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Mons. Ferdinando Maggioni Vescovo e gran signore

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Mons. Ferdinando Maggioni Vescovo e gran signore
Mons. Ferdinando Maggioni
Vescovo e gran signore
Don Abele Belloli
I primi anni di ministero
S
ua Eccellenza monsignor Ferdinando Maggioni nasce a Monza-San Biagio il 5
febbraio 1914. Nel 1920, la notte di Natale, riceve la prima Comunione, in
Vaticano, dalle mani di Papa Benedetto XV.
Compie i suoi studi nei Seminari diocesani e a Roma, dove, nel 1935, consegue
la licenza in Teologia presso l'Università Gregoriana, risiedendo in quel seminario
Lombardo per il quale tanto si adopererà negli anni successivi.
Il 26 luglio 1936 viene ordinato sacerdote a Gallarate dal Card. Alfredo I.
Schuster e viene destinato all'Oratorio della Parrocchia di S. Biagio in Monza, ove
inizia una fecondissima iniziativa oratoriana e scolastica, pur essendo - nel contempo
- professore dei chierici prefetti al Collegio S. Giuseppe.
A S. Biagio, ancora oggi parlare di Mons. Maggioni, anzi di don Ferdinando, e
di oratorio è la medesima cosa: i suoi giovani di allora con simpatia e gratitudine
ricordano ancora i loro anni più belli e gioiosi trascorsi accanto a questo prete
creativo, moderno e sempre in attività.
I ragazzi erano cresciuti sotto i bombardamenti e i giovani erano quasi tutti
reduci dal fronte, dal campo di prigionia o dalla lotta partigiana. L'Italia era allora un
cumulo di macerie; la vita democratica si stava avviando a fatica, ma molto
vivacemente; non c'era lavoro, la scuola stentava a riprendere. Ma soprattutto
bisognava ricostruire i valori fondamentali nella coscienza dei giovani che gli orrori
della guerra aveva brutalmente traumatizzato. Con una invidiabile serenità, con il suo
stile pacato e affabile, senza fare un gesto violento, né mai alzare la voce, usando
sempre la bontà per persuadere e per rendere veramente libere le persone, Mons.
Ferdinando ha concepito e diretto il nuovo Oratorio di S. Biagio che per quei tempi
era un segno luminoso e una realizzazione di avanguardia.
L'obiettivo che si era proposto era quello di poter fare un cammino anche
impegnativo con i suoi giovani e ragazzi; e per questo non ha mai trascurato anche i
più moderni mezzi che la tecnica in quegli anni metteva a disposizione. Per la
catechesi domenicale si avvaleva di diapositive; dal suo studio trasmetteva il suo
messaggio in tutte le classi; da lui prende inizio anche l'uso della lettura dialogata e
mimata della Parola di Dio.
Anche le attività serali di riunioni e programmazioni non iniziavano mai senza
prima aver recitato il santo rosario. Con la sua brillante fantasia e carica organizzativa
ha saputo dare vita a diverse iniziative ricreative e culturali che riuscirono a
raggruppare tanti giovani: nel suo oratorio vi era il gruppo della filodrammatica, gli
appassionati di fotografia, il gruppo impegnato nella programmazione dei films, gli
animatori dei giochi domenicali, i gruppi sportivi di calcio e di atletica ... ognuno,
giovane e adulto, trovava all'oratorio S. Biagio il suo posto e la sua responsabilità.
Tutti avevano un incarico, e spronati dal don Ferdinando, tutti dovevano essere
creativi nel loro settore di responsabilità.
Accanto a queste iniziative tipicamente oratoriane Mons. Maggioni iniziò nel
1944 la scuola media parrocchiale, la prima in Italia riconosciuta dallo Stato, e
l'avviamento commerciale.
La sua esperienza oratoriana termina nel 1949 quando viene mandato a Tradate
come professore di Teologia e Direttore spirituale del Collegio arcivescovile
Galvalisi (ora Bentivoglio).
Nel 1955 verrà poi nominato Rettore del Collegio arcivescovile De Filippi di
Arona. Vi giunge dopo la morte del Rettore don Locatelli e trova un convitto che
aveva una prestigiosa tradizione sia nel novarese che nel varesotto, ma necessitava di
una linfa nuova e soprattutto di abbandonare alcuni ordinamenti desueti. Mons.
Maggioni apre il collegio a prospettive nuove per poter influire cristianamente e
culturalmente sul territorio e sulla realtà locale; avvia il grande discorso delle libertà
scolastiche; ammoderna le strutture.
Inizia subito dai sacerdoti, i suoi collaboratori: ogni primo venerdì del mese li
invita in Cappella, a sera inoltrata, per un'ora di adorazione; nella preghiera e nella
riflessione dettata sempre con la sua voce sommessa, invita e sprona tutti alla
realizzazione del compito affidato: educare alla fede e alle responsabilità della vita i
giovani loro affidati. Signorilità e ospitalità erano i tratti rilevanti della sua singolare
capacità di pubbliche relazioni.
Ogni ambiente era sempre stato piccolo per Mons. Maggioni; anche ad Arona
il Rettore si aprì alle necessità pastorali della città, animò i cineforum parrocchiali,
fondò la locale sezione dell'Unione Cattolica Insegnanti Medi; rispose con tutta la sua
grande disponibilità ad ogni richiesta, sia che si trattasse di una prestazione
sacerdotale, sia che venisse richiesto di un parere autorevole per la soluzione di
alcuni problemi.
Per quanto riguarda l'ammodernamento degli edifici o la progettazione di opere
nuove, Mons. Maggioni ha sempre avuto per il De Filippi una particolare attenzione e
il periodo del suo Rettorato è ricordato ancora come un'autentica primavera.
Nel 1960, Mons. Maggioni torna a Milano, nella Curia arcivescovile, come
direttore dell'Ufficio Scolastico, ambito del quale è ormai attento conoscitore, e l'11
novembre dello stesso anno viene nominato Prelato Domestico di Sua Santità.
Il Pontificio Seminario Lombardo
N
el 1960, il 1° dicembre Mons. Maggioni è destinato a Roma, nell'incarico di
Rettore del Pontificio Seminario Lombardo dei SS. Ambrogio e Carlo, con
decreto della S. Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi.
Vi giunge il 28 dicembre per assumere la direzione di quel Collegio ecclesiastico, da
cui stava per allontanarsi S. E. Mons. Francesco Bertoglio al termine di un incarico
durato quasi trent'anni.
Era un ritornare nell'antica casa che lo aveva accolto negli anni giovanili degli
studi teologici presso l'Università Gregoriana. A questo ufficio lo aveva designato
l'Arcivescovo di Milano. "Mons. Maggioni, disse in quella circostanza Giovanni
Battista Montini, è l'uomo adatto, ma non è persona di cui la nostra Diocesi possa
fare a meno e la sua sostituzione sarà difficile: tuttavia il Lombardo merita da parte
nostra questo sacrificio"
"Adatto" in particolare a risolvere l'assai difficile problema che subito gli
veniva presentato: la ricostruzione dalle fondamenta del Seminario stesso.
Nella storia ormai più che centenaria del Pontificio Seminario Lombardo,
Mons. Maggioni è il Rettore della sua ricostruzione. È possibile immaginare la
commozione di Mons. Maggioni quando Giovanni XXIII, nella memorabile udienza
concessa al Lombardo il 10 febbraio 1963 - giorno anniversario della morte di Pio XI
- benedisse la prima pietra. Il Papa ricordò che il Seminario veniva ancora conservato
"alle amenità dell'Esquilino e, ciò che più tocca il cuore dei suoi giovani abitatori, alla
prossimità del tempio augusto, che la pietà dei secoli volle consacrato alla Madre di
Gesù e nostra".
A Mons. Ferdinando si deve infatti in primo luogo la riedificazione della sua
sede, incominciata il 10 febbraio 1963 con la posa della prima pietra da parte del
Card. Giovanni Battista Montini e da questi inaugurata l'11 novembre 1965, quando
già portava il nome di Paolo VI. Ad opera dell'Impresa Castelli tutto fu ricostruito
dalle fondamenta. I motivi di tale scelta venivano così indicati dal Card. Montini: "...
la necessità d'una migliore disposizione interna dei locali, in conformità alle esigenze
edilizie, messe in rilievo dall'esperienza e dagli usi moderni; l'opportunità di ottenere
un maggior rendimento economico da un edificio, che non solo deve dare alloggio ai
suoi ospiti, ma deve altresì mantenerli".
Tra queste due date sta quasi completamente la celebrazione del Concilio
Vaticano II, una coincidenza che già conferiva una chiara indicazione alla rinascente
casa del Seminario, quella di "rispecchiare, pur nelle limitatissime proporzioni
materiali, il generale rinnovamento spirituale di questa storica ora" e di "stimolare e
favorire una sempre rifiorente vitalità interiore del Seminario stesso" (Card. Giovanni
Battista Montini).
La ricostruzione operata da Mons. Maggioni ne trascende il pur notevole
aspetto edilizio per contenere ed esprimere anche una caratteristica linea pedagogica.
La sua stessa determinazione, in sintonia con la saggezza di Paolo VI, di far sorgere
la nuova dimora del Seminario Lombardo nel medesimo luogo, dove l'aveva
collocata la previdente e provvidente generosità di Pio XI e cioè accanto alla Basilica
di S. Maria Maggiore, e non invece, come altri avrebbero voluto, distante dal centro
della città.
Una vicinanza fisica a Roma e al Papa, che doveva essere "segno e assillo di
consonanza spirituale". Egli temeva che, vivendo appartati, gli alunni potessero
"tradire un così luminoso passato chiudendosi nelle angustie di una accidiosa
pusillanimità". Nel suo cuore di educatore non c'era solo l'appello stimolante di Roma
capitale della cattolicità, ma anche l'esigenza perfino drammatica di una metropoli
carica di enormi problemi culturali, politici, sociali e morali, dai quali i giovani
seminaristi e presbiteri non dovevano e non potevano essere tenuti lontani.
In questa prospettiva, nel rinato edificio del Lombardo si legge la pedagogia di
Mons. Maggioni e si riflette la sua personalità. Esso si presenta come una dimora
moderna e funzionale, quasi segno di una Chiesa che nel Concilio si aggiorna e
dialoga con il mondo contemporaneo con nuovo e più efficace dinamismo. Elegante e
sobrio, dove nulla manca di ciò che è necessario, ma niente è superfluo, dove nessuna
cosa è ingombrante, ma tutto aiuta a trascorrervi una vita dignitosa e serena, riservata
e fraterna, il palazzo rivela del suo autore la signorilità che fiorisce da severa e nobile
austerità. Se Mons. Maggioni ha rivelato felice intuito non disgiunto da realismo,
anche dal punto di vista artistico, nella ricostruzione del Pontificio Istituto Lombardo,
ha rivelato però doti singolari soprattutto nell'impostazione in termini quanto mai
chiari del piano finanziario che ha governato l'operazione. In tal modo egli ha
provveduto non soltanto a costruire il razionale edificio che si può ammirare a piazza
S. Maria Maggiore, ma ha posto pure le basi per l'autonomia economica della vita del
Seminario.
Fondamentali furono la presenza spirituale e le doti di generosità, dedizione e
promozione umana che contraddistinsero il rettorato di Mons. Maggioni. "Proprio a
Mons. Maggioni - ebbe modo di dire Paolo VI in una speciale Udienza concessa il 15
giugno 1965 a superiori ed alunni del Pontificio Seminario Lombardo - si deve il
compimento della nuova sistemazione assai difficile. Sia egli ringraziato per la
premura ammirevole portata in tale impresa".
La cosa non era stata facile. Infatti il "problema dell'inserimento del nuovo
edificio nella trama urbana - ebbe a scrivere l'Architetto Spaccarelli cui fu affidata la
progettazione architettonica e la direzione dei lavori - non era solo un problema di
scelta di linguaggio, ma qualcosa che investiva la coscienza del peso che una
architettura non 'misurata' avrebbe portato in termini concorrenziali con l'architettura
del Fuga, centro naturale di attenzione e fulcro della Piazza di S. Maria Maggiore".
Tenendo in somma considerazione la facciata della Patriarcale Basilica Liberiana,
opera realizzata da Ferdinando Fuga tra il 1743 e il 1750, l'architetto e i suoi
collaboratori, nella progettazione del nuovo edificio del Lombardo, non hanno voluto
né potuto evidentemente prescindere dal carattere urbanistico ed architettonico della
città e della piazza, cercando anzi di contribuirvi con un disegno armonico ed inedito.
Essi hanno infatti cercato di "captare l'atmosfera romana nella ricerca di un
commento cromatico riecheggiante gli intonaci pozzolanici - precisò ancora
l'Archetetto Attilio Spaccarelli -, e nel ritmo del volume architettonico puntando
decisamente sulla prevalenza dei pieni sui vuoti".
Papa Montini nella festa di S. Carlo del 1965, così scriveva: "Al nostro e caro
Pontificio Seminario Lombardo in Roma, che inaugurando la propria sede
completamente ricostruita celebra il centenario della sua fondazione, con l'ardente
voto che sempre gli Alunni della sapiente fusione, che lo caratterizza, delle virtù
naturali e cristiane della loro terra d'origine con lo spirito di Roma cattolica traggano
almeno perenne conforto squisito al futuro loro ministero, di cuore benediciamo, e su
di esso imploriamo di Maria Santissima, Madre della Chiesa, la celeste tutela. Paulus
PP. VI".
L'indirizzo augurale del Santo Padre veniva immediatamente recepito dal
Rettore Mons. Ferdinando Maggioni, che lo riesprimeva all'intera famiglia del
Lombardo con le seguenti indimenticate parole: "La visione del nuovo edificio,
nonché attardare, deve stimolare il nostro spirito a considerare le profonde lezioni che
provengono dalla storia ormai secolare del Seminario, dalle magnifiche figure delle
persone che la onorano, dalle esigenze e dai frutti di una forma educativa, divenuta
valida tradizione, forgiante gli animi alla grandezza di una romanità saggia ed attiva,
universale e concreta, umile e forte, ardente di amore alla Chiesa che per volontà
divina nell'Urbe e nel Papa si incentra e si impernia. Da qui traiamo un felice auspicio
anche per il futuro; da qui ricaviamo forza e coraggio, speranza e fiducia; da qui
l'impegno di ogni membro della famiglia del Lombardo a non tradire un così
luminoso passato chiudendosi nelle angustie di una accidiosa pusillanimità, ma a
camminare con generoso slancio lungo le sofferte vie della propria missione,
conferendo, giorno per giorno, l'apporto personale alla costruzione del mistico
edificio della Chiesa".
Come Rettore del Lombardo rinnovò le strutture dell'antica biblioteca,
aggiornandone le pubblicazioni, senza però trascurare la sistemazione dell'importante
archivio del Seminario. Col consiglio e l'aiuto del Segretario particolare del Papa, il
carissimo Mons. Pasquale Macchi, fu possibile a Mons. Maggioni attuare un piano di
abbellimento della Cappella del collegio Lombardo (arricchita di preziose sculture,
mosaici e artistiche vetrate) ed istituire, tra l'altro, una piccola biblioteca specializzata
in opere concernenti S. Ambrogio e Carlo.
Vescovo titolare di Subaugusta
e Ausiliare dell'Arcivescovo di Milano
P
relato domestico dall'11 novembre 1960, egli divenne Canonico Onorario della
Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore il 9 marzo 1965 e fu nominato
Protonotario Apostolico Soprannumerario in data 1° dicembre 1966.
Dal 6 luglio 1965, in qualità di visitatore apostolico dell'Ambrosiana dedicò
numerose cure alla soluzione di taluni problemi ed alla stesura del nuovo statuto di
questa prestigiosa istituzione culturale milanese.
Il 14 settembre 1967 viene eletto Vescovo titolare di Subaugusta e nominato
Ausiliare dell'Arcivescovo di Milano. Il motto scelto per il suo stemma episcopale stemma composto dallo scozzese mons. Charles Burns dell'Archivio Segreto
Vaticano -, ossia Virtus mea Dominus, è davvero emblematico. Dopo la
consacrazione episcopale nel Duomo di Monza - il 29 ottobre per mano del cardinale
Giovanni Colombo, assistito dall'Arcivescovo Ernesto Civardi e dal Vescovo
Francesco Bertoglio - assume in Diocesi l'ufficio di Provicario Generale. Quel giorno
a Monza l'Arcivescovo ebbe a dire, tra l'altro: "Oggi l'intera Diocesi ambrosiana che
lo ha seguito nelle molteplici tappe della sua preparazione, dall'insegnamento alla
direzione spirituale, dalla formazione dei giovani a quella dei sacerdoti, che lo ha
ammirato come ricostruttore del Seminario Lombardo in Roma mentre ne continuava
le apprezzate tradizioni, oggi l'intera Diocesi ambrosiana di cui è figlio, lo riprende
come padre e intimo collaboratore del suo Arcivescovo".
Il conferimento del carattere espiscopale per il tramite del Metropolita della
Regione Pastorale della Lombardia (a sua volta consacrato Vescovo dal card.
Giovanni Battista Montini) rese ancora più caro il dono del Papa all'Arcidiocesi
ambrosiana. E la genealogia episcopale di Mons. Maggioni, descritta con rara
competenza dal francese Joseph-Marie Sauget della Biblioteca Apostolica Vaticana,
precisa come si tratti in effetti della prosecuzione, in terra lombarda, di uno dei rami
della discendenza vescovile di Paolo VI.
Prevosto nella Parrocchia
di S. Giorgio al Palazzo
All'antica Parrocchia cittadina di S. Giorgio al Palazzo Mons. Maggioni rimase
legato per trent'anni, dal1967 al 1998.
Sul Bollettino parrocchiale del mese di agosto del 1967, padre Sergio Passoni
che allora fungeva da vicario in aiuto dell'anziano prevosto don Angelo Molinati
scriveva: "Devo assicurare i parrocchiani, i quali hanno temuto, nei mesi scorsi, di
essere venduti ad altre parrocchie, che la Parrocchia di San Giorgio al Palazzo
continuerà la sua esistenza come circoscrizione parrocchiale a sé stante; né più né
meno come lo fu finora. Dunque la Parrocchia non sarà soppressa. Ragioni spirituali,
ambientali, organizzative e storiche hanno fatto soprassedere all'idea di una
soppressione, che peraltro sarebbe dovuta entrare nel quadro di un nuovo
dimensionamento parrocchiale del Centro. Come utilizzo specifico della nostra
chiesa, tra le diverse del Centro, ho suggerito che venga destinata a Penitenzieria, cui
via Torino serve da notevole veicolo di popolo, in ogni direzione. Un fatto di grande
giubilo è che S. Em. il Card. Arcivescovo ha scelto il nuovo Pastore di San Giorgio al
Palazzo nella persona di un degnissimo Prelato, il cui nome per ora non può essere
rivelato ufficialmente".
La rivelazione compare nel Bollettino di ottobre: "È con infinita gioia che
possiamo annunciare che S. Giorgio ha un prevosto vescovo: Sua Eccellenza Mons.
Ferdinando Maggioni, vescovo ausiliare e pro vicario generale di Milano sarà il
nuovo prevosto di San Giorgio al Palazzo. È un grande dono di cui siamo grati al
nostro Cardinale arcivescovo".
Nel 1967, il 12 novembre, Mons. Maggioni entra come Prevosto nella
Parrocchia milanese di S. Giorgio al Palazzo. Divenuto parroco oltre agli incarichi
diocesani e romani ricevette anche quelli di Consultore per gli Istituti Secolari, per
l'Educazione Cattolica e per la revisione del Codice di Diritto Canonico; tuttavia mai
tralasciò i suoi doveri parrocchiali pur facendosi aiutare da zelanti coadiutori, quali
furono don Giovanni Rainoldi e don Alberto Barlocco, ai quali si affiancò don
Francesco Coccopalmerio. In particolare fu puntigliosamente fedele alla celebrazione
quotidiana della S. Messa parrocchiale anche nelle domeniche, nelle quali era
normale che venisse chiamato in altre parrocchie a presiedere episcopalmente le più
varie celebrazioni liturgiche e soprattutto l'amministrazione dei Sacramenti della
prima Riconciliazione, della Prima Comunione e della Cresima, e spesso conferiva
anche il Battesimo e l'Olio degli infermi.
"Lo Spirito Santo, quando dilata il cuore di un Vescovo con l'effusione del
dono della carità pastorale perché vi accolga tutti i fedeli della diocesi a lui affidata,
gli dà insieme capacità di amare con affetto più intenso coloro che, per particolari
titoli, sono a lui più vicini. Mi è gradito, in questo giorno della mia consacrazione,
volgere il pensiero e dire la prima parola a voi, cari figlioli che componete la
famiglia, ormai anche mia di S. Giorgio al Palazzo, per testimoniarvi il mio caldo
amore di Padre e il desiderio di essere presto tra voi, per camminare assieme sulle vie
segnate dai disegni di Dio". È l'inizio della lettera che Mons. Maggioni indirizzò il 29
ottobre 1967 e fece pubblicare sul Bollettino Parrocchiale del mese di novembre; a
partire dal numero natalizio la serie de "la parola del Parroco" continuerà ininterrotta
- tranne la parentesi alessandrina - fino al 1994. Gli argomenti trattati con
ragionamenti chiari e brevi e con termini accessibili erano suggeriti dalle circostanze
liturgiche e pastorali dell'attualità.
Certamente quello liturgico quotidiano e quello mensile mediante il Bollettino
sono stati i più regolari contatti tra i fedeli di S. Giorgio e il loro eccellentissimo
prevosto; ma non furono i soli. Dal gennaio 1968 cominciò a porre le premesse per il
sorgere di un consiglio pastorale da convocare periodicamente per trattare questioni
non solamente economiche o edilizie.
Era solito prendere parte alle gite, ai pellegrinaggi parrocchiali e ai popolari
incontri conviviali soprattutto giovanili; quasi mai lasciava mancare la sua presenza
all'oratorio festivo.
Dimostrò sempre un grande amore per la Chiesa di S. Giorgio, una tenera cura
per il suo decoro e una profonda stima per la sua storia. Ecco perché poche settimane
dopo il suo ingresso fece distribuire un elegante e accurato lavoro sulla basilica
curato dai dott. mons. Marcora e Ottimo della Chiesa; pochi mesi più tardi fece
pubblicare gli atti della visita pastorale a S. Giorgio fatta dal card. Pozzobonelli
studiati dalla prof.a Gatti Perer e da mons. Palestra; nel 1974, infine incaricò Giulio
Colombo di curare la guida storico-artistica della basilica.
I lavori di restauro, di consolidamento, di ammodernamento liturgico, artistico
e logistico non cessarono praticamente mai sia in basilica che nel complesso
parrocchiale. Ammirevole è stata l'idea di sistemare la canonica in modo tale da
ricavare la sede della comunità di San Natale - ideale erede del soppresso collegio
canonicale medioevale - creata per alloggiare dignitosamente i sacerdoti assistenti
dell'Azione Cattolica diocesana.
La signorilità e la generosità che lo caratterizzavano lo resero molto stimato dai
parrocchiani, ma soprattutto dai sacerdoti della comunità "S. Natale" che, da allora,
consideratisi come "nipoti", incominciarono a parlare di lui chiamandolo "zio" e sua
sorella "zia Rosina". A S. Giorgio dedicò energie e tempo nell'intento di rendere più
pregevole la Basilica che, resa più bella per suo merito, è rimasta simbolo di quella
libertà di religione di cui conserva la memoria storica, in quanto sorta sulle vestigia
del Palazzo Imperiale sede del famoso editto del 313.
Vicario generale
N
el 1969 diviene Vicario Generale del Card. Colombo, carica che manterrà
per ben undici anni - anche con il card. Carlo Maria Martini - fino al 1980,
allorché viene nominato Vescovo di Alessandria.
La vita di un Vicario generale è fatta di sedute, assemblee, consigli, tutto per
discutere i problemi, metterli in graduatoria d'urgenza, cercare persone e mezzi
adeguati a risolverli. Mons. Maggioni svolse il lavoro di fedele esecutore della linea
pastorale dell'Arcivescovo Card. Giovanni Colombo. La Curia doveva adeguarsi ai
nuovi compiti che l'aumento della popolazione andava sollecitando nella Diocesi
ambrosiana. La rapida e vorticosa trasformazione di strutture e di mentalità sul fronte
della società e perciò anche della religiosità e della pastorale, chiedeva duttilità e
apertura al nuovo, senza ripudiare l'antico perennemente valido. Mons. Maggioni
promosse la riforma della Curia.
La corsa in avanti della tecnologia e della scienza non lo trovava perplesso o
timoroso. Mons. Maggioni ha guardato con interesse alle applicazioni
dell'informatica per la gestione della Curia milanese. Negli anni 71-72 inviava
sacerdoti della Curia a corsi introduttivi all'uso dei computer.
Per dare corpo ai progetti e concreta realtà ai sogni Mons. Maggioni poteva
contare sull'intraprendente laboriosità tipica della Brianza, dove era nato, e sullo
spirito manageriale milanese. Le sue conoscenze nel settore imprenditoriale,
bancario, industriale e finanziario risalivano spesso alla diretta esperienza
sacerdotale, maturata nell'ambiente di Monza e dei Collegi Arcivescovili, in cui la
sua opera di educatore aveva lasciato una traccia duratura.
Dove altri davano la linea di politica finanziaria, Mons. Maggioni preveniva o
affiancava con suggerimenti di ispirazione cristiana: in due strutture (un istituto di
credito e una fondazione) ha sapientemente agito per promuovere anche beneficenza
mettendola come una delle finalità previste dallo statuto. Egli stesso figurava nella
Commissione per l'assegnazione degli utili maturati secondo logica imprenditoriale.
La munificenza di Mons. Maggioni trovò presto uno sbocco a carattere
internazionale: l'aiuto alle Chiese in terra di missione. Quando un Vescovo africano o
latino-americano o asiatico capitava a Milano, in Curia, l'ospitalità di Mons.
Maggioni lo faceva sentire a suo agio. Questa benevolenza senza sussiego, con una
fraterna e gioiosa prossimità era la sua caratteristica.
Questo carisma fu presto noto in sede di Conferenza Episcopale Italiana e
allora ebbe incarichi pluriennali nella Commissione per la Cooperazione tra le
Chiese.
Sono da riferire al suo mandato di Vicario generale importanti realizzazioni in
Diocesi: il restauro dell'antico Seminario di San Carlo in corso Venezia a Milano
(inaugurato nel 1973), gli interventi di ristrutturazione edilizia e organizzativa alla
Curia, il consolidamento dei piloni del Duomo, la nuova edizione del Messale
Ambrosiano, la costruzione della casa per sacerdoti "Paolo VI" a Concenedo di
Barzio.
Contemporaneamente, per tutti gli anni settanta, Mons. Maggioni prosegue nel
suo impegno per la cultura e l'evangelizzazione dei popoli, quale consultore presso la
Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica e quale membro della Commissione
per i Seminari e l'Educazione della Conferenza Episcopale Italiana. Nel 1976 viene
nominato Presidente della Commissione CEI per la cooperazione tra le Chiese e poi
membro del Consiglio Generale della Pontificia Commissione per l'America Latina.
Presidente
della Commissione Episcopale
per la Cooperazione tra le Chiese
N
el 1976 Mons. Maggioni fu eletto Presidente della Commissione Episcopale
per la Cooperazione tra le Chiese. Era un periodo nel quale il mondo
missionario era in fermento, "sconvolto" positivamente dal grande
rinnovamento che il Concilio aveva innescato. Momento ricco ma assai delicato per
la difficoltà di trovare un giusto equilibrio tra novità e tradizione, per la fatica di
comporre una vitalità non priva di tensioni, per la necessità di far maturare delle
intuizioni che si presentavano cariche di promesse.
La prima preoccupazione di Mons. Maggioni di fronte a questa complessa
realtà fu quella di "capirla", e lo fece mettendosi in ascolto, con umiltà ed entusiasmo,
con discrezione, signorilità e pazienza. Questo si tradusse in lunghi colloqui con
teologi ed esperti della missione, nel desiderio di approfondire le motivazioni che
ispiravano la rinnovata stagione missionaria e di coglierne i fermenti più genuini; si
tradusse anche in un'attenta partecipazione a frequenti incontri di studio, a numerose
riunioni di programmazione promosse dalla stessa Commissione Episcopale, dal
Consiglio Missionario Nazionale e dai vari Organismi missionari che andavano
sorgendo.
È da questo ricco confronto che sono nate le linee operative divenute poi scelte
che la Commissione Episcopale e il suo presidente Mons. Maggioni hanno poi
cercato di concretizzare.
Tra le numerose iniziative che hanno caratterizzato il duplice mandato di
Presidente ve ne sono alcune che evidenziano in modo chiaro l'apporto dato da Mons.
Maggioni alla maturazione missionaria della Chiesa italiana.
Tra le più significative è senza dubbio la costituzione dell'Ufficio Nazionale
per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese. Se la Conferenza Episcopale Italiana
vi provvide nel 1978 il merito è da ascriversi principalmente all'azione convincente di
Mons. Maggioni, il quale si impegnò in prima persona non solo a sostenerne
l'opportunità, ma anche a offrire garanzie per il suo funzionamento. Il significato
pastorale di questa scelta apparve subito evidente: un Ufficio alla CEI che si
occupasse della Cooperazione missionaria evidenziava la volontà dell'Episcopato, e
con esso delle singole Chiese locali, di responsabilizzarsi direttamente nell'impegno
missionario.
Era una risposta alle indicazioni che il Concilio aveva ripetutamente dato e che
sollecitavano la Chiesa locale a superare definitivamente una mentalità e una prassi di
delega che per lungo tempo ne aveva caratterizzato l'atteggiamento nei riguardi del
compito dell'evangelizzazione universale.
Costituendo un Ufficio missionario alle sue dirette dipendenze la CEI si
coinvolgeva consapevolmente in un settore che considerava suo a tutti gli effetti, alla
pari degli altri settori pastorali.
Anche in questo modo la Chiesa italiana esprimeva il suo "soggetto di
missione", così come la spinta conciliare esigeva. Ma divenire "soggetto di missione"
richiede ad una Chiesa locale di farsi responsabile della pastorale missionaria,
proporre, cioè, linee e criteri per la formazione della coscienza missionaria del popolo
di Dio, individuare orientamenti idonei ad educare mentalità, far sì che l'impegno
missionario sia inserito nella "ferialità" dell'azione pastorale e, di conseguenza, della
esperienza ecclesiale, senza demandarlo alla iniziativa o a gesti isolati di alcuni
generosi.
La risposta a queste esigenze venne dal documento "L'impegno missionario
della Chiesa italiana", pubblicato nel 1982 dalla Commissione Episcopale per la
Cooperazione tra le Chiese. Preparato con il contributo di tutte le forze missionarie,
fu presentato da Mons. Maggioni, nella sua veste di Presidente, al Consiglio
Permanente della CEI, ricevendone i più ampi consensi. L'approvazione di questo
importante organismo della CEI conferì al documento una evidente autorevolezza,
tanto che non è esagerato affermare che esso costituisce finora il più impegnativo ed
articolato pronunciamento dell'Episcopato Italiano sulla cooperazione missionaria.
È forse prematuro valutare ciò che questo documento ha significato per il
rilancio e lo sviluppo dell'impegno missionario della Chiesa italiana; tuttavia rimane
indubbiamente un punto di riferimento fondamentale, sia per i suoi contenuti
teologici che per le indicazioni pastorali. È partendo da questo documento che la
Commissione Episcopale avviava una serie di verifiche, la prima delle quali
riguardava l'esperienza dei sacerdoti "fidei donum". Si era nel 1982 e ricorreva il
XXV anniversario della pubblicazione dell'Enciclica di Pio XII "Fidei donum",
un'Enciclica che aveva segnato una spinta decisiva per l'impegno diretto in missione
dei sacerdoti diocesani. La risposta del clero italiano era stata davvero rilevante, tanto
che più di mille preti erano partiti per l'Africa e l'America Latina, prima
prevalentemente a titolo personale, ma in seguito con un coinvolgimento sempre più
stretto alle loro Diocesi.
Dopo venticinque anni la Commissione Episcopale avvertì l'utilità di fare una
valutazione di questa esperienza, per registrare positività e limiti, per scoprirne le
note più caratteristiche, nell'intento non di consegnarla agli archivi, ma di
rivitalizzarla e consolidarla ulteriormente. Fu una verifica non fatta a tavolino, ma
interpellando tutti i protagonisti: dagli stessi sacerdoti in azione a quelli rientrati; dai
Vescovi italiani a quelli africani e latino americani; dai responsabili diocesani agli
Istituti missionari.
Ne emerse una ricchissima raccolta di dati che furono consegnati alla
Commissione Episcopale successiva (nel frattempo Mons. Maggioni aveva concluso
il suo duplice mandato presidenziale e non poteva essere rieletto) che li ordinò in una
Nota Pastorale.
Ma la Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese non si limitò
a prendere in considerazione i sacerdoti "fidei donum"; rivolse la sua attenzione
anche a tutte le altre forze missionarie, considerate a pieno titolo come "espressioni"
di missionarietà della Chiesa italiana. Si intensificarono così gli incontri con gli
Istituti missionari o aventi missioni, con Organismi del Volontariato Cristiano
Internazionale e con i missionari: era il segno di un recuperato rapporto con gli
"inviati", a dimostrazione che la Chiesa italiana andava riappropriandosi di una
sollecitudine che non poteva disattendere. Molto incisive si dimostrarono al riguardo
le visite sul posto: Mons. Maggioni ne fece numerose, sobbarcandosi fatiche non
indifferenti, mostrandosi attento ai problemi delle persone, desideroso di conoscere
situazioni spesso complesse e delicate, confrontando e incoraggiando tutti, senza far
mancare generosi gesti di solidarietà.
In sei anni di presidenza della Commissione Episcopale per la Cooperazione
tra le Chiese, Mons. Maggioni ha speso tempo, energie, intelligenza e passione per
questi ideali ecclesiali.
Missione ambrosiana
È
difficile numerare quante volte Mons. Maggioni è stato in visita alla missione
ambrosiana in Africa. Fondata dal card. Giovanni Battista Montini nel 1962 a
Kariba dove migliaia di operai, italiani e africani, si trovavano per la
costruzione della grande diga. Il Card. Giovanni Colombo ne continuò l'opera
dandole forte sviluppo in Zambia; la curò personalmente e quando l'aumento
d'impegno divenne troppo gravoso chiese la collaborazione di Mons. Maggioni.
Le due piccole cattedrali di Kafue Estate e Kafue Town portano la sua firma.
Le ha volute, le ha seguite passo passo nel loro difficile crescere e in esse ha
celebrato pontificali solenni e gioiosi. Tutto suo è poi l'ampio ed elegante convento
delle Suore a Kafue Estate, progettato e finanziato dai suoi amici della famiglia
Caiani ed inaugurato il 25 luglio 1976. Preoccupato dello sviluppo completo
dell'uomo africano, Mons. Maggioni favorì varie iniziative nel campo sociale. Diede
il suo impulso alla scuola agraria che sorge lungo le sponde del fiume Zambesi,
curando la scelta dei volontari italiani, l'invio di attrezzature agricole e seguendo tutti
i problemi inerenti. Pure l'Ospedale Mtendere di Chirundu ebbe modo di godere delle
sue attenzioni, che portarono all'ampliamento della pediatria, alla costruzione del
padiglione dell'isolamento, e al rinnovamento della sala-parto. Purtroppo la guerra
rodesiana distrusse parte di questa opera in un bombardamento. Ma anche nella sua
paziente opera di ricostruzione vide l'operosità di Mons. Maggioni.
Nella zona industriale di Kafue pensò un modo originario di favorire lo
sviluppo: procurare borse di studio per 18 giovani Zambiani per specializzarsi nel
campo della tessitura, della meccanica ed elettrotecnica. Fu una grande avventura che
coinvolse l'alta finanza milanese, il Collegio De Filippi di Arona, Diocesi e governo
zambiano. Per due anni si formò una famiglia africana di 18 figli con monsignore a
fare da papà e da mamma per loro.
Vescovo di Alessandria
Il primo messaggio alla Diocesi
"L
a Grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia
con tutti voi".
Diletti figli della Chiesa di Alessandria, vi saluto con le parole augurali che
danno inizio alla celebrazione della S. Messa e che, d'ora innanzi vi rinnoverò ogni
giorno con l'affetto di fratello, di pastore, di padre.
Porgo il mio rispettoso saluto a voi che, posti in autorità, avete il compito di
reggere la società civile; vi offro la mia piena disponibilità a cooperare in tutto ciò
che è richiesto dal bene del popolo.
Un particolare saluto porgo a voi carissimi sacerdoti, che nell'unità del
presbiterio siete chiamati a condividere con me le gioie, le ansie, le fatiche del
medesimo servizio pastorale. Un saluto paterno ai religiosi e alle suore, che per la
consacrazione a Dio e al bene dei fratelli, sono validi forze nella Chiesa e continuo
richiamo al mondo delle realtà future; ai membri di Azione Cattolica o di altre
Associazioni e Movimenti, generosamente impegnati nei vari campi dell'apostolato
laicale.
È ancora viva in me l'emozione suscitata nel mio spirito dall'annuncio che il S.
Padre Giovanni Paolo II mi nomina vostro Vescovo. Mi sembra di essere come il
viandante che, vede pararsi dinanzi lo spettacolo di una terra feconda, di una città
forte, di un popolo operoso, e sente una voce che viene dall'alto: "Guarda a questa
terra che oggi è tua patria, entra in città e fa parte del suo popolo, nella cui vita e
storia sei coinvolto. in esso sii segno di Dio e presenza operante di Gesù Cristo
Signore".
Colpito da profondo stupore, mi trovo immerso nel mistero divino.
Penso alla nobiltà della Diocesi di Alessandria, alle singolari vicende storiche
che la legano alla sede di Pietro, al solido patrimonio di fede che si è andato
formando nel corso dei secoli. Una forza irresistibile mi porta a congiungermi a Dio
nell'orazione. Dalla preghiera liturgica, che oggi la Chiesa ci propone, mi viene, come
frutto delizioso, luce, conforto, serenità.
Ne voglio far parte a voi per dare inizio a quella comunione di vita che ci unirà
sempre più in Cristo Signore.
Nella odierna celebrazione di lodi si eleva un cantico profetico a Gesù Buon
Pastore: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge, con il suo braccio lo raduna,
porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri" (Is 40,11).
Il Salvatore così ama presentarsi: "Io sono il Buon Pastore, conosco le mie
pecorelle ed esse conoscono me". È una conoscenza affettuosa e premurosa. Anch'io
desidero incontrarmi con voi, desidero conoscervi personalmente, per amarvi con la
tenerezza della carità di Cristo.
A rendere ardente questo desiderio c'è stato il felice incontro di dieci giorni fa
con S. E. Mons. Giuseppe Almici, con il quale, agli antichi vincoli di amicizia, ora si
aggiungono quelli di ammirazione e riconoscenza per il generoso ministero pastorale
da lui svolto in questi anni tra voi. Egli, appena saputa la mia designazione a suo
successore, prima ancora che io ricevessi la lettera di nomina, con un gesto di fine
delicatezza che non potrò mai dimenticare, è venuto a trovarmi e mi ha parlato con
affettuosi accenni della Diocesi di Alessandria e dei suoi amati figli. Le parole che
uscivano dal suo cuore hanno trovato calda accoglienza nel mio cuore e lo hanno
dilatato per renderlo capace di raggiungere tutti voi, piccoli e grandi, deboli e forti,
vicini e lontani, nell'unificante amore di Cristo.
Ho vivo desiderio di incontrarmi con voi per ascoltarvi e parlarvi. Gesù, buon
Pastore, parla alle sue pecore ed esse ascoltano la sua voce. Vengo a voi per parlarvi
di Dio e per annunziarvi il Vangelo della nostra salvezza. Mi sorregge una grande
certezza: "Così dice il Signore: come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi
ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme al seminatore e il pane da mangiare, così sarà della parola uscita
dalla mia bocca: non ritornerà a me senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is
55,10).
Pongo la mia fiducia specialmente in voi, o giovani, che nella primavera della
vita sapete aprire generosamente il vostro spirito a Dio per scoprire alla sua luce la
sublimità del progetto divino sull'uomo e per partecipare alla sua realizzazione in
comunione ecclesiale con i fratelli. È splendido e affascinante l'ideale di vita a cui
Dio vi chiama, e a voi è accetto per il forte impegno che vi richiede.
E a voi Figli cari, che soffrite per le malattie che colpiscono le nostre fragili
membra, a voi che siete provati da lutto o da dolori morali che colmano di amarezza i
vostri giorni, a voi che gemete per le ingiustizie umane o per l'emarginazione sociale,
a voi che, sentendo il peso di un errore o di un peccato, desiderate il perdono, a voi
Dio mi manda messaggero di speranza, di conforto, di pace. Ho meditato e fatte mie
le parole del Salvatore, che oggi ci sono proposte nel brano di Vangelo della S.
Messa: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete
il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,28)
È stupenda la figura di Gesù buon Pastore, mite e umile di cuore, che raduna
attorno a sé il suo gregge, lo guida al pascolo, porta gli agnellini sul petto e conduce
pian piano le pecore madri. Condivide le sofferenze umane, apre il suo cuore agli
afflitti, agli emarginati, ai peccatori e dona loro speranza e conforto. Vive a servizio
delle sue pecorelle e per esse offre se stesso sulla croce, perché abbiano la vita e
abbondanza di vita.
Fratelli e figli dilettissimi: il Signore mi invia tra voi come pastore; aiutatemi
ad essere buon Pastore a somiglianza di Gesù. Come lui offro la mia vita per voi:
pregate perché la mia offerta sia degna e accolta da Dio con bontà. So che il mio
ministero è sublime, ma difficile. Confido nel Signore, che invoco con le parole
dell'odierna liturgia: "Signore, speriamo in te (1 lettura). Tu sei il mio rifugio e il mio
scudo" (Ora Media. Sal 118, 133).
Aiutatemi anche voi con le orazioni che elevate a Dio, con i consigli che
accoglierò da voi come dono prezioso, con la collaborazione che vorrete
benevolmente prestarmi, con la bontà del vostro cuore che troverà risonanza nel mio
cuore. Lasciate che vi abbracci tutti nel Signore, uno ad uno.
Dio onnipotente che ha dato inizio a questo cammino di comunione ecclesiale,
ci accompagni con la sua grazia e lo fecondi di lieti frutti.
Entrata in Diocesi
I
l 17 luglio 1980 il S. Padre lo nomina Vescovo di Alessandria. Il 4 ottobre prende
possesso della Diocesi.
Piazza della Cattedrale si apre nel pomeriggio all'abbraccio del Pastore con il
suo popolo. Mons. Maggioni giunge accompagnato da Mons. Carlo Maria Martini,
Arcivescovo di Milano, mentre si fanno incontro i Vescovi Carlo Colombo, Mons.
Libero Tresoldi e Mons. Enrico Manfredini di Piacenza.
Dal palco eretto nelle immediate vicinanze della Cattedrale Mons. Capra legge
la bolla pontificia di nomina, poi prende la parola l'Arcivescovo di Milano che pare
quasi dialogare con la folla.
L'augurio di S.E.R. Card. Carlo Maria Martini
Carissimi amici di Alessandria, fratelli e sorelle nel Signore, circa otto mesi fa
facevo il mio ingresso a Milano, come nuovo Arcivescovo, in una giornata di festa
come oggi voi vivete. Mi stava vicino, fedelissimo collaboratore, amico, S.
Eccellenza Mons. Ferdinando Maggioni, e da allora, giorno dopo giorno, ho imparato
a conoscerlo nella sua competenza, nella sua bontà, nel suo profondo senso di
responsabilità, nel suo spirito di cortesia e di amicizia: un vero tesoro. E non avrei
certo pensato che a così breve distanza di tempo, sarebbe toccato a me presentare
questo tesoro alla Chiesa di Alessandria. Un tesoro si presenta, naturalmente, con un
certo rammarico perché è qualcosa di cui noi ci priviamo, qualcosa di cui ci sembra
che non possiamo farne a meno.
Però insieme vedendovi qui questa sera radunati con tanta buona volontà,
spirito d'accoglienza e tanta gioia, anch'io mi sento preso da questa gioia perché
davvero posso presentarvi un pastore buono; ecco la parola che mi è venuta
spontaneamente in mente pensando alla presentazione di Mons. Ferdinando
Maggioni: ecco, un pastore buono. Ecco un pastore prima di tutto, un pastore così
come la Bibbia ce lo descrive, così come Gesù nel Vangelo secondo San Giovanni ha
parlato di sé come pastore: un pastore che precede il suo gregge, un pastore che
conosce la voce di ciascuno, un pastore che si preoccupa di ciascuna delle pecore, un
pastore capace di portare il suo gregge verso i pascoli della vita, della parola di Dio,
del Vangelo, della pienezza della Rivelazione.
Mons. Maggioni ha esercitato già questo ufficio di pastore, ha vissuto
l'esperienza del contatto diretto con tante anime, tanti amici qui presenti lo
testimoniano, ha potuto sperimentare se stesso come capace di condurre verso i
pascoli di Dio un gregge vasto, un gregge volenteroso, un gregge pieno di volontà di
camminare, come quello che io vedo ora qui davanti a me; un pastore secondo il
cuore di Dio, competente, conoscitore della dottrina salvifica, profondamente legato
al Sommo Pontefice, strettamente unito a tutta la Chiesa universale per la quale egli si
è prodigato allargando il suo interesse anche al di là delle Chiese locali, verso le
Chiese missionarie, la cooperazione delle Chiese, un pastore quindi dal cuore davvero
grande come il mondo. Un pastore non solo competente, dal cuore grande, capace,
profondamente responsabile in ogni cosa che egli intraprende, fedele fino in fondo,
perseverante nell'azione; così io l'ho conosciuto a Milano, ma soprattutto un pastore
buono. La bontà che traspare fin dal primo incontro con lui, il suo sorriso, la sua
capacità di accoglienza, la sua cortesia squisita, signorile, la sua grande aperta
ospitalità non deludono mai; fin dal primo momento in cui lo si incontra, si cresce
spontaneamente nell'amicizia, nella semplicità, attraverso il sorriso, la gioia che egli
sa diffondere, attraverso l'ottimismo che gli è come innato perché ha visto esperienze
di Chiese diverse, importanti, difficili, ha imparato come in tutte queste esperienze di
Chiesa sempre trionfa lo Spirito di Dio.
Ed è ricco di questa fiducia nello Spirito, di questo ottimismo, di questo
coraggio, che io ve lo presento oggi, Chiesa di Alessandria, lieto con voi che egli sia
il vostro pastore, il pastore buono, certo che voi lo ascolterete e lo amerete come lo
abbiamo amato noi a Milano e così come noi tanto lo rimpiangiamo e sentiamo la
nostalgia di lui, voi sentirete di lui la gioia, l'affetto, la presenza, la fraternità.
Io davvero ringrazio Dio con voi per il dono che questa Diocesi piemontese, il
Piemonte a cui sono legato, riceve, e ringrazio anche voi perché vedo che fin
dall'inizio, fin dal primo momento, lo accogliete con quell'amore, con quella
fraternità, con quello spirito di ospitalità che distingue questa città di Alessandria e
che farà sì che egli potrà percorrere il suo cammino in mezzo a voi con grande
serenità e con grande gioia diffondendo ovunque la pace e la gioia del Signore Gesù.
Omelia di Mons. Maggioni
E
ccellenze, cari sacerdoti, diletti figli della Chiesa di Alessandria e voi tutti qui
riuniti nella carità di Cristo, la liturgia eucaristica che celebriamo, elevando a
preghiera i motivi che guidano la nostra giornata, ha preso inizio con questa
orazione: "O Padre, che nelle singole Chiese pellegrine sulla terra manifesti la tua
Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, concedi a questa tua famiglia raccolta
attorno al suo pastore, di crescere mediante l'Eucaristia e il Vangelo, nell'unità dello
Spirito Santo, per divenire immagine autentica dell'assemblea universale del tuo
popolo e strumento della presenza di Cristo nel mondo".
Il mistero dell'unica Chiesa universale che vive nelle singole Chiese particolari
ci fa sentire e gustare la presenza di Cristo Signore tra noi; e lo scoprire come
l'incontro della Chiesa di Alessandria con il nuovo pastore è un frammento che fa
parte del disegno divino arcano e stupendo della salvezza dell'uomo, diventa forza
dinamica di crescita spirituale. Il susseguirsi di eventi e il succedersi di persone non
fanno che dare maggiore risalto nel contrasto di luci ed ombre alla continuità di una
Chiesa che vive nel dinamismo della sua storia.
In questa cornice pensiamo ai grandi valori che hanno ormai formato una
solida tradizione alessandrina; pensiamo ai Santi che, come astri lucenti,
accompagnano il corso della sua storia: fra di loro ricordiamo il Vescovo patrono S.
Baudolino, S. Bruno di Solero, S. Ugo Canefri, ed in modo speciale S. Pio V, il
grande pontefice della devozione alla Madonna del S. Rosario di cui oggi ricorre
l'annua celebrazione. Questi santi e con loro i Servi di Dio vissuti in tempi recenti:
prof. Francesco Faà di Bruno, Madre Teresa Michel e Madre Caterina Beltrami, ci
siano oggi vicini e ottengano che la nostra Diocesi continui ad esprimere fecondi
frutti di fervente vita cristiana.
Nella ricchezza di questo patrimonio della Chiesa alessandrina si inserisce
l'odierno incontro, voluto dal Signore come principio di una nuova tappa: fra noi è
cominciato un dialogo e un cammino che svolgeremo assieme, perché "siano un solo
corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati,
quella della nostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo ...
anche se a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo"
(Ef 4, 4-7). Un dialogo ed un cammino che già ora suscitano molteplici riflessioni,
sollecitano vive istanze, provocano vaste problematiche, attendono il confronto di
certezze che sostengano e di speranze che confortino. Le tre letture bibliche che
abbiamo sentito proclamare ne esprimono contenuti e modalità. Meriterebbero una
meditazione attenta e approfondita. So che nei giorni scorsi voi l'avete fatto nelle
vostre parrocchie. Anch'io vi ho offerto le mie considerazioni in un messaggio che
già è nelle vostre mani: mi limito perciò a riprenderne alcune di particolare rilevanza.
La lettura di Isaia ha per argomento la Parola di Dio, che è il primo oggetto del
nostro dialogo, e ne esalta la profondità. Noi ci incontreremo per ascoltare ed
accogliere la parola di Dio, per renderla realtà vissuta nelle coordinate concrete dei
nostri giorni, dei nostri anni, nel groviglio delle vicende della nostra storia. La
leggeremo con fiducia. Dice Isaia: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e
non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta
germogliare, perché dia il seme al seminatore e il pane da mangiare, così sarà della
parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò
che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10). Il simbolo
pittoresco che il profeta desume dall'orizzonte palestinese sempre assolato ed assetato
esprime vivacemente la forza fecondatrice e l'efficacia della parola di Dio. Essa
penetra e irrora la nostra aridità (Eb 4,12).
Come Paolo "io vengo in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e
trepidazione, ma la mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi
di sapienza, bensì sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza" (1Cor 2,3).
È una fiducia che ho voluto esprimere anche nel motto del mio stemma "La mia forza
è il Signore".
C'è però un altro sostegno a questa fiducia ed è legato alla disponibilità della
vostra accoglienza. Come i cristiani di Tessalonica, voi "riceverete da noi la parola
divina della predicazione accogliendola non quale parola di uomini ma, come è
veramente, quale parola di Dio che opera in voi che credete" (1Tes 2,13).
La seconda lettura descrive la vita dei primi cristiani di Gerusalemme: "erano
assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella
frazione del pane e nelle preghiere ... Ogni giorno tutti insieme frequentavano il
tempio lodando Dio" (At 2, 42). La Gerusalemme, madre della comunità cristiana,
costruita attorno alla croce di Cristo è tratteggiata da Luca come una città basata su
quattro strutture portanti: la catechesi, la fraternità, l'Eucaristia, la preghiera. Questo
profilo della comunità pasquale di Gerusalemme e di ogni altra comunità in cui si è
"un cuor solo ed una anima sola", ha nella preghiera e nella frazione del pane la sua
nervatura.
Anche voi, figli carissimi di questa Chiesa alessandrina, ad imitazione dei
cristiani di Gerusalemme vi siete oggi stretti attorno al vostro Vescovo, successore
degli apostoli, nella preghiera e nella frazione eucaristica del pane. Ve ne sono grato
perché il celebrare insieme con voi i divini misteri diffonde nel cuore una ineffabile
gioia e dona alla nostra comunità diocesana la dimensione di religiosa nobiltà e di
fraterna comunione che è frutto dello Spirito Santo operante nella Chiesa di Dio.
Insieme ringrazio Mons. Carlo Maria Martini che oggi con tanta bontà è venuto
da Milano per presentarmi a voi; ringrazio i suoi Vescovi ausiliari e gli amici della
Chiesa milanese che hanno voluto unirsi a voi in questa comune preghiera a Dio.
Ringrazio Mons. Giuseppe Almici, perché accogliendo un mio devoto invito, ieri si è
trovato a Betania a concelebrare con me e con un gruppo di sacerdoti: a lui
rinnoviamo l'espressione della nostra riconoscenza per il grande bene operato con
indefesso zelo durante i quindici anni di ministero episcopale in Alessandria.
Come la mia prima giornata con la comunità diocesana ha preso avvio
pregando questa mattina con le suore del Carmelo, associato al loro coro ininterrotto
che come respiro sale a Dio, così verrò a pregare con voi nelle vostre chiese. Come
poi in questa stessa mattina ho cominciato il mio ministero pregando con le ospiti
dell'Istituto della Divina Provvidenza, espressione della preghiera impreziosita ed
esaltata dalla sofferenza, così verrò a pregare nelle vostre chiese domestiche, cioè
nell'intimità delle vostre famiglie, proprio perché salga a Dio tutto il travaglio e la
gioia dell'esistenza quotidiana. Dobbiamo infatti "offrire i nostri corpi come sacrificio
vivente, santo, gradito a Dio: questo è il culto spirituale" (Rm 12,1).
La famiglia che ha, secondo l'espressione coniata dal Concilio Vaticano II "i
primi araldi della fede" nei genitori, deve continuare ad essere e a manifestarsi come
luogo di culto e di amore. Questo è particolarmente rilevante proprio mentre la
Chiesa universale, attraverso il Sinodo dei Vescovi riunito a Roma, fa della famiglia
oggetto di studio pastorale. In consonanza alla ricerca che i rappresentanti di tutte le
conferenze episcopali sparse nel mondo stanno conducendo, vorrei affidare al
consiglio presbiterale ed al consiglio pastorale della diocesi l'impegno di suggerire a
me e alle comunità cristiane modalità concrete e valide per dare sviluppo alla
preghiera in famiglia, identificando anche gli strumenti e i sussidi che aiutino
l'attuazione del programma di rinascita della "chiesa domestica".
Infine ci piace rilevare che nella cornice della preghiera nella comunità
cristiana di Gerusalemme domina al centro Maria SS. ritratta come l'emblema
dell'intera chiesa orante. Qui ad Alessandria, ove la Madonna della Salve è venerata
come patrona e celebrata con devota solennità, uniamo la nostra preghiera a quella di
Maria, che "serbava il mistero di Dio meditandolo nel suo cuore" (Lc 2,19).
La terza lettura si riferisce a Cristo buon pastore, divino modello del mio
servizio pastorale. Come già vi ho scritto nel giorno della mia nomina a vostro
Vescovo "è stupenda la figura, già profeticamente tratteggiata da Isaia, di Gesù buon
pastore, mite e umile di cuore, che raduna attorno a sé il suo gregge, lo guida al
pascolo, porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri. Condivide
le sofferenze umane, apre il suo cuore agli afflitti, agli emarginati, ai peccatori e dona
loro speranza e conforto. Vive a servizio delle sue pecorelle e per esse offre se stesso
sulla croce perché abbiano la vita e abbondanza di vita.
Fratelli e figli dilettissimi, il Signore mi invia tra voi come Pastore; aiutatemi
ad essere buon pastore a somiglianza di Gesù. Come lui, offro la mia vita per voi;
pregate che la mia offerta sia degna e accolta da Dio con bontà. Aiutatemi anche voi
con le orazioni che elevate a Dio, con i consigli che accoglierò da voi come dono
prezioso, con la collaborazione che vorrete benevolmente prestarmi, con la bontà del
vostro cuore che troverà risonanza nel mio cuore.
Dieci anni in Alessandria
I
dieci anni in Diocesi di Mons. Maggioni sono stati caratterizzati da una
ricchezza di iniziative e di manifestazioni, ma ancor più da una continua presenza
e sollecitazione per la Chiesa a lui affidata. Non possiamo che ripercorrere questi
suoi tratti in alcune scelte fondamentali che ha posto per la sua Diocesi.
Il magistero
Il magistero di Mons. Maggioni nella Chiesa alessandrina ha ripreso e
rinnovato la tradizione delle lettere pastorali che raggiungono in contemporanea tutta
la comunità diocesana facendo presente il Vescovo in uno dei suoi compiti più
delicati e importanti.
Possiamo rileggere insieme i titoli di questo magistero: "La dimensione
comunitaria della fede" (marzo 1981). Il Vescovo apriva il suo animo ai figli della
Chiesa alessandrina con questi pensieri: "Cinque mesi sono trascorsi ormai dal giorno
in cui, in una festa di fede e di simpatia, la Chiesa alessandrina mi si è stretta attorno
per accogliermi come pastore. I giorni, che sono seguiti a quello, hanno moltiplicato
le occasioni perché sempre più fortemente si stringessero i legami che uniscono il
Vescovo con i suoi fedeli in un'unica grande famiglia ...".
In onda con il programma della Conferenza Episcopale italiana ed il Congresso
Eucaristico nazionale il Pastore invita i fedeli a riflettere sul tema "Eucaristia e
Comunità Cristiana". È la quaresima del 1982. La lettera si presenta con un titolo
significativo: "Un Pane, un cuore, un'anima".
Nel 1983 la Chiesa aprirà il 25 marzo il Giubileo della Redenzione voluto dal
Papa nel 1950° anniversario della morte del Signore. La caratteristica di questo
Giubileo è la contemporanea celebrazione a Roma ed in tutte le Diocesi del mondo
dell'invito alla penitenza e alla riconciliazione. Ecco allora la lettera pastorale:
"Lasciatevi riconciliare con Dio...".
La Conferenza Episcopale Piemontese è preoccupata della catechesi ai giovani.
Si offre allora un documento comune nel 1984: "L'iniziazione cristiana dall'infanzia
alla fanciullezza fino alla maturità della vita cristiana nell'età giovanile".
La Chiesa locale intanto prepara la grande missione cittadina. Sono allo studio
metodologie e ricerche per far giungere la Parola di Dio a tutta la città.
La Lettera Pastorale del 1985 affronta tre momenti fondamentali della
programmazione dell'anno: il convegno di Loreto, la missione cittadina e l'arrivo da
Roma, per la prima volta, delle spoglie sacre del Papa alessandrino S. Pio V.
Vocazioni
Il pensiero del Vescovo è rivolto soprattutto al seminario, un luogo vuoto e di
costosa manutenzione: "Nel mio servizio pastorale mi sento particolarmente vicino a
voi sacerdoti ... La letizia per la vostra collaborazione è tuttavia velata dal dolore per
la presente povertà di vocazioni sacerdotali. Rivolgo un caldo appello ai genitori ed
educatori perché non offuschino la voce di Dio presente in qualche loro figlio, ma lo
aiutino ad imbarcarsi verso quella meravigliosa avventura con Dio che è la
vocazione". Mons. Vescovo fa appello ai giovani: "... non respingete il primo rischio
verso l'ignoto che è alla base di ogni vocazione apostolica ...; l'esperienza che segue è
affascinante e cancella le notti oscure che si devono attraversare".
Le direttive del Vescovo portano a due filoni di intervento: il primo nel campo
della preghiera: "pregate il padrone della messe ...". Nasce una grande raccolta di
preghiere per ogni ora del giorno e della notte durante tutto l'anno vocazionale. Le
Zone pastorali del centro organizzano mesi di preghiera; tutta la Chiesa alessandrina,
nei periodi liturgici dell'Avvento e della Quaresima è chiamata a rinnovare la
richiesta di vocazioni al Signore.
Un secondo filone di intervento porta a scelte organizzative: campi
vocazionali, laici e sacerdoti incaricati della pastorale vocazionale, contatti e colloqui
personali, incontri in seminario dei possibili candidati, forte coinvolgenza del clero
nell'azione vocazionale nelle proprie comunità parrocchiali.
Zone pastorali
Recita la Gaudium et Spes al n. 44: "La Chiesa, avendo una struttura sociale
visibile che è appunto segno della sua unità con Cristo, può far tesoro e lo fa, dello
sviluppo della vita sociale umana, non quasi le manchi qualcosa nella costituzione
datale da Cristo, ma per conoscere questa più profondamente per meglio esprimerla e
per adattarla con pieno successo ai nostri tempi".
La preoccupazione di Mons. Maggioni in questo ambito si è espressa aprendo
le Parrocchie ad un respiro più ampio: quello della Zona pastorale. Cura un profondo
studio di conoscenza per poter ridefinire le Zone pastorali della Diocesi seguendo e
attuando le indicazioni del Nuovo Codice di Diritto Canonico sui Vicari Foranei cui
viene affidata una vera sollecitudine apostolica.
Le strutture e le attività di una Zona diventano i veri strumenti di vita pastorale
di insieme. L'incaricato di Zona o Vicario foraneo, diventa un animatore della vita
spirituale fraterna del presbiterio, coordinatore della pastorale con lo studio dei
problemi della zona; punto di incontro, strumento di mediazione, per una Chiesa tutta
ministeriale, servizio, dono gratuito dello Spirito.
Le indicazioni pastorali di Mons. Maggioni diventano così un cammino per il
suo presbiterio e per la porzione di popolo di Dio affidato alle sue cure.
La consulta dei laici
Tra le realizzazioni significative di Mons. Maggioni nella Diocesi c'è anche
quello di aver dato rilievo alla Consulta diocesana dei Laici voluta come organismo
di coordinamento e di autenticità cristiana.
"Gli equivoci sul Concilio avevano portato il disimpegno associativo, lo
screditamento delle associazioni più benemerite, il disprezzo dell'adesione più
impegnata e tesserata, la proliferazione di neo-formazioni alternative. Non era
propriamente il pluralismo conciliare, perché nel golfo mistico della Chiesa non si
faceva concerto, ma ciascuno col proprio strumento si riteneva un solista o, come
l'usignolo d'annunziano, si inebriava del proprio canto".
In questo quadro l'azione di Mons. Maggioni fu estremamente lucida e
repentina affidando alla Consulta il compito di favorire la conoscenza, la stima,
l'integrazione e la collaborazione tra le varie aggregazioni per far sì che insieme si
potesse costruire un vero cammino di Chiesa locale. Disegnata la presidenza, le varie
Aggregazioni vennero raggruppate in otto settori secondo un criterio di omogenea
azione: vita apostolica; preghiera e spiritualità; carità, assistenza e volontariato;
cultura; ragazzi e giovani; scuola; famiglia; lavoro. Il tutto poi fu posto sotto la guida
di un Vicario Episcopale per il Laicato.
Caritas
Una particolare attenzione Mons. Maggioni la riserva anche per la Caritas
diocesana; modifica lo statuto per dar modo a questo organismo di essere più agile,
più lineare nelle proprie iniziative e, coordinandosi con le altre associazioni
caritative, di manifestare il proprio modo di lavoro, le proprie finalità ed intenti. "Si
può dire che ha dato alla Caritas un profondo intento pedagogico pensato come
metodologia di azione che porta la comunità cristiana ed ogni individuo a prendere
coscienza delle situazioni di bisogno, sapendo leggerne le cause ed individuare le
responsabilità per favorire risposte adeguate ed impegnative".
Fa nascere un "Centro di accoglienza" dove persone che hanno particolari
problemi e grosse difficoltà possono essere accolti ed aiutati. Apre, infine, il sostegno
della Chiesa alessandrina alle varie situazioni di emergenza del mondo; segue da
vicino il mondo del volontariato, dell'obiezione di coscienza e del servizio civile.
Anche in questo ambito emerge la grande sensibilità e generosità di Mons.
Magioni, coniugate con una profonda intelligenza nel saper individuare i problemi e
le istanze che il mondo, soprattutto alessandrino, di volta in volta propone. Con
dibattiti, tavole rotonde e seminari promuove la cultura della solidarietà e della
gratuità.
Scuola media S. Pio V
Uno sguardo particolare merita la fondazione della Scuola Media Cattolica S.
Pio V che Mons. Maggioni considerava come "la sua pupilla". Con la sua
preparazione e attenzione data da sempre alla scuola e alla formazione dei ragazzi e
dei giovani non poteva non pensare anche a questa struttura. Il progetto gli nasce,
probabilmente, in un incontro con i genitori, le allieve e tutto il personale docente
della Scuola media femminile S. Giovanni Bosco. Notando come in Diocesi fosse
mancante una struttura collaterale in campo maschile, ma pensando soprattutto alla
necessità di una formazione umana, culturale e spirituale dei ragazzi, inserisce nel
suo piano pastorale la creazione di una scuola media maschile.
Sostenuto ed aiutato anche da molti genitori coscienti del proprio ruolo di
educatori, Mons. Maggioni poté inaugurare nei primi mesi dell'anno scolastico 198182 la Scuola Media maschile "S. Pio V" legalmente riconosciuta con Decreto
ministeriale del 23.07.1984.
Secondo la volontà del suo fondatore questa scuola non vuole essere di
contrapposizione alle altre scuole medie statali ma propone un progetto educativo che
ha come finalità "lo sviluppo della personalità dell'alunno nella delicata stagione della
preadolescenza, quando si cominciano ad affrontare le prime scelte, a costruire le
prime critiche, a porre e a porsi i primi interrogativi". In questo progetto educativo
genitori ed insegnanti, scuola e famiglia sono uniti in una inscindibile collaborazione
per una crescita positiva e responsabile degli alunni. Mons. Maggioni è spesso
presente con i suoi illuminati ed illuminanti interventi accompagnando docenti e
genitori alla scoperta delle finalità dell'educazione cristiana dei figli.
Studio Interdiocesano di Teologia
La ripresa e la riapertura del Seminario diocesano e la nuova fondazione
dell'Istituto Interdiocesano di Teologia con sede presso il Seminario S. Chiara sono
realizzazioni che "si pongono giustamente tra le più significative, autentiche e
qualificate dell'opera pastorale" di Mons. Maggioni. La vita dello Studio teologico
con valenza interdiocesana diventa punto di riferimento per la vita pastorale di tutta la
Diocesi e luogo ove ogni credente può trovare le risposte alle sue domande sulla fede,
sui valori religiosi e sulla catechesi.
Mons. Maggioni nella sua qualità di Pastore della Chiesa alessandrina nel 1982
avvia questo progetto educativo ambizioso preoccupandosi grandemente che la
ripresa del senso religioso coincidesse con l'impegno di una qualificata formazione
del clero diocesano e interdiocesano. E sin dall'inizio ha "omologato" gli studi
teologici attraverso il riconoscimento ufficiale da parte della Facoltà Teologica
dell'Italia Settentrionale con sede a Milano.
Qualche anno dopo, sempre grazie all'instancabile interessamento e animazione
svolta dal Vescovo, si apre anche per il laicato uno strumento qualificato per lo studio
del problema religioso con l'apertura dell'Istituto di Scienze religiose in
collaborazione con l'Istituto Pastorale di Torino.
La missione Alessandrina
L'attività missionaria della Diocesi di Alessandria era nata negli anni 70
quando, dopo anni di servizio alla Chiesa di Valenza, don Ezio Vitale decideva di
partire per l'Africa. Una breve esperienza con altri confratelli, poi la sua missione, i
suoi villaggi, la sua parrocchia: Kathonzweni, un nome diventato familiare a tutta la
Diocesi alessandrina. La comunità locale aveva così l'occasione per compiere un
primo essenziale salto di qualità: non più soltanto rapporti mediati da Congregazioni
missionarie, ma un rapporto diretto, immediato, con un luogo e soprattutto con una
persona precisa.
Una seconda occasione per un altro salto di qualità era la nomina in
Alessandria di Mons.Maggioni. Aveva un passato di educatore di giovani, di rettore,
di collaborazione nel governo della Diocesi milanese, ma soprattutto aveva un'altra
nota nella sua biografia: quello di essere stato per tanti anni, e di continuare ad essere
al momento della nomina, il responsabile dei rapporti dei Vescovi italiani con i preti
diocesani partiti in missione. Tale incarico lo aveva portato spesso in visita ai territori
di missione: talvolta per prendere contato con i Vescovi locali per conoscerne i
bisogni e le attese; altre volte per studiare zone in cui avrebbero dovuto recarsi dei
preti italiani; altre volte ancora per visitare preti che da poco o da molto si trovavano
in missione, per presiedere incontri, giornate di studio e di riflessione. La presenza
rilevante di sacerdoti o religiose di origine milanese, la sviluppata cooperazione
missionaria della diocesi di Milano con altre Diocesi era stata un ulteriore motivo o
incentivo a viaggi missionari. Era pensabile che tale attenzione alla cooperazione
missionaria lo avrebbe accompagnato anche in Alessandria: le attività di questi anni,
il bilancio di tale settore prova che le previsioni non erano azzardate.
Gli anni di Mons. Maggioni hanno visto in Diocesi un nettissimo progresso
dello spirito e dell'attenzione alle missioni, su varie direzioni. Sono stati ristabiliti i
rapporti con i missionari e le missionarie originari di Alessandria, e legati a qualche
Congregazione religiosa: salesiani, PIME, cappuccini, missionari della Consolata,
presenti in Africa e in America del Sud; sono iniziati o hanno ripreso slancio
programmi concreti di collaborazione con varie zone, senza per questo abbandonare
la cooperazione missionaria più ampia legata alle varie attività di carattere nazionale;
il Centro missionario diocesano ha preso nuovi impulsi contribuendo fortemente
all'opera di sensibilizzazione.
Tutto questo ha finito anche per dare uno slancio nuovo anche all'opera di don
Ezio Vitale, che con i suoi rientri in Diocesi, rari ma preziosissimi, finiva con il
coinvolgere sempre più tutta la Diocesi, preti e laici, facendo crescere il gruppo
valenzano che ne seguiva le attività, anche con visite alla zona di Kathonzweni per
prendere sempre meglio coscienza dei bisogni e delle attese.
Un altro prete diocesano seguiva l'esempio di don Ezio. Dopo anni di servizio
in diverse parrocchie, anche don Sandrin partiva per l'Africa, e la sua strada, iniziata
altrove, finiva per condurlo a Kathonzweni, nella missione divenuta ormai quasi una
parrocchia alessandrina.
Nello stesso tempo maturava un nuovo progetto di sviluppo missionario. Fra le
opere che indicano agli alessandrini il cammino della carità, vi è la Piccola casa della
Divina Provvidenza, voluta da Madre Michel; un'opera che nacque nelle nostre terre,
ma si sviluppò immediatamente in altre terre, dove la presenza italiana era rilevante,
l'America del Sud. Case di riposo per anziani bisognosi, scuole di vario genere, case
di formazione e studentati per le nuove vocazioni: Brasile e Argentina conoscono
bene le opere di Madre Michel. L'attività missionaria della Congregazione non era
ancora giunta in Africa, ma forse i tempi erano maturi per quella scelta.
E così nel 1982, nel corso di un nuovo viaggio missionario, accompagnato
quasi ufficialmente da una piccola delegazione che comprendeva anche sacerdoti
alessandrini, il Vescovo visitava la missione di Kathonzweni, accolto dallo
straordinario entusiasmo delle popolazioni dei villaggi, e soprattutto dalla gioia
dirompente dei due missionari. Sul posto, si potevano anche studiare insieme le
prospettive dello sviluppo, i bisogni immediati: dispensario, scuole e pozzi. E un
bisogno anche più urgente e significativo: le suore. Nella missione era già stata
costruita la casa per loro, ma era ancora vuota. Don Vitale sognava da sempre quella
presenza, aveva chiesto a varie Congregazioni e aspettava il miracolo.
Il viaggio aveva anche un altro scopo: accompagnare le suore della Michel
nella nuova missione del Camerun: un primo nucleo che si poneva al servizio dei
bisognosi della zona, anche qui per costruire luoghi di cura e di assistenza, soprattutto
per handicappati, nello spirito migliore della Madre Michel. Da quel viaggio ancora
nuovi impulsi e nuove prospettive: prima di tutto per la stessa Congregazione della
Michel, che vedeva nascere contatti con l'organizzazione milanese voluta e animata
da quello straordinario apostolo dei nostri tempi che è stato Marcello Candia. Altre
suore della Congregazione iniziano la collaborazione con l'industriale, che "da ricco
che era, come ha scritto un suo biografo, era entrato a totale servizio dei poveri".
Quella collaborazione si sta sviluppando in Brasile: ancora un viaggio di Mons.
Maggioni per ufficializzare l'inizio dell'attività nel nord del Brasile delle suore della
Michel in collaborazione con l'opera di Candia. Le stesse suore intanto proseguivano
nella dilatazione del loro servizio e in India nascono le prime vocazioni.
Ogni giornata missionaria assume così un senso e direzioni nuove: le
parrocchie salesiane in Brasile, la missione in Colombia di padre Fratino, la scuola
per sordomuti di San Paolo, i cappuccini in Zaire, altre suore in Brasile, Libano,
Madagascar.
Lungo il cammino che apriva il cuore alla speranza, improvvisa la tragedia e la
sofferenza: da quella missione che sembrava il vero fiore della diocesi, con i suoi
numerosi villaggi, le scuole, i centri di assistenza giungeva la notizia drammatica
della pasqua 1985: don Ezio Vitale era morto. Tutto sembrava crollare; la Diocesi
aveva vissuto la settimana seguente, in attesa del rientro non di un prete vivo ed
entusiasta, che ci travolgeva con le sue attività, le sue iniziative e la sua fede
sconvolgente, ma del corpo esanime del missionario: l'attesa e la delusione, la fine
dell'avventura. Proprio la morte di don Ezio diventava il momento di un nuovo
slancio missionario: nel suo nome nasceva l'associazione che si impegnava a
sostenere la missione; sul suo esempio, quasi in un ideale passaggio di consegne, don
Gaetano sceglieva di andare a prendere quel posto lasciato vuoto. Il 7 aprile 1986,
primo anniversario della morte di don Ezio, a Valenza, il Vescovo consegna a don
Gaetano la croce del missionario.
Il posto non restava vuoto, e neppure la casa delle suore: a luglio si recano in
quella terra per un breve soggiorno esplorativo, sempre accompagnate dal Vescovo e
poi in modo stabile poco tempo più tardi.
Ultimi anni
A
lla Diocesi alessandrina vi rinuncia per limiti di età il 22 aprile 1989 e ritorna
come residente a San Giorgio al Palazzo.
Due avvenimenti caratterizzano la seconda parte del ministero parrocchiale di
Mons. Maggioni nel quinquennio 1989-1994: la celebrazione del Centenario
dell'ampliamento della Basilica eseguito negli anni 1889-1892 dall'architetto Alfonso
Parrocchetti e la valorizzazione della presenza in Basilica delle reliquie di S. Latina.
Per il centenario curò una serie di incontri liturgici e scientifici affidati ad
illustri studiosi quali mons. Dante Balboni, mons. G.F. Ravasi, mons. Pietro Zerbi,
arch. Mario Mirabella Roberti, dr. Sandrina Bistoletti-Bandera, arch. G.B.
Sannazzaro, prof. Giorgio Rumi ... Sarebbe dovuta scaturirne una prestigiosa
pubblicazione, ma Mons. Maggioni non ebbe la consolazione di vederla.
Neppure l'altra opera ebbe una completa attuazione. Nel nome di S. Latina,
mons. Maggioni diede un forte impulso al sorgere di un complesso di iniziative
sociali ed assistenziali. Cominciò con la canonica ricognizione delle antiche reliquie
della Santa per una loro più dignitosa collocazione. Fece progettare e finanziare
adeguate modifiche edilizie che sono ancora in corso, ma non poté vederne la
conclusione.
Muore il 2 dicembre 1998 all'Istituto Palazzolo di Milano, dove era ricoverato
da due anni. I suoi funerali si sono svolti nella cattedrale di Alessandria, presieduti
dal Vescovo Mons. Fernando Charrier e successivamente nel Duomo di Milano,
presieduti dal Cardinale Arcivescovo Carlo Maria Martini.
Le sue spoglie mortali riposano nel cimitero di Monza, nella Cappella della
famiglia Maggioni-Vismara.
Breve ricordo
a cura di Mons. Charrier
L
a memoria di Mons. Ferdinado Maggioni suscita in coloro che l'hanno
conosciuto, e specialmente nei diocesani di Alessandria, ricordi di dignità e
affabilità uniti ad uno spiccato spirito sacerdotale: un Vescovo che suscitava
immediatamente simpatia ed affetto.
Discreto nel presentare e nell'esaminare i problemi della Diocesi e
sommamente rispettoso delle persone, dei sacerdoti soprattutto, è stato esempio di
grande umanità e di una spiritualità forte e pacata assieme.
La sua vita improntata ad un servizio della Chiesa in ogni sua esigenza l'ha
portato ad essere ideatore di opere rivelatesi di somma utilità e al tempo stesso un
educatore discreto di coscienze che ha saputo indirizzare con coraggio a Cristo
Signore.
Gli esempi sarebbero numerosi se si volesse narrare ciò che Mons. Maggioni
ha sempre voluto nascondere dietro un sincero riserbo. Proverbiale la sua forza nel
sostenere anche con i Superiori la bontà di alcune iniziative e, al tempo stesso, la sua
filiale obbedienza agli Arcivescovi di Milano che ha servito con dedizione e
generosità.
Ma chi scrive questo breve ricordo l'ha conosciuto nel momento in cui di sua
volontà e in obbedienza alle disposizioni della Santa Sede lasciò il servizio
episcopale della Comunità cristiana di Alessandria. La sua volontà la manifestò
dando le dimissioni mesi prima del compimento dei 75 anni in modo da passare il
testimone di servitore della Diocesi ad un Vescovo più giovane, poiché, a suo dire, "a
tempi nuovi ci vogliono uomini nuovi". Nella Diocesi alessandrina si era inserito, pur
nella difficoltà di cultura e di ambiente sociale, adottando i Patroni di questa porzione
del popolo di Dio, specialmente la devozione alla "Madonna della Salve" Patrona
della Diocesi, ed esempi di santi riformatori quale S. Pio V e di "innamorati" della
croce di Cristo quale fu S. Paolo della Croce. Né dimenticò il Patrono della città, un
eremita sconosciuto ai più nel mondo: S. Baudolino.
Figlio della grande Archidiocesi milanese, e perciò educato alla sequela di S.
Ambrogio, di S. Carlo Borromeo e del Beato Card. Ferrari, seppe intuire le risorse
spirituali e umane che i Santi della terra alessandrina potevano offrire ancor oggi ad
una popolazione sovente allontanata dalle sue tradizioni cristiane.
Il suo esempio più vivido lo diede tuttavia nella sua ultima malattia; ha dato
così ragione al detto popolare: "Si soffre e si muore così come si è vissuto".
Nemmeno un lamento, ci dicono chi lo ha assistito in questi anni di malattia e di
anzianità. Sempre sereno, sempre sorridente, sempre intonato alla sua spiritualità fatta
di preghiera e di opere. E sempre legato al ricordo della "sua" Alessandria anche se,
per "non intralciare" diceva, era ritornato dopo le dimissioni a servizio della sua
Archidiocesi di origine.
Ora riposerà nella sua Monza, radici che mai dimenticò, tanto da recarsi
sovente, anche quando già era gravato della cura della Diocesi alessandrina, per
celebrazioni e per festività.
A cercare le ragioni di una vita spesa totalmente per la Chiesa si potrebbero
dire molte cose; una mi pare che sarebbe inescusabile dimenticare: il suo amore per le
missioni. Fu nel suo episcopato responsabile della Commissione Episcopale per la
Cooperazione tra le Chiese; ma il suo amore lo ha portato più volte in terra di
missione per animare e condividere lo sforzo di evangelizzazione e di promozione
umana di molti missionari religiosi e laici.
La Chiesa alessandrina e tutto il popolo di questa terra non dimenticheranno
questo "pastore" che è stato di esempio e maestro di umanità e di cristianesimo.
Gentiluomo e gran signore
E
ro ancora bambino quando morì mio papà, e questa circostanza non mi colpì
molto; non che non fossi addolorato, ma questo sentimento entrava in me
perché vedevo mamma e sorelle in pianto. La portata del fatto non incideva
ancora nel mio cuore. La consapevolezza di questo evento mi venne solo anni dopo,
allorché adolescente sentii un grande vuoto nella mia vita. Cercai di riempirlo con il
ricordo, sforzo che, certo, non poteva ovviare appieno alla perdita di anni addietro.
Questo ricordo rimane in me, oggi più di ieri.
Così alla scomparsa di S. E. Mons. Maggioni è parso a me, e, credo, assai più
agli alessandrini, che si facesse un vuoto nella nostra vita ecclesiale e civile. Il
Vescovo, infatti, è un "padre" che, in nome del Padre dei cieli, opera per il bene
materiale e spirituale di tutti coloro che dimorano nella diocesi. Il Vescovo è per tutti,
credenti e no, praticanti e no, segno visibile di quella fratellanza che dovrebbe
(meglio, deve) legare ogni uomo agli altri, in modo da rendere visibile quell'amore
del Padre celeste che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, l'unico, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
Il tempo, purtroppo, cancella dalla mente e dall'animo di noi, creature umane,
anche i sentimenti più forti; la polvere del tempo si estende anche su ciò che
dovremmo ricordare come "tesoro" per la propria vita.
Non vogliamo che ciò accada per mons. Maggioni.
Chi l'ha conosciuto ha potuto cogliere qualcosa della sua persona, del suo
servizio alla verità e all'amore, del suo tratto sempre rispettoso e nobile, ed anche del
suo carattere umano. I sacerdoti alessandrini sono testimoni di quella sua riservatezza
che gli impediva persino di dare disposizioni o di richiedere quanto dovuto per la vita
della Diocesi, affidandosi solamente alla coscienza di ciascuno e facendo leva sulla
loro volontà espressa nell'ordinazione sacerdotale.
"Un Vescovo che ci ha insegnato il rispetto della persona umana con le parole
e i comportamenti", questo il giudizio di un laico che conobbe Mons. Maggioni
durante il suo servizio di Vescovo nella diocesi alessandrina. Tale atteggiamento era
frutto di una spiccata spiritualità che lo induceva a rapporti sempre rispettosi delle
persone, e che metteva l'interlocutore a suo agio infondendo fiducia e confidenza.
Era, tuttavia, assai più di un "gentiluomo" : una profonda e vissuta spiritualità
lo portava ad essere, come si suol dire, anche "un gran signore", ma non si fermava,
né poteva fermarsi, a manifestazioni di rispetto e di accoglienza umana; era un
dialogo tra lui e il suo Dio presente nella persona che gli stava di fronte.
Bisognava seguirlo nella sua preghiera personale (quel passeggiare nel lungo
corridoio del Vescovado con la corona del rosario in mano assorto nella preghiera
alla Madre celeste), o nelle funzioni liturgiche per comprendere che il suo dialogo,
prima che con gli uomini, era con il "suo" Dio. Era, in verità, profondamente
sacerdote, cioè "costituito per gli altri". Se ne ebbe ulteriore prova nella sua lunga
malattia, specialmente quando la sua mente non lo sorreggeva più: alla richiesta del
sottoscritto di dire una preghiera a Maria, madre di Gesù, rispondeva con riflessioni
appropriate sulla Vergine Maria e con accenti che esprimevano amore e fiducia in
Lei, quasi stesse predicando al popolo sul dovere di affidarsi a questa Mamma per
essere condotti a Gesù.
A me rimangono due forti ricordi: innanzitutto quella sua capacità, già
ricordata, di mettere a proprio agio la persona che lo incontrava. Quando mi fu detto
che avrei assunto il servizio di Vescovo ad Alessandria, subito gli telefonai, ed egli
mi raggiunse a Roma dove con affabilità mi parlò come avrebbe fatto con un amico o
un parente senza farmi pesare la differenza di età e di esperienza. E così fu per tutto il
tempo che visse. Non volle mai entrare nei problemi della Diocesi, né dare giudizi su
iniziative, persone e istituzioni; rispondeva alle mie domande: "Vedrà lei; avrà modo
di conoscere e di valutare libero dal giudizio di chicchessia".
Il secondo ricordo è legato alla sua malattia: la accolse come una realtà del
tutto naturale; non la sopportò, ma la accolse, pur mantenendo una gran voglia di
operare e di fare. E non mutò questa sua disponibilità fino a quando chiuse gli occhi a
questo mondo.
Ricordi vivi sono presenti in coloro che lo assistettero negli ultimi anni della
sua malattia; nemmeno un lamento, ci dicono, e sempre un grazie per tutti. Sempre
sereno, sempre sorridente, sempre intonato alla sua spiritualità fatta di preghiera e di
opere.
Conservò un caro ricordo della "sua" Alessandria, anche se, per "non
intralciare l'opera del suo successore", diceva, aveva scelto di ritornare, dopo le
dimissioni, a servizio della sua Archidiocesi di origine.
A così poco tempo della sua scomparsa è facile lasciarsi prendere dai ricordi
più emotivi; solo tra qualche anno si potrà delineare la sua personalità con maggiore
puntualità. Tuttavia si può affermare, senza paura di cadere nella retorica, che la sua
scomparsa lascia un vuoto nelle Chiese che ha fedelmente servito e nello stesso
Episcopato italiano
+ Fernando Charrier
Vescovo di Alessandria
Un vero benefattore
della Diocesi di Milano
L
a Chiesa ambrosiana fa leggere, nelle esequie di un prete e di un Vescovo, i
racconti evangelici della passione, a ricordare che chi è stato unito
profondamente, come prete e come Vescovo, alla passione di Gesù, lo sarà
nella gloria; che chi è stato unito a Gesù sotto il velo del mistero eucaristico
contempla ora svelatamente il volto del Signore, come afferma la prima lettura.
È dunque con tale fiducia che celebriamo le esequie di Sua Eccellenza
Monsignor Ferdinando Maggioni, carissimo a tutti noi. Un Vescovo profondamente
unito al cuore di Gesù; un prete e un Vescovo esemplare, che in tutta la sua esistenza
ha preparato, celebrato, vissuto l'Eucaristia.
Così la nostra preghiera di suffragio perché il Signore lo accolga nella visione
beatifica è anche insieme memoria riconoscente di quanto noi gli dobbiamo come
singoli, come istituzioni, come Diocesi. E siamo grati a quanti si uniscono a noi in
queste esequie celebrate dalla Chiesa ambrosiana: siamo grati a Sua Eminenza il
Cardinale Noè, che salutiamo con affetto; ai tanti eccellentissimi Vescovi che
rappresentano i diversi luoghi dove Monsignor Maggioni ha operato (il Seminario
Lombardo di Roma, Alessandria e altre realtà a lui care).
In questo momento ho pure l'onore di leggere il telegramma inviato dal Santo
Padre:
"Appresa triste notizia scomparsa Ecc.mo Monsignor Ferdinando Maggioni
Vescovo emerito di Alessandria, Sommo Pontefice esprime a vostra Em.za familiari
presbiterio et fedeli viva partecipazione at lutto che ha colpito codesta comunità
diocesana et mentre ricorda con animo grato at Signore generoso ministero
episcopale svolto da quel benemerito presule come Vicario generale della Diocesi
ambrosiana et quale pastore Chiesa Alessandrina innalza fervide preghiere di
suffragio per meritato riposo eterno anima eletta et invia at comune conforto quanti
hanno beneficiato del suo zelo pastorale et doni di mente et cuore speciale
benedizione apostolica. Mi unisco spiritualmente al dolore assicurando particolare
ricordo nella celebrazione eucaristica. Cardinale Angelo Sodano Segretario di Stato".
Abbiamo quindi con noi il Santo Padre che apprezzava e stimava molto
Monsignor Maggioni. Abbiamo con noi la presenza di altri Cardinali e Vescovi che
mi hanno scritto per esprimere la loro partecipazione. Menziono in particolare il
telegramma del Cardinale Tonini e il telegramma del Superiore generale del PIME.
E mentre rivolgiamo le più vive condoglianze alla sorella e ai familiari,
facciamo memoria con gratitudine di questa figura che abbiamo avuto modo di
conoscere e di amare.
Una vita sacerdotale esemplare
M
onsignor Ferdinando rappresenta bene le sue origini, quella città di Monza
dell'inizio di questo secolo, roccaforte di tradizione religiosa, aperta a
opere sociali promosse da eccezionali figure di preti e di laici.
La sua personalità si caratterizzava per la grande signorilità di tratto, che
colpiva chiunque lo avvicinava: per la sua grande capacità di rapporti personali proverbiale la sua amabilità -; per uno spiccato senso di fedeltà al Signore, al dovere,
alla Chiesa, a cui si congiungeva pure un pacato entusiasmo di fronte a nuove forme
di pastorale.
Dunque una vita sacerdotale esemplare, nella linea tradizionale, ma insieme
aperta al nuovo e, specialmente, aperta alla carità.
Don Ferdinando era umile e grande nell'animo, costruttore e "sognatore", uomo
di larghe prospettive. Ne fanno testimonianza i diversi luoghi dove ha svolto il suo
ministero: anzitutto il grandioso Oratorio S. Biagio di Monza; poi il Collegio De
Filippi di Arona, che lo ebbe Rettore, e il Collegio di Tradate, che lo ebbe come
direttore spirituale. Ma la sua passione "costruttiva" traspare e quasi scoppia quando
diventa Rettore del Seminario Lombardo; proprio al Lombardo ha lasciato una
straordinaria impronta della sua capacità di edificare e di progettare. Fu la sera stessa
dell'inaugurazione del nuovo Lombardo che Paolo VI gli fece sentire la sua vicinanza
profonda e assicurò che sarebbe venuto a Milano per l'inaugurazione non lontana del
Seminario di corso Venezia.
Vescovo ausiliare e Vicario generale
L
a sua capacità e il suo zelo si mostrarono più luminosamente da Vescovo
ausiliare e Vicario generale. Ordinato Vescovo il 29 ottobre 1967, non certo
senza una qualche intuizione su di lui di papa Montini, oltre che
dell'Arcivescovo Giovanni Colombo, come Vicario generale palesò all'evidenza la
sua fedeltà al Cardinale, alla Chiesa, al dovere. Visse un rapporto di cordiale affetto,
di benevolenza, di obbedienza col mio venerato predecessore, con gli altri vescovi
ausiliari, con i preti che egli amava e visitava frequentemente occupandosi in
particolare dei malati.
Quando fui nominato Arcivescovo di Milano, fu lui che venne a Roma, che mi
accolse e mi introdusse in Diocesi e mi fece quasi da maestro per quanto riguardava il
ministero episcopale a me totalmente nuovo. E desidero esprimere tutta la mia
gratitudine che gli devo per l'affetto, la lealtà, l'amabilità, la comprensione, l'umiltà
con cui mi restò vicino fino a che non fu nominato Vescovo di Alessandria.
Anche ad Alessandria portò molto amore e grande generosità, e si sentì accolto
con gioia da quella Diocesi.
Nel momento in cui maturò il tempo del suo ritiro, gradì tanto di essere
riaccolto nella sua Diocesi di origine, dove si rese utile nella Parrocchia di San
Giorgio in Milano e in diverse iniziative fino all'ultima lunga, dolorosa malattia.
Allora partecipò più intimamente alla passione e alla morte del Signore.
Quanti ricordi emergono in ciascuno di noi degli incontri con monsignor
Maggioni! Io ho espresso semplicemente qualche tratto della sua figura umana e
spirituale, di questo grande uomo di Dio, amico di tutti, munifico e vero benefattore
della Diocesi di Milano da lui tanto amata.
Solo attraverso un'attenta riflessione e l'incessante preghiera potremo essergli
riconoscenti per tutto quello che ci ha donato.
Qui lasciamo la parola alla liturgia che ci invita a pregare e a unirci al mistero
della morte di Gesù e della misericordia del Padre. Per don Ferdinando vale
l'affermazione di Gesù: "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie
prove", fino alle prove della sofferenza fisica, della malattia. "E per voi - continua
Gesù - preparo un Regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate
mangiare e bere alla mia mensa nel mio Regno".
Monsignor Maggioni, nella sua squisita ospitalità, amava invitare a mensa; ora
lo pensiamo alla mensa del Signore, e gli diciamo: "Ricordati di noi e prega per noi
che tu hai tanto amato".
+ Carlo Maria Card. Martini
Arcivescovo di Milano
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