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Mons. Ferdinando Maggioni Vescovo e gran signore
Mons. Ferdinando Maggioni Vescovo e gran signore Don Abele Belloli I primi anni di ministero S ua Eccellenza monsignor Ferdinando Maggioni nasce a Monza-San Biagio il 5 febbraio 1914. Nel 1920, la notte di Natale, riceve la prima Comunione, in Vaticano, dalle mani di Papa Benedetto XV. Compie i suoi studi nei Seminari diocesani e a Roma, dove, nel 1935, consegue la licenza in Teologia presso l'Università Gregoriana, risiedendo in quel seminario Lombardo per il quale tanto si adopererà negli anni successivi. Il 26 luglio 1936 viene ordinato sacerdote a Gallarate dal Card. Alfredo I. Schuster e viene destinato all'Oratorio della Parrocchia di S. Biagio in Monza, ove inizia una fecondissima iniziativa oratoriana e scolastica, pur essendo - nel contempo - professore dei chierici prefetti al Collegio S. Giuseppe. A S. Biagio, ancora oggi parlare di Mons. Maggioni, anzi di don Ferdinando, e di oratorio è la medesima cosa: i suoi giovani di allora con simpatia e gratitudine ricordano ancora i loro anni più belli e gioiosi trascorsi accanto a questo prete creativo, moderno e sempre in attività. I ragazzi erano cresciuti sotto i bombardamenti e i giovani erano quasi tutti reduci dal fronte, dal campo di prigionia o dalla lotta partigiana. L'Italia era allora un cumulo di macerie; la vita democratica si stava avviando a fatica, ma molto vivacemente; non c'era lavoro, la scuola stentava a riprendere. Ma soprattutto bisognava ricostruire i valori fondamentali nella coscienza dei giovani che gli orrori della guerra aveva brutalmente traumatizzato. Con una invidiabile serenità, con il suo stile pacato e affabile, senza fare un gesto violento, né mai alzare la voce, usando sempre la bontà per persuadere e per rendere veramente libere le persone, Mons. Ferdinando ha concepito e diretto il nuovo Oratorio di S. Biagio che per quei tempi era un segno luminoso e una realizzazione di avanguardia. L'obiettivo che si era proposto era quello di poter fare un cammino anche impegnativo con i suoi giovani e ragazzi; e per questo non ha mai trascurato anche i più moderni mezzi che la tecnica in quegli anni metteva a disposizione. Per la catechesi domenicale si avvaleva di diapositive; dal suo studio trasmetteva il suo messaggio in tutte le classi; da lui prende inizio anche l'uso della lettura dialogata e mimata della Parola di Dio. Anche le attività serali di riunioni e programmazioni non iniziavano mai senza prima aver recitato il santo rosario. Con la sua brillante fantasia e carica organizzativa ha saputo dare vita a diverse iniziative ricreative e culturali che riuscirono a raggruppare tanti giovani: nel suo oratorio vi era il gruppo della filodrammatica, gli appassionati di fotografia, il gruppo impegnato nella programmazione dei films, gli animatori dei giochi domenicali, i gruppi sportivi di calcio e di atletica ... ognuno, giovane e adulto, trovava all'oratorio S. Biagio il suo posto e la sua responsabilità. Tutti avevano un incarico, e spronati dal don Ferdinando, tutti dovevano essere creativi nel loro settore di responsabilità. Accanto a queste iniziative tipicamente oratoriane Mons. Maggioni iniziò nel 1944 la scuola media parrocchiale, la prima in Italia riconosciuta dallo Stato, e l'avviamento commerciale. La sua esperienza oratoriana termina nel 1949 quando viene mandato a Tradate come professore di Teologia e Direttore spirituale del Collegio arcivescovile Galvalisi (ora Bentivoglio). Nel 1955 verrà poi nominato Rettore del Collegio arcivescovile De Filippi di Arona. Vi giunge dopo la morte del Rettore don Locatelli e trova un convitto che aveva una prestigiosa tradizione sia nel novarese che nel varesotto, ma necessitava di una linfa nuova e soprattutto di abbandonare alcuni ordinamenti desueti. Mons. Maggioni apre il collegio a prospettive nuove per poter influire cristianamente e culturalmente sul territorio e sulla realtà locale; avvia il grande discorso delle libertà scolastiche; ammoderna le strutture. Inizia subito dai sacerdoti, i suoi collaboratori: ogni primo venerdì del mese li invita in Cappella, a sera inoltrata, per un'ora di adorazione; nella preghiera e nella riflessione dettata sempre con la sua voce sommessa, invita e sprona tutti alla realizzazione del compito affidato: educare alla fede e alle responsabilità della vita i giovani loro affidati. Signorilità e ospitalità erano i tratti rilevanti della sua singolare capacità di pubbliche relazioni. Ogni ambiente era sempre stato piccolo per Mons. Maggioni; anche ad Arona il Rettore si aprì alle necessità pastorali della città, animò i cineforum parrocchiali, fondò la locale sezione dell'Unione Cattolica Insegnanti Medi; rispose con tutta la sua grande disponibilità ad ogni richiesta, sia che si trattasse di una prestazione sacerdotale, sia che venisse richiesto di un parere autorevole per la soluzione di alcuni problemi. Per quanto riguarda l'ammodernamento degli edifici o la progettazione di opere nuove, Mons. Maggioni ha sempre avuto per il De Filippi una particolare attenzione e il periodo del suo Rettorato è ricordato ancora come un'autentica primavera. Nel 1960, Mons. Maggioni torna a Milano, nella Curia arcivescovile, come direttore dell'Ufficio Scolastico, ambito del quale è ormai attento conoscitore, e l'11 novembre dello stesso anno viene nominato Prelato Domestico di Sua Santità. Il Pontificio Seminario Lombardo N el 1960, il 1° dicembre Mons. Maggioni è destinato a Roma, nell'incarico di Rettore del Pontificio Seminario Lombardo dei SS. Ambrogio e Carlo, con decreto della S. Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi. Vi giunge il 28 dicembre per assumere la direzione di quel Collegio ecclesiastico, da cui stava per allontanarsi S. E. Mons. Francesco Bertoglio al termine di un incarico durato quasi trent'anni. Era un ritornare nell'antica casa che lo aveva accolto negli anni giovanili degli studi teologici presso l'Università Gregoriana. A questo ufficio lo aveva designato l'Arcivescovo di Milano. "Mons. Maggioni, disse in quella circostanza Giovanni Battista Montini, è l'uomo adatto, ma non è persona di cui la nostra Diocesi possa fare a meno e la sua sostituzione sarà difficile: tuttavia il Lombardo merita da parte nostra questo sacrificio" "Adatto" in particolare a risolvere l'assai difficile problema che subito gli veniva presentato: la ricostruzione dalle fondamenta del Seminario stesso. Nella storia ormai più che centenaria del Pontificio Seminario Lombardo, Mons. Maggioni è il Rettore della sua ricostruzione. È possibile immaginare la commozione di Mons. Maggioni quando Giovanni XXIII, nella memorabile udienza concessa al Lombardo il 10 febbraio 1963 - giorno anniversario della morte di Pio XI - benedisse la prima pietra. Il Papa ricordò che il Seminario veniva ancora conservato "alle amenità dell'Esquilino e, ciò che più tocca il cuore dei suoi giovani abitatori, alla prossimità del tempio augusto, che la pietà dei secoli volle consacrato alla Madre di Gesù e nostra". A Mons. Ferdinando si deve infatti in primo luogo la riedificazione della sua sede, incominciata il 10 febbraio 1963 con la posa della prima pietra da parte del Card. Giovanni Battista Montini e da questi inaugurata l'11 novembre 1965, quando già portava il nome di Paolo VI. Ad opera dell'Impresa Castelli tutto fu ricostruito dalle fondamenta. I motivi di tale scelta venivano così indicati dal Card. Montini: "... la necessità d'una migliore disposizione interna dei locali, in conformità alle esigenze edilizie, messe in rilievo dall'esperienza e dagli usi moderni; l'opportunità di ottenere un maggior rendimento economico da un edificio, che non solo deve dare alloggio ai suoi ospiti, ma deve altresì mantenerli". Tra queste due date sta quasi completamente la celebrazione del Concilio Vaticano II, una coincidenza che già conferiva una chiara indicazione alla rinascente casa del Seminario, quella di "rispecchiare, pur nelle limitatissime proporzioni materiali, il generale rinnovamento spirituale di questa storica ora" e di "stimolare e favorire una sempre rifiorente vitalità interiore del Seminario stesso" (Card. Giovanni Battista Montini). La ricostruzione operata da Mons. Maggioni ne trascende il pur notevole aspetto edilizio per contenere ed esprimere anche una caratteristica linea pedagogica. La sua stessa determinazione, in sintonia con la saggezza di Paolo VI, di far sorgere la nuova dimora del Seminario Lombardo nel medesimo luogo, dove l'aveva collocata la previdente e provvidente generosità di Pio XI e cioè accanto alla Basilica di S. Maria Maggiore, e non invece, come altri avrebbero voluto, distante dal centro della città. Una vicinanza fisica a Roma e al Papa, che doveva essere "segno e assillo di consonanza spirituale". Egli temeva che, vivendo appartati, gli alunni potessero "tradire un così luminoso passato chiudendosi nelle angustie di una accidiosa pusillanimità". Nel suo cuore di educatore non c'era solo l'appello stimolante di Roma capitale della cattolicità, ma anche l'esigenza perfino drammatica di una metropoli carica di enormi problemi culturali, politici, sociali e morali, dai quali i giovani seminaristi e presbiteri non dovevano e non potevano essere tenuti lontani. In questa prospettiva, nel rinato edificio del Lombardo si legge la pedagogia di Mons. Maggioni e si riflette la sua personalità. Esso si presenta come una dimora moderna e funzionale, quasi segno di una Chiesa che nel Concilio si aggiorna e dialoga con il mondo contemporaneo con nuovo e più efficace dinamismo. Elegante e sobrio, dove nulla manca di ciò che è necessario, ma niente è superfluo, dove nessuna cosa è ingombrante, ma tutto aiuta a trascorrervi una vita dignitosa e serena, riservata e fraterna, il palazzo rivela del suo autore la signorilità che fiorisce da severa e nobile austerità. Se Mons. Maggioni ha rivelato felice intuito non disgiunto da realismo, anche dal punto di vista artistico, nella ricostruzione del Pontificio Istituto Lombardo, ha rivelato però doti singolari soprattutto nell'impostazione in termini quanto mai chiari del piano finanziario che ha governato l'operazione. In tal modo egli ha provveduto non soltanto a costruire il razionale edificio che si può ammirare a piazza S. Maria Maggiore, ma ha posto pure le basi per l'autonomia economica della vita del Seminario. Fondamentali furono la presenza spirituale e le doti di generosità, dedizione e promozione umana che contraddistinsero il rettorato di Mons. Maggioni. "Proprio a Mons. Maggioni - ebbe modo di dire Paolo VI in una speciale Udienza concessa il 15 giugno 1965 a superiori ed alunni del Pontificio Seminario Lombardo - si deve il compimento della nuova sistemazione assai difficile. Sia egli ringraziato per la premura ammirevole portata in tale impresa". La cosa non era stata facile. Infatti il "problema dell'inserimento del nuovo edificio nella trama urbana - ebbe a scrivere l'Architetto Spaccarelli cui fu affidata la progettazione architettonica e la direzione dei lavori - non era solo un problema di scelta di linguaggio, ma qualcosa che investiva la coscienza del peso che una architettura non 'misurata' avrebbe portato in termini concorrenziali con l'architettura del Fuga, centro naturale di attenzione e fulcro della Piazza di S. Maria Maggiore". Tenendo in somma considerazione la facciata della Patriarcale Basilica Liberiana, opera realizzata da Ferdinando Fuga tra il 1743 e il 1750, l'architetto e i suoi collaboratori, nella progettazione del nuovo edificio del Lombardo, non hanno voluto né potuto evidentemente prescindere dal carattere urbanistico ed architettonico della città e della piazza, cercando anzi di contribuirvi con un disegno armonico ed inedito. Essi hanno infatti cercato di "captare l'atmosfera romana nella ricerca di un commento cromatico riecheggiante gli intonaci pozzolanici - precisò ancora l'Archetetto Attilio Spaccarelli -, e nel ritmo del volume architettonico puntando decisamente sulla prevalenza dei pieni sui vuoti". Papa Montini nella festa di S. Carlo del 1965, così scriveva: "Al nostro e caro Pontificio Seminario Lombardo in Roma, che inaugurando la propria sede completamente ricostruita celebra il centenario della sua fondazione, con l'ardente voto che sempre gli Alunni della sapiente fusione, che lo caratterizza, delle virtù naturali e cristiane della loro terra d'origine con lo spirito di Roma cattolica traggano almeno perenne conforto squisito al futuro loro ministero, di cuore benediciamo, e su di esso imploriamo di Maria Santissima, Madre della Chiesa, la celeste tutela. Paulus PP. VI". L'indirizzo augurale del Santo Padre veniva immediatamente recepito dal Rettore Mons. Ferdinando Maggioni, che lo riesprimeva all'intera famiglia del Lombardo con le seguenti indimenticate parole: "La visione del nuovo edificio, nonché attardare, deve stimolare il nostro spirito a considerare le profonde lezioni che provengono dalla storia ormai secolare del Seminario, dalle magnifiche figure delle persone che la onorano, dalle esigenze e dai frutti di una forma educativa, divenuta valida tradizione, forgiante gli animi alla grandezza di una romanità saggia ed attiva, universale e concreta, umile e forte, ardente di amore alla Chiesa che per volontà divina nell'Urbe e nel Papa si incentra e si impernia. Da qui traiamo un felice auspicio anche per il futuro; da qui ricaviamo forza e coraggio, speranza e fiducia; da qui l'impegno di ogni membro della famiglia del Lombardo a non tradire un così luminoso passato chiudendosi nelle angustie di una accidiosa pusillanimità, ma a camminare con generoso slancio lungo le sofferte vie della propria missione, conferendo, giorno per giorno, l'apporto personale alla costruzione del mistico edificio della Chiesa". Come Rettore del Lombardo rinnovò le strutture dell'antica biblioteca, aggiornandone le pubblicazioni, senza però trascurare la sistemazione dell'importante archivio del Seminario. Col consiglio e l'aiuto del Segretario particolare del Papa, il carissimo Mons. Pasquale Macchi, fu possibile a Mons. Maggioni attuare un piano di abbellimento della Cappella del collegio Lombardo (arricchita di preziose sculture, mosaici e artistiche vetrate) ed istituire, tra l'altro, una piccola biblioteca specializzata in opere concernenti S. Ambrogio e Carlo. Vescovo titolare di Subaugusta e Ausiliare dell'Arcivescovo di Milano P relato domestico dall'11 novembre 1960, egli divenne Canonico Onorario della Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore il 9 marzo 1965 e fu nominato Protonotario Apostolico Soprannumerario in data 1° dicembre 1966. Dal 6 luglio 1965, in qualità di visitatore apostolico dell'Ambrosiana dedicò numerose cure alla soluzione di taluni problemi ed alla stesura del nuovo statuto di questa prestigiosa istituzione culturale milanese. Il 14 settembre 1967 viene eletto Vescovo titolare di Subaugusta e nominato Ausiliare dell'Arcivescovo di Milano. Il motto scelto per il suo stemma episcopale stemma composto dallo scozzese mons. Charles Burns dell'Archivio Segreto Vaticano -, ossia Virtus mea Dominus, è davvero emblematico. Dopo la consacrazione episcopale nel Duomo di Monza - il 29 ottobre per mano del cardinale Giovanni Colombo, assistito dall'Arcivescovo Ernesto Civardi e dal Vescovo Francesco Bertoglio - assume in Diocesi l'ufficio di Provicario Generale. Quel giorno a Monza l'Arcivescovo ebbe a dire, tra l'altro: "Oggi l'intera Diocesi ambrosiana che lo ha seguito nelle molteplici tappe della sua preparazione, dall'insegnamento alla direzione spirituale, dalla formazione dei giovani a quella dei sacerdoti, che lo ha ammirato come ricostruttore del Seminario Lombardo in Roma mentre ne continuava le apprezzate tradizioni, oggi l'intera Diocesi ambrosiana di cui è figlio, lo riprende come padre e intimo collaboratore del suo Arcivescovo". Il conferimento del carattere espiscopale per il tramite del Metropolita della Regione Pastorale della Lombardia (a sua volta consacrato Vescovo dal card. Giovanni Battista Montini) rese ancora più caro il dono del Papa all'Arcidiocesi ambrosiana. E la genealogia episcopale di Mons. Maggioni, descritta con rara competenza dal francese Joseph-Marie Sauget della Biblioteca Apostolica Vaticana, precisa come si tratti in effetti della prosecuzione, in terra lombarda, di uno dei rami della discendenza vescovile di Paolo VI. Prevosto nella Parrocchia di S. Giorgio al Palazzo All'antica Parrocchia cittadina di S. Giorgio al Palazzo Mons. Maggioni rimase legato per trent'anni, dal1967 al 1998. Sul Bollettino parrocchiale del mese di agosto del 1967, padre Sergio Passoni che allora fungeva da vicario in aiuto dell'anziano prevosto don Angelo Molinati scriveva: "Devo assicurare i parrocchiani, i quali hanno temuto, nei mesi scorsi, di essere venduti ad altre parrocchie, che la Parrocchia di San Giorgio al Palazzo continuerà la sua esistenza come circoscrizione parrocchiale a sé stante; né più né meno come lo fu finora. Dunque la Parrocchia non sarà soppressa. Ragioni spirituali, ambientali, organizzative e storiche hanno fatto soprassedere all'idea di una soppressione, che peraltro sarebbe dovuta entrare nel quadro di un nuovo dimensionamento parrocchiale del Centro. Come utilizzo specifico della nostra chiesa, tra le diverse del Centro, ho suggerito che venga destinata a Penitenzieria, cui via Torino serve da notevole veicolo di popolo, in ogni direzione. Un fatto di grande giubilo è che S. Em. il Card. Arcivescovo ha scelto il nuovo Pastore di San Giorgio al Palazzo nella persona di un degnissimo Prelato, il cui nome per ora non può essere rivelato ufficialmente". La rivelazione compare nel Bollettino di ottobre: "È con infinita gioia che possiamo annunciare che S. Giorgio ha un prevosto vescovo: Sua Eccellenza Mons. Ferdinando Maggioni, vescovo ausiliare e pro vicario generale di Milano sarà il nuovo prevosto di San Giorgio al Palazzo. È un grande dono di cui siamo grati al nostro Cardinale arcivescovo". Nel 1967, il 12 novembre, Mons. Maggioni entra come Prevosto nella Parrocchia milanese di S. Giorgio al Palazzo. Divenuto parroco oltre agli incarichi diocesani e romani ricevette anche quelli di Consultore per gli Istituti Secolari, per l'Educazione Cattolica e per la revisione del Codice di Diritto Canonico; tuttavia mai tralasciò i suoi doveri parrocchiali pur facendosi aiutare da zelanti coadiutori, quali furono don Giovanni Rainoldi e don Alberto Barlocco, ai quali si affiancò don Francesco Coccopalmerio. In particolare fu puntigliosamente fedele alla celebrazione quotidiana della S. Messa parrocchiale anche nelle domeniche, nelle quali era normale che venisse chiamato in altre parrocchie a presiedere episcopalmente le più varie celebrazioni liturgiche e soprattutto l'amministrazione dei Sacramenti della prima Riconciliazione, della Prima Comunione e della Cresima, e spesso conferiva anche il Battesimo e l'Olio degli infermi. "Lo Spirito Santo, quando dilata il cuore di un Vescovo con l'effusione del dono della carità pastorale perché vi accolga tutti i fedeli della diocesi a lui affidata, gli dà insieme capacità di amare con affetto più intenso coloro che, per particolari titoli, sono a lui più vicini. Mi è gradito, in questo giorno della mia consacrazione, volgere il pensiero e dire la prima parola a voi, cari figlioli che componete la famiglia, ormai anche mia di S. Giorgio al Palazzo, per testimoniarvi il mio caldo amore di Padre e il desiderio di essere presto tra voi, per camminare assieme sulle vie segnate dai disegni di Dio". È l'inizio della lettera che Mons. Maggioni indirizzò il 29 ottobre 1967 e fece pubblicare sul Bollettino Parrocchiale del mese di novembre; a partire dal numero natalizio la serie de "la parola del Parroco" continuerà ininterrotta - tranne la parentesi alessandrina - fino al 1994. Gli argomenti trattati con ragionamenti chiari e brevi e con termini accessibili erano suggeriti dalle circostanze liturgiche e pastorali dell'attualità. Certamente quello liturgico quotidiano e quello mensile mediante il Bollettino sono stati i più regolari contatti tra i fedeli di S. Giorgio e il loro eccellentissimo prevosto; ma non furono i soli. Dal gennaio 1968 cominciò a porre le premesse per il sorgere di un consiglio pastorale da convocare periodicamente per trattare questioni non solamente economiche o edilizie. Era solito prendere parte alle gite, ai pellegrinaggi parrocchiali e ai popolari incontri conviviali soprattutto giovanili; quasi mai lasciava mancare la sua presenza all'oratorio festivo. Dimostrò sempre un grande amore per la Chiesa di S. Giorgio, una tenera cura per il suo decoro e una profonda stima per la sua storia. Ecco perché poche settimane dopo il suo ingresso fece distribuire un elegante e accurato lavoro sulla basilica curato dai dott. mons. Marcora e Ottimo della Chiesa; pochi mesi più tardi fece pubblicare gli atti della visita pastorale a S. Giorgio fatta dal card. Pozzobonelli studiati dalla prof.a Gatti Perer e da mons. Palestra; nel 1974, infine incaricò Giulio Colombo di curare la guida storico-artistica della basilica. I lavori di restauro, di consolidamento, di ammodernamento liturgico, artistico e logistico non cessarono praticamente mai sia in basilica che nel complesso parrocchiale. Ammirevole è stata l'idea di sistemare la canonica in modo tale da ricavare la sede della comunità di San Natale - ideale erede del soppresso collegio canonicale medioevale - creata per alloggiare dignitosamente i sacerdoti assistenti dell'Azione Cattolica diocesana. La signorilità e la generosità che lo caratterizzavano lo resero molto stimato dai parrocchiani, ma soprattutto dai sacerdoti della comunità "S. Natale" che, da allora, consideratisi come "nipoti", incominciarono a parlare di lui chiamandolo "zio" e sua sorella "zia Rosina". A S. Giorgio dedicò energie e tempo nell'intento di rendere più pregevole la Basilica che, resa più bella per suo merito, è rimasta simbolo di quella libertà di religione di cui conserva la memoria storica, in quanto sorta sulle vestigia del Palazzo Imperiale sede del famoso editto del 313. Vicario generale N el 1969 diviene Vicario Generale del Card. Colombo, carica che manterrà per ben undici anni - anche con il card. Carlo Maria Martini - fino al 1980, allorché viene nominato Vescovo di Alessandria. La vita di un Vicario generale è fatta di sedute, assemblee, consigli, tutto per discutere i problemi, metterli in graduatoria d'urgenza, cercare persone e mezzi adeguati a risolverli. Mons. Maggioni svolse il lavoro di fedele esecutore della linea pastorale dell'Arcivescovo Card. Giovanni Colombo. La Curia doveva adeguarsi ai nuovi compiti che l'aumento della popolazione andava sollecitando nella Diocesi ambrosiana. La rapida e vorticosa trasformazione di strutture e di mentalità sul fronte della società e perciò anche della religiosità e della pastorale, chiedeva duttilità e apertura al nuovo, senza ripudiare l'antico perennemente valido. Mons. Maggioni promosse la riforma della Curia. La corsa in avanti della tecnologia e della scienza non lo trovava perplesso o timoroso. Mons. Maggioni ha guardato con interesse alle applicazioni dell'informatica per la gestione della Curia milanese. Negli anni 71-72 inviava sacerdoti della Curia a corsi introduttivi all'uso dei computer. Per dare corpo ai progetti e concreta realtà ai sogni Mons. Maggioni poteva contare sull'intraprendente laboriosità tipica della Brianza, dove era nato, e sullo spirito manageriale milanese. Le sue conoscenze nel settore imprenditoriale, bancario, industriale e finanziario risalivano spesso alla diretta esperienza sacerdotale, maturata nell'ambiente di Monza e dei Collegi Arcivescovili, in cui la sua opera di educatore aveva lasciato una traccia duratura. Dove altri davano la linea di politica finanziaria, Mons. Maggioni preveniva o affiancava con suggerimenti di ispirazione cristiana: in due strutture (un istituto di credito e una fondazione) ha sapientemente agito per promuovere anche beneficenza mettendola come una delle finalità previste dallo statuto. Egli stesso figurava nella Commissione per l'assegnazione degli utili maturati secondo logica imprenditoriale. La munificenza di Mons. Maggioni trovò presto uno sbocco a carattere internazionale: l'aiuto alle Chiese in terra di missione. Quando un Vescovo africano o latino-americano o asiatico capitava a Milano, in Curia, l'ospitalità di Mons. Maggioni lo faceva sentire a suo agio. Questa benevolenza senza sussiego, con una fraterna e gioiosa prossimità era la sua caratteristica. Questo carisma fu presto noto in sede di Conferenza Episcopale Italiana e allora ebbe incarichi pluriennali nella Commissione per la Cooperazione tra le Chiese. Sono da riferire al suo mandato di Vicario generale importanti realizzazioni in Diocesi: il restauro dell'antico Seminario di San Carlo in corso Venezia a Milano (inaugurato nel 1973), gli interventi di ristrutturazione edilizia e organizzativa alla Curia, il consolidamento dei piloni del Duomo, la nuova edizione del Messale Ambrosiano, la costruzione della casa per sacerdoti "Paolo VI" a Concenedo di Barzio. Contemporaneamente, per tutti gli anni settanta, Mons. Maggioni prosegue nel suo impegno per la cultura e l'evangelizzazione dei popoli, quale consultore presso la Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica e quale membro della Commissione per i Seminari e l'Educazione della Conferenza Episcopale Italiana. Nel 1976 viene nominato Presidente della Commissione CEI per la cooperazione tra le Chiese e poi membro del Consiglio Generale della Pontificia Commissione per l'America Latina. Presidente della Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese N el 1976 Mons. Maggioni fu eletto Presidente della Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese. Era un periodo nel quale il mondo missionario era in fermento, "sconvolto" positivamente dal grande rinnovamento che il Concilio aveva innescato. Momento ricco ma assai delicato per la difficoltà di trovare un giusto equilibrio tra novità e tradizione, per la fatica di comporre una vitalità non priva di tensioni, per la necessità di far maturare delle intuizioni che si presentavano cariche di promesse. La prima preoccupazione di Mons. Maggioni di fronte a questa complessa realtà fu quella di "capirla", e lo fece mettendosi in ascolto, con umiltà ed entusiasmo, con discrezione, signorilità e pazienza. Questo si tradusse in lunghi colloqui con teologi ed esperti della missione, nel desiderio di approfondire le motivazioni che ispiravano la rinnovata stagione missionaria e di coglierne i fermenti più genuini; si tradusse anche in un'attenta partecipazione a frequenti incontri di studio, a numerose riunioni di programmazione promosse dalla stessa Commissione Episcopale, dal Consiglio Missionario Nazionale e dai vari Organismi missionari che andavano sorgendo. È da questo ricco confronto che sono nate le linee operative divenute poi scelte che la Commissione Episcopale e il suo presidente Mons. Maggioni hanno poi cercato di concretizzare. Tra le numerose iniziative che hanno caratterizzato il duplice mandato di Presidente ve ne sono alcune che evidenziano in modo chiaro l'apporto dato da Mons. Maggioni alla maturazione missionaria della Chiesa italiana. Tra le più significative è senza dubbio la costituzione dell'Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese. Se la Conferenza Episcopale Italiana vi provvide nel 1978 il merito è da ascriversi principalmente all'azione convincente di Mons. Maggioni, il quale si impegnò in prima persona non solo a sostenerne l'opportunità, ma anche a offrire garanzie per il suo funzionamento. Il significato pastorale di questa scelta apparve subito evidente: un Ufficio alla CEI che si occupasse della Cooperazione missionaria evidenziava la volontà dell'Episcopato, e con esso delle singole Chiese locali, di responsabilizzarsi direttamente nell'impegno missionario. Era una risposta alle indicazioni che il Concilio aveva ripetutamente dato e che sollecitavano la Chiesa locale a superare definitivamente una mentalità e una prassi di delega che per lungo tempo ne aveva caratterizzato l'atteggiamento nei riguardi del compito dell'evangelizzazione universale. Costituendo un Ufficio missionario alle sue dirette dipendenze la CEI si coinvolgeva consapevolmente in un settore che considerava suo a tutti gli effetti, alla pari degli altri settori pastorali. Anche in questo modo la Chiesa italiana esprimeva il suo "soggetto di missione", così come la spinta conciliare esigeva. Ma divenire "soggetto di missione" richiede ad una Chiesa locale di farsi responsabile della pastorale missionaria, proporre, cioè, linee e criteri per la formazione della coscienza missionaria del popolo di Dio, individuare orientamenti idonei ad educare mentalità, far sì che l'impegno missionario sia inserito nella "ferialità" dell'azione pastorale e, di conseguenza, della esperienza ecclesiale, senza demandarlo alla iniziativa o a gesti isolati di alcuni generosi. La risposta a queste esigenze venne dal documento "L'impegno missionario della Chiesa italiana", pubblicato nel 1982 dalla Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese. Preparato con il contributo di tutte le forze missionarie, fu presentato da Mons. Maggioni, nella sua veste di Presidente, al Consiglio Permanente della CEI, ricevendone i più ampi consensi. L'approvazione di questo importante organismo della CEI conferì al documento una evidente autorevolezza, tanto che non è esagerato affermare che esso costituisce finora il più impegnativo ed articolato pronunciamento dell'Episcopato Italiano sulla cooperazione missionaria. È forse prematuro valutare ciò che questo documento ha significato per il rilancio e lo sviluppo dell'impegno missionario della Chiesa italiana; tuttavia rimane indubbiamente un punto di riferimento fondamentale, sia per i suoi contenuti teologici che per le indicazioni pastorali. È partendo da questo documento che la Commissione Episcopale avviava una serie di verifiche, la prima delle quali riguardava l'esperienza dei sacerdoti "fidei donum". Si era nel 1982 e ricorreva il XXV anniversario della pubblicazione dell'Enciclica di Pio XII "Fidei donum", un'Enciclica che aveva segnato una spinta decisiva per l'impegno diretto in missione dei sacerdoti diocesani. La risposta del clero italiano era stata davvero rilevante, tanto che più di mille preti erano partiti per l'Africa e l'America Latina, prima prevalentemente a titolo personale, ma in seguito con un coinvolgimento sempre più stretto alle loro Diocesi. Dopo venticinque anni la Commissione Episcopale avvertì l'utilità di fare una valutazione di questa esperienza, per registrare positività e limiti, per scoprirne le note più caratteristiche, nell'intento non di consegnarla agli archivi, ma di rivitalizzarla e consolidarla ulteriormente. Fu una verifica non fatta a tavolino, ma interpellando tutti i protagonisti: dagli stessi sacerdoti in azione a quelli rientrati; dai Vescovi italiani a quelli africani e latino americani; dai responsabili diocesani agli Istituti missionari. Ne emerse una ricchissima raccolta di dati che furono consegnati alla Commissione Episcopale successiva (nel frattempo Mons. Maggioni aveva concluso il suo duplice mandato presidenziale e non poteva essere rieletto) che li ordinò in una Nota Pastorale. Ma la Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese non si limitò a prendere in considerazione i sacerdoti "fidei donum"; rivolse la sua attenzione anche a tutte le altre forze missionarie, considerate a pieno titolo come "espressioni" di missionarietà della Chiesa italiana. Si intensificarono così gli incontri con gli Istituti missionari o aventi missioni, con Organismi del Volontariato Cristiano Internazionale e con i missionari: era il segno di un recuperato rapporto con gli "inviati", a dimostrazione che la Chiesa italiana andava riappropriandosi di una sollecitudine che non poteva disattendere. Molto incisive si dimostrarono al riguardo le visite sul posto: Mons. Maggioni ne fece numerose, sobbarcandosi fatiche non indifferenti, mostrandosi attento ai problemi delle persone, desideroso di conoscere situazioni spesso complesse e delicate, confrontando e incoraggiando tutti, senza far mancare generosi gesti di solidarietà. In sei anni di presidenza della Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese, Mons. Maggioni ha speso tempo, energie, intelligenza e passione per questi ideali ecclesiali. Missione ambrosiana È difficile numerare quante volte Mons. Maggioni è stato in visita alla missione ambrosiana in Africa. Fondata dal card. Giovanni Battista Montini nel 1962 a Kariba dove migliaia di operai, italiani e africani, si trovavano per la costruzione della grande diga. Il Card. Giovanni Colombo ne continuò l'opera dandole forte sviluppo in Zambia; la curò personalmente e quando l'aumento d'impegno divenne troppo gravoso chiese la collaborazione di Mons. Maggioni. Le due piccole cattedrali di Kafue Estate e Kafue Town portano la sua firma. Le ha volute, le ha seguite passo passo nel loro difficile crescere e in esse ha celebrato pontificali solenni e gioiosi. Tutto suo è poi l'ampio ed elegante convento delle Suore a Kafue Estate, progettato e finanziato dai suoi amici della famiglia Caiani ed inaugurato il 25 luglio 1976. Preoccupato dello sviluppo completo dell'uomo africano, Mons. Maggioni favorì varie iniziative nel campo sociale. Diede il suo impulso alla scuola agraria che sorge lungo le sponde del fiume Zambesi, curando la scelta dei volontari italiani, l'invio di attrezzature agricole e seguendo tutti i problemi inerenti. Pure l'Ospedale Mtendere di Chirundu ebbe modo di godere delle sue attenzioni, che portarono all'ampliamento della pediatria, alla costruzione del padiglione dell'isolamento, e al rinnovamento della sala-parto. Purtroppo la guerra rodesiana distrusse parte di questa opera in un bombardamento. Ma anche nella sua paziente opera di ricostruzione vide l'operosità di Mons. Maggioni. Nella zona industriale di Kafue pensò un modo originario di favorire lo sviluppo: procurare borse di studio per 18 giovani Zambiani per specializzarsi nel campo della tessitura, della meccanica ed elettrotecnica. Fu una grande avventura che coinvolse l'alta finanza milanese, il Collegio De Filippi di Arona, Diocesi e governo zambiano. Per due anni si formò una famiglia africana di 18 figli con monsignore a fare da papà e da mamma per loro. Vescovo di Alessandria Il primo messaggio alla Diocesi "L a Grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi". Diletti figli della Chiesa di Alessandria, vi saluto con le parole augurali che danno inizio alla celebrazione della S. Messa e che, d'ora innanzi vi rinnoverò ogni giorno con l'affetto di fratello, di pastore, di padre. Porgo il mio rispettoso saluto a voi che, posti in autorità, avete il compito di reggere la società civile; vi offro la mia piena disponibilità a cooperare in tutto ciò che è richiesto dal bene del popolo. Un particolare saluto porgo a voi carissimi sacerdoti, che nell'unità del presbiterio siete chiamati a condividere con me le gioie, le ansie, le fatiche del medesimo servizio pastorale. Un saluto paterno ai religiosi e alle suore, che per la consacrazione a Dio e al bene dei fratelli, sono validi forze nella Chiesa e continuo richiamo al mondo delle realtà future; ai membri di Azione Cattolica o di altre Associazioni e Movimenti, generosamente impegnati nei vari campi dell'apostolato laicale. È ancora viva in me l'emozione suscitata nel mio spirito dall'annuncio che il S. Padre Giovanni Paolo II mi nomina vostro Vescovo. Mi sembra di essere come il viandante che, vede pararsi dinanzi lo spettacolo di una terra feconda, di una città forte, di un popolo operoso, e sente una voce che viene dall'alto: "Guarda a questa terra che oggi è tua patria, entra in città e fa parte del suo popolo, nella cui vita e storia sei coinvolto. in esso sii segno di Dio e presenza operante di Gesù Cristo Signore". Colpito da profondo stupore, mi trovo immerso nel mistero divino. Penso alla nobiltà della Diocesi di Alessandria, alle singolari vicende storiche che la legano alla sede di Pietro, al solido patrimonio di fede che si è andato formando nel corso dei secoli. Una forza irresistibile mi porta a congiungermi a Dio nell'orazione. Dalla preghiera liturgica, che oggi la Chiesa ci propone, mi viene, come frutto delizioso, luce, conforto, serenità. Ne voglio far parte a voi per dare inizio a quella comunione di vita che ci unirà sempre più in Cristo Signore. Nella odierna celebrazione di lodi si eleva un cantico profetico a Gesù Buon Pastore: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge, con il suo braccio lo raduna, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri" (Is 40,11). Il Salvatore così ama presentarsi: "Io sono il Buon Pastore, conosco le mie pecorelle ed esse conoscono me". È una conoscenza affettuosa e premurosa. Anch'io desidero incontrarmi con voi, desidero conoscervi personalmente, per amarvi con la tenerezza della carità di Cristo. A rendere ardente questo desiderio c'è stato il felice incontro di dieci giorni fa con S. E. Mons. Giuseppe Almici, con il quale, agli antichi vincoli di amicizia, ora si aggiungono quelli di ammirazione e riconoscenza per il generoso ministero pastorale da lui svolto in questi anni tra voi. Egli, appena saputa la mia designazione a suo successore, prima ancora che io ricevessi la lettera di nomina, con un gesto di fine delicatezza che non potrò mai dimenticare, è venuto a trovarmi e mi ha parlato con affettuosi accenni della Diocesi di Alessandria e dei suoi amati figli. Le parole che uscivano dal suo cuore hanno trovato calda accoglienza nel mio cuore e lo hanno dilatato per renderlo capace di raggiungere tutti voi, piccoli e grandi, deboli e forti, vicini e lontani, nell'unificante amore di Cristo. Ho vivo desiderio di incontrarmi con voi per ascoltarvi e parlarvi. Gesù, buon Pastore, parla alle sue pecore ed esse ascoltano la sua voce. Vengo a voi per parlarvi di Dio e per annunziarvi il Vangelo della nostra salvezza. Mi sorregge una grande certezza: "Così dice il Signore: come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e il pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10). Pongo la mia fiducia specialmente in voi, o giovani, che nella primavera della vita sapete aprire generosamente il vostro spirito a Dio per scoprire alla sua luce la sublimità del progetto divino sull'uomo e per partecipare alla sua realizzazione in comunione ecclesiale con i fratelli. È splendido e affascinante l'ideale di vita a cui Dio vi chiama, e a voi è accetto per il forte impegno che vi richiede. E a voi Figli cari, che soffrite per le malattie che colpiscono le nostre fragili membra, a voi che siete provati da lutto o da dolori morali che colmano di amarezza i vostri giorni, a voi che gemete per le ingiustizie umane o per l'emarginazione sociale, a voi che, sentendo il peso di un errore o di un peccato, desiderate il perdono, a voi Dio mi manda messaggero di speranza, di conforto, di pace. Ho meditato e fatte mie le parole del Salvatore, che oggi ci sono proposte nel brano di Vangelo della S. Messa: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,28) È stupenda la figura di Gesù buon Pastore, mite e umile di cuore, che raduna attorno a sé il suo gregge, lo guida al pascolo, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri. Condivide le sofferenze umane, apre il suo cuore agli afflitti, agli emarginati, ai peccatori e dona loro speranza e conforto. Vive a servizio delle sue pecorelle e per esse offre se stesso sulla croce, perché abbiano la vita e abbondanza di vita. Fratelli e figli dilettissimi: il Signore mi invia tra voi come pastore; aiutatemi ad essere buon Pastore a somiglianza di Gesù. Come lui offro la mia vita per voi: pregate perché la mia offerta sia degna e accolta da Dio con bontà. So che il mio ministero è sublime, ma difficile. Confido nel Signore, che invoco con le parole dell'odierna liturgia: "Signore, speriamo in te (1 lettura). Tu sei il mio rifugio e il mio scudo" (Ora Media. Sal 118, 133). Aiutatemi anche voi con le orazioni che elevate a Dio, con i consigli che accoglierò da voi come dono prezioso, con la collaborazione che vorrete benevolmente prestarmi, con la bontà del vostro cuore che troverà risonanza nel mio cuore. Lasciate che vi abbracci tutti nel Signore, uno ad uno. Dio onnipotente che ha dato inizio a questo cammino di comunione ecclesiale, ci accompagni con la sua grazia e lo fecondi di lieti frutti. Entrata in Diocesi I l 17 luglio 1980 il S. Padre lo nomina Vescovo di Alessandria. Il 4 ottobre prende possesso della Diocesi. Piazza della Cattedrale si apre nel pomeriggio all'abbraccio del Pastore con il suo popolo. Mons. Maggioni giunge accompagnato da Mons. Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, mentre si fanno incontro i Vescovi Carlo Colombo, Mons. Libero Tresoldi e Mons. Enrico Manfredini di Piacenza. Dal palco eretto nelle immediate vicinanze della Cattedrale Mons. Capra legge la bolla pontificia di nomina, poi prende la parola l'Arcivescovo di Milano che pare quasi dialogare con la folla. L'augurio di S.E.R. Card. Carlo Maria Martini Carissimi amici di Alessandria, fratelli e sorelle nel Signore, circa otto mesi fa facevo il mio ingresso a Milano, come nuovo Arcivescovo, in una giornata di festa come oggi voi vivete. Mi stava vicino, fedelissimo collaboratore, amico, S. Eccellenza Mons. Ferdinando Maggioni, e da allora, giorno dopo giorno, ho imparato a conoscerlo nella sua competenza, nella sua bontà, nel suo profondo senso di responsabilità, nel suo spirito di cortesia e di amicizia: un vero tesoro. E non avrei certo pensato che a così breve distanza di tempo, sarebbe toccato a me presentare questo tesoro alla Chiesa di Alessandria. Un tesoro si presenta, naturalmente, con un certo rammarico perché è qualcosa di cui noi ci priviamo, qualcosa di cui ci sembra che non possiamo farne a meno. Però insieme vedendovi qui questa sera radunati con tanta buona volontà, spirito d'accoglienza e tanta gioia, anch'io mi sento preso da questa gioia perché davvero posso presentarvi un pastore buono; ecco la parola che mi è venuta spontaneamente in mente pensando alla presentazione di Mons. Ferdinando Maggioni: ecco, un pastore buono. Ecco un pastore prima di tutto, un pastore così come la Bibbia ce lo descrive, così come Gesù nel Vangelo secondo San Giovanni ha parlato di sé come pastore: un pastore che precede il suo gregge, un pastore che conosce la voce di ciascuno, un pastore che si preoccupa di ciascuna delle pecore, un pastore capace di portare il suo gregge verso i pascoli della vita, della parola di Dio, del Vangelo, della pienezza della Rivelazione. Mons. Maggioni ha esercitato già questo ufficio di pastore, ha vissuto l'esperienza del contatto diretto con tante anime, tanti amici qui presenti lo testimoniano, ha potuto sperimentare se stesso come capace di condurre verso i pascoli di Dio un gregge vasto, un gregge volenteroso, un gregge pieno di volontà di camminare, come quello che io vedo ora qui davanti a me; un pastore secondo il cuore di Dio, competente, conoscitore della dottrina salvifica, profondamente legato al Sommo Pontefice, strettamente unito a tutta la Chiesa universale per la quale egli si è prodigato allargando il suo interesse anche al di là delle Chiese locali, verso le Chiese missionarie, la cooperazione delle Chiese, un pastore quindi dal cuore davvero grande come il mondo. Un pastore non solo competente, dal cuore grande, capace, profondamente responsabile in ogni cosa che egli intraprende, fedele fino in fondo, perseverante nell'azione; così io l'ho conosciuto a Milano, ma soprattutto un pastore buono. La bontà che traspare fin dal primo incontro con lui, il suo sorriso, la sua capacità di accoglienza, la sua cortesia squisita, signorile, la sua grande aperta ospitalità non deludono mai; fin dal primo momento in cui lo si incontra, si cresce spontaneamente nell'amicizia, nella semplicità, attraverso il sorriso, la gioia che egli sa diffondere, attraverso l'ottimismo che gli è come innato perché ha visto esperienze di Chiese diverse, importanti, difficili, ha imparato come in tutte queste esperienze di Chiesa sempre trionfa lo Spirito di Dio. Ed è ricco di questa fiducia nello Spirito, di questo ottimismo, di questo coraggio, che io ve lo presento oggi, Chiesa di Alessandria, lieto con voi che egli sia il vostro pastore, il pastore buono, certo che voi lo ascolterete e lo amerete come lo abbiamo amato noi a Milano e così come noi tanto lo rimpiangiamo e sentiamo la nostalgia di lui, voi sentirete di lui la gioia, l'affetto, la presenza, la fraternità. Io davvero ringrazio Dio con voi per il dono che questa Diocesi piemontese, il Piemonte a cui sono legato, riceve, e ringrazio anche voi perché vedo che fin dall'inizio, fin dal primo momento, lo accogliete con quell'amore, con quella fraternità, con quello spirito di ospitalità che distingue questa città di Alessandria e che farà sì che egli potrà percorrere il suo cammino in mezzo a voi con grande serenità e con grande gioia diffondendo ovunque la pace e la gioia del Signore Gesù. Omelia di Mons. Maggioni E ccellenze, cari sacerdoti, diletti figli della Chiesa di Alessandria e voi tutti qui riuniti nella carità di Cristo, la liturgia eucaristica che celebriamo, elevando a preghiera i motivi che guidano la nostra giornata, ha preso inizio con questa orazione: "O Padre, che nelle singole Chiese pellegrine sulla terra manifesti la tua Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, concedi a questa tua famiglia raccolta attorno al suo pastore, di crescere mediante l'Eucaristia e il Vangelo, nell'unità dello Spirito Santo, per divenire immagine autentica dell'assemblea universale del tuo popolo e strumento della presenza di Cristo nel mondo". Il mistero dell'unica Chiesa universale che vive nelle singole Chiese particolari ci fa sentire e gustare la presenza di Cristo Signore tra noi; e lo scoprire come l'incontro della Chiesa di Alessandria con il nuovo pastore è un frammento che fa parte del disegno divino arcano e stupendo della salvezza dell'uomo, diventa forza dinamica di crescita spirituale. Il susseguirsi di eventi e il succedersi di persone non fanno che dare maggiore risalto nel contrasto di luci ed ombre alla continuità di una Chiesa che vive nel dinamismo della sua storia. In questa cornice pensiamo ai grandi valori che hanno ormai formato una solida tradizione alessandrina; pensiamo ai Santi che, come astri lucenti, accompagnano il corso della sua storia: fra di loro ricordiamo il Vescovo patrono S. Baudolino, S. Bruno di Solero, S. Ugo Canefri, ed in modo speciale S. Pio V, il grande pontefice della devozione alla Madonna del S. Rosario di cui oggi ricorre l'annua celebrazione. Questi santi e con loro i Servi di Dio vissuti in tempi recenti: prof. Francesco Faà di Bruno, Madre Teresa Michel e Madre Caterina Beltrami, ci siano oggi vicini e ottengano che la nostra Diocesi continui ad esprimere fecondi frutti di fervente vita cristiana. Nella ricchezza di questo patrimonio della Chiesa alessandrina si inserisce l'odierno incontro, voluto dal Signore come principio di una nuova tappa: fra noi è cominciato un dialogo e un cammino che svolgeremo assieme, perché "siano un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo ... anche se a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo" (Ef 4, 4-7). Un dialogo ed un cammino che già ora suscitano molteplici riflessioni, sollecitano vive istanze, provocano vaste problematiche, attendono il confronto di certezze che sostengano e di speranze che confortino. Le tre letture bibliche che abbiamo sentito proclamare ne esprimono contenuti e modalità. Meriterebbero una meditazione attenta e approfondita. So che nei giorni scorsi voi l'avete fatto nelle vostre parrocchie. Anch'io vi ho offerto le mie considerazioni in un messaggio che già è nelle vostre mani: mi limito perciò a riprenderne alcune di particolare rilevanza. La lettura di Isaia ha per argomento la Parola di Dio, che è il primo oggetto del nostro dialogo, e ne esalta la profondità. Noi ci incontreremo per ascoltare ed accogliere la parola di Dio, per renderla realtà vissuta nelle coordinate concrete dei nostri giorni, dei nostri anni, nel groviglio delle vicende della nostra storia. La leggeremo con fiducia. Dice Isaia: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e il pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10). Il simbolo pittoresco che il profeta desume dall'orizzonte palestinese sempre assolato ed assetato esprime vivacemente la forza fecondatrice e l'efficacia della parola di Dio. Essa penetra e irrora la nostra aridità (Eb 4,12). Come Paolo "io vengo in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione, ma la mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi di sapienza, bensì sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza" (1Cor 2,3). È una fiducia che ho voluto esprimere anche nel motto del mio stemma "La mia forza è il Signore". C'è però un altro sostegno a questa fiducia ed è legato alla disponibilità della vostra accoglienza. Come i cristiani di Tessalonica, voi "riceverete da noi la parola divina della predicazione accogliendola non quale parola di uomini ma, come è veramente, quale parola di Dio che opera in voi che credete" (1Tes 2,13). La seconda lettura descrive la vita dei primi cristiani di Gerusalemme: "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere ... Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio lodando Dio" (At 2, 42). La Gerusalemme, madre della comunità cristiana, costruita attorno alla croce di Cristo è tratteggiata da Luca come una città basata su quattro strutture portanti: la catechesi, la fraternità, l'Eucaristia, la preghiera. Questo profilo della comunità pasquale di Gerusalemme e di ogni altra comunità in cui si è "un cuor solo ed una anima sola", ha nella preghiera e nella frazione del pane la sua nervatura. Anche voi, figli carissimi di questa Chiesa alessandrina, ad imitazione dei cristiani di Gerusalemme vi siete oggi stretti attorno al vostro Vescovo, successore degli apostoli, nella preghiera e nella frazione eucaristica del pane. Ve ne sono grato perché il celebrare insieme con voi i divini misteri diffonde nel cuore una ineffabile gioia e dona alla nostra comunità diocesana la dimensione di religiosa nobiltà e di fraterna comunione che è frutto dello Spirito Santo operante nella Chiesa di Dio. Insieme ringrazio Mons. Carlo Maria Martini che oggi con tanta bontà è venuto da Milano per presentarmi a voi; ringrazio i suoi Vescovi ausiliari e gli amici della Chiesa milanese che hanno voluto unirsi a voi in questa comune preghiera a Dio. Ringrazio Mons. Giuseppe Almici, perché accogliendo un mio devoto invito, ieri si è trovato a Betania a concelebrare con me e con un gruppo di sacerdoti: a lui rinnoviamo l'espressione della nostra riconoscenza per il grande bene operato con indefesso zelo durante i quindici anni di ministero episcopale in Alessandria. Come la mia prima giornata con la comunità diocesana ha preso avvio pregando questa mattina con le suore del Carmelo, associato al loro coro ininterrotto che come respiro sale a Dio, così verrò a pregare con voi nelle vostre chiese. Come poi in questa stessa mattina ho cominciato il mio ministero pregando con le ospiti dell'Istituto della Divina Provvidenza, espressione della preghiera impreziosita ed esaltata dalla sofferenza, così verrò a pregare nelle vostre chiese domestiche, cioè nell'intimità delle vostre famiglie, proprio perché salga a Dio tutto il travaglio e la gioia dell'esistenza quotidiana. Dobbiamo infatti "offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio: questo è il culto spirituale" (Rm 12,1). La famiglia che ha, secondo l'espressione coniata dal Concilio Vaticano II "i primi araldi della fede" nei genitori, deve continuare ad essere e a manifestarsi come luogo di culto e di amore. Questo è particolarmente rilevante proprio mentre la Chiesa universale, attraverso il Sinodo dei Vescovi riunito a Roma, fa della famiglia oggetto di studio pastorale. In consonanza alla ricerca che i rappresentanti di tutte le conferenze episcopali sparse nel mondo stanno conducendo, vorrei affidare al consiglio presbiterale ed al consiglio pastorale della diocesi l'impegno di suggerire a me e alle comunità cristiane modalità concrete e valide per dare sviluppo alla preghiera in famiglia, identificando anche gli strumenti e i sussidi che aiutino l'attuazione del programma di rinascita della "chiesa domestica". Infine ci piace rilevare che nella cornice della preghiera nella comunità cristiana di Gerusalemme domina al centro Maria SS. ritratta come l'emblema dell'intera chiesa orante. Qui ad Alessandria, ove la Madonna della Salve è venerata come patrona e celebrata con devota solennità, uniamo la nostra preghiera a quella di Maria, che "serbava il mistero di Dio meditandolo nel suo cuore" (Lc 2,19). La terza lettura si riferisce a Cristo buon pastore, divino modello del mio servizio pastorale. Come già vi ho scritto nel giorno della mia nomina a vostro Vescovo "è stupenda la figura, già profeticamente tratteggiata da Isaia, di Gesù buon pastore, mite e umile di cuore, che raduna attorno a sé il suo gregge, lo guida al pascolo, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri. Condivide le sofferenze umane, apre il suo cuore agli afflitti, agli emarginati, ai peccatori e dona loro speranza e conforto. Vive a servizio delle sue pecorelle e per esse offre se stesso sulla croce perché abbiano la vita e abbondanza di vita. Fratelli e figli dilettissimi, il Signore mi invia tra voi come Pastore; aiutatemi ad essere buon pastore a somiglianza di Gesù. Come lui, offro la mia vita per voi; pregate che la mia offerta sia degna e accolta da Dio con bontà. Aiutatemi anche voi con le orazioni che elevate a Dio, con i consigli che accoglierò da voi come dono prezioso, con la collaborazione che vorrete benevolmente prestarmi, con la bontà del vostro cuore che troverà risonanza nel mio cuore. Dieci anni in Alessandria I dieci anni in Diocesi di Mons. Maggioni sono stati caratterizzati da una ricchezza di iniziative e di manifestazioni, ma ancor più da una continua presenza e sollecitazione per la Chiesa a lui affidata. Non possiamo che ripercorrere questi suoi tratti in alcune scelte fondamentali che ha posto per la sua Diocesi. Il magistero Il magistero di Mons. Maggioni nella Chiesa alessandrina ha ripreso e rinnovato la tradizione delle lettere pastorali che raggiungono in contemporanea tutta la comunità diocesana facendo presente il Vescovo in uno dei suoi compiti più delicati e importanti. Possiamo rileggere insieme i titoli di questo magistero: "La dimensione comunitaria della fede" (marzo 1981). Il Vescovo apriva il suo animo ai figli della Chiesa alessandrina con questi pensieri: "Cinque mesi sono trascorsi ormai dal giorno in cui, in una festa di fede e di simpatia, la Chiesa alessandrina mi si è stretta attorno per accogliermi come pastore. I giorni, che sono seguiti a quello, hanno moltiplicato le occasioni perché sempre più fortemente si stringessero i legami che uniscono il Vescovo con i suoi fedeli in un'unica grande famiglia ...". In onda con il programma della Conferenza Episcopale italiana ed il Congresso Eucaristico nazionale il Pastore invita i fedeli a riflettere sul tema "Eucaristia e Comunità Cristiana". È la quaresima del 1982. La lettera si presenta con un titolo significativo: "Un Pane, un cuore, un'anima". Nel 1983 la Chiesa aprirà il 25 marzo il Giubileo della Redenzione voluto dal Papa nel 1950° anniversario della morte del Signore. La caratteristica di questo Giubileo è la contemporanea celebrazione a Roma ed in tutte le Diocesi del mondo dell'invito alla penitenza e alla riconciliazione. Ecco allora la lettera pastorale: "Lasciatevi riconciliare con Dio...". La Conferenza Episcopale Piemontese è preoccupata della catechesi ai giovani. Si offre allora un documento comune nel 1984: "L'iniziazione cristiana dall'infanzia alla fanciullezza fino alla maturità della vita cristiana nell'età giovanile". La Chiesa locale intanto prepara la grande missione cittadina. Sono allo studio metodologie e ricerche per far giungere la Parola di Dio a tutta la città. La Lettera Pastorale del 1985 affronta tre momenti fondamentali della programmazione dell'anno: il convegno di Loreto, la missione cittadina e l'arrivo da Roma, per la prima volta, delle spoglie sacre del Papa alessandrino S. Pio V. Vocazioni Il pensiero del Vescovo è rivolto soprattutto al seminario, un luogo vuoto e di costosa manutenzione: "Nel mio servizio pastorale mi sento particolarmente vicino a voi sacerdoti ... La letizia per la vostra collaborazione è tuttavia velata dal dolore per la presente povertà di vocazioni sacerdotali. Rivolgo un caldo appello ai genitori ed educatori perché non offuschino la voce di Dio presente in qualche loro figlio, ma lo aiutino ad imbarcarsi verso quella meravigliosa avventura con Dio che è la vocazione". Mons. Vescovo fa appello ai giovani: "... non respingete il primo rischio verso l'ignoto che è alla base di ogni vocazione apostolica ...; l'esperienza che segue è affascinante e cancella le notti oscure che si devono attraversare". Le direttive del Vescovo portano a due filoni di intervento: il primo nel campo della preghiera: "pregate il padrone della messe ...". Nasce una grande raccolta di preghiere per ogni ora del giorno e della notte durante tutto l'anno vocazionale. Le Zone pastorali del centro organizzano mesi di preghiera; tutta la Chiesa alessandrina, nei periodi liturgici dell'Avvento e della Quaresima è chiamata a rinnovare la richiesta di vocazioni al Signore. Un secondo filone di intervento porta a scelte organizzative: campi vocazionali, laici e sacerdoti incaricati della pastorale vocazionale, contatti e colloqui personali, incontri in seminario dei possibili candidati, forte coinvolgenza del clero nell'azione vocazionale nelle proprie comunità parrocchiali. Zone pastorali Recita la Gaudium et Spes al n. 44: "La Chiesa, avendo una struttura sociale visibile che è appunto segno della sua unità con Cristo, può far tesoro e lo fa, dello sviluppo della vita sociale umana, non quasi le manchi qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più profondamente per meglio esprimerla e per adattarla con pieno successo ai nostri tempi". La preoccupazione di Mons. Maggioni in questo ambito si è espressa aprendo le Parrocchie ad un respiro più ampio: quello della Zona pastorale. Cura un profondo studio di conoscenza per poter ridefinire le Zone pastorali della Diocesi seguendo e attuando le indicazioni del Nuovo Codice di Diritto Canonico sui Vicari Foranei cui viene affidata una vera sollecitudine apostolica. Le strutture e le attività di una Zona diventano i veri strumenti di vita pastorale di insieme. L'incaricato di Zona o Vicario foraneo, diventa un animatore della vita spirituale fraterna del presbiterio, coordinatore della pastorale con lo studio dei problemi della zona; punto di incontro, strumento di mediazione, per una Chiesa tutta ministeriale, servizio, dono gratuito dello Spirito. Le indicazioni pastorali di Mons. Maggioni diventano così un cammino per il suo presbiterio e per la porzione di popolo di Dio affidato alle sue cure. La consulta dei laici Tra le realizzazioni significative di Mons. Maggioni nella Diocesi c'è anche quello di aver dato rilievo alla Consulta diocesana dei Laici voluta come organismo di coordinamento e di autenticità cristiana. "Gli equivoci sul Concilio avevano portato il disimpegno associativo, lo screditamento delle associazioni più benemerite, il disprezzo dell'adesione più impegnata e tesserata, la proliferazione di neo-formazioni alternative. Non era propriamente il pluralismo conciliare, perché nel golfo mistico della Chiesa non si faceva concerto, ma ciascuno col proprio strumento si riteneva un solista o, come l'usignolo d'annunziano, si inebriava del proprio canto". In questo quadro l'azione di Mons. Maggioni fu estremamente lucida e repentina affidando alla Consulta il compito di favorire la conoscenza, la stima, l'integrazione e la collaborazione tra le varie aggregazioni per far sì che insieme si potesse costruire un vero cammino di Chiesa locale. Disegnata la presidenza, le varie Aggregazioni vennero raggruppate in otto settori secondo un criterio di omogenea azione: vita apostolica; preghiera e spiritualità; carità, assistenza e volontariato; cultura; ragazzi e giovani; scuola; famiglia; lavoro. Il tutto poi fu posto sotto la guida di un Vicario Episcopale per il Laicato. Caritas Una particolare attenzione Mons. Maggioni la riserva anche per la Caritas diocesana; modifica lo statuto per dar modo a questo organismo di essere più agile, più lineare nelle proprie iniziative e, coordinandosi con le altre associazioni caritative, di manifestare il proprio modo di lavoro, le proprie finalità ed intenti. "Si può dire che ha dato alla Caritas un profondo intento pedagogico pensato come metodologia di azione che porta la comunità cristiana ed ogni individuo a prendere coscienza delle situazioni di bisogno, sapendo leggerne le cause ed individuare le responsabilità per favorire risposte adeguate ed impegnative". Fa nascere un "Centro di accoglienza" dove persone che hanno particolari problemi e grosse difficoltà possono essere accolti ed aiutati. Apre, infine, il sostegno della Chiesa alessandrina alle varie situazioni di emergenza del mondo; segue da vicino il mondo del volontariato, dell'obiezione di coscienza e del servizio civile. Anche in questo ambito emerge la grande sensibilità e generosità di Mons. Magioni, coniugate con una profonda intelligenza nel saper individuare i problemi e le istanze che il mondo, soprattutto alessandrino, di volta in volta propone. Con dibattiti, tavole rotonde e seminari promuove la cultura della solidarietà e della gratuità. Scuola media S. Pio V Uno sguardo particolare merita la fondazione della Scuola Media Cattolica S. Pio V che Mons. Maggioni considerava come "la sua pupilla". Con la sua preparazione e attenzione data da sempre alla scuola e alla formazione dei ragazzi e dei giovani non poteva non pensare anche a questa struttura. Il progetto gli nasce, probabilmente, in un incontro con i genitori, le allieve e tutto il personale docente della Scuola media femminile S. Giovanni Bosco. Notando come in Diocesi fosse mancante una struttura collaterale in campo maschile, ma pensando soprattutto alla necessità di una formazione umana, culturale e spirituale dei ragazzi, inserisce nel suo piano pastorale la creazione di una scuola media maschile. Sostenuto ed aiutato anche da molti genitori coscienti del proprio ruolo di educatori, Mons. Maggioni poté inaugurare nei primi mesi dell'anno scolastico 198182 la Scuola Media maschile "S. Pio V" legalmente riconosciuta con Decreto ministeriale del 23.07.1984. Secondo la volontà del suo fondatore questa scuola non vuole essere di contrapposizione alle altre scuole medie statali ma propone un progetto educativo che ha come finalità "lo sviluppo della personalità dell'alunno nella delicata stagione della preadolescenza, quando si cominciano ad affrontare le prime scelte, a costruire le prime critiche, a porre e a porsi i primi interrogativi". In questo progetto educativo genitori ed insegnanti, scuola e famiglia sono uniti in una inscindibile collaborazione per una crescita positiva e responsabile degli alunni. Mons. Maggioni è spesso presente con i suoi illuminati ed illuminanti interventi accompagnando docenti e genitori alla scoperta delle finalità dell'educazione cristiana dei figli. Studio Interdiocesano di Teologia La ripresa e la riapertura del Seminario diocesano e la nuova fondazione dell'Istituto Interdiocesano di Teologia con sede presso il Seminario S. Chiara sono realizzazioni che "si pongono giustamente tra le più significative, autentiche e qualificate dell'opera pastorale" di Mons. Maggioni. La vita dello Studio teologico con valenza interdiocesana diventa punto di riferimento per la vita pastorale di tutta la Diocesi e luogo ove ogni credente può trovare le risposte alle sue domande sulla fede, sui valori religiosi e sulla catechesi. Mons. Maggioni nella sua qualità di Pastore della Chiesa alessandrina nel 1982 avvia questo progetto educativo ambizioso preoccupandosi grandemente che la ripresa del senso religioso coincidesse con l'impegno di una qualificata formazione del clero diocesano e interdiocesano. E sin dall'inizio ha "omologato" gli studi teologici attraverso il riconoscimento ufficiale da parte della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale con sede a Milano. Qualche anno dopo, sempre grazie all'instancabile interessamento e animazione svolta dal Vescovo, si apre anche per il laicato uno strumento qualificato per lo studio del problema religioso con l'apertura dell'Istituto di Scienze religiose in collaborazione con l'Istituto Pastorale di Torino. La missione Alessandrina L'attività missionaria della Diocesi di Alessandria era nata negli anni 70 quando, dopo anni di servizio alla Chiesa di Valenza, don Ezio Vitale decideva di partire per l'Africa. Una breve esperienza con altri confratelli, poi la sua missione, i suoi villaggi, la sua parrocchia: Kathonzweni, un nome diventato familiare a tutta la Diocesi alessandrina. La comunità locale aveva così l'occasione per compiere un primo essenziale salto di qualità: non più soltanto rapporti mediati da Congregazioni missionarie, ma un rapporto diretto, immediato, con un luogo e soprattutto con una persona precisa. Una seconda occasione per un altro salto di qualità era la nomina in Alessandria di Mons.Maggioni. Aveva un passato di educatore di giovani, di rettore, di collaborazione nel governo della Diocesi milanese, ma soprattutto aveva un'altra nota nella sua biografia: quello di essere stato per tanti anni, e di continuare ad essere al momento della nomina, il responsabile dei rapporti dei Vescovi italiani con i preti diocesani partiti in missione. Tale incarico lo aveva portato spesso in visita ai territori di missione: talvolta per prendere contato con i Vescovi locali per conoscerne i bisogni e le attese; altre volte per studiare zone in cui avrebbero dovuto recarsi dei preti italiani; altre volte ancora per visitare preti che da poco o da molto si trovavano in missione, per presiedere incontri, giornate di studio e di riflessione. La presenza rilevante di sacerdoti o religiose di origine milanese, la sviluppata cooperazione missionaria della diocesi di Milano con altre Diocesi era stata un ulteriore motivo o incentivo a viaggi missionari. Era pensabile che tale attenzione alla cooperazione missionaria lo avrebbe accompagnato anche in Alessandria: le attività di questi anni, il bilancio di tale settore prova che le previsioni non erano azzardate. Gli anni di Mons. Maggioni hanno visto in Diocesi un nettissimo progresso dello spirito e dell'attenzione alle missioni, su varie direzioni. Sono stati ristabiliti i rapporti con i missionari e le missionarie originari di Alessandria, e legati a qualche Congregazione religiosa: salesiani, PIME, cappuccini, missionari della Consolata, presenti in Africa e in America del Sud; sono iniziati o hanno ripreso slancio programmi concreti di collaborazione con varie zone, senza per questo abbandonare la cooperazione missionaria più ampia legata alle varie attività di carattere nazionale; il Centro missionario diocesano ha preso nuovi impulsi contribuendo fortemente all'opera di sensibilizzazione. Tutto questo ha finito anche per dare uno slancio nuovo anche all'opera di don Ezio Vitale, che con i suoi rientri in Diocesi, rari ma preziosissimi, finiva con il coinvolgere sempre più tutta la Diocesi, preti e laici, facendo crescere il gruppo valenzano che ne seguiva le attività, anche con visite alla zona di Kathonzweni per prendere sempre meglio coscienza dei bisogni e delle attese. Un altro prete diocesano seguiva l'esempio di don Ezio. Dopo anni di servizio in diverse parrocchie, anche don Sandrin partiva per l'Africa, e la sua strada, iniziata altrove, finiva per condurlo a Kathonzweni, nella missione divenuta ormai quasi una parrocchia alessandrina. Nello stesso tempo maturava un nuovo progetto di sviluppo missionario. Fra le opere che indicano agli alessandrini il cammino della carità, vi è la Piccola casa della Divina Provvidenza, voluta da Madre Michel; un'opera che nacque nelle nostre terre, ma si sviluppò immediatamente in altre terre, dove la presenza italiana era rilevante, l'America del Sud. Case di riposo per anziani bisognosi, scuole di vario genere, case di formazione e studentati per le nuove vocazioni: Brasile e Argentina conoscono bene le opere di Madre Michel. L'attività missionaria della Congregazione non era ancora giunta in Africa, ma forse i tempi erano maturi per quella scelta. E così nel 1982, nel corso di un nuovo viaggio missionario, accompagnato quasi ufficialmente da una piccola delegazione che comprendeva anche sacerdoti alessandrini, il Vescovo visitava la missione di Kathonzweni, accolto dallo straordinario entusiasmo delle popolazioni dei villaggi, e soprattutto dalla gioia dirompente dei due missionari. Sul posto, si potevano anche studiare insieme le prospettive dello sviluppo, i bisogni immediati: dispensario, scuole e pozzi. E un bisogno anche più urgente e significativo: le suore. Nella missione era già stata costruita la casa per loro, ma era ancora vuota. Don Vitale sognava da sempre quella presenza, aveva chiesto a varie Congregazioni e aspettava il miracolo. Il viaggio aveva anche un altro scopo: accompagnare le suore della Michel nella nuova missione del Camerun: un primo nucleo che si poneva al servizio dei bisognosi della zona, anche qui per costruire luoghi di cura e di assistenza, soprattutto per handicappati, nello spirito migliore della Madre Michel. Da quel viaggio ancora nuovi impulsi e nuove prospettive: prima di tutto per la stessa Congregazione della Michel, che vedeva nascere contatti con l'organizzazione milanese voluta e animata da quello straordinario apostolo dei nostri tempi che è stato Marcello Candia. Altre suore della Congregazione iniziano la collaborazione con l'industriale, che "da ricco che era, come ha scritto un suo biografo, era entrato a totale servizio dei poveri". Quella collaborazione si sta sviluppando in Brasile: ancora un viaggio di Mons. Maggioni per ufficializzare l'inizio dell'attività nel nord del Brasile delle suore della Michel in collaborazione con l'opera di Candia. Le stesse suore intanto proseguivano nella dilatazione del loro servizio e in India nascono le prime vocazioni. Ogni giornata missionaria assume così un senso e direzioni nuove: le parrocchie salesiane in Brasile, la missione in Colombia di padre Fratino, la scuola per sordomuti di San Paolo, i cappuccini in Zaire, altre suore in Brasile, Libano, Madagascar. Lungo il cammino che apriva il cuore alla speranza, improvvisa la tragedia e la sofferenza: da quella missione che sembrava il vero fiore della diocesi, con i suoi numerosi villaggi, le scuole, i centri di assistenza giungeva la notizia drammatica della pasqua 1985: don Ezio Vitale era morto. Tutto sembrava crollare; la Diocesi aveva vissuto la settimana seguente, in attesa del rientro non di un prete vivo ed entusiasta, che ci travolgeva con le sue attività, le sue iniziative e la sua fede sconvolgente, ma del corpo esanime del missionario: l'attesa e la delusione, la fine dell'avventura. Proprio la morte di don Ezio diventava il momento di un nuovo slancio missionario: nel suo nome nasceva l'associazione che si impegnava a sostenere la missione; sul suo esempio, quasi in un ideale passaggio di consegne, don Gaetano sceglieva di andare a prendere quel posto lasciato vuoto. Il 7 aprile 1986, primo anniversario della morte di don Ezio, a Valenza, il Vescovo consegna a don Gaetano la croce del missionario. Il posto non restava vuoto, e neppure la casa delle suore: a luglio si recano in quella terra per un breve soggiorno esplorativo, sempre accompagnate dal Vescovo e poi in modo stabile poco tempo più tardi. Ultimi anni A lla Diocesi alessandrina vi rinuncia per limiti di età il 22 aprile 1989 e ritorna come residente a San Giorgio al Palazzo. Due avvenimenti caratterizzano la seconda parte del ministero parrocchiale di Mons. Maggioni nel quinquennio 1989-1994: la celebrazione del Centenario dell'ampliamento della Basilica eseguito negli anni 1889-1892 dall'architetto Alfonso Parrocchetti e la valorizzazione della presenza in Basilica delle reliquie di S. Latina. Per il centenario curò una serie di incontri liturgici e scientifici affidati ad illustri studiosi quali mons. Dante Balboni, mons. G.F. Ravasi, mons. Pietro Zerbi, arch. Mario Mirabella Roberti, dr. Sandrina Bistoletti-Bandera, arch. G.B. Sannazzaro, prof. Giorgio Rumi ... Sarebbe dovuta scaturirne una prestigiosa pubblicazione, ma Mons. Maggioni non ebbe la consolazione di vederla. Neppure l'altra opera ebbe una completa attuazione. Nel nome di S. Latina, mons. Maggioni diede un forte impulso al sorgere di un complesso di iniziative sociali ed assistenziali. Cominciò con la canonica ricognizione delle antiche reliquie della Santa per una loro più dignitosa collocazione. Fece progettare e finanziare adeguate modifiche edilizie che sono ancora in corso, ma non poté vederne la conclusione. Muore il 2 dicembre 1998 all'Istituto Palazzolo di Milano, dove era ricoverato da due anni. I suoi funerali si sono svolti nella cattedrale di Alessandria, presieduti dal Vescovo Mons. Fernando Charrier e successivamente nel Duomo di Milano, presieduti dal Cardinale Arcivescovo Carlo Maria Martini. Le sue spoglie mortali riposano nel cimitero di Monza, nella Cappella della famiglia Maggioni-Vismara. Breve ricordo a cura di Mons. Charrier L a memoria di Mons. Ferdinado Maggioni suscita in coloro che l'hanno conosciuto, e specialmente nei diocesani di Alessandria, ricordi di dignità e affabilità uniti ad uno spiccato spirito sacerdotale: un Vescovo che suscitava immediatamente simpatia ed affetto. Discreto nel presentare e nell'esaminare i problemi della Diocesi e sommamente rispettoso delle persone, dei sacerdoti soprattutto, è stato esempio di grande umanità e di una spiritualità forte e pacata assieme. La sua vita improntata ad un servizio della Chiesa in ogni sua esigenza l'ha portato ad essere ideatore di opere rivelatesi di somma utilità e al tempo stesso un educatore discreto di coscienze che ha saputo indirizzare con coraggio a Cristo Signore. Gli esempi sarebbero numerosi se si volesse narrare ciò che Mons. Maggioni ha sempre voluto nascondere dietro un sincero riserbo. Proverbiale la sua forza nel sostenere anche con i Superiori la bontà di alcune iniziative e, al tempo stesso, la sua filiale obbedienza agli Arcivescovi di Milano che ha servito con dedizione e generosità. Ma chi scrive questo breve ricordo l'ha conosciuto nel momento in cui di sua volontà e in obbedienza alle disposizioni della Santa Sede lasciò il servizio episcopale della Comunità cristiana di Alessandria. La sua volontà la manifestò dando le dimissioni mesi prima del compimento dei 75 anni in modo da passare il testimone di servitore della Diocesi ad un Vescovo più giovane, poiché, a suo dire, "a tempi nuovi ci vogliono uomini nuovi". Nella Diocesi alessandrina si era inserito, pur nella difficoltà di cultura e di ambiente sociale, adottando i Patroni di questa porzione del popolo di Dio, specialmente la devozione alla "Madonna della Salve" Patrona della Diocesi, ed esempi di santi riformatori quale S. Pio V e di "innamorati" della croce di Cristo quale fu S. Paolo della Croce. Né dimenticò il Patrono della città, un eremita sconosciuto ai più nel mondo: S. Baudolino. Figlio della grande Archidiocesi milanese, e perciò educato alla sequela di S. Ambrogio, di S. Carlo Borromeo e del Beato Card. Ferrari, seppe intuire le risorse spirituali e umane che i Santi della terra alessandrina potevano offrire ancor oggi ad una popolazione sovente allontanata dalle sue tradizioni cristiane. Il suo esempio più vivido lo diede tuttavia nella sua ultima malattia; ha dato così ragione al detto popolare: "Si soffre e si muore così come si è vissuto". Nemmeno un lamento, ci dicono chi lo ha assistito in questi anni di malattia e di anzianità. Sempre sereno, sempre sorridente, sempre intonato alla sua spiritualità fatta di preghiera e di opere. E sempre legato al ricordo della "sua" Alessandria anche se, per "non intralciare" diceva, era ritornato dopo le dimissioni a servizio della sua Archidiocesi di origine. Ora riposerà nella sua Monza, radici che mai dimenticò, tanto da recarsi sovente, anche quando già era gravato della cura della Diocesi alessandrina, per celebrazioni e per festività. A cercare le ragioni di una vita spesa totalmente per la Chiesa si potrebbero dire molte cose; una mi pare che sarebbe inescusabile dimenticare: il suo amore per le missioni. Fu nel suo episcopato responsabile della Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese; ma il suo amore lo ha portato più volte in terra di missione per animare e condividere lo sforzo di evangelizzazione e di promozione umana di molti missionari religiosi e laici. La Chiesa alessandrina e tutto il popolo di questa terra non dimenticheranno questo "pastore" che è stato di esempio e maestro di umanità e di cristianesimo. Gentiluomo e gran signore E ro ancora bambino quando morì mio papà, e questa circostanza non mi colpì molto; non che non fossi addolorato, ma questo sentimento entrava in me perché vedevo mamma e sorelle in pianto. La portata del fatto non incideva ancora nel mio cuore. La consapevolezza di questo evento mi venne solo anni dopo, allorché adolescente sentii un grande vuoto nella mia vita. Cercai di riempirlo con il ricordo, sforzo che, certo, non poteva ovviare appieno alla perdita di anni addietro. Questo ricordo rimane in me, oggi più di ieri. Così alla scomparsa di S. E. Mons. Maggioni è parso a me, e, credo, assai più agli alessandrini, che si facesse un vuoto nella nostra vita ecclesiale e civile. Il Vescovo, infatti, è un "padre" che, in nome del Padre dei cieli, opera per il bene materiale e spirituale di tutti coloro che dimorano nella diocesi. Il Vescovo è per tutti, credenti e no, praticanti e no, segno visibile di quella fratellanza che dovrebbe (meglio, deve) legare ogni uomo agli altri, in modo da rendere visibile quell'amore del Padre celeste che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, l'unico, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). Il tempo, purtroppo, cancella dalla mente e dall'animo di noi, creature umane, anche i sentimenti più forti; la polvere del tempo si estende anche su ciò che dovremmo ricordare come "tesoro" per la propria vita. Non vogliamo che ciò accada per mons. Maggioni. Chi l'ha conosciuto ha potuto cogliere qualcosa della sua persona, del suo servizio alla verità e all'amore, del suo tratto sempre rispettoso e nobile, ed anche del suo carattere umano. I sacerdoti alessandrini sono testimoni di quella sua riservatezza che gli impediva persino di dare disposizioni o di richiedere quanto dovuto per la vita della Diocesi, affidandosi solamente alla coscienza di ciascuno e facendo leva sulla loro volontà espressa nell'ordinazione sacerdotale. "Un Vescovo che ci ha insegnato il rispetto della persona umana con le parole e i comportamenti", questo il giudizio di un laico che conobbe Mons. Maggioni durante il suo servizio di Vescovo nella diocesi alessandrina. Tale atteggiamento era frutto di una spiccata spiritualità che lo induceva a rapporti sempre rispettosi delle persone, e che metteva l'interlocutore a suo agio infondendo fiducia e confidenza. Era, tuttavia, assai più di un "gentiluomo" : una profonda e vissuta spiritualità lo portava ad essere, come si suol dire, anche "un gran signore", ma non si fermava, né poteva fermarsi, a manifestazioni di rispetto e di accoglienza umana; era un dialogo tra lui e il suo Dio presente nella persona che gli stava di fronte. Bisognava seguirlo nella sua preghiera personale (quel passeggiare nel lungo corridoio del Vescovado con la corona del rosario in mano assorto nella preghiera alla Madre celeste), o nelle funzioni liturgiche per comprendere che il suo dialogo, prima che con gli uomini, era con il "suo" Dio. Era, in verità, profondamente sacerdote, cioè "costituito per gli altri". Se ne ebbe ulteriore prova nella sua lunga malattia, specialmente quando la sua mente non lo sorreggeva più: alla richiesta del sottoscritto di dire una preghiera a Maria, madre di Gesù, rispondeva con riflessioni appropriate sulla Vergine Maria e con accenti che esprimevano amore e fiducia in Lei, quasi stesse predicando al popolo sul dovere di affidarsi a questa Mamma per essere condotti a Gesù. A me rimangono due forti ricordi: innanzitutto quella sua capacità, già ricordata, di mettere a proprio agio la persona che lo incontrava. Quando mi fu detto che avrei assunto il servizio di Vescovo ad Alessandria, subito gli telefonai, ed egli mi raggiunse a Roma dove con affabilità mi parlò come avrebbe fatto con un amico o un parente senza farmi pesare la differenza di età e di esperienza. E così fu per tutto il tempo che visse. Non volle mai entrare nei problemi della Diocesi, né dare giudizi su iniziative, persone e istituzioni; rispondeva alle mie domande: "Vedrà lei; avrà modo di conoscere e di valutare libero dal giudizio di chicchessia". Il secondo ricordo è legato alla sua malattia: la accolse come una realtà del tutto naturale; non la sopportò, ma la accolse, pur mantenendo una gran voglia di operare e di fare. E non mutò questa sua disponibilità fino a quando chiuse gli occhi a questo mondo. Ricordi vivi sono presenti in coloro che lo assistettero negli ultimi anni della sua malattia; nemmeno un lamento, ci dicono, e sempre un grazie per tutti. Sempre sereno, sempre sorridente, sempre intonato alla sua spiritualità fatta di preghiera e di opere. Conservò un caro ricordo della "sua" Alessandria, anche se, per "non intralciare l'opera del suo successore", diceva, aveva scelto di ritornare, dopo le dimissioni, a servizio della sua Archidiocesi di origine. A così poco tempo della sua scomparsa è facile lasciarsi prendere dai ricordi più emotivi; solo tra qualche anno si potrà delineare la sua personalità con maggiore puntualità. Tuttavia si può affermare, senza paura di cadere nella retorica, che la sua scomparsa lascia un vuoto nelle Chiese che ha fedelmente servito e nello stesso Episcopato italiano + Fernando Charrier Vescovo di Alessandria Un vero benefattore della Diocesi di Milano L a Chiesa ambrosiana fa leggere, nelle esequie di un prete e di un Vescovo, i racconti evangelici della passione, a ricordare che chi è stato unito profondamente, come prete e come Vescovo, alla passione di Gesù, lo sarà nella gloria; che chi è stato unito a Gesù sotto il velo del mistero eucaristico contempla ora svelatamente il volto del Signore, come afferma la prima lettura. È dunque con tale fiducia che celebriamo le esequie di Sua Eccellenza Monsignor Ferdinando Maggioni, carissimo a tutti noi. Un Vescovo profondamente unito al cuore di Gesù; un prete e un Vescovo esemplare, che in tutta la sua esistenza ha preparato, celebrato, vissuto l'Eucaristia. Così la nostra preghiera di suffragio perché il Signore lo accolga nella visione beatifica è anche insieme memoria riconoscente di quanto noi gli dobbiamo come singoli, come istituzioni, come Diocesi. E siamo grati a quanti si uniscono a noi in queste esequie celebrate dalla Chiesa ambrosiana: siamo grati a Sua Eminenza il Cardinale Noè, che salutiamo con affetto; ai tanti eccellentissimi Vescovi che rappresentano i diversi luoghi dove Monsignor Maggioni ha operato (il Seminario Lombardo di Roma, Alessandria e altre realtà a lui care). In questo momento ho pure l'onore di leggere il telegramma inviato dal Santo Padre: "Appresa triste notizia scomparsa Ecc.mo Monsignor Ferdinando Maggioni Vescovo emerito di Alessandria, Sommo Pontefice esprime a vostra Em.za familiari presbiterio et fedeli viva partecipazione at lutto che ha colpito codesta comunità diocesana et mentre ricorda con animo grato at Signore generoso ministero episcopale svolto da quel benemerito presule come Vicario generale della Diocesi ambrosiana et quale pastore Chiesa Alessandrina innalza fervide preghiere di suffragio per meritato riposo eterno anima eletta et invia at comune conforto quanti hanno beneficiato del suo zelo pastorale et doni di mente et cuore speciale benedizione apostolica. Mi unisco spiritualmente al dolore assicurando particolare ricordo nella celebrazione eucaristica. Cardinale Angelo Sodano Segretario di Stato". Abbiamo quindi con noi il Santo Padre che apprezzava e stimava molto Monsignor Maggioni. Abbiamo con noi la presenza di altri Cardinali e Vescovi che mi hanno scritto per esprimere la loro partecipazione. Menziono in particolare il telegramma del Cardinale Tonini e il telegramma del Superiore generale del PIME. E mentre rivolgiamo le più vive condoglianze alla sorella e ai familiari, facciamo memoria con gratitudine di questa figura che abbiamo avuto modo di conoscere e di amare. Una vita sacerdotale esemplare M onsignor Ferdinando rappresenta bene le sue origini, quella città di Monza dell'inizio di questo secolo, roccaforte di tradizione religiosa, aperta a opere sociali promosse da eccezionali figure di preti e di laici. La sua personalità si caratterizzava per la grande signorilità di tratto, che colpiva chiunque lo avvicinava: per la sua grande capacità di rapporti personali proverbiale la sua amabilità -; per uno spiccato senso di fedeltà al Signore, al dovere, alla Chiesa, a cui si congiungeva pure un pacato entusiasmo di fronte a nuove forme di pastorale. Dunque una vita sacerdotale esemplare, nella linea tradizionale, ma insieme aperta al nuovo e, specialmente, aperta alla carità. Don Ferdinando era umile e grande nell'animo, costruttore e "sognatore", uomo di larghe prospettive. Ne fanno testimonianza i diversi luoghi dove ha svolto il suo ministero: anzitutto il grandioso Oratorio S. Biagio di Monza; poi il Collegio De Filippi di Arona, che lo ebbe Rettore, e il Collegio di Tradate, che lo ebbe come direttore spirituale. Ma la sua passione "costruttiva" traspare e quasi scoppia quando diventa Rettore del Seminario Lombardo; proprio al Lombardo ha lasciato una straordinaria impronta della sua capacità di edificare e di progettare. Fu la sera stessa dell'inaugurazione del nuovo Lombardo che Paolo VI gli fece sentire la sua vicinanza profonda e assicurò che sarebbe venuto a Milano per l'inaugurazione non lontana del Seminario di corso Venezia. Vescovo ausiliare e Vicario generale L a sua capacità e il suo zelo si mostrarono più luminosamente da Vescovo ausiliare e Vicario generale. Ordinato Vescovo il 29 ottobre 1967, non certo senza una qualche intuizione su di lui di papa Montini, oltre che dell'Arcivescovo Giovanni Colombo, come Vicario generale palesò all'evidenza la sua fedeltà al Cardinale, alla Chiesa, al dovere. Visse un rapporto di cordiale affetto, di benevolenza, di obbedienza col mio venerato predecessore, con gli altri vescovi ausiliari, con i preti che egli amava e visitava frequentemente occupandosi in particolare dei malati. Quando fui nominato Arcivescovo di Milano, fu lui che venne a Roma, che mi accolse e mi introdusse in Diocesi e mi fece quasi da maestro per quanto riguardava il ministero episcopale a me totalmente nuovo. E desidero esprimere tutta la mia gratitudine che gli devo per l'affetto, la lealtà, l'amabilità, la comprensione, l'umiltà con cui mi restò vicino fino a che non fu nominato Vescovo di Alessandria. Anche ad Alessandria portò molto amore e grande generosità, e si sentì accolto con gioia da quella Diocesi. Nel momento in cui maturò il tempo del suo ritiro, gradì tanto di essere riaccolto nella sua Diocesi di origine, dove si rese utile nella Parrocchia di San Giorgio in Milano e in diverse iniziative fino all'ultima lunga, dolorosa malattia. Allora partecipò più intimamente alla passione e alla morte del Signore. Quanti ricordi emergono in ciascuno di noi degli incontri con monsignor Maggioni! Io ho espresso semplicemente qualche tratto della sua figura umana e spirituale, di questo grande uomo di Dio, amico di tutti, munifico e vero benefattore della Diocesi di Milano da lui tanto amata. Solo attraverso un'attenta riflessione e l'incessante preghiera potremo essergli riconoscenti per tutto quello che ci ha donato. Qui lasciamo la parola alla liturgia che ci invita a pregare e a unirci al mistero della morte di Gesù e della misericordia del Padre. Per don Ferdinando vale l'affermazione di Gesù: "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove", fino alle prove della sofferenza fisica, della malattia. "E per voi - continua Gesù - preparo un Regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio Regno". Monsignor Maggioni, nella sua squisita ospitalità, amava invitare a mensa; ora lo pensiamo alla mensa del Signore, e gli diciamo: "Ricordati di noi e prega per noi che tu hai tanto amato". + Carlo Maria Card. Martini Arcivescovo di Milano