domanda ma favorire la fidelizzazione, in quanto riescono a
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domanda ma favorire la fidelizzazione, in quanto riescono a
2 Imprese e sistemi turistici Figura 1.1 AIDAS Model Action Satisfaction Desire Interest Attention Fonte: elaborazione da Strong E.K. «Theories of Selling», Journal of Applied Psychology, Vol. 9, pp. 75-86, 1925 domanda ma favorire la fidelizzazione, in quanto riescono a richiamare anche coloro che hanno già visitato la città. Già in questa fase che, appunto, risulta fondamentale in quanto rappresenta quella in cui il turista acquisisce la convinzione del viaggio e sceglie la destinazione, entrano in gioco le attività delle imprese e la relativa capacità di persuasione della domanda; 5. Satisfaction: quest’ultimo aspetto si riferisce alla fase in cui sono realmente erogati i servizi, da cui dipende il grado di soddisfazione della clientela. È importante che l’offerta risponda perfettamente alle aspettative della domanda, in quanto la mancata soddisfazione di quest’ultima ha un impatto di gran lunga più negativo rispetto al caso in cui la domanda è pienamente soddisfatta (Strong, 1925; Geml, 2004; Ferrell, Hartline, 2005). Ovviamente, dalla soddisfazione dipende, poi, la possibilità effettiva di fidelizzazione (customer retention) della clientela: le destinazioni più competitive sono spesso oggetto di ulteriore interesse da parte della domanda. La customer retention rappresenta uno dei principali parametri di valutazione della performance nel settore turistico, vista la difficoltà nel raggiungerla. D’altra parte, nel panorama competitivo internazionale, in cui, come si spiegherà nei prossimi paragrafi, diviene sempre più complessa l’attrattività dei siti, indurre il turista a ritornare rappresenta effettivamente un’ardua impresa. Le prime quattro variabili del suddetto modello si riferiscono alla fase decisionale del turista, alla scelta della destinazione e del viaggio. In tale processo, il turista è sollecitato e influenzato da una serie di stimoli e, quindi, da percezioni sia di carattere esterno che di carattere strettamente personale e intimo, essendo queste ultime funzione della propria personalità, delle proprie aspettative e ambizioni. Gli stimoli esterni (Howard, Sheth, 1969, p. 63) sono generalmente di tre tipi: 1. significativi, legati cioè alle esperienze realmente vissute: si pensi alle aspettative di un turista che ha già visitato diverse città d’arte e desidera conoscerne altre. Avrà una serie di associazioni e sensazioni vissute che, inevitabilmente, saranno anche oggetto di comparazioni; Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 3 2. simbolici, ossia legati all’immagine proposta dai media e agli sforzi promozionali messi in atto dagli attori dell’offerta delle destinazioni. In tal senso, i media possono influenzare fortemente il processo di scelta; basti pensare all’effetto negativo di una comunicazione, via tv o sui giornali, di eventi negativi riguardanti un sito o, al contrario, all’impatto positivo generato da filmati, servizi e testimonianze sulle bellezze di una località; 3. sociali, per cui la domanda è fortemente influenzata dalle opinioni di chi ha già visitato la destinazione (come sarà più avanti spiegato, il word of mouth – passaparola – rappresenta il maggior veicolo promozionale dal punto di vista turistico ed è il principale deterrente in caso di esperienza negativa vissuta). A questi stimoli e percezioni esterni si accompagnano elementi di interiorità, quali il carattere, le motivazioni, il sistema di pensiero e di valori della persona, l’attitudine o meno a taluni tipi di esperienza, l’intimità e le convinzioni religiose. Dall’interazione tra le percezioni generate da stimoli esterni e da fattori interni derivano le «strutture cognitive» (cognitive constructs) [Seoho, Crompton, 1990]. Queste ultime inducono alla scelta delle possibili destinazioni alternative. Se da parte della domanda vi è corrispondenza tra la percezione dei bisogni da soddisfare e quella dell’attrattività della località nel suo insieme, si genera la motivazione a realizzare il viaggio. Ovviamente, in tale processo, esistono fattori di «accelerazione o decelerazione» che esercitano un ruolo di tutto rilievo: il tempo a disposizione del turista, che rende più o meno fattibile e, quindi, realmente desiderabile un viaggio; la capacità di spesa, fondamentale nel processo di analisi e selezione delle possibili alternative (Fig. 1.2). Questi primi elementi lasciano comprendere le criticità che le imprese del settore turistico sono chiamate ad affrontare. In primo luogo, è importante che si generino, nella domanda, aspettative che poi l’offerta sia realmente in grado di soddisfare. Inoltre, la percezione che il turista ha, in termini di soddisfazione del viaggio, è legata all’insieme dei servizi ricevuti, oltre che alle sensazioni generate dalla destinazione; o meglio, la percezione complessiva è legata all’insieme dei servizi ricevuti: disguidi significativi sul volo aereo che collega a una località possono, comunque, ge- Figura 1.2 Processo di scelta del turista Percezione di stimoli esterni Percezione di stimoli interni Significativi Quelli che derivano da esperienza realmente vissuta. Personali Dipendono da aspetti quali il carattere, le motivazioni, i valori e le attitudini a certi tipi di esperienza. Simbolici Legati all’immagine fornita dai media e da tutto il materiale promozionale della località. Sociali Derivanti dalle opinioni di coloro che hanno già visitato la località di interesse. Fonte: elaborazione da Della Corte, 2000, p. 7 Fattori di accelerazione/decelerazione Tempo a disposizione del turista e capacità di spesa. Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 5 lizza solo nella fase di erogazione. Pertanto, nel processo di promozione e presentazione (Sasser, Olsen, Wyckoff, 1978; Normann, 1991), l’obiettivo deve essere quello di «rendere tangibile l’intangibile», al fine di ottimizzare la percezione del servizio da parte del cliente finale (Della Corte, 2000); • la variabilità e la immagazzinabilità: la prima generata dall’evoluzione continua e talvolta brusca della domanda; la seconda legata al fatto che il prodotto, in quanto immateriale, non è immagazzinabile e, quindi, la mancata vendita rappresenta una perdita per l’azienda (Zeithalm, Parasuraman, Berry, 1985); • l’interazione: la necessità di realizzare il servizio attraverso la compartecipazione di più attori. In quest’ambito emerge la complementarietà delle singole forme d’offerta e il ruolo determinante del cliente, parte attiva del processo di produzione, il quale fornisce informazioni relative ai propri bisogni (Della Corte, 2000); • la simultaneità dei processi di produzione e consumo: la coincidenza tra la fase di produzione, di erogazione e di consumo del servizio; questo aspetto rende molto difficile il processo di soddisfazione della clientela in quanto la valutazione del livello qualitativo del servizio avviene contestualmente alla fase di erogazione, senza possibilità di prove sul mercato. Le variabili indicate si riferiscono a tutti i servizi erogati nell’ambito del settore. Con particolare riferimento al prodotto turistico globale, è inoltre importante sottolineare: • l’insieme di aspetti materiali e immateriali: ovvero la presenza in misura variabile nel processo produttivo del servizio di fattori «hard» relativi a risorse fisiche, ad attrezzature e impianti che rappresentano i mezzi di produzione, e a fattori «soft», legati alla preFigura 1.3 Prodotto turistico complesso Offerta Turistica Risorse Fisiche Culturali Artistiche + Competenze Servizi specifici Servizi integrati Prodotto Complesso Percezioni Aspettative Stimoli Interni Bisogni Domanda Turistica Fonte: Della Corte, 2000, p. 7 Stimoli Esterni 8 Imprese e sistemi turistici Figura 1.4 Framework del consumatore come decision maker (selezionatore) Influenze socio-economiche Influenze culturali Motivazioni o determinazioni Percezioni Consumatore come decisore Personalità e atteggiamento Riferimento del gruppo di influenza Apprendimento Influenze familiari Fonte: Cooper et alii, 2005, p. 53 2. parametri economici: il livello medio del reddito pro capite è un fattore discriminante in quanto, ovviamente, si traduce in capacità e propensione alla spesa; 3. parametri socio-culturali e psicografici: l’appartenenza a determinate classi sociali, il livello di istruzione, la cultura del luogo di provenienza, la religione, la mentalità sono fattori che differenziano fortemente la domanda turistica e le relative motivazioni (cultura, visita ad amici e parenti, relax, desiderio di stare all’aria aperta, salute ecc.) [Plummer, 1974]. Questi fattori sono, tuttavia, divenuti sempre più complessi. Basti pensare alle contraddizioni generate dal processo di globalizzazione che, se da un lato ha determinato una maggiore massificazione del mercato, dall’altro ha accentuato determinate differenze tra popoli, aree geografiche, tolleranze religiose; 4. parametri comportamentali: le attività svolte (lavoro, vacanza, studio, sport), gli interessi (hobby, appartenenza a gruppi sociali, divertimento, moda) collegati agli altri parametri sono importanti nel processo di costruzione dell’identikit del turista per una determinata tipologia di vacanza (ad esempio, si possono distinguere coloro che amano ritornare in luoghi già visitati da quelli che prediligono itinerari di avventura, o che desiderano conoscere le abitudini locali del luogo visitato o, al contrario, che amano ritrovare elementi che richiamano il proprio paese di provenienza). I differenti parametri di segmentazione conducono ad alcune classificazioni, con relative descrizioni, ormai adottate dagli operatori a livello internazionale. Una prima distinzione si collega alle motivazioni del viaggio, pervenendo a una prima macroclassificazione del turismo, distinto tra segmento leisure (piacere), business (affari) e quello legato a motivi di salute. All’interno delle prime due macrocategorie, tenendo conto delle variabilità analizzate e collegando queste ultime alla scala dei bisogni di Maslow, è possibile distinguere ulteriori articolazioni. Nell’ambito del turismo leisure (Fig. 1.5) vi sono diversi segmenti, come quello artistico-culturale, balneare, termale, enogastronomico, religioso, naturalistico, montano, legato allo shopping, allo sport (per praticarlo o per assistere a eventi sportivi), la visita a parenti e amici (VFR – Visiting Friends and Relatives) ecc.; il segmento affari include quello dei singoli businessman, il segmento fieristico e quello congressuale. È chiaro, tuttavia, che questo tipo di segmentazione riguarda la motivazione prevalente del viaggio ma possono esservi forti 10 Imprese e sistemi turistici Figura 1.5 Psicologia dei turisti leisure Midcentric Near psychocentric Psychocentric Near allocentric Allocentric Fonte: Plog, 1972; Brunetti, 1998 prendere cose nuove e di vivere esperienze particolari4. Le destinazioni che, nella prima fase, attirano i turisti allocentric devono poi puntare ai midcentric, se riescono a essere competitive; se, invece nel tempo non attivano adeguati processi innovativi e di qualità, si rivolgono sempre più a mercati di massa, con le caratteristiche più vicine agli psychocentric. In generale, è opportuno analizzare le tipologie di turisti anche sulla base di alcuni aspetti sociologici (MacCannel, 1976; Smith, 1990). Alcuni studi evidenziano l’intreccio di due fattori in apparenza piuttosto contrastanti: il grado di familiarità, legato al bisogno di sicurezza nel ritrovare elementi che richiamano il proprio luogo di origine; il grado di novità, rappresentato dalla curiosità di cercare e ritrovare nuove esperienze. Se prevale l’aspetto della familiarità, ci si confronta con un turista più «istituzionalizzato», abituato a viaggiare rivolgendosi agli attori della filiera (tour operator, agenti di viaggio ecc.) e generalmente inquadrato nell’ambito del mercato di massa, organizzato in gruppo o a livello individuale. Nell’altro caso, in cui la novità è l’elemento che maggiormente muove il turista nelle proprie scelte, si è di fronte a turisti «non istituzionalizzati», più individualisti, che si rivolgono agli operatori della filiera solo se strettamente necessario, in modo più o meno destrutturato (in tal senso, si distinguono gli «esploratori» che amano conoscere luoghi nuovi, evitando i sentieri precostituiti e gli «incostanti», totalmente riluttanti verso qualsiasi collegamento all’industria del turismo e alla ricerca di esperienze insolite senza itinerari fissi) [Boniface, Cooper, 1987; Cohen, 1972; 1974; 1984]. Un’ulteriore interessante classificazione è presentata da Holloway e Robinson (1995), che individuano sette tipologie differenti di turista, ciascuna con delle caratteristiche specifiche, richiedendo sforzi strategici e di marketing mirati. Nell’ambito di ciascun segmen- 4 È possibile individuare tipologie principali di turisti per destination in differenti stadi del ciclo evolutivo: la località nuova, o comunque poco esplorata e non presa d’assalto, rappresenta la principale meta degli allocentric. Quando la destinazione acquisisce una maggiore notorietà e cambia alcune caratteristiche e connotazioni, è frequentata principalmente da midcentric; nello stadio di maturità, gli psychocentric ritrovano una destinazione in cui l’offerta locale è in grado di creare situazioni «senza sorprese», quasi simili a quelle del paese di provenienza. 12 Imprese e sistemi turistici È allora importante richiamare l’analisi scientifica sull’argomento, che parte dalla distinzione di base tra single e multi-destination trip (Fig. 1.6). La prima categoria comprende tutti i viaggi in cui vi sia un’unica destinazione (single destination pattern) come, ad esempio, nel caso di un week-end nella città di Barcellona. Vi è poi l’ipotesi di viaggio verso una destinazione principale, con escursioni nei dintorni (base camp pattern). È questo il caso del viaggio a Napoli con escursioni sul Vesuvio o agli scavi di Pompei. Il pernottamento, in ambo i casi, ha luogo nella località principale. I viaggi multi-destinazione riguardano gli itinerari in diverse località di una regione/area (stop over o en route pattern), con arrivo finale nella principale destinazione. Esistono anche tour regionali (regional tour pattern – Getz, 1993), sia nel caso di un giro completo con rientro nella medesima località di partenza (destination area loop), che con rientro da un’altra località della regione visitata (full loop). Esempio di queste due ultime configurazioni sono i tour realizzati dalle compagnie crocieristiche con imbarco e sbarco nel medesimo porto o, ad esempio, tour in un paese come la Francia, con arrivo a Parigi, visita ai castelli della Loira e altri siti fino alla Costa Azzurra, per poi ripartire da Parigi o da Nizza. Gli itinerari trans-regionali riguardano generalmente la visita a più regioni di un determinato paese (open jaw loop); un esempio è dato dal tour del Messico. In questi casi, l’ampiezza dell’area visitata è maggiore rispetto alla configurazione precedente e si riferisce a viaggi di durata superiore. In ultimo, i multi-destination area loop sono caratterizzati dalla combinazione tra l’itinerario regionale e quello trans-regionale (si pensi al giro degli USA e al prolungamento in Polinesia, ritornando per l’Australia, o al classico giro del mondo). Le località principali, generalmente, offrono i più significativi fattori di attrattiva e rappresentano quelle in cui il turista pernotta per un numero di notti maggiore rispetto alle altre loFigura 1.6 Schemi di articolazione delle proposte commerciali 1. Schema con una destinazione principale 2. Schema a destinazioni multiple M1. Stop Over Pattern S1. Single Destination M2. Full Loop S1. Base Camp M3. Destination Area Loop Legenda Home: destinazione di partenza Overnight: destinazione con pernottamento Day Trip: destinazione di escursione M4. Open Jaw Loop Fonte: elaborazione da Chi-Chuan Lue, Fesenmaier, 1994; Della Corte, 2000 M5. Multiple Destination Area Loop 14 Imprese e sistemi turistici Tabella 1.1 Criteri di segmentazione del mercato turistico e relazioni con l’organizzazione dell’offerta Per motivazione Per modalità di realizzazione Per tipologia Per destinazione Per canale distributivo Leisure Gruppi Singolo servizio Destinazione unica vs Multi-destinazione Intermediazione classica Tour Operator; Adv outgoing; Adv incoming; Tour Organizer. Individuali Semi-inclusive Short distance vs Long distance Intermediazione internet-based Portali web; GDS, CRS; DMS; Siti web singole compagnie Vacanze culturali; Vacanze ricreative; Vacanze sport; Crociere; Agriturismo; Viaggi per relazioni sociali; Vacanze «salute». Business Congressuale; Affari; Viaggi «incentive»; Viaggi «educational». All Inclusive 1.3 Le principali configurazioni di prodotto Dal punto di vista dell’offerta, è quindi possibile imbattersi in tipologie di servizi erogati secondo forme e meccanismi differenziati, con livelli diversi di co-progettualità e/o combinazione delle attività delle imprese locali. La forma più destrutturata di offerta è quella tipicamente definita «punto-punto» o «fai da te» (Rispoli, Tamma, 1995), in cui l’utilizzatore mette insieme una serie di servizi forniti da differenti imprese, che operano nella completa individualità (Fig. 1.7); l’assemblaggio delle diverse componenti del prodotto può avvenire sia prima della partenza, sulla base di elementi virtuali di conoscenza del sito (salvo, ovviamente, le circostanze in cui una persona abbia già visitato la località), che una volta giunti nella destinazione. All’altro estremo vi è la configurazione cosiddetta package, tradizionalmente all inclusive, in cui un operatore della filiera, il tour operator, assembla i diversi servizi che compongono il pacchetto per rivenderli al mercato finale tramite agenzie di viaggio o via web (Fig. 1.8).6 I pacchetti turistici hanno a oggetto i viaggi, le vacanze e i circuiti «tutto compreso», risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi di seguito indicati, venduti od offerti in vendita a un prezzo forfettario e di durata superiore alle ventiquattro ore (ovvero comprendente almeno una notte): a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio. Per quest’ultima categoria, si fa particolare riferi6 Dal punto di vista giuridico, i pacchetti di viaggio sono disciplinati dal D.Lgs. n. 206 6 settembre 2005 (Capo II relativo ai servizi turistici, artt. 82-100), in attuazione della legge n. 229 del 29 luglio 2003 , con particolare riferimento all’articolo 7 di suddetta legge, relativo al riassetto normativo nell’ambito della tutela dei consumatori. Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 15 Figura 1.7 Configurazione di prodotto «punto-punto» Trasporti Imprese di trasporto Cliente turista Alloggio Imprese di accomodation Vendita Agente di viaggio Ristorazione Imprese di ristorazione Attività ricreative ed eventi Imprese di attraction e destination Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995, Della Corte, 2000 Figura 1.8 Configurazione di prodotto «package» Ristorazione Imprese di ristorazione Cliente turista Vendita Agente di viaggio Package Tour operator Alloggio Imprese di accomodation Trasporti Imprese di trasporto Attività ricreative ed eventi Imprese di attraction e destination Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995; Della Corte, 2000 mento all’itinerario di viaggio, alle visite, alle escursioni o ad altri servizi inclusi nel pacchetto turistico, compresa la presenza di accompagnatori e guide turistiche. Rispetto ai servizi suddetti è contrattualmente definito il termine entro il quale il consumatore deve presentare reclamo per l’inadempimento o l’inesatta esecuzione del contratto. Il contratto per la compravendita di pacchetti turistici, secondo l’articolo 86 del D.Lgs. 206/05, deve essere dato in copia al cliente e deve contenere, tra gli altri, i seguenti dati: a) tutte le informazioni relative al viaggio, quali la data di inizio e conclusione, la durata, l’alloggio e le prenotazioni per i trasporti; b) i dati dell’organizzatore e del venditore, se diversi; c) il prezzo, esplicitando tasse e diritti (ad esempio quelli aeroportuali); d) la somma di denaro, non superiore al 25% del prezzo totale del pacchetto, da versare al momento della prenotazione; e) la copertura assicurativa; f) i termini e le condizioni per il recesso da parte del consumatore e dell’eventuale annullamento o inadempimento da parte dell’organizzatore. Tra le due configurazioni estreme appena descritte esistono delle formule intermedie, in cui vi è una maggiore flessibilità nell’offerta ma esiste una co-progettazione tra gli atto- 16 Imprese e sistemi turistici ri, a livello locale o tra imprese locali e altri operatori. In simili circostanze si è di fronte alla configurazione definita «network», rispetto alla quale le imprese specializzate nei diversi servizi che compongono il prodotto turistico, pur mantenendo la proria autonomia, elaborano strategie comuni, definiscono standard di servizio piuttosto omogenei in termini qualitativi, avviano iniziative di marketing congiunte (Fig. 1.9). L’offerta che scaturisce da tali relazioni è, in apparenza, più flessibile; viene data la possibilità all’utilizzatore di scegliere all’interno di una griglia di alternative, trasmettendo all’utenza la sensazione di scegliere e costruirsi la combinazione ritenuta più congeniale. Quell’offerta, tuttavia, è il frutto della collaborazione tra più attori locali ed esterni (si pensi ai tour operator stranieri che realizzano incoming verso l’Italia, o alla vendita realizzata attraverso agenzie di viaggio straniere), con una co-progettualità che, di fatto, orienta la scelta dell’utente verso soluzioni ampiamente condivise e co-programmate. Figura 1.9 Configurazione di prodotto «network» NETWORK Alloggio Imprese di accomodation Cliente turista Vendita Agente di viaggio Tour operating Ristorazione Imprese di ristorazione Supporto enti locali Trasporti Imprese di trasporto Attività ricreative ed eventi Imprese di attraction e destination Fonte: elaborazione da Rispoli, Tamma, 1995; Della Corte, 2000 Il caso Enjoy Napoli Nel 2008, l’Assessorato al Turismo e ai Grandi Eventi del Comune di Napoli si è reso promotore di un’iniziativa per favorire il pernottamento dei crocieristi prima o dopo la crociera in città. Ha quindi sollecitato gli operatori del comparto affinché sviluppassero proposte di soggiorno da affiancare alla crociera in partenza ed arrivo nel porto di Napoli. La prima compagnia che ha sposato l’idea e sviluppato offerte è stata MSC crociere, che ha proposto, a partire da euro 95, il pernottamento in città con prima colazione, oltre a possibilità di cene in ristoranti tipici a partire da euro 20 e servizio transfer da e per l’aeroporto. Il Comune inoltre ha avviato sinergie con il Teatro di San Carlo e la Regione Campania: il primo ha messo a disposizione, in giorni prestabiliti, biglietti di cortesia (a prezzi simbolici) e l’Assessorato al Turismo della Regione Campania ha fornito l’Artecard gratuita, con possibilità di accesso agevolato e scontato alla rete museale e dei trasporti pubblici locali. Al crocierista che giunge in città, quindi prima o dopo la crociera, è presentato un kit di accoglienza contenente i relativi voucher e una guida cittadina. A questo progetto ha partecipato anche l’Università di Napoli Federico II, realizzando una ricerca scientifica sulle forme evolute di collaborazione interimprenditoriali. Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 17 Negli ultimi tempi, in corrispondenza con l’evoluzione della domanda, sempre più abituata a operare attraverso internet ed esigente sul fronte delle possibili scelte e opzioni di viaggio, si è diffuso il dynamic packaging, che può essere definito come un bundle di differenti servizi, combinati in termini di contenuti e relativi prezzi in tempo reale, in risposta alle richieste del consumatore finale e/o dell’agente di viaggio (Cardoso, 2006) (Fig. 1.10). Questa formula, che rappresenta in realtà l’evoluzione del package classico e dello stesso network, nasce in corrispondenza del crescente ruolo dei viaggi «individuali» rispetto ai classici gruppi. Essa implica, a monte, l’organizzazione nell’acquisizione dei singoli servizi a tariffe e condizioni competitive, da formularsi tuttavia secondo combinazioni diverse, in funzione delle specifiche esigenze della domanda. Tale processo, che funziona mediante il ricorso a programmi dedicati di interfaccia con le strutture di riferimento, rappresenta una risposta flessibile dell’offerta, in grado di proporre un ventaglio di alternative rispetto alle quali il turista o l’operatore hanno, comunque, la facoltà di scelta. È chiaro che le alternative proposte sono quelle pre-selezionate dall’impresa che ha attivato il dynamic packaging. Tale formula rappresenta la risposta innovativa dell’offerta rispetto all’evoluzione della domanda, con un livello di flessibilità per il cliente, nella composizione del prodotto, molto vicino alla configurazione «network». La differenza principale, tuttavia, consiste nel fatto che nel dynamic packaging il processo di assemblaggio è realizzato da un’impresa in particolare (Fig. 1.10). Le forme di espressione di tale configurazione avvengono a livello diverso: attualmente è adoperata da numerosi tour operator, in aggiunta o in alternativa ai pacchetti tradizionali, ma si trovano anche proposte di più servizi, da parte di internet provider o compagnie aeree. In questi due ultimi casi, si tratta di forme di offerta che si avvicinano al dynamic packaging pur non potendosi definire tecnicamente tali7. Un aspetto importante è che le compagnie aeree, in particolare quelle low cost, stanno attualmente svolgendo talvolta anche un ruolo di pivot rispetto a certe iniziative. C’è tuttavia da chiedersi quali siano le differenze tra: • il packaging tradizionale e il dynamic packaging; • i soggetti che propongono, on line, soluzioni più o meno combinate di servizi. Figura 1.10 Configurazione di prodotto «dynamic packaging» Ristorazione Imprese di ristorazione Cliente turista Dynamic packaging tour operator Alloggio Imprese di accomodation Trasporti Imprese di trasporto Attività ricreative ed eventi Imprese di attraction e destination 7 Si ricorda che per la costruzione di pacchetti, che implicano responsabilità dell’operatore, è necessario in Italia operare con licenza di tour operator. Su quest’aspetto si rimanda al Capitolo 3. 22 Imprese e sistemi turistici Centre for Regional and Tourism Research, gennaio 2008). Osservando l’andamento dei vari paesi, la maggiore diffusione dei sistemi on line è nel Regno Unito (35% del mercato complessivo europeo), e in Germania (20%). Italia, Spagna, Grecia e Portogallo raggiungono solo il 6%. L’impatto, tuttavia, varia a seconda dei diversi anelli della filiera: mentre risulta marcato e crescente in riferimento al traffico aereo, lo è di meno per gli altri servizi: l’incidenza del trasporto aereo sul traffico complessivo on line è cresciuta, infatti, dal 38% del mercato globale al 56%. Considerando la generale crescita del mercato, l’incremento della quota di mercato implica che le vendite on line per le compagnie aeree hanno più che compensato il trend più lento degli altri servizi dell’industria turistica. Ciò evidenzia, da un lato, le peculiarità del mercato europeo, in termini di abitudini di acquisto sicuramente più tradizionalista rispetto al mercato americano, sebbene con tassi di sviluppo crescenti. I principali vantaggi e svantaggi legati all’avvento di internet e della multimedialità sono indicati in Tab. 1.2. Partendo dai vantaggi, è indiscusso il beneficio dello snellimento nelle procedure, delle prassi contabili e cartacee, con sensibili risparmi, sia in termini di costi che di tempo necessario a espletare gli adempimenti per la stampa di biglietti e voucher. Inoltre, moderni sistemi informatici, come l’Yield Management, favoriscono, di fatto, compagnie aeree e imprese alberghiere nella gestione del sistema delle tariffe in funzione dei tassi di occupazione e dei load factor raggiunti (cfr. Capitolo 4). Per le aziende, è strategica la possibilità di presentare una propria vetrina ai turisti potenziali, di catturare informazioni sui visitatori del sito che, quindi, sono potenzialmente interessati al prodotto e, per certi aspetti, anche di monitorare il grado di soddisfazione della clientela e sviluppare dei criteri di fidelizzazione. Inizialmente, ad esempio, Thomas Cook, che ha creato il proprio sito nel 1996, partendo da un database di 17.000 potenziali clienti, ha offerto un premio ai sottoscrittori della proposta di ricevere mail successive. Si è creato, in tal modo, un gruppo iniziale di 3000 sottoscrittori. Costoro avevano un viaggio premio se indicavano nominativi di ulteriori persone. Si è giunti a mezzo milione di utenti. I nomi si sono aggiunti nella fase di acquisto, quando è stato chiesto all’utente di fornire i propri dati per ricevere informazioni. Al di là dell’idea distributiva, questo sistema ha permesso a Thomas Cook di acquisire informazioni preziose sulla propria Tabella 1.2 Principali vantaggi e svantaggi dell’e-commerce turistico Vantaggi Svantaggi Velocità delle operazioni e snellimento delle procedure amministrative. Spersonalizzazione del processo di vendita o viaggio. Innovazione nella gestione in termini di efficacia ed efficienza (es. Yield Management). Difficoltà per la clientela di selezionare le opzioni salvo i marchi noti. Possibilità per le aziende di un contatto diretto con la clientela nella promozione. Cannibalismo interno al settore, in termini competitivi (compagnie aeree, tour operator). Miglioramento della customer satisfaction e retention attraverso Customer Relationship Management. Riduzione verso il basso dei prezzi di mercato con generale dequalificazione dell’offerta. Maggiore flessibilta e facilità nelle relazioni interimpresa (cooperazione – networking). Minore sicurezza negli acquisti. Necessità di un processo di “reingegnerizzazione” della distribuzione nel settore Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 25 le caratteristiche della domanda; la concentrazione degli insediamenti turistici; la durata media del soggiorno nella destinazione; i prodotti turistici riguardanti la destinazione (turismo culturale, enogastronomico, congressuale, termale ecc.); il grado di stagionalità dell’offerta e della destination nel suo insieme; il grado di accessibilità alla località; il livello di utilizzo delle infrastrutture e la relativa capacità di riserva; la capacità di riserva delle diverse imprese che erogano i servizi turistici e quelli collegati. Si tratta di elementi essenziali nella pianificazione del processo di sviluppo di una destination, dalla cui considerazione dipende anche la fattibilità in termini di mercato, di sostenibilità ambientale ed economico-finanziaria. La capacità di carico, quindi, collegata a questa serie di fattori, presenta una natura poliedrica, nel senso che può essere intesa sotto diversi profili, come illustrato in Fig. 1.11. La capacità fisica si riferisce, in primo luogo, al numero massimo di turisti che una località può ospitare, in funzione della disponibilità di posti letto. Quella ambientale o ecologica è generalmente identificata dal numero massimo di turisti che una destinazione può ospitare prima di iniziare a causare danni all’ambiente o all’ecosistema. La capacità economica riguarda il numero di turisti che precede la fase in cui aumentano le criticità in termini economici (aumento nei prezzi delle case, della terra, degli immobili ecc.); quella socio/culturale, si riferisce al numero di persone superato il quale può verificarsi un danno sociale o culturale irrevocabile (ad esempio, la perdita di identità culturale, l’insostenibile crescita della criminalità, l’intollerabilità rispetto all’affollamento della località da parte degli abitanti e dei turisti14). La capaFigura 1.11 Capacità di carico di una destination Capacità fisica Capacità infrastrutturale Capacità ambientale o ecologica Capacità di carico di una destination Capacità percepita Capacità economica C Capacità socio-culturale 14 A tal proposito, Pearce definisce la carrying capacity sociale come «that point in the growth of tourism where local residents perceive, on balance, an unaccettable level of social disbenefits from tourism development», ossia come la condizione socio-economica in cui l’impatto psicologico sull’attività turistica dell’area non è più percepito in termini di benefici dalla comunità locale (Pearce, 1989, pp. 169-174). Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 27 Tabella 1.3 Criteri per la misurazione della sostenibilità turistica di una destination Criteri Fisici Economici Ecologici Percepiti Socioculturali Politicoamministrativi Infrastrutture Elementi utili Accessibilità; alla misurazione Accommodation; Trasporti; Superficie disponibile; Infrastrutture; Attractions. Capitale investito; Costi di gestione; Costi opportunità; Effetti sugli altri settori; Fornitura manodopera/skills; Inflazione; Offerta e domanda. Cambiamenti Scenario; nei processi Motivazione naturali; e Rischi di incendi, orientamenti rifiuti, erosione, dei turisti; inquinamento; Attività. Presenza di flora e fauna allo stato «brado». Popolazione Piani e progetti stabile; d’area; Migrazione; Priorità politiche; Standard di vita; Disponibilità Servizi al cambiamento; Assistenza e amenities; Stress, hazards; allo sviluppo; Comunità Sostenibilità presenti; e capacità Comportamenti delle e problemi infrastrutture. sociali; Satisfaction; Tradizioni, lingue. Possibili soglie Limiti fisici d’offerta; Affollamento pericoloso. Fondi inadeguati; Migliori investimenti possibili; Inflazione incontrollabile; Insufficienza critica di manodopera o di skills; Competizione eccessiva; Danno eccessivo dagli altri settori. Unicità persa o minacciata; Disastri previsti; Cambiamenti irrevocabili. Mancata soddisfazione dei turisti; Mancata attrazione dei turisti; Considerevole cambiamento nella qualità del territorio. Valutazione tradizioni perse; Iniqua distribuzione di benefici cosicché la popolazione locale è dominata dai turisti; Serio aumento della criminalità; Grande astio dei turisti. Incapacità di raggiungere gli obiettivi; Incapacità di superare le pressioni; I costi potrebbero non essere coperti; Rapporto di utilizzo infrastrutture tra i residenti e i turisti. Problemi I limiti fisici possono essere alterati; La domanda può essere sostituita. Fluttuazione economica; I mercati possono essere creati/cambiati; La concorrenza può impedire alcune scelte; Difficoltà di previsione futura. Il management può alterare gli effetti e i processi; Quali sono i cambiamenti accettabili?; Difficoltà di prevedere gli impatti. Il management può ridurre i problemi; Le percezioni degli utenti sono differenti; Diversi gruppi di turisti possono essere attratti dall’area di riferimento. Attitudine al cambiamento e all’adattamento dei residenti; Definizione di benefici diversi in base ai livelli della comunità esaminati (locale, regionale e nazionale); Quanto è accettabile il cambiamento?; I problemi possono essere migliorati dai servizi. La cooperazione tra i diversi livelli è difficilmente raggiungibile; Le priorità possono cambiare; I programmi possono sempre essere sviluppati in modo più efficiente; Infrastrutture insufficienti o inadeguate allo sviluppo turistico. 28 Imprese e sistemi turistici Figura 1.12 Esempi di crescita della densità turistica di una destination in considerazione della sua capacità di carico massima (limit) Limit N K (B) Density (A) Time K Limit N (C) Density (D) K (E) Time Fonte: Oxford University Press, 1997 Come si può osservare, infatti, dalla Tab. 1.3, da un lato il turismo promuove maggiore occupazione, aumenta il gettito di entrate, con un effetto moltiplicatore sull’economia del territorio, promuove lo sviluppo di nuovi business spesso complementari ma strategici rispetto al turismo stesso (ad esempio, l’artigianato locale, il commercio), favorisce la riconversione di aree cittadine dismesse, rappresenta uno sprone a restaurare e migliorare la fruibilità dei beni culturali e naturalistici e, infine, stimola gli investimenti da parte di locali, a livello nazionale e internazionale. Allo stesso tempo, tuttavia, non si può trascurare che le retribuzioni medie continuano a essere contenute, soprattutto ai livelli inferiori della gerarchia aziendale, esiste ancora il precariato e vi è il problema della stagionalità in molte località turistiche. Alcune destinazioni scontano il problema della congestione, a cui tentano finanche di rispondere con strategie mirate di de-marketing. Gli investimenti in infrastrutture, soprattutto nelle località balneari, risultano talvolta elevati e difficili da recuperare in tempi contenuti; infine, la dipendenza marcata dal turismo rende particolarmente vulnerabile la località ai mutamenti nel traffico turistico. Ciò è ancor più vero quanto più le destinazioni risultano monomercato. Un esempio evidente è l’isola di Ischia, che ha puntato al turismo termale assistito proveniente dalla Germania, caratterizzato da elevati numeri e capacità di spesa medio-bassa. Questa scelta di mercato ha, di fatto, ridotto il livello qualitativo dei servizi erogati, per di più specificamente rivolti al target tedesco. Nel momento in cui il governo tedesco ha bruscamente ridotto i contributi per i soggiorni termali, l’isola ha visto precipitare le presenze registrate. Lo stesso depauperamento delle risorse rende sempre più costoso e difficile il processo di ripristino e/o ripresa ambientale di suoli o acque inquinate, la tutela dei beni culturali ecc. Per tale motivo si attuano talvolta vere e proprie strategie di de-marketing, con l’obiettivo di ridurre il congestionamento della località turistica, mediante una serie di azioni volte a disincentivare il turista nel processo di scelta della destinazione e Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 29 a renderne più costosa la permanenza. Non sempre risulta facile tale disincentivazione, soprattutto quando vi è comunque un effetto passaparola sulle bellezze della destinazione, quando tra le motivazioni vi è quella della visita ad amici e parenti, o nei casi in cui i flussi sono movimentati da operatori che lavorano specificamente con determinati mercati e risultano radicati sul territorio, in funzione dei rapporti di filiera maturati con le imprese locali. Tra gli interventi che, in ogni caso, le località possono tentare di attuare, rientrano: • l’aumento delle tariffe e dei prezzi relativi all’erogazione dei diversi servizi: tale scelta, inevitabilmente, diviene «impopolare» in quanto automaticamente rende solo le fasce più abbienti della popolazione il principale target della destinazione; rientrano in tale provvedimento i sistemi di doppia tariffazione per i pubblici servizi locali e di accesso alle destinazioni (si pensi al trasporto sui vapori a Venezia, o al costo degli aliscafi verso le isole del Golfo di Napoli, con tariffe sensibilmente differenziate tra residenti e turisti); • l’attivazione di un sistema di ticket per entrare nella località, costante oggetto di forti discussioni e dibattiti; • un sistema intelligente di de-marketing che, considerando comunque l’interesse del territorio in senso più ampio (regione, paese), può essere l’incentivo verso la visita di località simili per funzioni d’uso e, quindi, per tipologie di turismo. Ciò consente di favorire comunque la customer retention, inquadrando la promozione turistica in una più ampia logica sistemica (cfr. Capitolo 10). Senza dover ricorrere a soluzioni discriminanti per l’utenza turistica, la corretta programmazione dello sviluppo territoriale deve consentire di superare i problemi dell’eccessivo congestionamento, orientando le politiche del turismo nella direzione della sostenibilità. Tale approccio, ovviamente, riguarda tutti gli anelli della filiera, ciascuno dei quali è più direttamente o indirettamente collegato al turismo (Fig. 1.13). Ovviamente, in tale processo assumono un ruolo significativo gli Enti e le Istituzioni Locali, che devono operare di concerto con gli altri attori locali (cfr. Capitolo 10). Figura 1.13 Soggetti coinvolti nella pianificazione della capacità di carico di una destination Enti e Istituzioni Locali Accomodation Pianificazione capacità di carico ADV Incoming Altri fattori di attrattiva Tour operator Amenities Trasporti Dal prodotto alla filiera turistica: le principali dinamiche del settore 31 guardia e tutela di risorse che, di fatto, sono comunque fruibili per il pubblico; deve, piuttosto, basarsi, sulla più moderna logica della valorizzazione del patrimonio delle destination17. Figura 1.14 Obiettivi fondamentali della sostenibilità turistica Sostenibilità economica Obiettivi economici: Efficacia ed efficienza Sostenibilità economica Obiettivi economici: Equilibrio, vivibilità ed equità Sostenibilità turistica Sostenibilità ecologica Obiettivi ecologici: Salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale Non è assolutamente detto che vi sia un trade off tra le componenti: anzi, una corretta programmazione e gestione del territorio può consentire il conseguimento contestuale dei tre aspetti, attraverso un percorso sano di sviluppo. Tale processo, ovviamente, risulta di più facile realizzazione nei casi di sviluppo ex novo di località turistiche «vergini»; molto più complesso per le destinazioni che già vivono situazioni di degrado e/o congestionamento dei flussi turistici. È interessante notare che, parallelamente al crescente impatto di alcuni fenomeni negativi sulla sostenibilità ambientale e al crescente clima di incertezza, diviene centrale, per le aziende, un orientamento imperniato sulla responsabilità sociale, che risulta ancora più rilevante nel settore turistico, considerando la necessità di tutelare il turista sia in termini di informazioni e conoscenze che di sicurezza (Della Corte, Sciarelli S., 2005). In questa direzione, nel corso degli anni si sono sviluppati dei concetti, a livello di corporate management (Middleton, Hawkins, 1998), che riguardano l’approccio nell’utilizzo delle risorse e lo sviluppo di una sensibilità alla questione della sostenibilità, sia presso le comunità locali che presso i gruppi di turisti. Negli anni Ottanta, tour operator come Thomson adottavano un approccio fondato sulle 3 R: ridurre (reduce), reimpiegare (reuse) e riciclare (recycle). Il processo si è ulteriormente sviluppato, attestando l’attenzione, almeno da parte delle imprese di maggiori dimensioni, verso la questione della sostenibilità (Luiz, 2003). Si è così pervenuti alle 10 R di Middleton (1998) (riconoscere, rifiutare, rimpiazzare, ridurre, reimpiegare, riutilizzare, riciclare, riprogettare, reinsegnare, ricompensare, rieducare) che, nonostante appaiano in un certo senso ridondanti e si so17 In particolare, tale visione è sposata dai programmi UNESCO nell’ambito culturale, in cui ricadono anche i siti e i monumenti Patrimonio dell’Umanità. In particolare, l’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, nata nel 1945, con sede a Parigi, per promuovere la collaborazione internazionale soprattutto su cinque tematiche: educazione, scienze naturali, scienze umane e sociali, cultura, comunicazione e informazione, con l’intento di preservare e rendere fruibili il patrimonio culturale e naturale del pianeta, nel rispetto dei diritti umani. 32 Imprese e sistemi turistici vrappongano in termini concettuali, testimoniano la crescente consapevolezza e sensibilità aziendale al problema. Manca, tuttavia, tra le R, la principale forse, che potrebbe racchiudere tutti i concetti sopra esposti ed è proprio la responsabilità sociale (sul tema, si veda Sciarelli S., 1999; 2002). Il processo di sviluppo turistico, quindi, deve necessariamente avvenire attraverso la pianificazione strategica e di marketing del territorio, con una verifica costante della capacità di carico e di monitoraggio delle principali scelte di politica del turismo (Fig. 1.15)18. Figura 1.15 Sviluppo turistico e capacità di carico Sviluppo turistico Obiettivi – Criteri– Politiche Politiche per lo sviluppo turistico Analisi operative e di mercato Capacità di carico iniziale Analisi ambientali e di aree Formulazione delle politiche Indagine di mercato Indagine di utilizzo Prodotti turistici Capacità di carico dettagliata Impatto ambientale Monitoraggio valutazione e feed - back Scelte delle politiche Verifica Marketing Verifica organizzazione Implementazione monitoraggio gestione Verifica prodotti turistici Verifica ambientale Fonte: FAO, Corporate Document Repository, 2002 1.7 Il settore turistico tra globalizzazione e localismi Nel settore turistico si è di fronte a due fenomeni per certi aspetti contrastanti: la globalizzazione del mercato e lo sviluppo di localismi in termini di offerta. La globalizzazione agisce su due livelli. Dal punto di vista della domanda, tendono a diffondersi in modo sempre più esteso e tempestivo le informazioni, la conoscenza e, in parte, i gusti e le abitudini di acquisto e di consumo. Ciò, da un lato, rende più ampio il mercato di riferimento con una maggiore massificazione della domanda, soprattutto per quel che ri18 Questi aspetti saranno tuttavia sviluppati nei Capitoli 2 e 10. Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing 39 Tabella 2.1 Il VRIO framework Di valore? Rara da imitare? Costosa da imitare? Sfruttata dall’organizzazione? Implicazioni competitive Performance economica No – – No Svantaggio competitivo Al di sotto del normale Sì No – Parità competitiva Normale Sì Sì No Vantaggio competitivo temporaneo Superiore al normale Sì Sì Sì Vantaggio competitivo sostenibile Superiore al normale Sì Fonte: Barney, 2002, 2006 Se le risorse non sono di valore, generano uno svantaggio competitivo; se sono di valore, come visto, possono generare solo la parità competitiva. Le altre due variabili determinano la competitività temporanea (se solo rare ma non difficili da imitare), o duratura (se anche inimitabili). Il primo dei casi illustrati, ovviamente, rappresenta un punto di debolezza; gli altri dei punti forza, legati alle competenze distintive aziendali negli ultimi due. Il vantaggio competitivo sostenibile è generato dalle risorse strategiche, ossia da quelle che risultano di valore, rare, difficili o costose da imitare e sono sfruttate e valorizzate in termini organizzativi. 2.3 La catena del valore Uno strumento utile nel processo di individuazione delle risorse strategiche è la catena del valore, secondo la quale si distinguono le attività strategiche dell’impresa in attività primarie, strettamente connesse al processo di produzione e vendita, e attività di supporto, che rappresentano un importante sostegno a quelle primarie in modo trasversale. L’obiettivo finale deve essere la creazione di valore per il cliente (e, quindi, il vantaggio competitivo sostenibile sulla concorrenza), da cui dipende anche l’effettiva possibilità per l’impresa di realizzare margini di profitto remunerativi. Tra le prime rientrano, quindi: gli approvvigionamenti, la logistica in entrata e la gestione del magazzino, la produzione, la logistica in uscita, il marketing, le vendite e l’assistenza post-vendita; tra quelle di supporto: gli approvvigionamenti, le attività infrastrutturali (pianificazione, finanza, servizi legali), la tecnologia (Information & Communication Technology), la gestione delle risorse umane. Tale strumento è stato proposto da Porter (1985), con particolare riferimento alle aziende diversificate, distinguendo le attività di ciascun business (attività primarie) da quelle di supporto, generalmente realizzate a livello di sede centrale delle imprese. Talune attività, come ad esempio quella degli approvvigionamenti, potrebbero essere di supporto in ipotesi di produzioni omogenee, in cui gli approvvigionamenti sono i medesimi o comunque avvengono attraverso lo stesso canale di approvvigionamento. 42 Imprese e sistemi turistici delle compagnie aeree oggi è possibile effettuare una serie di prenotazioni per altri servizi, secondo schemi che si avvicinano al dynamic packaging (cfr. Capitolo 1 e Capitolo 3); • il potere contrattuale dei clienti, che dipende dal grado di concentrazione/polverizzazione della clientela, dal grado di differenziazione di quest’ultima, da quanto sia importante per il cliente il servizio fornito dall’impresa, dai profitti che la clientela riesce a conseguire (se sono bassi, è facile l’orientamento a cambiare fornitore per variazioni anche minime di prezzo) e dalla minaccia di integrazione a monte. Si pensi alla minaccia, per alcune strutture ricettive, del rischio di integrazione a monte da parte del tour operator che decide di investire direttamente nella ricettività (ad esempio, nei villaggi). In questa sede, tuttavia, si ritiene opportuno considerare anche la forza competitiva rappresentata dai complementor che, in parte, modifica anche la visione complessiva delle forze competitive. I complementor (Branderburger, Nalebuff, 1996) possono essere: 1. attori la cui presenza in un mercato rafforza la posizione competitiva dell’impresa analizzata. Si pensi ad esempio, nell’ambito di una destination promossa da un tour operator, alle imprese alberghiere di ottimo livello qualitativo e capacità imprenditoriali e manageriali. Tale situazione rende più facile, per il tour operator, innescare rapporti collaborativi di filiera, acquisendo un maggiore potere rispetto, ad esempio, ai nuovi entranti; si modifica così, per il tour operator esaminato, l’intensità di alcune minacce competitive; 2. le stesse cinque forze competitive classicamente individuate possono, in realtà, trovarsi, per necessità strategiche e di mercato, a collaborare, divenendo dei complementor. Basti pensare alle imprese ricettive di una destination, che sono in concorrenza tra loro ma possono e devono collaborare nello sviluppo delle offerte, per creare e potenziare lo standard medio di offerta per le diverse categorie, nel processo di promozione della destination (si pensi al comparto congressuale). Un esempio, legato più specificamente alle relazioni di filiera, è dato già dalla creazione del prodotto, sia in riferimento alle offerte dei tour operator (nella formula del package tradizionale o del dynamic packaging) che a configurazioni complesse come i network. Questa visione conduce allo schema delle forze competitive indicato in Fig. 2.1. Figura 2.1 Il modello delle forze competitive nell’analisi delle minacce esterne Complementor Minaccia nuovi entranti Poteree contrattuale ffornitori it i Potere contrattuale clienti co Minaccia concorrenti attuali Minaccia prodotti sostitutivi Fonte: elaborazione da Porter, 1980; Brandenburger, Nalebuff, 1996 44 Imprese e sistemi turistici Figura 2.2 Dalla concorrenza alla dinamica competitiva Concorrenti Dinamica competitiva Perché? – Per ottenere un vantaggio competitivo Come? – Puntando sulle risorse strategiche – Sviluppando azioni competitive – Sviluppando azioni collaborative Risultato Dinamica competitiva: azioni competitive e collaborative tra le imprese concorrenti Fonte: elaborazione da Hitt, Ireland, Hoskisson, 2007; Chen 1996 2.4.2 Le opportunità Da quanto detto emerge che, nella dinamica competitiva, è possibile convertire alcune minacce in opportunità, nei casi in cui l’impresa riesca, mediante le proprie competenze specifiche, ad avviare una relazione collaborativa con il proprio concorrente, con il risultato di rafforzare la posizione competitiva di entrambi, piuttosto che generare scontri talvolta improduttivi. Barney evidenzia come le opportunità ambientali siano collegate alle caratteristiche specifiche del settore (Tab. 2.2). Quelle che maggiormente interessano il settore sono: la frammentazione, il carattere internazionale, la configurazione di settore a rete, l’ipercompetitività e, per comparti come quello del trasporto aereo, l’empty core (approfondito nel Capitolo 4). In taluni casi, vi sono anche elementi che delineano degli aspetti tipici dei settori maturi. Questo dipende dal tipo di prodotto turistico (culturale piuttosto che congressuale) e dalle destination (città d’arte affermata piuttosto che piccole città in fase di lancio). In particolare, rispetto alla frammentazione, tipica dei contesti caratterizzati dalla prevalenza di piccole e medie imprese, le aziende più intraprendenti sono in grado di sviluppare dinamiche aggregative o di consolidamento, sia a livello di comparto (si pensi ai network agenziali, come nel caso della Frigerio Viaggi o la Domina Travel, tra le principali catene a livello nazionale) che di filiera a livello locale (nella costituzione e nello sviluppo dei sistemi turistici – cfr. Capitolo 10). L’apertura del settore a livello internazionale e globale se, come visto, accentua e complica lo scenario competitivo, esprime nuove e continue opportunità, legate anche alle possibilità di sviluppare l’incoming da nuovi paesi o di investire in luoghi ancora poco conosciuti da lanciare in termini turistici, anche attraverso partnership e joint ventures con imprese delle destinazioni obiettivo. Vista la complementarietà tra i diversi servizi che compongono il prodotto, la logica di rete rappresenta talvolta una scelta obbligata per le imprese turistiche. Nei casi di avvio di reti e network, tuttavia, il ruolo e le competenze dei diversi soggetti possono variare sensibilmente in funzione della capacità di ricoprire il ruolo di first mover, ossia di azienda particolarmente attiva, che può anche acquisire la funzione di pivot all’interno del sistema (cfr. Capitolo 10). Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing 45 Tabella 2.2 Configurazioni di settore e opportunità ambientali nel turismo Configurazioni di settore Opportunità Settori frammentati Consolidamento Nuove economie di scala Modifica nella governance Settori emergenti Vantaggi del first mover Leadership tecnologica Sfruttamento delle attività strategiche di valore Creazione dei costi di riconversione (switching cost) Settori maturi Miglioramento del prodotto Investimenti nella qualità dei servizi Innovazione di processo Settori in declino Leadership di mercato Strategia di nicchia Strategia di mietitura Disinvestimento Settori internazionali Opportunità di tipo multinazionale Opportunità globali Opportunità transnazionali Settori a rete Vantaggi del first mover e strategie da «vincitore prenditutto» Settori ipercompetitivi Flessibilità Distruzione proattiva Settori empty core Collusione Regolamentazione governativa Differenziazione di prodotto Controllo della domanda Fonte: Barney, 2002; Sciarelli, 2006 Altro aspetto essenziale è l’ipercompetitività, ossia il fatto che si tratti di un settore caratterizzato da bruschi e repentini cambiamenti, rispetto ai quali si misura la capacità competitiva delle imprese rispetto al grado di flessibilità, elasticità e capacità di sviluppo continuo di sollecitazioni (distruzione proattiva)7. 2.5 Le principali scelte strategiche Rispetto all’analisi esterna e interna all’impresa, le strategie competitive puntano, attraverso le risorse strategiche, a raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile. Si usa, infatti, distinguere tra un approccio che presta particolare attenzione alla massima efficienza nella gestione dei costi da quello maggiormente orientato all’efficacia delle scelte strategiche e, 7 Su questo tema si rimanda a D’Aveni, 1994, 1995; Della Corte, 2004; Barney, 2006, 2007. 46 Imprese e sistemi turistici quindi, alla massimizzazione dei ricavi aziendali, fermo restando per entrambi gli obiettivi di margini di profitto. Rimandando tuttavia alle sedi più specifiche l’approfondimento del tema (Brondoni, 2000, 2001; Barney, 2006), in tale trattazione è bene sottolineare, sia pure in sintesi, la macrodistinzione tra: 1. strategia di leadership di costo, che mira a raggiungere un vantaggio competitivo attraverso la realizzazione di costi di gestione inferiori rispetto alla concorrenza. Tale strategia riguarda soprattutto le attività rivolte maggiormente al mercato di massa. I fattori in grado di generare maggior valore, in questa direzione, sono: le economie di scala, che consentono la riduzione dei costi per maggiori volumi di produzione; l’apprendimento, che permette risparmi sui volumi cumulati di produzione; vantaggi di costo legati al tipo di tecnologia adottata, o al potere contrattuale nei rapporti con i fornitori di servizi. Questa strategia tende a considerare il mercato come unico e non tiene conto delle differenze tra i target. Un esempio di aziende che, almeno nella prima fase, hanno adottato questo tipo di strategia è quello delle compagnie aeree low cost; 2. strategia di differenziazione, che tende a raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile incrementando il valore percepito dai diversi target di clientela, rispetto alle imprese concorrenti. Il vantaggio generato può dipendere da diversi fattori, quali: le caratteristiche del prodotto (si pensi all’offerta alberghiera nel settore del lusso), i collegamenti tra le funzioni aziendali (con capacità di coordinamento e interazione massima tra le diverse funzioni aziendali) e tra l’impresa e i suoi potenziali partner (ad esempio, nel caso dei rapporti tra tour operator, imprese ricettive e di ristorazione); il timing, ossia la velocità con cui si sviluppano e attuano le strategie (vantaggio classico del first mover); l’ubicazione; il mix di prodotti proposto, che può completare la gamma (si pensi ai processi di espansione di tour operator come TUI, che con i diversi marchi risponde a differenti target di mercato); la reputazione e l’immagine, che dovranno poi essere confermate nella fase di erogazione dello specifico servizio. Con questa strategia, quindi, si considerano le differenti esigenze dei target di mercato, che si tenta di soddisfare con la massima personalizzazione del servizio; Figura 2.3 Le strategie competitive Vantaggio competitivo sostenibile basato Ampio (intero mercato o più target) Ambito competitivo Unicità Costi Leadership di costo Differenziazione Strategie simultanee Ristretto (un solo target) Focalizzazione basata su leadership di costo Fonte: elaborazione da Porter, 1985, 1998; Hitt, Ireland, Hoskisson, 2007 Focalizzazione basata su differenziazione 48 Imprese e sistemi turistici Figura 2.4 Tipologie di marketing nei servizi turistici ting relazionale o ern est Ma rke ting rke Ma inte rno Azienda Marketing interattivo rke ste rno Clienti gr tin na zio Ma rk el a etin ge Ma Marketing Personale le Partner Fonte: elaborazione da Kotler, Bowen, Makens, 2003 Il marketing interno, che l’impresa è in grado di attuare rispetto al proprio personale, dipende dallo stile di direzione adottato, dai sistemi di gestione delle risorse umane e di incentivazione del personale. Tali aspetti meritano però di essere oggetto di specifiche trattazioni. Il marketing verso la clientela è il classico marketing esterno (pubblicità, promozioni). Vi è anche un rapporto diretto tra il cliente e il personale dell’azienda addetto alla vendita e in questo caso si tratta di marketing interattivo, in cui il rappresentante aziendale ha la possibilità di interagire con il cliente. Questo può avvenire nella fase di vendita e, ancor più, in quella di erogazione del servizio, come di seguito spiegato. Infine, l’impresa interagisce con altre aziende della filiera, sia per la natura dell’attività (ad esempio, il tour operator deve interagire con imprese alberghiere, compagnie aeree, agenzie di viaggio, i cui interessi devono convogliare verso il successo turistico delle proposte), sia per l’acquisizione di una maggiore competitività sul territorio nazionale e internazionale, attraverso la collaborazione anche con i propri concorrenti. Pertanto, il processo di pianificazione, implementazione e controllo ha un particolare rilievo nel settore, considerando che gli obiettivi primari, nella realizzazione dei servizi turistici, sono quelli di attirare turisti e di soddisfare la clientela. Questo secondo obiettivo dipende dalla qualità dell’ambiente e dei servizi erogati. Se il cliente è soddisfatto, quindi, la soddisfazione è anche delle imprese in termini di profitto, per i risultati che conseguono e per la destination che ha successo in termini turistici. Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing 49 2.6.1 Il marketing a livello indotto e organico Il piano di marketing delle imprese e dei sistemi turistici (Fig. 5) riguarda due livelli fondamentali: • il livello «indotto», relativo alle politiche volte ad attrarre il turista e a scegliere quella specifica destination e quella particolare offerta (pacchetto, albergo ecc.); questa fase è delicata in quanto il potenziale turista attua la propria scelta prima di intraprendere concretamente il viaggio, cioè l’acquisto precede la realizzazione. La selezione avviene, infatti, esclusivamente sulla base di elementi virtuali, in funzione degli input che il consumatore riceve dall’esterno (media, agenti di viaggio, passaparola) e delle proprie percezioni interiori (cfr. Capitolo 1); • il livello «organico», relativo al marketing realizzato durante la fase di erogazione dei servizi: è particolarmente difficile poiché il servizio è valutato nel momento stesso dell’erogazione, diversamente da quanto avviene per le produzioni manifatturiere, che possono essere testate prima del lancio (contestualità tra il sistema di produzione e di erogazione del servizio)8. I due livelli sono raccordati dai processi di Customer Relationship Management (CRM) e di monitoraggio, finalizzati rispettivamente a verificare il grado di efficacia ed efficienza delle scelte assunte. Il CRM, nato come sistema informatico per lo studio delle relazioni con la clientela prima e dopo la vacanza, ha assunto infatti dimensioni sempre più articolate, divenendo uno strumento di analisi e di supporto alle decisioni, applicato con livelli di informatizzazione differenti a seconda del tipo di impresa, della struttura organizzativa e del grado di flessibilità che si intende mantenere. Figura 2.5 Il piano di marketing delle imprese e dei sistemi turistici Strategie Piano di marketing Livello indotto (orientamento del processo di scelta) Prodotto Prezzo Promozione Livello organico (customer satisfaction e customer retention) Distribuzione (Placement) Servicescape Relazioni Qualità e produttività CRM e Monitoraggio Fonte: elaborazione da Della Corte, 2000 8 Questa distinzione si collega anche ai concetti di qualità tecnica e funzionale di Grönroos (1983, 1990, 1994, 2000) e ai successivi approfondimenti dello studioso circa il ruolo del consumatore nel processo di creazione del valore nella fornitura di prodotti/erogazione di servizi (Grönroos, 2008). Sul tema si veda anche: Colurcio, Mele, 2005. Approcci e strumenti nell’analisi strategica e di marketing 51 Figura 2.6 Approccio integrato alle scelte strategiche e di marketing delle imprese e dei sistemi turistici Sviluppo della strategia Strategie di marketing Processo di creazione del valore - Definizione business - Analisi di scenario e concorrenza - Individuazione punti di forza/debolezza - Sviluppo della strategia - Segmentazione domanda - Definizione prodotto - Valore creato per il cliente - Obiettivi di customer satisfaction - Programma di fidelizzazione Processo di integrazione multicanale - Distribuzione tradizionale - Distribuzione on line - Altro Applicazioni back office Processo di erogazione e valutazioni performance - Customer satisfaction - Fidelizzazione - Dissatisfaction Applicazioni front office Sistemi ICT e strumenti di analisi Sistemi di gestione delle informazioni CRM e monitoraggio Fonte: elaborazione da Payne, Frow, 2005; Lovelock, 2007 no a supporto delle decisioni successive, che può riguardare, a seconda del livello di gap riscontrati, una o più delle fasi delineate. Il processo di management delle imprese turistiche è quindi integrato e non può che essere collegato, a sua volta, con quelli delle altre imprese della filiera e del territorio stesso, in un contesto competitivo dinamico imperniato sulla collaborazione interimprenditoriale per acquisire maggiore competitività... un compito arduo, che si tenta di illustrare nella parte successiva del presente lavoro... buon viaggio! 54 Imprese e sistemi turistici 3.3 Il prodotto Il prodotto del tour operator è tradizionalmente un pacchetto (package) che deriva dalla combinazione di una serie di servizi: dal semplice trasporto con alloggio (componenti essenziali perché si possa parlare di pacchetto) a una serie di servizi aggiuntivi, come le escursioni, la ristorazione e le eventuali attività culturali (si pensi all’inserimento delle card per le visite ai musei, o dell’entrata in alcuni musei rientranti in itinerari storico-artistico-culturali delle destinazioni, con eventuale visita guidata) e di intrattenimento (entrata in parchi di divertimento, spettacoli teatrali o folkloristici, concerti ecc.). A questi elementi si aggiungono fattori immateriali, come la sicurezza circa le destinazioni in virtù della notorietà del tour operator e della professionalità, nonché del comfort complessivo che l’operatore riesce a trasmettere nella realizzazione del viaggio. Infine, il grado di coinvolgimento del potenziale cliente nella costruzione del prodotto aumenta anche il potenziale grado di soddisfazione (Fig. 3.1). Da questo processo derivano proposte che implicano un’elaborazione creativa, appunto di creazione di un prodotto complesso atteso e percepito come unico dal turista. Pertanto, gli operatori devono attentamente scegliere i servizi da assemblare, che devono risultare omogenei dal punto di vista qualitativo, in quanto l’insoddisfazione rispetto a uno di essi può generare scontento in riferimento al viaggio nel suo complesso. In tal senso, il tour operator viene a essere coinvolto nel processo di erogazione delle imprese della filiera con le quali interagisce, nella definizione degli standard di servizio, al fine di assicurare un adeguato livello qualitativo che corrisponda alle esigenze e aspettative della domanda. Il discorso tende ad ampliarsi con l’aumento dell’estensione del prodotto rispetto ai core service. Nelle località in cui il TO investe in modo consistente, tale coinvolgimento arriva anche a influenzare il processo di sviluppo di intere destination. Si pensi al ruolo dell’operatore, nei rapporti con le istituzioni locali, per il miglioramento dei servizi infrastrutturali, per la gestione dei punti informativi, per lo sviluppo dei servizi di trasporto intra-destination. Il tour operator, d’altra parte, per investire in una località, necessita di una serie di servizi di accoglienza di base, che incidono anche nella scelta delle destination in cui investire. Allo Figura 3.1 Il prodotto del tour operator Coinvolgimento nella costruzione del prodotto Sicurezza, comfort Attività culturali e di intrattenimento Escursioni Ristorazione Trasporto + pernottamento 56 Imprese e sistemi turistici • è un’attività il cui contesto è ipercompetitivo, con forti processi di concentrazione su scala mondiale, crescente aggressività delle politiche di prezzo e pressioni a monte della filiera, da parte dei fornitori (in particolare da parte di compagnie aeree e catene alberghiere) che, stimolando la prenotazione diretta da parte del cliente, riescono a proporre una serie di servizi selezionati sulla base di accordi commerciali reciproci (riconoscimenti di royalties ecc.). In generale, la principale difficoltà connessa a quest’attività è che, in primo luogo, l’impresa deve assicurarsi un’adeguata disponibilità di posti letto, posti a sedere sui mezzi di trasporto e altri servizi, per creare formule di offerta da proporre sul mercato. Ciò implica la gestione di relazioni contrattuali con altri attori della filiera a monte, che erogano i singoli servizi successivamente assemblati e rielaborati dal tour operator. Inoltre, è importante la formulazione di previsioni adeguate circa le vendite che saranno realizzate e l’organizzazione efficace dell’attività di promozione e vendita, onde evitare il rischio di eccesso di domanda rispetto alla capacità (con conseguente perdita di quota di mercato rispetto ai tour operator concorrenti) o, al contrario, di invenduto nel caso di eccesso di capacità rispetto alla domanda, per errate previsioni e/o valutazioni dell’andamento di quest’ultima (Fig. 3.2). È quindi importante programmare la capacità in coerenza con previsioni quanto più attendibili sulla domanda. In tale processo, il tour operator deve interfacciarsi con i diversi attori della filiera, a monte e a valle, secondo le relazioni, i rapporti e le criticità illustrate nel paragrafo successivo. Il rischio dell’attività di tour operating è un rischio: • di mercato, nel senso che proprio l’immaterialità del servizio e la non immagazzinabilità dello stesso fanno sì che l’operatore debba investire in tempi significativamente anteriori alla vendita dei pacchetti. Ciò che non è venduto, tuttavia, è perso e non può essere immagazzinato. Pertanto, previsioni non corrette della domanda, sopravvalutazioni del mercato, non chiara conoscenza delle caratteristiche attuali della domanda e le relative evoluzioni, possono risultare fatali per l’attività di un tour operator; Figura 3.2 Implicazioni delle variazioni tra domanda e capacità di offerta VOLUME DOMANDATO La domanda supera la capacità (si perdono affari) CAPACITÀ UTILIZZATA Massima capacità disponibile La domanda supera la capacità ottima (la qualità cala) Capacità ottima (domanda e offerta ben bilanciate) Eccesso di capacità (spreco di risorse) Basso utilizzo (può inviare cattivi segnali) Ciclo temporale 1 Fonte: elaborazione da Lovelock, 2007, p. 319 Ciclo temporale 2 Il tour operator 61 Tabella 3.1 Vantaggi delle relazioni con network e aggregazioni 1. Disponibilità di una rete con potenziale di vendita più esteso, prevedibile, meno esposto a oscillazioni 2. Maggiore possibilità di programmazione dei prodotti e relativa pianificazione delle vendite 3. Eventuale disponibilità di una rete specializzata anche su particolari prodotti 4. Maggiore coordinamento dell’attività promozionale e commerciale 5. Forte riduzione del rischio di insoluti e maggiore garanzia circa il grado di affidabilità degli agenti di viaggio 6. Riduzione dei costi di gestione del rapporto, grazie al maggior coordinamento tra le diverse unità 7. Possibilità di attivare iniziative promozionali congiunte Il primo grande vantaggio è la disponibilità di una rete con elevato potenziale di vendita, con la quale avviare una precisa programmazione. Questo rende, ovviamente, anche più facilmente prevedibile e valutabile il potenziale di domanda raggiungibile. Il processo di selezione delle agenzie/network con cui interagire maggiormente è anche funzione del grado di affidabilità e professionalità delle imprese di retailing, nonché dell’eventuale specializzazione su specifici prodotti. Tale impostazione consente di coordinare meglio le attività di marketing e promozione, di avviare iniziative di co-marketing, nonché di gestire in modo più efficiente le relazioni. Inoltre, il consolidamento progressivo delle relazioni riduce i costi di coordinamento e il rischio di insoluti, trattandosi di ADV professionali e affidabili. In generale, per il successo delle relazioni con gli ADV, i fattori che maggiormente incidono sono (Holloway, 2004, p. 226): • l’immagine complessiva del TO e il grado di stabilità e affidabilità percepito dalla domanda; • la rispondenza del prodotto alle esigenze della clientela; • l’affidabilità della compagnia in termini di overbooking, consegna voucher, attività di comunicazione prima e durante il viaggio (aspetto legato anche alla presenza o meno di Customer Relationship Management Systems – CRMS); • il grado di conoscenza dei prodotti proposti da parte degli ADV (di qui l’importanza degli educational trip); • la presenza di relazioni consolidate, imperniate anche su conoscenze personali maturate nel tempo e lo sviluppo di programmi di cooperazione, in particolare con i network, per la promozione di prodotti più complessi (è il caso, ad esempio, di TUI con Europcar, soprattutto nel segmento fly per la combinazione volo+noleggio auto o di TUI con Contracting Product and Catalogue per la contrattazione con gli alberghi di destinazioni balneari nel Mediterraneo e nei Caraibi, oltre che per gli alberghi svizzeri, polacchi, austriaci, tedeschi e ungheresi); • la facilità e snellezza delle procedure, al fine di rendere il più possibile agevole il processo di verifica di disponibilità e prenotazione dei posti: il tempo è denaro per l’agente di viaggio e le procedure complesse non invogliano il personale di agenzia a operare con la propria azienda; • l’istituzionalizzazione di sistemi di credito alle agenzie, processo tanto più strutturato quanto più applicato a network ben organizzati e affidabili; • la capacità del TO di gestione trasparente del rapporto con gli ADV. Alcuni operatori, 62 Imprese e sistemi turistici pur lasciando intendere l’assoluto riferimento alle agenzie e ai network, incentivano, parallelamente, la vendita diretta. Tale aspetto non è assolutamente gradito agli ADV, che possono decidere di abbandonare l’operatore, a vantaggio di chi resta maggiormente concentrato sul canale tradizionale. 3.6 La catena del valore La catena del valore del tour operator è strettamente legata alle relazioni di filiera a monte e a valle che, come visto, divengono strategiche per il successo dell’impresa. Passando ad analizzare in dettaglio le diverse attività (Fig. 3.3) emerge che, tra le attività primarie, rientrano: • la gestione dei rapporti con i fornitori per l’acquisizione dei servizi da assemblare, che si sviluppa secondo le dinamiche indicate nel paragrafo precedente; rispetto alla tradizionale configurazione di catena del valore (Porter, 1987 e ss), tale attività risulta primaria in quanto riguarda l’acquisizione degli elementi che costituiscono il contenuto delle offerte prodotte del tour operator; • il processo creativo di costruzione del prodotto: questa attività è particolarmente complessa in quanto richiede elevate capacità di analisi, intuito imprenditoriale, al fine di pervenire a formule di offerta che possano risultare efficaci ed efficienti. Si tratta, infatti, di un processo che implica la valutazione della fattibilità di mercato, operativa ed economico-finanziaria del prodotto che si intende vendere sul mercato. Le principali fasi di questa delicata attività sono illustrate in Tab. 3.2. Come si può osservare dalla Tab. 3.2, è necessaria, in primo luogo, l’identificazione chiara e definita dei target di mercato di riferimento, per delineare il tipo di prodotto in funzione del quale selezionare i possibili servizi da considerare; tali servizi devono essere in grado, già nel processo valutativo, di soddisfare al massimo le esigenze dei turisti. La definizione del prezzo è legata a uno studio di prefattibilità, rispetto ai costi di acquisizione dei diversi servizi, inserenFigura 3.3 La catena del valore di un’impresa TO Booking Attività Primarie ne Erogazione CRM e fidelizzazione ine Gestione Creazione Promozione rapporti del prodotto e vendita con i fornitori (compagnie aeree, imprese alberghiere ecc...) Ma rgi Ma rg Attività di supporto Gestione rapporti di destination management Ricerca e sviluppo Amministrazione e finanza Gestione risorse umane Information & Communication Technology Il tour operator 63 Tabella 3.2 Le fasi fondamentali del processo di programmazione e promozione dei pacchetti turistici 1. Segmentazione del mercato di riferimento e scelta dei target 2. Ricerca, comparazione, selezione e assemblaggio dei servizi necessari a soddisfare le esigenze della domanda target e delle risorse della località da valorizzare e rendere fruibile 3. Definizione del prezzo di mercato a cui i target di turisti individuati sono disposti ad acquistare una destinazione o una tipologia di vacanza 4. Verifica della convenienza economica e della fattibilità finanziaria dell’operazione 5. Promozione della località e delle offerte su catalogo e/o in via multimediale, generalmente con marchio proprio do componenti creative ulteriori, al fine di conferire un valore aggiunto al pacchetto complessivo. Nella costruzione del prodotto è fondamentale inserire anche alcune valutazioni che riguardano i costi commerciali dell’iniziativa, necessari per raggiungere i target di mercato prescelti. Le tipologie di prodotto offerte dai tour operator, come evidenziato nel Capitolo 1, sono riconducibili alla configurazione tradizionale del package (all inclusive tour, che, come visto, include almeno il trasporto e l’intrattenimento) o a quella moderna, on line, del dynamic packaging. Va sottolineato nuovamente che, perché si possa parlare di dynamic packaging, occorre che la configurazione sia comunque svolta dal tour operator. Le stesse compagnie aeree che, infatti, ritengono di volerla sviluppare, costituiscono il tour operator on line, come nel caso di Jet2.com, che ha creato l’operatore Jet2holidays.com, o di Meridiana, che opera on line attraverso Wokito. L’aspetto fondamentale è che la responsabilità per il viaggio è esclusivamente a carico del tour operator, che si accolla ogni rischio connesso alla mancata rispondenza dell’offerta proposta rispetto allo standard di servizio atteso per quello specifico livello di prodotto8. Questo elemento distingue il prodotto offerto dal TO dai servizi proposti dalle altre aziende del settore (soprattutto le compagnie aeree), attraverso i portali e i siti web. In tali casi, la responsabilità è a carico del cliente, che sceglie e prenota i diversi servizi. Si tratta, in queste ipotesi, di una configurazione di tipo network, rispetto alla quale un eventuale problema relativo all’erogazione di uno dei servizi proposti deve essere gestito direttamente con l’impresa di riferimento. Nelle ipotesi di package e dynamic packaging, invece, si è di fronte a un prodotto in cui il referente è unico ed è, appunto, il tour operator, che si accolla il rischio del buon esito del viaggio, secondo quanto stabilito dalle regole previste dal contratto di viaggio stipulato con il potenziale utente. 8 In particolare, la regolamentazione degli aspetti contrattuali tipici dell’attività di intermediazione e organizzazione di viaggi è, innanzitutto, di matrice internazionale e sovrannazionale. Si fa riferimento alla Convenzione Internazionale sul Contratto di Viaggio di Bruxell, 1970, resa esecutiva in Italia con la l. 27/12/1977, n. 1084; alla Direttiva del Consiglio UE n. 90/314 del 13/06/1990, concernente i viaggi «tutto compreso», attuata nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n.111 del 17/03/1995; alla Direttiva n. 82/470/CEE, concernente la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi da parte dei TO e delle ADV, applicata in Italia dal D.Lgs. n. 392 del 23/11/1991. La vendita dei pacchetti turistici effettuata on line ricade, invece, nella previsione dell’art. 9 del D.Lgs. n. 50 del 15/01/1992, di attuazione della direttiva n. 85/577/CEE, in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali. 64 Imprese e sistemi turistici La definizione del prezzo avviene sin dalla fase di creazione del prodotto, sulla base della strategia del tour operator (leadership di costo piuttosto che differenziazione produttiva o focalizzazione)9. Il prezzo di vendita deve rappresentare espressamente quello che l’utente è disposto a pagare per il tipo di viaggio proposto, in funzione delle aspettative generate (value for money). Le aspettative non devono, tra l’altro, risultare mai superiori alle caratteristiche dei servizi che saranno realmente erogati, onde evitare il problema della percezione negativa sul viaggio, con un effetto passaparola negativo. Allo stesso tempo, come visto, il prezzo fissato deve garantire, attraverso la vendita dei prodotti, la copertura dei costi e il conseguimento di margini di utile. Tali margini tendono sempre più a ridursi quanto più il prodotto risulta «di massa». In questo ultimo caso, infatti, i tour operator devono movimentare elevati volumi di turisti e conseguire economie di scala per poter realizzare profitti adeguati. Vi sono poi le attività di pubblicità e promozione, di radicale importanza per questa tipologia di impresa e analizzate in dettaglio nel paragrafo successivo. Quanto alla distribuzione, la scelta è in prospettiva sempre più orientata verso la multicanalità, nella valutazione degli intermediari tradizionali, rispetto alle nuove forme distributive avanzate. Il processo nella sua completezza è indicato in Fig. 3.4. L’attività di booking (prenotazione) interagisce esclusivamente con le ADV allorquando il TO si rivolge al canale agenziale in via esclusiva e direttamente on line o via call center nei casi in cui il l’operatore opti per la totale disintermediazione. È chiaro, però, che mentre Figura 3.4 Il processo di costruzione, vendita ed erogazione del prodotto del TO Adv Programmazione Distribuzione Rapporti con imprese di trasporto Rapporti con imprese ricettive Costruzione del prodotto Rapporti con altre imprese locali Organizzazione materiale promozionale e definizione del prezzo Booking Corrispondenti Erogazione del prodotto (a...) Prenotazioni Web Promozione Fiere Media Uffici propri CRM Fonte: elaborazione da Della Corte, 2004, p. 22 9 Sulle strategie competitive, si rimanda al Capitolo 2. Si veda anche: Porter (1982; 1997; 1998), Barney, 2002; per un approfondimento sul settore turistico e in chiave resource-based, si vedano Della Corte, 2004; Barney, 2006, traduzione a cura di Della Corte, Sciarelli. 68 Imprese e sistemi turistici Figura 3.5 Elasticità del reddito per differenti segmenti di turisti Visite ad amici e parenti Vacanza principale Reddito Business Turismo congressuale Vacanza secondaria Domanda turistica (spesa) Fonte: Cooper, 2005, p. 654 Nella definizione del prezzo, quindi, bisogna tener conto dei costi per la realizzazione e del relativo margine-obiettivo, tenendo sempre presente la valutazione del potenziale turista rispetto al viaggio. È necessario creare valore per il cliente. Quest’ultimo è dato dalla formula: Valore = Qualità/prezzo + immagine. Se la qualità e l’immagine del prodotto e dell’azienda sono elevati, il potenziale turista sarà maggiormente disposto ad acquistare il viaggio. Variazioni di prezzo possono essere praticate per una serie di motivi, legati alla stagionalità dell’offerta, alla volatilità di alcuni fattori di mercato che incidono sensibilmente sul costo dei fattori che compongono il pacchetto (tassi di cambio, costo del petrolio ecc.), alla crescente trasparenza del mercato che implica una maggiore influenza reciproca circa le scelte di prezzo tra concorrenti, a fattori di tipo psicologico che possono influenzare diversamente le scelte. Tuttavia, la riduzione di prezzo rappresenta una leva particolarmente rischiosa per il tour operator, in quanto può generare percezioni negative nella mente del consumatore: può maturare la convinzione che l’impresa sia in difficoltà e che, quindi, abbia peggiorato la qualità dei servizi proposti, con l’aspettativa che il prezzo cali ulteriormente. In tali processi, anche quando l’immagine resta costante, il valore percepito può dimezzarsi. Accade infatti: Valore = qualità/prezzo con immagine costante; se V =Q/2x / P/x, allora V = Q/P; La formula indica che si sviluppa la percezione di un calo nella qualità del servizio, con conseguente dimezzamento del valore percepito dal potenziale turista. Nel caso inverso di aumento dei prezzi, è importante comunicare adeguatamente le motivazioni alla base di tale aumento: se la domanda lo percepisce come espressione di maggiore qualità, può essere disposta a pagare un prezzo più elevato; viceversa, può decidere di spostarsi verso altri marchi e tour operator. La politica di prezzo, quindi, è molto complessa e delicata e deve essere praticata in piena armonia e coordinamento con le altre politiche di marketing, in un piano organico. Il tour operator 69 Per quanto concerne, in particolare, le attività di pubblicità e promozione, queste devono risultare coerenti con la campagna di marketing complessiva e si articolano in una serie di azioni coordinate. Alcune si riferiscono al business-to-business (B2B), ossia al rapporto tra tour operator e altri attori della filiera (agenzie di viaggio clienti), altre al business-toconsumer (B2C) (Fig. 3.6). Come si evince dalla figura, i diversi sforzi pubblicitari e promozionali agiscono su più fronti e possono essere combinati in modo differente. I principali per il tour operator sono (Holloway, 2004; Della Corte, 2004, p. 25): • la distribuzione di cataloghi/video via agenzie di viaggio, aspetto legato alla scelta distributiva del retailing tradizionale, che riguarda le decisioni relative alla costruzione del catalogo, alla chiarezza espositiva dello stesso, alle modalità di presentazione delle strutture facenti parte dei pacchetti proposti15. Tale attività si collega anche al rapporto con le ADV, al fine di assicurarsi la più efficace esposizione dei propri cataloghi e, soprattutto, l’effettivo utilizzo e distribuzione degli stessi. Questo dipende, tuttavia, dall’intensità e dal grado di consolidamento dei rapporti tra TO e ADV. La predisposizione delle brochure, in ogni caso, è un processo molto complesso, costoso, difficile da realizzare e sicuramente non univoco: occorrono una serie differenziata di brochure con i relativi brand e caratteri distintivi per ciascun segmento di mercato; • il merchandising, legato alla promozione di specifici prodotti anche attraverso stand dedicati all’interno dei locali delle ADV (si pensi ai Ventapoint nel caso del gruppo Il Ventaglio, che ha previsto corner speciali presso le agenzie associate per promuovere Figura 3.6 Le campagne di promozione di un’impresa tour operator (Segmento business) AZIENDE – Incentive – Bonus – Fam Trip – Free gifts Promozione B2B + Promozione diretta B2C Consumatore finale – Materiale promozionale – Rateizzazione – Programma fedeltà – e-promotion – Accordi di co-marketing con aziende di altri settori 15 Per un approfondimento, si rimanda a Della Corte, 2004, Capitolo I. ADV – Educational – Fam Trip – Lanci di brochure – Giveaway – Merchandising Il tour operator 73 Il supporto dell’ADV è massimo nel primo caso, e si riduce scendendo verso le categorie inferiori. È evidente che, a loro volta, i tour operator tendono a classificare gli agenti e i network in funzione dei volumi di fatturato raggiunti, con l’obiettivo di ottenere la minore polverizzazione possibile della distribuzione, con una maggiore efficienza conseguente nella gestione dei rapporti con la distribuzione (Pareto Principle18). In tale direzione, i TO utilizzano differenti sistemi di classificazione delle ADV, in funzione appunto del relativo rendimento. In Fig. 3.7 sono indicate le valutazioni di rendimento e di produttività realizzate dai tour operator rispetto agli agenti di viaggio. Nella prima sezione, sono indicati i livelli di valutazione effettuati da operatori di grandi dimensioni, nei confronti del comparto agenziale, soprattutto in termini di network. Nella seconda sezione, si fa riferimento ai parametri generalmente adottati dai TO di dimensioni inferiori (medio-piccole) per valutare la produttività delle agenzie (anche in termini di piccoli gruppi o network). È chiaro che, in questo secondo caso, le fasce di oscillazione della produttività sono relative a valori molto più bassi. Tuttavia, la valutazione risulta molto più Figura 3.7 Valutazione dell’efficienza degli agenti di viaggio Criteri di valutazione adottati da tour operator di dimensioni medio-grandi Criteri di valutazione adottati da tour operator di nicchia Livello di performance ADV Descrizione del livello Prenotazioni in un anno Livello di performance ADV Descrizione del livello A ADV con produttività ottimale, network 100+ P Di solito network con elevato numero di prenotazioni l’anno B Buoni ADV 50-99 AA ADV con almeno 12 prenotazioni l’anno C Discreti ADV 20-49 A ADV con almeno 6 prenotazioni l’anno D ADV al di sotto della media 6-19 B ADV con 2 prenotazioni l’anno E ADV con scarsa produttività 0-5 C ADV con 1 prenotazione l’anno D ADV non in grado di pervenire a 1 prenotazione l’anno Z ADV che non generano prenotazioni e senza potenziale Fonte: rielaborazione ed integrazione da Holloway, 1995, p. 174 e Della Corte, 2004, p. 36 18 Il Principio di Pareto, noto anche come la regola dell’80/20, stabilisce che in ogni aspetto una piccola parte (il 20%) è vitale, mentre la maggior parte (l’80%) è insignificante. Dal punto di vista economico ciò significa che, ad esempio, l’80% delle vendite proviene dal 20% dei clienti, finali o intermedi come in questo caso, su cui occorre focalizzarsi. Per approfondimento si veda Rushton, Oxley, Croucher, 2000; Reed, 2001. 78 Imprese e sistemi turistici Figura 3.8 Rapporto tra grado di soddisfazione e fedeltà Apostolo 100 Zona di affezione Fedeltà (mantenimento) 80 Zona di indifferenza 60 Quasi apostolo Zona di defezione 40 20 Terrorista 1 Molto insoddisfatto 2 Insoddisfatto 3 Né soddisfatto né insoddisfatto 4 Soddisfatto 5 Molto soddisfatto Fonte: Lovelock, 2007, p. 462 Parallelamente agli sforzi per generare customer satisfaction e retention sulla clientela finale, non bisogna trascurare quelli realizzati sulla distribuzione: basti pensare ai premi per le agenzie che raggiungono determinati livelli di fatturato, a particolari attenzioni e riguardi verso la clientela della specifica agenzia-cliente; ai rapporti tra il personale del TO e quello delle agenzie di viaggio. La conquista della fedeltà è anche generata dalla propensione al problem solving e alla capacità di recovery, ossia di intervento in caso negativo. Tale approccio è critico in quanto deve consentire di trasformare l’elevata insoddisfazione del cliente in un recupero dello stesso (Keaveny, 1995). L’insoddisfazione riguarda generalmente problemi nel core service (ossia trasporto o soggiorno), in termini di ritardi, scarsa attenzione alla clientela, mancata corrispondenza tra la struttura presentata e quella ritrovata (aspetto molto negativo che investe una non corretta attività di promozione da parte dello stesso tour operator) o servizio inadeguato, scarsa cura e attenzione da parte del personale delle strutture ricettive. In questi casi, la percezione sul pacchetto è fortemente compromessa, in quanto carente in una delle componenti principali. In tali situazioni, tuttavia, la capacità di immediata sostituzione della struttura quando le lamentele risultano oggettive rispetto alle prestazioni ricevute, o il riconoscimento di un bonus per un’escursione per sopperire a problemi di ritardi sui voli, solo per fare alcuni esempi, sono azioni che esprimono un’adeguata capacità nel problem solving. In ogni caso, tale processo è molto difficile in quanto, nei casi di insoddisfazione, è molto elevata la propensione al passaggio alla concorrenza. È per questo motivo che l’intervento prima che si sia concluso il viaggio viene definito strategico, per far svoltare la curva di soddisfazione: il cliente inizialmente insoddisfatto può tornare soddisfatto dal proprio viaggio. Qualsiasi intervento successivo per compensare i disagi ha scarsa possibilità di recupero. Nella programma- Il tour operator 79 zione, quindi, è importante che il tour operator sia in grado di valutare tutto ciò che può generare insoddisfazione e defezione conseguente, agendo già nella fase conclusiva. Questo è un corretto processo di pianificazione della qualità finalizzata alla customer satisfaction e retention. Premesso che la base della soddisfazione debba essere la qualità dei diversi servizi che compongono l’offerta così come l’armonia degli stessi in termini di standard, ben si può comprendere quanto la destination, il tipo di organizzazione, i servizi e le infrastrutture in essa presenti possano di fatto compromettere o, al contrario, avvantaggiare il tour operator, contribuendo a rendere più o meno piacevole il soggiorno. È per questo motivo che, in taluni casi, il tour operator decide di investire direttamente in alcune imprese locali delle destinazioni promosse (ad esempio, in strutture ricettive piuttosto che nella gestione di attraction) e, in altre circostanze, di abbandonare una destination per le difficoltà riscontrate sul territorio in termini di infrastrutture, sicurezza, servizi di base ecc. In tal senso, le destination devono realizzare un attento processo di marketing turistico e territoriale, come sarà spiegato nel Capitolo 10. 3.8 Il processo di monitoraggio Da quanto detto circa la qualità si può ben comprendere l’importanza fondamentale del processo di monitoraggio della stessa e dell’intero ciclo di attività del tour operator, nella complessità delle diverse fasi. Tale processo riguarda, in particolare, gli aspetti principali della performance aziendale, indicati in Tab. 3.3: la qualità, l’efficacia, l’efficienza, la finanza. La qualità, come visto, rappresenta una fondamentale leva del marketing di questa categoria di imprese, come delle altre del settore turistico. Nel processo di monitoraggio, può essere valutata in funzione del numero di lamentele valutate per periodo, di eventuali problemi legali con i clienti e può essere monitorata attraverso indagini e somministrazioni di questionari sulla customer satisfaction. La variabile finanziaria è importante in quanto, proprio per l’elevato rischio di questa attività e per la complessità del prodotto, è Tabella 3.3 Le principali variabili nel processo di monitoraggio di un TO VARIABILI PARAMETRI DI VALUTAZIONE Qualità Lamentele, problemi legali, questionari sulla customer satisfaction Finanza Livello di capitalizzazione, autofinanziamento, rapporto fonti-impieghi, valutazione di impatto di alcuni eventi macroeconomici Efficienza Processo: Tempo medio di evasione delle pratiche, contatti booking /n. di prenotazioni Gestione: produttività del personale, efficiente distribuzione, impatto tecnologie innovative, ROI, profitto Efficacia sul mercato Quota di mercato, attitudini della clientela Strategia Raggiungimento di aziende e perseguimento delle mission, grado di innovazione nella gestione Le imprese di trasporto 101 Figura 4.1 Curve di domanda e di offerta nel settore aereo S3 Prezzi S2 D3 P S1 D2 D1 Q Quantità Fonte: Barney, 2006, p. 99 adeguato grado di copertura dell’aeromobile (load factor) e quindi di copertura dei costi di gestione, per poi determinare i margini una volta superato il punto di equilibrio (break even point)6. D’altra parte, di fronte a una domanda fortemente elastica rispetto al prezzo, l’offerta risulta completamente anelastica: l’offerta dei posti a sedere resta, infatti, la medesima a prescindere dal traffico e dai passeggeri (Fig. 4.1). L’incremento di capacità avviene «per salti», con l’acquisizione di un nuovo aeromobile, le cui dimensioni sono predefinite a seconda se si tratti di traffico di short, medium o long distance, senza possibilità di incremento graduale dell’ampiezza della struttura (come avviene, invece, per le imprese di ristorazione e per quelle alberghiere). Inoltre, gli investimenti richiesti sono di elevata entità, rendendo spesso complessa la situazione finanziaria delle imprese. La struttura dei costi di una compagnia aerea è caratterizzata da una forte incidenza dei costi fissi e da un elevato grado di leva operativa. Il problema, soprattutto per alcune rotte, è in primo luogo il raggiungimento del punto di pareggio (break even point): la maggior parte delle imprese del settore presenta risultati di performance negativi o comunque insoddisfacenti. Gli elevati costi fissi (tra cui quelli necessari all’acquisizione di slot [spazi] aeroportuali, ossia di spazi dedicati ai propri aeromobili all’interno delle aree aeroportuali) ed i sunk cost (costi affondati, ossia non recuperabili una volta sostenuti se non si generano adeguati ricavi, come nel caso delle spese di pubblicità), che si tramutano in una perdita netta in caso di mancata copertura della capacità ricettiva dell’aeromobile, fanno sì che nel settore esista una cutthroat competition: le compagnie preferiscono vendere i posti a sedere sugli aeromobili praticando prezzi anche inferiori al costo medio. Esistono, tuttavia, significative differenze nella scelta dei percorsi strategici e delle politiche di marketing, a seconda del modello di business prevalente: full cost e low cost. 6 Come noto, quest’ultimo è dato dalla differenza tra i ricavi di vendita e i costi totali e rappresenta quindi il livello di vendita, corrispondente a profitti nulli, in cui l’azienda riesce a coprire i costi totali (costi fissi più costi variabili). Superato tale livello, l’impresa passa dall’area delle perdite all’area dei profitti. Per un approfondimento, si veda Sciarelli S., 2008. 104 Imprese e sistemi turistici Figura 4.2 Catena del valore di una compagnia aerea Amministrazione e Finanza Attività di supporto Ma Gestione Risorse Umane rgi ne Innovazione Information & Communication Technology Acquisizioni e gestione rapporti con i fornitori Marketing e vendite Attività operative di erogazione Attività post-vendita per fidelizzazione e in M g ar Attività Primarie 4.4.1 Full cost Come evidenziato, le compagnie aeree tradizionali di bandiera sono anche denominate full cost per distinguerle dalle compagnie low cost. La logica di business, rispetto alla mission iniziale (compagnie di stato con monopolio), è mutata sensibilmente nel tempo. Oggi le compagnie full cost realizzano collegamenti sia all’interno del proprio stato che a livello internazionale, anche attraverso il sistema del networking. Per tale motivo, sono generalmente indicate come network carrier. L’aspetto che maggiormente le distingue da un low cost carrier è la capillarità dei collegamenti: tutte le destinazioni domestiche sono raggiunte dalla compagnia di bandiera, anche se attraverso il ricorso al sistema hub and spoke già sul territorio nazionale. Questo, inevitabilmente, genera un allungamento complessivo della durata del volo per chi deve raggiungere una destinazione sul territorio nazionale, fermandosi nello scalo hub della compagnia (cfr. Paragrafo 4.5.1). Passando ad analizzare più in dettaglio le caratteristiche di una compagnia full cost, emerge la situazione illustrata in Fig. 4.3. Come si evince dalla figura, le compagnie full cost hanno un concept imperniato su un servizio di trasporto ramificato (con voli domestici, internazionali e intercontinentali), variegato (in termini di destinazioni raggiunte) e di «maggiore qualità e sicurezza», sebbene quest’ultimo aspetto, nella pratica, non sempre rappresenti un effettivo fattore di differenziazione rispetto alle compagnie low fare (a tariffe basse) o low cost. L’approccio nella gestione è di tipo globale, con l’obiettivo di collegare il paese di cui si è compagnia di bandiera con il resto del mondo, anche attraverso alleanze con altre full cost. La compagnia full cost, quindi, letteralmente detta «a costo pieno», basa il proprio business sul concetto di un trasporto rispetto al quale esiste una differenziazione nei posti a sedere, nelle tariffe, nei servizi rivolti ai diversi target di utenza e nei collegamenti attraverso i principali aeroporti (hub) delle destinazioni di partenza e di arrivo. Questa tipologia di impresa si rivolge sia al segmento business, che necessita di certezza nei collegamenti, nella frequenza dei voli (possibilità di usufruire di voli quotidiani), con una serie di servizi dedicati, sia al segmento leisure, definito però high yield, ossia ad alto margine, nel senso che si tratta di un segmento medio-alto, che preferisce viaggiare con maggiori comfort, pur pagando un prezzo più elevato per il volo. Ciò, tuttavia, vale soprat- Le imprese di trasporto 105 Figura 4.3 Le principali caratteristiche gestionali di una compagnia full cost Concept e modello di gestione Target di riferimento Sistema di rotte e logistica Operations Human Resources Management Marketing Gestione rapporti di filiera/ accordi di collaborazione • Elevato numero di collegamenti giornalieri verso un ampio numero di destinazioni; • Approccio globale attraverso le connessioni in network; • Differenziazione dei posti a sedere e delle relative tariffe; • Inserimento di servizi dedicati in aeroporto per i diversi segmenti di mercato; • Maggiore complessità nella gestione dei rapporti con gli aeroporti (in particolare gli hub). • Segmento business; • Segmento leisure. • Scelta aeroporti principali; • Adozione del sistema hub & spoke. • Scelta prevalente su diversi modelli di aeromobili, a seconda dei collegamenti; • Utilizzo quotidiano (daily utilization) della flotta intenso e complesso; • Co-gestione di alcuni aspetti logistici per i voli in collegamento con gli operating carrier. • • • • Sistemi gerarchici; Rigidità nei ruoli dei dipendenti; Strutture organizzative complesse, di grandi dimensioni; Sistema retributivo prevalentemente fisso. • Prodotto più differenziato; • Maggiore differenziazione del servizio; • Utilizzo di Revenue Management System, ma con crescente ricorso all’advanced booking; • Prezzi differenziati; • Enfasi sui voli andata/ritorno; • Aggancio ad altri attori della filiera per una maggiore fidelizzazione; • Sistemi di customer care, in particolare per clienti importanti; • Multicanalità nella distribuzione; • Utilizzo di Customer Relationship Management. • Sviluppo di accordi orizzontali con altre compagnie (global network); • Outsourcing prevalente di flight operations. tutto per il segmento business e per quello leisure che desidera effettuare viaggi long distance10. Dal punto di visto logistico e della mappatura, i network carrier operano sugli aeroporti principali (hub) e ricorrono a un sistema di collegamento tra gli scali definito hub 10 Recenti studi (Ernst & Young, York Aviation, giugno 2007) evidenziano che per le compagnie full cost il grado di elasticità della domanda rispetto al prezzo è pari a -0,8 per il segmento business, a -1 per il leisure sulla long distance e -1,5 sulla short distance, a fronte di un grado di elasticità dell’utenza delle compagnie low cost pari, in generale, a -1,5. Ciò significa che, a fronte di un aumento del prezzo del 10%, si assiste a un calo della domanda nella misura del 15%. 108 Imprese e sistemi turistici Figura 4.4 Le principali caratteristiche della gestione di una compagnia low cost Concept e modello di gestione Target di riferimento Sistema di rotte e logistica Operations Human Resource Management Marketing Gestione rapporti di filiera/ accordi di collaborazione • Semplicità ed essenzialità del servizio offerto (no frills); • Ridotto numero di collegamenti, con diverso livello di frequenze dei voli e verso un contenuto numero di destinazioni; • Focalizzazione su mercati domestici. • Segmento leisure di massa (low yield ); • Approccio anche al segmento business. • Scelta di aeroporti secondari; • Adozione del sistema point to point. • Scelta prevalente su di un singolo modello di aeromobile, con più di 100 posti a sedere (ad esempio, il Boeing 737 di Easyjet presenta 148 posti e l’Airbus 320); • Utilizzo della flotta più intenso ed efficiente; • Adozione di strategie di fuel hedging. • Flessibilità dei ruoli dei dipendenti; • Commisurazione di parte dei compensi alle vendite dei servizi «aggiunti»; • Lean management nell’amministrazione. • • • • • • Eliminazione dei pasti gratuiti durante il volo; Esemplificazione del sistema di tariffe; Sovrapprezzo per i bagagli a mano in overhedge; Variabilità dei prezzi rispetto alla data di partenza; Advanced booking; Realizzazione di sforzi promozionali via web e attraverso altri canali di distribuzione; • Disintermediazione nella distribuzione. • Sviluppo di accordi verticali con altri attori della filiera turistica e con gli aeroporti; • Outsourcing prevalente di servizi differenti dalle flight operations. In conseguenza del sistema point to point, l’utilizzo della flotta risulta più intenso ed efficiente17, attraverso soste limitate negli aeroporti (il tournaround tra due voli, generalmente, non supera i 25 minuti) e voli piuttosto brevi18. Inoltre, nelle operation sono adottate strategie di fuel hedging, ovvero l’acquisto di grandi scorte di carburante per evitare di doversi rifornire in momenti in cui i prezzi sono alti. Nella gestione del personale, tra le compagnie low cost si opta generalmente per sistemi flessibili nella definizione dei compensi e nei meccanismi di assunzione delle unità (hostess e stewart svolgono più attività, dedicandosi ad esempio al ricevimento passeggeri al gate d’imbarco e talvolta anche alla realizzazione della pulizia sull’aeromobile). I sistemi 17 Così, ad esempio, Easyjet vola mediamente 10,7 ore al giorno e British Airways circa 7,1 ore. Non va trascurato l’attuale processo di sviluppo di compagnie low fare anche nei collegamenti intercontinentali diretti (ad esempio, Eurofly, che collega la città di Napoli a New York). 18 112 Imprese e sistemi turistici 4.5.1 I sistemi hub and spoke e point to point Il sistema hub and spoke, generalmente utilizzato dalla compagnie full cost, prevede la convergenza di più voli su un grande hub aeroportuale, da cui si dipartono a raggiera i collegamenti verso specifiche località (Fig. 4.5). Implica, quindi, che una compagnia domini un hub, fornendo la maggioranza dei voli da e per quella specifica destinazione. Il sistema favorisce il configurarsi di situazioni di oligopolio di mercato, conseguentemente alle decisioni, da parte delle compagnie aeree, di investire in un aeroporto nazionale e internazionale, per poi sviluppare i singoli collegamenti. Compagnie concorrenti, in tal senso, tendono poi a differenziare le scelta degli hub, creando una «mappatura» geografica dei collegamenti secondo la quale ciascuna di esse prevale su determinate rotte. Questa strategia richiede la realizzazione di ingenti investimenti, motivo per il quale rappresenta un’alternativa per le compagnie aeree full cost, ma non per le low cost. I principali vantaggi di questo sistema, sono: 1. ai passeggeri è offerta una più ampia gamma di voli con maggiori coincidenze: il numero di destinazioni raggiungibili si estende a raggiera, considerando che viene superato il vincolo del collegamento diretto; 2. le compagnie aeree ottengono una notevole riduzione dei costi e un più alto tasso di riempimento degli aerei, grazie all’attività di feederaggio svolta dai collegamenti a breve e medio raggio: è chiaro che se sul volo verso la destinazione x sono convogliati i passeggeri provenienti dalle località y e z, ad esempio, aumenta il numero di passeggeri sul volo per la destinazione x, con un conseguente più elevato loading factor (tasso di riempimento dell’aeromobile); 3. può comportare, di conseguenza, una significativa differenziazione dei prodotti, in funzione delle scelte dell’hub e delle destinazioni servite. Se due compagnie full cost effettuano investimenti in località diverse, inevitabilmente riducono la concorrenza diretta e creano una certa specializzazione nel servire, in particolare, alcune destinazioni; 4. può rendere più facile la previsione della domanda aerea, anche nel rapporto tra piccole località e destinazioni principali: ciò consente alle compagnie di ridurre il rischio di invenduto e le problematiche sopra esposte della cuttrhoat competition. Figura 4.5 Il confronto tra il sistema point to point e il sistema hub and spoke point to point • Tipico delle compagnie aeree piccole o low cost; • Collegano destinazioni da punto a punto senza fruire di centri di smistamento; • Hanno un numero di tratte ridotte; • Il cliente prende un unico aereo per andare da A a B. hub and spoke • Tipico delle grandi compagnie aeree; • Hanno uno o più aeroporti di smistamento (hub) su cui convogliano il traffico e lo reindirizzano verso le destinazioni periferiche; • Vantaggi per l’aerolinea: maggior numero di destinazioni servite; • Implicazioni per il cliente: deve prendere due aeroplani per andare da A a B. 114 Imprese e sistemi turistici 1. che il prodotto da vendere non sia conservabile o immagazzinabile: come detto, il prodotto «trasporto aereo» è immateriale, assolutamente non immagazzinabile; ciò lo rende più rischioso in quanto la mancata copertura dei posti a sedere rappresenta una perdita netta per l’azienda. Per tale motivo l’elaborazione di modelli di previsione appare molto importante nell’attività di trasporto aereo; 2. che l’offerta sia rigida rispetto alla domanda del mercato: si è evidenziato, infatti, che l’incremento di offerta, in tale comparto, appare particolarmente complesso, in quanto non può risultare progressivo ma è caratterizzato da «salti quantici» (ossia incrementi per aeromobili), con notevoli, bruschi incrementi di capacità di carico; a fronte dell’offerta rigida, la domanda deve essere analizzata nelle sue componenti, al fine di orientare meglio le proposte da inserire sul mercato; 3. che la domanda non sia totalmente prevedibile e, comunque, soggetta all’influenza di diversi fattori esterni. Tale analisi si basa sull’andamento storico dei flussi in medesimi periodi negli anni precedenti: non è quindi in grado di prevedere variazioni per eventi straordinari; in tal senso, è importante verificare sempre, per una reale efficacia del sistema, la presenza di eventi/manifestazioni importanti rispetto a una destinazione servita, che potrebbe far variare in modo consistente l’andamento del traffico in taluni momenti o periodi. Le soluzioni proposte dallo Yield Management, quindi, riguardano essenzialmente le azioni sulla domanda e, quindi, sui ricavi di vendita conseguiti (Fig. 4.6). Le alternative sono essenzialmente due: 1. aumentare la capacità di carico degli aeromobili (load factor), praticando tariffe speciali o ridotte per assicurarsi la copertura del break even point (ossia il punto di pareggio, in corrispondenza del quale i ricavi eguagliano i costi); 2. cercare di aumentare il valore medio per passeggero, tentando di massimizzare il ricavo medio per passeggero, aumentando le tariffe e selezionando il traffico. Figura 4.6 Meccanismi di funzionamento dell’Yield Management Riducendo le tariffe LOAD FACTOR (Coefficiente di riempimento) Aumentando il traffico (senza Yield Management) Offrendo maggiori posti alle tariffe basse Aumentando le tariffe Aumentando il valore unitario per passeggero trasportato (con Yield Management) Riducendo i posti offerti alle classi basse così da «selezionare» il traffico, prediligendo quello ad alto ricavo RICAVO MEDIO (Per passeggero trasportato) 116 Imprese e sistemi turistici nopolistico rispetto ai servizi, che ha inizialmente permesso di coinvolgerle nella discriminazione delle dinamiche di prezzo nella forma dell’Yield Management. Attualmente questa capacità di influenzare l’yield è in declino da quando internet ha ridotto la possibilità ai vettori di controllare le tariffe, da quando le compagnie low cost hanno assunto il modello point to point, appannando il sistema hub and spoke dei full fare carrier e da quando un più elevato load factor e un più economico sistema di ticketing hanno diminuito l’attrattività dei frequent flyer programs (Button et alii, 2005). Infatti, sebbene quest’ultima iniziativa possa essere considerata un buon esempio di marketing relazionale, attraverso l’implementazione di partnership tra i principali attori della filiera turistica29, molti studi dimostrano che raramente i programmi di fidelizzazione rappresentano reali motivazioni di scelta di un vettore aereo rispetto a un concorrente (tra gli altri, Mason, Barker, 1996). Esiste una difficoltà notevole nel definire un modello formale per la determinazione delle tariffe, in quanto la dimensione delle discriminanti è notevole30, oltre alla presenza di servizi singoli che sono venduti a un prezzo stabilito, unitamente o indipendentemente dal volo stesso, come nel caso del transfer da e per l’aeroporto. In tal senso, una prima macroclassificazione, adottata dai sistemi internazionali, è indicata in Tab. 4.1. Le tariffe piene presentano, ovviamente, un inferiore numero di vincoli; il passeggero è libero di cambiare vettore, di utilizzare il biglietto in qualsiasi momento (in genere entro l’arco di un anno dall’emissione) ed eventualmente di chiederne il rimborso; variano, inoltre, a seconda delle classi e, non essendo soggette ad alcuna restrizione, sono le più flessibili perché permettono di cambiare la prenotazione anche tra linee aeree diverse, hanno validità annuale e possono essere rimborsate se non utilizzate. Il costo è ovviamente pari ai vantaggi che consente e sono disponibili per le tre differenti classi di servizio (first, business, economy o turistica). Le tariffe speciali (escursionistiche, pex, superpex, escursionistica ecc.) sono soggette ad alcune restrizioni in funzione del tempo di permanenza nella destinazione e/o dei tempi di acquisto del biglietto rispetto alla partenza, risultando tanto più basse (possono essere scontate anche del 30 o del 50% rispetto alle tariffe piene) quanto maggiori sono le limitazioni che impongono31. Tabella 4.1 Principali tipologie di tariffe aeree Tariffe piene Più elevate con massima flessibilità. Tariffe speciali Maggiori restrizioni (in funzione di tempi di permanenza e di acquisto) a fronte di una maggiore convenienza economica. Tariffe scontate Riduzioni legate a particolari caratteristiche anagrafiche del passeggero (infant, child, over 60). 29 Infatti, le compagnie aeree recentemente tendono a includere nei propri programmi frequent flyer non solo altre aerolinee, consolidando la tendenza alla creazione di accordi interaziendali, ma anche con altri operatori, turistici e non, quali car rental, hotel e gestori di carte di credito. 30 Basti pensare, ad esempio, alla data di prenotazione, al tempo di percorrenza del volo, al periodo di permanenza nella destinazione raggiunta attraverso il volo e se questo includa o meno il fine settimana, e molto altro ancora. 31 In particolare, appartengono a questa categoria le pex, tariffe scontate soggette ad alcune limitazioni (si deve passare la notte del sabato nella località di destinazione, il ritorno va effettuato entro tre mesi; la prenotazione non può essere modificata); le superpex (con gli stessi vincoli delle pex ma con validità ridotta Le imprese di trasporto 119 Figura 4.7 Mappa concettuale del processo strategico di cooperazione interaziendale tra vettori Driver interni • Condivisione del rischio; • Economie di scala, di scopo e di apprendimento; • Accesso a nuovi mercati; • Allargamento rotte. Sviluppo esterno • Maggiore controllo del mercato; • Copertura della capacità di carico; • Aumento delle rotte (code sharing); • Accordi di marketing. Driver esterni • Diffusione delle tecnologie; • Globalizzazione. Fusioni e acquisizioni • Fusione con altri vettori; • Acquisto di altri vettori; • Essere acquisiti da altri vettori. Alleanze di tipo equity Alleanze di tipo non equity Scelta del partner • Capacità; • Compatibilità dei sistemi operativi; • Diffusione geografica; • Condivisione di attività. Possibili strutture delle alleanze strategiche Marketing: • Code sharing; • Reciprocità dei frequent flyer; • Promozione integrata. GDS/CRS: • Integrato; • Condiviso. Equipaggiamento/ manutenzione: • Condiviso. Logistica: • Uffici/terminal comuni. Feedback Analisi delle performance dell’azienda in termini di miglioramento organizzativo e di apprendimento Fonte: elaborazione da Evans, 2001 Una prima strada, generalmente intrapresa dalle imprese del comparto, è quella del code sharing: si tratta di un accordo tra due vettori in base al quale un determinato volo è effettuato con gli aeromobili di uno dei due contraenti (c.d. operating carrier), ma promosso e venduto anche dalla compagnia partner (marketing carrier) ed è contraddistinto da marchio, codice IATA35 e numero di volo da entrambe le compagnie. Oltre al sistema di code sharing, esistono numerose altre opzioni di accordi di collaborazione, che non risultano necessariamente finalizzate a scopi di collusione e che offrono una serie di vantaggi, sia rispetto alla domanda che all’offerta (Tab. 4.2). Il ricorso alle alleanze è legato anche all’impossibilità, da parte delle compagnie aeree, di acquisire imprese operanti in paesi diversi, per effetto delle elevate barriere. Di qui il meccanismo degli swap tra gli slot (ossia gli spazi acquisiti negli scali aeroportuali per i propri aerei)36. In ogni caso, le alleanze hanno comportato una serie di vantaggi per la domanda. Primo fra tutti, il proliferare di voli e di destinazioni servite. L’articolazione dei voli si traduce, inevitabilmente, in una maggiore varietà di tariffe praticate, per diversi seg- del settore (Donne, 1995). Proprio l’istituzione di questi due organismi ha determinato la nascita di una cooperazione tra aerolinee a livello globale e a livello di singole rotte per un obiettivo di maggiore efficienza ed efficacia (Civil Aviation Authority, 1995). 35 Il codice aeroportuale IATA è un codice alfabetico a tre lettere utilizzato per designare numerosi aeroporti in tutto il mondo. È, appunto, definito dall’International Air Transport Association (IATA). I codici aeroportuali IATA vengono pubblicati ogni tre anni sulla IATA Airline Coding Directory. L’assegnazione di questi codici è governata dalla risoluzione 767 della IATA, e viene amministrata dal quartier generale della IATA a Montréal. La IATA fornisce inoltre dei codici per le stazioni ferroviarie e per le compagnie di gestione degli aeroporti. 36 Ciò è avvenuto, nella metà degli anni Novanta, tra Lufthansa e United Airlines: la prima fornisce l’accesso ai propri slot per uso transatlantico; la seconda, in cambio, dai suoi scali di Washington e Chicago offre ai passeggeri Lufthansa collegamenti con altre 20 città statunitensi, oltre alla possibilità di collegamento Heathrow – Chicago (Bordoni, 2007, p. 104). 120 Imprese e sistemi turistici Tabella 4.2 I principali vantaggi generati dal sistema di alleanze Domanda Offerta Più voli e più destinazioni: una rete aerea molto estesa. Raggiungimento di una massa critica superiore. Più tariffe: un’ampia scelta di tariffe per un maggior numero di destinazioni. Superamento di alcune rigidità strutturali. Collegamenti facili: grazie all’estesa rete hub, prendere una coincidenza diventa più semplice. Rafforzamento del posizionamento competitivo. Check in unico e veloce: una sola procedura di accettazione per i voli con coincidenze nell’ambito della rete dell’alleanza. Maggiore potere contrattuale con la compagnia aeroportuale per l’ottenimento di slot e spazi nei terminal. Accesso a più target di mercato. Maggiore diffusione territoriale. Più miglia da accumulare: per i soci dei programmi frequent flyer tutti i voli con partner dell’alleanza consentono di guadagnare miglia convertibili in premi e vantaggi esclusivi offerti da tutti i partner. Controllo più esteso dei canali distributivi (GDS, CRS, internet). menti di utenza. Inoltre, si è sviluppata, negli ultimi anni, una generale differenziazione dell’offerta per target servito e tipologia di prodotto (basti pensare all’incremento del segmento low cost rispetto al volo di linea), che ha comportato l’ampliamento del mercato servito, raggiungendo anche segmenti di utenza che, in precedenza, non rappresentavano utenti di questa tipologia di trasporto. 4.6 Il business aeroportuale Nati con una funzione di «pubblica utilità», gli aeroporti si sono progressivamente sviluppati in ottica di business, quali attività commerciali in grado di generare profitti. Gli aeroporti rappresentano un attore fondamentale della filiera del comparto aereo e, quindi, di quella turistica, in grado di attivare i collegamenti aerei di una destinazione, agendo sull’Access (ossia l’accessibilità/raggiungibilità) delle 6 A di una destination. Di qui la strategicità del loro ruolo rispetto agli investimenti delle compagnie. Ovviamente, l’attrattività stessa di un aeroporto è legata, a sua volta, all’attrattività complessiva delle destination. Lo sviluppo del traffico aereo di questi anni e il processo di liberalizzazione in atto hanno determinato un peso crescente degli aeroporti, i quali però sono stati chiamati subito a operare in un regime di strategicità, sulla base di logiche manageriali e rispetto ai canoni tipici della concorrenza, per di più su scala globale. Basti pensare al consolidamento delle compagnie full cost e alla rapida crescita di quelle low cost, ai processi di privatizzazione con conseguente inserimento di logiche di gestione improntate al profitto, alla liberalizzazione non disciplinata degli aeroporti, accompagnata dalla sempre più accesa competizio- 122 Imprese e sistemi turistici Figura 4.8 Modelli di business sostenibili* Importanza molto elevata Nessuna importanza Driver chiave per la crescita futura: Network intercont. Hub primario dell’aeroporto Hub secondario dell’aeroporto Principale aeroporto O&D – Copenhagen – Vienna – Londra, Glasgow – Oslo – Roma Fiumicino/ Leonardo da Vinci – Barcellona – Manchester – Dusseldorf Base low cost Aeroporto destinazione leisure – Londra Stansted – Colonia – Dublino – Frank Hann – Palma – Antalya – Malaya – Venezia Network secondario Low cost Viaggio per leisure Aeroporti rappresentativi – Francoforte – Cedar City, Utah – Charles De Gaulle – Amsterdam – London Heathrow * Un aggiuntivo rilevante business plan design non relativo al traffico passeggeri è l’Express/Cargo hub come e.g. Anchorage o Memphis. Spesso gli hub primari (e.g. FRA) per i passeggeri servono anche hub Express/Cargo. Fonte: elaborazione da Mercer mgmt consulting, 2006 La posizione di vantaggio dell’aeroporto è l’ubicazione in relazione alla relativa catchment area (bacino di attrazione di utenza), nel senso che, mentre le compagnie aeree sono maggiormente esposte al processo di scelta e di selezione da parte dell’utenza, l’aeroporto su cui transitare è, per lo più, un passaggio obbligato. È chiaro, però, che si tratta di decisioni complesse, in cui interagiscono più attori e in cui le scelte strategiche e, di conseguenza, geografiche delle compagnie incidono a loro volta anche sul destino degli scali aeroportuali. Il punto è che questi ultimi riescono ancora a rappresentare maggiormente un vincolo, data la scarsità degli stessi rispetto alla crescita complessiva del comparto aereo. Ciò ha, di fatto, incentivato lo sviluppo di strategie anche a livello di scali aeroportuali, al punto da spronare quelli di minori dimensioni a sussidiare, in parte, le compagnie aeree, pur di essere prescelti come scali di riferimento38. Già da queste indicazioni, emerge come, in realtà, gli aeroporti rappresentino, oggi, delle strutture imprenditoriali a tutti gli effetti, chiamate a elaborare strategie di sviluppo che risultano determinanti anche per il futuro della destinazione in cui sono ubicati. Tale tendenza mostra con crescente evidenza la logica manageriale nella gestione delle diverse attività. 38 È questa la politica praticata da alcune compagnie aeree, prima fra tutte la Ryanair, come confermato da diverse dichiarazioni del CEO O’Leary. Per un approfondimento si veda A.B., giugno 2008, Ryanair passes Go in Europe. 124 Imprese e sistemi turistici Figura 4.9 L’evoluzione dei rapporti aeroporto-aerolinea RELAZIONE AEROPORTO-AEROLINEA: MODELLO TRADIZIONALE Aeroporto Vettore Passeggero RELAZIONE AEROPORTO-AEROLINEA: MODELLO COMMERCIALE Aeroporto Vettore Concessionario Affittuario Visitatore Passeggero Fonte: Graham, Humphreys, Ison, 2004 raoke, da una piscina e da un centro benessere al fine di incrementare la customer satisfaction dei clienti in transito (Kim, Shin, 2001). In tal senso, il centro commerciale degli aeroporti è una specifica combinazione di elementi tradizionali e innovativi, commerciali e di entertainment, che possono stimolare motivazioni più complesse rispetto a quelle che si potevano avere in un contesto aeroportuale qualche tempo fa. I viaggiatori, allora, possono essere stimolati all’acquisto da sollecitazioni specifiche generate dall’aeroporto (acquisti d’impulso), con possibilità di pagamento anche in valuta diversa da quella della destinazione in cui lo scalo è ubicato, con assistenza da parte di personale multilingua e un’atmosfera improntata contestualmente al relax e all’intrattenimento. Un fattore critico è, indubbiamente, la realizzazione di marketing territoriale, mediante l’attrazione degli investimenti delle compagnie e l’avvio di accordi, alleanze e partnership con altri aeroporti, secondo un preciso disegno strategico. Rispetto a tali elementi strategici, per una competitiva gestione dell’attività aeroportuale, su cui gioca la relativa capacità di adoperare risorse strategiche in grado di generare vantaggio competitivo sostenibile, si assiste a configurazioni di catena del valore, che vedono una serie di attività trasversali, di supporto, come: la gestione delle risorse umane, la finanza, l’ufficio legale, la security, il facility management. Vi sono poi alcune attività che richiedono anche una maggiore specializzazione in termini organizzativi e precisamente: 1. l’attività di aviazione in senso stretto, che riguarda le operazioni di volo e di slot e la gestione dei terminal; in quest’attività, il concetto critico e strategico al contempo è quello di slot. Tecnicamente, lo slot indica il periodo di tempo entro il quale un aeromobile ha il permesso al decollo e ha la durata di 15 minuti. Tale autorizzazione al decollo è regolamentata dalla torre di controllo in base a una precisa temporizzazione39. In tal senso, lo 39 Complessivamente, il tempo di slot, indicato con la sigla EOBT (Estimated Off Block Time), infatti, inizia cinque minuti prima e termina dieci minuti dopo il tempo stabilito: un aeromobile che deve decollare alle ore 18.00, ad esempio, ha l’autorizzazione al decollo dalle 17.55 alle 18.10. 126 Imprese e sistemi turistici Figura 4.10 Posizionamento strategico business design vincente Posizionamento strategico business design vincente 1. Spesa prudente del capitale: • Ottimizzare la capacità di utilizzare prima dei nuovi investimenti nelle infrastrutture; • Capacità di espansione sequenziale; • ROI come prioritario criterio decisionale; • Redditività che domina sulla bellezza. 2. Management rigoroso dei costi: • Tariffe marketoriented/schemi di compensazione; • Regole di lavoro flessibili/ spiegamento dei lavoratori; • Riduzione delle spese addizionali; • Outsourcing. 3. Organizzazione incentrata sul business: • Struttura organizzativa snella/trasparente; • Responsabilità P/L; • Sistemi di management cooperativi adeguati; • Spin-off, vendita o outsourcing del business non strategico. 4. Espansione non-aviation: • Aviazione e non-aviation su uguale posizione; • Ampliare la base dei clienti oltre i viaggiatori degli aeroporti; • Management del business park dell’aeroporto. 5. Partnering/ Cooperazione con le autolinee: • Modelli di incentivi/divisione del rischio; • Processi integrati (Pax Cargo); • Partecipazione finanziaria. Fattori chiave del successo: • Creazione di crescita remunerativa, prerequisito per tutti gli aeroporti; • Particolari caratteristiche da adeguare verso uno specifico posizionamento strategico. maggiore flessibilità operativa; un forte orientamento al business, prevedendo un maggiore controllo delle attività core, su cui si concentrano maggiormente le risorse strategiche ed esternalizzando (outsourcing) quelle meno rilevanti; l’espansione delle attività non-aviation, che possono risultare molto redditizie, e l’avvio di accordi di partnership e collaborazione sia con le aerolinee che con gli scali strategici, per entrare nei principali circuiti di movimentazione turistica. Il management degli aeroporti tende, quindi, a divenire sempre più complesso ma assume, indiscutibilmente, rispetto alla destination, un ruolo strategico e decisivo circa le opportunità di sviluppo attuali e prospettiche del territorio. In tale ottica, è opportuno inquadrare le tendenze delle compagnie aeree a investire negli scali aeroportuali, così come sta accadendo da parte delle imprese crocieristiche rispetto alle strutture portuali. Le imprese ricettive 135 Figura 5.1 Modello dei cerchi concentrici applicato al prodotto alberghiero Coinvolgimento Libertà di scelta Ospitalità – Customer retention – Scelta delle componenti di servizio finalizzata a migliorare la customer satisfaction e retention (CRM) – Professionalità – Atmosfera – Problem solving Servizi – – – – – – – Reception Housekeeping Facchinaggio Lavanderia e stireria Food and beverage Amministrazione Manutenzione Physical plant – – – – Edificio Camere (alloggio) Altre infrastrutture Ubicazione Fonte: elaborazione da Smith, 1994 ra, sia a livello di front office che di back office: reception, housekeeping, facchinaggio, lavanderia e stireria, food and beverage, amministrazione e manutenzione ecc. Considerando l’importanza dei fattori immateriali, l’ospitalità dipende dall’atmosfera che si «vive» in albergo e dalla professionalità con cui i dipendenti della struttura accolgono il cliente e ne soddisfano le esigenze, superando eventuali criticità. Dall’analisi di questi fattori, appare evidente che quantificare l’ospitalità risulta più complesso e soggettivo. Solitamente, nelle strutture alberghiere la valutazione di questo aspetto intangibile avviene attraverso i mystery guest, esperti del settore, che visitano in versione anonima l’albergo. Per libertà di scelta si intendono tutte quelle caratteristiche finalizzate a personalizzare il servizio, consentendo un’ampia varietà di scelta al consumatore. Tale componente è collegata sia all’ampiezza della gamma di prodotti/servizi offerti (soggiorno con prima colazione/mezza pensione/pensione completa – camere fumatori/non fumatori – altri servizi offerti), sia alla flessibilità che l’impresa dimostra nel soddisfare la varietà e la variabilità delle esigenze della clientela (centro benessere, luoghi di intrattenimento ecc.). In tal senso, il cliente deve «sentirsi libero» di scegliere se acquistare o meno un determinato servizio, anche in termini di cambiamenti spontanei di un determinato programma. L’abilità del management consiste nell’agevolare la personalizzazione dell’offerta e nel far sentire il turista parte attiva del processo decisionale di scelta del prodotto alberghiero, al fine di generare la massima soddisfazione (customer satisfaction). Infine, questa partecipazione attiva consente un più ampio grado di coinvolgimento. Il turista può dosare i diversi servizi che compongono il prodotto alberghiero a seconda delle proprie esigenze, divenendo parte attiva nel processo di produzione e dando l’opportunità all’impresa di personalizzare il servizio. In tal senso, il turista che sente di essere «considerato» o addirittura «coccolato» è incentivato a ripetere l’esperienza vissuta e, dunque, a ritornare nella struttura alberghiera (fidelizzazione o customer retention). 136 Imprese e sistemi turistici Smith sostiene che un’ottimale combinazione tra physical plant, servizi, ospitalità e libertà di scelta rappresenta la base per consentire la partecipazione del cliente al processo di «costruzione» del prodotto turistico. Dunque, il prodotto turistico alberghiero è il risultato della combinazione dei cinque elementi presenti nel modello ed è influenzato da come questi sono programmati e integrati sinergicamente, al fine di soddisfare i bisogni del turista e massimizzare la customer retention. 5.2 I principali criteri di classificazione La classificazione e sistematizzazione delle imprese alberghiere risulta complessa, a causa della varietà e della disomogeneità relativa ai tratti caratteristici delle aziende del comparto (Madonna, 2001). Prima di affrontare i diversi criteri di classificazione, bisogna chiarire la differenza tra impresa alberghiera e albergo. Quest’ultimo, infatti, rappresenta l’unità produttiva o una delle unità produttive di cui dispone l’impresa alberghiera stessa. Ciò, ovviamente, non esclude che queste due entità possano coincidere (caso di imprese single unit). Al contempo, questa precisazione richiama una prima distinzione, quella tra imprese alberghiere single unit (con un albergo singolo) e imprese alberghiere multiunit (con più alberghi). Tale differenza risulta importante poiché, se è possibile applicare dei sistemi di classificazione per l’una e per l’altra categoria, i criteri che si utilizzano per le imprese single unit sono validi anche per i singoli alberghi delle imprese multiunit. I principali parametri di classificazione delle imprese alberghiere single unit sono (Della Corte, 2000, 2004): i business/comparti turistici a cui l’impresa si rivolge, l’ubicazione, la dimensione, la continuità nell’anno, la durata media del soggiorno, il livello qualitativo (grading), il rapporto proprietà/gestione e la tipologia di gestione (Fig. 5.2). Figura 5.2 Principali criteri di classificazione delle imprese alberghiere single unit Business/comparti turistici Ubicazione Dimensione Continuità nell’anno Durata media del soggiorno Grading Relazione proprietà e gestione Tipologie di gestione Fonte: elaborazione da Della Corte, 2004, 2000 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Leisure (culturale, enogastronomico, balneare, termale ecc.); Affari (business, congressuale, fieristico, incentive ecc.). Città d’arte; Centri religiosi; Centri termali; Località balneari; Località montane. Piccoli - fino a 50 camere; Medi - da 50 a 100 camere; Medio-grandi - da 100 a 200 camere; Grandi - da 200 a 360 camere; Grandissimi - oltre 360 camere. Alberghi permanenti; Alberghi stagionali. Alberghi di transito; Alberghi di sosta; Alberghi di soggiorno. Da 1 a 6 stelle. Proprietà, titolarità e gestione congiunte; Solo la gestione disgiunta; Proprietà, titolarità e gestione disgiunte. • Familiare; • Imprenditoriale; • Manageriale. 140 Imprese e sistemi turistici Tabella 5.1 I principali requisiti obbligatori degli alberghi (sintesi di leggi regionali) Requisiti obbligatori 1 stella 2 stelle 3 stelle 4 stelle 5 stelle Servizio di ricevimento e di portineria 16 ore al giorno 16 ore al giorno 24 ore al giorno 24 ore al giorno 24 ore al giorno Servizio notturno Addetto disponibile a chiamata Addetto disponibile a chiamata Addetto disponibile a chiamata Portiere di notte Portiere di notte Custodia valori – Sì Sì Sì Sì Trasporto interno di bagagli – – A cura del personale addetto A cura del personale addetto A cura del personale addetto Servizio di prima colazione – Servizio bar – 12 ore al giorno 12 ore al giorno 16 ore al giorno 16 ore al giorno Servizio bar nelle camere – – – – Tutte le camere con minibar o servizio 24 h al giorno Divise per il personale – – – Sì Sì Lingue estere parlate dal direttore/gestore – – Una lingua straniera Due lingue straniere Due lingue straniere Cambio biancheria 2 volte alla settimana 3 volte alla settimana Quotidiano Quotidiano Quotidiano Cambio biancheria da letto 1 volta alla settimana 1 volta alla settimana 2 volte alla settimana 3 volte alla settimana Quotidiano Pulizia nelle camere 1 volta al giorno 1 volta al giorno 1 volta al giorno Servizio lavanderia – – – Entro 24 ore Entro 24 ore Riscaldamento Nei locali comuni Nei locali comuni In tutto l’esercizio In tutto l’esercizio In tutto l’esercizio Aria condizionata – – – – In tutto l’edificio e regolabile nelle camere % camere dotate di bagno completo – 40% 70% 90% 100% Telefono nelle camere – – 70% camere 100% camere 100% camere Fonte: Benevolo, Grasso 2007 In sale comuni In sale comuni In sale comuni destinate anche destinate anche destinate anche ad altri usi ad altri usi ad altri usi In sala apposita 1 volta al giorno, 1 volta al giorno, con riassetto con riassetto pomeridiano pomeridiano 142 Imprese e sistemi turistici catena alberghiera riesce a dotarsi di una più efficiente organizzazione delle relazioni, finalizzata a instaurare rapporti con determinati partner in una prospettiva di lungo periodo. Infine, la catena alberghiera, per ridurre il rischio di mercato, può decidere di differenziare le tariffe fra gli alberghi, in relazione alle rispettive quote di mercato e ai target di clientela a cui le singole strutture si rivolgono. Da un punto di vista finanziario, i principali vantaggi sono legati alla possibilità di reperire maggiori fonti di finanziamento meno onerose e anche alle minori difficoltà di accesso a mercati finanziari internazionali. A livello commerciale, invece, le imprese alberghiere multiunit si concentrano maggiormente sul posizionamento del brand, nonché su una più capillare diffusione dello stesso. Contemporaneamente, quest’obiettivo è coerente con la possibilità di realizzare investimenti finalizzati al monitoraggio periodico della customer satisfaction e all’adeguamento rispetto agli standard di qualità internazionali. La dimensione della catena, inoltre, potrebbe favorire l’attuazione di strategie di co-marketing con altri operatori turistici (come ad esempio le compagnie aeree) per la realizzazione di attività commerciali e promozionali (Della Corte, 2000, 2004). A questi aspetti si affiancano anche problematiche gestionali, sia in termini strategici che operativi, per lo più legate alla tipologia di governo da adottare per gestire l’alleanza fra le strutture alberghiere, in modo da garantire un’elevata coerenza tra l’immagine aziendale e l’immagine dei singoli alberghi (O’Neill, Mattila, 2006). Da questa coerenza dipende il processo di sviluppo delle relazioni fiduciarie tra il brand dell’impresa e il mercato. Quando, infatti, non c’è coerenza tra immagine dell’impresa e immagine percepita nella singola struttura alberghiera, si rischia di generare un effetto negativo sulla reputazione dell’impresa (Cordiano, 2000). È, invece, necessario che il cliente rinvenga in ogni albergo l’identità della catena attraverso elementi come l’omogeneità dell’offerta, la qualità, l’ubicazione ecc. Attraverso una corretta gestione del brand è possibile distinguere il prodotto dai concorrenti, contrassegnare la catena e garantire il turista nel processo di scelta. Queste sono le motivazioni per cui il brand rappresenta una delle principali risorse strategiche sulle quali l’impresa alberghiera, solitamente, mantiene il controllo a prescindere dalla forma di governo che sceglie di adottare (Viceriat, 1993; Dunnig, McQueen, 1981). Infine, le imprese alberghiere multiunit godono anche di numerosi vantaggi organizzativi, collegabili sia a una maggiore attenzione verso la formazione e l’aggiornamento del Figura 5.3 Classificazione delle catene alberghiere Piccole catene Equity Catene monobrand Non Equity Grandi catene proprietarie Franchising Management Contract Catene alberghiere Catene del marchio Catene multibrand Consorzi alberghieri Associazioni di categoria Le imprese ricettive 147 liato dovrà adottare degli standard minimi tecnici gestionali e di sicurezza, spesso assai restrittivi, con esclusive territoriali e con la possibilità di ingresso, a pieno titolo, del sistema di prenotazione multimediale (Global Reservation System). Un esempio di franchising puro è la catena Comfort Inns del gruppo Choice Hotel International, che possiede più di 1800 alberghi in tutto il mondo, ognuno dei quali garantisce un buon livello qualitativo dei servizi a un prezzo abbastanza contenuto6. • Il franchising soft, che si realizza nell’utilizzo del brand e di altri segni distintivi comuni, accanto al vecchio nome dell’albergo. Anche in questo caso i franchisee possono godere dei benefici di una pubblicità e di un sistema di prenotazione comune. Questo contratto di franchising è tipico delle cosiddette catene di marchio internazionali (Rispoli, Tamma, 1996). Esempi di franchising del marchio sono la catena Best Western, la più grande catena di alberghi indipendenti del mondo (nel 2004, circa 4.100 strutture in più di 80 paesi) accomunati da un unico marchio7. Le grandi catene alberghiere in franchising si sono sviluppate innanzitutto per i benefici derivanti dalla riconoscibilità del brand, per il quale il franchisee paga una somma fissa o variabile in percentuale sul fatturato. Nel franchising alberghiero, la gestione, il controllo sulla qualità e sugli asset fisici resta al franchisee e non all’impresa alberghiera. In questi casi, l’impresa alberghiera non gestisce direttamente la struttura, ma funge da guida e si Figura 5.4 Vantaggi e svantaggi del management contract e del franchising Management contract V – Maggiore controllo sulle attività, sul rispetto degli stanA dard qualitativi dei servizi erogati dalle strutture alberN ghiere gestite e sulle risorse strategiche dell’impresa; T – Guadagni più sicuri senza dover necessariamente A sostenere investimenti immobiliari rischiosi; G – Riduzione del rischio finanziario e di mercato (le G performance del contractor sono calcolate come I percentuale del fatturato ottenuto dagli alberghi); – Minori costi fissi che non comprendono l’affitto dell’edificio e le attività di assistenza e formazione. S – Rischio di bridging operation; V – Rischio di comportamenti opporA tunistici post-contrattuali generati N da investimenti specifici. T A G G I Franchising V – Riduzione del periodo di avviamento degli investiA menti e del rischio di impresa; N – Creazione di sinergie per ridurre i costi e migliorare T l'efficienza (attraverso training e formazione, centri A di approvvigionamento, servizi di assistenza tecnica G e finanziaria); G – Miglioramento del rapporto con il mercato e realizzaI zione di sinergie di marketing; – Maggiore fidelizzazione della clientela a livello di spostamenti internazionali; – Competizione basata sui metodi di gestione, le procedure e i servizi offerti ai clienti. S V A N T A G G I 6 – Rischio di free riding; – Rischio di comportamenti opportunistici post-contrattuali generati da investimenti specifici; – Possibili asimmetrie informative tra i diversi franchisee; – Difficile trasferibilità delle risorse strategiche (principalmente conoscenza). Dal sito http://www.choicehotelinternational.com. Dal sito http://www.bestwestern.com. Altro tipico esempio di catena in franchising è la The Leading Hotels of the World, una catena formata da 430 alberghi di lusso presente in più di 80 paesi (dal sito http://www.lhw.com). 7 150 Imprese e sistemi turistici Figura 5.5 La catena del valore delle imprese alberghiere Maintance e altre attività infrastrutturali Amministrazione e contabilità Finanza Attività di supporto Ma rgi ne Gestione Risorse Umane Information & Communication Technology Food and beverage CRM e controllo della performance gin Attività operative di gestione della clientela Ma r Programmazione Marketing dell’offerta e vendite e Approvvigionamento Attività Primarie Fonte: elaborazione da Porter, 1985 Il modello consente di scomporre e individuare le attività tipiche dell’impresa alberghiera, allo scopo di evidenziare quali siano le risorse e le competenze strategiche su cui è possibile incentrare il vantaggio competitivo della stessa impresa (Kay, Russette, 2000). In tal senso, adottando il modello di Porter per aree «critiche» del processo di creazione del valore (Della Corte, 2004), è possibile identificare le seguenti attività primarie: • programmazione dell’offerta: riguarda la costruzione dell’offerta anche in rapporto alla dotazione dell’albergo (presenza di sale congressi, centri benessere ecc.), da offrire alla clientela finale e agli operatori (tour operator e agenti di viaggio); • marketing e vendite, che include le azioni promozionali che vanno dalla gestione del messaggio pubblicitario veicolato ai consumatori finali, fino alle diverse forme di attività promozionali e di incentivazione, destinate ai tour operator e agli intermediari della vendita (sistemi di GDS collegati alle ADV, internet provider ecc.). • attività operative di gestione della clientela: in quest’ambito rientrano le attività legate ai servizi idonei a soddisfare i diversi bisogni della clientela, dal ricevimento alla fine del soggiorno in albergo. Per far ciò, l’impresa deve possedere una struttura fisica e umana in grado di comporre il servizio più completo. Rientrano in tale categoria i servizi di: 1) ricevimento (check in, assegnazione della camera, informazioni sui servizi offerti e sulla località, gestione dei reclami e assistenza al cliente, in collegamento con le diverse funzioni aziendali), è un’attività critica, non solo perché rappresenta il primo approccio all’accoglienza della clientela ma anche perché è direttamente collegata all’attività di programmazione del prodotto e di rapporto con l’utenza business e finale; 2) room service, ossia servizi di gestione delle camere, finalizzati a porre l’ospite in condizione di sentirsi in un ambiente domestico e confortevole, sintetizzando i risultati estetici e di impatto dell’albergo; 3) housekeeping, che deve rispecchiare il livello di standard dell’albergo, in termini di pulizia e di manutenzione; 4) laundry service. • food and beverage, che include tutti i servizi correlati alla ristorazione (compreso servi- 152 Imprese e sistemi turistici • la finanza riguarda le operazioni direttamente correlate al reperimento di fonti di gestione in relazione al fabbisogno di capitale. Quest’attività, pur essendo considerata di supporto per il suo carattere trasversale rispetto a tutte le altre della catena del valore, riveste un ruolo di primaria importanza in tutte le imprese alberghiere, essendo fortemente condizionata dagli investimenti e dal sistema di incassi e pagamenti previsti nei contratti con i tour operator e le agenzie di viaggio da un lato e con i fornitori di servizi turistici dall’altro. In quest’ambito, inoltre, sempre più spesso i principali gruppi alberghieri dispongono di linee di finanziamento proprie e vedono fra le loro partecipazioni anche la presenza di alcuni dei principali gruppi bancari. Da ciò emerge la strategicità di quest’attività che, rispetto alle operazioni di investimento e localizzazione delle strutture alberghiere, richiede competenze specifiche; • l’amministrazione e la contabilità, comprendono tutte le operazioni di programmazione, controllo e contabilità ordinaria correlate all’erogazione del prodotto alberghiero (dai sistemi di contabilità e budgeting ai sistemi più sofisticati di Yield Management, adottati su larga scala dalla maggior parte delle catene alberghiere); • la manutenzione ordinaria e straordinaria (maintance) e altre attività infrastrutturali, legate agli impianti e alle attrezzature dell’albergo. In questo gruppo di attività sono compresi anche interventi di ammodernamento e ristrutturazione dell’albergo, fondamentali per le imprese che costantemente cercano di realizzare adeguamenti, in funzione dei cambiamenti legati alle esigenze del target di clientela a cui la struttura si rivolge. Dalla ricostruzione della catena del valore di un’impresa alberghiera è possibile risalire al ciclo di attività di un albergo partendo dall’ideazione/progettazione del prodotto fino alla sua erogazione (Fig. 5.6). Tale processo può seguire due percorsi differenti. Un primo, definito push, che parte dalla programmazione, finalizzato alla costruzione del prodotto alberghiero da promuovere e vendere ai tour operator, ai fini dell’inserimento della struttura nei pacchetti offerti o della vendita tramite le agenzie di viaggio, il canale web o via telefono (on line). Segue la fase di prenotazione e, successivamente, la fase di erogazione all’arrivo in sede della clien- Figura 5.6 Ciclo di attività di un’impresa alberghiera Agenzie di viaggio web, on line Pernottamento Prima colazione Altri servizi (centro benessere, congressi ecc.) Costruzione prodotto alberghiero Definizione del prezzo, promozione e vendita Tour operator PCO, aziende Booking Erogazione Monitoraggio 154 Imprese e sistemi turistici Figura 5.7 Le tre componenti di base dell’Yield Management Domanda: – Individuali; – Gruppi; – Tour Operator. Prodotti: – Standard room; – Superior room; – Deluxe room. Prezzi: – Rack rate; – Tariffe contrattuali; – Tariffe promozionali. Tempi: termini di prenotazione, periodi, etc. Fonte: elaborazione da Maglaras, Meissner, 2006 risvolti strategici che operativi. Opera, quindi, nelle quattro fasi in cui si articola il processo di Yield Management dell’impresa alberghiera: 1. 2. 3. 4. segmentazione del mercato e pricing; previsione della domanda; gestione della capacità; prenotazioni e vendite. Per quanto concerne la prima fase, l’analisi del mercato, effettuata attraverso l’elaborazione dei dati storici, consente di definire le caratteristiche della domanda potenziale e al contempo di comprendere quali dei segmenti di clientela individuati siano interessati a un servizio in grado di aumentare il revenue; quali presentano una maggiore elasticità rispetto al prezzo e quali, tra questi, siano disposti anche a cambiare il periodo del soggiorno, consentendo la maggiore copertura della capacità ricettiva nei periodi di bassa stagione. Solitamente, in questa fase si effettua anche una comparazione tra la performance dell’impresa alberghiera e i risultati dei principali concorrenti (in termini di: tasso di occupazione, ricavo medio per camera e RevPar)9. Le previsioni sulla domanda si realizzano analizzando la stagionalità della domanda e il suo «tasso di materializzazione» (inteso come grado in cui le presenze potenziali, stimate per la struttura, divengono reali), le dinamiche competitive di prezzo e il posizionamento del prodotto verso la concorrenza. Ciò consente la migliore allocazione dell’offerta, in termini di rapporto capacità/prezzo, con lo scopo di massimizzare i ricavi unitari di vendita (Lovelock, Wright, 1999)10. Per ciò che riguarda la gestione della capacità, questa fase si realizza valutando sia il rischio della mancata vendita del servizio (rischio di spoilage), sia quello di perdita di ricavi 9 Per un approfondimento sugli indicatori di performance delle imprese alberghiere si veda il paragrafo 6. Questa fase, definita anche di up-selling, solitamente, si realizza con una frequenza bimestrale e spesso si realizza anche con l’analisi delle tariffe della concorrenza utilizzando il sito www.hotelcomparison.com. 10 158 Imprese e sistemi turistici 2. redazione di una flowchart, indicando le fasi di progettazione del processo di creazione del prodotto alberghiero, così come visto dal cliente, secondo una sequenza temporale che va dall’acquisto del servizio, all’utilizzo e al distacco dall’albergo; 3. elaborazione di un blueprint con identificazione dei punti critici (bottlenecks) sia in riferimento alla produzione del servizio che il cliente «vede e non vede» (front-stage e backstage), sia rispetto ai livelli di complessità e divergenza; 4. stesura di una service map in cui si esplicitano le azioni di marketing interno ed esterno realizzate dall’impresa alberghiera finalizzate a comprendere posizione, ruolo dei dipendenti e per incidere sulle modalità di scelta dei turisti (Gummesson, 1993). Attraverso queste operazioni è possibile identificare un corretto processo di hotel quality management (Fig. 5.8) che va dall’identificazione degli standard di qualità alle azioni per il miglioramento continuo, passando attraverso la definizione delle procedure, l’elaborazione di un manuale della qualità, la gestione delle risorse umane, l’allineamento dei servizi offerti agli standard prefissati e alla misurazione della customer satisfaction (Minazzi, 2006). Identificando degli standard di qualità, l’impresa alberghiera è in grado di fornire una guida al personale che partecipa alla progettazione e alla realizzazione del servizio. Si cerca, così, di rendere il più omogeneo possibile il servizio erogato, in modo da far comprendere agevolmente al personale le modalità più corrette di comportamento durante il processo (Zeithaml, Bitner, 2002). In questa fase risulta determinante l’attività di benchmarking (Enz, Siguaw, 2000), attraverso la quale l’impresa alberghiera si confronta direttamente con le altre strutture concorrenti, cercando di apprendere le ragioni del successo e individuando best practice e standard di qualità che siano flessibili e capaci di adattarsi al proprio sistema d’offerta. Secondo Gröonros (2002), la definizione degli standard riguarda sia fattori tecnici (qualità tecnica del risultato), che elementi qualitativi (qualità funzionale del processo). La Figura 5.8 Hotel Quality Management Process Studio e ricerca di mercato Misurazione della soddisfazione e miglioramento continuo Progettazione/definizione e sviluppo del servizio Turista Allineamento qualità servizi con gli standard Definizione degli standard di qualità Albergo Identificazione delle procedure di controllo Manuale della qualità Gestione risorse umane/ Employees training Fonte: Minazzi, 2006 Responsabilità del management 160 Imprese e sistemi turistici no quelli che solitamente non comunicano la loro soddisfazione, ma la trasferiscono a parenti e amici. Infine, vi sono i clienti fidelizzati, coloro che si mostrano grati ed evidenziano il loro apprezzamento alla struttura e al personale, ma, cosa più importante, attivano un processo di passaparola positivo, influenzando il processo di scelta dei potenziali clienti. Attraverso l’applicazione di un corretto sistema di gestione della qualità, inoltre, l’impresa alberghiera otterrà molteplici vantaggi sia in ambito strategico che operativo. In tal senso, infatti, sarà in grado di attivare un ciclo virtuoso del ROI che, grazie all’approccio al miglioramento continuo, incrementerà la qualità del processo e del servizio erogato, accrescendo il ROI, al fine di alimentare nuovi processi di ricerca e sviluppo per la competitività futura dell’impresa (Fig. 5.9). Di solito, il documento che contiene gli standard di qualità e le procedure di controllo è il Manuale della qualità dell’impresa alberghiera. Negli ultimi anni, l’applicazione di sistemi di gestione della qualità nelle imprese alberghiere è stata finalizzata all’ottenimento di certificazioni, considerate come uno dei principali strumenti in grado di recuperare competitività, assicurare un rapporto corretto e paritetico cliente-fornitore e indicare una garanzia di qualità17. Figura 5.9 Il ciclo del ROI Ricerca e sviluppo Innovazione del servizio Qualità nel servizio Innovazione del processo Migliora Tende a soddisfare Processo QM Espande Valore = Qualità/Prezzo Fa crescere Alimenta il presente Crescita QM Alimenta il futuro Esperienza Accellera Efficienza Prezzo Costo Profitto ROI Disponibilità di cassa 17 Anche in questo contesto sono sorte diverse forme di certificazione che si vanno ad affiancare a quelle di carattere internazionale ed europeo: ISO 14001, EMAS II ed Ecolabel. Accanto a esse, infatti, vanno ad aggiungersi numerosi altri riconoscimenti con una loro specifica storia e struttura gestionale. In questo contesto una maggiore polverizzazione è presente su scala nazionale. Molteplici sono i casi di certificazioni e le formule coniate per caratterizzare la qualità delle strutture. Inoltre, alle certificazioni nazionali se ne associano altre a carattere regionale e locale. In quest’ambito, però, si è assistito a un proliferare di marchi volti a certificare la gestione delle strutture ricettive: sempre più numerose sono le associazioni di albergatori e i soggetti pubblici che sulla scia di alcune esperienze consolidate hanno predisposto o sono in procinto di redigere disciplinari volti a costituire riconoscimenti legati alla qualità delle strutture alberghiere (Iannario, 2006). Le imprese ricettive 165 Target Target Misure Obiettivi Misure Target INNOVAZIONE Per raggiungere la nostra vision, come dobbiamo sostenere la nostra capacità di cambiare e migliorare? Misure Obiettivi PROCESSI INTERNI Per soddisfare azionisti e consumatori, in quali processi aziendali dobbiamo eccellere? Obiettivi Target Misure CLIENTI Per raggiungere la nostra vision, come dobbiamo apparire ai nostri clienti? Vision e strategia Target Misure Target Misure APPRENDIMENTO Per raggiungere la nostra vision, come dobbiamo gestire le nostre risorse umane? Obiettivi SOCIO-AMBIENTALE Per ottenere il successo, come bisogna gestire i rapporti con il contesto sociale? Obiettivi ECONOMICOFINANZIARIA Per ottenere un successo economicofinanziario, come dobbiamo apparire ai nostri azionisti? Obiettivi Figura 5.10 L’approccio della balanced scorecard dell’impresa alberghiera Fonte: elaborazione da Kaplan, Norton 1992, 1996 presa alberghiera sono: a) il miglioramento della redditività, misurato attraverso i classici ROI, ROE ed eventualmente l’EVA; b) la riduzione del tasso di indebitamento corrispondente al rapporto tra capitale di terzi e capitale investito; c) l’economicità della gestione legata al rapporto tra i costi di produzione del servizio e il valore della produzione generato dall’impresa alberghiera. La prospettiva del cliente traduce la vision dell’impresa in indicatori che riflettono quell’insieme di fattori a cui realmente i clienti attribuiscono importanza. In tal senso, gli obiettivi primari sono l’incremento della quota di mercato, la customer satisfaction e la customer loyalty. Per ciascuno di essi sono stati individuati indicatori, di natura quantitativa e qualitativa, in grado di fornire informazioni sulle aspettative del consumatore e la percezione del servizio erogato dall’organizzazione alberghiera. Per misurare la variazione subita dalla quota di mercato è stato utilizzato il market penetration index che pone a confronto il grado di occupazione dell’albergo con il grado di occupazione delle strutture concorrenti. Rispetto agli obiettivi di customer satisfaction e customer loyalty è possibile utilizzare Le imprese ricettive 167 networking misurata attraverso il numero di iniziative congiunte con operatori, privati, pubblici o iniziative pubblico-private. In Tab. 5.2 sono riportate le sei prospettive appena descritte come parti di un sistema unitario di valutazione e misurazione della performance globale, generata dall’impresa alberghiera, secondo una serie di relazioni causa-effetto, sia a livello di prospettive che di indicatori. In conclusione, tutti gli strumenti illustrati consentono di gestire un’impresa alberghiera in ottica di innovazione di prodotto e di processo. Il grado di realizzabilità di ciascuno dipende dalle dimensioni aziendali, dalla forma di governance e dall’approccio strategico alla gestione. Tabella 5.2 La balanced scorecard dell’impresa alberghiera Prospettiva Obiettivi Indicatori Economico-Finanziaria Miglioramento della redditività aziendale – ROE – ROI – EVA Riduzione del tasso di indebitamento Capitale di terzi/Capitale investito Economicità della gestione Costi di produzione/Valore della produzione Incremento della quota di mercato Market Penetration Index = Grado occupazione albergo/Grado occupazione media delle strutture concorrenti Customer satisfaction – Giudizio sulla qualità dei servizi offerti – N° reclami annui /N° presenze annue Customer loyalty – % adesione programmi fedeltà – % prenotazioni che si ripetono Produttività del personale – N° premi produttività erogati – Turnover del personale – N° disfunzioni rilevate/N° visite Mystery Guest Efficienza del personale – Tempo medio check in/check out – Tempo medio di risposta per la risoluzione di richieste della clientela – N° reclami per singolo servizio Modalità d’acquisto – % Prenotazioni on line – % Prenotazioni presso ADV o TO Cliente Processi interni Ottimizzazione della capacità produttiva – Grado di occupazione – Room yield Innovazione Apprendimento Prodotti/servizi innovativi – % Investimenti di ammodernamento – Numero di nuovi servizi introdotti nell’anno Aggiornamento del tasso tecnologico % Investimenti in Information & Communication Technology Diffusione della cultura dell’accoglienza – N° corsi di formazione e aggiornamento – Tasso di partecipazione a iniziative promosse dall’impresa 168 Imprese e sistemi turistici Tabella 5.2 (segue) Prospettiva Obiettivi Indicatori Apprendimento Motivazione/fidelizzazione del personale – Numero medio di anni di permanenza nella struttura – % di partecipazione del personale al processo decisionale – % di assenteismo Socio-ambientale Incremento della corporate social responsibility – % Utili investiti per la sponsorizzazione di progetti socio-ambientali – Numero di iniziative volte a favorire e supportare gli stakeholder dell’impresa Promozione della destination – N° camere occupate per familiarization trip – Variazione presenze turistiche/Ammontare investimenti realizzati Diffusione del networking – N° iniziative congiunte con operatori privati – N° iniziative congiunte con operatori pubblici – N° iniziative pubblico-private Fonte: elaborazione da Micera, 2008 5.7 Le altre imprese ricettive Le imprese ricettive, oltre a quelle alberghiere, comprendono anche altre tipologie di strutture in grado di rispondere alla domanda di alloggio dei turisti. Quest’ultima può, infatti, trovare soddisfacimento in forme differenti di accomodation a seconda delle combinazioni prodotto-prezzo che si riescono a realizzare, in funzione delle proprie esigenze e della relativa capacità di spesa. Le altre imprese ricettive, dette anche complementari, includono campeggi e villaggi turistici, affittacamere, agriturismi, bed and breakfast, country-house, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini e i cosiddetti esercizi ricettivi non classificati, oltre alla multiproprietà. In questa sede, si ritiene opportuno un cenno, in particolare, agli agriturismi, ai bed and breakfast e alla multiproprietà, in virtù della crescente diffusione di queste formule di ricettività. L’agriturismo rappresenta un’attività ricettiva esercitata dall’imprenditore agricolo in un rapporto di connessione e complementarietà con le attività di coltivazione di fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame. Secondo questa definizione, l’attività dell’agriturismo presenta un rapporto di complementarità rispetto alle attività agricole tradizionali, che deve comunque rimanere principale (Zerbini, 1988). Caratteristica fondamentale, che emerge anche dalla normativa relativa all’agriturismo (L.730/85), è che lo svolgimento di quest’attività non è riservato ai soli imprenditori agricoli, a titolo di principale, ma è liberamente consentita a chiunque eserciti un’impresa agricola a qualunque titolo (proprietà, affitto ecc.) e in qualunque forma, singola o associata. L’elemento distintivo dell’agriturismo è rappresentato dal legame tra il soggiorno e la conoscenza/fruizione del territorio circostante ovvero del mondo agricolo e dell’ambiente rurale (quindi, il prodotto). In tal senso, le componenti che caratterizzano le aziende agrituristiche sono (Ceccacci, Susanna, 2003): 6 L’ impresa di ristorazione 6.1 L’attività di ristorazione L’impresa di ristorazione è inquadrata giuridicamente tra le imprese commerciali. Tuttavia, rispetto all’offerta turistica di una destination, rappresenta una componente importante del prodotto complessivo, che contribuisce a determinare la soddisfazione del cliente, rispetto all’esperienza del viaggio. La ristorazione in generale riguarda la somministrazione di pasti e bevande fuori casa. Si suole distinguere in: ristorazione commerciale, ristorazione turistico-occasionale e ristorazione collettiva (Fig. 6.1). La prima tipologia si articola nelle formule della ristorazione top, tradizionale e moderna. La seconda riguarda l’attività di ristorazione nell’ambito delle strutture alberghiere, all’interno di navi, aerei e treni, sulle autostrade, all’interno di centri commerciali e/o presso attraction. Rientra sempre in tale categoria, sebbene con delle differenziazioni, l’attività di catering, che opera prevalentemente nell’ambito di congressi ed eventi. La ristorazione collettiva può essere aziendale, scolastica, ospedaliera, militare. In questa sede, si focalizzerà l’analisi sulla ristorazione commerciale e su quella turisticooccasionale. Va precisato, in merito, che oggi le imprese alberghiere, per proporre pasti di qualità, tendono a esternalizzare l’attività di ristorazione commerciale, affidandola a imprese specializzate, con competenze specifiche in materia. Si ritiene che le problematiche gestionali tipiche della ristorazione commerciale riguardino, in realtà, anche le imprese che operano all’interno delle strutture alberghiere. Figura 6.1 Le principali forme della ristorazione Top Commerciale Tradizionale Moderna Alberghiera, su mezzi di trasporto Ristorazione Turistico-occasionale Catering per eventi Aziendale Collettiva Scolastica Ospedaliera, militare L’ impresa di ristorazione 193 Figura 6.2 Le componenti del prodotto ristorazione Interazione con la clientela Clima e accoglienza Qualità del servizio in sala (professionalità e stile) Cucina Arredo e design Ubicazione Fonte: elaborazione da Smith, 1994 Passando, quindi, ad analizzare i diversi fattori strutturali, che incidono appunto sulla caratterizzazione del ristorante, è fondamentale considerare: 1. l’ubicazione rispetto ai principali siti/luoghi di interesse culturale e/o turistico o in aree mondane delle destinazioni, in grado di attirare la clientela target. Una differenza importante riguarda la collocazione nell’ambito di centri urbani o più in periferia. In ogni caso, la localizzazione è molto legata, appunto, al concept e al tipo di clientela a cui il ristorante si rivolge. Basti pensare alle differenze esistenti tra strutture indipendenti, catene, ristoranti ubicati in parchi o in centri commerciali. Rispetto alla variabile localizzazione, è anche importante comprendere il tipo di quartiere in cui è ubicato il ristorante (di lusso, di massa ecc.), la catchment area (area di attrazione) rispetto ad altri esercizi della zona e alla concentrazione di strutture ricettive nei dintorni, la visibilità, la più o meno agevole raggiungibilità, la disponibilità di parcheggi propri o in prossimità; 2. l’arredo e il design, che esprimono visivamente il concept che si intende comunicare all’utenza: l’arredo, i materiali, i colori, il design differiscono fortemente tra le imprese di ristorazione, contribuendo a creare una determinata atmosfera (servicescape); 3. la cucina, legata proprio al tipo di gastronomia che caratterizza il locale, alla dotazione di vini, all’articolazione e alla varietà del menù. Come sottolineato, il ricorso a prodotti tipici, il richiamo alle antiche ricette locali, anche combinate con gli indirizzi della moderna e più avanzata scuola di cucina, rappresentano elementi sempre più importanti che differenziano le imprese del comparto. Il cuoco e il pizzaiolo nelle pizzerie rappresentano due figure strategiche per erogare un servizio di qualità in termini di bontà e presentazione estetica delle pietanze; 4. procedendo verso gli aspetti sempre più immateriali, la qualità del servizio in sala è altrettanto importante. Quest’ultima presenta sia un’anima più strettamente organizzativa (coordinamento e gestione efficiente del processo di raccordo tra la cucina e la sala, articolazione e distribuzione del servizio tra i tavoli), che una più direttamente connes- L’ impresa di ristorazione 197 Figura 6.3 La catena del valore di un’impresa di ristorazione Information & Communication Technology Attività di supporto Ma Amministrazione e Finanza rgi ne Ricerca e Sviluppo rg Approvvigio- Gestione Processo di Erogazione namento magazzino lavorazione e servizio di materie preparazione al cliente prime delle pietanze Ma Programmazione menù ine Marketing a livello indotto e organico Attività Primarie serie di attività fondamentali, da cui deriva anche il buon esito delle altre. Sono, infatti, importanti per la qualità del prodotto servito e per l’efficienza dell’organizzazione nell’impostazione e nell’avvio del processo. L’utilizzo di sistemi di supporto alle decisioni e di gestione delle scorte e della materia prima consentono sia di avere un prodotto costantemente fresco, sia di ridurre il peso, in termini percentuali, del costo di acquisto della materia prima sui ricavi aziendali. La selezione dei fornitori e il potere negoziale mutano, ovviamente, a seconda che si tratti di un’impresa singola o di catena. Nel secondo caso, sono generalmente seguiti criteri altamente selettivi dei fornitori, con garanzie circa la qualità dei prodotti, i tempi e le modalità di consegna. L’aspetto interessante è che, rispetto a tale attività, le forme moderne di casual dining dimostrano che è possibile coniugare la genuinità e tipicità proprie del ristorante/trattoria tradizionale con l’efficienza e la standardizzazione di una catena. È fondamentale, per tali attività, un perfetto raccordo tra la figura del direttore del locale (o imprenditori e proprietario, a seconda dei casi) e la cucina (chef e relativi aiuti). Il personale di cucina, nelle imprese più organizzate, trasmette in modo codificato delle schede relative alla qualità, all’integrità delle derrate, alla puntualità o meno delle consegne6. Per quanto riguarda la selezione dei fornitori, entrano in gioco le seguenti variabili: la qualità delle forniture (in termini di certificazioni di prodotto e garanzie di qualità, numero di scarti rispetto al totale della fornitura, eventuali garanzie di rimpiazzo), la relativa affidabilità delle consegne (tempi, ritardi e variazioni di queste ultime), il costo (prezzo, sconti e dilazioni), eventuali plus (periodi di prova, sperimentazioni congiunte, collaborazione tecnica, particolare assistenza, forniture speciali o esclusive – Cantino, 1994). Ovviamente, collegata all’approvvigionamento c’è l’analisi della gestione di magazzino, che deve essere caratterizzata da uno specifico layout e da attrezzature in grado di garantire un’ottimale conservazione dei prodotti freschi e surgelati. 6 Più precisamente, la scheda dovrebbe contenere le seguenti informazioni: denominazione delle derrate con relative etichette identificative, indicazione difformità tra «ordinato e consegnato», tempo minimo di conservazione, integrità degli imballaggi e del prodotto, caratteristiche organolettiche (aspetto, colore, consistenza) degli alimenti, modalità di conservazione del prodotto. Per un approfondimento, si rimanda a Cantino, 1994. 202 Imprese e sistemi turistici relativo livello), a parametri di efficienza nella gestione dei costi (in termini di grammature e combinazioni di ingredienti) e a canoni di estetica. La struttura del menù, infatti, deve tener conto di una serie di aspetti interrelati, quali: le vendite programmate delle diverse tipologie di pietanze, le cadenze temporali per le variazioni (stagionali, mensili ecc.), la varietà del menù, il grado di conoscenza consapevole delle capacità nutritive degli ingredienti da parte della domanda e il livello di velocità atteso del servizio (Walker, Lundberg, 2001). Rispetto a tali obiettivi, è opportuna anche una pianificazione dei tempi di cottura delle diverse combinazioni. In sintesi (Fig. 6.4), il menù è la carta di presentazione di un ristorante e dell’offerta gastronomica relativa. Deve pertanto risultare, in primo luogo, coerente con il concept e con lo stile del ristorante in sé, con una programmazione che tenga conto delle caratteristiche, della stagionalità e delle disponibilità dei diversi ingredienti delle pietanze programmate (sia a livello di quantità che di costi relativi, considerando che i prodotti alimentari sono soggetti a sensibili oscillazioni di prezzo in funzione dell’andamento di altri comparti, quali: agricoltura, pesca ecc.). Nella composizione di un menù, inoltre, è importante tener presente la crescente attenzione della domanda ai contenuti salutistici e nutrizionali, all’estetica e all’interesse per i cibi meno grassi (carne, pesce ecc.). È opportuno quindi immaginare una varietà che tenga conto di gusti e preferenze differenziati e che sia in grado di sviluppare proposte con creatività e associazioni simboliche adeguate rispetto al concept del ristorante e al tipo di gastronomia. L’estetica, la chiarezza e la presentazione del menù sono importanti in quanto interpretano il grado di organizzazione e professionalità del ristorante, così come la disponibilità dei menù in più lingue. Una volta predisposto il menù, occorre giungere alla formalizzazione della qualità, verso uno standard gastronomico uniforme, in grado di tener conto delle diverse voci di costo. Infatti, una varietà eccessiva dei piatti e un ciclo di cambiamenti continuo impediscono il raggiungimento di un livello di qualità costante e ciò comporta che, in caso di mancata standardizzazione, i clienti vivano la ristorazione come un servizio insicuro a tutto svantaggio della fidelizzazione. Infine, è chiaro che la pianificazione del menù derivi anche dal processo di programmazione e controllo dei costi, nonché dalle politiche di prezzo praticate dall’impresa. Solitamente, si considerano i costi della materia prima in senso stretto, il margine di contribuzione alla copertura dei costi fissi (Sciarelli S., 2008) e i profitti attesi. Il calcolo del costo medio per pasto, come strumento di controllo, è frequentemente privo di affidabili contenuti manageriali, in quanto le stime ottenute in genere sono lontane dalla realtà, creando frequenti sorprese al momento dei consuntivi (Bovini, 2000). InfiFigura 6.4 Fattori critici nella pianificazione di un menù 1) Coerenza con il concept e lo stile del ristorante 6) Controllo dei costi e definizione dei prezzi 2) Caratteristiche e varietà degli ingredienti Pianificazione del menù 5) Grado di accuratezza e chiarezza nella presentazione 3) Valore nutritivo 4) Creatività e associazioni simboliche L’ impresa di ristorazione 203 ne, il design, la scelta della carta e delle immagini, i caratteri sono tutte decisioni importanti nel processo di comunicazione dell’identità stessa dell’impresa di ristorazione. Il menù, quindi, deve integrarsi e, anzi, rafforzare l’immagine e l’atmosfera complessive del locale (Lewis, Chambers, 1990), diventando un vero e proprio strumento di marketing che massimizzi il gusto del cibo acquistato (Daniel, 2004). Sarà, quindi, composto tenendo conto della matrice «gradimento – convenienza» (Smith, Kasavana, 1990): il punto di incrocio tra la linea dei vantaggi del ristoratore e la popolarità del piatto cambia in ogni ristorante e in ogni menù (Fig. 6.5). Esso è inoltre utile per programmare una maggiore comunicazione in riferimento a piatti meno noti che tuttavia presentano margini di profitto più elevati e per creare delle combinazioni in grado di compensare la presenza di piatti che non possono essere modificati, in quanto «popolari», ma che non risultano profittevoli. Per quanto riguarda il prezzo, il grado di elasticità della domanda rispetto al prezzo varia a seconda del livello del ristorante e dei target di mercato. In generale, tuttavia, la domanda presenta un alto grado di attenzione al rapporto qualità complessiva attesa e percepita/prezzo pagato. Importante risulta, allora, la «transazione di riferimento» e il «prezzo di riferimento» (Kimes, Wirtz, 2002). La prima rappresenta il modo in cui il cliente pensa che debba essere condotta una transazione e il secondo è il prezzo al quale il cliente ritiene che debba essere venduta quella transazione: tali elementi risultano essenziali nell’analisi di una domanda fortemente elastica rispetto al prezzo del servizio di ristorazione. In quest’ultima situazione, il cliente percepisce come giusta una variazione in aumento dei prezzi solo se ne condivide l’utilità; in caso contrario, la considera iniqua. È opportuno quindi differenziare l’offerta in funzione dei target. Affinché la percezione dei livelli di prezzo sia accettata e ritenuta equa dal cliente, occorre che la determinazione delle categorie di tariffe sia logica e trasparente e basata su aspetti fisici (la posizione del tavolo, la vista e gli extra, quali i fiori sul tavolo) e/o su aspetti immateriali (il tempo, le caratteristiche del servizio – ad esempio, se il tavolo è stato prenotato, caratteristiche del cliente – se è un frequent client, disponibilità limitate – quali il possesso di buoni sconto). Ovviamente, la definizione dei prezzi, oltre alla domanda, deve tener conto di una serie di fattori che dipendono dagli obiettivi di fatturato dell’impresa, dalla struttura dei costi e dalla situazione competitiva. In tal senso, anche l’utilizzo delle strategie di marketing basate sul menu engineering consente di migliorare le performance in termini di margine di Figura 6.5 Matrice «gradimento – convenienza» Alta popolarità Alta popolarità Basso profitto Alto profitto Linea di vantaggio per il ristorante Bassa popolarità Bassa popolarità Basso profitto Alto profitto Linea di media popolarità del piatto Fonte: Smith, Kasavana, 1990 : Tale punto varia per ogni ristorante L’ impresa di ristorazione 205 della clientela vi è anche il servicescape, legato più specificamente alle strutture fisiche, all’arredo, al design, così come agli elementi esperienziali esistenti. Il servicescape è, infatti, un mezzo per comunicare l’identità del ristorante, per catturare l’attenzione e per generare particolari sensazioni ed emozioni nella clientela. Una serie di modelli analizza le risposte generate dall’ambiente e, in termini di percezioni consapevoli e inconsapevoli, le reazioni all’ambiente stesso (Mehrabian, Russell, 1974); altri valutano le risposte generate dall’ambiente, in termini di emozioni e sensazioni, sulla base di alcune variabili (interesse, noia, relax, stress, con reazioni che si sviluppano dall’apatia all’eccitazione e dalla sensazione spiacevole a quella piacevole – Russell, 1980). In generale, il modello di servicescape (Fig. 6.6) è legato alle condizioni esistenti nel locale (temperatura, qualità dell’aria, rumori, profumi, odori), allo spazio fisico in termini di layout, design, arredi, luci e alla presenza di immagini, raffigurazioni, cartelloni con icone, simboli, colori specifici, anche in coordinamento con le divise del personale. Le reazioni che questo mix di elementi può generare nella domanda sono razionali (valutazioni, analisi, categorizzazioni), emotive (sensazioni, umori, attitudini) e psicologiche (comfort, benessere, allegria o al contrario disagio, tristezza, stress). In funzione delle percezioni varierà la soddisfazione e, quindi, la possibilità di fidelizzazione e di passaparola positivo. Per quanto riguarda la distribuzione, le imprese di ristorazione tendono a stipulare accordi commerciali con altre aziende della filiera turistica: tour operator, imprese crocieristiche, imprese alberghiere. Le aziende più intraprendenti riescono anche a dar luogo a iniziative di più ampio respiro, come l’inserimento in card di visita alle città, l’attivazione di sconti particolari connessi ad alcuni circuiti d’arte e itinerari promossi nell’ambito della località in cui operano. Per le catene che sono ubicate in più regioni e paesi, queste forme di accordi sono spesso molto più estese e intense, in quanto possono riguardare ristoranti ubicati in diverse destinazioni che, magari, rientrano in un determinato circuito promosso dai tour operator, e più unità locali in una stessa località, ubicate in zone diverse, potendo quindi soddisfare differenti esigenze logistiche generate dai vari itinerari. In molti casi, considerando la passione e l’interesse per la gastronomia italiana, in special modo da parte dei target d’oltreoceano, le imprese di ristorazione più organizzate prevedono dei momenti di illustrazione-apprendimento della cucina (ad esempio, della cucina mediterranea, della preparazione della pizza ecc.) oltre che alla cosiddetta «cucina molecolare», trasformando alcuni ristoranti in veri e propri laboratori di fisica, tesi a far comprendere le mutazioni degli alimenti in seguito a cotture, marinature, conservazioni: tendenza in linea con il rinnovato interesse per la salubrità dei cibi (Repubblica, 2008). Figura 6.6 Sviluppo del servicescape Condizione (temperatura, qualità dell’aria, rumore, odori/profumi, musica) Dimensione ambientale del servicescape Spazio (layout, arredi, design, attrezzature, luce) Cartelli, colori e simboli (prevalenza e combinazioni di colori, quadri, foto, icone e divise del personale) Razionali (valutazione, analisi, categorizzazione) Reazioni della domanda Emotive (sensazioni, umori, attitudini) Psicologiche (comfort, benessere, allegria, disagio, tristezza) 208 Imprese e sistemi turistici Figura 6.7 Ristorazione in franchising – le maggiori catene di ristorazione in franchising in Italia 1) Mc Donald’s 2) Burger King 3) Spizzico 4) Ciao (Autogrill) 5) Brek (gruppo Pam) 6)) Cheff Express (gruppo Cremonini) 7) Happy Food 8) Pizza New 9) Rosso Pomodoro Fonte: Il Quadrante, 2007 si ha una maggiore possibilità di sviluppo innovativo continuativo, stimolato dagli input delle unità locali ubicate su diverse aree del territorio nazionale e internazionale. In Italia, oggi, il franchising nella ristorazione conta 45 realtà, che gestiscono circa 500 locali in forma diretta e oltre 1.000 in franchising, posizionandosi al terzo posto, come comparto, dopo l’abbigliamento e le agenzie immobiliari. Tuttavia, l’incidenza sul totale dei franchising avviati appare ancora esigua rispetto al resto d’Europa: i ristoranti in affiliazione raggiungono circa il 6% del totale mentre Gran Bretagna, Francia e Spagna mostrano quote tra il 15 e il 20%. I principali gruppi del franchising della ristorazione in Italia sono: McDonalds’, a cui spetta il primato, seguito a distanza da Burger King, Spizzico e Ciao (Autogrill), Brek (gruppo Pam), Chef Express (gruppo Cremonini), dall’italiana Happy Food e da una serie di realtà italiane nel campo delle pizzerie, come Pizza New, Rossopomodoro ecc. Lo sviluppo del franchising a livello internazionale, generalmente, deriva dalla saturazione del mercato nazionale o anche dallo sviluppo di opportunità di mercato per effetto dei fenomeni di globalizzazione della domanda. Anche analoghe scelte dei principali competitor possono imporre un simile approccio. Le opportunità di business, inoltre, possono essere sollecitate anche da operatori esteri, che propongono alleanze e joint ventures19. 19 Una joint venture è un accordo di collaborazione con cui due o più imprese, mantenendo la propria indipendenza giuridica, decidono di collaborare per la realizzazione di un progetto di natura industriale o commerciale e che vede l’utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti ma anche un’equa suddivisione dei rischi legati all’investimento. In una joint venture possono esserci due tipi di accordi: contrattuale e societario. Il primo non fa sorgere una società comune ma solo un accordo fra le parti per gestire un’iniziativa comune per poi dividerne successivamente gli utili. Il secondo è un contratto che si caratterizza per la disciplina dell’attività della società mista, del rapporto fra i soci e della ripartizione degli utili. Un esempio recente è costituito dalla creazione, nel 2003, di una joint venture di tipo societario tra la Compass Group Plc e Cremonini S.p.A., gruppi leader internazionali nel settore della ristorazione. L’accordo prevede che il Gruppo Cremonini acquisti, per un importo di circa 7,5 milioni di euro, il 50% di Moto S.p.A., società del Gruppo Compass già operativa nel segmento della ristorazione autostradale, allo scopo di raggiungere una quota rilevante del mercato della ristorazione autostradale nazionale. L’ impresa di ristorazione 209 Le forme di sviluppo del franchising internazionale sono varie. Nel franchising diretto vi è un rapporto appunto diretto tra franchisor e franchisee, con uno sviluppo delle relazioni e un controllo a distanza, esercitato direttamente dal franchisor. Le formule indirette, invece, sono: l’istituzione di filiali di vendita, di una società sussidiaria o di un agente locale. Nei casi di processi di espansione in paesi meno vicini a quello di partenza e più ampi, si incontrano meccanismi di master franchising o di franchising regionale. Nel master franchising uno dei franchisee diviene appunto master franchisee, con lo scopo di sviluppare il brand, il modello gestionale e gli standard di qualità del gruppo di riferimento, in uno specifico paese. Questo modello è molto diffuso in Inghilterra, Spagna e Portogallo ma tende a svilupparsi anche in Italia. Un’articolazione del master franchising è rappresentata dal franchising regionale, nei casi di paesi particolarmente ampi. Queste formule intermedie, rispetto al diretto, consentono di condurre in modo più efficace ed efficiente il processo di sviluppo. Nelle formule più ampie, tipiche di aziende di maggiori dimensioni, si sviluppano anche investimenti diretti in partnership con imprenditori locali, come le joint ventures. È comunque importante valutare, nei contratti di franchising, i vantaggi e le criticità (Tab. 6.1) per ambo le parti. Per il franchisor, tale formula consente un processo di sviluppo più rapido, anche a livello internazionale, con conseguente affermazione più incisiva del brand aziendale. Si tratta di un percorso di crescita che richiede una minore entità di capitali nella sua realizzazione e che consente di mantenere un certo grado di flessibilità strategica, operativa e organizzativa (Della Corte, 2004; Golinelli, 2002; Sciarelli, 1987), con una condivisione del rischio Tabella 6.1 Vantaggi e criticità nel rapporto franchisor/franchisee Vantaggi per il franchisor Vantaggi per il franchisee – Rapido sviluppo degli investimenti – Avvio di attività d’impresa con riduzione del rischio di start up – Crescita mantenendo la flessibilità – Possibilità di beneficiare del know-how e dell’immagine del franchisor – Suddivisione del rischio con i franchisee – Maggiore facilità nello sviluppo internazionale – Diffusione e rafforzamento del marchio – Superamento di barriere all’entrata – Accesso a tecniche, modelli e sistemi manageriali avanzati – Impostazione del servizio con standard qualitativi di livello – Benefici economici e qualitativi nei rapporti con i fornitori – Maggiore potere contrattuale verso i fornitori – Più agevole accesso al credito – Rafforzamento competitivo – Maggiore aggiornamento e propensione all’innovazione – Sviluppo continuo dell’innovazione – Royalties – Assistenza nella selezione e formazione del personale – Accesso a canali di comunicazione non immaginabili a livello individuale Criticità per il franchisor Criticità per il franchisee – Consistente investimento iniziale – Rispetto di standard fissati dal franchisor secondo contratto – Processo di crescita veloce – Minore flessibilità rispetto all’impresa individuale – Selezione dei franchisee – Non sempre condivisione di interessi con il franchisor – Maggiori oneri di coordinamento e controllo 226 Imprese e sistemi turistici Figura 7.1 Evoluzione della domanda crocieristica nel mondo – numero di passeggeri dal 1960 al 2020 Numero passeggeri 25.000.000 20.000.000 15.000.000 10.000.000 5.000.000 0 1960 1980 2000 2020 Anni Fonte: elaborazione propria su dati Oceanshipping consultants e su Rapporto sul turismo italiano 2006/2007 Fonte: ECC-Europe Cruise Contribution – Contribution of cruise tourism to the economies of Europe, 2007 venienza dei crocieristi (circa il 66%), l’Europa registra tassi di crescita considerevoli, che si aggirano intorno al 22% (una percentuale che include 6 nazioni europee: Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Francia e altri paesi europei); si può affermare, quindi, che si sta assistendo a uno sviluppo davvero straordinario del comparto soprattutto se lo si paragona al fatto che, in questi stessi anni, l’intero settore turismo è cresciuto di circa il 50% in termini di arrivi. Nello stesso periodo, infatti, il numero di cittadini europei che ha scelto una crociera in tutto il mondo è più che triplicato: nel 2005 sono stati più di 3 milioni gli europei che hanno viaggiato in crociera (quasi un quinto del totale mondiale). La maggioranza di questi crocieristi ha visitato i porti nel Mediterraneo, nel Baltico e nelle altre regioni europee, generando 13 milioni di visite/transiti nelle città portuali. Si prevede quindi che la crescita continuerà, raggiungendo i 4 milioni di europei in crociera nel 2010 e i 5 milioni entro il 2015 (ECC, 2007). Sebbene però l’Europa stia sviluppando vertiginosamente il business delle crociere, l’America mantiene pur sempre il primato e, anche per il futuro, sembra che le cose resteranno così; infatti, secondo la Cruise Lines International Association (CLIA) nel 2007 il settore delle crociere negli USA ha generato un fatturato di 32 miliardi di dollari. Dal 2000 al 2007 si è assistito a un aumento del 50% del numero di passeggeri imbarcati da porti statunitensi e, nello stesso periodo, le società di navigazione del settore hanno acquistato prodotti sul mercato statunitense per un valore di 14,7 miliardi di dollari. Sulla base dei dati forniti dall’ECC nel 2007, è stato possibile riportare nella Tab. 7.1 un elenco dei passeggeri nei principali porti europei, ma solo per i porti italiani si è potuto fare un confronto tra i dati del 2005 e quelli previsionali riferiti all’anno 2008 (Cemar, 2008). Per gli altri porti, si può affermare che si tratta comunque di un comparto che registra segnali decisamente positivi. Per quanto riguarda il mercato crocieristico italiano, si prevede per fine 2008 un aumento dell’11,8 % del movimento dei crocieristi in Italia5. Anche in Italia, infatti, il settore cro5 Sulla base di questi dati previsionali, l’Italia, nel 2008, si è riconfermata la prima destinazione crocieristica del Mediterraneo, seguita dalla Spagna, come numero totale di passeggeri movimentati e Civitavecchia è il primo porto del Mediterraneo con oltre 1.800.000 crocieristi, superando così il porto di Barcellona. Nell’ambito di questo discorso, va sottolineata l’importanza, negli ultimi tempi, del crescente numero di crocieristi durante il periodo invernale. Questo fenomeno comporta la cosiddetta «destagionalizzazione del settore» che, solo negli ultimi 4 anni, ha raddoppiato il numero di passeggeri. Per un approfondimento si rimanda a Senesi, «Previsioni sul traffico crociere 2008 nei porti italiani», Seatrade di Miami, marzo 2008. Il settore crocieristico 227 Tabella 7.1 Traffico passeggeri nei principali porti europei – Anno 2005-2008* Porti Totale traffico 2005 Totale traffico 2008* ITALIA – HOME PORT Civitavecchia Venezia Napoli Savona Genova 2.756.201 983.171 815.171 830.158 595.859 362.000 4.440.000 1.800.000 1.350.000 1.200.000 740.000 550.000 ITALIA – PORT OF CALL Livorno Palermo Bari Messina 2.117.139 462.383 329.859 277.979 216.760 3.300.000 930.000 460.000 400.000 310.000 FRANCIA E SPAGNA Barcellona Palma di Maiorca Nizza Marsiglia Ajaccio Toulon/St.Tropez Montecarlo Cannes Ibiza Valencia 3.828.898 1.228.561 877.912 364.908 361.000 204.535 163.608 133.110 129.675 118.474 106.724 – 1.700.000 – – – – – – – – – MEDITERRANEO MERIDIONALE Limassol (Cipro) Valletta Gibilterra 858.472 349.399 320.263 188.810 – – – – * dati previsionali forniti da CEMAR 2008 Fonte: elaborazione su dati forniti da ECC (Contribution of cruise tourism to the economies of Europe, febbraio 2007) e da CEMAR cieristico sta vivendo un momento di forte espansione, confermandosi come il settore che registra la crescita maggiore nel business del turismo. Nell’ambito di questo sviluppo, sul piano nazionale e internazionale, l’Italia riveste un ruolo importantissimo, in quanto nel 2008 sono 68 i porti italiani toccati dalle 148 navi diverse delle 64 compagnie di navigazione che operano in Italia, per un totale di 8.550.000 crocieristi movimentati e di 4.720 (+8,5% rispetto al 2007) toccate nave. 7.2 Principali caratteristiche della domanda Per comprendere il business crocieristico, è opportuno analizzare le caratteristiche specifiche del prodotto crocieristico dal punto di vista della domanda e dell’offerta, valutando opportunamente cosa questo maggiormente rappresenti in termini di motivazione, percezione del prodotto, tipologia di esperienza (first timer piuttosto che cruise repeater) e fe- Il settore crocieristico 229 peater e ai brand repeater. Gli aspetti che maggiormente incidono sulla prima categoria sono l’itinerario (tale aspetto vale, tuttavia, anche per i cruise repeater) e l’emozione; mentre, per l’altra categoria, contano in maniera più significativa il comfort, l’organizzazione e il livello dei servizi. Si diventa, cioè, più sofisticati ed esigenti rispetto all’offerta a bordo con il ripetersi dell’esperienza crocieristica. Sono stati individuati (Vianelli, 2007) alcuni segmenti di clienti che, di seguito, vengono inoltre sintetizzati nella Tab. 7.2 e che permettono un’ulteriore segmentazione della domanda, utile ai fini della realizzazione di prodotti crociera costruiti ad hoc, per meglio rispondere alle diverse esigenze. Tabella 7.2 Possibili segmenti di clienti Nome Caratteristiche Gli upper class Ricercatori di grandi emozioni, di un servizio di altissimo livello qualitativo; non sono sensibili al prezzo in quanto cercano esclusività, non accettano consigli e, nella maggior parte dei casi, sono clienti first timer con un’istruzione superiore e con un reddito alto; generalmente viaggiano in coppia e hanno un’età compresa tra i 25 e i 55 anni. I passivi Non sono condizionati dal prezzo, sono in prevalenza coppie in luna di miele o anniversario di nozze alle quali, in alcuni casi, il viaggio è stato regalato. Sono per lo più first timer. I razionali Sono attenti conoscitori delle caratteristiche della crociera, soprattutto per quanto riguarda le componenti funzionali, mentre non risentono dell’aspetto sociale e dei servizi accessori. Sono principalmente first timer ma anche cruise repeater ma non brand repeater. Sono di fascia d’età tra i 25 e i 34 anni e oltre i 55, con un’istruzione media superiore. Gli amanti della libertà Prediligono un clima a bordo informale, con la possibilità di scegliere liberamente come impiegare il proprio tempo libero. Sono principalmente brand repeater, in una fascia d’età che supera i cinquant’anni e viaggiano in coppia o in gruppi di amici. I sognatori influenzabili Sono attenti ai servizi offerti durante il viaggio e anche al prezzo. Si lasciano fortemente influenzare dal passaparola di amici/parenti e dal marchio del prodotto. Sono principalmente first timer che partono in gruppo (nella maggior parte dei casi organizzato) e danno molta importanza alle opportunità di socializzazione che la crociera offre. Fonte: elaborazione da Vianelli, 2007 7.3 L’offerta Al crescente sviluppo della domanda crocieristica, diversi cruise operator6 stanno rispondendo con ingenti investimenti che mirano ad ampliare le diverse e molteplici flotte presenti sul mercato nazionale e internazionale. Oggi, infatti, nel mercato mondiale vi è un numero sempre crescente di navi. In particolare, nel mercato americano le imprese presenti sono circa 35 e possiedono circa 154 navi che navigano nei mari dell’America e del6 Con questo termine si indicano quelle imprese che, quasi sempre proprietarie degli scafi, organizzano, producono, gestiscono e vendono il prodotto crociera (Fonte: XV Rapporto sul turismo italiano, p. 416). Il settore crocieristico 231 In particolare, il prodotto crocieristico presenta un nucleo principale (core), costituito dal viaggio multidestination a bordo di una nave capace di offrire i servizi turistico-alberghieri di base e una serie di elementi distintivi presenti, di volta in volta, in diverse quantità e in differenti combinazioni e livelli qualitativi. Il core risulta quindi formato da viaggio (trasporto via mare) e ospitalità (pernottamento in cabina). Il prodotto crocieristico, tuttavia, non si esaurisce solo in questi servizi, ancorché fondamentali, ma presenta un’articolazione più o meno ampia, in collegamento alla necessità di rendere la crociera un’esperienza unica, particolare, ricca di emozioni (Fig. 7.2). È quindi più opportuno analizzare il concetto di «prodotto crocieristico allargato», utilizzando il sistema a cerchi concentrici di Smith (1994). Tale configurazione include: le attività di transfer da/per i porti nei collegamenti con aeroporti e stazioni ferroviarie che risultano fondamentali ai fini della scelta della crociera; le attività di ristorazione offerte a bordo (ristoranti, bar, pizzerie ecc.), che rappresentano un elemento importantissimo dell’offerta crocieristica; le diverse e molteplici attività di intrattenimento a bordo, che vengono organizzate in modo da rispondere alle diverse esigenze dei clienti; le attività che riguardano le possibili escursioni da effettuare a terra; lo stile, l’accoglienza e l’atmosfera che, sebbene rappresentino fattori intangibili, possono essere considerati elementi determinanti nella scelta del cruise operator. La peculiarità del prodotto crocieristico «allargato» è che talune componenti del servizio complessivo sono offerte da altre imprese del comparto, con le quali la compagnia di crociera intrattiene rapporti commerciali più o meno consolidati (cfr. Paragrafo 4). In generale, le principali variabili di differenziazione, oltre alla tipologia della nave, sono: 1. il binomio qualità-prezzo: nel mercato crocieristico, il rapporto qualità-prezzo risulta un aspetto critico nella definizione delle scelte promozionali; i diversi segmenti di domanda, infatti, appaiono esigenti sul fronte della qualità, sebbene in modo differenziato in funzione del target (cfr. Paragrafo 2) e con un alto grado di elasticità rispetto al prezzo. Quest’ultimo aspetto riguarda, in modo più accentuato, il mercato «di massa», quello Figura 7.2 Il prodotto crocieristico Accoglienza e atmosfera Stile Escursioni Attività di intrattenimento a bordo Ristorazione Transfer da/per i porti Viaggio (trasporto via mare) e ospitalità (pernottamento in cabina) 234 Imprese e sistemi turistici Figura 7.3 Sintesi delle principali caratteristiche della domanda e dell’offerta crocieristica Caratteristiche della domanda Caratteristiche dell’offerta Speciality market Luxury market Fascia medio-alta Middle market Mass market VARIABILE DURATA: Minicrociera Crociera tradizionale Grande crociera Crociera unica Crociera sport Crociera periodica + = Business crocieristico VARIABILE PREZZO: Crociere economiche Minicrociere Crociere classiche Crociere di lusso Infine, con particolare attenzione alla durata e alla spesa media della crociera, si suole distinguere tra: • crociere economiche, distinte tra minicrociere, di più breve durata, e crociere di media durata. Si tratta, in questi casi, di crociere destinate al mass market, per le quali occorrono significativi volumi di passeggeri per raggiungere il punto di equilibrio economico e realizzare profitti, considerando i bassi margini unitari; • minicrociere e crociere classiche, più orientate verso la fascia media di mercato; quelle più brevi, generalmente, hanno una maggiore caratterizzazione anche a livello tematico (ad esempio, le crociere «benessere»); • crociere di lusso, generalmente di durata media o lunga, sebbene si stiano sviluppando anche quelle più brevi (ad esempio, legate a tornei di golf o al benessere di lusso). 7.5 Caratteristiche strutturali del settore e relative tendenze evolutive Il business delle crociere sta conoscendo profonde trasformazioni ed evoluzioni. Di certo rappresenta uno dei comparti con il più elevato tasso di sviluppo della domanda e con i maggiori incrementi della capacità in termini di offerta, sia rispetto al numero di navi che alle relative dimensioni. A tale processo di crescita dimensionale delle imprese del comparto si accompagna un marcato processo di globalizzazione, caratterizzato da intensi fenomeni di concentrazione aziendale, soprattutto mediante acquisizioni a livello internazionale, al punto da giungere a una situazione di «quasi oligopolio». Parallelamente, tuttavia, in concomitanza con lo sviluppo degli short break e con la crescente attenzione per esperienze più limitate temporalmente, si assiste anche allo sviluppo di forme di offerta di nicchia, altamente focalizzate su target e formule di offerta specifiche. Si vede infatti, da un lato, un crescente processo di concentrazione aziendale; dall’altro, lo sviluppo di crociere di nicchia, specialistiche, basate su strategie di focalizzazione. Il settore presenta, indubbiamente, delle ampie prospettive di crescita nel lungo periodo. Cercando di analizzare complessivamente lo scenario del comparto, emergono alcune opportunità importanti, quali: Il settore crocieristico 235 Figura 7.4 Tendenze evolutive del prodotto crocieristico Prodotto di massa Fortemente standardizzato e rivolto al pubblico di terza età Prodotto elitario Destinato a un mercato fortemente ristretto Prodotto altamente concentrato In termini di offerta aziendale, sviluppo di crociere differenziate erogate da gruppi di imprese con più marchi, prezzi più convenienti e rivolti a un pubblico anche di giovani • la crescente importanza del fattore scala, legato alla dimensione delle navi da crociera: quest’aspetto ha reso, nel tempo, più conveniente il prezzo della crociera rispetto al passato; • l’ampliamento sempre maggiore dei target di utenza, come evidenziato nel paragrafo precedente: la crociera, una volta appannaggio della terza età, è adesso un desiderio espresso anche dai più giovani, dalle famiglie e da segmenti che, una volta, sembrava non potessero essere attratti da questo tipo di prodotto turistico. È pur vero, però, che il concept della crociera è andato modificandosi nel tempo, divenendo sempre più un viaggio a destinazioni multiple, caratterizzato da un variegato ventaglio di servizi di tipo amenities ed entertainment; • lo sviluppo continuo di nuove destinazioni e nuovi schemi di itinerari: si è alla continua ricerca di nuovi e interessanti itinerari da offrire al cliente finale; • l’articolazione crescente dell’utenza della nave, con esigenze di servizi sempre più differenziati (aspetto che rende più complesso il prodotto complessivamente erogato). 7.6 Progettazione del processo e scelte strategiche Rispetto quindi allo scenario del comparto, le imprese crocieristiche si trovano ad assumere importanti scelte, in termini strategici e di marketing, che riguardano più fasi della propria attività, con significative decisioni di investimento. Il tipo di crociera si caratterizza in funzione dei target di mercato individuati attraverso il processo di segmentazione e delle aree geografiche che si intende inserire nell’itinerario. Conseguentemente, la scelta della tipologia di navi, della relativa dimensione, delle caratteristiche interne (arredi, strutture ecc.) deve necessariamente tener conto dei bisogni dei target di riferimento. Le decisioni da assumere, tuttavia, non riguardano solo le dotazioni strutturali della nave e le relative facilities ma anche altri aspetti, come la selezione del personale di bordo, distinguendo tra risorse umane dedicate al core business del prodotto crocieristico (pernottamento, ristorazione ed entertainment) e quelle più strettamente dedicate al trasporto, alla logistica e alle attività tecniche di bordo. Per l’erogazione del prodotto allargato, inoltre, è fondamentale assicurarsi la qualità dei servizi erogati da altre imprese, sulla base di accordi commerciali più o meno stabili e duraturi, in modo da garantirsi uno standard di qualità omogeneo rispetto al prodotto crocieristico in senso stretto. 236 Imprese e sistemi turistici Figura 7.5 Principali fasi della progettazione-organizzazione • Scelta del/i segmento/i • Scelta di aree geografiche 1 • Scelta dell’impianto (nave) e del personale di coperta e macchine • Scelta delle determinazioni interne e dei servizi erogabili 2 3 • Scelta dell’itinerario • Scelta del personale aberghiero, di ristorazione e di intrattenimento • Accordi con gli attori della filiera Considerando il crescente processo di globalizzazione dei mercati, una delle maggiori implicazioni, come già sottolineato, è il fenomeno di concentrazione dell’offerta, con lo sviluppo di gruppi leader del mercato crocieristico. Parallelamente a tale processo, si nota il graduale aumento di investimenti in navi dotate di un’elevata capacità di carico. Questa tendenza dell’offerta, di fronte a una domanda sempre più articolata e segmentata, si traduce nella definizione di scelte anche di carattere strutturale, che tengono conto della presenza, sulla medesima nave, di fasce differenziate di mercato. La conquista della competitività è, infatti, legata alle strategie di business adottate e alla capacità di disporre di risorse e competenze distintive in tale processo, analizzabili all’interno della catena del valore di un’impresa crocieristica, che si articola secondo quanto indicato in Fig. 7.6. Tra le attività primarie, rientra, in primo luogo, quella di costruzione del prodotto e di definizione degli itinerari: tale attività è sicuramente la principale nella catena del valore in quanto dalla scelta dei servizi da inserire nelle offerte e dalla selezione degli itinerari scaturiscono gli elementi sopra analizzati (posizionamento di mercato, possibili proposte da offrire ai diversi target di riferimento, gestione dei rapporti con gli attori locali delle destinazioni prescelte, che rappresentano fattori fondamentali ai fini di un’offerta sistemica del prodotto crocieristico). Anche la capacità di gestire i rapporti con i fornitori dei servizi a terra risulta quanto mai necessaria ai fini di una corretta gestione aziendale. D’altra parte, i cruise operator che investono significativamente in una realtà portuale crocieristica, soprattutto quando quest’ultima rappresenta un home port per la compagnia, divengono importanti attori locali per lo sviluppo turistico delle destinazioni servite (destination management, cfr. Capitolo 10). Un’attività strategica, in funzione del fatto che l’impresa crocieristica è sia impresa ricettiva che di trasporto, riguarda la gestione dei rapporti con la struttura portuale di riferimento, per la fornitura dei servizi a terra. Da questo punto di vista, l’attività di bunkeraggio si riferisce alla gestione dei rapporti tra la compagnia di crociera e le strutture portuali, con le diverse aziende che si occupano della gestione delle infrastrutture del singolo porto. Tale relazione può estendersi fino al caso di investimenti diretti, da parte della compagnia di crociera, nelle infrastrutture portuali, come ad esempio nella costruzione dei terminal crocieristici dedicati. Talvolta, gli investimenti della compagnia riguardano anche altre attività, come quelle commerciali all’interno delle stazioni portuali. Tale attività è trasversale rispetto al processo di creazione e vendita del prodotto crocieristico in senso stretto10. 10 In tale circostanza, la strategia competitiva sfocia in strategie a livello corporate. Rispetto a queste ultime, l’impresa opera una scelta strategica al limite tra l’integrazione verticale e la diversificazione laterale. Sul tema si rimanda a Della Corte, 2004. Il settore crocieristico 237 Figura 7.6 Catena del valore di un’impresa crocieristica Approvvigionamenti: gasolio, materie prime, prod. alimentari Tecnologia: innovazione trasporti, scelte promozionali e distributive Attività di supporto Gestione Risorse Umane: personale di bordo e di terra M ar gi Finanza: scelte nell’impiego dei fondi e delle fonti di finanziamento ne Erogazione del servizio (questa fase riguarda l’esperienza vissuta dal cliente finale) CRM (fase fondamentale per una corretta gestione delle relazioni con il cliente) gin Gestione dei rapporti Promozione con i fornitori e vendita; dei servizi a terra fiere; pubblicità; (organizzazione sponsorizzazioni; rapporti con imprese vendita che supportano di prodotto il «cruise operator» tramite internet; nella realizzazione ADV e TO del prodotto «crociera» in termini commerciali) Ma r Costruzione del prodotto e definizione degli itinerari (scelta dei possibili servizi e dei diversi itinerari da inserire nell’offerta «prodotto crociera») e Gestione rapporti istituzionali: scelta delle diverse modalità relazionali Attività Primarie Fonte: elaborazione da Porter, 1992 Per quanto concerne le altre attività, di promozione e vendita, di erogazione del servizio e di Customer Relationship Management, è bene evidenziare che si tratta di scelte di marketing che riguardano la relazione della gestione con la clientela intermedia e finale (cfr. Paragrafo 7.7). Tra le attività di supporto, ve ne sono diverse di carattere strategico per le compagnie di crociera e in particolare: • il feederaggio della nave, in termini non solo di gasolio ma anche di approvvigionamenti, in generale, di materie prime, di prodotti alimentari e merci in generale. Per tale attività, l’impresa crocieristica entra in relazione con le diverse aziende fornitrici e gestisce i rifornimenti; • la gestione delle risorse umane che, come evidenziato, riguarda sia il personale di terra addetto alla nave e alle attività connesse che il personale di bordo, oltre al management aziendale; • la tecnologia, che rappresenta uno strumento di accompagnamento importante per tutte le attività della catena del valore, in riferimento al trasporto, alle operation in senso stretto e anche alle politiche di marketing, dal punto di vista delle scelte promozionali e distributive; in particolare, grande interesse sta riscuotendo l’attenzione che alcuni cruise operator europei (è questo il caso della compagnia crocieristica MSC) mostrano verso le tecnologie che riguardano il settore dell’eco-compatibilità ambientale (costruzione di termovalorizzatori a bordo, sistemi per il risparmio energetico ecc.); • la finanza: tale attività risulta strategica, considerando gli ingenti investimenti che le compagnie di crociera devono realizzare e l’importanza delle modalità di scelta delle fonti finanziarie a copertura degli stessi. Le imprese crocieristiche, infatti, presentano caratteristiche economico-finanziarie vicine sia alle imprese di trasporto che a quelle ricettive. L’impiego dei fondi e il rispetto dei criteri di scelta delle fonti di finanziamento Le agenzie di viaggio 261 Come specificato, il tour operator è un’impresa di produzione, non un mero grossista. La distribuzione dei viaggi, invece, è solitamente affidata alle agenzie di viaggio, tradizionali od on line, sebbene sia al contempo caratterizzata da un crescente processo di disintermediazione dei servizi da parte degli altri attori della filiera. In tale direzione, le agenzie di viaggio possono essere definite come le imprese che svolgono funzioni di distribuzione, connesse alla vendita di prodotti turistici, ponendosi come intermediari al dettaglio delle imprese di produzione, per conto delle quali, a fronte di un compenso, promuovono e vendono servizi turistici, generalmente ma non esclusivamente, ai turisti. È bene quindi distinguere le diverse categorie di agenzie (Fig. 8.1) a seconda che svolgano attività di outgoing (agenzia di viaggi, o dettagliante o retailer) o di incoming. Per quanto riguarda l’outgoing, l’attività in oggetto è di intermediazione pura3 nella vendita di pacchetti offerti ai residenti di una destinazione per viaggi in uscita. L’attività di incoming, invece, può essere realizzata: • per conto proprio, proponendo pacchetti per gruppi di piccole dimensioni o individuali, sulla base di specifiche richieste (tour organizer); • in qualità di corrispondente di TO nelle destinazioni in cui giungono i turisti (corrispondenti o general sales agents); • più in generale, in termini di realizzazione di una serie di servizi nell’ambito della destination e dei suoi dintorni (transfer, escursioni, personal shopper ecc.), per conto di altre imprese del settore (ricettivista). La medesima agenzia può ricoprire più ruoli tra quelli analizzati, ossia svolgere pura intermediazione in outgoing e attività di incoming come ricettivista. Nella pratica, tuttavia, esiste una prevalenza di funzioni, in virtù delle diverse competenze specifiche richieste nei due casi. Infine, sono ormai diffuse anche le web-agencies, che operano esclusivamente on line (Buhalis, Law, 2008). Queste sono sorte, inizialmente, per impulso degli stessi GDS (Global Distribution System), ossia dei grandi sistemi di prenotazione a livello internazionale, a Figura 8.1 Le diverse tipologie di agenzie di viaggio Outgoing Incoming Agenzie di viaggio o Retailer o Dettagliante Tour Organizer Ricettivista Corrispondente o General Sales Agent 3 Il terzo comma dell’articolo 22 della CCV, infatti, precisa che «l’intermediario non risponde dell’inadempimento totale o parziale di viaggi, soggiorni o altri servizi che siano oggetto del contratto». La responsabilità deriva esclusivamente dalle obbligazioni nascenti dal suo ruolo di intermediario nei limiti previsti dalla normativa e solo nel caso in cui l’utente fornisca la prova di un suo comportamento negligente nella scelta del fornitore pacchetto (tour operator) e viene disciplinata dalla CCV. Le agenzie di viaggio 263 Tabella 8.1 Parametri di classificazione per le agenzie di viaggio Parametro Classi Specializzazione produttività – Leisure – Business Tipologia di attività – Outgoing – Incoming Dimensione – grande (pluri-localizzata) – media (pluri-localizzata) – piccola (mono-localizzata) Ambito competitivo di riferimento – locale – regionale – nazionale – internazionale Assetto proprietario e manageriale – impresa padronale – impresa manageriale Ubicazione – agenzie di centro commerciale delle città – agenzie di zone residenziali – agenzie di piccole città – agenzie dei centri direzionali delle maggiori città – agenzie di località turistiche – agenzie nei pressi delle università 8.3 Il prodotto e la catena del valore Pur nelle evidenziate differenziazioni, l’attività dell’agente di viaggio, si concretizza, in via generale, in una serie di funzioni4, di cui le principali sono: a. prenotazione dei posti, emissione e vendita di biglietti per conto di imprese di trasporto di persone, con commissioni generalmente fissate tra l’1% e il 7%. Per lo svolgimento di tale attività, l’ADV deve ottenere la licenza IATA (International Airline Travel Association), che implica anche una verifica, dei requisiti posseduti dall’agente di viaggio5, da parte di tale associazione; b. prenotazione dei servizi delle aziende ricettive, ovvero la vendita di voucher per tali servizi, con commissioni che possono variare tra l’8% e il 20%; c. vendita di prodotti definiti complessi, «confezionati» dai TO, che prevedono viaggi indi4 La licenza richiesta da un agente di viaggio, per riguardare anche l’attività di tour operating, deve necessariamente comprendere entrambi le attività. Per l’ottenimento della licenza, occorrono una serie di adempimenti, consistenti nella predisposizione di documenti relativi alla società, al titolare, ai locali, oltre a specifiche assicurazioni e fideiussioni. 5 In Italia è stato creato l’Agency Service Office della IATA per amministrare e gestire le attività degli agenti di viaggio italiani, nonché per assicurare che i requisiti richiesti vengano mantenuti dagli agenti approvati. Tali requisiti sono sia strutturali e strumentali dell’agenzia, sia riferiti alla formazione del personale, oltre che alla situazione finanziaria dell’impresa richiedente, deducibile dai bilanci. Le agenzie di viaggio 265 Ovviamente, gli e-intermediaries non svolgono attività di incoming ma si occupano dell’intermediazione sulla vendita di pacchetti e singoli servizi su scala globale. Solo le imprese leader riescono anche a svolgere una relativa attività di tour operating, nel senso che acquistano i servizi attraverso il contratto vuoto per pieno o con allotment (cfr. Capitolo 3), per poi rivenderli con un proprio mark up. Rispetto all’attività dell’agenzia di viaggio, è quindi possibile definirne la catena del valore che, ovviamente, varia a seconda del tipo di attività (outoging o incoming). In generale, vi sono alcune attività trasversali, di supporto, quali: 1. la direzione e il coordinamento realizzate, a seconda dei casi, dall’imprenditore delle imprese di piccole dimensioni, anche a carattere familiare, o dai direttori di agenzia (anche franchisee) nei casi di catene o altre forme aggregative; 2. l’Information and Communication Technology, che investe in modo sostanziale l’intero ciclo di attività della catena del valore, sia a livello informatico che multimediale: dalla capacità di gestione di tale variabile dipende anche la capacità dell’agenzia di gestire la tecnologia in sé quale opportunità o minaccia per la propria attività. L’ICT inserita nella catena del valore riguarda, quindi, l’uso strategico specifico che l’agenzia riesce a fare della tecnologia, in funzione delle capacità e competenze possedute, sia rispetto al cliente finale che nell’attività di back office (amministrazione, contabilità ecc.); 3. l’attività di gestione delle risorse umane è una variabile critica importante, per tutte le tipologie di agenzie, considerando che dalla professionalità, competenza e simpatia degli addetti dipende il grado di soddisfazione della clientela. È chiaro, tuttavia, che vi sono differenze sostanziali tra le imprese: da un lato, vi sono quelle individuali spesso gestite a livello familiare, rispetto alle quali il singolo dipendente deve necessariamente assimilarsi all’impostazione della famiglia di riferimento8, dall’altro lato, vi sono invece strutture di dimensioni più grandi, nelle quali si assiste a processi più organizzati e formalizFigura 8.2 La catena del valore delle agenzie di viaggio Information & Communication Technology Ma rgi Gestione Risorse Umane Attività di supporto ne Amministrazione e Finanza Direzione e Coordinamento Marketing– Rapporto con i clienti Back Office Front Office Assistenza post-vendita Ma rg ine Rapporto con i fornitori Attività Primarie 8 Sul tema dell’impresa familiare, si rimanda a Viganò, 2005 e 2006; Alcorn, 1982; Gallo, 1993; Berger, Udell, 1998; Anselmi (a cura di), 1999; Angiola, 2000; Tiscini, 2001; Zocchi, 2004; Tutelman, Hause, 2008. Le agenzie di viaggio 269 Tabella 8.2 I principali fattori che influenzano l’attività delle ADV • Disintermediazione da parte delle compagnie aeree e crescente fenomeno del low cost • Crescente capacità della popolazione nell’utilizzo degli strumenti informatici • Liberalizzazione delle licenze di esercizio • Sviluppo degli intermediari on line • Sviluppo di Customer Relationship Management e contatti diretti con la clientela • Diffusi processi di re-engineering da parte dei tour operator • Sviluppo dei Destination Management Systems Fonte: elaborazione da Buhalis, 2003, Cooper et al., 2005 e utenti che hanno rapporti pluriennali con il proprio agente di viaggio) un importante elemento di scelta d’acquisto. Sicuramente, l’esperienza, l’aver viaggiato e visitato i luoghi proposti conferisce un valore aggiunto all’agente, in quanto alla capacità di persuasione si aggiunge la conoscenza e l’esperienza realmente vissuta (combinando, quindi, la professionalità nella vendita dei prodotti turistici con l’effetto «passaparola», che rappresenta una delle principali leve promozionali). Viceversa, la liberalizzazione ha condotto anche ad un proliferare di agenzie di viaggio spesso non accompagnate da competenze e preparazioni specialistiche, di fronte ad una domanda al contrario sempre più informata. Inoltre, molte agenzie, di fatto, non godono di rapporti consolidati con altri operatori del settore e quindi non possono ottenere condizioni migliori, mentre i turisti più preparati riescono spesso ad acquistare delle proposte molto interessanti in termini di rapporto qualità/prezzo (si pensi ai deal seeker o agli upmarket deal seeker individuati nel Capitolo 2). La crescente riduzione del ruolo ricoperto dall’ADV nel processo di scelta del turista è confermata dalla diffusione di internet e dalla sempre maggiore propensione dell’utenza ad operare on line (Barney, Della Corte, Sciarelli, 2005). 8.5 Le reti di affiliazioni In tale scenario, si assiste alla crescita del numero di affiliazioni e allo sviluppo continuo di nuove formule innovative. I tour operator tendono ad attivare sistemi di fidelizzazione dei network e, in determinati casi, a investire direttamente in questa direzione (integrazione verticale), acquisendo quote anche di controllo degli stessi network (Della Corte, 2004, Capitolo I). In ogni caso, sono in corso processi di re-engineering da parte dei tour operator (cfr. Capitolo 3), i quali operano recuperi di efficienza e di margini conseguiti anche attraverso lo snellimento delle strutture organizzative e delle fasi di accesso alla domanda finale. In tale direzione, d’altra parte, devono essere interpretate anche le scelte di investimento in sistemi di Customer Relationship Management (Shahnam, 2000; Yen, 2002; Pride, Ferrel, 2005; Angelini, 2005; John, 2007; Di Vittorio, 2007) e di fidelizzazione della clientela, che tendono a creare un rapporto diretto tra l’operatore e il turista. Ciò vale non solo per i tour operator ma anche per le compagnie di crociera (cfr. Capitolo7). Tale situazione ha determinato un cambiamento nei percorsi evolutivi delle forme di gestione e di governo delle agenzie di viaggio. Rispetto, infatti, alla tradizionale distinzione 272 Imprese e sistemi turistici click del computer) e l’agenzia tradizionale (brick, mattone) o, ancora, lo shop in shop, basato sulla combinazione tra diverse attività commerciali (agenzia e bar, agenzia e libreria specializzata in libri e riviste di viaggi ecc.). In Italia esistono, inoltre, le associazioni di categoria, di matrice sindacale, come la Fiavet (Federazione Italiana degli Agenti di Viaggio e Turismo), facente capo all’associazione di Confcommercio, e l’Assoviaggi, legata a Confindustria e Federturismo. Queste ultime hanno un ruolo specifico di rappresentanza della categoria negli incontri istituzionali su tutti i temi che, direttamente o indirettamente, riguardano il comparto agenziale. La funzione di queste associazioni è mutata nel tempo in virtù dei cambiamenti nei rapporti tra le agenzie di viaggio e le compagnie aeree in primo luogo, nonché con gli altri attori della filiera. Oggi svolgono un’attività di assistenza di tipo prevalentemente consulenziale, a livello fiscale e contabile, di aggiornamento legislativo e sviluppano progetti di formazione e ricerca con altri soggetti istituzionali (altre associazioni di categoria, università, scuole). Fiavet e Assoviaggi rientrano, infine, tra gli organi attualmente consultati dagli Enti Locali e nazionali rispetto alle decisioni di politica del turismo. In riferimento all’attività agenziale in senso stretto, lo stesso fenomeno delle aggregazioni interimprenditoriali ha condotto alla creazione di reti e aggregazioni che, dal punto di vista commerciale, rispondono in modo mirato alle esigenze di business delle singole aziende. È possibile analizzare le diverse formule aggregative in funzione del potenziale ambito di azione (in termini geografici e di distribuzione sul territorio) e del grado di flessibilità versus rigidità della configurazione. Tale ultimo aspetto è stato valutato in funzione di una serie di variabili, che mostrano quanto sia strutturata l’aggregazione. Alcune ricerche empiriche (Celiento, Della Corte, Sciarelli, 2005) hanno evidenziato, tra le più significative, le seguenti variabili: pagamento di fee d’ingresso, conferimento di royalty sul fatturato, consulenza e formazione per gli affiliati, centralizzazione del processo di selezione dei fornitori, centralizzazione di campagne promozionali, possibilità di azioni di marketing indipendenti, adozione del marchio. Premesso che tutte le suddette variabili mutano a seconda della forma di aggregazione, così come evidenziato nell’analisi di ciascuna formula, i fattori che possono essere ritenuti maggiormente discriminanti tra le diverse configurazioni sono: il pagamento di fee d’ingresso, il versamento di royalty e la possibilità di attivare politiche di marketing indipendenti. È chiaro che le forme maggiormente strutturate e organizzate risultano più rigide, con un maggiore controllo e coordinamento al vertice e una maggiore omogeneità anche nei metodi e negli approcci manageriali (Fig. 8.3). Rigidità/flessibilità Figura 8.3 Flessibilità e ambito di azione delle principali forme di networking Netwo rk rigid i Catena di proprietà Franchising lli k sne etwor N Asociazioni in partecipazione Gruppi di acquisto Agenzia indipendente Potenziale ambito d’azione 274 Imprese e sistemi turistici Figura 8.4 Modalità di raggiungimento del vantaggio competitivo sostenibile per un network di agenzie di viaggio Fasi del processo Obiettivi strategici del network Configurazione del network Selezione dei membri partecipanti Capacità imprenditoriali e manageriali Competenze organizzative Risorse dei membri partecipanti Risorse e competenze strategiche Vantaggio competitivo sostenibile 5. la propensione alla collaborazione da parte degli affiliati, con la consapevolezza dei vantaggi che questa è in grado di generare; 6. l’esistenza di un managerial fiat (Alvarez, 2005; Alvarez, Barney, 2007), in termini di approccio imprenditoriale (intuito di business, capacità di insight ecc.) e manageriale (coordinamento); 7. l’utilizzo di sistemi di gestione e di supporto alle decisioni che migliorino il livello di efficienza della gestione di ciascun componente e accentuino lo sviluppo di un linguaggio comune e anche una logica competitiva11. In conclusione, il comparto agenziale, come gli altri comparti del settore, si trova di fronte a una revisione e modifica radicale del proprio ruolo all’interno della filiera e, ancor più, della propria identità. Rispetto a tale scenario, i temi sui quali si ritiene si giocherà, in prospettiva, il futuro di questa tipologia di imprese, riguarderanno in particolare alcuni aspetti, quali: • il rapporto tra agenti generalisti e specialisti in un regime di crescenti competenze specialistiche necessarie per gruppi di utenti sempre più esigenti e differenziati; • il ruolo e l’evoluzione delle stesse formule aggregative, soprattutto in riferimento al ruolo dell’outgoing nella distribuzione dei prodotti; • una valutazione prospettica sulla possibilità effettiva di sopravvivenza per la singola agenzia di viaggio. In altre parole, le agenzie di viaggio si trovano di fonte a una sfida: trovare nuovi percorsi strategici o rischiare di non sopravvivere! Resta di fatto che l’ADV deve fare i conti con una distribuzione che tende a divenire sempre più no store (Bertozzi, 2005), in uno scenario in cui anche le imprese che non optano per la totale disintermediazione ricorrono quantomeno alla multicanalità. 11 In questi casi si parla di coopetition, in riferimento alla collaborazione tra imprese concorrenti. Sul tema, si veda Della Corte, Sciarelli, 2008; Barney, Hansen, 1994; Brandenburger, Nalebuff, 1996; Chien, 2005; Cairo, 2006. 296 Imprese e sistemi turistici Figura 9.1 La relazione tra il CB e gli altri attori del settore turistico DOMANDA • Associazioni di professionisti • Associazioni scientifiche • Aziende • Organizzazioni PCO MP Convention Bureau OFFERTA • Centri congressi • Ricettiva • Ristorazione • Agenzie di interpreti e traduttori • Società di comunicazioni • Imprese di servizi tecnici • Agenzie di intrattenimento • Vettori di trasporto • Enti pubblici Fonte: elaborazione da Antonioli Corigliano, Gallo, 1998 destinazione, realizzando materiale promozionale e informativo dei prodotti e dei servizi congressuali. Devono, poi, effettuare ricerche di mercato sulle aziende più inclini ad investire in eventi, creando apposite banche dati, e realizzare database sugli operatori, così da incentivare l’incontro tra clienti e fornitori. Sono, infine, a disposizione dei corporate meeting planner che, dovendo scegliere la location per un evento, hanno bisogno di uno o più preventivi con tutte le voci di costo. In tal senso, operano soprattutto attraverso alcuni elementi fondamentali, quali l’immagine turistica e non del Paese (o della località, in caso di visione più ristretta) per cui operano, l’offerta congressuale presente nell’area di riferimento, oltre che il contatto diretto con i differenti fornitori di servizi. Fra gli operatori congressuali è opportuno considerare anche le agenzie di viaggio. Infatti, un congresso è assimilabile a un pacchetto turistico: da un punto di vista tecnico entrambi sono la combinazione di diversi servizi e prodotti forniti da terzi, ai quali l’agente conferisce originalità e caratteristiche specifiche per un determinato target. Di conseguenza, le imprese deputate alla predisposizione del pacchetto evento e alla relativa vendita sono le agenzie di viaggi con licenza di organizzatori. Alcune leggi regionali concedono loro l’autorizzazione a organizzarli; in questo caso, organizzatore di congressi e agenzia coincidono. I cambiamenti in atto nell’ambito congressuale, a cui si faceva riferimento al principio del paragrafo, hanno modificato anche i rapporti tra i professionisti del settore. In particolare, le istanze attuali puntano alla qualità connessa alla necessità di riduzione dei costi. Ciò ha determinato, da un lato, lo sviluppo di alcune figure professionali a scapito di altre e, dall’altro, una crescente disintermediazione tesa a favorire i rapporti diretti tra i committenti/promotori dell’evento e le location ospitanti. In tal senso, si assiste a una crescente integrazione verticale e a un maggiore controllo sul mercato di origine della domanda da parte delle aziende congressuali, sebbene vi sia una crescita significativa nel ricorso ai PCO, dovuta soprattutto all’istanza qualitativa. Le prenotazioni dirette sono, infatti, aumentate del 38% e sono corrispondentemente diminuite quasi tutte le altre modalità. Si è ridotto in modo rilevante il ruolo dei Convention Bureau, la cui quota di mercato è calata significativamente, soprattutto nel comparto dei centri congressi. Anche i tour operator e le agenzie di viaggio hanno registrato rilevanti flessioni delle loro quote di mercato (rispettivamente –26% e –21%) dovute soprattutto alle perdite di quota nel comparto alberghiero (Osservatorio Congressuale, 2006). Da quanto detto appare chiara l’importanza del comparto MICE per una destination, soprattutto in termini di destagionalizzazione dei flussi e di generazione di revenue, pertanto occorrerebbe una maggiore professionalizzazione del comparto tale da incontrare le esigenze specifiche della domanda, soprattutto in termini di ospitalità ed ITC. 320 Imprese e sistemi turistici tività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), sono in grado di proporre un’offerta turistica articolata e integrata, ossia rappresentano un sistema di ospitalità turistica specifica e distintiva, che valorizza le risorse e la cultura locale» (Rispoli, Tamma, 1995, p. 41). Secondo tale definizione, rispetto alla quale il concetto di SLOT può essere considerato sinonimo di STL, gli elementi caratterizzanti sono: il territorio, l’offerta integrata e il sistema di attori. Vi è una forte componente strategica in tale visione, che vede la collaborazione tra gli stakeholder locali per la valorizzazione dei fattori di attrattiva e delle risorse del territorio, secondo un processo in grado di combinare insieme, in modo originale, le attrattività di diversa natura esistenti nell’area. Il tipo di collaborazione tra gli attori è legato, appunto, alla logica di rete e, quindi, al networking. Questo concetto di STL/SLOT riguarda, allora, la logica sistemica alla base del concetto di destination illustrato nel Capitolo 1: se, infatti, la destination rappresenta un luogo in grado di attrarre autonomamente domanda, ciò implica che vi sia una qualche forma organizzativa e strategica di tipo sistemico esistente sul territorio. La logica sistemica è, quindi, il presupposto per la nascita e lo sviluppo delle destination. È chiaro che la competitività tra le destination si sviluppa, poi, sulla base delle capacità e competenze presenti sul territorio e, quindi, dell’efficacia relativa del sistema di relazioni attivato. Questo spiega perché, ad esempio, destination con scarse dotazioni di tipo naturalistico o artistico-culturale riescono comunque ad attrarre numerosi flussi turistici e a risultare altamente competitive rispetto ad altre aree che, pur essendo dotate di innumerevoli importanti risorse, non presentano il dovuto riscontro in termini turistici. Si pensi proprio alla progressiva erosione della quota di mercato italiana sul turismo globale, pur presentando il nostro Paese risorse variegate, spesso uniche (si pensi ad alcuni tratti di costa, alle realtà archeologiche come gli scavi di Pompei) e pari a un’elevata percentuale del patrimonio culturale mondiale (l’Italia possiede quasi il 14% dei siti culturali, ovvero il 6% del patrimonio culturale mondiale, UNESCO). Tuttavia, questa logica sistemica appare di difficile realizzazione. Dalle ricerche effettuate (Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M., 2007), infatti, emerge che vi sono alcuni fattori critici, in assenza dei quali risulta improbabile riscontrare una vera e propria logica sistemica e dalla cui interazione dipende anche la competitività del sistema stesso. I principali sono indicati in Tab. 10.1. In primo luogo, occorre una chiara vocazione turistica, che può riguardare anche differenti prodotti nell’ambito di un determinato territorio (ad esempio, turismo balneare e Tabella 10.1 I fattori critici nella nascita e nello sviluppo degli STL 1) La vocazione d’area 2) Imprenditorialità vivace e diffusa 3) Relazioni a diversi livelli 4) Visione strategica d’insieme 5) Governo del territorio e destination management 6) Grado di efficacia ed efficienza dell’organizzazione turistica locale 7) Programmazione di eventi competitivi Fonte: elaborazione da Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M., in Sciarelli S. (a cura di), 2007, p. 136 Il destination management 321 culturale, come nel caso della Costiera Sorrentina e Amalfitana in Campania) ma che deve essere caratterizzata dalla presenza di attività turistiche. È chiaro che, a seconda della prevalenza delle risorse esistenti, vi sarà una maggiore propensione verso una più specifica vocazione. Un altro aspetto indispensabile, che richiama anche fortemente la logica distrettuale, è quello della presenza di un adeguato livello di imprenditorialità sul territorio, in assenza del quale è impossibile pensare che si possa attivare un processo di sviluppo sistemico in un’area. L’elemento discriminante non è solo la presenza di imprenditorialità ma anche il grado di dinamicità della stessa, l’intuito (insight) strategico e la comprensione dei vantaggi della logica collaborativa. Questo aspetto riguarda, ovviamente, tutti gli anelli della filiera che contribuiscono alla creazione del prodotto. L’imprenditorialità da sola, tuttavia, non può risultare sufficiente in quanto occorre anche la propensione al networking. Ovviamente questo dipende dal grado di fiducia esistente tra i diversi soggetti che definiscono l’offerta locale, i quali devono condividere una visione strategica d’insieme ed essere pronti ad attivare relazioni a più livelli e in più direzioni (tra le imprese, tra queste ultime e le Istituzioni, con il contesto esterno). Si può, quindi, individuare una diversa combinazione tra i fattori appena evidenziati e verificare la combinazione tra gli stessi, per valutarne le relative implicazioni (Fig. 10.1). Come si può riscontrare nella matrice, è possibile analizzare la combinazione tra il livello di imprenditorialità e managerialità (che implica anche il grado relativo di conoscenza del mercato da parte degli attori locali) e l’approccio maggiormente caratterizzato da atteggiamenti opportunistici (Coase, 1987; Williamson, 1981, 1985), piuttosto che di fiducia tra i soggetti interessati6. Nei casi in cui prevalga l’opportunismo, si è di fronte o a sistemi marginali, con un livello di imprenditorialità e managerialità basso da parte degli attori locali, o finanche a contesti ostili, in quanto, pur risultando elevato il livello di managerialità e imprenditorialità, si riscontra una scarsissima propensione al networking, spesso per difendere posizioni oligopolistiche acquisite. In tale circostanza, tuttavia, vi è una certa miopia imprenditoriale, sebbene magari in presenza di elevate competenze di tipo manageriale, nello svolgimento della propria specifica attività. È importante verificare, in questi casi, se stia comunque maturando una visione strategica d’insieme. Là dove Figura 10.1 Livello imprenditoriale e manageriale, opportunismo e fiducia nella logica sistemica Livello imprenditoriale e manageriale (conoscenza del mercato) Alto Basso Contesto Ostile Visione Strategica Sistema Marginale Visione Strategica Sì = difficile ma instabile No = difficile attuazione No = difficile attuazione Sì = elevati sforzi Necessità di leadership Visione Strategica Sistema Spontaneo Visione Strategica Sì Sì Opportunità Versus Fiducia 6 Tale matrice deriva dall’ulteriore elaborazione di tre tipi di confronto e precisamente, la matrice in Della Corte, 2000, p. 122, quella in Della Corte, Sciarelli M. , 2006, pag. 399 e la matrice in Della Corte, Migliaccio, Sciarelli M., 2007. Il destination management 325 tante una politica di sviluppo sistemico di tipo aperto, con una serie di reti e collegamenti in funzione dei diversi mercati di riferimento. L’attività di incoming andrebbe, quindi, programmata in stretto collegamento e coordinamento a livello di intero sistema Paese, di Regioni e di aree territoriali appunto più circoscritte (destination, in termini di STL). Là dove vi sia una classe imprenditoriale particolarmente intraprendente, vi sono forme associative di natura appunto privata (Consorzi, Associazioni), che vedono talvolta anche la partecipazione di Enti istituzionali (ad esempio, le Camere di Commercio) e che rappresentano i principali attori nella realizzazione di iniziative di marketing integrato sul territorio. È questo il caso dei sistemi locali identificati nell’area dolomitica, che possono essere considerati come sistemi economici spontanei, nati da processi aggregativi di tipo bottom-up a livello della popolazione locale. Infatti, la forte identità geografica dei luoghi e il senso di appartenenza degli operatori locali hanno permesso la creazione di un elevato grado di fiducia, trasferito nella collaborazione interaziendale e nell’associazionismo a tutti i livelli della filiera turistica. In tale contesto, un ruolo fondamentale è svolto dalle APT e dei Consorzi, soprattutto a livello di informazione, promozione e commercializzazione dai prodotti derivati dall’integrazione dei diversi attori locali. Un altro tipo di configurazione piuttosto diffuso è quello delle Agenzie per lo sviluppo (anche sottoforma di fondazioni), di matrice generalmente pubblica o mista, per la gestione strategica del territorio a livello di interi Stati, Regioni, aree metropolitane, Province e Comuni11. Vi sono, poi, altre forme di coordinamento del territorio, come nel caso dei contratti di programma o dei patti territoriali, finalizzati allo sviluppo di specifici territori. Si tratta, tuttavia, di iniziative per la realizzazione di investimenti, attraverso un sistema di incentivi con fondi pubblici (contributi a fondo perduto, crediti d’imposta ecc.). La matrice resta pubblica e si sviluppa secondo un processo di tipo top-down, soprattutto finalizzato al coordinamento degli insediamenti in un territorio e alla realizzazione di eventuali infrastrutture necessarie, piuttosto che alla realizzazione di interventi di marketing strategico. In Tab. 10.2 sono, indicate le diverse configurazioni, evidenziando la prevalenza di un processo di creazione dell’Ente pivot di tipo bottom-up o top-down. Tabella 10.2 Le principali configurazioni di soggetti pivot Top-down Bottom-up Enti Locali (Comuni) Consorzi APT Associazioni Agenzie di sviluppo Società di sviluppo (anche partecipate da CCIAA) Enti di coordinamento contratti di programma e/o patti territoriali 11 A livello europeo, uno specifico programma (PHARE) è volto a incentivare la nascita delle Agenzie di sviluppo. Tra le principali forme riscontrabili a livello europeo, si distinguono quattro tipologie (Consiglio, 1999; Martini, 2005): l’Agenzia integrata, volta allo sviluppo territoriale di un’intera nazione (ne sono un esempio quelle irlandese, portoghese e slovena); l’Agenzia ombrello, che opera a livello nazionale ma in collegamento con altri Enti territoriali, rispetto ai quali ricopre ruoli di coordinamento e di supporto (ad esempio, l’agenzia DATAR Francia); l’Agenzia a rete che, nell’ambito, appunto, di un network più ampio, svolge determinate attività relative al contesto locale; l’Agenzia autonoma, con competenza regionale, finalizzata proprio allo sviluppo del territorio (es. in Scozia e in Catalogna). Il destination management 329 Figura 10.2 Metodologia di pianificazione del marketing territoriale Definizione obiettivi/strategie Assessment Vocazione Territoriale Audience Profile/Community Analisi obiettivi Posizionamento Value Proposition Strategia e Cambiamento Selezione Audience Target Piano di sviluppo strategico Fonte: elaborazione da Verdini, 2007 • risorse del territorio: si tratta dei già citati fattori di attrattiva, ossia le risorse in grado di attirare domanda e identificabili con la dotazione del patrimonio artistico-culturale, archeologico, naturalistico di un territorio, così come nelle attrattive man-made (si pensi ai parchi divertimento, ai parchi acquatici ecc.); • le capacità delle singole imprese nello svolgimento dei rispettivi servizi che compongono l’offerta complessiva: si tratta delle routine organizzative (Nelson, Winter, 1982), di tutte le abilità (skills) acquisite nel tempo, nella professionalità specifica13; • le competenze di rete e di sistema, ossia la visione complessiva a livello di destination e le competenze acquisite nel processo di sviluppo del territorio, di coordinamento degli attori, di valorizzazione e promozione delle stesse risorse locali. È chiaro che la variabile organizzativa riguarda la presenza di sistemi adeguati di supporto alle decisioni, quali: la pianificazione strategica e di marketing, l’adozione di destination management systems (ossia portali relativi all’intera destination), di sistemi di intranet ed extranet per favorire lo scambio di informazioni tra i partecipanti al network, efficiente organizzazione turistica locale e centrale, con cui la destination management company si interfaccia. A ciascuno di questi livelli possono anche essere collegate diverse fasi di apprendimento: nell’ambito delle capacità, si è di fronte al know-how (saper fare) e al saper cosa fare nelle diverse situazioni (know what), aspetto quest’ultimo più strettamente legato alla professionalità, ossia alla comprensione di come offrire e proporre un servizio di qualità, di risoluzione dei problemi, gestendoli in modo professionale e manageriale; le competenze di sistema consentono la comprensione del know why, del sapere perché sia importante la cooperazione interaziendale e la logica sistemica. Tra le competenze di sistema le core competence14 13 Nel concetto di capacità sono stati combinati quelli di routine (legate alla specializzazione nello svolgimento delle mansioni) che generano il know-how, e di capability, che implica una professionalità acquisita con maggiore consapevolezza (know what). Si veda Andrew, Ciborra, 1996; Della Corte, 2000. 14 Sul concetto di core competence, si rimanda a Hamel, Prahalad, 1989 e ss. Il destination management 331 Figura 10.3 Catena del valore di una destination Attività di supporto Infrastrutture Information & Communication Technology Enti e Istituzioni Locali Marketing livello indotto e organico Ma rgi ne Destination Planning & Management Trasporti e accessibilità Assemblaggio (Package e Dynamic Packaging) Ricettività Amenities (alberghiera e servizi ed extra- incoming alberghiera) Gestione fattori attrattiva locale Vendita ine rg Ma Attività Primarie Fonte: elaborazione da Verdini, 2007 tuzioni Pubbliche Locali, l’attività di destination management, legata alla presenza di un vero e proprio processo di pianificazione e sviluppo strategico del territorio (che come visto può essere realizzata anche da un soggetto ad hoc). All’interno di ciascuna attività della destination, quindi, confluiscono le catene del valore delle diverse tipologie di impresa che operano a livello locale: dalle sinergie generabili e dall’interscambio delle risorse e competenze dipende il valore che si riesce a creare per il cliente, a livello di intera destination. In coerenza, quindi, con gli orientamenti di tipo strategico, le azioni di marketing devono rispecchiare un approccio integrato, sia nella prima fase del processo (livello indotto) che nella seconda (livello organico – cfr. Capitolo 2). 10.6 Le scelte di marketing integrato Considerando le osservazioni introduttive e i richiami agli aspetti principali nella gestione del marketing delle diverse imprese del settore, realizzati nel Capitolo 2, in questa sede è opportuno focalizzare l’attenzione sugli elementi distintivi e caratterizzanti, nello specifico, il destination management, che non sono rientrati esplicitamente nelle considerazioni precedenti. Premesso, infatti, che, per l’efficacia di un sistema turistico sul mercato occorre che i diversi attori della filiera siano in grado di realizzare sforzi di marketing efficaci ai diversi livelli, in riferimento all’intera destination è importante concentrarsi sull’integrazione, su cosa quest’ultima realmente rappresenti per il mercato e sulle implicazioni conseguenti in relazione all’offerta. Come visto, una componente essenziale del destination management, che deriva dalle scelte strategiche assunte, è quella delle decisioni in termini di marketing per attrarre flussi turistici e assicurare un adeguato livello di customer satisfaction e retention. A tal scopo, risulta utile il ricorso a un approccio di marketing integrato, sullo schema degli elementi metodologici individuati nel Capitolo 2, che miri ad agire sulle diverse fasi dell’AIDA’S model. Con particolare riferimento alla scelta dell’alternativa tra le destinazioni, diversi modelli (Pearce et alii, 1998; Kelly, Nankervis, 2001; Martini, 2005) distinguono la fase dell’awareness set, legata alla consapevolezza dell’esistenza di un set di destina- 336 Imprese e sistemi turistici di, iniziative di marketing territoriali, prima che turistico). L’immagine negativa è generata principalmente da annunci e comunicazioni negative da parte dei media, in riferimento a disastri, atti di violenza, vandalismo e problemi sociali. Nel caso dell’immagine mista, si combinano aspetti positivi e aspetti negativi su di un luogo: ad esempio, la città di Washington DC negli USA, considerata una città attraente con un serio problema di criminalità. Infine, le immagini contraddittorie sono quelle caratterizzate dai due estremi: aspetti estremamente positivi e negativi: Tel Aviv, in Israele, è una potenziale meta turistica di grande attrattività, ma la minaccia pressante del terrorismo ne frena sensibilmente il turismo potenziale. Le diverse tipologie di immagini possono essere posizionate in un grafico (Fig. 10.4), sulla base della percezione positiva o negativa da parte della domanda e della presenza di un ridotto e limitato numero di fattori di attrattiva di rilievo. Il posizionamento delle destination, tuttavia, deve essere interpretato in chiave dinamica: si pensi alla città di New York City che, dopo aver avuto per anni un’immagine negativa, legata ai problemi della criminalità, del caos, del rischio, ha progressivamente acquisito un’immagine di città più ordinata, sicura e, soprattutto, evoluta in diversi comparti, tra cui quello della moda. Oggi è, infatti, associata a una delle principali mete della moda internazionale, cominciando a divenire concorrente di destination tali per tradizione (ad esempio, Milano). Ulteriore esempio, negli anni, è stato quello della città di Barcellona, che ha conosciuto un chiaro processo di riconversione, entrando in un ciclo di sviluppo che la rende oggi una delle mete più attraenti a livello internazionale, per diverse tipologie e target di turismo. Altre città, come Napoli, da sempre caratterizzate da un’immagine contraddittoria, hanno rischiato di crollare in un’immagine negativa per una serie di motivi (sicurezza, igiene urbana), rispetto ai quali si auspica una ripresa alla stregua delle città precedentemente menzionate. Tra le destinazioni positive, Roma conosce una fase positiva ma tende a divenire una destination troppo attraente, rischiando, pur nelle sue ampie dimensioni, di sfociare in situazioni analoghe ad altre città d’arte italiane. Come detto, però, il posizionamento risulta anche strettamente legato al ciclo evolutivo della destination (Della Corte, 2000). È, quindi, opportuno coordinare la creazione dell’immagine con la vision e la mission della destination, ossia la principale vocazione e aspirazione del destination management, anche esplicitato nella vision (qual è la proposta della Figura 10.4 Possibili tipologie di immagine della destination Percezione positiva New York City oggi Treviso (debole) Roma (positiva) Venezia (eccessivamente positiva) Washington (mista) Pochi fattori di attrattiva New York City anni ’80 (negativa) Percezione negativa Napoli (non positiva) Molti fattori di attrattiva 338 Imprese e sistemi turistici Figura 10.5 La piramide della Customer Satisfaction rispetto a una località turistica IMMAGINE DESTINATION ATTRATTIVITÀ PRODOTTI SINGOLI SERVIZI Fonte: della Corte, 2000 complesso la gestione della qualità diviene molto più difficile, in quanto dipende, appunto, dal livello dei singoli servizi erogati, dei servizi pubblici locali, dall’efficienza dell’organizzazione turistica locale, nonché dal grado di armonia e omogeneità tra le diverse componenti. La percezione, come visto in apertura del presente lavoro (cfr. Capitolo 1), è complessiva: se vi è una disfunzione, nel viaggio, di una sola componente, questo può influire negativamente sulla percezione del turista in riferimento alla destination. A ciò si aggiunge che, a differenza della qualità dei singoli servizi, rispetto ai quali il turista tende ad acquisire una percezione «dall’esterno» dell’operato altrui, nel prodotto globale il cliente è più intensamente coinvolto: l’esperienza che vive è fatta di stimoli esterni e sensazioni e stati d’animo interiori; vi è un coinvolgimento emozionale maggiore rispetto al singolo servizio, anche in funzione degli aspetti immateriali (ambiance, atmosfera, culturale dell’ospitalità, folklore). Brunetti (1999, pp. 294-299) sottolinea proprio la relatività e la soggettività di questo processo, nel senso che risulta difficile la ricerca di indicatori «universali»: occorre, piuttosto, valutare i possibili fattori rispetto ai quali differenti tipologie di turisti presentano diverse percezioni. Questi aspetti si possono esprimere attraverso una serie di binomi: a. tranquillità-stimolazione, a seconda delle prevalenti motivazioni del viaggio, espresse lungo un continuum (dal desiderio di tranquillità alla ricerca di avventure, divertimento, esperienze); b. familiarità-estranietà, a seconda se l’utenza sia più interessata ad ambienti familiari e vicini alla propria cultura o alla ricerca del diverso; c. strutturazione-indipendenza, in funzione dell’approccio più strutturato o individualista nella costruzione del proprio viaggio; d. organizzazione-creatività, connesso alla presenza o meno per la predeterminazione dei contenuti. La qualità percepita è, quindi, anche il risultato dell’intersezione con questo insieme di aspetti. D’altra parte, se la vacanza costituisce un’esperienza di vita, la percezione e la valutazione della qualità non dipendono solo dal livello dei diversi fattori di attrattiva e dalle imprese locali ma sono arricchite sia dagli elementi immateriali della destination che da quelli individuali, psicologici, che determinano il benessere comples-