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Opzione fondamentale

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Opzione fondamentale
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Editoriale
Da un anno all’altro
Luciano Caimi
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Primo Piano
Il futuro aspetta Israele
Lucio Caracciolo
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SOMMARIO
Dialoghi1-07p1-77:Dialoghi4/04p1-77
Dossier: Ritorno delle virtù?
La grammatica dell’opzione fondamentale
Sergio Bastianel e Vidas Balcius
Il ritorno alle virtù in Alasdair MacIntyre
Giuseppe Savagnone
Tre domande e una sola certezza
Giuseppe De Rita
Gli orizzonti psicologici della virtù
Eugenio Fizzotti
Lessico (di)sperante
Ermanno Paccagnini
Le virtù di Ulisse e Icaro
Gianluca Galimberti
Le virtù tra dimenticanza e riabilitazione
Antonio Da Re
ˆ
Eventi e Idee
America Latina: una sinistra senza specchio
Michele Carducci
Il Grande Fratello alla prova del format
Michele Sorice
Impressioni di settembre
Michela Valotti
Se il calcio si ferma
Bruno Pizzul
Il Libro e i Libri
Welfare state, è ora di muoversi
Andrea Pin
Dio, il male, la sofferenza
Luca Ghisleri
Sulla difficoltà di “dire persona”
Luca Grion
Profili
Josef Mayr-Nusser: «Non giuro a Hitler»
Anselmo Palini
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La grammatica
dell’opzione fondamentale
L
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RITORNO DELLE VIRTù?
La virtù, prima ancora di declinarsi al plurale con volti antichi
e nuovi, esprime l’attitudine ad attuare il bene e rivela – con
questo – l’opzione morale fondamentale della persona al
dono di sé ed all’impegno per la promozione della vita buona.
Gli atteggiamenti virtuosi, lungi dall’essere ossequio ad
astratte norme morali, si radicano così nell’intimità
dell’essere persona e rivelano l’autentica statura dell’uomo.
Sergio Bastianel e Vidas Balcius
a riflessione tesa ad illustrare l’unità armoniosa di una personalità morale positiva era solitamente centrata sul concetto di
virtù, in contrapposizione con la disgregazione operata dai vizi.
Nella seconda metà del secolo scorso anche in campo etico-teologico, con l’attenzione posta ai temi e problemi della fondazione, il discorso sulle virtù non è stato al centro dell’attenzione,
forse anche perché il concetto di vita virtuosa era rimasto
alquanto squalificato nella sensibilità e nel linguaggio abituale.
Anche i temi direttamente connessi con l’unità personale e con
la formazione etica del soggetto hanno prevalentemente percorso altre vie, come risulta dai dibattiti sullo specifico della morale cristiana o sull’opzione fondamentale.
L’odierno ritorno di interesse al tema delle virtù1 assume,
naturalmente, tratti culturali legati al nostro tempo, in particolare al senso dell’umano e della vita personale, al modo di concepirne le finalità e il compimento. Il discorso sulle virtù cardinali (classicamente indicate come prudenza, giustizia, fortezza e
temperanza) esprime la consapevolezza di una loro individuazione come risultato di umana e condivisa comprensione di
ambiti fondamentali della vita. È chiesta una particolare cura
degli atteggiamenti vissuti, al fine di mediare e favorire un’attuazione responsabile della libertà. È chiesto di riconoscere e
assumere la dimensione costitutivamente storica e dinamica
dell’esistenza.
Talora lo spostamento di accenti, nella comprensione dei
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Sergio Bastianel s.j.
è ordinario di Teologia
morale presso la
Pontificia Università
Gregoriana di Roma. Tra
le sue pubblicazioni,
pertinenti al tema:
Autonomia morale del
credente. Senso e
motivazioni di un’attuale
tendenza teologica,
Morcelliana, Brescia
1980; Vita morale nella
fede in Gesù Cristo,
(Intellectus fidei, 5), San
Paolo, Cinisello Balsamo
(Mi) 2005.
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valori ritenuti di particolare importanza e urgenza nella società contemporanea, fa percepire l’esigenza di aggiornare l’elenco delle virtù tradizionali, portando in primo piano qualche nuova virtù. D’altra parte, ricordando la qualità morale causata dall’insieme di tutte le virtù e chiamata da
Cicerone, honestas (Tusculanes, I, V, 23, 67), si ripropone la domanda sul
rapporto tra le virtù che operano il bene (S.Th., I-II, 55,3) nei vari ambiti
della vita e la virtù intesa come atteggiamento virtuoso fondamentale,
onestà di vita che abbraccia l’unità dinamica dell’interiorità personale e i
diversi modi del suo esprimersi.
L’attenzione non solo a singoli contenuti di azioni specifiche compiute dai soggetti, ma alla persona stessa nell’unità e continuità della sua esistenza, si traduce così nel compito di articolare il rapporto tra la virtù e le
virtù, nella consapevolezza sempre più chiara sia della dimensione costitutivamente relazionale, culturale e storica del soggetto sia di ciò che
potremmo chiamare la sua autenticità, la sua “bontà”, come realtà unitaria che si costruisce e si esprime in diversificate relazioni umane e in contesti personali diversi. Questa istanza di fondo, presente nella riflessione
etica di credenti e non credenti, ha spinto nella stagione conciliare la
riflessione etico teologica a proporre il concetto di opzione fondamentale2.
La medesima istanza chiede oggi di connettere il tema delle virtù al modo
di intendere il rapporto tra opzione fondamentale e decisioni particolari.
Riprendiamo, perciò, qualche tratto del concetto di opzione fondamentale per potere intendere in modo unitario anche il concetto di virtù. Si tratta di porre l’accento sul divenire di una persona, sul senso che traspare dal
suo vivere concreto, dagli atteggiamenti e dai comportamenti vissuti e,
dunque, si tratta di richiamare il delicato compito di formazione e cura
dell’interiorità personale che è affidato ad ognuno di noi.
Parlando di opzione fondamentale ci si riferisce alla realtà del decidere
personale, al nostro agire in quanto frutto di decisione personale, consapevole, libera e responsabile. Non avrebbe nessun senso, infatti, pensare
che l’onestà si costruisca come pura velleità o che sia indifferente il concreto e quotidiano modo di agire, non solo rispetto a ciò che provoca negli
altri, ma anche rispetto a ciò che costruisce in noi stessi. Tuttavia l’attenzione va posta sul livello profondo di tale decidere e non solo sull’immediata scelta che ogni volta si compie, perché è proprio il livello profondo
dell’interiorità a qualificare moralmente la persona nei criteri, negli atteggiamenti, nelle reali finalità che orientano e spingono a decisioni e azioni
non solo in un determinato ambito o in un momento determinato, ma
nell’unità e continuità della vita. L’importanza di “vedere”, in qualche
modo, questo comprendersi e decidersi del soggetto che si forma e si attua
nel suo modo di comprendere e decidere è un prendere sul serio la nostra
interiorità, chi noi siamo, perché siamo diventati in un certo modo e,
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SERGIO BASTIANEL E VIDAS BALčIUS
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ˆ
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Vidas Balcius
è assistente di
Teologia morale
presso la Pontificia
Università
Gregoriana di
Roma. Ha
pubblicato: Virtù e
opzione
fondamentale. Una
riflessione a partire
dal contributo di S.
Pinckaers e J.
Fuchs, Gregorian
University Press,
Roma 2007.
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benché non si tratti di un puro provare o constatare o programmare, è
prendere sul serio ciò che costituisce la reale decisione che poniamo circa
la nostra vita.
Nel linguaggio etico-teologico si parla di opzione fondamentale positiva o negativa a seconda che la persona sia effettivamente decisa per il bene
oppure no. Questo essere decisi, non riducibile ad un atto particolare
eppure espresso, confermato, contraddetto in atti concreti, non si identifica semplicemente con quanto si dichiara di volere o con una pur lucida
determinazione riflessa. Si tratta di “autodisposizione” atematica di se
stessi, orientamento non necessariamente sempre esplicitato e riflesso
eppure, in qualche modo, sempre anche conoscibile in maniera riflessa
con certezza morale, precisamente attraverso gli atti morali categoriali (J.
Fuchs). È l’intenzionalità di libera e consapevole responsabilità che realmente si vive nelle singole scelte e, attraverso l’esercizio reale della libertà,
matura o si indebolisce, si conferma o contraddice fino al possibile cambiamento. Il rapporto tra il divenire personale e le singole scelte è, in que-
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sto modo, costitutivo e così viene indicato quando si differenzia atto categoriale e libertà trascendentale, con un evidente rimando al contesto di
nascita del concetto nell’ambito della filosofia trascendentale. Si vuole
porre l’accento sul decidere della persona che vive e qualifica ogni atto trascendendoli tutti e il fatto che la responsabilità per la correttezza delle singole azioni implica necessariamente la cura della bontà morale, cioè degli
atteggiamenti, dei criteri, delle finalità, delle motivazioni vissute. Senza
questa cura sarebbe in questione la persona nella sua onestà, cioè l’opzione fondamentale positiva del soggetto.
Precisamente qui entra il significato etico del termine virtù e della
realtà che esso indica. Se è vero, infatti, che il concetto di opzione fondamentale si riferisce alla profondità dell’interiorità, cioè al divenire della
libertà personale che, nell’ipotesi di un divenire positivo, è tendenziale
costruzione di onestà, di apertura all’altro e alla libera responsabilità, l’atteggiamento virtuoso come tale è il tradursi dell’opzione morale fondamentale nell’attitudine generale ad attuare onestamente il bene perché bene,
apprezzandolo, tendendo ad esso come a compimento del vivere. L’unità
intenzionale del divenire personale, espressa nel concetto di opzione fondamentale, con un evidente rimando ai criteri anche impliciti di lettura
della realtà e di se stessi, ai modi di comprensione di senso e di valore che
fondano e conducono la propria esistenza, viene posta in luce nella sua
componente di attitudine formata nel tempo. La virtù in quanto atteggiamento fondamentale che si costruisce e che sussiste, è anche essa realtà
non del tutto tematizzabile, eppure essa è attuata e in continua attuazione
solamente tramite il suo tematizzarsi e incarnarsi nell’insieme di virtù e
atteggiamenti concreti. Le virtù configurano, in riferimento ai diversi ambiti di comportamento, i criteri di orientamento e i modelli di scelta che formano via via l’atteggia- Nel linguaggio eticomento virtuoso e lo fanno divenire consapevolmente tale. teologico si parla di
Solo la visione organica della persona e del suo compren- opzione fondamentale
positiva o negativa a
dere e agire permette, dunque, di non separare l’essere decisi per il bene e le concrete e differenziate espressioni dell’at- seconda che la persona
teggiamento virtuoso che ne costituiscono lo sviluppo. Il sia effettivamente
rapporto tra la virtù e le virtù, infatti, non è qualificabile decisa per il bene
come un susseguirsi nel tempo dei due processi, l’uno oppure no.
dopo l’altro, come se prima si decidesse per il bene e poi si
cominciasse a sviluppare l’atteggiamento operativo buono. Come per il
rapporto tra opzione fondamentale e comportamento concreto, anche nel
parlare di atteggiamenti specifici di giustizia, di benevolenza, prudenza,
temperanza ecc., ci si dovrà necessariamente riferire all’unità di un atteggiamento che segna il dinamismo interiore di un unico e medesimo soggetto morale e si potrà parlare di atteggiamenti operativi buoni di giustidialoghi n. 1 marzo 2007
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zia, temperanza, prudenza, benevolenza solo considerando il loro simultaneo attuarsi con uno specifico carattere di reciprocità.
La formazione dell’opzione fondamentale positiva e la costruzioneacquisizione dell’atteggiamento virtuoso sono, dunque, due processi che
prendono corpo insieme, come due realtà concettuali distinguibili, ma
non separabili nell’unità dello stesso soggetto. La virtù, intesa come atteggiamento virtuoso fondamentale, indica, infatti, una realtà interiore che si
dischiude e si costruisce nei diversi atteggiamenti positivi operativi, che
sono le virtù. In questo modo si può parlare della virtù situandola allo
stesso livello dell’opzione fondamentale e percependola come atteggiamento fondamentale per il bene. La virtù, cioè l’atteggiamento virtuoso
fondamentale, è la stessa opzione fondamentale positiva, vista come continuità a livello dell’atteggiamento generale di una persona. Entrambi i
concetti, quello di opzione fondamentale e quello di virtù si specificano
come rapporto tra la profondità interiore e gli atteggiamenti o comportamenti concreti di una persona.
A questo punto sembra giusto fare una precisazione. Pur essendo vero
che a livello esistenziale l’opzione fondamentale, in quanto profonda
realtà decisionale già attuata e attuantesi continuamente, e l’atteggiamento fondamentale virtuoso o vizioso sono due dimensioni inscindibili dello
stesso dinamismo interiore, a livello logico una certa priorità può essere
attribuita alla prima, grazie alla possibile identificazione di essa con la
struttura portante di tutti i dinamismi morali. In questo senso sembra corretta la visione di virtù come mediazione dell’opzione fondamentale e non
viceversa. L’atteggiamento virtuoso sarebbe la manifestazione esistenziale a
livello della strutturazione degli atteggiamenti personali dell’opzione fondamentale positiva. Per dire altrimenti, non è pensabile la reale opzione
fondamentale positiva in continua costruzione senza la realtà dell’atteggiamento virtuoso di fondo che si attua e che, attuandosi, si costruisce e si
consolida.
La riflessione sulle virtù e sui vizi indubbiamente può contribuire a
spiegare il rapporto tra opzione fondamentale e atti categoriali, rivelando
la connessione necessaria non solo tra le azioni umane, ma anche tra gli
atteggiamenti vissuti da una persona. L’unità personale del soggetto morale si realizza grazie all’attuazione della libertà fondamentale. Le virtù e i
vizi, in quanto atteggiamenti operativi acquisiti, sono il primo livello di
manifestazione del modo in cui la persona, nella sua unità, si va determinando e decidendo realmente per il bene oppure per il male.
Coerentemente ogni atto particolare, virtuoso o vizioso, conferma oppure
contraddice, rinforza o debilita l’atteggiamento e l’attitudine fondamentale della persona nella sua libertà.
In effetti l’opzione fondamentale tende ad integrare tutti gli strati e
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tutte le dimensioni personali. Per questo anche tutti gli atti personali tenderanno ad assumere maggiore conformità tra di loro. In questo senso
qualunque atto autenticamente virtuoso non soltanto manifesta la specifica virtù come una determinata qualità della persona, ma è anche segno e
conferma della sua opzione fondamentale positiva. D’altra parte, tale atto
moralmente buono è possibile grazie alla presenza dell’opzione fondamentale positiva. Il carattere atematico di essa non comporta che essa non
si possa riconoscere, poiché attraverso gli atteggiamenti virtuosi diviene
consapevolmente riconoscibile anche a livello riflesso, ricevendo poi una
ulteriore tematizzazione nella concretezza degli ambiti specifici delle scel-
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te esistenziali della persona, cioè negli atti virtuosi particolari.
Tutto ciò vale per ogni persona considerata dal punto di vista del suo
decidersi, della sua intenzionalità reale. Il cristiano interpreta ed assume
l’autenticamente umano in Cristo, vive la sua opzione morale fondamentale cristiana nella forma della sequela di Cristo e quindi della conversione
continua. Nel dono della fede cristiana è donata la comunione compresa
con Dio che ama e salva, in una apertura di futuro affidato a lui. Il cristiano sa di non aver raggiunto con le sue forze, né ottenuto con i propri
meriti la relazione salvante con Dio. La vita teologale è grazia, le virtù
teologali sono donate (“infuse”). Tuttavia le chiamiamo virtù, perché il
dono di Dio che genera alla fede diventa storia personale attraversa la
libera adesione, nel responsabile esercizio della libertà. Anche per il cristiano il processo di maturazione della propria interiorità abbraccia tutta
la realtà dell’agire morale concreto, perché l’attuazione di qualsiasi valore
umano riconosciuto come il (maggior) bene concretamente possibile
costituisce il suo modo reale di essere nel Signore e proprio per questo il
suo bene morale.
Vita teologale è la vita della persona credente che, accogliendo il dono
della fede, si fa responsabile della sua vita morale all’interno della personale relazione con Dio in Cristo, come attuazione ed espressione di essa.
Le virtù della fede, della speranza e della carità, pur con sottolineature tradizionali diverse, sono comprese come unità-espressione della realtà di
grazia, del dono gratuito di Dio per l’uomo e dell’accoglienza attiva ed
incondizionata di questo dono. Diventata realtà personale, nell’intimo
della coscienza fondamentale, la grazia accolta (la comunione con Dio)
agisce al livello della libertà fondamentale, conducendo l’autoattuazione
dell’uomo e qualificando la realtà decisionale profonda,
cioè l’opzione fondamentale del credente. Tale interiorità
La virtù, come attitudine trasformata si manifesta come atteggiamento virtuoso unifial bene, si forma e cante di fede-carità-speranza: atteggiamento di fede operanmatura attraverso un te nella carità e sorretto dalla speranza.
habitus di cura e
Anche per il cristiano, dunque, nella specificità della sua
impegno di unificazione opzione fondamentale, si tratta di coltivare atteggiamenti
e verità nei vari ambiti virtuosi capaci di costruire in positivo la vita morale concredel vivere concreto e ta. La virtù, come attitudine al bene, si forma e matura
delle relazioni attraverso un habitus di cura e impegno di unificazione e
diversificate. verità nei vari ambiti del vivere concreto e delle relazioni
diversificate. In fondo è questo ciò che tendenzialmente
costituisce la realtà della conversione, ciò che rende riconoscibile una vita
di sequela portandola tendenzialmente al suo compimento. Il richiamo al
discorso sulle virtù non può essere equivocato nel senso di un puro custodirsi e difendere la propria statura interiore. L’onestà morale e l’onestà
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della risposta al Signore non sono realtà semplicemente da difendere, ma
continuamente da costruire, impegnando le forze, l’anima, l’intelligenza
prima di tutto a riconoscere l’iniziativa del Signore e il dono di poterlo
conoscere nella sua intenzionalità e di essere fatti capaci di assumerla.
Riconoscendo anche la verità di se stessi a partire da Lui, i credenti sono
dalla gratitudine spinti a rispondere accogliendo la sua chiamata a cercare
con ogni uomo il bene concretamente possibile. La salvezza del Signore,
infatti, diviene storia, storia efficace di bene desiderabile e possibile su
questa terra, attraverso il sì della risposta umana consapevole, libera e
responsabile. La memoria delle parole e dei gesti del Signore può divenire,
in questo modo, criterio interpretante il corretto agire nei diversi ambiti
dell’esistenza, aiutando a riconoscere e promuovere atteggiamenti e comportamenti realmente virtuosi, radicati in quella libertà interiore che apre
alla carità come consegna di sé gratuita, tendenzialmente senza riserve.
Note
1
Cfr. A. MacIntyre, After Virtue. A Study in Moral Theology, Notre Dame,
University of Notre Dame Press, 1981; J. F. Keenan, Virtues for Ordinary
Christians, Franklin, Wisconsin 1999; L’etica delle virtù: per una sua promozione
fra i teologi moralisti italiani, “Rassegna di Teologia”, 44 (2003), pp. 569-590; S.
Pinckaers, Les sources de la morale chrétienne. Sa méthode, son contenu, son histoire,
Fribourg – Paris 1993; A. Compte Sponville, Petit traité des grandes vertus, 1995.
2
Cfr. S. Bastianel, “Una opzione fondamentale di fede-carità”, in G. Coffele e G.
Gatti (Edd.), Problemi morali dei giovani oggi, LAS, Roma 1990, pp. 65-79; K.
Demmer, Opzione fondamentale, in F. Compagnoni, G. Piana, S. Privitera
(Edd.), Nuovo Dizionario di Teologia morale, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo
(MI) 1990, pp. 854-861; J. Fuchs, Libertà fondamentale e morale, in Id., Esiste
una morale cristiana? Questioni critiche in un tempo di secolarizzazione, HerderMorcelliana, Roma-Brescia 1970, pp. 113-139; G. Gilleman, Le primat de la
charité en théologie morale. Essai méthodologique, Bruxelles – Bruges – Paris 1954,
pp. 111-165; K. Rahner, Corso fondsmentale sulla fede. Introduzione al concetto di
cristianesimo, Edizioni Paoline, Roma 1978.
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