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Primo viaggio intorno al mondo
a Primo viaggio intorno al mondo di Antonio Pigafetta Storia d’Italia Einaudi a Edizione di riferimento: Relazione del primo viaggio attorno al mondo, Editrice Antenore, Padova 1999 Storia d’Italia Einaudi II RELAZIONE DEL PRIMO VIAGGIO ATTORNO AL MONDO Antonio Pigafeta patricio vicentino e cavalier de Rodi a l’illustrissimo ed exellentissimo signor Filipo de Villers Lisleadam, inclito gran maistro de Roddi, signor suo observantissimo. Perché sono molti curiosi, illustrissimo ed exellentissimo signor, che non solamente se contentano de sapere e intendere li grandi e admirabilli cose che Dio me ha concesso de vedere e patire ne la infrascripta mia longa e pericolosa navigatione, ma ancora vogliono sapere li mezi e modi e vie che ho tenuto ad andarvi, non prestando quella integra fede a l’exito se prima non hanno bonna certeza de l’initio, pertanto saperà vostra illustrissima signoria che, ritrovandomi ne l’anno de la natività del Nostro Salvatore 1519 in Spagna, in la corte del serenissimo re de’ Romani con el reverendo monsignor Francesco Chieregato, alora protonotario apostolico e oratore de la santa memoria de papa Leone X, che per sua vertù dapoi è acceso a l’episcopato di Aprutino e principato de Teramo, avendo io avuto gran notisia per molti libri letti e per diverse personne che praticavano con sua signoria de le grande e stupende cose del Mare Occeanno, deliberai con bonna gratia de la magestà cezaria e del prefacto signor mio far experientia di me e andare a vedere quelle cose che potessero dare alguna satisfatione a me medesmo e potessero parturirmi qualche nome apresso la posterità. Avendo inteso che alora si era preparata una armata in la cità de Siviglia che era de cinque nave per andare a scoprire la speceria ne le isolle de Maluco, de la qualle era capitanio generalle Ferando de Magaglianes gentilomo portughese ed era comendatore de Santo Iacobo de la Spada, più volte con molte sue laude aveva peregrato in diverse guize lo Mare Occeanno, mi Storia d’Italia Einaudi 1 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo parti’ con molte letere di favore de la cità de Barsalonna, dove alora resideva sua maestà, e sopra una nave passai sino a Malega onde, pigliando el camino per tera, iunsi a Siviglia e, ivi essendo stato ben circa tre mesi espetando che la dicta armata se ponese in ordine per la partita, finalmente, como qui de soto intenderà vostra exellentissima signoria, con felicissimi auspitii incomensiamo la nostra navigatione. E perché ne l’eser mio in Italia, quando andava a la santità de papa Clemente, quella per sua gratia a Monteroso verso di me se dimostrò assai benigna e umana e dissemi che li sarebe grato le copiasse tute quelle cose aveva viste e passate nella navigatione, benché io ne abia avuta poca comodità, niente di meno segondo el mio debil potere li ho voluta satisfare. E cosí li oferisco in questo mio libreto tute le vigilie, fatiche e peregrinatione mie, pregandola, quando la vacherà dalle asidue cure rodianne, se degni transcorerle, per il che me poterà essere non poco remunerato da vostra illustre signoria, a la cui bonna gracia mi donno e recomando. Avendo deliberato il capitanio genneralle di fare cosí longa navigatione per lo Mare Occeanno, dove sempre sonno impetuosi venti e fortune grandi, e non volendo manifestare a niuno de li suoi el viagio che voleva fare aciò non fosse smarito in pensare de fare tanto grande e stupenda cosa, como fece con lo aiuto de Idio, li capitani sui che menava in sua compagnia lo odiavano molto; non so perché, se non perché era portoghese ed essi spagnoli. Volendo dar fine a questo, che promise con iuramento a lo imperatore don Carlo re de Spagna, aciò le nave ne le fortune e ne la nocte non se separasseno una de l’altra, ordenò questo ordine e lo dete a tuti li piloti e maestri de le sue navi, lo qual era lui de note sempre voleva andar inanzi de le altre navi ed elle seguitaseno la sua con una facela grande di legno (che la chiamano farol), qual sempre portava pendente de la popa de la sua nave. Questo segnale era aciò de continuo lo seguitaseno. Se Storia d’Italia Einaudi 2 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo faceva uno altro fuoco con una lanterna o con uno pezo de corda de iunco (che la chiaman strengue), di sparto molto batuto ne l’acqua e poi secado al sole overo al fume (ottimo per simil cosa), ge respondeseno aciò sapesse per questo segnalle che tute venivano insieme. Se faceva dui fuochi senza lo farolo, virasseno o voltassenno in altra banda. Quando el vento non era buono e al preposito per andar al nostro camino o quando voleva far poco viagio, se faceva tre fuochi, tolesseno via la bonneta, che è una parte de vela che se ataca da basso de la vela magiore; quando fa bon tempo, per andar più, la se tol via aciò sia più facile a racogliere la vela magiore quando se amaina in pressa in uno tempo subito. Si faceva quatro fochi, amainasseno tute le vele, facendo poi lui uno segnale di fuoca. Como stava fermo, se faceva più fochi overo tirava alcuna bombarda, fose segnale de tera o de bassi. Poi faceva quatro fuochi quando voleva far alsare le vele in alto aciò loro navegasseno seguendo sempre per quela facela de poppa. Quando voleva far metere la honeta faceva tre fuochi. Quando voleva voltarse in altra parte faceva dui. Volendo poi sapere se tute le nave lo seguitavano e venivano insieme, faceva uno perché cussí ogni nave facesse e li respondese. Ogni nocte se faceva tre guardie: la prima nel principio de la nocte, la seconda (che la chiamano modora) nel meso, la terza nel fine. Tuta la gente de le nave se partiva in tre coloneli: el primo era del capitanio overo del contramaistro mudandose ogni nocte, lo secondo del piloto o nochiero, lo terzo del maestro. Pertanto lo capitanio genneral comandò che tute le nave observaseno questi segnali e guardie aciò se andase più seguri. Luni a’ 10 de agusto, giorno de sancto Laurentio ne l’anno ià deto, essendo la armata fornita de tute le cose necessarie per mare e d’ogni sorte de gente (éramo ducento e trentasete omini), ne la matina le cinque nave se feceno preste per partirse dal mole de Siviglia e, tiran- Storia d’Italia Einaudi 3 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo do molta artegliaria, deteno il trincheto al vento e venne abaso del fiume Betis, al presente detto Gadalcavir, passando per uno luoco chiamato Gioan Dalfarax, che era già grande abitatione de mori, per mezo lo qualle stava un ponte che pasava el dicto fiume per andare a Siviglia, dil che li è restato fin al presente nel fondo de l’acqua due colonne che, quando passano, le navi hanno bisogno de omini che sapianno ben lo loco delle colonne perciò non desseno in esse. Ed è bisogno passarle quanto el fiume sta più cressente e anche per molti altri luochi del fiume che non ha tanto fondo che baste per passare le navi cargate e quelle non sianno tropo grandi. Poi venirono ad un altro che se chiama Coria, passando per molti altri villagii a longo del fiume, tanto che aionseno ad uno castello del duca de Medina Cidonia, il qualle se chiama San Lucar, che è porto per entrare nel Mare Occeanno, levante ponente con il Capo de Sanct Vincent, che sta in 37 gradi de latitudine e longi dal deto porto 10 leghe. Da Siviglia fin a qui per lo fiume gli sonno 17 o 20 leghe. Da lí alquanti giorni vene el capitanio genneralle con li altri capitani per lo fiume abasso ne li bateli de le nave e ivi stesseno molti giorni per finire la armata de alcune cose li mancavano. E ogni dí andavamo in tera ad aldir messa ad uno loco che se chiama Nostra Dona de Baremeda, circa San Lúcar. E avanti la partita, lo capitanio genneral volse tucti se confessaseno e non consentite ninguna dona venisse ne l’armata per meglior rispecto. Marti a’ 20 de septembre nel medesimo anno ne partissemo da questo loco chiamato San Lúcar pigliando la via de garbin e a 26 del dicto mese arivassemo a una isola de la Gran Canaria che se dise Tenerife, in 28 gradi de latitudine, per pigliar carne, aca e legna. Stessemo ivi tre giorni e mezo per fornire l’armata de le decte cose; poi andassemo a uno porto de la medesma isola, deto Monte Rosso, per pegolla, tardando dui giorni. Saperà vostra Storia d’Italia Einaudi 4 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo illustrissima signoria che in queste isolle de la Gran Canaria g’è una infra le altre ne la qualle non si trova pur una goza de acqua che nasca, si non nel mezodí descenderc una nebola dal ciello e circunda uno grande arbore che è ne la dicta isola stilando da le sue foglie e rami molta acqua; e al piede del dicto arbore è adrissado in guiza de fontana una fossa ove casca tuta la acqua de la qualle li omini abitanti e animali, cosí domestici como salvatici, ogni giorno de questa acqua e non de altra abondantissimamente si saturano. Luni a’ tre d’octobre a mezanocte se dete le velle al camino de l’austro ingolfandone nel Mare Occeanno, passando fra Capo Verde e le sue isolle in 14 gradi e mezo. E cussí molti giorni navigassimo per la costa de la Ghinea overo Etiopia, ne la qualle è una montagna detta Siera Leona, in 8 gradi de latitudine con venti contrari, calme e pioge, senza venti fin a la lignea equinotialle, piovendo sesanta giorni de continuo contra la opignone de li antichi. Inanzi che aiungessemo a li legnea a 14 gradi, molte gropade de venti impetuosi e corenti de acqua ne asaltaronno contra el viagio. Non tossendo spontare inansi e aciò che le nave non periculasseno, se calavano tute le velle e de questa sorte andavamo de mare in traverso finché passava la grupada, perché veniva molto furiosa. Quando pioveva non era vento; quando faceva solle era bonnasa. Venivano al bordo de le nave certi pessi grandi che se chiamano tiburoni che hanno denti teribilli e, se trovano omini nel mare, li mangiano. Pigliavamo molti con ami de fero, benché non sonno bonni da mangiare se non li picoli, e anche loro mal bonni. In queste fortune molte volte ne aparse il Corpo Sancto, cioè sancto Elmo in lume. Fra le altre, in una obscurissima nocte dé tal splendore come è una facella ardente in cima de la magiore gabia; e sté circa due ore e più con noi consolandone che piangevamo. Quanto questa Storia d’Italia Einaudi 5 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo bennedeta luce se volse partire da nui, tanto grandissimo splendore dete ne li ochi nostri che stesemo più de mezo carto de ora tuti ciechi, chiamando misericordia e veramente credendo essere morti. El mare subito se aquietò. Viti molte sorte de ucelli, tra le qualle una che non aveva culo. Un’altra, quando la femina vol far li ovi, li fa sovra la schena del maschio e ivi se creanno; non hanno piedi e sempre viveno nel mare; un’altra sorte che viveno del sterco de li altri ucelli e non de altro, sí como viti molte volte questo ucello, qual chiamamo cagassela, corer dietro ad altri ucelli fin tanto quelli sonno constrecti mandar fuora el sterco. Subito lo piglia e lassa andare lo ucello. Ancora viti molti pessi che volavano e molti altri congregadi insieme che parevano una isola. Passato che avessemo la linea equinotiale, inverso el meridianno perdessemo la tramontana e cosí se navegò tra el mesoiorno e garbín fino in una tera che se dise la Tera del Verzín, in 23 gradi 1/2 al polo antartico, che è tera del Capo de Sancto Augustino, che sta in 8 gradi al medesimo polo, dove pigliassemo gran refresco de galine, batate, pigne molto dolci (fruto invero più gentil che sia), carne de anta como vaca, canne dolci e altre cose infinite che lascio per non essere prolixo. Per uno amo da pescare o uno cortello davano 5 o 6 galinne, per uno petine uno paro de occati, per uno spechio o una forfice tanto pesce che averebe bastato a 10 omini, per uno sonaglio o una stringa uno cesto de batate (queste batate sonno al mangiare como castagne e longo como napi) e per uno re de danari (che è una carta de iocare) me deteno 6 galine e pensavano ancora averni inganati. Intrassemo in questo porto il giorno de sancta Lucia e in quel dí avessemo el solle per zenit e patissemo più caldo quel giorno e li altri quando avevamo el solle per zenit che quando éranio soto la linea equinotialle. Questa Tera del Verzín è abondantissima e più grande che Spagna, Fransa e Italia tute insieme. E’ del re de Storia d’Italia Einaudi 6 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Portugalo. Li populi de questa tera non sonno cristiani e non adorano cosa alguna; viveno secondo lo uzo de la natura e viveno centovinticinque anni e cento e quaranta. Vano nudi cossí omini como femine. Abitano in certe case longhe che le chiamano boii e dormeno in rete de bambaso, chiamate, amache, ligade ne le medeme case da uno capo e da l’altro a legni grossi; fanno foco infra essi in tera. In ognuno de questi boii stano cento omini con le sue moglie e figlioli facendo gran romore. Hanno barche d’uno solo carburo, ma schive, chiamate canoè, cavate con menare de pietra (questi populi adoperano le pietre como nui el fero per non avere); stanno trenta e quaranta omini in una de queste. Vogano con palle como da forno e cussí negri, nudi e tosi asimigliano quando vogano a quelli de la Stige palude. Sono disposti, omini e femine, como noi. Mangiano carne umana de li sui nemici non per bonna, ma per una certa uzansa. Questa uzansa lo uno con l’altro fu principio una vechia, la qualle aveva solamente uno figliolo che fu amazato da li suoi nemici. Per il che, passati alguni giorni, li sui pigliorono uno de la compagnia che aveva morto suo figliolo e lo condusero dove stava questa vechia. Ela, vedendo e ricordandose del suo figliolo, como cagna rabiata li corse adosso e lo mordete in una spala. Costui de lí a poco fugí ne li soi e disse como lo volsero mangiare, mostrandoli el segnalle de la spala. Quando questi pigliarono poi de quelli, li mangiarono; e quelli de questi: si che per questo è venuta tal uzansa. Non se mangiano subito, ma ognuno taglia uno pezo e lo porta in casa metendolo al fumo. Poi, ogni 8 iorni, taglia uno pezeto mangiandolo brutolado con le altre cose per memoria de gli sui nemici. Questo me disse Ioane Carvagio piloto che veniva con nui, el qualle era stato in questa tera quatro anni. Questa gente se depingeno maravigliosamente tuto il corpo e il volto con foco in diverse amaniere, anco le done; sono tosi e sensa barba perché se la pelanno; se vestono de vestiture Storia d’Italia Einaudi 7 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo de piume de papagalo con rode grande al cullo de le penne magiore (cosa ridicula). Casi tuti li omini, eccepto le femine e fanciuli, hano tre busi ne’ lavro de soto, ove portano pietre rotonde e longhe uno dito e più e meno di fora pendente. Non sonno del tuto negri, ma olivastri: portano descoperte le parte vergoniose; il suo corpo è senza peli e cossí omini qual donne sempre vano nudi. Il suo re è chiamato cacich. Hanno infinitissimi papagali e ne danno 8 o 10 per uno speco, e gati maimoni picoli fati como leoni, ma ialli (cosa belissima). Fano panne rotondo bianco de medola de arbore, non molto bonno, che nasce fra l’arbore e la scorsa ed è como recotta. Hanno porci che sopra la schena teneno il suo lombelico e ucceli grandi che hanno el beco como un cuchiaro sensa linga. Ne davano per una acceta o cortello grande una o due de le sue figliole giovane per schiave, ma sua mogliere non darianno per cosa alguna. Elle non farebenno vergonia a’ suoi mariti per ogni gran cosa, come n’è stato referito. De giorno non consentono a li loro mariti, ma solamente di nocte. Esse lavorano e portano tuto el mangiare suo da li monti in zerli overo canestri sul capo o atacati al capo, però essendo sempre seco sui mariti solamente con uno arco de verzín o de palma negra e uno mazo de freze di canna; e questo fano perché sonno gelosi. Le femine portano sui figlioli tacadi al colo in una rete de bambazo. Lascio altre cose per non essere più longo. Se disse due volte messa in tera, peri il che questi stavano con tanta contrictione in genochioni alsando le mano giunte che era grandissimo piacere vederli. Edificarono una casa per nui, pensando dovessemo star seco algun tempo, e tagliarono molto verzin per darnela a la nostra partida. Era stato forse dui mesi non aveva piovesto in questa terra e, quando aiongesemo al porto, per caso piovete: per questo decevano noi vegnire dal cielo e ave- Storia d’Italia Einaudi 8 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo re menato nosco la piogia. Questi populi facilmente se converterebenno a la fede de Iesú Cristo. Imprima costoro pensavano li batelli fossero figlioli de le nave e che elle li parturisseno quando se butavano fora di nave in mare e, stando cosí al costado como è uzansa, credevano le nave li nutrisseno. Una iovene bella vene un dí ne la nave capitania ove io stava, non per altro se non per trovare alguno recapito. Stando cossí e aspectando, butò lo ochio supra la camera del maistro e vide uno chiodo longo più de un dito, il che pigliando con grande gentilessa e galantaria se lo ficò a parte a parte de li labri della sua natura e subito bassa bassa se partite, vedendo questo il capitanio generale e io. Alguni vocabuli de questi populi del Verzín: 1| al miglio – maiz 2| alla farina – hui 3| a l’amo – pinda 4| al cortello – tacse 5| al petine – chigap 6| alla forfice – pirame 7| al sonaglio – itanmaraca 8| buono più che bono – tum maragathum Stessemo 13 giorni in questa tera. Seguendo poi il nostro camino, andasemo fin a 34 gradi e uno terso al polo antartico, dove trovassemo in uno fiume de acqua dolce omini che se chiamano Canibali e mangiano la carne umana. Vene uno de la statura casi como uno gigante nella nave capitania per asigurare li altri suoi. Aveva una voce simille a uno toro. Intanto che questo stete ne la nave, li altri portoronno via le sue robe dal loco dove abitavano dentro nella terra per paura de noi. Vedendo questo, saltassimo in terra cento omini per avere linga e parlare seco overo per forsa pigliarne alguno. Fugiteno e fugendo facevano tanto gran passo Storia d’Italia Einaudi 9 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo che noi saltando non potevamo avansare li sui passi. In questo fiume stanno sette izolle; ne la maior de queste se trova pietre preciose. Qui se chiama Capo de Sancta Maria; già se pensava che de qui se pasasse al Mare de Sur, cioè mezodí, né mai piú oltra fu discoperto. Adesso non è capo si non fiume e ha larga la boca 17 leghe. Altre volte in questo fiume fu mangiado da questi Canibali per tropo fidarse uno capitanio spagnolo che se chiamava Ioan de Solís e sesanta omini che andavano a discovrire terra como nui. Po’, seguendo el medesimo camino verso el polo antartico acosto de terra, venissemo a dare in due isolle pienni de occati e lovi marini. Veramente non se poria narare il gran numero de questi occati: in una ora cargassimo le cinque nave. Questi occati sonno negri e hanno tute le penne ad uno modo cossí nel corpo como nelle ale, non volano e vivono de pesse. Eranno tanti grassi che non bisognava pelarli ma scorticarli. Hanno lo beco como uno corno. Questi lovi marini sonno de diversi colori e grossi como viteli ed el capo como loro con le orechie picole e tonde e denti grandi; non hanno gambe se non piedi tacade al corpo simille a le nostre mani, con onghie picolle e tra li diti hanno quella pele como le oche. Sarebenno ferocissime se potesseno corere; nodano e viveno de pesce. Qui ebenno li nave grandissima fortuna, per il che ne aparseno molte volte li tre corpi sancti, cioè sancto Elmo, sancto Nicolò e sancta Chiara, e subito sessava la Fortuna. Partendone de qui arivassemo fin a 49 gradi e mezo a l’antartico. Essendo l’inverno, le navi introrono in uno bon porto per invernarse. Quivi stesemo dui mesi senza vedere personna alguna. Un di’ a l’improviso vedessemo uno omo de statura de gigante che stava nudo ne la riva del porto, balando, cantando e butandose polvere sovra la testa. Il capitanio generale mandò uno de li nostri a lui, aciò facesse li medesimi acti in segno de pace Storia d’Italia Einaudi 10 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo e, tati, lo conduce in una izolleta dinanzi al capitanio generalle. Quando fo nella sua e nostra presentia, molto se maravigliò e faceva segni con uno dito alzato credendo venissemo dal ciello. Questo erra tanto grande che li davamo a la cintura e ben disposto; aveva la faza grande e depinta intorno de rosso e intorno li ochi de iallo con dui cori depinti in mezo de le galte; li pochi capili che aveva erano tinti de bianco; era vestito de pelle de animale coside sotilmente insieme, el qualle animalle ha el capo e orecchie grande como una mula, il colo e il corpo como uno camello, le gambe di cervo e la coda de cavalo e nitrisse como lui. Ge ne sonno asaisimi in questa tera. Aveva a li piedi albarghe de le medesme pelle che copreno li piedi a uzo de scarpe e nella mano uno arco curto e grosso, la corda alquando più grossa di quelle del lauto, fata de le budelle del medemo animale, con uno mazo de frece de canna non molto longhe, impenade como le nostre, per fero ponte de pietra de fuoca bianca e negra, a modo de freze turchesche, facendole con un’altra pietra. Lo capitanio genneralle li fece dare da mangiare e bere e, fra le altre cose che li mostrete, li mostrò uno spechio grande de azalle. Quando el vide sua figura, grandamente se spaventò e saltò indrieto e butò tre o quatro de li nostri omini per terra. Dapoi li dete suonagli, uno spechio, uno petine e certi paternostri e mandòlo in tera con 4 omini armati. Uno suo compagno, che mai volse venire a le nave, quando el vite venire costui con li nostri, corse dove stavano li altri. Se misseno in fila tuti nudi. Arivando li nostri a essi, comensorono a balare e cantare levando uno dito al ciello e mostrandoli polvere bianca de radice de erba posta in pignate de tera che la mangiasseno perché non avevano altra cosa. Li nostri li feceno segno dovesseno vegnire a le navi e che li aiuterebenno portare le sue robe, per il che questi omini subito pigliorono solamenti li sui archi e le sue femine cargate como asine portorono il tuto. Queste non sonno Storia d’Italia Einaudi 11 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo tanti grandi ma molto più grosse. Quando le vedessimo, grandamente stessemo stupefati: hanno le tete longhe mezo brazo, sonno depinte e vestite como loro mariti, se non dinanzi a la natura hanno una pelessina che la copre. Menavano quatro de questi animali picoli ligadi con ligami a modo de caveza. Questa gente, quanto voleno pigliare de questi animali, ligano uno de questi picoli a uno spino; poi veneno li grandi per iocare con li picoli ed essi, stando asconsi, li amazano con le freze. Li nostri ne condussero a le navi dizidoto tra omini e femine; e foreno repartiti a le due parte del porto aciò pigliasseno de li dicti animali. De lí a 6 iorni fu visto uno gigante depinto e vestito de la medesima sorta de alguni che facevano legna. Aveva in mano uno arco e freze: acostandose a li nostri, prima se tocava el capo, el volto ed el corpo e il simile faceva a li nostri e dapoi levava li mani al ciello. Quando el capitanio generale lo sepe, lo mandò a tore con lo schifo e menòlo in quella izola che era nel porto dove avevano facta una casa per li fabri e per meterli alcune cose de le nave. Costui era più grande e meglio disposti de li altri e tanto tratabile e gratioso. Saltando balava e, quando balava, ogni volta cazava li piedi soto terra uno palmo. Stete molti giorni con nui, tanto che ’l batisassemo chiamandolo Ioanni. Cos<í> chiaro prenuntiava Iesú, Pater Noster, Ave Maria e Iovani como nui, se non con voce grocissima. Poi el capitanio generale li donò una camiza, una camisota di panno, braghesse di pano, un bonet, un spechio, uno petine, sonagli e altre cose e mandòlo da li sui: ge li andò molto alegro e contento. El giorno seguente costui portò uno de quelli animali grandi al capitanio generale, per il che li dete molte cose aciò ne portasse de li altri, ma più no ’l vedesemo. Pensasemo li suoi lo avessero amazato per aver conversato con nui. Passati 15 giorni, vedessemo quatro de questi giganti senza le sue arme perché le avevano ascosse in certi spini: poi li Storia d’Italia Einaudi 12 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo dui che pigliassemo ne le insegnaro. Ognuno era depinto diferentiatamente. Il capitanio generalle retenne dui, li più ioveni e più disposti, con grande astutia per condurli in Spagna; se altramente avesse facto, facilmente averebenno morto alguni de nui. L’astutia che uzò in retenerli fo questa: ge dete molti cortelli, forfice, spechi, sonagli e cristalino. Avendo questi dui le mani pienne de le dette cose, il capitanio generale fece portare dui para de fori che se meteno a li piedi, mostrando de donnarli, ed elli, per essere fero, li piacevano molto ma non sapevano como portarli e li rincresceva lassarli. Non avevano ove metere quelle merce e bisognavali tenerli con le mani la pelle che avevano intorno. Li altri dui volevano aiutarli, ma il capitanio non volse. Vedendo che li rincresciva lassare quelli feri, li fece segno li meterebe a li piedi e che li portarebenno via. Essi risposero con la testa de sí subito. Ad uno medesimo tempo li fece metere a tucti dui e, quando l’inchiavavano con lo fero che traversa, dubitavano, ma, sigurandoli il capitanio, pur steteno fermi. Avedendose poi de l’ingano, sbufavano como tori e chiamando fortemente Setebos che li aiutasse. Agli altri dui, apena potesimo ligarli li mani, li mandassemo a terra con nove omini aciò guidasseno li nostri dove stava la moglie de uno de quelli avevano presi, perché fortemente con segni la lamentava aciò ella intendessemo. Andando, uno se desligò li mani e corse via con tanta velocità che li nostri lo perseno de vista. Andò dove stava la sua brigata e non trovò uno de li soi che era rimasto con le femine perché era andato a la caza. Subito lo andò a trovare e contòli tuto el fatto. L’altro tanto se sforsava per desligarse che li nostri lo ferirono un poco sopra la testa e sbufando conduce li nostri dove stavano le loro donne. Gioan Cavagio piloto, capo de questi, non volse tore la donna quella sera, ma dormite ivi perché se faceva nocte. Li altri dui veneno e, vedendo costui ferito, se dubitavano e non disero niente alora, ma ne l’al- Storia d’Italia Einaudi 13 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ba parloro a le donne; subito fugiteno via e corevano più li picoli che li grandi, lassando tute le sue robe. Dui se trasseno da parte tirando a li nostri frece; l’altro menava via quelli soi animaleti per cazare e, cosí combatendo, uno de quelli passò la cossa con una freza a uno de li nostri, il qualle subito morí. Quando visteno questo, subito corseno via. Li nostri avevano schiopeti e balestre e mai non li poterono ferire. Quando questi combatevano, mai stavano fermi, ma saltando de qua e de llà. Li nostri sepelirono lo morto e brasarono tute le robe che avevano lassata. Certamente questi giganti coreno più veloci che cavali e sonno gelosissimi de loro mogliere. Quando questa gente se sente malle al stomaco, in loco de purgarse se meteno ne la golia dui palmi e più d’una friza e gomitano coloro verde mischiade con sangue perché mangiano certi cardi. Quando li dole el capo se danno nel fronte una tagiatura nel traverso e cussí ne le brace, ne le gambe e in ciascuno loco del corpo, cavandosse molta sangue. Uno de quelli avivamo presi, che stava ne la nostra nave, diceva como quel sangue non voleva stare ivi e per quello li dava passione. Hanno li capeli tagliati con la chierega a modo de’ frati, ma più longhi, con uno cordonne di bambaso intorno lo capo, nel qualle ficano le freze quando vano a la caza. Libano el suo membro dentro del corpo per lo grandissimo fredo. Quando more uno de questi ge apareno 10 o dudice demoni balando molto alegri intorno del morto tucti depinti. Ne vedono uno sovra li altri asai più grande, gridando e facendo più gran festa. Cosí como el demonio li apare depinto, de quella sorte se depingeno. Chiamano el demonio magior Setebos, a li altri Cheleulle. Ancora costui ne disse con segni avere visto li demoni con dui corni in testa e peli longhi che coprivano li piedi getare foco per la boca e per il culo. Il capitanio generale nominò questi populi Patagoni. Tutti se vestono de la pelle de quello animale già deto; non hanno case se non traba- Storia d’Italia Einaudi 14 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo che de la pelle del medesimo animale e con quelli vano mo di qua mo di là como fanno li cingani; viveno de carne cruda e de una radice dolce che la chiamano chapac. Ognuno de li dui che pigliassemo mangiava una sporta de biscoto e beveva in una fiata mezo sechio de acqua. E mangiavano li sorgi senza scorticarli. Stessemo in questo porto, el qual chiamassemo Porto de Sancto Iulianno, circa de cinque mesi, dove acadetenno molte cose. Aciò che vostra illustrissima signoria ne sapia algune, fu che, subito entrati nel porto, li capitani de le altre quatro nave ordinorono uno tradimento per amazare il capitanio genneralle; e questi erano el veadore de l’armata, che se chiamava Ioan de Cartagena, el tesorero Alovise de Mendosa, el contadore Antonio Coca e Gaspar de Cazada † e, squartato el veador de li omini, fo amazato lo tesorero a pognalade, esendo descoperto lo tradimento. De lí alquanti giorni Gaspar de Casada †, per voler fare uno altro tradimento, fo sbandito con uno prete in questa tera Patagonia. El capitanio generale non volse farlo amazare perché lo imperatore don Carlo lo aveva facto capitanio. Una nave chiamata Sancto Iacobo, per andare a descovrire la costa, se perse. Tucti li omini si salvarono per miracolo non bagnandosse. Apenna dui de questi venirono a li navi e ne dissero el tuto, per il che el capitanio generale ge mandò alcuni omini con sachi pienni de biscotto. Per dui mesi ne fu forsa portarli el vivere perché ogni giorno trovavano qualche cosa de la nave. El viagio ad andare era longo 24 leghe (che sonno cento millia), la via asprissima e pienna de spini. Stavano 4 giorni in viagio; le nocte dormivano in machioni; non trovavano acqua da bevere se non giacio, il che ne era grandisima fatiga. In questo porto era asaissime cape longhe, che le chiamano missiglioni (avevano perle nel mezo), ma picole che non le potevano mangiare. Anco se trovava insenso, struzi, volpe, pàssare e conigli più picoli assai de li Storia d’Italia Einaudi 15 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo nostri. Qui, in cima del più alto monte, drizassemo una croce in signo de questa terra che erra del re de Spagna e chiamassemo questo monte Monte de Cristo. Partendone de qui in 51 grado manco uno terso a l’antartico trovasemo uno fiome de acqua dolce nel qualle le navi quasi se persenno per li venti teribili, ma Dio e li corpi sancti le aiutarono. In questo fiume tardassemo circa dui mesi per fornirne de acqua, legna e pesce longo uno braso e più con squame: era molto bonno, ma poco. E inansi se partissemo de qui, el capitanio genneralle e tuti nui se confessasemo e comunicassemo como veri cristianni. Poi, andando a cinquantadui gradi al medesimo polo, trovassemo nel giorno delle Undicimillia Vergine uno streto, el capo del qualle chiamamo Capo de le Undicimillia Vergine, per grandissimo miracolo. Questo streto è longo cento e diece leghe (che sonno 440 millia) e largo più e manco de meza lega, che va a referire in uno altro mare chiamato Mar Pacifico, circundato da montagne altissime caricate de neve. Non li potevamo trovare fondo si non con lo proise in tera in 25 e 30 braza e, se non era el capitanio generale, non trovavamo questo strecto, perché tuti pensavamo e dicevamo como era serato tuto intorno. Ma il capitano generale, che sapeva de dover fare la sua navigatione per uno streto molto ascoso, como vite ne la tesoraria del re de Portugal in una carta fata per quello exelentissimo uomo Martin de Boemia, mandò due navi (Sancto Antonio e la Concepitone, che cossí le chiamavano) a vedere che era nel capo de la baia. Noi con le altre due nave (la capitania se chiamava Trinitade, l’altra la Victoria) stessemo ad aspectarle dentro ne la baia. La nocte ne sovravenne una grande fortuna che durò fino a l’altro mezoiorno, per il che ne fu forza levare l’ancore e lassiare andare de qua e de là per la baia. A le altre due navi li era traversia e non potevano cavalcare uno capo che faceva la baia quasi in fine per vo- Storia d’Italia Einaudi 16 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ler venire a noi; sí che li era forsa a dare in seco. Pur acostandose al fine de la baia, pensando de essere persi, viteno una boca picola che non pariva boca ma uno cantone e, como abandonadi, se cazaronno dentro, sí che per forza discoperseno el streto e, vedendo che non era cantone ma uno streto de tera, andarono più inanzi e trovorono una baia. Poi andando più oltra, trovorono uno altro stretto e un’altra baia più grande che le due prime. Molto alegri subito voltoron indrieto per dirlo al capitanio generale. Noi pensavamo fosseno perse, prima per la fortuna grande, l’altra perché eranno passati dui giorni e non aparevano; e anco per certi fumi che facevano dui de li sui mandati in tera per avisarne. E cosí stando suspesi, vedemo venire due navi con le velle pienne e con le bandere spiegate verso de noi. Essendo casi vicine, subito scaricorono molte bombarde †...† e gridi; poi tuti insieme, rengratiando Idio e la Vergine Maria, andasemo a cercare più inanzi. Essendo entrati in questo streto, trovassemo due boche: una al siroco, l’altra al garbino. Il capitanio generale mandò la nave Sancto Antonio insieme con la Concetione per vedere se quella boca che era verso siroco aveva exito nel Mare Pacifico. La nave Sancto Antonio non volse aspectare la Conceptione perché voleva fugire per retornare in Spagna, como fece. Il piloto de questa nave se chiamava Stefan Gomes, lo qualle odiava molto lo capitanio gennerale perché, inanzi se facesse questa armata, costui era andato da lo imperatore per farse dare algune caravele per discovrire terra, ma per la venuta del capitanio gennerale sua magestà non le li dete. Per questo se acordò con certi spagnolli e nella nocte seguente pigliarono lo capitanio de la sua nave, el qualle er<a> ermano del capitanio generale e aveva nome Alvaro de Meschita, lo ferirono e lo messeno in feri e cosí lo condussero in Spagna. In questo nave era l’altro gigante che avevamo prezo, ma, quanto entrò nel caldo, morse. La Con- Storia d’Italia Einaudi 17 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ceptione, per non potere seguire questa, la aspectava andando di qua e de là. Sancto Antonio a la nocte tornò indrieto e se fugí per lo medesimo strecto. Nui éramo andati a descovrire l’altra boca verso el garbín, trovando pur ognora el medesimo streto. Arivassemo a uno fiume, che ’l chiamassemo el Fiume delle Sardine, perché apresso de questo ne eranno molte, e cosí quivi tardassemo quatro iorni per aspectare le due nave. In questi giorni mandasemo uno batello ben fornito per descoprire el capo de l’altro mare. Venne in termine de tre iorni e dissero como avevano veduto el capo ed el mare ampio. El capitanio gennerale lagrimò per allegreza e nominò quel capo Capo Dezeado, perché l’avevano ià gran tempo desiderato. Tornasemo indrieto per sercar le due nave e non trovassemo si non la Conceptione e, domandandoli dove era l’altra, rispose Ioan Seranno, che era capitanio e piloto de questa e anco de quella che se perse, che non sapeva e che mai non l’aveva veduta dapoi che ella entrò ne la boca. La cercassemo per tuto lo streto fin in quella boca dove ella fugite. II capitanio gennerale mandò indrieto la nave Victoria fina al principio del streto a vedera se ella era ivi e, non trovandola, metesse una bandera in cima de alguno monticello con una letera in una pignatella ficada in tera apresso la bandiera, aciò vedendola trovasseno la letera e sapesseno lo viagio che facevamo, perché cussí era dato le ordine tra noi quando se smarivamo le nave una de l’altra. Se misse due bandere con le letere l’una a uno monticello ne la prima baia, l’altra in una izoleta nella terza baia dove eranno molti lovi marini e ucceli grandi. Il capi<tanio> le l’espetò con l’altra nave presso el fiume Isleo e fece metere una croce in una izoletta zirca de questo fiume, el qualle era tra alte montagne caricate de neve e descende nel mare apresso lo Fiume de le Sardine. Se non trovavamo questo streto, el capitanio generale aveva deliberato andare fino a setantacinque gradi al polo antartico, dove in tal altura Storia d’Italia Einaudi 18 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo al tempo de la estate non ge è nocte e, se glie n’è, è poca; e cossí ne l’inverno iorno. Aciò vostra illustrissima signoria il creda, quando éramo in questo strecto le nocte eranno solamente de tre ore ed era nel mese d’octobre. La terra de questo strecto a man manca era voltata al siroco ed era bassa. Chiamassemo a questo streto el Streto Patagonico, in lo qual se trova ogni meza lega segurissimi porti, acque exelentissime, legna si non di cedro, pesce, sardine, missiglioni e appio (erba dolce, ma ge n’è anche de amare; nasce atorno le fontane), del qualle mangiassimo assai iorni per non avere altro. Credo che non sia al mondo el più bello e megliore streto como è questo. In questo Mar Occeanno se vede una molto delectevol caza de pesci: sonno tre sorte de pessi longhi uno brazo e più che se chiamano doradi, albacore e bonniti, li qualli seguitano pesci che volanno, chiamatti colondrini, longhi uno palmo e più e sonno obtimi al mangiare. Quando quelle tre sorte trovano alguni de questi volanti, subito li volanti saltanno fora de l’acqua e volano finché hanno le alle bagnate più de uno trar de balestra. Intanto che questi volano, li altri corenno indrieto socta acqua a la sua ombra, non sonno cussí presto cascati ne l’acqua che questi subito li piglianno e mangiano, cosa invero belissima de vedere. Vocabuli de li giganti paragoni: 1| Al capo – her 2| a l’ochio – other 3| al nazo – or 4| alle cillie – occhechel 5| a le palpebre – sechechiel 6| a li bussi del nazo – oresche 7| a la boca – xiam 8| a li labri – schiahame 9| a li denti – phor 10| a la linga – schial Storia d’Italia Einaudi 19 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 11| al mento – secheu 12| a li pelli – archir 13| al volto – cogechel 14| a la golo – ohumez 15| a la copa – schialeschin 16| a le spalle – pelles 17| al gomedo – cotel 18| a la man – chene 19| a la palma de la man – canneghin 20| al dito – cori 21| a le orechie – sane 22| soto el braco – salischin 23| a la mamela – othen 24| al peto – ochij 25| al corpo – gechel 26| al membro – sachet 27| a li testiculi – sacaneos 28| a la natura de le donne – isse 29| a l’uzar con esse – io hoi 30| a le cosse – chiaue 31| al genochio – tepin 32| al culo – schiaguen 33| a le culate – hoij 34| al brazo – mar 35| al polso – holion 36| a le gambe – coss 37| al piede – thee 38| al calcagno – tere 39| a la cavechie del piè – perchi 40| a la sola del piè – caotscheni 41| a le onghie – colim 42| al core – thol 43| al gratare – gechare 44| a l’omo sguerco – calischen 45| al giovane – calemi 46| a l’acqua – holi Storia d’Italia Einaudi 20 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 47| al fuoco – ghialeme 48| al fumo – giaiche 49| al no – chen 50| al sí – rey 51| a l’oro – pelpeli 52| a le petre lazure – secheg 53| al solle – calexchen 54| alle stelle – settere 54| al mare – aro 56| al vento – oni 57| a la fortuna – ohone 58| al pesse – hoi 50| al mangiare – mechiere 60| a la scutella – elo 61| a la pignata – aschanie 62| al demandare – ghelhe 63| vien qui – hon si 64| al gardar – choime 65| a l’andar – reime 66| al combater – oamaghce 67| a le freze – sethe 68| al cane – holl 69| al lupo – ani 70| a l’andare longi – schien 71| a la guida – anti 72| a la neve – then 73| al covrire – hiam 74| al struzo ucelo – hoihoi 75| a li sui ovi – iam 76| a la polvere d’erba che mangiano – capae 77| a l’odorare – os 78| al papagalo – cheche 79| a la gabiota ucelo – cleo 80| al misiglion – siameni 81| al panno rosso – terechai 82| al bonet – aicchel Storia d’Italia Einaudi 21 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 83| al colore negro – ainel 84| al rosso – taiche 85| al gialo – peperi 86| al cocinare – yrocoles 87| a la cintura – cathechin 88| a l’oca – cache 89| al diavolo grande – Setebos 90| a li picoli – Cheleule Tucti questi vocabuli se prenuntiano in gorga perché cussí li prenuntiavano loro. Me disse questi vocabuli quel gigante che avevamo nella nave perché, domandandome capae (cioè pane, ché cusí chiamano quela radice che uzanno loro per panne), e oli (cioè acqua), quando el me vite scrivere questi nomi, domandandoli poi de li altri con la penna in mano, me intendeva. Una volta feci la croce e la basai mostrandoglila; subito gridò: «Setebos!»; e fecemi segno, se più facessi la croce, me intrarebe nel corpo e farebe crepare. Quando questo gigante stava male, domandò la croce abrassandola e basandola molto. Se volse far cristiano inanzi la sua morte; el chiamasemo Paulo. Questa gente, quando voleno far fuoco, fregano uno legno pontivo con uno altro infine che fanno lo fuoco in una certa medola d’arbore ch’è fra questi dui legni. Mercore a’ 28 de novembre 1520 ne disbucasemo da questo strecto ingolfandone nel Mare Pacifico. Stessemo tre mesi e vinti iorni sensa pigliare refrigerio de cosa alguna. Mangiavamo biscoto non più biscoto ma polvere, de quello con vermi a pugnate, perché essi avevano mangiato il buono: puzava grandamente de orina de sorzi; e bevevamo acqua ialla già putrifata per molti giorni e mangiavamo certe pelle de bove che erano sopra l’antena magiore, aciò che l’antena non rompesse la sarzia, durissime per il solle, piogia e vento. Le lasciavamo per Storia d’Italia Einaudi 22 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo quatro o cinque giorni nel mare e poi le metevamo uno poco sopra le braze e cosí le mangiavamo; e ancora assai volte segature de ase. Li sorgi se vendevano mezo ducato lo uno e se pur ne avessemo potuto avere! Ma sovra tute le altre sciagure questa era la pegiore: cressivano le gengive ad alguni sopra li denti cosí de soto como de sovra, che per modo alguno non potevano mangiare e cossí morivano. Per questa infirmità morirono 19 omini e il gigante con uno indio de la Terra del Verzín; vinticinque o trenta omini se infirmarono, chi ne li brazi, ne li gambe o in altro loco, sí che pochi restarono sani. Per la gratia de Dio, io non ebi algunna infirmitade. In questi tre mesi e vinti giorni andasemo circa de quatromillia leghe in un golfo per questo Mar Pacifico. Invero è benne pacifico perché in questo tempo non avessemo fortuna sensa vedere tera alcuna si non due isolote desabitate, nelle qual non trovassemo altro se non ucelli e arbori. La chiamassemo Isolle Infortunate, sono longi l’una da l’altra ducento leghe. Non trovavamo fondo apresso de loro se non vedevamo molti tiburoni. La prima izolla sta in quindisi gradi de latitudine a l’australle e l’altra in nove. Ogni iorno facevamo cinquanta, sesanta e setanta leghe a la catena o a popa e, se Idio e se la Sua Madre bennedeta non ne dava cosí bon tempo, morivamo tucti de fame in questo mare grandissimo. Credo certamente non si farà mai più tal viagio. Quando fussimi usciti da questo strecto, se avessemo navigato sempre al ponente, averessemo dato una volta al mondo senza trovare terra niuna se non el Capo de la Vergine, che è capo de questo strecto al Mare Occeano levante ponente con lo Capo Deseado del Mare Pacifico, li qualli dui capi stanno in cinquantadui gradi di latitudine puntualmente al polo antartico. Il polo antartico non è cosi stellato como lo artico. Se vede molto stelle picolle congregate insieme che fanno in guiza de due nebulle poco separate l’una de l’altra Storia d’Italia Einaudi 23 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo e uno poco ofusche, in mezo de le qualle stanno due stelle non molto grandi né molto relucenti e poco se moveno: queste due stelle sonno il polo antartico. La calamita nostra, zavariando uno poco, sempre tirava al suo polo artico; niente de meno nonaveva tanta forza como de la banda sua e però, quando éramoin questo golfo, il capitanio generalle domandò a tucti li piloti: «Andando sempre a la vela, per qual camino navigando pontasemo ne le carte?». Risposero tucti: «Per la sua via puntalmente datta». Li rispose che pontavano falso così como era e che conveniva agiutare la guchia del navegare perché non receveva tanta forza como da la parte sua. Quando eramo in mezo di questo golfo vedessemo una croce de cinque stelle lucidissime drito al ponente; e suono iustissime l’una con l’altra. In questi giorni navigassemo fra il ponente e il maestralle e a la quarta del maestralle finché aiungessemo a la linea equinotialle, longi da la linea de la ripartitione cento e vintidui gradi. La linea de la ripartitione è trenta gradi longi dal meridionale e ’l meridionale è tre gradi al levante longi de Capo Verde. In questo camino pasassemo poco longi da due izolle richisime, una in vinti gradi de latitudine al polo antartico, che se chiama Cipangu, l’altra in quindici gradi chiamata Sumbdit Pradit. Passata la linea equinotialle, navigassemo tra ponente e maistralle e a la carta del ponente verso el maestrale poi; duzente leghe al ponente mudando el viagio a la quarta inverso garbín fin in tredici gradi al polo artico per apropinquarse piú a la tcra del Capo de Gaticara, il qual capo, con perdon de li cosmografi perché non lo visteno, non si trova dove loro il pensavano, ma al setentrione in dodeci gradi, poco piú o manco. Circa de setanta leghe a la detta via in dodeci gradi di latitudine e 146 de longitudine, mercore a’ 6 de marso discopressemo una isola al maistrale picola e due altre al garbino. Una era più alta e più granda de l’altre Storia d’Italia Einaudi 24 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo due. Il capitanio generale voleva firmarse nella grattde per pigliare qualche refrigerio, ma non puoté perché la gente de questa izolla entravano ne le navi e robavano chi una cosa chi l’altra, talmente che non potevamo gardarsi. Volevano calare le vele aciò andasemo in tera. Ne robarono lo schifo che estava ligato a la popa de la nave capitania con grandissima presteza, per il che corozato el capitanio generalle andò in tera con quaranta uomini armati e bruzarono da quaranta o cinquanta caze con molti barchiti e amazarono sette uomini e reebe lo schifo; subito ne partisemo seguendo lo medesimo camino. Inanzi che dismontasemo in tera, alguni nostri infermi ne pregorono, se amazavamo uomo o donna, li portasemo li interiori, perché subito sarebenno sani. Quando ferivamo alguni de questi con li veretuni che li passavano li fianchi da l’una banda a l’altra, tiravano il veretone mo di qua mo di là, gardandolo; poi lo tiravano fuora maravigliandose molto e cussí morivano; e altri che erano feriti nel peto facevano el simille: ne mosseno a gran compasione. Costoro, vedendone partire, ne seguitorono con piú de cento barchiti piú de una lega. Se acostavano a le navi mostrandone pesce con simulatione de darnello, ma traevano saxi e poi fugivano. Andando le nave con velle piene, pasavano fra loro e li batelli con quelle sui barcheti molto destrissimi. Vedesemo algune femine in li barcheti gridare e scapigliarsi, credo per amore de li suoi morti. Ognuno de questi vive secondo la sua volontà; non hanno signori. Vano nudi e alguni barbati con li capeli negri fino a la cinta ingropati; portano capeleti de palma como li albanezi; sonno grandi como nui e ben disposti. Non adorano niente. Sonno olivastri, ma nascono bianchi; hanno li denti rossi e negri perché la reputano belissima cosa. Le femine vano nude se non che dinanzi a la sua natura portano una scorsa streta sotille como la carta, che nasce fra l’arbore e la scorza de la palma. Sonno Storia d’Italia Einaudi 25 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo belle, dilicate e bianche più che li uomini, con li capilli sparsi e longhi, negrissimi, fino in tera. Queste non lavorano, ma stanno in casa tessendo store, casse de palma e altre cose necessarie a casa sua. Mangiano cochi, batate, ucceli, fighi longhi uno palmo, canne dolci e pesci volatori con altre cose. Se ongeno el corpo e li capili con oleo de coco e de giongioli. Le sue case tute sonno facte di legno, coperte de taule con foglie de figaro de sopra longhe due braza, con solari e con fenestre; li camare e li lecti tucti forniti di store belissime de palma. Dormeno sovra paglia di palma molto mole e menuta. Non hanno arme se non certe aste con uno osso pontivo de pesce ne la cima. Questa gente è povera, ma ingeniosa e molto ladra, per questo chiamassemo queste tre isole le Isole de li Ladroni. El suo spaso è andare con le donne per mare con quelle sue barchete[...] sono como le fucelere, ma più strecti, alguni negri, bianchi e altri rossi; hanno da l’altra parte de la vella uno legno grosso pontivo ne le cime con pali atraversadi, che ’l sustentano ne l’acqua per andare più seguri a la vela. La vela è di foglie de palma cosite insieme e facta a modo de latina. Per timone hanno certe pale como da forno con uno legno in cima. Fanno de la popa prova e de la prova popa e sonno como delfini nel saltar a l’acqua de onda in onda. Questi ladroni pensavano, a li segni che facevano, non fusero altri omini al mondo se non loro. Sabato a’ sedize de marso 1521 dessemo ne la aurora sovra una tera alta, longi trecento leghe delle Isolle de li Latroni, la qual è isola e se chiama Zamal. EI capitanio generale nel giorno seguente volse dismontare in un’altra isola desabitata, per essere più seguro, che era di dietro de questa, per pigliare acqua e qualche diporto. Fece fare due tende in terra per li infermi e feceli amazare una porca. Luni a’ 18 de marso vedessemo dapoi disnare venire verso de nui una barca con nove omini, per il che lo ca- Storia d’Italia Einaudi 26 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo pitanio generale comandò che niuno si movesse né dicesse parolla alguna senza sua lisentia. Quando arivorono questi in terra, subito lo suo principalle andò al capitanio generale mostrandose alegro per la nostra venuta. Restarono cinque de questi più ornati con nui: li altri andorono a levare alguni altri che pescavano e cussí venirono tucti. Vedendo lo capitanio generale che questi erano omini con ragionne, li fece dare da bere e da mangiare e li donnò bonneti rossi, spechi, petini, sonagli, avorio, bocassini e altre cose. Quando vistenno la cortesia del capitanio li presentorono pesci, uno vaso de vino de palma (che lo chiamano uraca), fighi più longhi d’un palmo e altri più picoli, più saporiti, e dui cochi. Alora non avevano altro; ne fecero segni con la mano che infino a quatro giorni porterebenno umay (che è riso), cochi e molta altra victuvaglia. Li cochi sonno fructi de la palma. Cosí como nui avemo il panne, il vino, lo oleo e l’acetto, cosí hanno questi populi ogni cosa da questi arbori. Hanno el vino in questo modo: forano la dicta palma in cima, nel coresino deto palmito, dal qualle stilla uno licore como è mosto, bianco, dolce ma un poco bruscheto, in canne grosse come la gamba e più. L’ atacano a l’arbore la sera per la matina e la matina per la sera. Questa palma fa uno fructo, il qualle è lo coco; questo coco è grande como il capo e più e meno. La sua prima scorsa è verde e grossa più de dui diti, ne la qualle trovano certi filitti, che fanno le corde che liganno le sue barche. Soto di questa ne è una dura e molto più grossa di quella de la noce; questa la brusano e fano polvere bonna per loro. Soto di questa è una medola bianca grossa come un dito, la qual mangiano fresca con la carne e pesse como nui lo panne, ed è de quel sapore che è la mandola; chi la secasse se farebe panne. In mezo di questa medola è una acqua chiara, dolce e molto cordialle e, quando questa acqua sta un poco acolta, se Storia d’Italia Einaudi 27 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo congella e diventa como uno pomo. Quando voleno fare oglio, piglianno questo coco e lassano putrefare quella medola con l’acqua e poi la fanno buglire e vene oleo como butiro. Quando voleno far aceto, lasanno putrefare l’acqua solamente; poi la meteno al solle ed è aceto como de vino bianco. Si pò fare anco latte, como nui facevamo: gratavamo questa medola, poi la mischiavaino con l’acqua sua medesima. strucandola in uno panno e cosíera late como di capra. Queste palme sonno como palme de li datali, ma non cosí nodose, se non lisce. Una famiglia de 10 personne con dui de queste se manteneno fruando octo giorni l’una e octo giorni la altra per lo vino, perché, se altramenti facesseno, se secarebenno; e durano cento anni. Grande familliaritade pigliarono con nui questi popoli; ne discero molte cose como le chiamavano e li nomi de algune isole che se vedevano de qui. La sua se chiama Zuluan, la qualle non è tropo grande. Pigliascemo gran piacere con questi perché eranno asai piacevoli e conversabili. Il capitanio generale, per farli più onnore, li menò a la sua nave e li mostrò tuta la sua mercadansia: garofoli, cannella, pevere, gengero, nosce moscade, matia, oro e tute le cose che eranno nella nave. Fece descaricare algune bombarde: ebero gran paura e volsero saltar fuora de la nave. Ne fecero segni che lí dove nui andavamo nascessevano le cose ià dete. Quando si volsero partire, pigliarono lisentia cotì molta gratia e gentileza, dicendo che tornarebeno segondo la sua promessa. La isola dove éramo se chiama Humunu, ma noi, per trovarli due fontana de acqua chiarissima, la chiamassemo l’Acquada da li Buoni Segnalli, perché fu il primo segno de oro che trovassemo in questa parte. Quivi si trova gran cantitade de coralli bianco e arbori grandi, che fanno fructi poco menori de la mandola e sonno como li pignoli, e anco molte palme, algune bonne e algune altre cative. In questo loco sonno molte isole, per il che lo chiamassemo Storia d’Italia Einaudi 28 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo l’Arcipelago de San Lazaro, descovrendolo nella sua dominica, il quale sta in 10 gradi de latitudine al polo artico e cento e sesantauno di longitudine della linea de la repartitione. Vennere a’ 22 de marzo venirono in mezodí quelli omini, secondo ne avevano promesso, in due barche con cochi, naransi dolci, uno vaso de vino de palma e uno galo per dimostrare che in queste parte eranno galine. Se mostrarono molto alegri verso de noi: comprassemo tute quelle sue cose. Il suo signor era vechio e depinto, portava due schione de oro a le orechie; li altri molte maniglie de oro a li brazi con fazoli intorno lo capo. Stesemo quivi octo giorni, ne li qualli el nostro capitanio andava ogni dí in terra a visitare li infirmi e ogni matina li dava con le sue mani acqua del coco, che molto li confortava. Di dietro de questa isola stanno omini che hanno tanto grandi li picheti de l’orechie che portanno le braci ficati in loro. Questi popoli sonno cafri (cioè gentili); vanno nudi con tella de scorsa d’arbore intorno le sue vergonie, se non alguni principali con telle de bambazo lavorate ne li capi con seda a guchia. Sonno olivastri, grassi, depinti e se ongeno con olio de coco e de giongioli per lo solle e per il vento; hanno li capili negrissimi fina a la cinta e hanno daghe, cortelli, lanse fornite de oro, targoni, facine, arponi e rete da pescare come rizali. Le sue barche sonno como le nostre. Nel luni sancto a’ vinticinque de marso, giorno de la Nostra Donna, passato mezodí, essendo de ora in ora per levarsi, andai a bordo de la nave per pescare e, metendo li piedi sopra una antena per descendere ne la mesa de garnitione, me slizegarono li piedi perché era piovesto e cosí cascai nel mare che ninguno me viste ed, essendo quasi sumerso, me venne ne la mano sinistra la scota de la vella magiore che era ascosa ne l’acqua. Me teni forte e comensai a gridare tanto che fui aiutato con lo batelo. Non credo ià per mei meriti, ma per la misericordia di Storia d’Italia Einaudi 29 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo quella fonte de pietà fosse aiutato. Nel medesimo iorno pigliassemo tra il ponente e garbín infra quatro isolle, cioè Cenalo, Hiunanghan, Ibusson e Abarien. Iove a’ vintiocto de marzo, per avere visto la nocte passata fuoco in una isola, ne la matina surgissemo apresso de questa. Vedesemo una barca picola (che la chiamano boloto) con octo omini de dentro apropincarse ne la nave capitanea. Uno schiavo del capitatnio generale, che era de Zamatra, già chiamata Traprobana, li parlò, il qualle subito inteseno. Venero nel bordo de la nave non volendo entrare dentro, ma stavano uno poco discosti. Vedendo el capitanio che non volevano fidarsi de nui, li butò un bonnet rosso e altre cose ligate supra un pezo de taula. La piglioronno molto alegri e subito se partirono per avisare el suo re. De lí circa due ore vedessemo vegnire dui balanghai (che sonno barche grande e cussí le chiamano) pienni de uomini. Nel magiore era lo suo re, sedendo soto uno coperto de store. Quando el giunse apresso la capitania, il schiavo li parlò. Il re lo intese perché in queste parte li re sanno più linguagii che li altri, comandò che alguni soi intrasseno ne le nave. Lui sempre stete nel suo balanghai poco longi de la nave, finché li suoi tornoronno e, subito tornati, se partí. Il capitanio generalle fece grande onnore a quelli che vcnirono ne la nave e donnòli algune cose, per il che il re, inanzi la sua partita, volse donnare al capitanio una bara de oro grande e una sporta piena de gengero, ma lui, rengratiandol molto, non volce acceptarle. Nel tardi andasemo con le nave aprcsso la abitatione del re. Il giorno seguente, che era el venerdí sancto, el capitanio generale mandò lo schiavo che era lo interprete nostro in tera in uno batello a dire al re, se aveva alguna cosa da mangiare, la facesse portare in nave, ché restariano bene satisfati da noi, e como amici e non como nimici éramo venuti a la sua isola. El re venne con sei overo octo omini nel medesimo batello ed entrò ne la nave abra- Storia d’Italia Einaudi 30 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo zandosi col capitanio generale e donòli tre vazi di porcelanna coperti de foglie pienne de rizo crudo e due orade molto grande con altre cose. El capitanio dete al re una veste de panno rosso e giallo fato a la torchesca e uno bonnet rosso fino, a li altri sui a chi cortelli e a chi spechi. Poi se fece dare la colatione e per il schiavo li fece dire che voleva essere cun lui casi casi, cioè fratello. Rispose che cossí voleva essere verso de lui. Dapoi lo capitanio ge mostrò panno de diversi colori, tela, corali e molta altra mercantia e tuta l’artigliaria, facendola descargare: alguni molto si spaventorno. Poi fece armare uno orno como uno omo d’arme e li messe atorno tre con spade e pugnali che li davano per tuto il corpo, per la qual cosa el re restò casi fora di sé. Li disse per il schiavo che uno de questi armati valeva per cento de li suoi. Respose che era cussí e che in ogni nave ne menava duzento che se armavano de quella sorte. Li mostrò corazine, spade e rodelle e fece fare a uno una levata. Poi lo condusse supra la tolda de la nave, che è in cima de la popa, e fece portare la sua carta de navigare e la bussola e li disse per l’interprete como trovò lo streto per vegnire a lui e quante lune sono stati senza vedere terra: se maravigliò. In ultimo li disce che voleva, se li piacesse, mandare seco dui omini aciò li mostrasse algune de le sue cose. Respose che era contento; io ge andai con uno altro. Quando fui in tera, lo re levò le mani al ciello e poi se voltà contra nui dui; facessemo lo simille verso de lui, cosí tuti li altri fecero. Il re me pigliò per la mano; uno suo principale piglio l’altro compagno e cussí ne menorono soto uno coperto de cane dove era uno balanghai longo octanta palmi de li mei, simille a una fusta. Ne sedessemo sopra la popa de questo, sempre parlando con segni. Li suoi ne stavano in piede atorno atorno con spade, daghe, lanze e targoni. Fece portare uno piato de carne de porco con uno vazo grande pienno de vino. Bevevamo ad ogni boconne una tassa de vino. Lo vino che li Storia d’Italia Einaudi 31 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo avansava qualche volta, benché fosceno poche, se meteva in uno vazo da per si. La sua tasa sempre stava coperta, ninguno altro li beveva se non il re e io. Inanzi che lo re pigliasse la tassa per bere, alzava li mani giunte al cielo e verso de nui; e quando voleva bere extendeva lo pugno de la mano sinistra verso di me (prima pensava me volesse dare un pogno) e poi beveva; faceva cosí io verso il re. Questi segni fanno tuti l’uno verso de l’altro quando beveno. Con queste cerimonie e altri segni de amisitia merendasemo. Mangiai nel vennere sancto carne per non potere fare altro. Inanzi che venisse l’oro de cenare, donai molte cose al re che aveva portati. Scrisse asai cosse como le chiamavano. Quanto lo re e li altri me vistenno scrivere e li diceva quelle sue parolle, tutti restorono atoniti. In questo mezo venne l’ora de cenare: portoronno dui plati grandi de porcelanna, uno pienno de rizo e l’altro de carne de porco con suo brodo. Cenassemo con li medesimi segni e cerimonie: poi andassemo al palatio del re, el qualle era facto como una teza da fienno, coperto de foglie de figaro e de palma. Era edificato sovra legni grossi, alti de terra che ’l se conviene andare con scalle. Ne fece sedere sopra una stora de canne, tenendo le gambe atracte como li sarti. De li a meza ora fo portato uno piato de pesce brustolato in pezi e gengero per alora colto e vino. El figliolo magiore del re, ch’era il principe, vene dove éramo; il re li disse che sedesse apresso noi e cossí sedete. Fu portato dui piati, uno de pesce con lo suo brodo e l’altro de rizo aciò che mangiassemo col principe. Il nostro compagno, per tanto bere e mangiare, diventò briaco. Uzano per lume goma de arbore (che la chiamano anime) voltata in foglie de palma o de figaro. El re ne fece segno che ’l voleva andare a dormire; lassò con nui lo principe, con qualle dormisemo sopra una stora de canne con cossini de foglie. Venuto lo giorno, el re venne e me pigliò per la mano; cossí andassemo dove avevamo cenato per fare colatione, ma il batelle ne ven- Storia d’Italia Einaudi 32 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ne a levare. Inanzi la partita, el re molto alegro me basò le mani e noi le sue. Venne con nui uno suo fratello, re d’un’altra isola, con tre omini. Lo capitanio generale lo retenete a disnare con nui e donòli molte cose. Nella isola de questo re che condussi a le navi, se trova pezi de oro grandi como noce e ovi crivelando la terra. Tutti li vaso de questo re sonno de oro e anche alguna parte dela casa sua (cosí ne referite lo medesimo re). Segondo lo suo costume era molto in ordine e lo più bello uomo che vedessemo fra questi populi. Aveva li capili negrissimi fin a le spalle con uno velo de seta sopra lo capo e due schione grande de oro tacatte a le orechie; portava uno panno de bombazo tuto lavorato de seta che copriva da la cinta fino al ginochio; al lato una daga con lo manico alcanto longo tuto de oro; il fodro era de legno lavorato; in ogni dente aveva tre machie d’oro che parevano fosseno ligati con oro; oleva de storac e belgioví; era olivastro e tuto depinto. Questa isola se chiama Butuan e Calagan. Quando questi re se voleno vedere, veneno tuti dui a la caza in questa isola dove éramo. El re primo se chiama raià Colambu, il segundo raià Siain. Domenica ultimo de marso, giorno de Pasca, ne la matina per tempo el capitanio generale mandò il prete con alcanti a parechiare per dovere dire messa, con lo interprete a dire al re che non volevamo discendere in terra per disnar seco ma per aldire messa; per il che lo re ne mandò dui porchi morti. Quando fu ora de messa, andassemo in terra forse cinquanta omini non armati la persona ma con le altre nostre arme e meglio vestiti che potessemo. Inanzi che arivassemo a la riva con li bateli, forenno scaricati sei pezi de bombarde in segno de pace. Saltassemo in terra: li dui re abrassarono lo capitanio generale e lo messeno in mezo de loro. Andassemo in ordinanza fino al loco consacrato, non molto longi de la riva. Inanzi se comensasse la messa, il capitanio bagnò tuto el corpo de li dui re con acqua moscada. Se oferse Storia d’Italia Einaudi 33 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo a la messa; li re andorono a bassiare la croce como nui, ma non oferseno. Quando se levava lo corpo de nostro Signor stavano in genochioni e adoravanlo con le mane gionte. Le nave tirarono tuta la artigliaria in uno tempo quando se levò lo corpo de Cristo, dandoge lo segno de la tera con li schiopeti. Finita la messa, alquanti de li nostri se comunicorono. Lo capitanio generale fece fare uno ballo con le spade, de che le re ebenno gran piacere. Poi fece portare una croce con li chiodi e la coronna, a la qual subito fecero reverentia. Li disse per lo interprete como questo era il vessilo datoli da lo imperatore suo signore aciò in ogni parte dove andasse metesse questo suo segnalle e che voleva meterlo ivi per sua utilità, perché, se venesseno algune nave de le nostre, saperianno con questa croce noi essere stati in questo loco e non farebenno despiacere a loro né a le cose soe e, se pigliasseno alguno de li soi, subito mostrandoli questo segnalle, le lasserianno andare; e che conveniva metere questa croce in cima del più alto monte che fosse aciò, vedendola, ogni matina la adorasseno e, se questo facevano, né troni né fulmini ni tempesta li nocerebe in cosa alguna. Lo ringratiorno molto e dissero che farebenno ogni cosa volentieri. Anco li fece dire se eranno mori o gentili o in che credevano; risposero che non adoravano altro si non alsavano le mani giunte e la faza al ciello e che chiamavano lo suo dio Abba, per la qual cosa lo capitanio ebe grande alegressa. Vedendo questo, el primo re levò le mani al ciello e disse che voria, se fosse possibille, farli vedere il suo amore verso de lui. Lo interprete ge disse per qual cagione aveva quivi cosí poco da mangiare; resposc che non abitava in questo loco se non quando veniva a la caza e a vedere lo suo fratello, ma stava in una altra isola dove aveva tuta la sua famiglia. Li fece dire, se aveva inimici, lo dicesse, perciò andarebe con queste nave a destringerli e faria lo obedirianno. Lo rengratiò e disse che aveva Storia d’Italia Einaudi 34 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo benne due isolle nemiche, ma che alora non era tempo de andarvi. Lo capitanio li disse, se Dio facesse che un’altra fiatta ritornasce in queste parte, conduria tanta gente che farebe per forsa eserli sugette e che voleva andare a disnare e dapoi tornarebe per far pore la croce in cima del monte; risposero eranno contenti. Facendosse un bataglione con scaricare li schiopeti e abrasandosi lo capitanio con li dui re, pigliassemo lisentia. Dopo disnare tornassemo tucti in gioponne e andassemo insieme con li dui re nel mezodí in cima del più alto monte che fosse. Quando arivassemo in cima, lo capitanio generalle li disse como li era caro avere sudato per loro perché, esendo ivi la croce, non poteva si non grandamente iovarli e domandòli qual porto era migliore per victuvaglie. Dicessero che ne erano tre, cioè Ceylon, Zuhu e Calaghann, ma che Zubu era più grande e de meglior trafico e se profersenno di darni piloti che ne insegnarebenno il viagio. Lo capitanio generale li rengratiò e deliberò de andarli perché cussí voleva la sua infelice sortè. Posta la cruce, ognuno dice uno Pater Noster e una Ave Maria adorandola; cosí li re fecenno. Poi descendessemo per li sui campi lavoratti e andassemo dove era lo balanghai. Li re feceno portare alquanti cochi aciò se rinfrescassimo. Lo capitanio li domandò li piloti perché la matina seguente voleva partirsi e che li tratarebe como sé medesimo, lasandoli uno de li nostri per ostagio. Risposero che ognora li volesse eranno al suo comando, ma ne la nocte il primo re se mudò d’opignone. La matina, quando éramo per partirsi, el re mandò a dire al capitanio generalle che per amore suo aspectasse dui giorni finché facesse coglire el rizo e altri sui menuti, pregandolo mandasse alguni omini per aiutareli aciò più presto se spazasse, e che lui medesimo voleva essere lo nostro piloto. Lo capitanio mandòli alguni omini, ma li re tanto mangiorono e beveteno che dormitero tuto il giorno: alguni, per escusarli, dicero che avevano uno po- Storia d’Italia Einaudi 35 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo co de male. Per quel giorno li nostri non fecero niente, ma ne li altri dui seguenti lavororono. Uno de questi populi ne porté force una scudela de rizo con octo o dieze fighe ligati insieme per baratarli in uno cortello che valeva il più tre catrini. El capitanio, vedendo che questo non voleva altro se non uno cortello, lo chiamò per vedere più cose; misse mano a la borsa e li volce dare per quelle cose uno reall: lui no ’l volse. Lui mostrò uno ducato: manco lo acceptò. Al fine li volce dare uno dopionne de dui ducati: non volce mai altro che un cortelo e cussí li lo fece dare. Andando uno de li nostri in terra per tore acqua, uno de questi li volce dare una coronna pontiva de oro masicio grande como una colana per sei filce de cristalino, ma il capitanio non volce che la baratasse, aciò che in questo principio sapessero che pritiavamo più la nostra mercantia che lo suo oro. Questi populi sonno gentili; vanno nudi e depinti; portano uno pezo de tella de arbore intorno le sue vergonie; sono grandissimi bevitori. Le sue femine vanno vestite de tella de arbore de la cinta in giù, con li capili negri fina in terra; hanno forate le orechie e pienne de oro. Questa gente sempre masticanno uno fruto (che lo chiamano areca, è como uno pero): lo taglianno in quatro parti e poi lo volveno ne le foglie del suo arburo (che le nominano betre, sonno como foglie di moraro) con uno poco de calcina e, quando le hanno ben masticate, le sputano fora: fanno diventare la boca rocissima. Tucti li populi de questa parte del mondo le uzanno perché rinfrescali molto el core: se restasseno de uzarle morirebenno. In questa izolla sonno cani, gati, porci, Galine, capre, rizo, gengero, cochi, fighi, naranzi, limoni, miglio, panizo, sorgo, cera e molto oro. Sta de latitudine in nove gradi e dui tersi a l’artico e cento e sesantadui de longitudine della linea de la ripartitione e vinticinquce leghe longi de la Acquada e se chiama Mazaua. Storia d’Italia Einaudi 36 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Stessemo sette giorni quivi; poi pigliassemo la via del maistrale passando fra cinque isolle, cioè Ceylon, Bohol, Canighan, Baybai e Gatighan. In questa isola de Gatigan sonno barbastili grandi como aquille. Perché era tardi ne amacassemo solamente uno: era como una galina al mangiare. Ge sonno colombi, tortore, papagali e certi ucceli negri grandi Como galine con la coda longa. Fanno ovi grandi como de oca; li meteno uno bracio soto la sabia per lo gran caldo li crea. Quando sonno nasciuti alzano la arena e vieneno fora. Questi ovi sonno boni de mangiare. De Mazaua a Gatighan sonno vinti leghe. Partendone de Gatighan al ponente, il re de Mazaua non ne puoté seguire; perché lo espectassemo circa tre isolle, cioè Polo, Ticobon e Pozon. Quando el gionse, molte se maravigliò del nostro navigare. Lo capitanio generale lo fece montare ne la sua nave con alguni soi principali, dil che ebero gran piacere, e cossí andassemo in Zubu. Da Gatighan a Zubu sonno quindice leghe. Domeniga a’ sete de aprille a mezodí intrassemo nel porto de Zubu. Passando per molti vilagii vedevamo molte caze facte sopra li arbori. Apropinquandone a la cità, lo capitanio generale comandò le navi s’imbanderasseno; furono calate le velle e poste a modo de bataglia e scaricò tuta l’artigliaria, per il che questi populi ebero grandissima paura. Lo capitanio mandò uno suo alievo con lo interprete imbassiatore al re de Zubo. Quando arivorono ne la cità trovorono infiniti uomini insieme con lo re, tuti paurosi per le bombarde. L’interprete li disse questo esere nostro costume intrando in simili luoghi: in segno de pace e amisitia e per onnorare re del luogo scaricavamo tucte le bombarde. El re e tucti li soi se asegurorono e fece dire a li nostri per lo suo govvernatore che volevamo. L’interprete rispose como el suo signore era capitanio del magiore re e principe fosse nel mondo e che andava a discovrire Maluco, ma per la sua bonna fama, como aveva intezo dal re de Mazaua, era ve- Storia d’Italia Einaudi 37 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo nuto solamete per vizitarlo e pigliare victuvaglia con la sua mercadantia. Li disse che in bonna ora fosse venuto, ma che aveva questa uzansa: tutte le navi che intravano nel porto suo pagavano tributo e che non eranno quatro giorni che uno iunco de Ciama cargato d’oro e de schiavi li aveva dato tributo e per segno di questo li mostrò uno mercadante de Çiama che era restato per mercadantare oro e schiavi. Lo interprete li disse como el suo signore, per essere capitanio de tanto gran re, non pagava tributo ad alguno signore del mondo e, se voleva pace, pace averebe e, se non, guerra, guera. Aloro el moro mercadante disse al re: «Cata raia chita», cioè: «Garda ben, signore: questi sonno de quelli che hanno conquistato Calicut, Malaca e tuta l’India Magiore. Si bene si li fa, ben se ha; se male, male e pegio, como hanno facto a Calicut e a Malaca». L’interprete intese lo tuto e dissegli che ’l re de suo signore era più potente de gente e de navi che lo ro de Portugalo ed era re de Spagna e imperatore de tutti li cristiani e, se non voleva esserli amico, li mandaria un’altra fiata tanta gente che ’l destrueriano. Il moro narò ogni cosa al re; alora li disse se consigliarebe con li sui e nel dí seguente li risponderebe. Poi fece portare una colatione de molte vivande tute de carne poste in piati de porcelane, con molti vazi de vino. Fata la colatione, li nostri retornoronno e ne dissero lo tuto. Il re de Mazaua, che era lo primo dopo questo re e signore de alcante isolle, andò in tera per dire al re la grande cortezia del nostro capitanio genneralle. Luni matina il nostro scrivano insieme con l’interprete andorono in Zubu. Vene il re con li sui principali in piaza e fece sedere li nostri apresso lui: li dise se più d’uno capitanio era in questa compania e se ’l voleva lui pagasse tributo a l’imperatore suo signor. Rispose de non, ma voleva solamente mercadantase con lui e non con altri. Disse che era contento e, se lo capitanio nostro voleva essere suo amico, li mandasse uno poco Storia d’Italia Einaudi 38 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo de sangue del suo bracio drito e cossí farebe lui per segno de più vera amisitia. Respose che lo faria. Poi lo re li disse como tucti li capitani che venivano quivi se davano presenti l’uno con l’altro e se lo nostro capitanio o lui doveva comensare. L’interprete li disse, poiché lui voleva mantegnire questo costume, cominciasse. E cussí commensò. Marti matina il re de Mazaua con lo moro venne a le navi, salutò lo capitano generale da parte dil re e discelli como il re de Zubu faceva adunare più victuvaglia poteva per darnela e como mandarebe dopo disnare uno suo nepote con dui o tre de’ sui principali per fare la pace. Lo capitanio generale fece armare uno de le sue proprie arme e feceli dire como tuti nui combatevamo de quella sorta. Il moro molto si spaventò; il capitanio li disse non si spaventasse, perché le nostre arme eranno piacevoli a li amici e aspere a li nemici e, cosí como li fazoli asciugano il sudore, cosí le nostre arme ateranno e destrugeno tuti li adversari e malevoli de la nostra fede. Fece questo acio el moro, che pareva esere più astuto de li altri, lo dicesse al re. Dopo disnare vene a le navi lo nipote del re, che era principe, col re de Mazaua, il moro, il govvernatore e il barizello magiore con octo principali per far la pace con noi. Lo capitanio generale sedendo in una cadedra de veluto rosso, li principali in sedie de corame e li altri in tera sovra store, li disse per lo interprete se lo suo costume era de parlare in secreto overo in publico e se questo principe col re de Mazaua avevano potere de fare la pace. Risposero che parlavano in publico e che costoro avevano il potere de far la pace. Lo capitanio disse molte cose sovra la pace e che ’l pregava Idio la confirmasse in cielo. Discero che mai non avevano aldite cotalle parolle e che pigliavano gran piacere a udirle. Vedendo lo capitanio che questi volentieri ascoltavano e respondevano, li cominciò a dire cose per indurli a la fede. Doman- Storia d’Italia Einaudi 39 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo dò qual dopo la morte del re succedesse a la signoria. Rispose che lo re non aveva figlioli ma figliole e che questo suo nipote aveva per moglie la magiore, perciò era lo principe e, quando li padri e madri eranno vechi non si onoravano più, ma li figlioli li comandavano. Lo capitanio li disse como Idio fece lo ciello, la terra, lo mare e tucte le altre cose e como imposse se dovesseno onnorare li padri e madri e chi altramente faceva era condempnato nel fuoco eterno e como tuti descendevamo de Adam ed Eva, nostri primi parenti, e como avevamo l’anima inmortalle e molte altre cose pertinenti a la fede. Tuti alegri li suplicorono volesse lasarli dui omini o almeno uno, aciò li amaistrasse ne la fede e che li farebeno grande onnore. Gli respose che alora non poteva lasciarli alguno, ma, se volevano essere cristiani, lo prete nostro li baptezarebe e che un’altra fiata menaria preti e frati che li insegnarebeno la fede nostra. Risposero che prima volevano parlare al re e poi diventarebenno cristiani. Lagrimassemo tuti per la grande alegreza. Lo capitanio li disce che non ce facero cristiani per paura né per compiacerne, ma volontariamente, e a coloro che volevano vivere secondo la sua lege non li sarebe facto dispiacer alguno, ma li cristiani serianno meglio visti e caregiati che li altri. Tutti gridaronno ad una voce che non se facevano cristiani per paura né per compiacerne, ma per sua spontanea volontate. Alora li disse che, si devcntavano cristiani, gli lassarebe una armatura, perché cussí li era stato imposto dal suo re, e como non potevano uzare con le sue donne, esendo gentilli, senza grandissimo pecato e como li asegurava che, essendo cristiani, non li aparerebe più el domonio, si non nel ponte extremo de la sua morte. Diceno che non sapevano responderli per le sue belle parolle, ma se rimetevano ne le sue mani e facesse de loro como de soi fidelissimi servitori. Lo capitanio piangendo li abrazò e, agiungendo una mano del principe e una del re fra le sue, li disse, per la fede portava a Dio e a l’impe- Storia d’Italia Einaudi 40 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ratore suo signore e per lo abito che aveva, li prometeva che li dava la pace perpetua col re de Spagna; resposero che lo simille prometevano. Conclusa la pace lo capitanio fece dare una colatione; poi lo principe e ’re presentarono al capitanio, da parte del suo re, alquanti cestoni de rizo, porci, capre e galine e li discero li perdonasce perciò tal cose erano poche a uno simille a lui. Lo capitanio donò al principe uno panno bianco di tella sotilissima, uno bonnet rozo, alquante felce de cristalino e uno bichiere dorato de vetro (li vetri sonno molto apreciati in queste parte). Al re di Mazaua non li dete alguno presente, perché già li aveva dato una veste de Cambaia con altre cose, e a li altri a chi una cosa a chi un’altra. Mandò poi al re de Zubu per mi e un altro una veste de seta gialla e morella a guisa turchesca, uno bonnet roso fino, alquante filce de cristalino (posto ogni cosa in uno piato d’argento) e dui bichieri dorati in mano. Quando focemo ne la cità, trovassemo lo re in suo palatio com molti omini che sedeva in tera sovra una stora di palma; aveva solamente uno panno de tella de bombazo dinanzi a le sue vergonie, uno velo intorno lo capo lavorato a guchia, una colana al colo de gran precio, due schione grande de oro tacate a le orechie con petre preciose atorno. Era grasso e picolo e depinto con lo fuoco a diverse maniere; mangiava in tera sovra un’altra stora ovi de bissa scutelara posti in dui vazi de porcelana e aveva dinanzi quatro vazi pienni de vino de palma serati con erbe odorifere e ficati catro cannuti per ognuno; con questi beveva. Facta la debita reverentia, l’interprete li disse como lo suo signore lo rengratiava molto del suo presente e che li mandava questo non per il suo ma per lo trinsico amore li portava. Li vestissemo la veste, gli ponessemo il bonnet in capo e li dessemo le altre cose; e poi, basando li vetri e ponendoli sovra lo capo, le li presentai e, facendo lui el similli, li acceptò. Poi il re ne fece mangiare de quelli ovi e bere con quelli canuti. Li Storia d’Italia Einaudi 41 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo altri sui in questo mezo gli dissero lo parlamento del capitanio sopra la pace e lo exortamento per farli cristiani. Il re ne volce tener seco a cene; li dicessemo non potevamo aloro restare. Pigliata la lisentia, il principe ne menò seco a casa sua, dove sonavano catro fanciulle: una de tamburo a modo nostro, ma era posta in tera; un’altra dava con uno legno facto alcanto grosso nel capo con tella de palma in due borchia picate mo in la una mo in l’altra; l’altra in una borchia grande col medesimo modo; la ultima con due brochiete in mano dando l’una ne l’altra faceva uno suave sonno. Tanto a tempo sonavano che pareva avesseno gran ragion del canto. Queste eranno asai belle e bianche casi como le nostre e cosí grande; eranno nude si non che avevano tella de arbore de la cinta fima al ginochio e algune tute nude col pichieto de le orechie grande con uno cerchieto de legno dentro che lo tene tondo e largo, con li capeli grandi e negri e con uno velo picolo atorno il capo e sempre discalce. Il principe ne fece balare con tre tutte nude. Merendassemo e dapoi venissemo a le navi. Queste borchie sonno de metalo e se fanno ne la regione del Signo Magno, che è detta la China. Quivi le uzanno como nui le campane e le chiamano aghon. Mercore matina, per essere morto uno de li nostri nella nocte passata, l’interprete e io andassemo a domander al re dove lo poteriaao sepelire. Trovassemo lo re acompagnato de molti omini, a cui, facta la debita reverensia, li lo disse. Rispose: «Se io e li mei vasalli semo tucti del tuo signore, quanto magiormente debe essere la terra». E li dice como volevamo consacrare il luoco e meterli una cruce. Rispose che era molto contento e che la voleva adorare como nui altri. Fu sepolto lo morto ne la piaza al meglio potessemo per darli bon esempio, e poi la consacrassemo. Sul tardi ne sepelissimo uno altro. Portassemo molta mercantia in terra e la metessemo in una casa, qual el re la tolse sovra sua fede, e quatro omini che Storia d’Italia Einaudi 42 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo eranno restati per mercadantare in grosso. Questi populi viveno con iustitia, peso e mezura; amano la pace, l’otio e la quiete. Hanno bilance de legno: lo legno ha una corda nel mezo, con la qual se tiene; d’uno capo è piombo e de l’altro segni como carri, terci e librre. Quando voleno pezare, pigliano la belansia che è con tre filli como le nostre e la meteno sovra li segni e cusí pesano iusto. Hanno mezure grandissime senza fondo. Le iovane iogano de zampogna fate como le nostre e le chiamano subin. Le case sonno de legni, de taule e de cane edificate sopra pali grossi, alti de terra che bisogna andarvi dentro con scalle; e hanno camare como le nostre. Soto le case teneno li porci, capre e galine. Se trovono quivi corniolli grandi, belli al vedere, che amazano le balene, le qualle le inghiotano vivi. Quando loro sonno nel corpo, veneno fuora del suo coperto e li mangiano el core. Questa gente le trovano poi vivi apresso del core de le ballenne morte. Questi hanno denti, la pelle negra, il coperto bianco e la carne; sonno boni da mangiare e le chiamano laghan. Vennere li mostrassemo una botega pienna de le nostre mercantie, per il che restoronno molto admirati. Per metalle, fero e l’altra mercantia grossa ne davano oro; per le altre menute ne davano riso, porci e capre con altre vituvaglie. Questi populi ne davano 10 peci de oro per 14 libre de ferro (uno pezo è circa d’uno ducato e mezo). Lo capitanio generale non volse se pigliasse tropo oro perché sarebe stato alguno marinaro che averebe dato tuto lo suo per uno poco de oro e averia disconciato lo trafigo per semper. Sabato, per avere promesso lo re al capitanio de farsi cristiano ne la dominica, se fece ne la piaza che era sacrata uno tribunalle adornato de tapisseria e rami de palme per baptizarlo. E mandòli a dire che nella matina non avese paure de le bombarde, perciò era nostro costume ne le feste magiore descaricarle senza pietre. Storia d’Italia Einaudi 43 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Domeniga matina a quatordize de aprille andassemo in terra quaranta omini con dui omini tucti armati dinanzi a la bandiera realle. Quanto dismontassemo se tirò tucta l’artigliaria: questi populi figivano di qua e de là. Lo capitanio e lo re se abraciorono; li disse che la bandera realle non si portava in terra si non con cinquanta omini como erano li dui arnati e con cinquanta schiopeteri, ma per lo suo grande amore così la aveva portata. Poi tuti alegri andassemo presso al tribunalle. Lo capitanio e lo re sedevano in catedre de veluto rosso e morello, li principali in cussini, li altri sovra store. Lo capitanio disse al re per lo interprete ringratiasse Idio perciò lo aveva inspirato a farse cristiano e che vincerebe più facilmente li sui nemisi che prima. Rispose che voleva essere cristiano, ma alguni sui principali non volevano obedire, perché dicevano essere cussì omini como lui. Alora lo nostro capitanio fece chiamare tucti li principali del re e disseli, se non obedivano al re como suo re, li farebe amazare e daria la sua roba al re. Risposeno lo obedirebeno. Disse al re, se andava in Spagna, retornarebe un’altra volta con tanto potere che lo faria lo magior re de quelle parte, perché era stato primo a voler farse cristiano. Levando li mani al ciello lo rengratiò e pregòlo alguni de li soi rimanesse, aciò meglio lui e li sui populi focero instructi ne la fede. Lo capitanio respose che per contentarlo, li lassarebe dui, ma voleva menar seco dui fanciulli de li principali aciò imparasseno la linga nostra e poi, a la ritornata, sapessero dire a questi altri le cose de Spagna. Se mise una croce grande nel mezo de la piaza; lo capitanio li disse, se si volevano far cristiani como avevano deto nelli giorni passati, li bisognava brusare tucti li sui idoli e nel luoco loro metere una croce e ogni dì con le mane ioncte adoraria e ogni matina nel vizo farsi lo segno de la croce, mostrandoli como si faceva; e ogni ora, almeno de matina, dovesseno venire a questa croce e adorarla in genochioni; e quel che avevano ià deto vo- Storia d’Italia Einaudi 44 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo leseno con le bonne opere confirmarlo. El re con tucti li altri volevano confirmare lo tucto. Lo capitanio generale li disse como s’era vestito tuto de bianco per mostrarli lo suo sincero amore verso de loro; risposero per li sui dolci paroli non saperli respondere. Con queste bonne parolle lo capitanio condusse lo ro per la mano sul tribunalle per baptizarlo; e disseli se chiameria don Carlo como a l’imperatore suo signore; al principe don Fernando como al fratello de l’imperatore; ai re de Mazaua Ioanni; a uno principalle Fernando como il principalle nostro, cioè lo capitanio; al moro Cristoforo; poi a li altri a chi uno nome e a chi uno altro. Forenno baptizati inanzi messa cinquecento omini. Udita la messa, lo capitanio convitò a disnar seco lo re con altri principali: non volsero. Ne acompagnarono fina a la riva; le navi scaricorono tutte le bombarde e, abrazandose, pressero combiatto. Dopo disnare, il prete e alguni altri andassemo in terra per baptezar la reina, la qualle venne con quaranta dame. La conducessemo sopra lo tribunalle, facendola sedere sovra uno cossino e l’altre zirca ella. Finché ’l prete s’apparò, li mostrai una imagine de la Nostra Donna, uno Bambino di legno belissimo e una croce, per il che li venne una contrictione che, piangendo, domandò lo batesimo. La nominasemo Ioanna como la madre de l’imperatore; sua figliola, moglie del principe, Caterina; la reina de Mazaua Lizabeta: a le altre ugnuna lo suo nome. Baptizassemo octocento anime fra omini, donne e fanciulli. La regina era iovene e bella. Tuta coperta d’uno panno bianco e nero; aveva la boca e le onge rosissime, in capo uno capello grande de foglie de palma a modo de solana, con una coronna incirca de le medesme foglie, como quella del papa; né mai va in alguno loco senza una de queste. Ne demandò il Bambino per tenerlo in loco de li soi idoli e poi se partì. Sul tardi il re e la reina con asaissime personne vennerono al lito; lo capitanio alora fece tirare molte trombe de fuoco e bombarde grosse, per il Storia d’Italia Einaudi 45 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo che pigliaronno grandisimo piacere. El capitanio e lo re se chiamavano fratelli. Questo re se chiamava raià Humabon. Inanzi pasasseno octo giorni, forenno baptizati tucti de questa isola e de le altre alguni. Brusassemo una vila per non vollere obedire al re né a noi, la qualle era in una isola vicina a questa. Ponessemo quivi la croce perché questi populi eranno gentilli. Se fossero stato mori, li averessemo posto una colonna in segno de più dureza, perché li mori sonno asai più duri per convertirli ca li gentilli. In questi giorni lo capitanio generalle andava ogni dì in terra per dire messa e diceva al re molte cose de la fede. La regina vene uno giorno con molta pompa ad udir la messa. Tre donzelle li andavano dinanzi con tre de li sui capelli in mano; ela era vestita de negro e bianco con uno velo grande de seta traversato con liste de oro in capo che li copriva li spalle e con lo suo capello. Asaissime donne la seguivano, le qualle erano tute nude e discalce, se non intorno le parte vergoniose avevano uno paniocolo de tella de palma e atorno lo capo uno velo picollo e tucti li capilli sparsi. La regina, facta la reverentia a l’altare, sedete supra uno cossino lavorato di seta. Inanzi se comensasse la messa, il capitanio la bagnò con alquante sue donne de acqua roza muschiata; molto se delectavano de talle odore. Sapendo lo capitanio che ’l Bambino molto piaceva a la reina, liel donò e li disse lo tenesse in loco de li sui idoli, perché era in memoria del figliol de Dio. Ringratiandolo molto lo acceptò. Uno giorno lo capitanio generale, inanzi messa, fesse venire lo re vestito con la sua vesta de seta e li principali de la cità. Il fratello del re, padre del principe, se chiamava Bendara, uno altro fradello del re Cadaio e alguni Simiut, Sibnaia, Sisacai e Maghalibe e molti altri che lasso per non essere longo. Fece tuti questi iurare essere obedienti al suo re e li basaronno la mano; poi fece iurare quel re d’essere sempre obediente e fidelle al re de Storia d’Italia Einaudi 46 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Spagna; cosi lo iurò. Alora il capitanio cavò la sua spada inanzi la imagine de Nostra Donna e disse al re, quando cossì se iurava, più presto dovevasi morire che aromper uno simil iuramento, sì che ’l iurava per questa imagine, per la vita de l’imperatore suo signore e per il suo abito d’esserli sempre fidelle. Facto questo, lo capitanio donnò al re una catedra de veluto rosso, dicendoli, ounque andasse, sempre la facesse portare dinanzi a uno suo più porpinquo e mostròli como la si doveva portare. Respose lo farebe volentieri per amore suo e disce al capitanio como faceva far una ioia per donarlila, la qual era due schione d’oro grande per tacare a li orechie, due per metere a li brazi sovra li gomedi e due altre per pore a li piedi sovra le calcagne e altre petre preciose per adornare le orechie. Questi sonno li più belli adornamenti possano uzare li re de queste bande, li qualli sempre vano descalci con uno panno de tella de la cinta fina al ginochio. Il capitanio generale uno iorno disse al re e a li altri per qual cagionne non bruzavano li soi idoli, como li avevano promesso, esendo cristianni, e perché se li sacrificava tanta carne. Risposero quel che facevano non lo facevano per loro, ma per uno infermo, aciò li idoli li dasse salute, lo qual non parlava ià catro giorni. Era fratello del principe e lo più valente e savio de la isolo. Lo capitanio gli disse che brussasero le idoli e credesseno in Cristo e, se l’infermo se baptisasse, subito garirebe e, se ciò non foce, li tagliassero lo capo. Alora rispose lo re lo farebe perché varamente credeva in Cristo. Facessemo una processionne de la piaza fino a la casa de l’infermo al meglio potessemo, ove lo trovassemo che non poteva parlare né moverse. Lo baptizassemo con due sue mogliere e 10 donzelle. Poi lo capitanio li fece dire como stava. Subito parlò e disse como, per la gracia de nostro Signor, stava assai benne. Questo fu uno manifestissimo miraculo nelli tempi nostri. Quando lo capitanio lo udì parlare, rengratiò molto Idio e a loro li fece bevere una mando- Storia d’Italia Einaudi 47 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo lata, che già l’aveva facta fare per lui. Poi mandògli uno matarazo, uno paro de lensoli, una coperta de panno iallo e uno cussino; e ogni giorno finché fo sanno li mandò mandolatte, acqua rosa, oleo rozato e algune conserve de zucaro. Non stete cinquo giorni che ’l cominciò a andare. Fece bruzare uno idolo che tenivano ascoso certe vechie in casa sua in presentia del re e tuto lo populo; e fece disfare molti tabernacoli per la riva del mare, ne li qualli mangiavano la carne consacrata. Loro medesimi cridarono: «Castiglia! Castiglia!»; li rovinavano e disseno, se Dio li prestava la vita, brusarebenno quanti idoli potesse trovare e sebenne fussero in casa del re. Questi idoli sonno de legno, concavi senza li parti de drieto; hanno li brazi aperti e li piedi voltati in suso con le gambe aperte e lo volto grande con quatro denti grandissimi como porci cingiari; e sonno tucti depinti. In questa isola sonno molte ville, li nomi de le qualle e de li suoi principali sonno questi: Cinghapola, li sui principali Cilaton, Ciguibucan, Cimaningha, Cimatichat, Cicanbul; una Mandani, il suo principalle Lambuzzan; una Cotcot, il suo principale Acibagalen; una Puzzo, il suo principalle Apanoan; una Lalan, il suo principalle Theten; una Lalutan, il suo principalle Tapan; una Cilumai e un’altra Lubucun. Tucti questi ne obedivano e ne davano victuvaglia e tributo. Apresso questa izola de Zubu ne era una che se chiamava Matan, la qual faceva lo porto dove éramo; il nome de la sua villa era Matan, li sui principali Zula e Cilapulapu. Quella villa che bruzassemo era in questa izola e se chiamava Bulaia. Aciò che vostra illustrissima signoria sapia le cerimonie che uzanno costoro in benedire lo porco: primamente sonano quelle borchie grandi; poi se porta tre piati grandi, dui con roze e fogace de rizo e miglio cote e rivolte in foglie con pece brustulato, l’altro con panne de Cambaia e due banderete di palma. Uno pano de Cambaia se distende in terra; poi veneno dui femine ve- Storia d’Italia Einaudi 48 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo chissime, ciascuna con uno trombonne de cana in mano. Quando sonno montate sul panno, fanno reverentia al solle; poi se vestenno con li panni. Una se pone uno faciollo ne la fronte con dui corni e piglia un altro faciolo ne le mani e, balando e sunando, con quello chiama il solle. L’altra piglia una de quelle banderete e balla e suona col suo trombonne. Ballano e chiamano cussì uno poco fra sé, dicendo molte cose al solle. Quella del faciolo piglia l’altra bandereta e lascio lo faciolo e ambedue, sonando con li tromboni gran pezo, balanno intorno lo porco ligato. Quella da li corni sempre parla tacitamente al solle e quela altra li risponde. Poi a quella de li corni li è apresentato una taca de vino e, balando e dicendo certe parolle e l’altra respondendoli e facendo vista catro o cinque volte de bevere el vino, sparge quello sovra el core del porco; poi subito torna a ballare. A questa medesima vien dato una lancia; lei, vibrandola e dicendo alquante parolle, sempre tute due balando e mostrando catro o cinque volte de dare con la lancia nel core al porco, con una subbita prcsteza lo passa da parte a parte. Presto si sera la ferita con erba. Quella che ha mazato il porco, ponendose una torsa accesa in boca, la smorza, la qualle sta sempre accesa in queste cerimonie. L’altra col capo del trombonne, bagnandolo nel sangue de porco, va sanguinando col suo dito la fronte prima a li soi mariti, poi a li altri, ma non venerono mai a noi. Poi se disvesteno e vano a mangiare quelle cose che sonno nelli piati e convitano se non femine. Lo porco si pella con lo fuoco, si che nisuno altro che le vechie consacrano la carne di porco; e non la mangiariano se non fosse morta de questa sorte. Questi populi vano nudi; portano solamente uno pezo de tella de palma otorno le sue vergonie. Grandi e picoli hanno passato il suo membro circa de la testa de luna parte a l’altra con uno fero de oro overo de stanio, grosso como una penna de oca, e in uno capo e l’altro Storia d’Italia Einaudi 49 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo del medesimo fero alguni hanno como una stella con ponte sovra li capi, altri como una testa de chiodo da caro. Asaissime volte lo volsi vedere da molti, così vechi como ioveni, perché non lo potteva credere. Nel mezo dil fero è un buso per il qualle urinano. Il fero e le stelle sempre stanno ferme. Loro diceno che le sue moglie voleno cussì e, se fossero de altra sorte, non uzariano con elli. Quando questi voleno uzare con le femine, loro medisime lo pigliano non in ordine e cominciano pian piano a metersi dentro primo quella stella de sovra e poi l’altra. Quanto è dentro diventa in ordine e cusì sempre sta dentro finché diventa molle, perché altramenti non lo porianno cavare fuora. Questi populi uzanno questo perché sonno de debille natura. Hanno quante moglie voleno, ma una principalle. Se uno de li nostri andava in tera, così de dì como de nocte, ognuno lo convitava che mangiasse e che ’l bevesse. Le sue vivande sonno mezo cote e molto salate; beveno spesso e molto con quelli sui cannuti da li vazi e duro cinque o sei ore uno suo mangiare. Le donne amavano asai più noi che questi. A tucti, da sei anni in su, a poco a poco li apreno la natura per cagion de quelli sui membri. Quando uno de li sui principali è morto, li uzanno queste cerimonie: primamente tutte le donne principale de la terra vano a la casa del morte. In mezo de la casa sta lo morto in una casa. Intorno la casa poneno corde a modo d’uno stecato, ne li quali atacano molti rami de arbore. In mezo de ogni ramo è uno panno de bombaso a guisa de paviglione, soto li qualli sedeanno le donne più principali tute coperte de panni bianchi de bombaso con una donzella per ognuna, che li faceva vento con uno sparaventolo di palma. Le altre sedeanno intorno la camera meste. Poi era una che tagliava a poco a poco con uno cortello li capilli al morto. Un’altra, che era stata la moglie principale del morto, giaceva sovra lui e giungeva la sua boca, le sue mani e li sui piedi con quelli del Storia d’Italia Einaudi 50 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo morto: quando quella tagliava li capili, questa piangeva e quando restava de tagliarli, questa cantava. Atorno la camera erano molti vazi de porcelanna con fuoco e, supra quello, mira, storac e belgiovì, che facevano olere la casa grandamente. Lo tenono in casa cinque a sei giorni con queste cerimonie; credo sia onto de canfora. Poi lo sepelisseno con la medesima casa serata con chiodi de legno in uno loco coperto e circundato de legni. Ogni nocte in questa càta, circa de la mezanocte, veniva uno uccelo negrissimo, grande como uno corvo e non era cossì presto ne le case che ’l gridava, per il che tucti li cani urlavano e durava quatro o cinque ore quel suo gridare e urlare. Non ne volseno mai dire la cagion de questo. Vennere a’ vintisei de aprille Zula, principale de quella isola Matan, mandò uno suo figliolo con due capre a presentarle al capitanio generale e dicendoli como li mandava tuta sua promessa, ma per cagion de l’altro principalle Cilapulapu, che non voleva obedire al re de Spagna, non aveva potuto mandarglila e che, ne la nocte seguente, li mandasse solamente uno batello pienno de omini, perché lui li aiutaria e combateria. Lo capitanio generale deliberò de andarvi con tre batelli. Lo pregassemo molto non volesse vegnire, ma lui, como bon pastore, non volse abandonare lo suo grege. A mezanocte se partissemo sexanta omini armati de corseletti e celade, insieme col re cristiano, il principi e alguni magiori e vinti o trenta balanguai; e, tre ore inansi lo iorno, arivassemo a Matan. Lo capitanio non volse combater alora, ma li mandò a dire per lo moro, se volevano obedire al re de Spagna e rocognoscere lo re cristiano per suo signore e darne lo nostro tributo, li sarebe amico, ma, se volevano altramente, aspectasscno como ferivano le nostre lance. Risposero, se avevamo lance, avevamo lance de canne brustolatte e pali brustolate; e che non andassemo alora ad asaltarli, ma aspectasemo venisse lo iorno, perché sarebenno più gente. Questo dicevano aciò andasemo a ritro- Storia d’Italia Einaudi 51 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo varli, perché avevano facto certi fossi fra le caze per farne cascare dentro. Venuto lo giorno saltassemo ne l’acqua fina a le cossie carantanove omini e cussì andassemo più dui trati de balestra inanzi potesemo arivar al litto. Li bateli non poterono vegnire più inanzi per certe petre che erano ne l’acqua. Li altri undici omini restarono per gardia de li bateli. Quando arivassemo in terra, questa gente avevano facto tre scadroni de più de millecinquecento personne. Subito, sentendone, ne venirono adosso con voci grandissimi, dui per fianco e l’altro per contro. Lo capitanio, quando viste questo, ne fece dui parti e così cominciassemo a combater. Li schiopeti e balestreri tirarono da longi casi meza ora invano, solamente passandoli li targoni facti de tavole sotille e li brazi. Lo cappitanio gridava «Non tirare, non tirare!», ma non li valeva niente. Quando questi vistenno che tiravamo li schiopeti invano, gridando deliberorno a star forte; ma molto più gridavano quando erano descarigati li schiopeti. Mai non stavano fermi, saltando de qua e de là, coperti con li sui targoni. Ne tiravano tante frece, lance de canna, alguno di fero; al capitanio generalle pali pontivi brustolati, pietre e lo fango. Apena se potevamo defendere. Vedendo questo, lo capitanio generale mandò alguni a brusare le sue case per spaventarli. Quando questi vistenno bruzare le sue caze, deventorono più feroci. Apresso de le case forenno amazati dui de li nostri e vinti o trenta case li brusassemo. Ne venirono tanti adosso che passarono con una freza venenata la gamba drita al capitanio, per il che comandò che se retirassemo a poco a poco, ma loro fugirono si che restassemo da sei o octo con lo capitanio. Questi non ne tiravano in altro si non a le gambe perche erano nude. Per tante lance e petre che ne traevano non potessemo resistere. Le bombarde de li batelli, per essere tropo longhi, non potevano aiutare, sì che venissemo retirandose più de una bonna balestrata longi de la riva, sempre combatendo ne l’acqua fin Storia d’Italia Einaudi 52 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo al ginochio. Sempre ne seguitoro e, repigliando una medesima lance, quatro o sei volte ne la lanciavano. Questi conniossendo lo capitanio, tanti si voltorono sopra de lui che dui volte li botarono lo celadone fora del capo, ma lui, como bon cavaliero, sempre stava forte con alguni altri. Più de uno ora cossì combatessemo e, non volendosi più retirare, uno indio li lanciò una lanza di cana nel vizo. Lui subito con la sua lancia lo amazò e lasciòlila nel corpo. Poi, volendo dar de mano a la spada, non puoté cavarla se non meza per una ferita de canna aveva nel brazo. Quando visteno questo, tuti andorono adosso a lui. Uno con uno gran terciado (che è como una simitara, ma più grosso) li dete una ferita ne la gamba sinistra, per la qualle cascò col volto inanzi. Subito li foreno adosso con lance de fero e de cana e con quelli sui terciadi, finché il spechio, il lume, el conforto e la vera guida nostra amazarono. Quando lo ferivano, molte volte se voltò indietro per vedere se éramo tucti dentro ne li batelli. Poi, vedendolo morto, al meglio potesemo, feriti se ritrassemo a li batelli che già se partivano. Lo re cristiano ne avereba aiutato, ma lo capitanio, innanzi dismontassemo in tera, li comisse non si dovesse partire dal suo balanghai e stesse a vedere in che modo combatevamo. Quando lo re sepe como era morto, piance. Se non era questo povero capitanio, niuno de noi si salvava ne li batelli perché, quando lui combateva, li altri se retiravano a li batelli. Spero in vostra illustrissitna signoria la fama d’uno sì generoso capitanio non debia essere extinta ne li tempi nostri. Fra le altre vertù che eranno in lui, era lo più costante in una grandissima fortuna che mai alguno altro fosse; suportava la fame più che tucti li altri e più iustamente che omo fosse al mondo carteava e navigava e, se questo fu il vero, se vede apertamente ninguno altro avere avuto tanto ingenio ni ardire de saper dar una volta al mondo como ià cazi lui aveva dato. Questa bataglia fo facta al sabato vintisete de aprille 1521 (il capitanio la Storia d’Italia Einaudi 53 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo volse fare in sabato perché era lo giorno suo devoto), ne la qualle foreno morti con lui octo de li nostri e catro indii facto cristiani da le bombarde de li bateli che eranno dapoi venuti per aiutarne; e de li nimici se non quindici, ma molti de noi feriti. Dopo disnare, lo re cristiano mandò a dire con lo nostro consentimento a quelli de Matan, se ne volevano dare lo capitanio con li altri morti, che li daressemo quanta mcrcadantia volessero. Risposero non si dava uno tal omo como pensavamo e che non lo darebenno per la magior richessa del mondo, ma lo volevano tenire per memoria sua. Sabato che fo morto lo capitanio, quelli catro che stavano ne la cità per mercadantare fecero portare le nostre mercantie alle navi. Poi facessemo dui gubernatori: Duarte Barboza portughese, parente del capitanio, e Ioan Seranno spagnolo. L’interprete nostro, che se chiamava Enrich, per essere uno poco ferito non andava più in terra per fare le cose nostre necessarie, ma stava sempre ne la schiavina; per il che Duarte Barbosa, guvernatore de la nave capitania, li gridò e dissegli, sebenne è morto lo capitanio suo signore, per questo non era libero: anzi voleva, quando fossemo arivati in Espagna, sempre fosse schiavo de madona Beatrice, moglie del capitanio generale, e minaciandoli, se non andava in terra, lo frustaria. Lo schiavo si levò e mostrò de non far conto de queste parolle e andò in tera a dire al re cristiano como se volevamo partire presto, ma, se lui voleva far a suo modo, gadaneria li nave e tucte le nostre mercadantie; e cussì ordinorono uno tradimento. Lo schiavo retornò a le nave e mostrò essere più sacente che prima. Mercore matina primo de magio lo re cristiano mandò a dire a li govvernatori como erano preparete le gioie aveva promesso de mandare al re de Spagna e che li pregava, con li altri soi, andasero disnar seco quella matina, ché li la darebe. Andorono 24 omini in tera; con que- Storia d’Italia Einaudi 54 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sti andò lo nostro astrologo, che se chiamava San Martin de Sivilla. Io non li poté’ andare perché era tuto infiato per una ferita de freza venenata che aveva ne la fronte. Iovan Carvaio con lo barizello tornorono indietro e ne discero como visteno colui resanato per miracolo menare lo prete a casa sua e per questo s’eranno partitti, perché dubitavano de qualche malle. Non dissero così presto le parolle che sentissimo gran gridi e lamenti. Subito levassemo l’ancore e, tirando molte bombarde ne le case, ne apropinquassemo più a la terra e, cussì tirando, vedessemo Ioan Seranno in camiza ligato e ferito gridare non dovessemo più tirare perché l’amazarebenno. Li domandassemo se tucti li altri con lo interprete erano morti. Disse tucti erano morti salvo l’interprete. Ne pregò molto lo dovessemo rescatare con qualche mercadantia, ma Ioan Carvaio, suo compare, e li altri non volsero, per restare loro patroni, andasse lo batello in tera. Ma Ioan Seranno pur piangendo ne disse che non averessemo così presto facto vella che l’averianno amazato e disse che pregava Idio, un iorno del Iuditio, dimandasse l’anima sua a Ioni Carvaio suo compadre. Subito se partissemo; non so se morto o vivo lui restasse. In questa izola se trova cani, gati, rizo, millio, panizo, sorgo, gengero, fighi, neranzi, limone, canne dolci, agio, mel, cochi, chiacare, zuche, carne de molte sorte, vino de palma e oro. Ed è grande isola con uno bon porto che ha due intrate, una al levante e grego, l’altra al ponente e garbìn. Sta de latitudine al polo artico in 10 gradi e undici minuti, de longitudine de la linea de la repartitione centosexantacatro gradi; e se chiama Zubu. Quivi, inanzi che morisse lo capitanio genneralle, avessemo nova de Maluco. Questa gente sonano de viola con corde de ramo. Vocabuli de questi populi gentili 1 A l’omo – lac Storia d’Italia Einaudi 55 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 2 a la donna – paranpoan 3 a la iovene – beni beni 4 a la maritata – babay 5 a li capilli – boho 6 al vizo – guay 7 a le palpebre – pilac 8 a le ciglie – chilei 9 a l’ochio – matta 10 al nazo – ilon 11 a le masselle – apin 12 a li labri – olol 13 a la bocca – baba 14 a li denti – nipin 15 a le gengive – leghex 16 a la linga – dilla 17 alle orechie – delengan 18 a la gola – liogh 19 al collo – tangip 20 al mento – silan 21 a la barba – bonghot 22 a le spale – bagha 23 a la schena – licud 24 al peto – dughan 25 al corpo – tiam 26 al soto li braci – ilot 27 al bracio – botchen 28 al gomedo – sico 29 al polso– malanghai 30 a la mano – camat 31 a la palma de la mano – palan 32 al dito – dudlo 33 a la ongia – coco 34 al lombelico – pusut 35 al membro – utin 36 a li testicoli – boto 37 a la natura de le donne – billat Storia d’Italia Einaudi 56 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 38 a l’uzar con loro – tiam 39 a le cullate – samput 40 a la cossa – paha 41 al ginochio – tuhud 42 al schinco – bassag bassag 43 a la polpa de la gamba – bitis 44 a la cavechia – bolbol 45 al calcagno – tiochid 46 a la solla del piè – lapa lapa 47 a l’oro – balaoan 48 a l’argento – pilla 49 al laton – concach 50 al feto – butan 51 a le canne dolce – tube 52 al cuchiaro – gandan 53 al rizo – bughax baras 54 al melle – deghex 55 a la cera – talho 56 al salle – acin 57 al vino – tuba nio nipa 58 al bere – minuncubil 59 al mangiare – macan 60 al porco – babui 61 a la capra – candin 62 a la galina – monoch 63 al miglio – humas 64 al sorgo – batat 65 al panizo – dana 66 al pevere – manissa 67 a li garofoli – chianche 68 a la cannella – mana 69 al gengero – luia 70 a l’aio – laxima 71 a li naransi – acsua 72 a l’ovo – itlog 73 al coco – lubi Storia d’Italia Einaudi 57 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 74 a l’acceto – zucha 75 a l’acqua – tubin 76 al fuoco – claio 77 al fumo – assu 78 al sofiare – tigban 79 alle belance – tinban 80 al pezo – tahil 81 a la perla – mutiara 82 a le madre de le perle – tipay 83 a la zampogna – subin 84 al mal de santo Iob – alupalan 85 portame – palatin comorica 86 a certe fogace de rizo – tinapai 87 buono – maiu 88 non – ti da le 89 al cortello – capal sundan 90 a le forfice – catle 91 a tosare – chunthinch 92 a l’omo ben ornato – pixao 93 a la tella – balandan 94 a li panni che se copreno – abaca 95 al conaglio – colon colon 96 a li pater nostri d’ogni sorte – tacle 97 al petine – cutlei missamis 98 al pentinare – monssughud 99 a la camiza – sabun 100 a la guglia de cosire – daghu 101 al cusire – mamis 102 a la porcelana – mobuluc 103 al cana – aian ydo 104 al gato – epos 105 a li sui veli – gapas 106 a li cristalini – balus 107 vien qui – marica 108 a la caza – ilaga balai 109 al legname – tatamue Storia d’Italia Einaudi 58 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 110 alle store dove dormeno – tagichan 111 alle store de palma – bani 112 a le cussini de foglie – ulunan 113 a li piati de legno – dulan 114 al suo idio – Abba 115 al solle – adlo 116 a la luna – songhot 117 a la stela – bolan binthun 118 a la aurora – mene 119 a la matina – uema 120 a la taza – tagha 121 grande – bassal 122 a l’arco – bossugh 123 a la freza – oghon 124 a li targoni – calassan 125 a le veste imbotide per combater – baluti 126 a le sue daghe – calix baladao 127 a li sui tertiadi – campilan 128 a la lancia – bancau 129 cl talle – tuan 130 a li fighi – saghin 131 a le zuche – baghin 132 a le corde de le sue violle – gotzap 133 al fiume – tau 134 al risaio per pescare – pucat laia 135 al batello – sampan 136 a le canne grande – cauaghan 137 a le picole – bonbon 138 a le sue barche grande – balanghai 139 a le sue barche picolle – boloto 140 a li granci – cuban 141 al pesce – icanm yssida 142 a uno pesce tuto depinto – panapsapan 143 a uno altro rosso – timuan 144 a uno certo altro – pila 145 a uno altro – cimaluan Storia d’Italia Einaudi 59 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 146 tuto e uno – siama siama 147 a uno schiavo – bonsul 148 a la forca – boll 149 a la nave – benaoa 150 a uno re o capitanio generale – raia Numero: 151 uno – uzza 152 dui – dua 153 tre – telo 154 quatro – upat 155 cinque – lima 156 sei – onom 157 sette – pitto 158 octo – gualu 159 nove – ciam 160 diece – polo Lungi dizidoto leghe de questa isola Zzubu, al capo de quela altra che se chiama Bohol, bruzassemo in mezo de questo arcipelago la nave Conceptione, per essere restati tropo pochi, e fornissemo le altre due de le cose sue megliore. Pigliassemo poi la via del garbìn e mezodì costando la izola che se dise Panilongon, ne la qualle sonno omini negri como in Etiopia. Poi arivasemo a una isola grande, lo re de la qualle, per fare pace con noi, se cavò sangue de la mano sinistra, sanguinandose lo corpo, lo volto e la cima de la linga in segno de magior amitisia. Così facessemo anco nui. Io solo andai con lo re in tera per vedere questa isola. Subito che intrassemo in uno fiume, molti pescatori presentarono pesce al re. Poi lo re se cavò li pannni che aveva intorno le sue vergonie con alguni sui principali e cantando cominciorono a vogare. Passando per molti abitationi che erano sovra lo fiume, arivassemo a due ore de nocte in casa sua. Dal principio de questo fiume, dove estavano le navi, fino a casa del Storia d’Italia Einaudi 60 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo re erano due leghe. Entrando ne la casa, ne venirono incontra molte torce de canna e de foglie de palma. Queste torce erano de anime como li dete de sovra. Finché se aparechiò la cene, lo re con dui principali e due sue femine belle beverono uno gran vazo de vino pienno de palma senza mangiare niente. Io, escusandomi avere cennato, non volce berre si non una volta. Bevendo facevano tutte le cerimonie como el re de Mazaua. Venne poi la cena de rizo e pesce molto salato posto in scutelle de porcelana; mangiavano lo rizo per panne. Cocono lo rizo in questo modo. Prima meteno dentro in pignate de terra como le nostre una foglia grande che circunda tuta la pignata; poi li meteno l’acqua e il rizo coprendola; la lasciano bugliere finché venne lo rizo duro como panne; poi lo cavano fuora in pezi. In tucte queste parte cocono lo rizo in questa sorte. Cenato che avessemo, lo re fece portare una stora de canne con un’altra de palma e uno cucino de foglie, acìò io dormisse sovra queste. Il re con le due femine andò a dormire in uno luoco separato; dormì con uno suo principale. Venuto il giorno, mentre se aparechiò lo disnare, andai per questa izolla. Vidi in queste loro case assai massaritie de oro e poca victuvaria. Poi disnassemo solamente rizo e pesce. Finito lo disnare, dice al re con segni volentieri vederia la reina; me respose era contento. Andassemo de compania in cima d’uno alto monte, dove era la casa de la reina. Quando entrai in casa, le fece la reverentia e lei cossì verso de me. Sedeti apresso a ella, la qualle faceva una stora de palma per dormire. Per la casa sua eranno atacati molti vazi de porcelana e quatro borchie de metalo, una magiore de l’altra e due più picole, per sonare. Gli eranno molti schiavi e schiave che la servivano. Queste case sonno fate corno le altre ià dete. Pigliata lisentia, tornasemo in caza del re; subito fece darne una colatione de canne dolce. La magior abundantia che sia in questa isola è de oro (mi mostrarono certi valoni facendomi segno che in quelli Storia d’Italia Einaudi 61 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo era tanto oro como li sui capilli), ma non hanno tero per cavarlo; neanche voleno quela fatiga. Questa parte de la isola è una medesma terra con Butuan e Calaghan e passa sopra Bohol e confina con Mazaua. Perché tornaremo una altra fiata in questa izolla non dico altro. Passato mezodì, volse tornare a le navi; el re volse venire e li altri principali, e cussì venessemo nel medesimo balanghai. Retornando per lo fiume viti aman drita sopra uno monticello tre uomini apicati a uno arbure che aveva tagliati li rami. Domandai al re chi eran quelli; rispose che erano malfactori e robatori. Questi popoli vano nudi como li altri de supra. Lo re se chiama raià Calanao. Lo porto è buono e quivi se trova rizo, gengero, porci, capre, galine e altre cose; sta de latitudine al polo artico in octo gradi e centosexantasete de longitudine della linea repartitionalle e longi da Zubu cinquanta leghe; e se chiama Chipit. Due iornate de qui al maistrale se trova una isola grande detta Lozon, dove vanno ogni anno sei overo octo iunci de li popoli Lechii. Partendone de qui a la meza partita de ponente e garbìn, dessemo in una isola non molto grande e casi desabitata. La gente de questa sonno mori ed eranno banditi d’una isola deta Burne. Vano nudi como li altri; hanno zarobotane con li carcasseti a lato pienni de freze con erba venenata; hanno pugnalli con li manisi ornati de oro e de pietre preciose, lance, rodelle e corazine de corno de bufalo. Ne chiamavano Corpi Sancti. In questa isola se trovava poca victuvaglia, ma arbori grandissimi. Sta de latitudine al polo artico in sette gradi e mezo e longi da Chippit quarantatré leghe; e chiamasse Caghaian. Da questa isola circa de vinticinque leghe fra ponente e maistralle, trovassemo una izola grande, dove si trova rizo, gengero, porci, capre, galine, fighi longhi mezo brazo e grossi como lo bracio (sonno boni) e alguni altri longhi uno palmo e altri manco (molto megliori de tucti li altri), cochi, batate, canne dolci, radice como napi al Storia d’Italia Einaudi 62 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo mangiare e rizo cotto soto lo fuoco in canne o in legno (questo dura più che quello coto in pignatte). Questa tera potevamo chiamare la Terra de Promissione perché, inanzi la trovassemo, pativamo gran fame. Assai volte stessemo in force de abandonnare le navi e andare in terra per non morire de fame. Lo re fece pace con noi tagliandosse uno poco con uno nostro cortello in mezo del pecto e, sanguinando, se tocò la lingua e la fronte in segno de più vera pace: così fecemo anco nui. Questa isola sta de latitudine al polo artico in nove gradi e uno terso e cento e septantauno e uno terso de longitudine de la lignea de la ripartitione; e se chiama Pulaoan. Questi populi de Polaoan vano nudi como li altri. Quasi tucti lavoranno li sui campi; hanno zarabotanne con freze de legno grosse più d’uno palmo, arponate e algune con spine de pesce con erba venenata e altre con ponte de cana arponate e venenate. Hanno nel capo ficato uno poco de legno molle in cambio de le penne. Nel fine de le sue zarabotane liganno uno fero como di iannetone e, quando hanno tracte le freze, combateno con questo. Precianno aneli, cadennete de latone, sonagli, corteli e più al filo de ramo per ligare li sui ami da pescare. Hanno galli grandi molto domestici; non li mangiano per una certa sua venneratione. Alguna volta li fanno combatere l’uno con l’altro e ognuno mete per lo suo uno tanto e poi de cului che è suo el vincitore, è suo el premio. E hanno vino de rizo lambicato più grande e megliore de quello de palma. Longi de questa isola dieze leghe al garbìn, dessemo in una izola e, costeandola, ne pareva alquanto ascendere. Intrati nel porte, ne aparve el Corpo Sancto per uno tempo oscurissimo. Dal principio de questa isola fina al porto li sonno cinquanta leghe. Lo iorno seguente, a nove de iuglio, lo re de questa isola ne mandò uno prao molto bello con la prova e la popa lavorate d’oro. Era supra la prova una bandiera de bianco e lazuro con penne de pa- Storia d’Italia Einaudi 63 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo vonne in cima. Alguni sonavano con cinfonie e tamburi. Venivano con questo prao due almadie (li prao sonno como fuste e le almadie sonno le sue barche da pescare). Octo omini vechi de li principali entrorono ne le navi e sederonno ne la popa sopra uno tapeto; ne apresentarono uno vazo de legno depinto pieno de betre e areca(che è quel fructo che masticano sempre) con fiori de gelsomini e de naranci coperto de uno pano de seta iallo, due gabie pienne de galine, uno paro de capre, tre vazi pieni de vino de rizo lambicato e alquanti fasci de canne dolci; e cossì detero a l’altra nave e, abraciandone, pigliaronno lisentia. El vino de rizo è chiaro como l’acqua, ma tanto grande che molti de li nostri s’embriacarono, e lo chiamano arach. De lì a sei giorni, lo re mandò un’altra volta tre prao con molta pompa. Sonando cinfonie, tamburi e borchie de latone, circondorono le navi e ne fecero reverentia con certe sue berete de tella che li copreno solamente la cima del capo. Li salutassemo con le bombarde senza pietre. Poi ne detero uno presente de diverse vivande solamente de rizo, algune in foglie facte in pezi alquanto longhi, algune como panni de zucaro e alguni altri facti a modo de torte con ovi e melle. Ne dissero como lo suo re era contento pigliassemo acqua e legna e contratassemo al nostro piacere. Udendo questo, montassemo sette de nui altri sopra lo prao e portassemo uno presente al re, el qualle era una vesta de veluto verde a la turchesca, una catedra de veluto morello, cinque bracia de panno rosso, uno bonnet e uno bichier dorato, uno vaso de vetro coperto, tre quinterni de carta e tino calamaro dorato; a la regina tre bracia de panno giallo, uno paro de scarpe argentate, uno guchiarollo d’argento pieno de guge; al govvernatore tre bracia de panno rosso, uno bonnet e uno bichier dorato; al re d’arme, che era venuto nelli prao, gli desemo una vesta de panno rosso e verde a la turchesca, uno bonnet e uno quinterno de carta; a li altri Storia d’Italia Einaudi 64 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sete principali a chi tella, a chi bonnet e a ognuno uno quinterno de carta; e subito se partissemo. Quando iongessemo a la cità, stessemo torsi due ore ne li prao, finché venirono dui elefanti coperti de seta e dudizi omini con uno vazo per uno de porcelana coperto de seta per portare nostri presenti. Poi montassemo sopra li elefanti; e questi dodici omini ne andavano dinanzi con li presenti ne li vazi. Andasemo cussì fin a la casa del govvernatore, ove ne fo data una cena de molte vivande. La nocte dormissemo sovra matarasi de bambazo: la sua fodra era de tafetà, li linsoli de Cambaia. Lo giorno seguente stessemo in casa fin a rnezodì; poi andassemo al palacio del re sovra elefanti con li presenti dinanci como lo giorno davanti. Da casa del govvernatore fin in casa del re, tute le strate erano pienne de omini con spade, lance e targoni, perché cussì aveva voluto lo re. Intrassemo sovra li elefanti ne la corte del palatio; andassemo su per una scala acompagnati dal govvernatore e altri principali e intrassemo in una sala grande, piena de molti baroni, ove sedcssemo sopra uno tapeto con li presenti ne li vazi apresso noi. Al capo de questa sala ne è un’altra più alta, ma alquanto più picola, tuta ornata de panni de seta, ove se aprirono due fenestre con due cortine de brocato, da li qualli veniva la luce nella sala. Ivi erano trecento omini in piedi con stochi nudi sovra la cossa per guardia del re. Al capo de questa era una grande fenestra, da la qualle se tirò una cortina de brocato. Dentro de questa vedessemo el re sedere a taula con uno suo figliolo picolino e masticare betre. Dietro da lui erano si non donne. Alora ne disse uno principalle nui non potevamo parlare al re e, se volevamo alguna cosa, lo dicessemo a lui perché la direbe a uno più principale e quello a uno fratello del govvernatore che stava ne la sala più picola e poi lui la direbe con una zarabotana per una sfisura del pariete a uno che stava dentro con lo re. E ne insegnò dovessemo fare al re tre reverentie: con li mani ionte Storia d’Italia Einaudi 65 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sopra lo capo, alzando li piedi mo uno mo altro, e poi le basassemo. Così fo facto. Questa è la sua reverentia reale. Li dicessemo como éramo del re de Spagna e che lui voleva pace seco e non domandavamo altro, salvo potere mercadantare. Ne fece dire el re, poiché ’l re de Spagna voleva esere suo amico, lui era contentissimo de esser suo; e disse pigliassemo acqua e legna e mercadantasemo a nostro piacere. Poi li dessemo li presenti: faceva d’ogni cosa con lo capo un poco de riverentia. A ciascuno de nui altri fo dacto brocadelo e panni de oro e de seta ponendoneli sopra la spala sinistra, ma poco lasciandonegli. Ne deteno una colatione de garofoli e canella. Alora foreno tirate le cortine e serate te fenestre. Li omini che era nel palatio tuti avevano panni de oro e de seta intorno loro vergonie, pugnali con lo manico de oro e ornato de perle e petre preciose e molti aneli ne le mani. Retornassemo sovra le elefanti a la casa del govvernatore; sete omini portorono il prezente del re sempre dinanzi. Quando fossemo ionti a casa, deteno a ognuno lo suo e ne ’l missero sovra la spala sinistra, a li qualli, per sua fatica, donassemo a ciascaduno uno paro de cortelli. Venirono in casa del govvernatore nove omini con altri tanti piati de legno grandi da parte del re. In ogni piato erano 10 overo dudize scudelle de porcelana pienne de carne de vitello, de caponi, galine, pavoni e altri animali e de pesce. Cenassemo in tera sovra una stora de palma de trenta a trentadui sorte de vivande de carne, eccepto lo pesce e altre cose. Bevevamo a ogni bocone pieno uno vazeto de porcelana grande como uno ovo de quel vino lambicato. Mangiassemo rizo e altre vivande de sucaro con cuchiari d’oro como li nostri. Ove dormissemo le due nocte, stavano due torce de cera bianca sempre acceze sovra dui candellieri de argento uno poco alti e due lampade grande pienne d’olio con catro paveri per ognuna e dui omini che sempre la spavilavano. Venissemo sovra li elefanti fino a la riva del mare, dove forono Storia d’Italia Einaudi 66 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo dui prao che ne conduscero a le navi. Questa cità è tuta fondata in acqua salsa, salvo la casa del re e algune de certi principali, ed è de vinti o vinticinquemiglia fochi. Le case sonno tute de legno, edificati sovra pali grossi alti da tera. Quando lo mare cresce, vanno le donne per la tera con barche vendendo cose necessarie al suo vivere. Dinanzi la casa del re è uno muro de cadreli grosso con barbacani a modo de forteza, nel qualle erano cinquantasei bombarde de metalo e sei de fero. In li dui giorni stessemo ivi, scaricorono molte. Questo re è moro e se chiama raià Siripada; era de quaranta anni e grasso. Ninguno lo governa se non donne, figliole de li principali. Non si parte mai fora del palatio se non quando va a la caza. Ninguno li pò parlare si non per zarabotane. Tene 10 scrivani che scriveno le cose sue in scorse de arbore molto sotille; a questi chiamano xiritoles. Luni matina a’ vintinove de iullio vedessemo venire contro nui più de cento prao partiti in tre scadroni con altri tanti tunguli (che sonno le sue barche picole). Quando vedessemo questo, pensando fosse qualche inganno, ne dessemo lo più presto fo possibile ne la vella e, per pressa, lasciassemo una ancora. E molto più ne dubitavamo de essere tolti in mezo de certi iunci che, nel giorno passato, restarono dopo nui. Subito se voltassemo contra questi e ne pigliassemo catro, amazando molte personne. Tri o catro iunci fugirono in seco. In uno de quelli che pigliassemo era lo figliolo del re de la isola de Lozon. Costui era capitanio generale de questo re de Burne e veniva con questi ionci da una vila grande deta Laoe, che è in capo de questa isola verso Iava Magiore, la qualle, per non volere obedire a questo re ma a quello de Iava Magiore, la aveva ruinata e sachegiata. Giovan Carvaio nostro piloto lassò andare questo capitanio e lo ionco senza nostro consentimento per certa cantità de oro, como dapoi sapessemo. Se non lassava questo capitanio, lo re ne averia dato tuto quello avessemo demandato, per- Storia d’Italia Einaudi 67 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ché questo capitanio era molto temuto in queste parte, ma più da gentilli, perciò sonno inimicissimi de questo re moro. In questo porto gli è un’altra cità de gentilli, magiori de quella de li mori, fondata anche ella in acqua salza, per il che ogni iorno questi dui populi combateno insieme nel medesimo porto. Il re gentille è potente como lo re moro, ma non tanto superbo: facilmente se convertirebe a la fede de Cristo. Il re moro, quando aveva inteso in che modo avevamo tractati li ionci, ne mandò a dire, per uno de li nostri che erano in tera, como li prao non venivano per farne despiacere, ma andavano contra li gentilli e, per verificatione de questo, li mostrorono alguni capi de omini morti e li discero che erano de gentili. Mandassemo dire al re li piacesse lasciare venire li nostri dui omini che stavano ne la cità per contratare e lo figliolo de Iona Carvaio, che era nasciuto ne la Tera del Verzìn, ma lui non volce. De questo fo cagione Ioan Carvaio per lassiare quel capitanio. Retenissemno sedizi omini più principali per menarli in Spagna e tre donne in nome de la regina de Spagna, ma Ioan Carvaio le usurpò per sue. Li ionci sonno le sue navi e facti in questo modo: lo fondo è circa dui palmi sovra l’acqua e de taule con cavechie di legno assai ben facto. Suvra de questo sonno tucti de cane e porta uno de questi tanta roba como una nave. Da una parte e da l’altra sono canne grosissime per contrapezo; li sui arbori sonno de canne e le velle de scorse de arbore. La porcellana è una sorte de tera bianchissima e sta cinquanta anni soto terra inanzi la si adopere, perché altramente non saria fina. Lo padre la sotera per lo figliolo. Se ’l si ponne veneno in uno vazo de porcelana fino, subito se rompe. La moneta che adoperano li monri in questa parte è di metalo, sbusata nel mezo per infilzarla e ha, solamente d’una parte, quatro segni che sonno lettere del gran re Storia d’Italia Einaudi 68 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo della Chiina; e la chiamano picis. Per uno cathil de argento vivo (che è due libre de le nostre) ne davano sei scutelle de porcelana; per uno quinterno de carta cento picis; per un cathil de metalo uno vazeto de porcelana; per tre cortelli uno vazo de porcelana; per 160 cathili de metalo ne davano uno bahar de cera (che è duzento e tre cathili); per octanta cathili de metalo uno bahar de sale; per quaranta cathili de metalo uno bahar de anime per conciar le navi, perché in queste parte non si trova pegola. Vinti tahil fanno uno cathil. Quivi se apretia metalo, argento vivo, vetro, cenaprio, panni de lana, telle te utte le altre nostre merce, ma più lo fero e li ochiali. Questi mri vano nudi como li altri. Bevono l’argento vivo: lo infermo lo beve per purgarse e lo sano per restare sanno. Il re de Burne ha due perle grosse como dui ovi de galina e sonno tanto rotonde che non puono firmarse sovra una tavola; e questo so certo perché, quando li portassemo li presenti, li fo facto segno ne le mostrase. Lui disse le mostrarebe l’altro giorno. Poi alguni principali ne dissero loro averle vedute. Questi mori adoranno Maometo; e la sua lege è non mangiar carne de porco; lavarsi il culo con la mano sinistra; non mangiare con quella; non tagliare cosa alguna con la dextra; sedere quando urinano; non amazare galine né capre se prima non parlano al solle; tagliare a le galine le cime de le alle con le sue pelecine che li avanzano de soto e li piedi, e poi scartarla per mezo; lavarse lo volto con la mano drita; non lavarse li denti con li ditti e none mangiare cosa alguna amazata se non da loro. Sonno circunsisi como li iudei. In questa isola nasce la canfora, specie de balsamo, la qualle nasce fra li arbori e la scorsa e menuta como le remole. Se la se tiene discoperta, a poco a poco diventa niente; e la chiamano capor. Lì nasce cannela, gengero, mirabolani, neranci, limoni, chiacare, meloni, Storia d’Italia Einaudi 69 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo cogomari, zuche, rapani, cevole scarlogne, vache, bufali, porci, capre, galine, oche, cervi, elefanti, cavali e altre cose. Questa isola è tanto grande che si sta a circundarla con uno prao tre mezi. Sta de latitudine al polo artico in cinque gradi e uno carto e in cento e setantasei e dui tersi de longitudine de la linea repartitionale e se chiama Burne. Partendone de questa isola, tornassemo indrieto per truvare uno loco apto per conciare le navi, pcrché facevano acqua. Una nave, per poco vedere del suo piloto, dete in certi bassi d’una isola deta Bibalon, ma con lo aiuto de Dio la liberassemo. Uno marinaro de quella nave, non avedendose, despavilò una candella in una barille pien de polvere de bombarda. Subito la tolse fora sensa danno nissuno. Seguendo poi lo nostro camino, pigliassemo uno prao pienno de cochi che andava a Burne. Li omini fugirono in una isoleta. Finché pigliassemo questo, tre altri fugirono de drieto da certe isollete. Al capo de Burne fra questa e una isola deta Cimbonbon, che sta in octo gradi e sette menuti, è uno porto perfecto per conciare navi; per il che entrassemo dentro e, per non avere tropo le cose necessarie per conciare le navi, tardassemo quarantadui giorni. In questi giorni ognuno de nui se afaticava chi in una cosa chi in un’altra, ma la magior fatica avevamo era andar far legna ne li boschi senza scarpe. In questa isola sonno porci salvatici: ne amazassemo uno de questi con lo batello ne l’acqua, passando de una isola in un’altra, lo qualle aveva lo capo longo dui palmi e mezo e li denti grandi. Gli sonno cocodrili grandi cussì de terra como de mare, ostrighe e cape de diverse sorte; fra le altre no trovassemo due: la carne de l’una pezò vintisei libre e l’altra quarantacatro. Pigliassemo uno pesce che avevva lo capo como uno porco, con dui corni; el suo corpo era tuto d’uno osso solo; aveva sovra la schena como una sella ed era picolo. Ancora qui se trova arbori che fanno la foglia. Quando ca- Storia d’Italia Einaudi 70 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo scano sonno vive e caminano. Quelle foglie sonno né più né meno como quelli del moraro, ma non tanto longhe. Apresso el pecolo de una parte e de l’altra hanno dui piedi. Il pecollo è corto e pontivo. Non hanno sangue e chi le toca, fugino. Io ne teni una nove giorni in una scatola. Quando la apriva, questa andava intorno intorno per la scatola. Non penso vivono de altro se non de arie. Essendo partiti de questa isola, cioè del porto nel capo de quella isola Pulaoan, incontrassemo uno ionco che veniva da Burne, nel qualle era lo govvernatore de Pulaoan. Li facessemo segno amainasse le velle e, lui non volendole amainare lo pigliassemo per forsa e lo sachegiassemo. Se ’l governatore volse essere libero, ne dete in termino de sette giorni quatrocento mesure de rizo, vinti porci, vinti capre e centocinquanta galine. Poi ne apresentò cochi, fighi, canne dolci, vazi de vino de palma e altre cose. Vedendo nui la sua liberalità, gli rendessemo alguni sui pugnalli e archibusi. Poi li donassemo una bandniera, una vesta de damasco giallo e 15 bracia de tella; a uno suo figliolo una capa de panno lazuro e uno fratello del govvernatore una vesta de panno verde e altre cose. Se partissemo da lui como amici e tornassemo indrieto fra la isola de Cagaian e quel porto de Cippit. Pigliando lo Camino a la carta del levante verso siroco per trovare le isolle de Maluco, pasassemo per certi monticelli circa de li qualli trovassemo lo mare pienno de erbe con lo fondo grandissimo. Quando pasavamo per questi, ne pareva intrare per uno altro mare. Restando Chipit al levante, trovassemo due isolle Zolo e Taghima al ponente, apresse de le qualle nascono le perle. Le due del re de Burne forono trovatte quivi e le ebe, como ne fo referito, in questo modo. Questo re pigliò per moglie una figliola dei re de Zolo, la qualle li disse como suo padre aveva queste due perle. Costui se deliberò averli in ogni modo. Andò una nocte con cinquecento prao pigliò lo re con dui sui figlioli e menòli Storia d’Italia Einaudi 71 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo a Burne. Se ’l re de Zolo se volse liberare, li fu forsa darli le due perle. Poi, al levante carta del grego, pasassemo fra dui abitatione dete Cauit e Subanin e una isola abitata deta Monoripa, longi 10 leghe da li monticeli. La gente de questa hanno loro case in barche e non abitano altrove. In quelle due abitatione de Cauit e Subanin, li qualli sonno ne la isola de Butuan e Calaghan, nasce la meglior canella che si possa trovare. Se stavamo ivi per dui giorni, ne carigavano le navi, ma, per avere bon vento a pasare una ponta e certe isollete che erano circa de questa, non volessemo tardare; e, andando a la vella, baratassemo disisette libre per dui cortelli grandi avevamo tolti al govvernatore de Pulaoan. L’arbore de questa cannella è alto tre o catro cubiti e grosso como li diti de la mano; e non ha più de tre o catro rameti. La sua foglia è como quella del lauro; la sua scorsa è la cannella. La se coglie due volte a l’anno. Così è forte lo legno e le foglie, essendo verde, como la cannella. La chiamano caiumana: caiu vol dire ’legno’ e mana ’dolce’, cioè ’legno dolce’. Pigliando lo camino al grego e andando a una cità grande detta Maingdanao, la qualle è nella isola de Butuan e Calaghan, aciò sapessemo qualche nova de Maluco, pigliassemo per forsa uno biguiday (è come uno prao) e amazassemo sette omini. In questo erano solum dizidoto omini disposti quanto alguni altri vedessemo in queste parte, tucti de li principali de Maingdanao. Fra questi uno ne disse che era fratello del re de Maingdanao e che sapeva dove era Maluco. Per questo lasassemno la via del grego e piglasemo la via de siroco. In uno capo de questa isola Butuan e Caleghan, apresso de uno fiume, se trovammo omini pelozi, grandissimi combatitori e arceri. Hanno spade larghe uno palmo; mangiano si non lo core de l’uomo crudo con sugo de neranzi o limoni; e se chiamano Benaian, ’li pelosi’. Quando pigliassemo la Storia d’Italia Einaudi 72 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo via del siroco stavano in sei gradi e sete menuti a l’artico e trenta leghe lungi de Cauit. Andando al siroco, trovassemo quatro isolle Ciboco, Biraham Batolach. Sarangani e Candighar. Uno sabato de nocte a vintisei de octobre, costeando Birahan Batolach, ne assaltò una fortuna grandissima, per il che pregando Idio abassasemo tucte le velle. Subito li tri nostri sancti ne : aparsero descaciando tuta la scuritate. Sancto Elmo stette più de due ore in cima la gabia como una torcia, sancto Nicolò in cima de la mezana e sancta Chiara sovra lo trincheto. Prometesemo uno schiavo a sancto Elmo, a sancto Nicolò e a sancta Chiara: gli dessemo a ognuno la sua elemosina. Seguendo poi nostro viagio, intrassemo in uno porto in mezo de le due isolle Saranghani e Candighar e se afermassemo al levante apresso una abitatione de Sarangani, ove se trova oro perle. Questi populi sonno gentili e vano nudi como gli altri. Questo porto sta de latitudine in cinque gradi e nove menuti e longi cinquanta leghe de Cauit. Stando quivi, uno giorno pigliassemo dui piloti per forsa, aciò ne insegnaseno Maluco. Facendo nostro viagio fra mezogiorno e garbìn, pasassemo per octo isole abitate e desabitate poste in modo de una via, le quall se chiamano Cheaua, Cauiao, Cabiao, Camanuca, Cabaluzao, Cheai, Lipan e Nuza, finché arivassemo in una isola posta in fine de queste molto bella al vedere. Per avere vento contrario e per non potere passare una ponta de questa isola, andavamo de qua e de là circa de ella, per il che uno de quelli avevamo pigliati a Saranghani e lo fratello del re de Maingdanao con uno suo figliolo picolo ne la nocte fugirono nuotando in questa isola, ma il figliolo, per non potere tenere saldo sovra le spalle de suo padre, se enegò. Per non potere cavalcare la dicta punta, passasemo de soto de la isola, dove erano molte isolette. Questa isola tenne quatro re: raià Matandatu, raià Lalagha, raià Bapti e raià Parabu: sonno gentili. Sta in tre gradi e Storia d’Italia Einaudi 73 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo mezo a l’artico e 27 leghe longi de Saranghani; ed è detta Sanghir. Facendo lo medesimo camino, pasassemo zirca sei isolle Cheama, Carachita, Para, Zanghalura, Ciau, lontana diece leghe da Sanghir (questa tenne uno monte alto, ma non largo; lo suo re se chiama raià Ponto) e Paghinzara, longi octo leghe da Ciau (la qualle ha tre montagne alte; lo suo re se chiama raià Babintau): tute queste isolle sono abitate da gentili. A levante de Cheama è una isola detta Talaut. Poi trovassemo al levante de Paghinzara, longi dodici leghe, due isolle non molto grandi abitate dette Zoar e Meau. Passate queste due isolle, mercore a’ sei de novembre, discopersemo quatro isolle alte al levante, longi da le due cadordice leghe. Lo pilloto che ne era restato disse como quelle quatro isolle erano Maluco, per il che rengratiassemo Idio e per allegreza descaricassemo tuta la artigliaria. Non era de maravigliarsi se éramo tanto alegri, perché avevamo passati vintisette mesi manco dui giorni in cercare Malucho. Per tutte queste isolle fin a Malucho, el menor fondo trovassemo era in cento e ducento bracia, al contrario como dicevano li portughesi che quivi non si poteva navigare per li gran bassi e il ciello obscuro como loro se avevano imaginato. Venere a’ octo de novembre 1521, tre ore inanzi lo tramontar del solle entrasemo in uno porto d’una isolla deta Tadore e, surgendo apresso terra in vinti bracia, descaricassemo tuta l’artigliaria. Nel giorno seguente venne lo re in uno prao a le navi e circundòle una volta. Subito li andasemo contra con lo batello per onnorarlo. Ne fece intrare nel suo prao e sedere apresso de sé. Lui sedeva soto una umbrela de seta che andava intorno. Dinansi de lui era uno suo figliolo col scettro realle e dui con dui vazi e’ oro per dare acqua a le mani e dui altri con due cassetine dorate pienne de quelle betre. Lo re ne disse fossemo li benvenutti e como lui ià gran tempo Storia d’Italia Einaudi 74 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo se aveva sognato alquante nave vegnire a Maluco da luoghi lontani e, per più certificarsi, aveva voluto vedere ne la luna e vite como venivano e che nui éramo quilli. Entrando lo re nelle navi, tucti li basaronno la mano. Poi lo conducemo sovra la popa e, ne l’entrare dentro, non se volsce abassare, ma entrò de sovra via. Facendolo sedere in una catedra de veluto rosso, li vestissemo una vesta de veluto iallo a la turchesca. Nui, per più suo onnore, sedevamo in terra apresso lui. Esendo tucti asentati, lo re cominciò e disse lui e tucti sui populi volere sempre essere fedelissimi amici e vassali al nostro re de Spagna e acceptava nui como sui figlioli e dovescemo descendere in terra como ne le proprie case nostre, perché da qui in avanti sua isola non se chiameria più Tadore ma Castiglia, per l’amore grande portava al nostro re suo signore. Li donassemo uno presente, qual fo la veste, la Catedra, una pessa de tella sotille, quatro bracia de panno de scarlata, uno saglio de brocato, uno de damasco) giallo, alguni panni indiani lavorati de oro e de seta, una peza de berania bianca, tella de Cambaia, dui bonnetti, sei filce de cristalo, dodici corteli, tre spechi grandi, sei forfice, sei petini, alquanti bichieri dorati e altre cose; al suo figliolo uno panno indiano de oro e de seta, uno spechio grande, uno bonnet e dui cortelli; a nove altri sui principali a ognuno uno panno de seta, bonneti e dui cortelli; e a molti altri a chi bonneti e a chi cortelli dessemo, infin che ’l re ne disse dovessemo restare. Dopo ne disse lui non aver altro si non la propria vita per mandare al re suo signore e dovessemo nui più apropincarse a la cità e, se alguno veniva de nocte a le navi, li amazassemo con li schiopeti. Partendosse de la popa, mai se volce abassare. Pigliata la lissentia, discarecassemo tucte le bombarde. Questo re è moro e forsi de quarantacinque anni, ben facto, con una presentia realle e grandissimo astrologo. Alora era vestito d’una camiseta de tella bianca sotilissima con li capi de le manighe lavorati d’oro e de uno Storia d’Italia Einaudi 75 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo pano de la cinta quasi fina in terra; ed era descalso. Aveva intorno lo capo uno velo de seta e sovra una girlanda de fiori; e chiamasse raià sultan Manzor. Domenica a’ 10 de novembre, questo re volse intendere quanto tempo era se éramo partiti de Spagna e lo soldo e la quintalada ne dava il re a ciascuno de nui; e voliva li dessemo una firma del re e una bandiera reale perché, da qui inanzi, la sua isola e un’altra chiamata Tarenate, de la qualle se ’l poteva coronare uno suo nepote deto Colanoghapi, farebe tucte due serianno del re de Spagna; e, per onnore del suo re, era per combatere insino a la morte; e, quando non potesse più resistere, veniria in Spagna lui e tucti li sui in uno ionco faceva far de nuovo, con la firma e bandera reale, perciò da gran tempo era suo servitore. Ne pregò li lasciassemo alguni omini, acio ognora se arecordasse del re de Spagna, e non mercadantie perché loro non gli restarebenno. E ne disse voleva andare a una isola chiamata Bachian per fornire più presto le navi degarofali, perciò ne la sua non erammo tanti de sechi fucero soficienti a carigar le due nave. Ogi, per esser domenica, non volsemo contractare. Il giorno festigiato da questi populi è lo nostro vennere. Acciò vostra illustrissima signoria sapia le isolle dove nascono li garofali, sonno cinque: Tarenatte, Tadore, Mutir, Machian e Bachian. Tarenate è la principalle, quando viveva, lo suo re signorigiava casi tucte le altre. Tadore è quella dove éramo; tienne re. Mutir e Machian non hanno re, ma se regenno a populo e, quando li dui re de Tarenate e de Tadore fanno guera insieme, queste due li serveno de gente. La ultima è Bachian e tienne re. Tucta questa provintia dove nascono li garofali se chiama Maluco. Non era ancora octo mesi che era morto in Tarenate uno Francesco Seranno portughese, capitanio generale del re de Tarenate contra lo re de Tadore. E operò tanto che constrinse lo re de Tadore donnare una sua figliola per moglie al re de Tarenate e quasi tuc- Storia d’Italia Einaudi 76 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ti li figlioli de li principali per ostagio; de la qual figliola nascete quel nepote del re de Tadore. Poi, facta fra loro la pace, essendo venuto, uno giorno Francesco Seranno in Tadore per contractare garofali, questo re lo fece velenare con quelle foglie de betre; e vivete si non catro iorni. Il suo re lo veleva far sepelire secondo le sue lege, tua tre cristiani sui servitori non consentirono. Lo qual lasciò uno figliolo e una figliola picoli de una donna che tolse in Iava Magiore e ducento bahar de garofoli. Costui era grande amico e parente del nostro fidel capitanio generale e fo causa de comoverlo a pigliar questa impresa, perché più volte, essendo lo nostro capitanio a Malaca, li aveva scripto como lui stava ivi. Don Manuel ià re de Portugal, per non volere acrescere la previsione del nostro capitanio generale solamente de uno testonne al mese per li sui bennemeriti, venne in Spagna ed che da la sacra magestà tucto quello sepe demandare. Passati 10 giorni dopo la morte de Francisco Seranno, il re de Tarenate, deto raià Abuleis, avendo descaciato suo gennero, re de Bachian, fu avelenato de sua figliola, moglie del decto re, soto ombra de voler concludere la pace fra loro. Il qualle scampò solum dui giorni e lasciò nuove figlioli principali; li loro nomi sonno questi: Chechili Momuli, Tadore Vumghi, Chechili Deroix, Cili Manzur, Cili Pagi, Chialin Chechilini, Cathara, Vaiechu Serich e Colanoghapi. Luni a’ 1 de novembre, uno de li figlioli del re de Tarenate, Chechili Deroix, vestito de veluto rosso, venne a li navi con dui prao sonnando con quelle borchie e non volse alora entrare ne li navi. Costui teneva la donna, li figlioli e le altre cose de Francisco Seranno. Quando lo cognossemo, mandassemo dire al re se ’l dovevamo receverc, perché éramo nel suo porto. Ne rispose facessemo como volevamo. Lo figliolo del re, vedendone star suspesi, se discostò alquanto da le navi. Li andasemo con lo batello a presentarli uno panno de oro e de seta india- Storia d’Italia Einaudi 77 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo no con alquanti cortelli, spechi e forfice. Acceptòli con uno poco de sdegno e subito se parti. Costui aveva seco uno indio cristiano chiamato Manuel, servitor d’un Petro Alfonso de Lorosa portughese, lo qual, dopo la morte de Francesco Seranno, vene de Bandan a Taranate. Il servitore, per sapere parlare in portughese, entrò ne le nave e dissenne, se ben li figlioli del re de Tarenate eranno nemici del re de Tadore, niente de meno sempre stavano al servitio del re de Spagna. Mandasemo una lettera a Pietro Alfonso de Lorosa, per questo suo servitore, dovesse vegnire senza suspecto nissuno. Questi re teneno quante donne voleno, ma ne hanno una per suo moglie principale e tutte le altre obedisconno a questa. Il re de Tadore aveva una casa grande fuore de la cità, dove estavano ducento sue donne de le più principali con altretante le servivano. Quando lo re mangia, sta solo overo con la suo moglie principalle in uno luoco alto como un tribunalle, ove pò vedere tucte le altre che li sedenno atorno e, a quella più li piace, li comanda vada dormire seco quela nocte. Finito lo mangiare, se lui comanda che queste mangiano insieme, lo fanno; si non ognuna va mangiare nella sua camera. Niuno senza lisentia del re le può vedere e, se alguno è trovato o di giorno e de nocte apresso la caza del re, è amazato. Ogni famiglia è obligata de dare al re una e due figliole. Questo re aveva vintisei figlioli: octo maschi, lo resto femine. Dinanzi a questa isola ne è una grandissima chiamata Giailolo, che è abitata de mori e da gentilli. Se troverano dui re fra li mori, sì como ne disse el re, non aver avuto seicento figlioli e l’altro cinquecento e venticinque. Li gentili non teneno tante donne, né viveno con tante superstitioni, ma adorano la prima cosa che vedeno la matina quando esconno fora de casa per tuto quel giorno. Il re de questi gentilli, deto raià Papua, è richissimo de oro e abita dentro ne la isola. In questa isola de Giailolo nascono, sovra sassi vivi, canne grosse co- Storia d’Italia Einaudi 78 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo mo la gamba, pienne de acqua molto buona da bere: ne compravam assai da questi populi. Marti a’ dudici de novembre, il re fece fare in uno giorno una casa ne la cità per la nostra mercantia. Gli la portassemo quasi tuta e, per guardia de quella, lasciassemo tri omini de li nostri e subito cominciasemo a mercadantare in questo modo: per 10 bracia de panno rosso asai bonno ne davano uno bahar de garofali (che è quatro, cinque e sei libre; un quintale è cento libre); per quindici bracia de panno) non tropo bonno un bahar, per quindice accette uno bahar, per trentacinque bichieiri de vetro uno bahar (il re li ebe tucti); per dizisette cathili de cenaprio un bahar; per dizisete cathili de argento vivo uno bahar, per vintisei bracia de tella uno bahar, per vinticinque bracia de tella più sotille uno bahar; per centocinquanta cortelli uno bahar, per cinquanta forfice uno bahar; per quaranta bonneti uno bahar; per 10 panni de Guzerati uno bahar; per tre de quelle sue borchie dui bahar; per uno quintal de metalo uno bahar Tucti li spechi eranno rocti e li pochi boni li li volse el re. Molte de quieste cose eranno de quelli iunci avevamo presi. La prestesa de venire in Spagna ne fece dare le nostre mercantie per miglior mercato non avessemo facto. Ogni giorno venivano a le navi tante barche pienne de capre, galine, fighi, cochi e altre cose da mangiare che era una maraviglia. Fornissemo li navi de acqua buona: questa acqua nasce calda, ma, se sta per spacio d’una ora fora de suo fonte, diventa frigidissima. Questo è perché nasce nel monte delli garofoli, al contrario como se diceva in Spagna l’acqua esser portata a Maluco de longi parti. Mercore lo re mandò suo figliolo, deto Mossahap, a Mutir per garofoli, acciò più presto ne fornisseno. Ogi dicessemo al re como avevamo pressi certi indii. Rengratiò molto Idio e dicene li facessemo tanta gratia gli dessemo li presoni perché li mdarebe nelle sue terre con cinque omini de li sui per manifestare del re de Storia d’Italia Einaudi 79 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Spagna e de sua fama. Alora li donassemo li tre donne pigliate in nome de la reina per la cagione ià detta. Il giorno seguente li apresentassemo tucti li presoni salvo quelli de Burne: ne che grandissimo piacere. Dapoi ne disce dovessemo per suo amore amazare tucti li porci avevamo ne le navi perché ne darebe tante capre e galine. Gli amazassemo per farli piacere e li apicassemo soto la covverta. Quando costoro per aventura li vedevano, se coprivano lo volto per non vederli né sentire lo suo odore. Sul tardi del medesimo giorno vene in uno prao Pietro Alfonso portughese e, non essendo ancora desmontato, il re lo mandò a chiamare e, ridendo, disegli, se lui ben era de Tarennate, ne dicesse la verità de tuto quello che li domandassemo. Costui dice como ià sedizi anni stava ne la India, ma 10 in Maluco, e tanti erano che Maluco stava descoperto ascosamente ed era uno anno manco quindici giorni che venne una nave grande de Malaca quivi e se partite caricata de garofali, ma per li mali tempi restò in Bandan alquanti mesi, de la qualle era capitanio Tristan de Meneses portughese; e, como lui li demandò che nove erano adesso in Cristianitatte, li disse como era partita una armata de cinque navi de Siviglia per descoprire Maluco in nome del re de Spagna, essendo capitano Fernando de Magallianes portughese; e como lo re de Portugallo, per dispecto che uno portughese li fosse contra, avea mandatte alquante nave al capo de Bonna Speransa e altre tante al capo de Sancta Maria (dove stanno li Canibali) per vietargli lo passo; e como non lo trovò. Poi il re de Portugalo aveva inteso como lo dicto capitanio aveva passato per uno altro mare e andava a Maluco. Subito scrisse al suo capitanio magiore de la India, chiamato Diego Lopes de Sichera, mandasse sei nave a Maluco, me, per causo del Gran Turco che veniva a Malaca, non le mandò, perché li fu forsa mandare contra lui sexanta velle al Streto de la Meca, nella Tera Storia d’Italia Einaudi 80 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo de Iuda, li quali non trovorono altro, solum alcante gallere in seco ne la riva de quella forte e bella cità de Adem, le qualle tucte brusorono. Dopo questo, mandava contro a nui a Maluco uno gran galeone con due mani de bombarde, ma, per certi bassi e corenti de acqua che sonno circa Malaca e venti contrari, non puoté passare e tornò indrieto (lo capitanio de questo galione era Francesco Faria portughese). E como erano pochi giorni che una caravella con dui ionci erano stati quivi per intendere de nui. Li unci andarono a Bachian per caricare garofali con sette portughesi. Questi portughesi, per noti avere respecto a le donne del re e de li suoi, lo re li disce più volte non facessero tal cosa, ma loro, non volendo restare, furono amazati. Quando quelli de la caravella intezero questo, subito tornorono a Malaca e lasciarono li iunci con catrocento bahar de garofoli e tanta mercantia per comperare cento altri bahar. E como ogni anno molti iunci veneno de Malaca a Bandan per pigliare matia e nosce moscade, e da Bandan a Maluco per garofali. E como questi populi vanno con questi sui iunci da Maluco a Bandan in tre giornie e de Bandan a Malaca in quindici. E como lo re de Portagalo ià 10 anni godeva Maluco ascosamente, aciò lo re de Spagna no ’l sapesse. Costui stete con nui altri insino a tre ore de nocte e discene molte altre cose. Operassemo tanto che costui, prometendoli bon soldo, ne promisse de venire con nui in Spagna. Vennere a’ quindici de novembre, il re ne disce como andava a Bachian per pigliare de quelli garofali lassatti da li portughesi. Ne dimandò dui presenti per darli a li dui gubernatori de Mutir in nome del re de Spagna e, passando per mezo de le navi, volse vedere como tiravano li schiopeti, li balestre e li versi (che sono magiori d’uno arcabuso). Tirò lui tre volte de balestra perchì li piaceva più che li schiopeti. Sabato lo ro moro de Giailolo vene a le navi con molti prao, al qualle donascemo uno Storia d’Italia Einaudi 81 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo saio de domasco verde, dui bracia de panno rosso, spechi, forfice, cortelli, petini e dui bicheri dorati. Ne disce, poiché éramo amici del re de Tadore, éramo ancora soi, perché amavalo como uno proprio suo figliolo e, se mai alguno de li nostri andasseno in sua terra, li farebe grandissimo onnore. Questo re è molto vechio e temuto per tutte queste isole per essere molto potente; e chiamasse raià Iussu. Questa isola de Iaialolo è tanto grando che tardano catro mesi a circundarla con uno prao. Domenica matina, questo medesimo re venne a le navi e volse vedere in che modo combatevamo e como scaricavamo le nostre bombarde, dil che pigliò grandissimo piacere e subito se partì. Costui, como ne fu detto, era stato ne la sua ioventù gran combatitore. Nel medesimo giorno andai in terra per vedere como nascevano li garofali. Lo arburo suo è alto e grosso como uno omo al traverso; e più e meno. Li sui rami spandeno alquanto largo nel mezo, ma nel fine fanno in modo de una cima. La suo foglia è como quella del lauro; la scorsa è olivastra. Li garofoli veneno in cima de li ramiti diece o vinti insieme. Questi arbori fanno sempre casi più d’una banda che de l’altra segondo li tempi. Quando nascono, li garofali sonno bianchi, maturi rossi e secchi negri. Se coglieno due volte a l’anno: una de la natività del Nostro Redemptore, l’altra in quella de sancto Ionne Baptista, perché in questi dui tempi è più temperato l’arie, ma più in quella del nostro Redemptore. Quando l’anno è iù caldo e con manco pioge se coglienno trecento e quatrocento bahar in ognuna de queste isolle. Nascono solamente ne li monti e, se alguni de questi arbori sottili sonno piantati al pianno apreso li monti, non viveno. La suo foglia, la scorza e il legno verde è così forte como li garofoli. Se non si coglieno quando sonno maturi, diventano grandi e tanto duri che non è bono altro de loro si non la suo scorsa. Non nascono al mondo altri garofali si non in cinque monti de queste cinqtue isolle. Storia d’Italia Einaudi 82 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Se ne trovano ben alguni in Giailolo e in una isola picola fra Tadore e Mutir detta Mare, ma non sonno buoni. Vedevamo nui casi ogni giorno una nebula discendere e circumdare mo l’uno mo l’altro de questi monti, per il che li garofoli diventano perfecti. Ciascuno de questi populi hanno de questi arbori e ognuno custodiscono li sui, ma non li coltivano. In questa isola se trovano alguni arbori de noce moscada: l’arbore è como le nostre noghere e con le medesime foglie. La noce, quamudo se coglie, è grande como uno codogno picolo, con quel pelo e de medesimo colore. La sua prima scorza è grossa como la verde de le nostre noce. Soto de questa è una tella sotille, soto la qualle sta la matia rossisima rivolta intorno la scorsa della noce e, de dentro de questa, è la noce moscade. Le case de questi populi sonno facte como le altre, ma non cussì alte da terra, e sonno circundate de canne in modo de uno sieve. Queste femine sonno bructe e vano nude como le altre. Con quelli panni de scorca de arbore fanno questi panni in tal modo: piglianno uno pezo de scorsa e lo lascianno ne l’acqua finché diventa molle e poi lo bateno con legni e lo fanno longo e largo como volemo. Diventa como uno vello de seda cruda con certi filecti de dentro che pare sia tesuto. Mangiano panne de legno de arbore como la palma facto in questo mnodo: piglianno uno pezo de questo legno mole e li cavano fuora certi spini negri longhi; poi lo pestanno e così fanno lo panne. L’uzano quasi solo per portare in mare e lo chiamano saghu. Questi omini vano nudi como li altri, ma sonno tanto gelosi de le sue moglie che non volevano andassemo nui in terra con le braghete discoperte, perché dicevano le sue donne pensare nui sempre essere in ordine. Ogi giorno venivano de Tarenate molte barche caricate de garofali, ma, perché aspectavamo il re, non contractavamo altre si non victuvaglia. Queli de Tarenate se lementavamo molte perché non volevamo contractare con Storia d’Italia Einaudi 83 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo loro. Domenica de nocte a’ vinticatro de novembre, venendo al luni, lo re vene suonando con quelle sue borchie e, passando per mezo li navi, discaricassemno molte bombarde. Ne disse infine a quatro giorni venirianno molti garofali. Luni lo re ne mandò setecento e norantauno cathili de garofali senza levar la tara (la tara è pigliare le speciarie per manco de quel che pezanno, perché ogni giorno se secano più). Per essere li primi garofoli avevamo messi ne li navi, discaricassemo molte bombarde. Quivi chiamano li garofali ghomode, in Saranghani (dove pigliassemo li dui piloti) bonghalauan e in Malaca chianche. Marti a’ vintisei de novembre, il re ne disce como non era costume de alguno re de partirsi de sua isola, ma lui se era partito per amore del re de Castiglia e perché andassemo più presto in Spagna e retornassemo con tante navi che potessemo vendicare la morte de suo padre, che fo amazato in una isola chiamata Buru e poi botato nel mare. E dissenne como era uzansa, quando li primi garofoli eranno posti ne le navi overo ne li iunci, lo re fare uno convito a quelli de le navi e pregare lo suo dio li conducessi salvi ne lo suo porto; e anche lo volìa far percagione del re de Bachian e uno suo fratello, che venivano per vizitarne. Faceva netare li vie. Alguni de nui pensando qualche tradimento (perché quivi dove pigliavamo l’aca foreno amazati da certi de questi ascosi ne li boschi tre portughesi de Francesco Seranno e perché vedevamo questi indi susurare con li nostri presoni), dicessemo contra alquanti volentorosi de questo convito non si dovere andare in terra per conviti, ricordandogli de quel’altro tanto infelice. Facessemo tanto se concluse de mandare dire al re venisse presto ne le navi, perché volevamosi partire e consegnarli li catro omini promissi con altre mercantie. Il re subito venne e, intrando ne le navi, disse ad alguni sui con tanta fidutia entrava in queste como ne le sue caze. Ne disse esere grandamente spaven- Storia d’Italia Einaudi 84 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo tato per volerne partire così presto, esendo il termine de carigare le navi trenta giorni; e non esersi partito per farne algun mal, ma per fornire più presto li navi de garofoli; e como non si dovevamo partire alora, per non essere ancora lo tempo de navigare per queste isolle e per li molti bassi se trovano zirca Bandan e perché facilmente averesemo potuto incontrarsi in qualche navi de portughesi; e, se pur era la nostra opignone de partirsi alora, pigliassemo tute le nostre mercadantie perché tucti li re circumvicini direbenno il re de Tadore avere recevuti tanti presenti da uno si grande re e lui non averli dato cosa alguna; e pensarebeno nui essersi partiti si non per paura de qualche inganno e sempre chiamarebenno lui per uno traditore. Poi fece portare lo suo Alcoranno e, prima basandolo e metendoselo catro e cinque volte sovra lo capo e dicendo fra sé certe parolle (quando fanno cussì chiamano zambahean), disse in presentia de tucti che iurava per Alà e per lo Alcoranno aveva in mano sempre volere essere fidelle amico al re de Spagna. Disse tuto questo casi piangendo. Per le sue bonne parolle li prometessemo de aspectare ancora quindici giorni. Alora li dessemo la firma del re e la bandera realle. Niente di meno intendessemo poi per buona via alguni principali de queste isole averli dicto ne dovesse amazare, perché farebe grandissim piacere a li portughesi e como loro perdonnarianno a quelli de Bachian; e il re averli risposto non lo fara per cosa alguna, cognossendo lo re de Spagna e avendone data la sua pace. Mercore a’ vintisette de novembre, dopo disnare lo re fece fare un bando a tuti quelli avevano garofali li potesseno portare ne le navi. Tuto queste giorno e l’altro contratassemo garofoli con gran furia. Venner sul tardi vene lo govvernatore de Machian con molti prao. Non volse desmontare in tera perché stavano ivi suo padre e uno suo fratello banditi da Machian. Il giorno seguente lo nostro re con lo gevvernatore suo nepote Storia d’Italia Einaudi 85 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo entraronno ne le navi. Nui, per non avere più panno, ne mandamo al re a tore tre bracia del suo e ne ’l dete, lo qualle con altre cosse donnassemo al govvernatore. Partendose, se discaricò molte bombarde. Dapoi lo re ne mandò sei bracia de panno rosso, aciò lo donnasemo al govvernatore. Subito lo li presentasserno, per il che ne ringratiò molto e disse ne mandarebe assai garofoli. Questo govvernatore se chiama Humar ed era forsi de vinticinque anni. Domenica primo de decembre, questo govvernatore se partì. Ne fu deto il re de Tadore avergli dato panni de seta e alguue de quelle borchie, aciò custui più presto li mandasse li garofoli. Luni il re andò fuora de la isola per garofoli. Mercore matina, per essere giorno de sancta Barbara e per la venuta del re, se descaricò tuta l’artigliaria. La nocte lo re venne ne la riva e volse vedere como tiravamo li rochetti e bombe de fuoco, dil che lo re pigliò gran piacere. Iove e vennere se comperò molti garofoli cussì ne la cità como nelle navi: per catro bracia de frizetto ne davano uno bahar de garofoli; per due cadenelle de latonne (che valevano uno marcello) ne detero cento libre de garofoli. Infine, per non aver più mercadantie, ognuno li dava chi le cape e chi li sagli e chi le camise con altre vestimente per avere la sua quintalada. Sabato tre figlioli dil re de Tarennate con tre sue moglie, figliole del nostro re, e Pietro Alfonso portughese venironno a le navi. Donassemo a ’gni uno de li tre fratelli un bichier de vetro dorato; a ie tre donne forfice e altre cose. Quando se partironno, forenno scaricate molte bombarde. Poi mandassemo in tera a la figliola del nostro re, ià moglie dil re Tarenatte, molte cose, perché non volse vegnire von le altre a le navi. Tutta questa gente, cussì omini como donne, vanno sempre descalsi. Domenica a’ octo di decembre, per essere giorno de la Conseptione, se scaricò molte bombarde, rocheti e bombe di fuoco. Luni sul tardi, lo re venne a le navi con Storia d’Italia Einaudi 86 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo tre femine li portavano il betre (altri non pòne menare seco donne se non il re). Dopo venne lo re de Iaialolo e volse vedere nui un’altra fiata combatere insieme. Dopo alquanti giorni, il nostro re ne disse lui assimigliare uno fanciulo che latasse e cognocesse la sua dolce madre e quella, partendosi, lo lassiare solo, magiormente lui restare desconsolato, perché già ne aveva cognossuto e gustato alcune cose di Spagna e perché dovevamo tardare molto al retornare. Carissimamente ne pregò li lasciassemo per sua defentione alquanti de li versi nostri e ne avisò, quanto fossemo partiti, navigassemo se non de giorno per li molti bassi sonno in queste isolle. Li respondessemo, se volevamo andar in Spagna, n’era forsa navigare de giorno e de nocte. Alora disse farebe per nui ogni giorno oratione al suo idio, aciò ne conducesse a salvamento, e dissene como doveva venire lo re de Bachian per maritare uno suo fratello con une de le sue figliole. Ne pregò volessemo far alcuna festa in segno d’allegreza, ma non scaricassemo le bombarde grosse, perché farebenno gran danno a le navi per essere carigate. In questi giorni venne Pietro Alfonso portughese con la sua donna e tute le altre sue cose a stare ne le navi. De lì a dui giorni venne a le navi Chechili Deroix, figliolo del re de Tarennate, in un prao ben fornito e disse al portughese decendesse un poco al suo prao. Li rispose non li voleva discendere, perché veniva nosco in Spagna. Alora lui volse intrare ne le navi, ma nui non lo volsemo lasciar intrare. Costui, per essere grande amico del capitanio de Malaca portughese, era venuto per pigliarlo e gridò molto a quelli stantiavano apresso il portughese perciò lo avevano lasciato partire sensa sua lisentia. Domenica a’ quindici de decembre, sul tardi il re de Bachian e il suo fratello vcnirono in uno prao con tre mani de vogatori per ogni bamida. Eranno tucti cento e vinti con molte bandiere de piuma de papagalo bianche, Storia d’Italia Einaudi 87 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ialle e rosse e con molti soni de quelle borchie (perché a questo sonni li vogatori voganno a tempo) e con dui altri prao de donzelle per presentarle a la sposa. Quando passarono apresso li navi, li salutassemo con bombarde e loro, per salutarne, circumdorono li navi e il porto. Il re nostro, per essere costume ningune re descendere ne le terre de altrui, venne per congratularse seco. Quando il re de Bachian lo viste venire, se levò dal tapeto ove sedeva e posessi de una banda. Il nostro re non volse sedere sovra lo tapeto, ma da l’altra parte, e così niuno stava sopra lo tapeto. Il re de Bachian dete al nostro re cinquecento parolle perché desse sua figliola per moglie al suo fratello. Queste patolle sonno panni de oro e de seta facti ne la Chiina e molti preciati fra costoro. Quando uno de questi more, li altri soi, per farli più onnore, se vestonno de questi panni. Danno per uno de questi tre bahar de garofali, e più e meno secondo che sonno. Luni il nostro re mandò uno convito al re de Bachian per cinquanta donne, tucte vestite de panni de seta de la cinta fina al genochio. Andavano a due a due con uno omo im mezo de loro. Ognuna portava uno piato grande pienno de altri piatelli de diverse vivande. Li omini portavano solamente lo vino in vazi grandi. Dieze donne de le più vechie eranno le maciere. Andarono in questo modo fina al prao e apresentarono ogni cosa al re, che sedeva sovra lo tapeto soto uno baldachino rosso e giallo. Tornando costoro indi‹etr›o, pigliarono alguni de li nostri e, se loro volsero essere liberi, li bisognò darli ‹qua›lche sua coseta. Dopo questo il re nostro ne mandò capre, cochi, vino e altre cose. Ogi metessemo le velle nove a le navi, ne le qualle era una croce de Sancto Iacobo de Galitia con litere che dicevano: «Questa è la figura de la nostra bomina ventura». Marti donassemo ai nostro re certi pezi de artigliaria como archibusi, che avevamo pigliati in questa India, Storia d’Italia Einaudi 88 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo e alguni versi de li nostri con catro barili de polvere. Pigliassemo quivi octanta botte de acqua per ciascuna nave. Già cinque giorni lo re aveva mandato cento omini a fare legna per noi a la isola di Mare, perché convenivamo passare per ivi. Ogi lo re de Bachian con molti altri de li suoi dicendete in terra per fare pace con nui. Dinanzi a lui andavano quatro omini con stochi driti in mano. Disse in presentia del nostro re e de tucti li altri como sempre starebe in servitio del re de Spagna e salvaria in suo nome li garofoli lasciati da li portughesi finché venise un’altra nostra armata; e mai li darebe a loro senza lo nostro consentimento. Mandò a donare al re de Spagna uno schiavo, dui bahar de garofoli (gli ne inamidava 10, ma le navi, per essere tropo cargate, non li poterono portare) e dui ucceli morti belissimi. Questi ucceli sonno grossi como tordi; hanno lo capo picolo con lo beco longo; le sue gambe sono longhe un palmo e sotilli como un calamo; non hanno ale ma, in loco de quelle, penne longhe de diversi colori como gran penachi; la sua coda è como quella del tordo; tute le altre sue penne, eccepto le alle, sonno del colore de taneto; e mai non volano se non quando è vento. Costoro ne dicero questi ucceli venire dal paradiso terestre e le chiamano bolon diuata, cioè «uceli de Dio». Ognuno de li re de Maluco scrssero al re de Spagna che sempre volevano eserli sui veri subditi. Il re de Bachian era forsi de setanta anni e aveva questa uzansa: quando voleva andare a combatere overo a fare qualche altra cosa importante, prima si ’l faceva fare due o tre volte da uno suo servitore, che no ’l teniva ad altro efecto si non per queste. Un giorno il nostro re mandò a dire a quelli nostri che stavano ne la casa de la mercantia non andassero de nocte fora de casa per certi de li sui omini che se ongeno e vano de nocte e parenno siano senza capo. Quando uno de questi truova una de li altri, li toca la mano e Storia d’Italia Einaudi 89 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo li la onge un poco dentro. Subito cului se infirma e, fra tre o quatro giorni, muore; e, quando questi trovano tre o catro insieme, non li fanno altro male si non che l’imbalordiscono; e che lui ne aveva facto impicare molti. Quando questi populi fanno una casa de nuovo, prima li vadanno ad abitare dentro, li fanno fuoco intorno e molti conviti: poi atacano al teto de la casa un poco d’ogni cosa se trova ne la isola, aciò non possino mai mancare tal cose a li abitanti. In tucte queste isole se trova gingero: noi lo mangiavamo verde como panne. Lo gingero non è arbore, ma una pianta picola che pulula fuora de la terra certi coresini longhi un palmo como quelle de le canne e con le medesime foglie, ma più strecte e corte. Questi coresini non valeno niente, ma la sua radice è il gengero e non è cussì forte verde como seco. Questi populi lo secano in calsina, perché altratmente non durarebe. Mercore matina, per volerse partire de Maluco, il re de Tadore, quel de Iaialolo, quel de Bachian e uno figliolo del re de Tarennate, tucti erano venuti per acompagnarne infino a l’isola de Mare. La nave Victoria fece vela e discostòsi alquanto aspectando la nave Trinitade, ma quella, non potendo levare l’ancora, subito fece acqua nel fondo. Alora la Victoria tornò al suo luoco e subito cominciamo a scaricare la Trinitade per vedere se potevamo remediarli. Si sentiva venire dentro l’acqua como per un canone e non trovavamo dove la entrava. Tuto ogi ed el dì seguente non facessemo altro si non dare a la bomba, ma niente li iovavamo. Il nostro re, intendendo questo, subito venne ne la nave e se afatigò per vedere dove veniva l’acqua. Mandò ne l’acqua cinque de li suoi per vedere se avesseno potuto trovare la sfissura. Steteno più de meza ora soto acqua e mai la trovarono. Vedendo il re costoro non potere iovare e ognora crescere più la acqua, disse casi piangendo mandarebe al capo de la isola per tre omini stavano molto soto acqua. Vennere matina, a bona ora venne lo nostro re con li tre omini Storia d’Italia Einaudi 90 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo e presto mandòli ne l’acqua con li capilli sparsi, aciò con quelli trovassero la sfissura. Costoro stetero una bonna ora soto acqua e mai la trovarono. Il re, quando viste non poterli trovare remedio, disse piangendo: «Che andaremo in Spagna dal mio Signore e darli nova di me?». Li respondessemo li andarebe la Victoria per non perdere li levanti (li qualli cominciavano) e la altra, fin se conciasse, espetarebe li ponenti e poi andaria al Darién, che è ne l’altra parte del mare, ne la tera de Diucatan. Il re ne disse aveva duzentovinticinque marangoni che farebeno il tuto) e li nostri, che restavano ivi, li tenirebe como sui figlioli e non se afaticarebeno, se non dui in comandare a li marangoni como dovescero fare. Diceva queste parolle con tanta pasionne che ne fece tucti piangere. Nui de la nave Victoria dubitando se aprisse la nave per essere tropo caricata, la ligerissemo de sexanta quintali de garofoli e questi facesemo portare ne la casa dove eranno li altri. Alguni de la nostra nave volsero restare quivi per paura che la nave non potesse durare fin in Spagna, ma molto più per paura de morire de fame. Sabato a’ vintiuno de decembre, giorno de san Tomaso, il re nostro venne a le navi e ne consignò li dui piloti avevamo pagati perché ne conducessero fora de queste isolle dissene como alora era bon tempo da partirse, ma, per lo scrivere de li nostri in Spagna, non si partissemo si non a mezodì. Venuta l’ora, le navi pigliarono lisentia l’una de l’altra con scaricare le bombarde e pareva loro lamentarsi per la sua ultima partita. Li nostri ne acompagnarono un poco con loro batello e poi, con molte lagrime e abraciamenti, se dispartissemo. Lo govvernatore del re venne con nui infino a la isola de Mare. Non fussemo cossì presto ionti, comparseno quatro prao caricati de legna e, in manco d’una ora, caricassemo la nave e subito pigliassemo la via del garbìn. Quivi restò Ioan Carvaio con cinquantatré personne de li nostri. Nui éramo quarantasette e tredici indi. Questa isola de Tadore ten- Storia d’Italia Einaudi 91 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ne episcopo e alora ne era uno de quarantacinque anni che aveva quaranta moglie e assaissimi figlioli. In tucte queste isolle de Maluco se trovano garofoli, gengero, sagu (ch’è ’l suo panne di legno), riso, capre, oche, galine, cochi, fighi, mandolle più grosse de le nostre, pomi granati dolci e garbi, naranci, limoni, batate, mele de ape picoll como formiche (le qualli fanno la melle ne li arbori), canne dolci, olio de coco e de giongioli, meloni, cocomari, zuche, uno fructo refrescativo grande como le angurie deto comulicai e uno altro fructo casi como lo persico deto guaue e altre cose da mangiare. E se li trovano papagali de diversa sorte, ma fra le altre alguni bianchi chiamati cathara e alguni tucti rossi decti nori; e uno de questi rossi vale un bahar de garofoli e parlarle più chiaramente che li altri. Sonno forsi cinquanta anni clhe questi mori abit‹ano› in Maluco: prima li abitavano gentilli e non apreciavano li garofoli. Gli ne sonno ancora alguni, ma abitano ne li monti dove nasconon li garofoli. La isola de Tadore sta de latitudine al polo artico in vintisete menuti e de longitudine de la linea de la repartitione in cento e sesantauno grado e longi de la prima isola de l’arcipelago, detta Zamal, nove gradi e mezo a la carta dei mesoiorno e tramontana verso grego e garbìn; Tarenate sta de latitudine a l’artico in dui tersi; Mutir sta pontualmente socto la linea equinoctialle; Machian sta al polo antartico in un quarto e Bachian ancora lui a l’antartico in un grado. Tarenate, Tadore Mutir e Machian sonno quatro monti alti e pontivi ove nascono li garofoli. Essendo in queste quatro isole, non se vede Bachian, ma lui è magiore de ciascuna de queste quatro isolle e il suo monte de li garofoli non è cussì pontivo como li altri, ma più grande. Vocabuli de questi populi muori 1 Al suo idio – Alla Storia d’Italia Einaudi 92 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 2 al cristiano – naceran 3 al turco – rumno 4 al moro musulman – isilam 5 ai gentille – caphre 6 al sue meschite – mischit 7 a li sui preti – maulana, catip, mudin 8 a li omini sapienti – horan pandita 9 a li omini sui devoti – mosssai 10 a le sue cerimonie – zambahehan de ala meschit 11 al padre – bapa 12 a la madre – mama ambui 13 al figliolo – anach 14 al fratello – saudala 15al fratello de questo – capatin muiadi 16 al germano – saudala sopopu 17 a l’avo – ninny 18 al socero – minthua 19 al genero – minanthu 20 a l’omo – horan 21 a la femina – poranpoan 22 a li capili – lambut 23 al capo – capala 24 al fronte – dai 25 a l’ochio – matta 26 a le ciglie – quilai 27 a le palpebre – cenin 28 al nazo – idon 29 a la boca – mulut 30 a li labri – bebere 31 a li denti – gigi 32 a le gengive – issi 33 a la lingua – lada 34 al palato – langhi 35 al mento – aghai 36 a la barba – iangut 37 a li mostachi – missai Storia d’Italia Einaudi 93 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 38 a la macella – pipi 39 a la orechie – talingha 40 a la golla – laher 41 al colo – tundun 42 a le spale – balachan 43 al peto – dada 44 al core – atti 45 a la mamela – sussu 46 al stomaco – parut 47 al corpo – tundunbutu 48 al membro – botto 49 a la natura de le donne – bucchij 50 a l’uzare con loro – amput 51 a le nalghe – buri 52 a le cosce – taha 53 a la gamba – mina 54 al schinco de la gamba – tula 55 a la sua polpa – tilor chaci 56 a la cavechia del piè – buculai 57 al calcagna – tumi 58 al piede – batis 59 a le solle del piede – empachaqui 60 a la ongia – cuchu 61 al bracio – langhan 62 al gomedo – sichu 63 a la mano – tanghan 64 al dito grosso de la mano – idum tanghan 65 al secondo – tunguà 66 al terso – geri 67 al carto – mani 68 al quinto – calinchin 69 al rizo – bugax 70 al coco in Maluco e in Burne – biazzao 71 in Lozon – nior 72 in Iava Magiore – calambil 73 al figo – pizan Storia d’Italia Einaudi 94 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 74 a le canne dolce – tubu 75 a le batate – gumbili 76 a le radice como ravi – ubi 77 a le ciacare – mandicai sicui 78 al melone – antimon 79 a le angurie – labu 80 a la vaca – lambu 81 al porco – babi 82 al bofalo – carbau 83 a la pecora – birj 84 a la capra – cambin 85 al galo – sambunghan 86 a la galina – aiambatina 87 al caponne – gubili 88 a l’ovo – talor 89 a l’occato – itich 90 a l’oca – ansa 91 a l’uccelo – bolon 92 a l’elefante – gagia 93 al cavalo – cuda 94 al leonne – hurimau 95 al cervo – roza 96 al canne – cuiu 97 alle ape – haermadu 98 al melle – gulla 99 a la cera – lelin 100 a la candela – dian 101 al suo stopino – sumbudian 102 al fuoco – appi 103 al fumo – asap 104 a la cenere – abu 105 al cucinato – azap 106 al molto cucinato – lambech 107 a l’acqua – tubi 108 a l’oro – amax 109 a l’argento – pirac Storia d’Italia Einaudi 95 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 110 a la pietra preciosa – premata 111 a la perla – mutiara 112 a l’argento vivo – raza 113 al metalo – tumbaga 114 al feto – baci 115 al piombo – tima 116 a le sue borchie – agun 117 a lo cenaprio – galuga sadalinghan 118 a l’argento – soliman davas 119 al panno de seta – cain sutra 120 al panno rosso – cain mira 121 al panne negro – cain itam 122 al panno bianco – cain pute 123 al panno verde – cain igao 124 al panno giallo – cain cunin 125 al bonnet – cophia 126 al cortello – pixao 127 a la forfice – guntin 128 al spechio – chiela min 129 al petine – sisir 130 al cristalino – manich 131 al sonaglio – grin grin 132 a l’annello – sinsin 133 a li garofoli – ghianche 134 a la cannela – caiumanis 135 al pevere – lada 136 al pevere longo – sabi 137 a la noce moscada – buapala gosoga 138 al filo de ramo – cauot 139 al piato – pingham 140 a la pignata – priu 141 a la scutela – manchu 142 al piato de legno – dulan 143 a la conca – calumpan 144 a le sue mesure – socat 145 a la terra – buchit Storia d’Italia Einaudi 96 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 146 a la tera ferma – buchit tana 147 a la montagna – gonum 148 a la pietra – batu 149 a l’isola – polau 150 a un capo de tera – banium buchit 151 al fiume – sanghai 152 como se chiama questo? – apenamaito? 153 a l’oleo de coco – mignach 154 a l’oleo de giongioli – lana lingha 155 al sale – garan, sira 156 al muschio e al suo animale – castori 157 al legno che mangian li castori – comaru 158 a la sansuga – linta 159 al gibeto – iabat 160 al gato che fa lo gibeto – mozan 161 al reobarbaro – calama 162 al demonio – saytan 163 al mondo – bumi 164 al fromento – gandum 165 al dormire – tidor 166 a le store – tical 167 al cussino – bantal 168 al dolore – sachet 169 a la sanitate – bay 170 alla sedola – cupia 171 al sparaventolo – chipas 172 a li sui panni – chebun 173 a le camise – baiu 174 a le sue case – pati, alam 175 a l’anno – taun 176 al mese – bullan 177 al dì – alli 178 a la nocte – mallan 179 al tarde – malamari 180 al mezodì – tamhaharj 181 a la matina – patan patan Storia d’Italia Einaudi 97 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 182 al solle – matahari 183 a la luna – bulan 184 a la meza luna – tanam patbulan 185 a le stelle – bintan 186 al ciello – langum 187 al trono – gunthur 188 al mercadante – sandagar 189 a le citade – naghiri 190 al castello – cuta 191 a la casa – ruma 192 al sedere – duodo 193 sedeti, gentilomo – duodo, orancaia 194 sedeti, omo da benne – duodo, horanbai et anan 195 signor – tuan 196 al puto – cana cana 197 a uno suo alievo – lascar 198 al schiavo – alipin 199 al sì – ca 200 al no – tida 201 a l’intendere – thao 202 al non intendere – tida taho 203 non me gardare – tida liat 204 guardame – liat 205 a essere una medesma cosa – casi casi, siama siama 206 al mazare – mati 207 al mangiare – macan 208 al cuchiaro – sandoch 209 a la magalda – sondal 210 grande – bassal 211 longo – pongian 212 picolo – chechil 213 corto – pandach 214 a l’avere – ada 215 al non avere – tida tida 216 signor, ascolta – tuan, diam 217 dove viene il ionco? – dimana aiun? Storia d’Italia Einaudi 98 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 218 a la guchia da cusire – ialum, 219 al cusire – banan 220 al filo da cusire – pintal banan 220 al scufia del capo – dastar capala 221 al re – raia 223 a la reina – putli 224 al legno – caiu 225 al stentar – caraiar 226 al solassare – buandala 227 a la venna del bracio dove se salassa – urat paratanghan 228 al sangue che vien fuora del bracio – dara carval 229 al sangue buona – dara 230 quando stranutano diceno: ebarasai 231 al pece – ycam 232 al polpo – calabutan 233 a la carne – dagin 234 al corniolo – cepot 235 poco – serich 236 mezo – satanha sapanghal 237 al fredo – dinghin 238 al caldo – panas 239 longi – iau 240 a la verità – benar 241 a la bugia – dusta 242 al robare – manchiuri 243 a la rogna – codis 244 piglia – na 245 dame – ambil 246 grasso – gamuch 247 magro – golos 248 al capelo – tundun capala 249 quanti – barapa 250 una fiata – satu chali 251 uno bracio – dapa 252 al parlare – catha Storia d’Italia Einaudi 99 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 253 a quivi – sini 254 a là – sana datan 255 bon iorno – salamalichum 256 al rispondere – alichum salam 257 signori, bon pro vi facia – mali horancaia macan 258 già ho mangiato – suda macan 259 omo, levati de lì – pandan, chita horan! 260 al disdisidare – banunchan 261 buona sera – sabalchaer 262 al risponder – chaer sandat 263 al dare – minta 264 a dare ad alguno – bripocol 265 a li cepi de fero – balanghu 266 oh como puza! – bossochini! 267 a l’omo iovene – horan muda 268 al vechio – tua 269 al scrivano – xiritoles 270 a la carta – cartas 271 al scrivere – mangurat 272 a la penna – calam 273 a l’inchiostro – dauat 274 al calamaro – padautan 275 a la letera – surat 276 non lo ho – guala 277 vien qui! – camarj! 278 che voletti? – appa mau? 279 che mandati? – appa ito? 280 al porto de onore – labuan 281 a la galia – gurap 282 a la nave – capal 283 a la proa – allon 284 a la popa – biritan 285 al navigare – belaiar 286 al suo arbore – tian 287 a l’antena – laiar 288 alle sartie – tamira Storia d’Italia Einaudi 100 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 289 a la vella – leier 290 a la gabia – sinbulaia 291 a la corda de l’ancora – danda 292 a la ancora – sau 293 al batello – sanpan 294 al remo – daiun 295 a la bombarda – baiun 296 al vento – anghin 297 al mare – laut 298 uomo, vien qui! – horan, itu datan! 299 a li sui pugnali – calix, golog 300 al suo manico – daganan 301 a la spada – padan, gole 302 a la zorabotana – sumpitan 303 a le sue freze – damach 304 a l’erba venenata – sumpitan 305 al carcasso – bolo 306 a l’arco – bossor 307 le sue freze – anac paan 308 a li gati – cochin, puchian 309 al sorge – tieug 310 al legoro – buaia 311 a li vermi che mangiano le navi – capan, lotos 312 a l’amo da pescare – matacuir 313 a la sua esca – unpan 314 a la corda de l’amo – mundi 315 al lavare – mandi 316 non aver paura – iangan tacut 317 straca – lala 318 uno baso dolce – sadap, manis 319 a l’amico – saudara 320 al nemico – saubat 321 certo è – zonghu 322 al mercadantare – biniaga 323 non ho – auis 324 a essere amico – pugna Storia d’Italia Einaudi 101 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 325 due cose – malupho 326 sì – oue 327 al rufo – zoroan, pagnoro 328 a darce piacere – mamami 329 a essere agrizato – amala 330 al mato – gila 331 a l’interprete – giorobaza 332 quanti lingagi sai? – barapa bahasa tau? 333 molti – bagna 334 al parlare de Malaca – chiaramalaiu 335 dove sta cului? – dimana horan? 336 a la bandiera – tonghol 337 adesso – sacaran 338 da matina – hozoch 339 l’altro giorno – luza 340 ieri – calamarj 341 al martelo – palmo colbasi 342 al chiodo – pacu 343 al mortaro – lozon 344 al pilone da pistare – atan 345 al balare – manarj 346 al pagare – baiar 347 al chiamare – panghil 348 a non essere maritato – ugan 349 a essere maritato – suda babini 350 tuto uno – samua 351 a la piogia – ugian 352 a l’ebraico – moboch 353 a la pelle – culit 354 a la bissa – ullat 355 al combater – guzar 356 dolce – manis 357 amaro – azon 358 como stai? – appa giadi? 359 benne – bay 360 malle – sachet Storia d’Italia Einaudi 102 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 361 portame quello! – biriacan! 362 questo uomo è un poltrone – giadi hiat horan itu 363 basta – suda Li venti 364 A la tramontana – iraga 365 al mezodì – salatan 366 al levante – timor 367 al ponente – baratapat 368 al griego – utara 369 al garbìn – berdaia 370 al maestrale – bardaut 371 al siroco – tunghara Numero 372 Uno – satus 373 dui – dua 374 tre – tiga 375 catro – ampat 376 cinque – lima 377 sei – anam 378 sette – tugu 379 octo – duolappan 380 nove – sambilan 381 diece – sapolo 382 vinti – duapolo 383 trenta – tigapolo 384 quaranta – ampatpolo 385 cinquanta – limapolo 386 sexanta – anampolo 387 settanta – tuguppolo 388 octanta – dualapanpolo 380 novanta – sambilampolo 390 cento – saratus 391 duzendo – duaratus 392 trecento – tigaratus 393 quatrocento – anamparatus Storia d’Italia Einaudi 103 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo 394 cinquecento – limaratus 395 seicento – anambratus 396 setecento – tugurattus 397 octocento – dualanpanratus 398 novecento – sambilanratus 399 mille – salibu 400 duemillia – dualibu 401 tremillia – tigalibu 402 quatromille – ampatlibu 403 cinquemillia – limalibu 404 seimillia – anamlibu 405 settemillia – tugulibu 406 octomillia – dualapanlibu 407 novemillia – sanbilanlibu 408 dicccmillia – salacza 409 vintimillia – dualacza 410 trentamillia – tigalacza 411 quarantamillia – ampatlacza 412 cinquantamillia – limalacza 413 sesantamillia – anamlacza 414 settantamillia – tugulacza 415 octantamillia – dualapanlacza 416 novantamillia – sambilanlacza 417 centomille – sacati 418 ducentomillia – duacati 419 trecentomillia – tigacati 420 quatrocentomillia – ampatcati 421 cinquecentomillia – limacati 422 seicentomillia – anamcati 423 setecentomillia – tugucati 424 octocentomillia – dualapancati 425 novecentomillia – sambilancati 426 diece fiate centomillia – saiuta. Storia d’Italia Einaudi 104 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Tucti li cento, li mille, li diecemille, li centomille e diece fiate centomille se congiungenno con il numero de satus e dua, et cetera. Andando al nostro camino, pasassemo fra queste isolle: Caioan, Laigoma, Sico, Giogi, Caphi (in questa isola de Caphi nascono omini picoli como li nani, piacevoli, li qualli sono pigmei e stanno subiecti per forsa al nostro re de Tadore), Laboan, Tolimau, Titameti, Bachian ià deto, Latalata, Tabobi, Maga e Batutiga. Passando fuora al ponente de Batutiga, caminassemo fra ponente e garbìn e discopersemo al mezogiorno alquante isolete, per il che li piloti de Maluco ne dicero se arivasse perciò ne caciavamo fra molte isolle e bassi. Arivassemo al siroco e descemo in una isolla che sta de latitudine al polo antartico in dui gradi e cinquantacinque leghe longi de Maltoco; e chiamasse Sulach. Li omini de questa sonno gentili e non hanno re; mangiano carne umana; vano nudi cosi omini como femine, ma solamente portano un pezo de scorsa larga dui diti intorno la sua vergonia. Molte isolle sonno per quivi, ove mangiano carne umana; li nomi de algune sono questi: Silan, Noselao, Biga, Atulabaou, Leitimor, Tenetun, Gondia, Pailarurun, Manadan e Benaia. Poi costegiasemo due isole dete Lamatola e Tenetun. Da Sulach circa 10 leghe a la medesima via trovassemo una isola assai grande, ne la qualle se trova riso, porci, capre, galine, cochi, canne dolci, sagu uno suo mangiare de fighi †...† el qualle chiamano chanali. Longi da questa isola de Buru circa trentacinque leghe a la carta del mezogiorno verso garbìn se truova Bandan. Bandan è dudice isole. In sei de queste nasce la matia e nosce moscada e li nomi loro sono questi: Zoroboa (magiore de tucte le altre), Chelicel, Samianapi, Pulae, Pulurun e Rosoghin. Le altre sei sono queste: Unuveru, Pulau Baracan, Lailaca, Manucan, Man e Meut. In queste non si trovano nosce moscade, se non sagu, rizo, cochi, fighi e altri fructi; e sonno vicine l’una de l’altra. Li Storia d’Italia Einaudi 105 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo popuili de queste sonno mori e non hanno re. Bandan sta de latitudine al polo antartico in sei gradi e di longitudine de la linea repartitionalle in cento e sexantré gradi e mezo e, per essere un poco fuora del nostro camino, non fussemo ivi. Partendone de quella isola de Baru a la carta del garbìn verso ponente circa otto gradi de longitudine, arivassemo a tre isolle una apresso l’altra, dette Zolot, Nocemamor e Galiau. E, navigando per mezo di queste, ne assaltò una gran fortuna, per il che facessemo uno pelegrino a la Nostra Donna de la Guida e, pigliando a popa lo temporale, dessemo in una isola alta e, inanci aiungessemo ivi, se afaticassemo molto per le refeghe decendevano de li sui monti e per li grandi corenti de acqua. Li omini de questa isola sonno salvatici e bestialli: mangiano carne umana e non hanno re; vanno nudi con quella scorsa como li altri, se non quando vanno a combatere portanno certi pezi de pelle de bufalo dinanzi e de drietto e ne li fianchi, adornati con corniolli e denti de porci e con code de pelle caprine atacate denanzi e de drietto. Portano li capili in alto con certi petini de cana longhi che li passano da parte a parte e li tieneno alti; hanno le sue barbe rivolte in foglie e posti in canutti de cann (cossa ridicula al vedere); e sonno li più bruti sianno in questa India. Li sui archi e le sue freze sonno de canna e hanno certi sachi facti de foglie de arbore, ne li qualli portanno lo suo mangiare e bere. Le sue femine, quando ne vistenno, ne venirono incontra con archi, ma, dandoli alguni presenti, subito diventassemo sui amici. Quivi tardassemo quindici giorni per conciare la nave ne li costadi. In questa isola se trova galine, capre, cochi, cera (per una libra de fero vechio ne donorono quindici de cera) e pevere longo e rotondo. Il pevere longo è como quelle gatelle che fanno li nizolle quando è l’inverno. Il suo arbure è come elera e atacasse a li arbori como quella, Storia d’Italia Einaudi 106 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo ma le sue foglie sonno como quelle dil moraro; e lo chiamano luli. Il pevere rotondo nasce como questo, ma in spighe como lo fromentone della India, e se desgrana; e lo chiamano lada. In queste parte sonno pienni li campi de questo pevere, facti in modo de pergoladi. Pigliassemo quivi uno omo aciò ne conducesse ad alguna isola avesse victuvaria. Questa isola sta de Latitudine al polo antartico in octo gradi e mezo e cento e sesantanove e dui terzi de longitudine de la linea repartitionalle e chiamasse Malua. Ne disse il nostro piloto vechio de Maluco como apresso quivi era una isola chiamata Arucheto, li omini e femine de la qualle non sonno magiori d’un cubito e hanno le orechie grande como loro: de una fanno lo suo lecto e de l’altra se copreno. Vanno tosi e tuttii nudi; corenno molto; hanno la voce sotille; abitano in cave soto terra e mangiano pesce e una cosa che nasce fra l’arbore e la scorsa, che è bianca e rotonda como coriandoli de confeto, deta ambulon; ma per li gran corenti de acqua e molti basi non li andasemo. Sabato a’ vinticinque de iennaro 1522, se partissemo de la isola de Malua e, la dominica a’ vintisei, arivassemo a una grande isola longi de quella cinque leghe fra mezodì e garbìn. Io solo andai in terra a parlare al magiore d’una vila deta Amaban, aciò ne desse victuvaria. Me rispose ne darebe bufali, porci e capre, ma non si potessemo acordare, perché voleva molte cose per uno bufalo. Noi, avendone poche e costringendone la fame, retenessemo ne la nave uno principalle con uno suo figliolo de un’altra vila deta Balibo; e, per paura non lo amazassemo, subito ne dette sei bufali, cinque capre e dui porci; e, per compire lo numero de diese porci e diece capre, ne dete uno bufalo, perché cusì l’avevamo dato taglia. Poi li mandassemo in tera contentissimi con tella, panni indiani de seta e de bombaso, accete, cortelazi indiani, forfice, spechi e cortelli. Quel signore a cui andai Storia d’Italia Einaudi 107 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo a parlare teniva solum femine lo servivano. Tutte vanno nude como le altre e portano atacate a le orechie schione picole de oro, con fiochi de seta pendenti; e ne li braci hanno molte maniglie de oro e de latonne fin al cubito. Li omini vanno como le femine, se non hanno atacate al colo certe cose de oro tonde como un tagliere e petini de canna adornati con schione de oro posti ne li capili; e alguni de questi portanno coli de zuche seche posti ne le orechie per schione de oro. In questa isola se truova lo sandalo bianco (e non altrove), gengero, bufali, porci, capre, galine, rizo, fighi, canne dolci, naranci, limoni, cera, mandolle, fazoli e altre cose e papagali de diversi colori. De l’altra parte de l’isola stano catro fratelli che sonno li re de questa isola. Dove stavamo nui erano ville e alguni principalle de quelle. Li nomi de li catro abitatione de li re sonno questi: Oibich, Lichsana, Suai e Cabanaza. Oibich è la magiore. In Cabanaza, sì como ne fu deto, se truova asai oro in uno monte e comperano tute le sue cose con pezetti de oro. Tuto lo sandalo e la cera che contractano queli de Iava e di Malaca, contractano da questa banda: aquì trovamo uno ionco de Lozon venuto per mercadantare sandalo. Questi populi sonno gentilli e, quando vanno a tagliare lo sandalo, como loro ne discero, se li mostra lo demonio in varie forme e li dice, se hanno bisogno de qualche cosa, li la demandino; per la qualle aparitione stanno infermi alquanti giorni. Lo sandalo si taglia a uno certo tempo de la luna, perché altramente non sarebe bonno. La mercantia che vale quivi per lo sandalo è panno rosso, Tella, accete, fero e chiodi. Questa isola è tuta abitata e molto longa da levante a ponente e poco larga de mezodì a la tramontana sta de latitudine al polo antartico in diece gradi e cento e settantacatro gradi e mezo di longitudine da la linea de la repartitione; e se chiama Timor. In tutte le isolle avemo trovate in questo arcipelago regna lo mal de santo Iop e Storia d’Italia Einaudi 108 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo piu quivi che in altro luoco; e lo chiamano for franchi, cioè «mal portughese». Longi una giornata de qui tra il ponente e il maestrale, ne fu deto trovarse una isola in la qualle nasce assai cannella e se chiama Ende (el suo populo è gentille e non hanno re), e como sonno a la medesma via molte isolle una dietro a l’altra infina a Iava Magiore e al Capo de Malaca, li nomi de le qualle sonno questi: Ende, Tanabutun, Creuochile, Bimacore, Aranaran, Mani, Zumbaua, Lomboch, Chorum e lava Magiore (questi populi non la chiamano Iava, ma Iaoa). Le magiori ville sono in Iava sonno queste: Magepaher (il suo re, quando viveva, era magiore de tutte queste isolle e chiamavasse raià Patiunus), Sunda (in questa nasce molto pevere), Daha, Dama, Gaghiamada, Minutaranghan, Cipara, Sidaiu, Tuban, Cressi, Cirubaia e Balli. E como Iava Minore essere la isola de Madura e stare apresso Iava Magiore meza lega. Anco ne dissero, quando uno omo de li principali de Iava Magiore more, se brusa lo suo corpo. La sua moglie più principalle adornassi con girlande de fiori e fassi portare de tre o catro omini sovra uno scanno per tuta quella vila e, ridendo e confortando li sui parenti che piangeno, dice: « Non piangere perciò me vado questa cera a cennare col mio caro marito e dormire seco in questa nocte». Poi è portata al loco dove se brusa lo suo marito e lei, voltandosi contra li sui parenti e confortandoli un’altra fiata, se getta nel fuoco ove se brusa lo suo marito e, se questo non facesse, non saria tenuta donna da benne ne vera moglie del marito morto. E como li ioveni de Iava, quando sono inamorati in qualche gentildonna, se ligano certi sonagli con fillo tra il membro e la pelessina e vanno soto le fenestre de le sue inamorate e, facendo mostra de orinare e squasando lo membro, sonano con quelli sonagli e, fin tanto le sue inamorate odeno lo sono, subito quele veneno iù e fanno suo volere, sempre con queli sonagliti, perché loro donne se piglianno gran spasso a sen- Storia d’Italia Einaudi 109 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo tirsi sonare de dentro. Questi sonagli sonno tucti coperti e più se copreno, più sonano. Il nostro piloto più vechio ne disse com in una isola deta Ocoloro, soto de Iava Magiore, in quella trovarsi si non femine e quell impregnarsi de vento e poi, quando parturiscono, si ’l parto è maschio, l’amazano; se è femina, lo alevano; e, se omini vanno a quella sua isola, loro amazarli purch possianno. Anco ne discero de soto de Iava Magiore verso la tramontana nel golfo de la Chiina, la qualle li antichi chiamano Signo Magno, trovarsi uno arbore grandissimo, nel qualle abitano ucceli deti garuda, tanto grandi che portano un bufalo e uno elefante al luoco dove è l’arbore chiamato puzathaer, arbore caiu pauganghi, al suo fructo bua pauganghi, el qualle è magiore che uno anguria. Li mori de Burne avevamo ne li navi ne discero loro averne veduto perché lo suo re aveva dui mandatigli dal regno de Siam. Niun ionco né altra barca da tre o catro leghe se pò aproximare al luoco de l’arbore per li grandi revolutione de acqua che sonno circa questo. La prima fiata che si sepe de questo arbure, fu un ionco spinto da li venti ne la rivolutione, il qualle tuto se disfece. Tutti li omini se anegorono, ecceto uno puto picolo, il qualle, essendo atacato sovra una tavola, per miraculo fo spinto apresso questo arbore e, montato sovra lo arbore, non acorgendosi, se misse soto l’ala a uno de quelli ucceli. Lo giorno seguento, lo uccelo andando in tera e avendo pigliato un bufalo, il puto venne de soto a la ala al meglio puoté. Per custui se sepe questo e alora cognobero queli populi vicini li fructi trovavano per il mare essere de questo arbore. Il Capo de Malaca sta in un grado e mezo a l’antartico. A l’oriente de questo capo, alongo la costa se trovano molte ville e citade, li nomi de algune sono questi: Cinghapola (che sta nel Capo Pahan), Calantan, Patani, Bradlun, Benan, Lagon, Cheregigharan, Tumbon, Prhan, Cui, Brabri, Bangha, Iudia (questa è la cità dove Storia d’Italia Einaudi 110 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo abita il re de Siam, el qualle chiamaasse Siri Zacabedera), Iandibum, Lanu e Langhonpifa. Queste citade sonno edificade como le nostre e subgecte al re de Siam. In questo regno de Siam, ne le rive de li fiumi, sì como ne fu deto, abitanno ucceli grandi, li quali non mangerianno de alguno animale morto sia portato ivi, se prima non vienne un altro uccelto a mangiarli il cor; e poi loro lo mangiano. Dopo Siam se trova Camogia (il suo re è deto Saret Zacabedera), Chiempa (il suo re raià Brahaun Maitri). In questo loco nasce lo reubarbaro e se trova in questo modo: se acaodunano vinti o vinticinque omini insieme e vanno dentro ne li boschi. Quando è venuta la nocte, montano sovra li arbori sì per sentire l’odore del reobarbaro, conio amico per paura de leonni, elefanti e altre fere; e, da quella parte dove è lo reubarbaro, il vento li porta l’odore. Poi, venuto lo giorno, vanno in quella parte dove li è venuto il vento e lo cercano fin tanto lo trovano. Lo reobarbaro e uno arbure grosso putrefato e, se non fosse cussì putrefacto, nomi darebe lo odore. Il megliore de questo arbore è la radice, niente di meno il legno è reobarbaro, el qual chiamano calama. Poi se truova Cochi (el suo re è detto raià Seribumnipala). Dopo questo se trova la gran Chiina: il suo re è magiore de tuto el mondo e chiamasse Santhoa raià, il qualle tenne setanta re de corona soto de sé, alguni de li qualli hanno diece e quindice re de corona de soto sé. El suo porto è detto Guantan; fra le altre asaissime citade, ne ha due principalle dette Namchin e Comlaha, ne li qualli sta. Questo re tienne catro sui principali apresso lo suo palatio, uno verso il ponente, l’altro al levante, l’altro a mezodì e l’altro a la tramontana. Ognuno de questi danno audientia se non a quelli che veneno de sua parte. Tucti li re e signori de la India Magiore e Superiore obediscono a questo re e, per segnalle che sianno sui veri vasali, ciascuna ha in mezo de la sua piaza uno animale scolpito in marmore più galiardo che il leonne e chiamasse chinga. Que- Storia d’Italia Einaudi 111 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sto chinga è lo figlio del dito re de Chiina e tucti quelli che vanno a la Chiina convieneno avere questo animale scolpito in cera in un dente de elefante, perché altramente non potriammo intrare nel suo porto. Quando alguno signore è inobediente a questo re, lo fanno scorticare e secanno la pelle al solle con sale e poi la empienno de paglia o de altro e lo fanno stare con lo capo basso e con le mani ionte sovra lo capo in uno luoco eminente ne la piaza, aciò alora si veda cului far zonghu, cioè riverentia. Questo re non si lascia vedere de alguno e, quando lui vole vedere li sui, cavalca per il palatio uno pavone facto maestralmente (cosa richissima), acompagnato da sei donne de le sue più principalle vestite como lui, finché entra in un serpente, deto nagha, rico quanto altra cosa si possa vedere, il qualle è sopra la corte magiore del palatio. Il re e le donne entrano dentro, aciò lui non sia cognossuto fra le donne. Vede li sui per uno vedro grando che è nel pecto del serpente: lui e le donne se ponno vedere, ma non si può discernere qual è lo re. Custui se marita ne le sue sorelle aciò lo sangue realle non sia missidiato con altri. Circa lo sumo palatio senno sette cerche de muri e, fra ognuna de queste cerche, stano diecemillia omini che fanno la gardia al palatio, finché sona una campana. Poi vieneno diecemillia altri omini per ogni cerca; e cusì se mudanno ogni giorno e ogni nocte. Ogni cerca de muro ha una porta: ne la prima li sta uno omo con uno granfionne in mano, deto satu horan con satu bagan; nella seconda un canne, detto satu hain; nella terza un omo con una maza ferata, dcto satu horan cum pocum bicin; ne la quino uno omo con uno arco in mano, deto satu horan con anac panam; nella quinta un omo con una lancia, deto satu horan con tumach; ne la sexta uno leonne, deto satu horimau; nella septima dui elefanti bianchi, detti duo gagia pute. In questo palatio li sonno setantanove salle, dove stanno se non donne che serveno al re e li sonno sempre torce accese. Se tarda uno iorno a Storia d’Italia Einaudi 112 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sercare questo palatio. In cima de questo li sonno catro salle, dove vanno alguna volta li principali a parlare al re: una è ornata de metalo così de sete como de suvra; una tuta de argento; una ttmta de oro e l’altra de perle e petre preciose. Quando li sui vassali li portanno oro o altre cose preciose per tributo, le butano per queste salle, dicendo: «Questo sia a onnore e gloria del nostro Santhoa raià». Tute queste cose e molte altre de questo re ne disse uno moro e lui averle vedute. La gente de la Chiina è bianca e vestita e mangiano sovra taule como nui; e hanno croce, ma non si sa perché le tengonno. In questa Chiina nasce lo muschio: il suo animale è uno gato como quelo del gibeto e non mangia altro se non un legno dolce, sotile como li diti, chiamato chamaru. Quando voleno far lo muschio, atacano una sansuga al gato e li la lascianno atacata infin sia ben pienna de sangue: poi la strucano in uno piato e meteno il sangue al solle per catro o cinque giorni. Poi lo bagnano con orina e il meteno altre tante fiate al solle; e cussì diventa muschio perfeto. Ognuno che tienne de questi animali convien pagare uno tanto al re. Quelli pezeti che parenno sian grani de muschio sonno de carne de capreto pestatagli dentro. Il vero muschio è se non il sangue e, se ben diventa in pezetti, se disfa. Al muschio e al gato chiamano castori e a la sansuga lintha. Seguendo poi la costa de questa Chiina, se trovano molti populi, che sonno questi: li Chienchii, e stano in isole ne le qualli nasconno perle e cannela; li Lechii, in tera ferma (sopra lo porto de questi traversa una montagna per la qual se convien desarburare tucti li ionchi e navi voleno intrare nel porto). Il re Mom in terra ferma: questo re ha vinti re soto di sé ed è obediente al re de la Chiina; la sua cità è deta Baranaci; quivi è il Gran Cataio orientalle. Han isola alta e frigida, dove se truova rnetalo, argento, perle e seta; il suo re chiamasse raià Zotru. Mliiaula, el suo re è detto raià Chetisirjmiga. Guio, lo suo re raià Sudacali. Tucti que- Storia d’Italia Einaudi 113 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo sti tre luoghi sonno frigidi e in terra ferma. Triaganba, Trianga due isolle nelle qualle vieneno perle, metalo, argento e seta; il suo re raià Rrom. Bassi Bassa, terra ferma. E poi Sumbdit Pradit, due isole richisime de oro, li omini de le qualle portanno una gran schiona de oro ne la gamba sovra il piede. Apresso quivi, ne la tera ferma, in certe montagne stano popoli che amazano li sui padri e madre quando sonno vechi, aciò non se afaticono più. Tucti li populi de questi luoghi sonno gentilli. Marti de nocte, venendo al mercore, a’ undici de febraro 1522, partendone de la isola de Timor, se ingolfassemo nel grande nominato Laut Chidol e, pigliando lo nostro camino tra ponente e garbìn, lasciasemo a la mano dricta a la tramontana, per pagura del re de Portogalo, la isola Zamatra (anticamente chiamata Traprobana), Pegu, Bengala, Uriza, Chelin (nela qualle stanno li Malabari soto il re Narsingha), Calicut (soto lo medesimo re). Cambaia (nela qualle sonno li Guzerati), Cananor, Ghoa, Armus e tutta l’altra costa de la India Magiore. In questa India Magiore li sonno sei sorte de omini: nairi, panichali, yrauai, pangelini, macuai e poleai. Nairi sonno li principali; panichali sonno li citadini (queste due sorte de omini conversano insieme); irauai colgeno lo vino de la palma e fighi; pangelinj sonno li marinari; macuai sonno li pescatori; poleai seminano e colgeno lo rizo. Questi abitanno sempre ne li campi; mai intrano in cità alguna e, quando se li dà alguna cosa, la se ponne in tera; poi loro la piglianno. Costoro, quando vanno per le strade, cridano: «Po po po», cioè «Gardate da mi». Acadete, si como ne fu referito, uno nair essere toco per disgratia da un polea, per il che il nair subito se fece amazare, aciò non rimanesse con quel desonnore. E per cavalcare lo Capo de Bonna Speranza, andassemo fin a quarantadui gradi al polo antartico. Stessemo sovra questo cavo nove setimane con le velle amainate per lo vento occidentale e maistralle per proa e con fortuna grandissima. Storia d’Italia Einaudi 114 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo Il qual capo sta de latitudine in trenquatro gradi e mezo e mille e seicento leghe longi dal Capo de Malaca ed è lo magiore e più pericoloso capo sia nel mondo. Alguni de li nostri, amalati e sani, volevano andare a uno luoco de’ portughesi deto Mozanbich per la nave che faceva molta acqua, per lo fredo grande e, molto più, per non avere altro da mangiare se non rizo e acqua, perciò la carne avevamo avuta, per non avere sale, ne era putrefata. Ma alguni de li altri, più desiderosi del suo onnore che de la propria vita, deliberorono, vivi o morti, volere andare in Spagna. Finalmente, con lo aiuto de Dio, a’ sei de magio pasassemo questo capo apresso lui cinque leghe: se non l’aproximavamo tanto, mai lo potevamo passare Poi navigassemo al maistrale dui mesi continui senza pigliare refrigerio alcuno. In questo poco tempo ne morseno vintiuno omo: quando li butavamo nel mare, li cristiani andavano al fondo con lo volto in suso e li indii sempre con lo volto in giù. E, se Dio non ne conduceva bon tempo, tucti morivamo de fame. Al fine, constrecti de la grande necesitade, andassemo a le isole de Capo Verde. Mercore a’ nove de iulio agiungessemo a una de queste deta Sancto Iacobo e subito mandasserno lo batelo in tera per victuvaglia con questa inventione, de dire a li portoghesi como ne era rocto lo trincheto soto la lignea equinoctialle, benché fosse sovra lo Capo Bonna Speranza, e, quando lo conciavamo, lo nostro capitanio generalle con le altre due nave esersi andata in Spagna. Con queste bonne parolle e con le nostre mercadantie avessemo dui batelli pienni de rizo. Cometessemo a li nostri del batelo, quando andarono in tera, doinandassero che giorno era. Ne discero como era a li portoghesi iove: se maravegliassemo molto perché era mercore a nui e non sapevamo como avessemo erato. Per ogni iorno io, per essere stato sempre sanno, aveva scripto senza nissuna intermissione. Ma, como dapoi ne fu deto, non era erore, ma, il viagio facto sempre per occidente e ri- Storia d’Italia Einaudi 115 Antonio Pigafetta - Primo viaggio intorno al mondo tornato a lo istesso luoco como fa il solle, aveva portato quel vantagio de ore vinticatro, como chiaro si vede. Essendo andato lo batelo un’altra volta in tera per rizo, furonno retenuti tredici omini con lo batello, perché uno de quelli, como dapoi sapesemo in Spagna, dice a li portughesi como lo nostro capitanio era morto e altri, e che noi non osavamo andare in Spagna. Dubitandone de essere anco nui presi per certe caravelle, subito se partissemo. Sabato a’ sei de septcmbre 1522, intrassemo nella baia de San Lùcar se non disdoto omini e la magior parte infermi. Il resto, de sexanta che partissemo da Maluco chi morse de fame, chi fugite ne la isola de Timor e chi furenno amazati per sui delicti. Dal tempo che se partissemo de questa baia fin al giorno presente avevamo facto catordicimille e quatrocento e sexanta leghe e più, compiuto lo circulo del mondo del levante al ponente. Luni a’ octo de septernbre butassemo l’ancora apreso lo molo de Seviglia e descaricassemo ttmta l’artigliaria. Marti nui tucti in camisa e discalci andassemo con una torcia per uno in mano a visitare il luoco de Sancta Maria de la Victoria e quella de Sancta Maria de l’Antiqua. Partendomi de Seviglia, andai a Vagliadolit, ove apresentai a la sacra magestà de don Carlo non oro né argento, ma cose da essere assai apreciati da un simil signore. Fra le altre cose li detti uno libro scripto de mia mano de tucte le cose passate de giorno in giorno nel viagio nostro. Me partì de lì al meglio puotì e andai in Portagalo e parlai al re don Ioanni de le cose aveva vedute. Passando per la Spagna, veni in Fransa e feci donno de algune cose de l’altro emisperio a la madre dei cristianissimo re don Francisco, madama la Regenta. Poi me venni ne la Italia, ove donnai per sempre me medesimo e queste mie poche fatiche a lo inclito e illustrissimo signor Filipo de Villers Lisleadam, gran maestro de Rodi dignissimo. Il cavalier Antonio Pagafetta Storia d’Italia Einaudi 116