che rispetto al numero di laureati che le società sono disposte ad assumere in Italia ci sono
40 mila laureati che non hanno mercato; ciò a fronte di 40 mila laureati che servirebbero e
che non ci sono.
Uno «strabismo», che ha radici lontane: mentre l’impresa raddoppia i tecnici (in 15 anni
siamo passati dal 12,9% al 22% sul totale degli occupati), al contrario, la scuola li dimezza
(nel 1990 gli istituti tecnici erano il 46,6% del totale, nel 2010 il 33,5% mentre i licei, che
nel 1990 erano il 31,3%, oggi sono il 41,5). Eppure la tendenza, in Europa, vede comunque
un aumento significativo dei lavori con qualifica medio alta e tecnica. Infatti da uno studio
emergono alcuni dati interessanti: se nel 1996 gli occupati con qualifica tecnica medio-alta
erano il 20,9%, si prevede che nel 2020 saranno il 31,4%, con una parallela diminuzione
delle qualifiche basse.
La competitività si difende in larga misura con la formazione, soprattutto quella tecnico-scientifica.
Certo le osservazioni dello studio presentato a Milano sono parametrate rispetto ai fabbisogni di colossi
internazionali, ma da altre indagini emergono analisi non troppo dissimili. Lo studio conferma che esistono al tempo stesso un surplus e un deficit di professionalità che si traduce in uno spreco di risorse e in
opportunità mancate.
L’orientamento professionale fatto a scuola, sia per quanto riguarda la scelta dell’università che della scuola
superiore, è assolutamente inadeguato e foriero di errori e rafforza percorsi di studio che produrranno
disoccupati. Ancora una volta si conferma un dato inequivocabile: la scelta orientata alle discipline tecniche e scientifiche rappresenta la parte preponderante di opportunità che assicurano sbocchi lavorativi
avvicinando meglio la domanda all’offerta di competenze richieste dal mercato. Altro elemento di criticità
è rappresentato dalla debole politica per l’avviamento al lavoro degli studenti sia della scuola secondaria
che universitari.
Tutti bravi a predicare che la ripresa economica passa attraverso una migliore qualità della scuola e della
conoscenza ma poco o nulla si fa concretamente in merito. Negli ultimi anni i tagli di risorse economiche ed
umane sono stati una costante, di contro è stato posto in essere il riordino dei cicli senza avviare politiche
di sostegno all’autonomia scolastica che garantiscano l’allineamento dell’attività delle scuole agli obiettivi
fissati dalla legge. Il risultato è: caos e approssimazione.
In moltissime scuole, infatti, pur con le nuove materie e i nuovi ordinamenti che comportano una diversa
didattica ed una progettazione educativa per competenze, si continuano a svolgere i vecchi programmi,
inconsapevoli che i programmi non esistono più da oltre un decennio e che gli obiettivi formativi vanno
ridefiniti nell’ambito della propria offerta formativa all’interno degli obiettivi nazionali.
Nei professionali assisteremo ad alcuni paradossi. Gli alunni che frequentano i primi anni sanno che il
loro percorso di studi durerà 5 anni? Mi chiedo quanti alunni e quante famiglie sappiano che i loro figli,
iscritti negli istituti professionali ad oggi, stante il mancato intervento della regione , non potranno avere
la qualifica a fine triennio.
D’altra parte il sistema scolastico nell’ultimo decennio è stato disarticolato ed abbandonato a se stesso, in
più gli EE.LL. (Regione, Provincie e Comuni) continuano a trattare la scuola come un fastidio, operando
con disinvoltura e superficialità, incapaci di comprendere che ormai la funzione educativa non è più delega
esclusiva dello Stato e che essi devono uscire dalla semplice amministrazione del settore ed avviarsi rapidamente al suo governo altrimenti intere popolazioni perderanno l’appuntamento con lo sviluppo e la
trasformazione della società imposta dalla globalizzazione dell’economia.
Cosa aspettarsi , con questo stato di fatto per il prossimo futuro?
La cultura, la scuola, la ricerca sembrano beni di lusso senza incidenza sullo sviluppo del
Paese che diviene giorno dopo giorno culturalmente più arretrato (preoccupante il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno) e marginale. La sensazione sempre più netta è che la
Cultura e la scuola siano considerate dai politici come un adempimento burocratico, come
è dimostrato, specie negli EE.LL. più vicini, dove, a livello organizzativo interno, i servizi
scolastici sono affidati a funzionari amministrativi lontani dalla cultura della scuola e spesso con altri incarichi in altri settori e dal ridotto peso politico attribuito agli assessorati
alla P.I. in genere affidati ad Amministratori incompetenti e superficiali.
Il danno che ciò comporta è reso più evidente, ad esempio, dalla razionalizzazione varata
dalla Provincia che, incurante dei suggerimenti, rincorrendo piccoli e miserabili interessi o,
peggio, manifestando incompetente arroganza, determinerà il prossimo anno un disastro
organizzativo: scuole di valore e prestigio saranno gestite a part time da Dirigenti titolari
altrove e da DGSA a mezzo servizio. Bastava non essere presuntuosi ed avere rispetto di ciò che era scritto
nella legge per limitare enormemente i danni.
Ma si sa, i politicanti sono alla ricerca di un titolone sulla stampa, spesso garantito da giornalisti compiacenti e privi di spirito critico, per vendere all’opinione pubblica come grande risultato quello che nei
fatti sarà una “Caporetto”; poi, molto tempo dopo, quando saranno evidenti gli effetti delle loro scelte, chi
ricorderà più? E i giornalisti “on demand” si guarderanno bene dal ricordare, in un’opera di disinformazione sistematica, di individuare i responsabili che sono qui a Siracusa e si scaricherà ogni responsabilità sul
Governo nazionale, che è lontano e non replicherà.
Bisogna riportare la cultura al centro dello sviluppo strategico del Paese, proporre soluzioni concrete per
ridare vigore agli investimenti ma anche un allarme che risuona in sottofondo: che la classe politica non
creda davvero alla cultura come opportunità.
L’idea che la cultura sia importante è presente nella valutazione comune, ma non passa l’idea che essa va
sostenuta come la principale risorsa del Paese. L’Italia è quella che è grazie alla cultura, ma in troppi sembrano non accorgersene. A questa scarsa consapevolezza si aggiungono i danni provocati dagli EE.LL.
quando tagliano le risorse spesso senza preavviso, come è successo lo scorso anno in Provincia mettendo in
crisi chi gestisce la scuola anche per assicurare il minimo di organizzazione.
Niente cultura, niente sviluppo: “Cultura” significa educazione, ricerca, conoscenza. Se vogliamo ritornare
a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un’idea di cultura sopra le macerie che somigliano a quelle
su cui è nato il risveglio dell’Italia nel dopoguerra, dobbiamo pensare a un’ottica in cui lo sviluppo passi
obbligatoriamente per la valorizzazione della scuola. Cultura e ricerca innescano l’innovazione, e creano
occupazione, producono progresso e sviluppo. Una cultura del merito deve attraversare tutte le fasi educative, formando i cittadini all’accettazione di regole per la valutazione di progetti di studio.
Spesso si dimentica che sono le infrastrutture culturali quelle presupposte da ogni processo di sviluppo
economico e civile. Non è solo l’economia in recessione, lo sono tutte le strutture scolastiche e culturali e
forse non è solo un casuale parallelismo.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha ancora di recente ricordato che «la grande e ineludibile sfida che abbiamo oggi davanti è vedere la politica in Italia sollevarsi dall’impoverimento culturale che ne ha segnato
la decadenza»: segno e causa di tale impoverimento è il disinteresse dei vari governi per i problemi della
scuola, della ricerca: la nostra recessione è anzitutto culturale.
Due risate in questo mondo di sacrifici
La bocca
della verità
Uno scienziato ha inventato un computer
in cui è racchiuso tutto il sapere del mondo;
allora chiama un suo amico per provarlo
e gli dice: “Fai una domanda qualsiasi
a questo computer e lui ti risponderà
correttamente.
L’amico un pò scettico fa la domanda:
“Dov`è adesso mio padre?”
E il computer: “Tuo padre è al cinema a
guardare un film.” “No, veramente mio
padre è morto da 9 anni...” E lo scienziato:
“Dai, prova a porgli la domanda in modo
diverso...” L’amico: “Va bene, dov`è adesso
il marito di mia madre?” “Il marito di tua
madre è morto da 9 anni. Ma tuo padre è al
cinema a guardare un film....”
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Culturale Minerva
Viale Teocrito, 71
96100 Siracusa
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Reg. Trib. di Siracusa
n° 1509 del 25/08/2009
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Canicattini Bagni (SR)
Telefax: 0931 946013
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
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Gli assessori chiedono ai cittadini collaborazione, firmano protocolli d’intesa e poi finisce lì...
9
Denunciato da Radio Archimede e dall’Associazione culturale Modem
lo scandalo dei parchi pubblici chiusi di Siracusa mentre il cemento cola
Siracusa, lo scandalo prosegue: i più bei parchi
di Siracusa, ettari di verde pubblico rimarrano
ancora chiusi, e sopra tutti quello denominato
Parco Archimede, il parco di Bosco Minniti, migliaia di metri quadrati di verde pubblico chiusi
dietro una lunghissima cancellata, in una città
depredata dai palazzinari cementificatori, che
hanno devastato e stanno devastando una città
classificata dall’Unesco “Patrimonio dell’umanità”.
Il Parco Archimede, luogo stupendo e inaccessibile, perchè sempre chiuso, è nel quartiere popolare dove i bambini avrebbero diritto a un parco
in cui giocare liberi, sulle altalene e le giostrine,
tra l’erba, scaldati dal sole abbracciati dalla primavera, ma il parco è chiuso.
Le giovani coppie avrebbero diritto di poter passeggiare sotto gli alberi tenendosi teneramente la
mano, ma il parco è chiuso! Chi ama la musica
avrebbe il diritto di ritrovarsi la sera nel piccolo
anfiteatro del parco ad ascoltare un buon concerto dal vivo, ma il parco è chiuso. Gli anziani
avrebbero il diritto di potersi godere il fresco
della natura, magari facendosi una partita a carte ma il parco è chiuso.
Anni di abbandono hanno lasciato i parchi preda di devastazioni, i giochi per i bimbi devastati,
le fontanelle divelte, il campo per la palla a volo
vandalizzato, il pallone tensostatico depredato
delle panche e della copertura, e il parco rimane
chiuso. E l’amministrazione comunale ha chiesto
alle associazioni di manifestare la propria disponibilità ad aprire, un protocollo d’intesa tra Comune ed associazioni, preparato da competenti
uffici, approvato dal consiglio comunale, firmato dalle associazioni, e poi stracciato da assessori
ciechi alle richieste dei quartieri, e il parco rimane chiuso.
Cambiano gli assessori competenti, quello alla
solidarietà sociale cambiato, quello al verde pubblico, ed altri ancora; tutti assieme, ormai da
dieci anni, ripetono le stesse cose: abbiamo grandi progetti, vogliamo la vostra collaborazione,
riprogettiamo i protocolli di intesa, la città è
incivile e non rispetta i beni pubblici, ci servono
fondi che non abbiamo per la messa in sicurezza,
vediamo approfondiamo, concertiamo... e il parco rimane chiuso!
La Bianca Concetto - Vice Sindaco, Assessore per
Infrastrutture, Manutenzione e reti di servizio,
Verde pubblico; Sorbello Salvo - Assessore Politiche Sociali, Famiglia; Basile Mauro Assessorato:
Polizia municipale; Caruso Gianluca - Assessore
Politiche scolastiche ed educative, Protezione civile e opere connesse. Tutti impossibitati a svolgere le loro funzioni: sono senza soldi. E il parco
rimane chiuso! Ed allora sommergono i cittadini
di in un fiume di parole: Siamo disponibili ma...
E il tempo passa invano! E il parco rimane chiuso.
Ma a Bosco Minniti in molti non aspettano più ed
hanno aperto i cancelli che impedivano l’accesso
al verde, hanno abbattuto il muro che impedi-
va il passaggio, hanno invaso il Parco di Bosco
Minniti, ed anche se ancora ci sono vandali che
distruggono gli arredi, se ci sono incivili che
buttano carte e lattine, i bimbi possono giocare
sulle altalene e gli abitanti del quartiere possono
andare a passeggiare.
Forse li chiameranno “fuorilegge”, forse li chiameranno “criminali”, forse li potranno denunciare, Spesso quello che è un diritto comune, l’avere
una città a misura d’uomo, a Siracusa è solo un
privilegio! Ma anche se richiuderanno ancora con
lucchetti e catene i cancelli del parco, ogni giorno
passerà qualcuno che spezzerà quelle catene, per
ridare il parco al quartiere, a tutta la città.
Promozione, valorizzazione ed insegnamento di storia, letteratura e patrimonio linguistico siciliano
Da giugno i Consigli di Istituto delle scuole statali e paritarie della Sicilia
potranno deliberare per il prossimo anno l’adesione alla rete L. 9/2011
Nel mese di giugno di ogni anno, con inizio dal
giugno 2012, i Consigli d’istituto delle istituzioni scolastiche statali e paritarie della Regione
possono deliberare, nel contesto degli indirizzi
generali da trasmettere ai Collegi dei docenti
per l’elaborazione del P.O.F. per l’anno scolastico
successivo, l’adesione alla rete di scuole istituita
dalla Regione “per la promozione, valorizzazione ed insegnamento della storia, della letteratura
e del patrimonio linguistico siciliano”. La rete di
scuole sarà destinataria delle misure relative ai
Programmi Operativi Regionali e delle risorse
previste dalla legislazione ordinaria regionale
per l’educazione permanente degli adulti.
I collegi dei docenti, nel mese di settembre
dell’anno scolastico successivo, nell’ambito della
redazione e approvazione del P.O.F., definiranno
i seguenti moduli didattici con i relativi piani di
lavoro annuali, e le unità di apprendimento:
a) per le I classi della scuola primaria: i giochi
dell’infanzia tipici della tradizione siciliana le
nenie, le filastrocche e i canti.
b) per le II classi della scuola primaria: Le tradizioni popolari con riferimento al culto dei morti
e alla fiaba siciliana (dalla fiaba di magia alle
storie di Giufà).
c) per le III classi della scuola primaria: l’opera
dei Pupi e “I Cuntastorie”.
d) per le IV classi della scuola primaria: elementi
della cultura etnografica siciliane con particolare riferimento alla cultura materiale e museale.
e) per le V classi della scuola primaria: Elementi
di grammatica, lessicali e fonetici della lingua
siciliana.
f) per le I classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal periodo Ellenistico Romano alla dominazione araba.
g) per le II classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal periodo Normanno
alla dominazione Aragonese.
h) per le III classi della scuola secondaria di I grado: La storia siciliana dal Regno delle due Sicilie
all’Unità d’Italia, con particolare riferimento
all’impresa dei Mille.
i) per le prime classi della scuola secondaria di
secondo grado: La storia siciliana dalla prima
guerra mondiale alla nascita dell’autonomia siciliana. Lo Statuto della Regione siciliana.
l) per le II classi della scuola secondaria di II grado: La storia della lotta alla mafia dalle società
segrete dell’800 ai nostri giorni.
m) per le III classi della scuola secondaria di II
grado: La letteratura siciliana dalla Scuola poetica siciliana con Jacopo da Lentini (prima poesia in volgare in Italia e momento altissimo della
corte di Federico II) a Giovanni Meli.
n) per le IV classi della scuola secondaria di II grado:
La letteratura siciliana da Luigi Capuana a Nino
Martoglio, da Giovanni Verga a Luigi Pirandello.
o) per le V classi della scuola secondaria di II
grado: La letteratura siciliana da Salvatore Quasimodo a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da Leonardo Sciascia a Vincenzo Consolo.
Roberto Tripodi
PER L’ATENEO IN RETE OCCORRONO AIUTI
“Con i consistenti tagli alle sovvenzioni statali
e regionali è sempre più difficile far quadrare i conti”
“A questo punto dobbiamo difendere con i denti
il poco che ci rimane, la facoltà di Architettura”
Il futuro dell’Università a Siracusa Salvo Baio: “Provincia disimpegnata,
legato alla Struttura didattica speciale dal 2014 non vi saranno più fondi”
Dopo la comica del Quarto Polo, su Architettura resistere, resistere, resistere “Ci sono troppi costi e senza proposte innovative non si va da nessuna parte”
di MONICA LANAIA
Esiste ancora, concretamente, la possibilità che
Siracusa rimanga sede di corsi universitari e parte della vita culturale siciliana? Il destino della
facoltà di architettura sembra, in realtà, nebuloso e la situazione, fra proposte, smentite, grandi
annunci e meste ritirate, sarebbe comica, se non
fosse tragica.
Facciamo un passo indietro, tornando a due anni
fa, febbraio 2010: l’ateneo di Catania ormai ai
ferri corti con l’amministrazione siracusana, tredici milioni il debito accumulato dalla Provincia, sette corsi di laurea e tre master sfumati nel
nulla, a Siracusa resta un unico corso di laurea in
architettura.
Poi, la speranza. L’ateneo di Catania ci tratta da
sede secondaria e decentrata? E noi, alleandoci
con Ragusa e – forse – Enna, creiamo un quarto
polo. Il 2012 era l’anno indicato dal sindaco Visentin per la nascita del quarto ateneo pubblico
siciliano. Magnificato da (quasi) tutti, avrebbe
dovuto costituire una rivincita dopo la bagarre
con Catania, uno slancio per la città, una soluzione definitiva a tutti i problemi. Anche il rettore
Recca, nell’aprile 2010, aveva affermato: “Siamo
fieri di aver contribuito alla prossima nascita del
quarto polo universitario che prenderà avvio dal
2011-2012 e che comprenderà anche le sedi di Siracusa e Ragusa, e probabilmente anche Enna”.
I problemi che La Civetta, in un’intervista al
presidente del Consorzio Archimede, Salvo Baio,
aveva evidenziato (che ci mettiamo dentro a questo Quarto Polo? Quali facoltà? In quali locali lo
installiamo? Siamo davvero sicuri che studenti e
docenti non privilegino, comunque, una città che
dà un’offerta formativa maggiore, come Catania?) non hanno avuto modo di essere affrontati.
Quasi subito, infatti, vi è stato un brusco ritorno
alla realtà: l’opposizione dell’università Kore di
Enna – che il suo bacino di utenza l’aveva già e
non aveva interesse a spartire i contributi pubblici con altre due città – e il problema economico,
nonostante gli enti locali di Siracusa e Ragusa si
fossero impegnati a sostenere il Quarto Polo fino
al 2019, prima che subentrasse il Ministero. Così
si è tornati al punto di partenza, con tanti corsi
di laurea in meno e tanti interrogativi in più.
Ora la situazione sembra essere a un punto di
svolta dato che, a marzo, è stata presentata l’ex
facoltà di architettura di Siracusa, o meglio la
nuova Struttura didattica speciale di architettura con sede a Siracusa. L’articolo 23 dello Statuto
dell’ateneo catanese prevede appunto che: “Per la
realizzazione di attività didattiche (…) l’Università può istituire, anche a seguito di convenzioni
o mediante consorzi con enti pubblici o privati,
apposite strutture didattiche, nel rispetto della
normativa vigente. (…). Alle Strutture didattiche
speciali può essere riconosciuta autonomia didattica, nonché autonomia finanziaria, nel rispetto
di quanto stabilito dal regolamento per l’amministrazione, la contabilità e la finanza, e autonomia gestionale, nei limiti del budget assegnato
annualmente dal Consiglio di amministrazione”.
E’ stata inoltre firmata, da Recca e dalle Province di Siracusa e Ragusa, una lettera da inviare
al Ministro per l’Istruzione, per chiedere che vi
sia un incontro per concordare un eventuale supporto statale, in modo da garantire la continuità
dell’offerta formativa universitaria di architettura e lingue straniere, a Siracusa e Ragusa. Il
presidente della Provincia Nicola Bono è apparso
ottimista, dichiarando che la creazione di questa
struttura didattica speciale smentisce le buie profezie sulla fine imminente dell’offerta accademica
della nostra città; i debiti sono stati saldati e tutto il 2012 risulta già finanziato. Sì, ma poi? Con
i consistenti tagli alle sovvenzioni statali e regionali è sempre più difficile far quadrare i conti e –
sia Bono che Recca l’hanno affermato chiaramente – non è detto che il futuro sia roseo. Per questo
motivo è stato necessario chiedere un sussidio
al Ministero: se si vuole realizzare quell’Ateneo
a rete di cui parla Recca, con dei corsi di studio
smistati fra le tre città, è necessario un aiuto da
parte del Governo.
Dunque, si attende la risposta del ministro Profumo; Recca, nel frattempo, ha dichiarato che la
volontà dell’ateneo catanese è di mantenere le sedi
decentrate di Siracusa e Ragusa, come attesta anche la creazione delle strutture didattiche speciali
nello Statuto.
Resta un unico piccolo problema (oltre a quello enorme: arriveranno i finanziamenti dal
MIUR?): lo Statuto dell’ateneo catanese è stato
impugnato davanti al Tar di Catania dallo stesso Ministero che ne aveva, addirittura, richiesto
la sospensione, rilevando la sua illegittimità in
quanto creava un’architettura istituzionale oltre
i limiti della legge 240/2010 (la legge Gelmini
in materia di riorganizzazione delle università).
Ora, il Tar ha rigettato il ricorso del MIUR per
“insussistenza di significativi profili di fondatezza”. Ma la storia non finisce qui: il Tar deve ancora valutare nel merito l’impugnativa.
di MONICA LANAIA
I nostri intervistati sono d’accordo: Siracusa deve guardare
al mare. No, non nel senso che di
fronte alla penosa situazione di
stallo, le resta solo da buttarsi a
mare. Il futuro, invece, potrebbe
essere l’utenza del bacino mediterraneo. Per la serie: chissà che
studenti e docenti stranieri non
apprezzino la nostra città e i suoi
beni culturali. E, inoltre, un appello unanime: architettura, almeno quella, resti a Siracusa.
Il dott. Salvo Baio, ex presidente del Consorzio Archimede,
dichiara: “Il quarto polo è stata una patacca propugnata dal
centrodestra, un’avventura senza possibili sbocchi. Diciamolo
chiaro: purtroppo non ci sono
i presupposti per creare un’università autonoma con sedi a
Ragusa e Siracusa. D’altronde,
ritengo che non ci sia bisogno
di polverizzare le università, secondo la logica per cui ad ogni
campanile debba corrispondere
un ateneo; la logica dell’università sotto casa è sbagliata e
porta solo al degrado. Siracusa
dovrebbe restare un polo decentrato dell’ateneo catanese, anche
se, ovviamente, servono scelte
mirate in proposito. Per esempio, le facoltà di architettura
e di beni culturali potrebbero
costituire un importante polo
di riferimento culturale, ma
non solo per gli studenti di Siracusa: dovremmo diventare il
fulcro del bacino del Mediterraneo per quanto riguarda il
restauro dei beni culturali. La
struttura didattica dovrebbe
fare in modo di creare nuove
figure professionali capaci di
intervenire nel vasto campo dei
beni culturali, a partire dall’aspetto della tecnologia del loro
restauro per finire all’aspetto
della loro sponsorizzazione e
divulgazione. Non sono delle
idee così assurde: per quello
che la nostra città rappresenta
storicamente e culturalmente si
merita di essere questo, doveva
essere questo.
“A questo punto dobbiamo fare
una sola cosa: difendere con i
denti quel poco che ci rimane,
difendere la facoltà di architettura. D’altronde – prosegue
Baio – la colpa di tutta questa
situazione non è né del Consor-
zio né dell’ateneo: il fatto è che
una sede universitaria decentrata comporta dei costi e dei
problemi. È indispensabile fare
delle proposte innovative, altrimenti non si va da nessuna parte. E allora tutto si può fare, il
problema è: chi lo fa? Con quali
risorse? Non siamo in una fase
di crescita, non prendiamoci
in giro. La nostra Provincia si
è disimpegnata ufficialmente:
dal 2014 non vi saranno più
fondi e, a quel punto, il nostro
destino dipenderà solo dalle
scelte di Catania. Cosa accadrà
dopo il 2014? Abbiamo solo un
grande punto interrogativo sul
futuro, ma una cosa è certa:
dobbiamo difendere quel poco
che ci è rimasto, quell’unico
corso di architettura. Inoltre,
l’obiettivo della crescita universitaria deve inserirsi in un
progetto di sviluppo della città.
Tuttavia, è inutile alimentare
false speranze: sull’incisività
della nostra politica ho fortissime riserve, non per pregiudizio, ma per esperienza. Quindi,
meglio ridimensionare i nostri
sogni di gloria”.
STATALI MA IL MINISTRO PROFUMO TACE
“L’intera strategia è da ripensare, necessarie scelte politiche per una prospettiva a lungo termine”
Adorno: “Se non si riuscisse a mantenere Architettura meglio investire
in una scuola di dottorato: costi modici e attrarrebbe finanziamenti”
di MONICA LANAIA
Salvo Adorno, professore associato di Storia contemporanea presso la facoltà di lettere e filosofia
dell’università di Catania, spiega: “Quello dell’università a Siracusa è un tema politico nelle mani
di Comune e Provincia: se e come si farà qualcosa è
tutto da vedere, le modalità, però, dovranno essere
pensate e valutate attentamente. Questa che stiamo
attraversando è una fase di grandi trasformazioni
e mantenere una sede universitaria a Siracusa sarebbe una scelta strategica e riqualificante per il
nostro territorio. Ma c’è bisogno di impegni politici: adesso la questione è affidata alla volontà
dei ceti dirigenti. Come, soprattutto da un punto
di vista finanziario, si dovrà risolvere il problema
sarà rimesso a un tavolo di trattative con l’ateneo
catanese.
“Il fatto che già siano saltati alcuni corsi di laurea – prosegue Adorno - è stato un punto negativo
per la città, anche se si deve ammettere che viviamo un periodo difficile, i tagli fatti dal Ministe-
ro dell’istruzione sono stati feroci; inoltre gestire
economicamente una sede decentrata non è affatto
facile, ci vuole una forte volontà politica di investire in quest’ambito. E ora l’intera strategia è da
ripensare, è necessaria una prospettiva a lungo termine, non si possono fare delle scelte da mettere,
sul momento, come fiore all’occhiello. Se non fosse
possibile, in fin dei conti, mantenere la facoltà di
architettura a Siracusa, io investirei, per esempio,
in una scuola di dottorato: avrebbe costi modici,
esalterebbe la specificità del territorio, metterebbe
in evidenza il nostro patrimonio culturale in una
prospettiva non solo siracusana, ma globale; una
scuola del genere attrarrebbe finanziamenti, prestigiosi docenti, studenti stranieri. A patto, però,
che diventi una scuola dottorale molto radicata nel
territorio e che crei un forte punto di pressione
culturale. Ovviamente, inutile specificarlo, la scelta primaria, trovando le risorse, è sempre quella:
la facoltà di architettura deve restare a Siracusa”.
“In questi anni si è molto indebolito” ma intanto, nel sito, annuncia master dai nomi altisonanti
“Il Consorzio Archimede non ha più motivo di esistere, è un costoso doppione”
“Ha una funzione di promozione più che di partnership con l’ateneo di Catania”
Restano due ultime criticità. La prima è relativa al destino del Consorzio Archimede, costituito nel 2005; i
soci sono il Comune e la Provincia, oltre alla Camera
di commercio e alla Confindustria siracusane. Che futuro avrà? Servirà a promuovere le attività della nuova
Struttura didattica speciale (ex facoltà di architettura)?
Servirà a sostenere le voci di chi, come il capogruppo
provinciale del PD Carmelo Spataro, ritiene che l’accordo con Recca abbia rappresentato il “funerale di
una realtà universitaria”? Fra l’altro, il ruolo del Consorzio è stato messo in discussione anche dal Preside di
architettura, il prof. Carlo Truppi, che ha dichiarato
che il salvataggio della facoltà non è da attribuire al
Consorzio Archimede: “architettura si è salvata da
sola”, grazie all’accordo di Recca, Bono e Visentin.
Baio, in merito, commenta: “Il Consorzio non ha
più motivo di esistere; era stato creato con l’obiettivo di fare crescere l’offerta universitaria siracusana:
a questo punto non solo il suo compito non ha alcun
senso, ma anzi costituisce un’inutile duplicazioni di
funzioni amministrative e comporta ulteriori spese.
Oramai deve essere soppresso: non può più svolgere
il suo ruolo di assecondare la crescita e lo sviluppo
dell’università siracusana, siamo in una logica di rescissione, in una fase solo difensiva”.
Però il sito internet del Consorzio sponsorizza l’organizzazione di master, dai nomi altisonanti: “tutela,
valorizzazione e promozione dei beni culturali e paesaggistici”, “promozione e divulgazione della cultura
classica”, “fruizione sostenibile dei beni culturali”,
master internazionale in “economics and administration of cultural heritage”. “Peccato” – precisa Baio
– “che questi master non siano ancora stati avviati e
non so se mai lo saranno a questo punto. E, comunque, contavano solo una ventina di iscritti: che senso
ha sopprimere corsi di laurea che raccoglievano centinaia di studenti per accontentarci di master con un
bacino di utenza limitato?”.
Anche Adorno è dello stesso parere: “Il Consorzio
svolge una funzione di promozione più che di partnership con l’ateneo di Catania. Per quanto riguarda
il suo destino, però, credo abbia un ruolo limitato; si
è molto indebolito, in questi anni, svolgendo sempre
più solo un ruolo di promozione, senza andare oltre”.
M.L.
Boom nel Paese, negli ultimi anni il numero degli iscritti ai corsi di laurea via web aumentato del 900%
“Questa della teleuniversità una cosa fuori dal mondo, specie per Architettura”
“Mai sentito prima, ma non ho molta fiducia nelle università telematiche”
La seconda criticità da risolvere riguarda una “voce”,
non si sa quanto veritiera, ma certamente plausibile
alla luce dell’attuazione della riforma Gelmini, secondo la quale un possibile futuro per la facoltà – ora
struttura speciale – di architettura sarebbe quello di
trasformarsi in un’università telematica.
Le famigerate università telematiche, quelle che, in teoria, dovrebbero favorire studenti fuori sede e studenti
lavoratori; quelle che, in pratica, diventano una scorciatoia verso la laurea. Negli ultimi anni il numero
degli iscritti alle università telematiche è aumentato
del 900%, soprattutto si tratta di studenti di anni successivi al primo. Negli atenei telematici, d’altronde, ci
si può avvalere di convenzioni tra università e ordini
professionali, enti e organizzazioni sindacali per evitare di dare alcuni esami, in base alla logica di premiare
l’esperienza. Non del tutto sbagliata come logica, per
un’università che dovrebbe accogliere studenti-lavoratori; però, la stessa ministra Gelmini aveva notato la
presenza di“criticità molto rilevanti” in questo sistema.
Tuttavia la sua riforma ha in qualche modo premiato questi nuovi atenei, permettendo loro di accedere
agli stessi fondi destinati agli istituti non statali o di
trasformarsi in normali università per svolgere sia la
didattica tradizionale che quella a distanza (si chiama
didattica blended, questa didattica mista).
D’altronde che l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nutrisse delle simpatie per i campus telematici
– o meglio per le “ragazze laureate con il massimo dei
voti e non somiglianti a Rosy Bindi” – non è un mistero. Ironia a parte, queste università telematiche continuano a suscitare molte perplessità. E se Siracusa ne
fosse una prossima sede?
“Mi sembra che questa storia della teleuniversità sia
una cosa fuori dal mondo” – commenta Salvo Baio
– “Una facoltà come architettura presuppone un rapporto diretto degli studenti con i docenti, anche perché
le lezioni non sono solo teoriche e un rapporto tramite
lo schermo non sarebbe sufficiente per quelle attività
come la composizione o il disegno. Io, in linea di principio, non sono favorevole alle università telematiche
per nessun tipo di facoltà: l’università è un luogo che
gli studenti devono frequentare, nel quale devono avere
dei contatti umani con i docenti, con i propri colleghi,
è un’esperienza relazionale, di socializzazione, di vita;
insomma, ritengo che le lezioni debbano svolgersi nelle
aule e queste proposte di interazione virtuale sono lontane dal mio modo di vedere l’università.” – e prosegue
– “Forse, per via telematica potrebbero realizzarsi degli approfondimenti delle materie, delle ulteriori lezioni per un arricchimento culturale personale”.
Salvo Adorno, invece, spiega: “Non ho informazioni in proposito e non so valutare l’attendibilità della
notizia, è la prima volta che la sento. D’altronde non
mi stupisce: l’ateneo catanese sta razionalizzando
la struttura didattica e questa potrebbe essere una
scelta. Tuttavia il mio auspicio è che la facoltà di architettura rimanga a Siracusa con una sede stabile:
a dire la verità non ho molta fiducia nelle università
telematiche e credo che sarebbe una scelta poco utile per il territorio. Invece, preferirei che venissero
localizzati a Siracusa dei corsi universitari ridotti,
come dottorati o specializzazioni, punti di interesse che portino nella città intellettuali e ricercatori.
Ovviamente, questa opzione sarebbe un ripiego: la
prima scelta, potendo, sarebbe che la facoltà di architettura rimanesse dov’è”.
Monica Lanaia
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In Sicilia si fa ancora distinzione tra il sociale (gestito dal Comune) e il sanitario (ASP)
Tomasello (Cgil): “La 328 non ha mai integrato gli enti competenti
e anzi i sindaci ne hanno usato le risorse dove c’era assenza di fondi”
di STEFANIA FESTA
Aggiornare la legislazione regionale in materia di
servizi sociali e socio-sanitari e rendere più efficace
l’integrazione socio-sanitaria: questi gli obiettivi
del disegno di legge 895 presentato all’Ars dall’on.
le Roberto De Benedictis, estensore e primo firmatario, insieme ad altri deputati del Pd. Il disegno di
legge risponde alle esigenze di aggiornamento del
sistema assistenziale regionale anche alla luce delle
linee di indirizzo del sistema integrato sociosanitario approvate lo scorso gennaio con deliberazione
della giunta regionale n.12, dove si evidenzia la necessità di ottimizzare le risorse disponibili e di una
pianificazione integrata per far fronte al ridimensionamento del fondo nazionale per la non autosufficienza previsto dalla legge finanziaria 220/2010.
Nelle linee di indirizzo, tra l’altro, si richiede “un
nuovo impianto normativo in grado di risolvere e
superare le enormi criticità generate dall’attuale dicotomia dei due sistemi, sociale e sanitario.”
La regione Sicilia, infatti, non solo non ha mai recepito formalmente la legge nazionale 328 del 2000,
ma è anche una delle poche regioni in Italia che ancora adotta una distinzione fra sociale e sanitario. E
sono questi i due elementi fondamentali che hanno
generato tutte le criticità e, per alcuni versi, il fallimento della 328, non essendo stato raggiunto l’obiettivo prefissato dell’integrazione socio-sanitaria.
“Il sociale – ci spiega Enzo Tomasello, responsabile
terzo settore FP CGIL di Siracusa – è gestito dai
comuni, mentre il sanitario è gestito dalle ASP. Il
punto cruciale che si intendeva raggiungere con la
328 era l’integrazione sociosanitaria, ma all’interno
dei piani di zona non si è mai riusciti ad integrare
i vari enti. Due anni fa, per la modulazione della
triennalità della 328, avevo inserito un progetto
pilota per l’integrazione che non è mai riuscito a decollare perché l’ASP accusava il comune di non voler
aderire e viceversa, ma aderire significa mettere a
disposizione le risorse e il personale, e tutti sono in
deficit. Allora cosa succede, ad esempio, con l’assistenza domiciliare integrata? Che il paziente anziano che ha bisogno di un’assistenza socio-sanitaria si
ritrova una volta la settimana una signora che fa le
pulizie e lo accudisce. Poi, dopo aver fatto richiesta,
viene visitato da un’equipe di medici per verificare se
è necessaria l’assistenza sanitaria, dopodiché viene
inviato un infermiere sporadicamente. Stando così
le cose, quindi, è meglio per l’anziano ricorrere al
ricovero ospedaliero per farsi curare piuttosto che
stare a casa per morire!”
Ma il vero punto critico della 328, secondo Enzo
Tomasello, è il comitato dei sindaci. Procedendo
con ordine, la 328 nasce con un piano di zona gestito da un gruppo piano. Di quest’ultimo fanno
parte i rappresentanti di tutti i comuni partecipanti al distretto sociosanitario, le associazioni
dei pazienti, dei familiari, dei disabili, le cooperative, CGIL, CSIL, UIL, rappresentanti dell’ASP, la
prefettura, il ministro di grazia e giustizia e l’Inps.
Il gruppo piano si riunisce per valutare il piano
triennale della 328, quindi le varie azioni rispondenti alle linee di indirizzo della regione siciliana. Dopo aver effettuato questo lavoro, il gruppo
piano ha l’obbligo di ascoltare la popolazione. Si
reca quindi nei vari comuni del distretto per incontrarsi con le associazioni e i cittadini e capire
quali sono i bisogni di quel dato territorio all’interno delle aree tematiche della 328. Sulla scorta
delle informazioni ottenute e tenendo presente le
linee guida della regione, il gruppo piano stila i
vari progetti e li presenta al comitato dei sindaci,
che ha il compito di deliberare. “Al comitato dei
sindaci – commenta Tomasello – arriva una bella
torta che si chiama milioni di euro, e ogni sindaco se ne taglia una fetta e decide di sfruttarli per
quello che gli serve, ad esempio per l’assistenza alle
persone indigenti, senza tener conto assolutamente
di quelli che sono i bisogni dei cittadini e del lavoro svolto dal gruppo piano. Su questo argomento
noi abbiamo fatto numerose denunce, come quella
sul telesoccorso che costa tantissimo e non serve a
niente, o sul fatto che alcuni assistenti sociali vengano presi con la 328 per sopperire alla mancanza
di fondi ordinari. I finanziamenti della 328 sono
ad integrazione, non devono sostituire le azioni
che rientrano nel bilancio ordinario.”
Gli obiettivi del ddl 895 sui servizi sociali e socio-sanitari, primo firmatario Roberto De Benedictis
“Abbiamo voluto semplificare e rendere maggiormente certo l’intero iter
che porta dalla programmazione degli interventi alla loro attuazione”
All’on. Roberto De Benedictis, componente all’ARS
della VI Commissione legislativa “Servizi sanitari e
sociali”, estensore e primo firmatario del disegno di
legge, chiediamo subito:
come nasce questa proposta, e perché?
“Non è un’iniziativa isolata né personale, me ne
sono occupato per conto del PD siciliano. Con il
segretario regionale del mio partito, l’on. Lupo,
avevamo condiviso la necessità di studiare questa
materia, che in Sicilia interessa la vita di migliaia di
famiglie e di operatori, verificando la possibilità di
pervenire a un suo riordino attraverso un’eventuale
proposta di legge. Anche per questo mi sono stati
d’aiuto alcuni esperti e mi sono confrontato con
molti amici che conoscono il tema, soprattutto qui
nella mia provincia, che proprio in questo settore
annovera personalità e risorse umane di primo piano, ricevendone osservazioni e critiche di cui credo
d’aver fatto
tesoro”.
Perché la scelta di questo tema?
“Perché è storicamente al centro dell’interesse di un
partito come il nostro e, come ho detto, ha un grande
peso nella vita di migliaia di famiglie siciliane e migliaia di operatori in tutta l’isola, che vi lavorano in condizioni il più delle volte incerte se non frustranti. Uno dei
paradossi del sistema attuale è infatti che si riesce a non
spendere tutte le risorse disponibili, rilevanti anche se
insufficienti, a fronte di un bisogno assistenziale enorme. Da qui discende uno dei primi obiettivi del disegno
di legge, quello di semplificare e rendere maggiormente
certo l’intero iter che porta dalla programmazione degli interventi fino alla loro attuazione”.
C’è un tema particolare che il disegno di legge affronta?
“Quello di conciliare due visioni e due mondi, quello dell’assistenza sociale e quello dell’assistenza sanitaria, nell’ottica di un unico approccio integrato
che guardi alla persona nella sua interezza ed al bisogno di cui è portatore nella sua complessità. Invece i maggiori problemi oggi derivano, a mio avviso,
dalla separazione sia culturale che istituzionale di
competenze e responsabilità in questi ambiti, a cominciare proprio dalla Regione, dove ad occuparsi
della materia sono due assessorati diversi, quello
alla salute e quello alla famiglia.
“Per questo avevamo inizialmente immaginato che
l’intera materia fosse affidata ad un unico assessorato, generando però una comprensibile preoccupazione in molti operatori del campo sociale che
temevano che il più forte sistema sanitario – che
poca attenzione a queste problematiche ha sempre
mostrato e verso cui quindi era naturale la diffidenza – fagocitasse il sistema dell’assistenza sociale,
riducendone ancora di più i margini. Ho ritenuto
che fosse una critica fondata e la soluzione finale
che il ddl propone è più equilibrata, limitandosi ad
aggiungere all’assessorato alla salute solo le competenze in materia sociosanitaria, mantenendo tutte le
altre in capo all’assessorato alla famiglia”.
Che speranze ha questa proposta di diventare legge, considerato il paventato scioglimento anticipato dell’ARS?
“Stando così le cose, nessuna. Ma non si perde nulla del lavoro fatto perché nella prossima legislatura
potrà essere immediatamente ripresentato. Il fatto
che sia firmato da tutti gli attuali deputati del PD
rende più naturale questa continuità. E credo che
si può anche non perdere il tempo, nel senso che un
disegno di legge è giusto che sia discusso prima che
venga presentato, come è stato in questo caso, ma
soprattutto dopo, con gli operatori, le famiglie e
tutti i soggetti interessati, prima che venga esaminato nelle commissioni legislative ed in aula. Solo
così, sottoponendolo ancora a critiche e verifiche, si
può renderlo aderente allo scopo per cui è concepito
e alle esigenze dei suoi destinatari. Questo è il lavoro
che adesso si sta facendo e che in ogni caso era giusto
fare, ed è lo scopo del convegno che si terrà il prossimo 16 giugno, proprio a Siracusa”.
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I distretti che riescono a spendere di più e meglio avranno un premio nel finanziamento successivo
Riccardo Gionfriddo: “Un coordinamento integrato socio-sanitario
evita che ciò che prima s’incentrava sui Comuni lo sia ora sull’Asp
di STEFANIA FESTA
Sul fatto che il mancato recepimento formale da
parte della regione siciliana della legge nazionale
328/2000 e la dicotomia esistente nella nostra regione fra sociale e sanitario siano le cause principali
delle criticità e del ‘disordine’ nell’applicazione della 328 è concorde anche il dott. Riccardo Gionfriddo, collaboratore del gruppo di lavoro nella stesura
del documento, con cui abbiamo ‘letto’ il disegno di
legge n.895.
Il primo punto, e cioè la separazione esistente fra
sociale e sanitario, nel disegno di legge in esame
all’Ars dovrebbe essere superato dall’istituzione di
un nuovo assessorato regionale, quello della salute
e dei servizi socio-sanitari in sostituzione delle rubriche “Assessorato regionale della famiglia, delle
politiche sociali e del lavoro” e “Assessorato regionale della salute”. “Questo è l’elemento più innovativo – ci spiega il dott. Gionfriddo – perché cambia
completamente l’organizzazione e il regolamento
di tutta la macchina amministrativa regionale. Si
tratta dell’istituzionalizzazione dell’integrazione
sociosanitaria.”
Allo stato attuale, infatti, i fondi della 328 sono distribuiti dall’assessorato alla famiglia, mentre parte
di essi sono destinati anche agli aspetti sanitari: il
meccanismo si inceppa e l’idea dell’integrazione
non funziona più nel momento in cui ognuno, ‘ovviamente’, cerca di tirare acqua al proprio mulino.
L’istituzione di un’unica rubrica, invece, oltre ad integrare i due settori, comporterebbe anche una riorganizzazione interna del funzionamento dei servizi
della 328, altro elemento innovativo. Al momento,
la gestione dei gruppi piano è prevalentemente
comunale, con una presenza marginale dell’ASP,
mentre il coordinamento di tutte le politiche nella
provincia è affidato alla provincia regionale attraverso un coordinamento regionale che però, a quanto sembra, non ha mai funzionato per mancanza
di strumenti organizzativi e perché alle provincie
regionali non arriva nessuna risorsa economica e finanziaria. Questa lacuna dovrebbe essere sopperita
con l’istituzione di un osservatorio provinciale delle
politiche integrate sociali e sociosanitarie diretto
da un coordinatore sociale che può far riferimento
o ai comuni o alle ASP e che ha il compito di coordinare tutti i servizi che vengono realizzati all’interno del distretto. Il coordinatore può avvalersi
della collaborazione di operatori, anche in questo
caso dei comuni o dell’ASP, esperti nei vari settori
di competenza.
Le aziende sanitarie provinciali, quindi, cambierebbero denominazione per diventare aziende socio-sanitarie provinciali, così come cambierebbero denominazione i piani di zona diventando piani integrati
socio-sanitari distrettuali. “Ci sarebbe il rischio –
commenta il dott. Gionfriddo – di invertire le parti,
nel senso che tutto quello che prima era incentrato
sui comuni, con questo disegno di legge passerebbe
ad essere incentrato sulle ASP. Però questo pericolo
dovrebbe essere limitato proprio dall’istituzione del
coordinamento integrato socio-sanitario.”
Le innovazioni riguardano anche la distribuzione delle risorse: il disegno di legge introduce delle
premialità, vale a dire che quei distretti che riescono
a spendere di più e meglio avranno un premio nel
finanziamento successivo che sarà invece tolto a quei
distretti che non sono riusciti sfruttare a pieno le
risorse. Ad oggi, infatti, nei quattro distretti si è
riusciti a spendere quasi il 50% delle risorse, ad eccezione del distretto con capofila il comune di Noto
che è riuscito a sfruttare il 75% dei fondi stanziati.
Il problema non è legato alla mancanza di progetti, ma all’incapacità di mettere in moto quei meccanismi burocratici validi ed efficaci per spendere
le risorse: le gare non vengono bandite in tempo,
le modalità dell’assegnazione dei servizi non sono
chiare e questo porta ad una valanga di ricorsi, sen-
za considerare la ‘famigerata’ conferenza dei sindaci
che non si riunisce con la dovuta regolarità e difficilmente riesce a trovare un accordo, e quando ciò
accade stravolge completamente il lavoro presentato
dal gruppo piano. Il disegno di legge, invece, afferma che la proposta del gruppo piano è vincolante rispetto ai progetti dei tavoli tematici. La conferenza
dei sindaci potrà ovviamente intervenire ma senza
stravolgere i progetti, abolirne o farne passare altri.
A livello regionale è prevista, oltre all’istituzione di
un unico assessorato che assorba le competenze delle
altre due rubriche, anche l’istituzione di un sistema
di monitoraggio e valutazione degli interventi (SIRIS) per valutare il lavoro dei distretti e stabilire
le premialità a livello regionale. Attualmente c’è un
gruppo di lavoro all’assessorato alla famiglia che si
limita ad assegnare le risorse e ‘valutare’ i progetti
attuati, ma non c’è nessun monitoraggio e nessuna
pubblicazione sul sito della regione, cosa che dovrebbe diventare obbligatoria nel caso in cui il disegno di legge venisse approvato.
Un altro elemento importante introdotto nel disegno di legge è una maggiore precisazione di quelli
che devono essere considerati i beneficiari dell’integrazione socio-sanitaria. “Ad oggi – afferma Riccardo Gionfriddo – molti fondi e molti progetti non
vengono destinati a soggetti che hanno bisogno di
assistenza sociosanitaria secondo lo spirito della
328, ma a soggetti in condizione di povertà o di disoccupazione e di bisogno materiale. A queste persone, che sicuramente vivono situazioni di disagio,
dovrebbe pensarci il comune con altri fondi e altri
interventi, invece sono stati realizzati dei progetti di
cosiddetta inclusione sociale che non hanno niente a
che vedere con l’assistenza sociosanitaria.” I soggetti svantaggiati beneficiari di assistenza sociosanitaria dovrebbero essere, per esempio, ex tossicodipendenti, soggetti con disabilità mentale o fisica, che
hanno bisogno di un’integrazione socio-lavorativa.
La scelta di offrire determinati servizi piuttosto che
altri è a volte determinata da una sorta di conflitto
di interessi, se così lo si può chiamare, nella composizione del gruppo piano tra chi gestisce i servizi e
chi li progetta, dal momento che del gruppo piano
fanno parte anche i rappresentanti delle associazioni e delle cooperative sociali e del terzo settore che, a
volte, gestiscono direttamente i servizi.
“È importante che chi usufruisce dei servizi – continua il dott. Gionfriddo – partecipi alla progettazione, ma spesso c’è il rischio che i servizi vengano poi
gestiti da chi li progetta. È necessario quindi, come
viene proposto in questo disegno di legge, introdurre un meccanismo onesto e trasparente con un
sistema di valutazione scientifico e serio, con degli
indicatori chiari. Io faccio parte del gruppo piano
di Augusta e Noto, e già stiamo cercando di istituire una griglia di valutazione con degli indicatori e
degli obiettivi verificabili. Questo serve per verificare se i servizi sono utili all’utenza o meno, come ad
esempio i servizi di animazione rivolti ai bambini. I
bambini con disagio difficilmente accedono a questi servizi, passano un po’ di tempo ma potrebbero
farlo in altre realtà. Il disagio minorile e giovanile è
una cosa complessa. Magari vengono destinati fondi per gestire questi luoghi di aggregazione sociale
mentre ci sono disabili che avrebbero bisogno di assistenza domiciliare e rimangono a casa senza che ci
sia nessuno che li vada a trovare.”
Il disegno di legge, quindi, dà maggiore priorità
agli ambiti sanitari ad alta valenza sociale, nello
spirito appunto dell’integrazione socio-sanitaria.
Un ulteriore elemento innovativo è la scheda di soddisfazione del cliente, il cosiddetto customer satisfaction, ormai presente in tutti i settori, soprattutto in sanità, per avere una valutazione diretta della
qualità dei servizi direttamente da chi ne usufruisce
e non da enti terzi.
Il Comune ha ottenuto un finanziamento di 500 mila euro, unico nella zona, con il PON legalità
Verrà realizzata in project financing la piscina comunale di Rosolini
Nuova struttura sportiva dopo l’annuncio di un altro Palasport
Tra circa un mese potrebbe essere dato il via ufficiale alla
pubblicazione del bando relativo alla realizzazione della
piscina comunale. E’ questo l’esito di un incontro congiunto tra il Vice Sindaco Corrado Roccasalvo e i Responsabili
dei Servizi Finanziari Carmelo Lorefice e dei Lavori Pubblici Corrado Mingo. Un altro tassello importante dunque che porterà la Città a dotarsi di una nuova struttura
sportiva, dopo la già annunciata costruzione di un nuovo
Palasport denominato “23 maggio 1992”da costruire in
contrada Masicugno con un finanziamento già ottenuto
dall’Ente, unico in tutto il circondario, di circa 500 mila
euro nell’ambito del PON legalità.
La realizzazione della piscina comunale non comporterà
alcun impegno finanziario per l’Ente che avrà solamente
l’onere di mettere a disposizione un’area di propria pertinenza, mentre il resto sarà eseguito con capitali esclusivamente privati, in project financing.
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Il tragitto quotidiano tra gli scali da realizzare con i tipici “gozzi” e utilizzando rigorosamente i remi
Rilancio Borgata, opportuno che i barcaioli si riuniscano in un Consorzio
per un servizio regolare sul tragitto Sbarcadero - Riva delle Poste - Marina
di *PAOLO PASSANISI
Da un sondaggio da me effettuato presso gli abitanti
del Quartiere Santa Lucia, ritengo sia importante che
la nostra città, grazie alla sua ottima posizione sul
mare, sfrutti appieno le potenziali vie di collegamento
marittime che offrono ed hanno offerto in passato ai
suoi abitanti una valida alternativa all’uso troppo frequente e caotico delle automobili e quindi usare il mare
come via utile agli spostamenti di breve percorso.
La città di Siracusa possiede due porti (a nord e a sud)
quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della stessa.
Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all’altra estremità. Sono considerati tra i più antichi scali marittimi del Mediterraneo e
furono ben presto sfruttati dai Corinzi dopo la fondazione di Siracusa nel 734 a.C. Con lo sviluppo della città il porto assunse una crescente importanza commerciale e militare. Il Porto Piccolo era detto Lakkios o
porto marmoreo, così chiamato per la presenza di banchine di marmo. Nel Porto Grande si svolse la grande
battaglia contro Atene nel 413 a.C. Con la conquista
romana della città anche il porto iniziò il suo lungo declino, per poi riprendere una certa importanza, data la
sua valenza commerciale e militare, durante il periodo
bizantino. Negli ultimi tempi si è ridotto sempre più
ad uno scalo secondario e continua a rimanere nel suo
complesso una potenzialità inespressa.
Attualmente il Porto Grande di Siracusa, perla del turismo nautico, come sappiamo tutti, è al centro di un
progetto di ammodernamento presentato il 21 ottobre 2007, denominato “Marina di Archimede”, opera
dell’impresa “Acqua Marcia” dei fratelli Francesco e
Gaetano Caltagirone, per essere convertito in porto
crocieristico. Sarà inoltre attrezzato con impianti all’avanguardia utili alla nautica: allacci per acqua, luce,
distributore di carburante, officina meccanica, assistenza tecnica di qualunque genere, scarichi delle pompe di sentina, boe, paracolpi, ecc. e di circa 600 posti
barca. Il Porto Grande di Siracusa sarà uno dei bacini
più importanti del Meridione e soprattutto fungerà da
impulso per lo sviluppo sostenibile del settore turistico
con un occhio di riguardo alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio ambientale di Siracusa.
Purtroppo al momento i lavori sono fermi a causa della ormai nota vicenda riguardante la costruzione dei
cassoni, i quali dovevano essere calati a mare per prolungare la banchina (di 300 metri circa) che porta al
Molo Sant’Antonio, dove sono stati già avviati i lavori,
utilizzando cemento depotenziato. Dai successivi controlli di questi cassoni però si è giunti alla conclusione
che il quantitativo di cemento usato non solo non è inferiore a quanto richiesto dal contratto di capitolato
ma anzi è superiore e quindi i cassoni risultano essere
conformi. Mi chiedo allora, come se lo chiederanno
molti siracusani, quando riprenderanno i lavori di
completamento del porto turistico di Siracusa “Marina di Archimede” che doveva essere pronto entro il
2010? L’uso del mare come via utile agli spostamenti di
breve percorso sarebbe un’alternativa da non sottovalutare in quanto permetterebbe di: ridurre notevolmente
il problema dell’inquinamento atmosferico dovuto al
numero sempre più eccessivo di automobili ed autobus;
ridurre il problema inerente al numero sempre più esiguo di parcheggi e rendere nel contempo il traffico viario, sempre più spesso causa di stress per la collettività,
molto più fluente.
Negli anni ’50 e ’60 i siracusani usavano il “percorso
storico” che collegava la Borgata all’isola di Ortigia e
viceversa. A quel tempo tutti quelli che abitavano oltre
“i ponti“ non venivano considerati cittadini siracusani: erano con un certo distacco chiamati “burgarioti”,
cioè gente del borgo, della borgata, “sottosiracusani”
insomma. Mentre quelli che abitavano un po’ più sopra
dell’ormai ex “ponti ‘i ferru”, in viale Luigi Cadorna,
erano con maggior distacco chiamati “chiddi d’‘u vadduni” che bisognava attraversare camminando sopra
un tavolone da ponte, perché lì c’era ancora un piccolo
torrente che scendeva dalla zona ancora più alta, da
“Testa o Re”, e da viale Tica che allora altro non era che
un viottolo di campagna.
La città dunque era solamente il vecchio e glorioso Quartiere di Ortigia, “‘u scogghiu”, oggi detto
centro storico, allora legato alla terraferma dal solo
Ponte Umbertino e non come adesso che ce ne sono
tre. I burgarioti, però, avevano un grosso vantaggio,
anzi due: quello che, se gli ortigiani volevano andare
allo stadio, alla Basilica di Santa Lucia o salire fino ai
Cappuccini, dovevano necessariamente passare dalla
Borgata. E alla Borgata allora ci si andava o a piedi
o in barca, a bordo del tipico “gozzo siracusano”, una
piccola imbarcazione peschereccia a remi, di cui oggi
sono rimasti davvero pochi esemplari. Nella costruzione di questa imbarcazione, l’operazione più importante
e particolare, compiuta dai Calafatari, era quella di
introdurre un trefolo di canapa nella fessura tra una
tavola e l’altra per impedire all’acqua di penetrare.
I Calafatari di Siracusa, nell’ultimo secolo e mezzo, appartenevano a tre sole famiglie: Aliffi, Galiffi e Nizza.
Il mestiere veniva tramandato da padre in figlio con
un lunghissimo apprendistato. Erano artigiani molto
abili tanto che diverse volte si sono trasferiti in altri
cantieri per aiutare i costruttori locali nella costruzione di grossi bastimenti. La traversata in barca, che accomunava giovani e anziani, costava all’inizio cinque
lire, poi dieci, si consumava all’incirca in quindici o
venti minuti, ed era qualcosa di veramente suggestivo,
in quanto sembrava di stare nientepopodimenochè a
Venezia.
Gli anziani di allora ricordano che la domenica, quando di solito dovevano andare allo stadio, consumavano
un pranzo veloce e anticipato per poi correre verso l’imbarcadero del “fosso” all’assalto delle barche che portavano verso la Borgata. Qualcuno starà sicuramente
pensando all’ipotesi che a piedi, tagliando dai “Marinaretti”, si poteva benissimo raggiungere, facendo anche prima, lo stadio. Sì è vero, ma quel tratto effettuato
in barca, con i soliti discorsi improvvisati da “bar dello
sport”, era un rito a cui i siracusani non potevano rinunciare. Questo servizio era molto utile per i cittadini
in quanto permetteva loro di spostarsi quotidianamente per fare la spesa, andare al cinema, recarsi al lavoro
e, per chi lo desiderava, fare visita ad amici e parenti.
Passato lo Sbarcadero, avevano inizio la strada che
attraversava il passaggio a livello e portava al centro
della Borgata e quella che fiancheggiava la ferrovia.
Questa ancora oggi è chiamata via Arsenale, sebbene
a questo nome corrisponde invece la strada che dal Circolo Juvenilia porta allo Sbarcadero, mentre quella che
viene appresso, cioè quella che i siracusani chiamano
ancora oggi via Arsenale e porta fino ai Cappuccini,
si chiama esattamente Riviera Dionisio il Grande che,
compresa spiaggia sabbiosa e scogliera, costituiva veramente la riva balneare dei burgarioti.
Adesso dove c’è la sabbia è spuntato, da diversi anni ormai, un solarium, mentre c’è (anzi c’era, è rimasto solo
il palo) tanto di cartello che ne vieta la balneazione. Mi
sembra poi che, a poca distanza da questo solarium, ci
sia un pontile che si nota benissimo da tutte le parti di
Siracusa e non solo dalla Riviera, il quale porta in buo-
na parte la fognatura della Borgata e la scarica a mare
dopo averne depurato il contenuto più a monte.
Qualcuno di voi, sottoscritto in testa, avrebbe il coraggio di fare il bagno in quel tratto di mare fognario?
Penso proprio di no. Eppure c’è chi ha interesse a farlo
fare, sfruttando in maniera impropria quel pezzo di
spiaggia che è un bene appartenente a tutti i siracusani
(oltre ad essere demanio della Capitaneria di Porto).
Dalle testimonianze da me raccolte, praticamente le
banchine di Riva delle Poste, dove ormeggiavano le
barche, allora pullulavano di gente che usufruiva del
suddetto servizio tanto che Siracusa fu perfino ribattezzata “la piccola Venezia del Sud”. Ci rendiamo conto
che tutto questo ai giorni nostri è totalmente scomparso?
Come sono cambiate le abitudini dei siracusani nell’arco degli ultimi cinquant’anni! Capisco e condivido perfettamente il progresso e l’evoluzione tecnologica che
apportano sempre delle migliorie al tenore di vita, ma
ritengo sia anche opportuno, al fine di evitare i sopraccitati problemi, e allo stesso tempo rivalutare la Borgata, zona ricca di antiche tradizioni, cultura, folklore,
arte e religiosità, rinverdire quelle vecchie abitudini
che, a mio modesto parere, rimarranno sempre nei
cuori dei siracusani.
Da molto tempo i nostri amministratori ribadiscono
che la loro intenzione è quella di dedicarsi alla riqualificazione della Borgata. Ma quanto tempo dovremmo
pazientare ancora per rivedere questo glorioso quartiere siracusano vivere una seconda vita? L’isolotto
di Ortigia, negli ultimi anni ha ripreso ad animarsi
in seguito al sempre maggiore flusso turistico ed agli
investimenti, sostenuti dalle passate Amministrazioni
Comunali, tesi a riqualificare ed abbellire il centro storico. Purtroppo finora non è stato così, o lo è stato in
parte, per la Borgata. A tutt’oggi l’unica miglioria apportata è la costruzione della nuova arteria stradale, sul
vecchio tracciato ferroviario, che ha cambiato l’assetto
del traffico cittadino, in quanto permette di raggiungere con maggiore semplicità il Quartiere Santa Lucia.
Il ritorno del quadro del Caravaggio (“Il Seppellimento di Santa Lucia”, la prima suggestiva opera siciliana
realizzata da Michelangelo Merisi detto appunto “il
Caravaggio” ad olio su tela, 408 x 300 cm, nel giro di
pochi mesi durante il suo breve soggiorno a Siracusa
nell’autunno del 1608, raffigurante Santa Lucia morta
decapitata col Vescovo che la benedice e due becchini
che scavano la fossa con la pala per seppellirla) nella sua
sede originaria (la Basilica di Santa Lucia) e l’apertura
al pubblico delle Catacombe di Santa Lucia (visite limitate, per le difficili condizioni statiche del complesso
ipogeo, unicamente alla sola regione A che, per le caratteristiche strutturali delle gallerie alte e strette e dei
loculi impilati alle pareti, si configura indubbiamente
come un prodotto dell’eta’ precostantiniana), quelle di
Vigna Cassia (l’area funeraria visitabile è costituita da
un cimitero di comunità e da cinque ipogei di diritto
privato, ascrivibili cronologicamente ai secoli III, IV e
V) e il luogo dove venne martirizzata Santa Lucia, potrebbero essere di sicuro un pretesto per organizzare al
meglio i flussi turistici alla Borgata.
Le guide turistiche non si devono limitare soltanto
alle visite classiche, ma giungere anche, e non solo in
occasione della festa patronale, nell’ampia Piazza Santa Lucia. In questo modo le varie attività commerciali
potrebbero trovare nuova linfa vitale. Propongo quindi che sia instaurato nuovamente questo servizio barca
storico, il quale attualmente è svolto sporadicamente e
su iniziativa spontanea da quegli stessi pescatori che,
di notte, al largo, ardiscono sacrificanti battute di pesca, e di giorno per sbarcare il lunario si improvvisano
“guide turistiche”.
Senza voler coprire di biasimo questi pescatori, ai
quali, anzi va tutto il mio elogio per lo sforzo profuso, sarebbe meglio se tale importante e attraente servizio si “istituzionalizzasse”, perché in questo modo
non si fa altro che offrire un servizio qualitativamente
molto scadente rispetto alle risorse di cui Siracusa dispone.
Per quanto detto precedentemente, molto importanti risultano essere gli scali. Oltre all’antico percorso
storico, quello che va dallo Sbarcadero Santa Lucia a
Riva delle Poste e viceversa, propongo, sempre che le
condizioni del Ponte Umbertino lo permettano, l’ampliamento del servizio fino al Molo Zanagora (Marina) e viceversa.
Ritengo inoltre che l’Amministrazione Comunale
debba farsi carico degli oneri iniziali riguardanti
l’instaurazione del suddetto servizio, al fine di rivalutare, soprattutto, la figura storica del barcaiolo
e nel contempo creare nuove opportunità di lavoro.
Secondo me, sarebbe opportuno che i barcaioli si
associassero tra di loro, formando un “Consorzio di
Barcaioli Professionisti Siracusani” e presentassero
all’Amministrazione Comunale un piano di attuazione programmatico per l’instaurazione di tale servizio ancor più qualificato ed in grado di soddisfare
le più svariate esigenze. Il sottoscritto, nell’agosto di
tre anni fa, ha già inoltrato questo piano al Sindaco
Roberto Visentin, ma penso che il mio lavoro non sia
stato nemmeno preso in considerazione e sia finito,
come al solito, nel dimenticatoio.
In questo piano avevo previsto che: si dovevano individuare i barcaioli (almeno 5) con i relativi “gozzi”, disposti ad effettuare ancora tale servizio e formare un
Consorzio di Barcaioli Professionisti Siracusani, in
quanto tale servizio non può essere dato a privati; stabilire il tragitto che dovrà essere il seguente: partenza
dallo Sbarcadero Santa Lucia con scalo a Riva delle
Poste, e viceversa, con la possibilità, eventualmente
che ci siano le condizioni, di poterlo poi allargare
fino al Molo Zanagora (Marina); stabilire il costo del
biglietto (all’incirca stimato equamente nella cifra di
1 euro a persona) che assieme ad una sovvenzione (da
definire) messa a disposizione dall’Amministrazione
Comunale costituirà il guadagno dei barcaioli; stabilire il numero delle attraversate da effettuare in
un giorno (max 15 per ogni imbarcazione); stabilire
la modalità in cui il servizio dovrà essere effettuato, utilizzando cioè i remi e non i motori a scoppio,
poichè l’obiettivo primario della rievocazione di tale
servizio è quello di rispolverare le “vecchie tradizioni
siracusane di un tempo” e ridurre così soprattutto il
problema dell’inquinamento atmosferico; stabilire il
periodo ideale per poter effettuare tale servizio che
dovrà essere quello compreso da Maggio a Settembre
(6 mesi); stabilire il numero dei passeggeri che può
trasportare ogni imbarcazione (max 12 persone);
l’installazione delle biglietterie agli scali; stabilire
l’orario del servizio (inizio alle ore 08:30 del mattino
fino alle 19:30 della sera, suddiviso in due turni lavorativi da 5 ore l’uno) ed infine prevedere un accurato
servizio di vigilanza privata (da affidare ad un Istituto di Vigilanza) che effettuerà passaggi saltuari di
controllo durante le ore notturne, al fine di tutelare
le tipiche imbarcazioni ormeggiate in tutta l’area del
Porto Piccolo di Siracusa.
*Vice Presidente della Circoscrizione Santa Lucia
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Grande successo della terza edizione della festa dell’aria al parco Hangar di Augusta
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Ilario Saccomanno: “L’anno scorso ci vietarono il volo del dirigibile
e quest’anno persino l’esposizione statica della mongolfiera. Un abuso”
di CARMELO DI MAURO
Come accade ogni anno i veri protagonisti della
“festa dell’aria” sono i colori. Quelli degli aquiloni che si librano leggeri in volo, quelli dei modellini di aereo o di elicottero con il loro inconfondibile ronzio, quelli di un parco che si mostra
sempre più bello.
Anche in questa terza edizione, la festa dell’aria,
che si tiene presso il parco dell’Hangar per dirigibili ad Augusta, è stata un successo assoluto
con migliaia di visitatori ed un programma fitto
di eventi di grande interesse. La manifestazione è stata organizzata dall’associazione Hangar
Team di Augusta, alla cui caparbietà si deve la
sopravvivenza di questo splendido angolo del territorio megarese. Un luogo che fino a non molti
anni fa rischiava il completo oblio, abbandonato
dalle istituzioni e quasi dimenticato dalla città,
lasciato in preda ai vandali ed agli inevitabili effetti del tempo e che oggi è diventato un punto
di riferimento imprescindibile per cittadini ed
associazioni.
“Ormai la festa dell’aria è un momento molto atteso in città – assicura il professor Ilario Saccomanno, presidente dell’Hangar Team – ed è sempre un grande successo. Questa terza edizione è
stata dedicata soprattutto alla promozione delle
associazioni di volontariato e dei gruppi attivi
nel territorio e nel sociale. In questo senso si legge anche la nostra collaborazione con il C.S.V.E.,
Centro Servizi per il Volontariato Etneo, che ha
collaborato alla realizzazione dell’evento con il
finanziamento di alcune nostre iniziative. Li abbiamo incontrati nel corso dell’iniziativa “Siti da
salvare, storie da raccontare”, che ha coinvolto
decine di associazioni, alla quale abbiamo partecipato presentando ed illustrando il sito del
parco dell’Hangar.”
Come giudica l’affluenza a questa terza edizione della manifestazione?
“Anche quest’anno l’aff luenza alla festa dell’aria
è stata ottima, come testimonia il grande successo del torneo di “park volley” che si è tenuto in
questi due giorni ed ha visto impegnati oltre settanta giovanissimi atleti provenienti da tutta la
provincia. Un’altra iniziativa molto apprezzata e
rivolta i più piccoli è stato lo spettacolo “fiabe
tra gli alberi” messo in scena da due attrici del
Piccolo Teatro di Catania.”
In molti si aspettavano, così come previsto dal
programma, la possibilità di poter effettuare
un breve volo su una mongolfiera; come mai
questa opportunità è venuta meno?
“Il volo frenato della mongolfiera non era solo previsto dal programma, avevamo anche l’autorizzazione della commissione per i pubblici spettacoli.
Purtroppo non è stato possibile effettuarlo poiché
l’autorità di pubblica sicurezza non ha concesso la
propria autorizzazione, interpretando, a nostro
parere, in maniera non corretta la normativa vigente in materia di volo frenato. A seguito di questo diniego, l’Hangar Team ha deciso di rinunciare
al volo frenato e di limitarsi all’esposizione statica
della mongolfiera entro un’area transennata, delimitata secondo le indicazioni della commissione
per i pubblici spettacoli. Ma anche questa soluzione di buon senso è stata rifiutata dalla Polizia, a
causa della presunta mancanza di autorizzazioni a
nostro parere non necessarie. Un abuso che ci sembra evidente. È il secondo anno che si verifica una
situazione simile, durante la scorsa edizione infatti
ci è stato impedito di far volare, dopo decenni, un
dirigibile all’interno del parco. Comunque, mongolfiera a parte, la gente aspettava con ansia la
festa, per poter tornare a riappropriarsi del parco
dell’hangar.”
Archiviata la festa dell’aria, quanto è intensa
l’attività del parco durante il resto dell’anno?
“Durante l’anno, anche al di fuori di questi eventi,
il parco è sempre molto frequentato da cittadini,
scuole o gruppi organizzati che partecipano alle
nostre visite guidate. La struttura, poi, è spesso
oggetto di studi da parte di importanti istituti
internazionali. L’Hangar Team lavora ininterrottamente per recuperare in pieno uno spazio che per
anni è stato abbandonato e che per la città è una
fondamentale area cuscinetto tra la zona industrializzata e quella urbanizzata. Per le nostre attività
future, sarebbe anche molto utile la collaborazione
di cittadini, ragazzi e studenti che volessero dare
il proprio contributo al lavoro dell’associazione.”
Cancellato il servizio mensa in tutte le elementari e medie della città, genitori costretti al fai da te
L’istituto Chindemi di via Basilicata formazione di frontiera a Siracusa
Primo premio alla coerenza inconcludente del sistema Scuola-Comune
di CICCIO MAGNANO
Una scuola vera. A differenza delle indegne sedi
scolastiche in cui tanti nostri alunni sono costretti, abbiamo a Siracusa una scuola veramente degna di questo nome: la scuola S. Chindemi, sita in
via Basilicata.
Progettata con i caratteri di vivibilità di una
scuola, da qualche anno ospita, quale istituto
comprensivo, sezioni di materna, elementare e
media. Ampi locali accolgono scolaresche con
una media di circa 24 per classe. Avendo tuttavia subito gli accorpamenti dettati dai continui
tagli della pubblica istruzione, oggi la scuola è
costretta a definire un piano di limitazioni alle
iscrizioni. Raccoglie giovanissimi provenienti
dai più svariati strati sociali, con preponderante
presenza di bambini del sottoproletariato urbano. Vi sono piccoli alunni, grazie al cielo sono
la minoranza, che vivono severe condizioni di
rischio, di degrado familiare degno di cronaca
nera. In questo la medicina scolastica, assieme al
lavoro interdisciplinare di un’équipe psicopedagogica,
cerca di far emergere per tempo aree di rischio
infantile.
Qual è il paradosso cui è possibile assistere? La
dirigente, dr.ssa Giuffrida, è riuscita ad ottenere un congruo budget per dotare la scuola di un
monte ore pomeridiano onde attivare iniziative
extracurriculari. Una mole interminabile di iniziative di grande significato pedagogico: la legalità come scelta di vita, l’educazione alla sicurezza, il consiglio comunale dei ragazzi eccetera.
Bellissimo, direte voi. Giusto. Togliamo i bambini dalle strade dei quartieri a rischio. Rappresentiamo ai piccoli e alle loro famiglie un modo
diverso di concepire l’esistenza. Bla, Bla, Bla.
La verità? Bene, siccome il comune della nostra
città, ricordiamo “città d’arte e cultura”, ha
cancellato le mense scolastiche per tutte le scuole elementari e medie, ecco che i genitori devono
pagare la mensa scolastica privata per propri figli. Ma se non possono? Se non possono, allora
li riprendono a scuola alle 13,30 e addio orario
continuato.E qui ricadiamo nei soliti paradossi
irrisolvibili. La funzione assume l’onere di una
crescita sociale, pedagogica e didattica, e l’orga-
no cancella ogni tentativo istituzionalmente anelabile. Quindi delle due l’una, detterebbe il buon
senso, o mi consenti l’orario continuato, dotando
la struttura delle funzioni utili all’espletamento,
o non mi paghi il personale da adibire.
E torniamo alle solite stoltezze cui questa amministrazioni ci ha da tempo abituati. Penso agli
ottocento mila euro (800.000) di iniziative culturali nella nostra città. Per carità, utilissimi,
necessari, così tappiamo la bocca agli organici
al sistema, ma credo sia assolutamente più utile
investire nei ragazzi che tra meno di vent’anni
saranno cittadini a pieno titolo in questa città.
Certe società, secondo i nostri parametri meno
evolute delle nostre, assicurano ai più giovani
uno sviluppo il più possibile armonico, e fortemente orientato alla formazione, come noi, ma al
primo posto il bambino deve aver garantito un
pasto. Assolutamente. La nostra amministrazione invece cancella le mense scolastiche.
Qualche consigliere rimasto ancora libero di dissentire potrebbe per favore dotarci, parlo come
pubblica opinione, di dati relativi alle inutili
elargizioni offerte a vario titolo ad associazioni
vicine all’amministrazione?
Basti pensare che, per dotare la piccola mensa
della scuola materna, è stato necessario l’intervento di un generoso cittadino che ha donato alla
struttura tavoli e sedie.
Un’associazione polisportiva assicura l’assistenza didattica-motoria nel tempo prolungato ed
inoltre garantisce nel mese di luglio una sorta di
estate ragazzi.
Ora, il concetto di sussidiarietà è sinonimo di civile distribuzione di opportunità e risorse tra le
istituzioni e società civile, ma almeno un minimo
di decenza!
Signor sindaco faccia uno sforzo! Ribalti in un
gesto coraggioso quattro anni di ignava ed insulsa guida della città. Riscatti con una semplice
delibera anni di inutile rappresentazione della
sua sindacatura. Lascerà un ricordo indelebile.
Nessun nuovo sindaco avrà poi il coraggio di togliere la mensa ai bambini delle scuole siracusane. Speriamo.
*[email protected]
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Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
e-mail: [email protected]
Il direttore de La Civetta: “Aderiamo pienamente. Speriamo che abbia la forza della Parola”
Il manifesto per la buona politica e la difesa dell’interesse pubblico
inviato ai candidati a sindaco dei Comuni capoluogo al ballottaggio
Il gruppo dei sottoscrittori del “Manifesto per la
Buona Politica e la difesa dell’Interesse Pubblico” continua la campagna per la sottoscrizione
dell’importante documento, il cui obbiettivo è di
affermare che solo attraverso la Buona Politica è
possibile tutelare l’interesse pubblico e, quindi,
uscire dal tunnel della crisi e della depressione
economica e sociale.
Per troppo tempo la Politica nel nostro Paese ha
indugiato nella tutela di interessi particolari, individuali e di gruppo, che hanno portato ad un
progressivo declino dei valori fondanti di una società civile, assecondando il malaffare e la corruzione, fino a mettere in crisi le stesse istituzioni.
Non c’è libertà senza regole e, soprattutto, senza
la garanzia di istituzioni autorevoli e garanti degli interessi generali e, quindi, oggi più che mai
si impone l’applicazione di regole certe a garanzia della Buona Politica, essenziali non solo per
coloro che si vogliono impegnare in politica, ma
per tutti i cittadini, anch’essi invitati a firmare
il “Manifesto per la Buona Politica e la Difesa
dell’Interesse Pubblico”, per ribadire il principio che il controllo democratico non può essere
esercitato soltanto ogni 5 anni, all’atto del rinnovo elettorale, ma piuttosto quotidianamente,
attraverso una costante verifica degli atti e delle
azioni posti in essere da chi riveste incarichi istituzionali.
Ed è proprio per dare una chiave di lettura della
compatibilità tra atti politici e tutela dell’interesse pubblico che è stato redatto, da un gruppo selezionato di persone appartenenti a diverse
estrazioni sociali, ideali e religiose, il seguente
Manifesto, quale contributo per migliorare la
politica nel nostro Paese, e per la stessa ragione
è stato già inviato ai candidati a Sindaco dei Comuni Capoluogo di Provincia di tutta Italia. In
occasione del turno di ballottaggio delle elezioni
amministrative del 20-21 maggio, il Manifesto è
stato nuovamente inviato a tutti i candidati che
in precedenza non lo avevano sottoscritto. Il testo del documento può essere visionato sul web.
Diamo una scorsa a tutti gli impegni dei firmatari.
“Il Buon Politico deve: dire sempre la verità; evitare di indulgere in promesse non mantenibili; rinunciare al clientelismo, primo nemico dell’interesse pubblico; adottare regole che garantiscano
la trasparenza in ogni fase della gestione politica
ed amministrativa e impegnarsi a farle rispettare;
impegnarsi affinché il suo ufficio pubblico non
solo debba essere, ma anche apparire cristallino;
difendere e servire sempre i diritti e mai i privilegi; evitare di strumentalizzare le istituzioni a fini
di parte e per servire interessi personali singoli o
collettivi; adottare strumenti di governo che riducano al massimo la discrezionalità e consentano di misurare costantemente gli effetti e i risultati delle scelte compiute; favorire l’adozione di
strumenti per una democrazia realmente partecipata; prendere decisioni chiare e, se necessario,
anche impopolari purché funzionali all’interesse
generale; rendere efficiente l’azione amministrativa e assicurare tempi certi e brevi nelle decisioni e nelle conseguenti procedure; rifuggire dalla
elencazione sommaria e confusa dei problemi, ma
operare per una loro puntuale individuazione e
conseguente soluzione, identificando altresì gli
interlocutori istituzionali competenti; rifuggire
la demagogia e il populismo; adottando un approccio serio alle problematiche, caratterizzato
da studio, analisi, ricerca, fatica, perseveranza e
dedizione; non limitare l’azione politica alla mera
richiesta di finanziamenti, bensì alla individuazione di metodologie e percorsi che consentano il
pieno raggiungimento degli obbiettivi programmati; promuovere una grande azione politica per
liberare il sistema economico italiano da ogni
forma di vincolo protezionistico; riorganizzare
il sistema produttivo nazionale per attrezzarlo a
raccogliere e vincere la sfida per la competitività;
contribuire al veloce rinnovamento della classe
politica, contrastando in ogni modo, a partire
dalla formazione delle liste elettorali, chi si è distinto in pratiche clientelari; ostacolare, in particolare, la ricandidatura di chiunque abbia più
di una volta praticato transumanze da un partito
all’altro, con l’evidente obiettivo di ricercare gratificazioni di ordine personale.
“Con la firma dei punti di questo Manifesto, ciascun sottoscrittore esprime la volontà di aderirvi
incondizionatamente. Le obbligazioni nascenti
dall’apposizione della firma variano a seconda che il
sottoscrittore svolga o si accinga a svolgere o meno
un ruolo politico o amministrativo. In particolare,
nella qualità di politici, ci impegniamo solennemente a rispettarne tutti i punti, pena, in caso di qualsiasi violazione, l’immediata delegittimazione e il
conseguente obbligo morale alla presentazione delle
dimissioni da qualsiasi carica o incarico pubblico
rivestito; nella qualità di cittadini, non coinvolti in
prima persona in politica, ci impegniamo solennemente: a non sostenere liste che non abbiano fatto
esplicita accettazione di questo manifesto; a non
votare candidati che non abbiano apposto la loro
firma allo stesso; a rinunciare a chiedere favori e privilegi ai politici di qualsiasi livello istituzionale; a
svolgere ogni azione per pretendere sempre, in ogni
decisione politica e amministrativa, il rispetto dei
diritti collettivi, del bene pubblico e il perseguimento dell’interesse generale; ad esercitare con efficacia
ed efficienza la vigilanza per la corretta attuazione
di questi nobili principi.
L’Italia ha bisogno che la politica si rigeneri e torni
velocemente al suo originario ruolo e cioè la difesa
del bene comune e dei diritti di tutti i cittadini”.
La Civetta dichiara sin da ora di aderire, quale
organo di informazione, a un programma siffatto
che, nel degrado morale della politica contemporanea, si configura come un nuovo vangelo tendente a rifondare l’azione politica radicandola in
principi etici immutabili. Speriamo che la mobilitazione dei cittadini onesti attorno a questi
principi abbia la forza dirompente della Parola.
Ma, con tutta franchezza, non ci illudiamo più di
tanto.
Il direttore
In certi punti l’odore del pesce fresco sfuma lasciando spazio al profumo del pane appena sfornato
A ridosso di piazza del Duomo a Catania il mercato del pesce
con la sua mescolanza di odori, gusti e colori rapisce i passanti
Ponendosi al centro della Piazza del Duomo di Catania, sotto il famoso monumento dell’elefante, detto liotru, è possibile
ascoltare un brusio misto di acqua che
sgorga e di voci provenienti dal vicino
mercato ittico.
Al di là della fontana, quasi come il sipario di un teatro, si apre la piazza Alonzo
di San Benedetto e proprio al di sotto delle antiche mura del Palazzo dei Chierici
è situata la cosiddetta Fontana dei sette
canali, un monumento divenuto storico
per la città perché sopravvissuto integro
nel corso dei secoli.
In questo luogo denso di storia e tradizione sembra che la gente non abbia mai
perso le antiche abitudini. Al mercato
del pesce il lavoro inizia all’alba quando
timidamente avanza la luce del sole. I pescivendoli iniziano il loro incessante lavoro e qualche ora dopo le massaie sono le
prime ad addentrarsi nel mercato in cerca
di prelibatezze.
Intorno è tutto un susseguirsi di antiche
scale in pietra lavica su cui poggiano banconi di pesce fresco, in prevalenza il pesce
azzurro tipico delle acque mediterranee.
I pescivendoli espongono con orgoglio
tutto il pescato: maestosi pesci spada, le
argentate spatole e le telline, tipici molluschi della playa di Catania. Non mancano mai le cosiddette mascoline, cioè le
alici che da sempre arricchiscono di gusto
i piatti siciliani. In certi punti l’odore del
pesce fresco sfuma lasciando spazio al
profumo del pane appena sfornato dai panettieri le cui botteghe sono disposte qua
e là sulle vie del mercato.
Banchi di frutta e ortaggi tipici sono
presenti in abbondanza e la loro vendita
è accompagnata dalle classiche vociate
catanesi, ossia il modo cantilenante con
cui i venditori propongono la loro merce.
All’ascoltatore più attento sembrerà quasi
di udire una melodia dai suoni arabi che
rimanda alle usanze di paesi lontani.
Una tale mescolanza di odori, gusti e
colori rapisce chiunque si trovi a passare
dalla pescheria di Catania. Sembra quasi
di osservare un quadro animato.
Anna Li Volsi
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
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Il dott. Salvatore Paolino: “Ho chiesto al sindaco e al prefetto di intervenire urgentemente”
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Impossibile a un disabile andare a cinema o a teatro al Planet-Vasquez
Nei pressi non ci sono stalli per le auto dei portatori di handicap
di CONCETTA LA LEGGIA
Sarà pur vero che le norme esistono ma, in Italia, è più facile infrangerle o negarle che applicarle.
Uguaglianza, rispetto dei diritti,
abbattimento delle barriere architettoniche, inserimento dei
diversamente abili nel mondo del
lavoro. Se tutto fosse così facile e
trasparente non avremmo forse
un mondo migliore? Beh, come
al solito osserviamo la nostra
realtà e ci accorgiamo che a Siracusa siamo ben lungi dal vedere
affermare i diritti dell’uomo e del
cittadino come sancito dalla Costituzione.
Ne è un esempio la famiglia Paolino per la quale parla il dott.
Salvatore Paolino, un cittadino
come tanti, che ci spiega come
siamo ancora lontani dalla uguaglianza delle opportunità. Il
motivo occasionale nasce dalla
constatazione che un soggetto diversamente abile non può fruire
di uno stallo di sosta riservato
alle persone invalide nei pressi
del multisala Planet-teatro Vasquez e dunque incontra certamente maggiori difficoltà nel godere dei servizi e spettacoli offerti
dalla struttura. Il dott. Paolino
ci spiega: “Fino ad ora nei pressi
del multisala Planet-Vasquez di
Siracusa non esistono stalli per
le auto dei diversamente abili che
intendono posteggiare per fruire
dei servizi dello stesso Planet. Nel
passato la carenza di parcheggi
veniva colmata dalla possibilità
di posteggiare nel cortile interno, servizio che è stato sospeso
dalla direzione del cinema per
motivi di sicurezza”.
Poiché il multisala Planet è ge-
stito da privati è ovviamente
compito dei responsabili della
stessa struttura chiedere la realizzazione di parcheggi per disabili
antistanti l’edificio. D’altronde,
scorrendo i servizi di cui la struttura dispone (vedi accesso agevolato in tutte le sale per i portatori
di handicap) viene da chiedersi:
come possono essere sfuggite ad
una struttura importante come
il Planet-Vasquez, che non è l’ultimo negozietto della Borgata, le
difficoltà che può incontrare un
diversamente abile? Per godere
della visione di un film o dell’annesso bar o loungue areas un
portatore di handicap non deve
dapprima poterci arrivare? Dunque, in attesa del parcheggio che
dignitosamente consenta ad un
diversamente abile la fruizione
dell’area in questione, il dottor
Paolino aggiunge: “Ho portato
a conoscenza del Sindaco di Siracusa e dei preposti enti pubblici
quali Prefetto di Siracusa, associazione Assofadi, settore politiche sociali e comandante della
polizia municipale la carenza del
servizio e chiedo, ai sensi della
legge 104/92 che disciplina l’assistenza, l’integrazione sociale ed
i diritti delle persone con handicap, di intervenire urgentemente
per colmare l’increscioso disservizio pubblico e creare almeno tre
posteggi per disabili antistanti il
cinema suddetto”.
Ora, aggiungiamo noi, vero è che
il privato deve richiedere lo stallo
auto ma ci si ricordi che l’accessibilità in Italia si fonda sulla Costituzione, e che la legge 104/’92
all’art. 8 sancisce l’inserimento
e l’integrazione sociale della
persona handicappata mediante
interventi diretti ad assicurare
l’accesso agli edifici pubblici e
privati e ad eliminare o superare
le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti
nei luoghi pubblici o aperti al
pubblico. La stessa legge inoltre
stabilisce provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi
di trasporto pubblico e privato
e la organizzazione di trasporti
specifici. Nell’area in considerazione ricadono, secondo nostra
memoria, oltre al summenzionato Planet, due edifici scolastici,
la cittadella dello sport e qualche
altra struttura che alla memoria
sfugge.
“Ad essere più precisi - aggiunge
Paolino - dinnanzi al cinema vi
è uno stallo riservato, ottenuto
dall’autoscuola, ma la possibilità
di sostarvi è limitata all’orario di
apertura della stessa autoscuola
e dunque, dopo un certo orario,
il parcheggio diviene fruibile a
tutti”. Dunque un parcheggio
riservato sì, per ovvie necessità
lavorative, e uno per i portatori
di handicap no, perché tanto loro
è meglio che se ne stiano a casa?
Premesso che all’art. 5 dello statuto della nostra città si afferma
che il Comune persegue la rimozione degli ostacoli che si frappongono al completo sviluppo
della persona e che impediscono
l’effettivo esercizio dei diritti,
con particolare riguardo ai soggetti più deboli ed emarginati,
non ci sembrerebbe tanto illogico
disciplinare la realizzazione di
stalli gialli e rosa nelle vicinanze
Salvatore Paolino
dell’area in questione. Forse una
docente in stato interessante non
ha diritto di fruire del parcheggio preferenziale se si reca a lavoro in una delle scuole nei presso di
via Tucidide o in piazza dei Matila o se vuole andare al cinema? O
che ad un disabile non sia giusto
garantire un parcheggio in via
Zopiro per realizzare quelle attività sportive per le quali è vocato?
Assenza di sensibilità dunque del
comune che certamente non ha
minimamente idea di quello che
accade in alcuni Comuni d’Italia
nei quali viene applicato l’articolo 7 del Codice della strada, che
prevede che nei centri abitati i
comuni possano, con ordinanza
del sindaco, riservare limitati
spazi alla sosta dei veicoli adibiti
al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria,
munite del contrassegno speciale.
“E’ chiaro che chi ha un handicap fisico fruisca del tagliando di
posteggio per disabili – conclude
Paolino - ma il punto è capire a
cosa serva dato che in alcune aree
della città gli stalli non sono presenti”. Ci pare a tal punto fuori
luogo citare i casi di comuni virtuosi come Verbania nella quale,
da tempo, il regolamento comunale prevede la gratuità per i disabili nei parcheggi a pagamento
o l’indicazione della Commissione Trasporti presieduta da Mario
Valducci che ha stabilito con una
risoluzione approvata all’unani-
mità che i disabili possano parcheggiare ovunque senza pagare,
anche sulle strisce blu qualora risultino indisponibili quelli sulle
strisce gialle.
A Siracusa la regolamentazione
non esiste e lì dove è presente serve solo per punire e multare gli
indisciplinati e portare soldi alle
casse del comune, non certo per
venire incontro alle esigenze di
noi poveri residenti! E quindi non
chiedete, cari siracusani, notizie
sui colori blu, giallo e rosa alla
nostra amministrazione poiché
probabilmente vi risponderebbe
di cercarli nell’arcobaleno, unico
luogo dove risiedono le lungimiranti menti dei nostri amministratori svampiti.
Tanto vale che, con un Bando, gli asili nido comunali siano affidati gratis a privati risparmiando 2,5 milioni
Assurdo che il Comune paghi per ogni bambino alla cooperativa
più del triplo di quanto si paga portando i figli in asili privati
di *PAOLO PASSANISI
Dal Bilancio del Comune di Siracusa, si evince
chiaramente a quanto ammonta la spesa per la gestione di asili Nido Comunali.
In un momento in cui le dichiarazioni allarmanti
del Sindaco fanno presupporre che c’è il rischio di
disoccupazione per lavoratori che da anni hanno
dato il massimo per le casse Comunali (Gepa, Rit,
società che gestisce i lavoratori degli uffici Tributi); visto che il Sindaco comunica che oggi il
Comune per risparmiare deve gestire servizi esternalizzati, all’interno del Comune di Siracusa, mettendo a rischio numerosi posti di lavoro, voglio
proporre dove recuperare circa 2.500.000,00 di
euro evitando disoccupazione e salvaguardando le
famiglie siracusane vittime dalle decisioni di questa amministrazione.
Ebbene, il comune di Siracusa spende per 6 asili
comunali la somma di circa 2.900.000,00 euro,
somma che potrebbe servire per risanare le casse
del Comune e per evitare di tartassare i cittadini
creando preoccupazione nella gente che rischia il
lavoro.
A volte, si pensa che la critica non serve a niente, ed è vero!, ma questo vale quando non ci sono
proposte alternative. Io non propongo di chiudere gli asili nido né di creare disoccupazione o
danneggiare chi porta i propri figli nelle strutture comunali, al contrario di mantenere tutto,
senza costi a carico del Comune di Siracusa.
Oggi, portare un bambino in asilo privato dalle
ore 8 alle 14 costa a una famiglia circa 300 euro
al mese, parlo di asili sparsi nella città di Siracusa. La quota di compartecipazione che paga una
famiglia per portare il proprio figlio in asilo comunale gestito da cooperative private è di circa
250 euro e più, variando a secondo il reddito familiare. Se facciamo una disanima ci accorgiamo
che si paga quasi la stessa cifra, e ci viene spon-
taneo domandarci: “perché ogni asilo comunale
costa all’amministrazione 500.000 euro l’anno?”
Semplice: facendo due conti ci si accorge che al
mese un solo asilo nido costa circa 45 mila euro
che diviso 50 Bambini significa circa 1.000 euro
a bambino.
È assurdo che il Comune paghi per ogni bambino
alla cooperativa più del triplo di quanto si paga
portando i figli in asili privati.
Aggiungiamo che a carico del Comune sono altresì: la spesa di manutenzione straordinaria dei locali, suppellettili, e non volendo sbagliare chissà
se ci sono anche alimenti. Ma ancora di più, la
struttura data alla cooperativa è del Comune di
Siracusa, quindi la stessa non paga alcun affitto,
mentre l’asilo privato la struttura se la paga.
Voglio proporre al Sindaco una soluzione che
faccia recuperare soldi al Comune e che dia
ugualmente lo stesso servizio alle tante famiglie
siracusane, evitando sprechi di denaro e recuperando risorse per i lavoratori Gepa e altri.
Il Comune di Siracusa (finalmente dopo anni)
pubblichi un Bando dicendo che affida le strutture di proprietà del Comune, a costo zero, a dei
privati (tanto chi gestisce attualmente è sempre
un privato, pur se cooperativa) e che le famiglie
che si rivolgono a quella struttura, come fanno
regolarmente oggi portando i propri figli, invece
di pagare al Comune versino la quota di compartecipazione direttamente al privato che gestisce.
Il Comune non pagherebbe più 1.000 euro a bambino e risparmierebbe due milioni e mezzo di
Euro, la spesa di manutenzione e suppellettili;
e le famiglie riceverebbero ugualmente lo stesso
servizio, perché è assurdo che in un asilo privato
un bambino costi meno di quanto costa al Comune pagare le cooperative.
*Vice Presidente Circoscrizione Santa Lucia
18
Anno IV n.10 - 20 maggio 2012
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A vent’anni dal barbaro assassinio di Falcone, della moglie e di tre agenti di scorta “una nuova coscienza”
Giusy Aprile (Libera): “La lotta alle mafie va fatta 365 giorni l’anno
e la scuola è lo strumento adatto per scardinare le logiche criminali”
di CONCETTA LA LEGGIA
Venti anni fa, il 23 maggio 1992, la morte del
giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Antonio
Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, le cui
vite furono spezzate da 1000 chili di tritolo sull’autostrada Trapani-Palermo. A Siracusa il Prefetto, Renato Franceschelli, giovedì 17 maggio, in
occasione del ventennale delle stragi di mafia, ha
promosso, in partenariato con la locale Camera di
Commercio, l’Ufficio Scolastico Territoriale e l’Associazione “Libera”, una giornata di studi a tema
presso l’I.T.C. “F. Insolera” a cui seguiranno sul
territorio provinciale iniziative simili. Nei giorni
in cui il pentito Spatuzza svela i segreti che portarono alla strage di Capaci, il ministro dell’Interno
Annamaria Cancellieri chiede una revisione della
legge che regola il sequestro e la confisca dei beni dei
criminali affermando che tali beni vanno venduti ed
aprendo così una polemica sui rischi che tali beni
tornino ai mafiosi e mentre a Corleone stanno per
celebrarsi (24 maggio) i funerali di Stato di Placido Rizzotto (le indagini sull’omicidio furono allora
condotte dal giovane capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa mentre al posto di Placido
veniva eletto segretario della Camera del Lavoro di
Corleone, il giovane Pio La Torre) abbiamo voluto
sentire Giusy Aprile, coordinatrice provinciale di
Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie,
per capire la situazione nella nostra realtà.
Dott.ssa Aprile, a distanza di 20 anni che funzione sociale ricopre la celebrazione del 23 maggio e
perché ricordare?
“Il 20° anniversario delle stragi di mafia non vuole
essere un momento rituale e commemorativo, ma
un’occasione importante per tracciare un bilancio
di questi vent’anni di mafia e antimafia e per rinnovare l’impegno. Una proposta per ri-leggere quanto finora è stato realizzato come attenzione di quei
desideri che ci apparivano, soltanto pochi anni fa,
come impossibili o così lontani dall’essere realizzati, da figurare nell’elenco dei sogni. Molti di quei
sogni, però, sono ora realtà: la rinascita civile e il
sorriso dei commercianti che si sono ribellati alla
piaga del racket, i tanti percorsi di educazione alla
legalità che hanno permesso a giovani, insegnanti,
operatori del sociale, amministratori e operatori
dell’informazione di questa provincia di confron-
tarsi con il tema della giustizia saldata alla legalità, sono solo alcuni dei “fiori” di primavera, nati
e cresciuti nella nostra provincia, che le mafie non
potranno spezzare!”
In questi anni quanto è cresciuta la coscienza civile e l’impegno dei giovani della nostra provincia?
In che modo gli enti formativi, soprattutto le scuole, si sono mossi?
“Nelle scuole della nostra provincia sono stati ideati
e portati avanti decine e decine di percorsi formativi
rivolti all’approfondimento e alla conoscenza dei fenomeni mafiosi e alla promozione della cittadinanza
democratica e dei diritti. Dall’incontro con i familiari delle Vittime delle mafie alla riqualificazione
urbana di quartieri degradati, dall’apprendimento
in situazione sui beni confiscati a performances artistiche e teatrali, da intitolazioni di aule alla costituzione dei Consigli Comunali dei Ragazzi: sono solo
alcune testimonianze dell’impegno vitale e gioioso
di studenti, docenti e dirigenti di meravigliose istituzioni scolastiche siracusane. Le scuole ci stimolano a imparare quella “grammatica della vita” che
spesso dimentichiamo e a “cambiare l’acqua” alle
nostre radici, spesso affaticate. Siamo tutti convinti
che la lotta alle mafie vada fatta 365 giorni all’anno
e che la scuola, l’istruzione rappresentano gli strumenti sovversivi per scardinare il sistema, la logica
criminale che invece si alimenta di illegalità, ignoranza e violenza. La scuola è un punto di riferimento educativo, il presidio di legalità per eccellenza,
un’istituzione contro le mafie, in grado di strappare
loro consenso, contagiando di senso civico la società, accompagnandola nel processo di costruzione
della cittadinanza attiva. Un autentico laboratorio
civile che produce integrazione, collaborazione, aggregazione, collegamento”.
Nel frattempo procede a Lentini “Libera Terra Leontinoi Casa nostra - fattoria della legalità”
per la realizzazione, su immobili confiscati al clan
Nardo, di un’azienda agricola. Il riuso sociale dei
terreni confiscati alla mafia ha un effetto concreto e simbolico molto forte: significa colpire le mafie al portafogli, sostenere l’Italia che lotta contro
le cosche e significa anche decostruire l’immagine
di potere dei boss sui territori.
“Il progetto di riconversione dei beni sottratti alla
criminalità, pilota per la Sicilia orientale, punta
alla realizzazione di una azienda agricola che, oltre
alla produzione di grano duro, arance rosse biologiche, olive, latte e suoi derivati preveda una fattoria
didattica, la fattoria della legalità, a sostegno dello sviluppo di un turismo rurale. Una fattoria che
permetta di coniugare la salvaguardia e la memoria
delle antiche culture contadine di questi luoghi e,
nel contempo, promuova il riuso sociale dei terreni
confiscati alla mafia, assume degli effetti negativi
dirompenti sul consenso di cui godono le cosche
mafiose, capovolgendo il diffuso luogo comune che
la mafia porta lavoro. Il progetto dimostra l’esatto
contrario, facendo tesoro delle buone pratiche già
esistenti sull’uso sociale dei beni confiscati e, a sua
volta, è fortemente innovativo e concreto, creando
nuove opportunità occupazionali, producendo economia legale e un rinnovato spirito di iniziativa imprenditoriale, basato sulla legalità e sulla giustizia,
che guida i ragazzi della neonata cooperativa sociale Montana.
“Il progetto “Liberaterra – Leontinoi, Casa Nostra
– Fattoria della legalità” ha radici lontane, ha registrato la fattiva collaborazione delle istituzioni del
territorio. Processo che, culminato nel 2003 nella
sottoscrizione da parte di diversi soggetti sociali ed
istituzionali di un’apposita Carta degli Impegni,
ha permesso la restituzione di 42 ettari di terreno,
confiscati al boss lentinese Sebastiano Nardo, ai cittadini dopo nove anni di stasi. Una distesa di campi a seminativo, aranceti e fabbricati rurali, teatro
di summit mafiosi e testimoni di una storia travagliata, ricadono in contrada Cuccumella-Sigona,
sulla piana di Catania a ridosso della base militare di Sigonella. A sostenere il progetto c’è l’azione
educativa delle scuole della provincia aretusea che
ogni anno sviluppano progettualità complesse di
educazione alla legalità. La risposta della comunità
lentinese al progetto “Casa Nostra – Fattoria della
legalità” non si è fatta attendere, il Consiglio Comunale aperto, indetto per la sigla della Carta degli
Impegni, era stracolmo di gente. La paura sembrava
essere scomparsa. Lì c’erano tutti, dalle massime autorità dello Stato a quelle locali e provinciali, dalle
associazioni alle parrocchie, dai sindacati alle forze
economiche. Se lo Stato c’è, con tutte le sue istituzioni e fa sul serio, i cittadini ci sono anche”.
Finita la messa, usciva sul sagrato e spesso dava ai poveri questuanti quanto aveva in tasca
Un Comitato chiede la traslazione delle spoglie mortali di padre Inserra
nella Chiesa di Santa Rita di cui per mezzo secolo fu parroco e animatore
Si è costituito nella nostra città, ad iniziativa del giornalista Salvatore Cimino,
presidente dell’AVDD, un Comitato per
celebrare la memoria di don Alfio Inserra già parroco emerito della Chiesa
di Santa Rita, chiedendo alle autorità
ecclesiastiche la traslazione delle sue
spoglie mortali nella “sua” Chiesa e
promuovendo una raccolta fondi per la
realizzazione di un busto marmoreo da
sistemare nel cortile della Chiesa dove
esiste già un degno piedistallo. Al Comitato hanno aderito fra i primi: il nipote
di padre Inserra Gianfranco Grimaldi,
l’assessore comunale alle Politiche Sociali ed alla Famiglia dr. Salvo Sorbello, la dr.ssa Carmela Fronte, dirigente
scolastico e presidente del Kiwanis Club,
l’avv. Gianni Failla, vice direttore del
settimanale cattolico “Cammino”, fondato e diretto per oltre cinquant’anni da
don Inserra che fu anche un valentissimo
giornalista, il consigliere nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti Santo Gallo,
il segretario provinciale dell’Assostampa
Aldo Mantineo, il presidente provinciale
dell’Unione Cattolica Stampa Italiana
Salvatore Di Salvo, il direttore dell’emittente televisiva Tris-Tv Franco Nania.
Noi tutti, fedelissimi di padre Inserra,
riteniamo sia giusto che il buon don Alfio, che dopo aver seguito fin dall’inizio
la costruzione della Chiesa e dell’immobile annesso, ne fu per oltre cinquant’anni il santo animatore e parroco, debba
riposare definitivamente nella gloria del
Signore nella “sua” Santa Rita.
Il sacerdote, esempio di umiltà e di cari-
tà cristiana fu sempre stimato ed apprezzato dai suoi parrocchiani che ricorrevano a lui come i figli devoti ad un padre
buono. Un esempio.
Ogni volta che lui celebrava Messa, al
termine della funzione, dopo l’uscita dei
fedeli, egli si avvicinava ai mendicanti
che sostavano davanti al portone della
Chiesa per chiedere l’elemosina e domandava loro se avessero ricevuto abbastanza soldi per acquistare qualcosa da
portare a casa, qualcosa da mangiare.
Se la risposta era negativa egli metteva
le mani nelle tasche del suo tradizionale
“abito talare”, offrendo loro tutto quanto aveva con sé. Un comportamento cristiano diverso da quello espresso da un
certo sacerdote, del quale abbiamo avuto
notizia, che celebrando una messa, nel
corso dell’omelia, invitava i fedeli “a non
dare elemosine ai mendicanti davanti
alla Chiesa perché in questo modo si faceva loro del male… perchè loro, invece,
dovevano andare a lavorare!
“A quell’esimio Sacerdote noi diciamo:
“Padre, allora lo trovi lei un lavoro a
quei poveretti per permettergli di portare a casa un pezzo di pane per i loro
figli, senza essere costretti a dover chiedere l’elemosina!”
Per queste ed altre diversità di comportamento noi invece vogliamo celebrare
la santità, la bontà e lo spirito di carità
di padre Inserra. Chiunque volesse aderire al Comitato per onorare il vecchio
parroco di santa Rita può scrivere al seguente indirizzo e-mail:
[email protected].
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Paolo Pantano: “Lo sviluppo sia sostenibile, legale, ordinato, equilibrato, ecologico, compatibile”
Banca Etica spopola con il Laboratorio di Economia Civile ad Avola
E a settembre Summer School con Luigino Bruni e Stefano Zamagni
di CORRADO FIANCHINO
Recentemente si è svolto presso l’Eremo di Avola Antica il “Laboratorio di Economia Civile”
organizzato da Banca Etica e dai movimenti civici siciliani. E’ stato un laboratorio, appunto,
di eccellenza per la numerosa e qualificatissima
partecipazione di analisti finanziari, specialisti,
studiosi, intellettuali, operatori sociali, docenti
della facoltà di economia e responsabili di dipartimento, funzionari di banca, sociologi, operatori turistici, guide naturalistiche, piccoli-medi
imprenditori, consulenti aziendali, operatori
agricoli, commercialisti. Sono state presentate,
inoltre, testimonianze di attività che sono espressioni appunto di economia civile.
Riprendendo il tema dei lavori del 1° seminario svoltosi il 28 gennaio, in particolare nella
discussione plenaria e dalla dichiarazione d’intenti redatta in quella sede, Paolo Pantano, in
rappresentanza degli “Ecologisti, Reti Civiche e
Verdi” della provincia di Siracusa (alcuni esponenti hanno partecipato ai lavori), ha ribadito
il concetto che in economia vi è una sostanziale
differenza tra crescita e sviluppo. La crescita si
riferisce unicamente all’incremento quantitativo
e ai fattori produttivi, lo sviluppo fa riferimento
al miglioramento qualitativo e alla realizzazione
di potenzialità. Herman Daly, ma oggiAggiungi
un appuntamento per oggi Zigmunt Bauman,
Pietro Barcellona, Martha C. Nussbaum, Jeremy
Rif kin, Luciano Gallino, Manfred Max-Neef,
Maurizio Pallante, Serge Latouche, Stefano Zamagni, per citare i più noti, sostengono che la valutazione della posizione di un paese nei confronti dell’economia internazionale in termini di vero
progresso e modernità deve essere determinata
anche da fattori qualitativi (aspettativa media
di vita, tipologia dei consumi, disponibilità dei
servizi sulla salute, istruzione, formazione professionale, cultura, qualità della vita).
Naturalmente quindi bisogna fare riferimento al
concetto di sviluppo, ma occorre necessariamente
“declinare” il concetto come quello di economia
civile. Economia civile o sviluppo ma sostenibile,
legale, ordinato, equilibrato, in armonia con la
natura, in definitiva ecologico e quindi compatibile.
E’ stato sottolineato, infatti, che qualsiasi intervento di “economia sostenibile e democratica”
deve avere il minor impatto ambientale possibile
(non deve essere fuori scala) e deve essere realizzato in maniera “durevole” cioè in funzione delle
future generazioni.
È stata evidenziata la necessità di una elaborazione teorica che parta, appunto, dalle testimonianze rappresentate nel corso della giornata anche dagli
esponenti ecologisti e cioè dalle aziende produttrici di energie rinnovabili (da fotovoltaico o da
prodotti da scarto), dalle fattorie agricole multifunzionali e dalle fattorie sociali. Le esperienze di
agricoltura biologica hanno rappresentato l’esigenza di affrontare anche la questione della protezione dei nostri prodotti di eccellenza dai continui tentativi di taroccamento attraverso la falsa
etichettatura di prodotti provenienti dall’estero e
contrabbandati come prodotti siciliani biologici.
È stato deciso di elaborare un “Progetto di legge
sui beni comuni per cambiare le regole della democrazia” e di organizzare per la fine di settembre una Summer School con la presenza dei prof.
Luigino Bruni e Stefano Zamagni.
Paolo Pantano
Steni Di Piazza, dirigente regionale di Banca Etica, che ha presieduto l’incontro, ha accolto la nostra considerazione che è utile, oltre che elaborare il
progetto di legge sui beni comuni, seguire l’iter del
progetto di legge d’iniziativa popolare sull’acqua
(altro bene comune vitale) affinché sia approvato
dal Parlamento Regionale al più presto ed infine
far conoscere e far “sfruttare” le leggi del rispar-
mio energetico (296/2006) e sulle ristrutturazioni
edilizie (244/2007) che consentono la detrazione
del 55% e del 36% nella dichiarazione dei redditi,
in quanto rappresentano una possibilità concreta
di occupazione qualificata, regolare e legale in Sicilia, consentono l’emersione del lavoro in nero ed
uno strumento di tutela economica per gli incidenti
sul lavoro.
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Per ogni infrazione scattano sanzioni sia per il comandante che per l’armatore titolare della licenza
Patente a punti per i pescherecci e nuove norme europee
Legacoop Pesca incontra i pescatori di Catania e Siracusa
di LUCA CIARAMIDARO
Due incontri promossi da Legacoop Pesca per spiegare ai pescatori delle marinerie di Catania e Acireale i dettagli della nuova normativa europea che
ha introdotto la controversa licenza a punti per i
pescherecci e imposto nuove regole e ulteriori controlli in mare e sui mercati. Due giorni dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema di regole europee
- una serie di norme contro la quale nei mesi scorsi
si è mobilitato l’intero settore ittico con tensioni in
molte marinerie - a illustrarne contenuti e criticità
ai pescatori dell’area ionica sono stati, ieri, il presidente nazionale di Legacooop Pesca Ettore Ianì ed
il presidente regionale della stessa organizzazione
Pino Gullo.
Il sistema normativo europeo, i cui decreti attuativi sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale l’8
maggio, interessa pescherecci e comandanti delle
navi che con l’applicazione delle nuove regole non
saranno soltanto multati in caso di infrazione, ma
vedranno aumentare i loro punti sulla licenza. Al
contrario di quanto accade per la patente automobilistica, il patentino viene sospeso quando si arriva
a quota 90.
“Con la patente a punti siamo di fronte all’emblema di una riforma europea dei controlli sulla pesca
fortemente contestata non solo da Lega Pesca, ma
anche dalle associazioni di molti altri paesi mediterranei, perché tagliata e studiata sul modello di pesca
in uso nei pescherecci che operano nei mari del nord
Europa”, ha affermato il presidente Ianì.
“Questa riforma è di difficile applicazione alla pesca del sud Europa – ha continuato Ianì – ed è percepita dalla categoria come vessatoria e punitiva”.
Ad esempio, ogni volta che si commette un’infrazione, scattano le sanzioni sia per il comandante
responsabile delle operazioni a bordo che per l’armatore titolare della licenza di pesca. Per la piccola
pesca, dove le figure del comandante, dell’armatore
e del proprietario spesso coincidono, c’è il rischio
che uno stesso soggetto veda assegnarsi una tripla
penalizzazione per la stessa trasgressione.
“Le regole però ci sono – ha continuato Ianì – e ora,
mentre si continua la battaglia per ottenerne modifiche significative e perché il sacrosanto rispetto
delle regole non si traduca in ingiuste penalizzazioni per la filiera, bisogna rispettarle. Non è con le
promesse di abolire la licenza a punti, di ridurre il
costo del carburante, o di poter continuare la cattura di specie vietate dalla UE che si combatte il grave
stato di disagio e difficoltà dei pescatori del catane-
se”. “La crisi si combatte rilanciando le proposte
avanzate unitariamente dalle Associazioni Pesca
dell’Alleanza delle Cooperative Italiane (AgciAgrital, Federcoopesca/Confcooperative e Lega Pesca) e
già all’attenzione del Governo e del Parlamento,
che vanno dalla stabilizzazione degli ammortizzatori sociali alla certezza di attuazione del fermo
pesca 2012, dalla semplificazione alla riforma della
fiscalità di settore, fino al rafforzamento del credito
agevolato per sostenere i bisogni delle imprese”, ha
concluso il presidente nazionale di Legacoop Pesca.
“Servono regole chiare – ha aggiunto il presidente
di Legacoop Pesca Sicilia, Giuseppe Gullo – e serve
anche che il Governo regionale, che ne ha facoltà, legiferi per arginare il fenomeno dilagante della falsa
pesca sportiva. Un trucco spesso utilizzato per aggirare le regole mascherandosi da sportivi. In tutta
Italia i pescatori sportivi sono 2 milioni - ha concluso Gullo - di questi ben 700 mila sono in Sicilia e
fanno concorrenza sleale a chi, come i pescatori catanesi, è costretto a sottostare a norme severissime”.
Gli incontri sono stati coordinati da Giuseppe
Giansiracusa, presidente di Legacoop Catania. A
spiegare nel dettaglio le nuove norme in materia di
licenza a punti, giornale di pesca, dichiarazione di
sbarco, marcatura attrezzi, etichettatura, nota di
vendita, sono intervenuti, Elena Ghezzi di Lega
Pesca, Paolo Pelusi, presidente del Consorzio Mediterraneo e i dirigenti della Direzione Marittima
Catania.
Storia, cultura, tradizioni, vertenze, segreti della pesca e attività economiche con una prosa accattivante
Salvo Sorbello, politico e giornalista, in “Tonni nel capolinea del Sud”
Dall’antichità classica alle tonnare di Vendicari, Marzamemi, Portopalo
di CORRADO CARTIA
Salvo Sorbello sorprende sempre di più, riuscendo a coniugare diverse attività e tutte fatte
bene.
Ed è proprio questo che in lui
colpisce, questo suo concreto
industriarsi, sempre in nome
di un obiettivo ben chiaro, inequivocabile, e sempre a tempo
pieno. Infatti riesce a fare il
giornalista dirigendo giornali
e radio locali con efficienza,
per 24 ore; riesce anche a soddisfare quell’adagio secondo cui
“anche i bancari hanno un anima”; espleta compiti di prestigio politico-amministrativo e
fa il buon padre di famiglia non
tralasciando anche, e ciò sorprende non poco, di fare ricerche e scrivere libri importanti
quali “La Pesca del Tonno nel
capolinea del Sud” (Emarom
sas-Siracusa 2010).
È questo un volume di non comune importanza per la esauriente documentazione storicofotografica da cui emerge il
gran lavoro svolto attorno alle
Tonnare, partendo da Mar-
ziale e percorrendo Omero,
Eschilo, Erodoto e Aristotele, quest’ultimo considerato il
primo teorico delle migrazioni dei tonni, passando ancora
attraverso Predrag Matejevic,
ma anche perTeocrito, Archestrato di Gela, Oppiano, quello
che paragona la tonnara a una
città, e ancora, soffermandosi
su Polibio, Strabone, Plinio il
Vecchio, Galeno.
Sorbello ricorda le innovazioni
dei Normanni, degli Aragonesi
che fecero diventare le tonnare
vere e proprie “proprietà feudali” che poi vennero però vendute
dai sovrani spagnoli assieme a
città e titoli nobiliari, privilegi
e concessioni, per uscire dalla
grave crisi economica provocata dalla famosa guerra dei
Trent’anni, né più né meno ciò
che sta succedendo anche oggi
con tutte le guerre che assillano
il mondo contemporaneo!
Ecco quindi che Sorbello sorprende per la grande adesione ai tempi recenti: per capire
meglio la storia delle tonnare,
ricorre, tra l’altro, a narrare
della diatriba tra l’avvocato
siracusano Francesco Paolo
Avolio e il messinese Francesco
Carlo D’Amico, duca di Ossida S. Giorgio, proprietario di
tonnare e sostenitore di proibizioni a distanza argomentando
sulle “Osservazioni intorno alla
pesca, corso e cammino dei tonni”.
Il libro si snoda con una prosa
chiara e altamente appropriata
illustrando senza indugi o tentennamenti i segreti dell’affascinante settore della vita delle
tonnare e le loro conseguenziali attività tutte, come dice il
titolo, riferite alle tonnare di
Vendicari, Marzamemi, Portopalo, con precisi riferimenti ai
loro proprietari e animatori,
dai Bruno di Belmonte ai Nicolaci, ai Pupillo, il tutto con un
soddisfacente e ottimo corredo
fotografico.
Un libro, allora, tutto da leggere e da tenere sempre a portata
di mano per una consultazione
veloce e utile.
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