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Usi e “costumi” aziendali valgono come contratti
I AT T U A L I T À I I I Usi e “costumi” aziendali valgono come contratti Il percorso interpretativo della Corte di Cassazione sui comportamenti (economici e normativi) extra-contrattuali. I nuovi orientamenti. PaolaGalantino [Responsabile Servizio Legale Anav] Q ualora venga reiterato nel tempo da parte del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti un determinato comportamento favorevole, può sorgere la questione se, per effetto di tale comportamento, sia sorto in capo ai lavoratori un vero e proprio diritto soggettivo, e, in caso affermativo, se, e soprattutto a quali limiti, il datore di lavoro possa modificare tale comportamento, o sia vincolato per il futuro a mantenerlo immutato. Quella dell’uso aziendale è una fattispecie giuridica di difficile inquadramento, ed in assenza di uno specifico referente normativo, la vastissima casistica giurisprudenziale che si è formata nel tempo ha variamente affrontato il tema di quale sia il fondamento giuridico di tale istituto facendo riferimento, di volta in volta, a norme contenute nel Codice civile (l’art. 1340 sulle clausole d’uso, l’art. 1362, 2° comma, sul rilievo del comportamento delle parti nella determinazione delle intenzioni dei contraenti, o l’art. 1374 sull’integrazione del contratto). L’analisi del variegato panorama giurisprudenziale in materia assume rilevanza in considerazione delle relative ricadute applicative, in quanto i presupposti per la formazione dell’uso aziendale, nonché le condizioni e i limiti entro i quali può essere modificato, risentono della categoria giuridica alla quale esso è stato di volta in volta ricondotto proprio dalla giurisprudenza. Recentemente la Corte di Cassazione (sentenze n. 5882/2010, n. 6453/2010 e da ultimo n. 8240/2010) ha delineato un nuovo ed interessante filone interpretativo teso a definire la natura degli usi aziendali e il loro riflesso sulla disci- 14 | plina del rapporto di lavoro. Nel tempo la giurisprudenza si è trovata a sostenere a fasi alterne tesi diverse, se un uso aziendale vada ad integrare il contratto individuale di lavoro ovvero abbia carattere collettivo e, di conseguenza, a quale fonte contrattuale possa essere equiparato. Ad un primissimo orientamento, prodottosi verso la fine degli anni sessanta, che riconosceva all’uso aziendale la possibilità di integrare il contratto collettivo di lavoro, è seguita una serie ben più lunga [ IL DIRITTO NASCE DA COMPORTAMENTI FAVOREVOLI RIPETUTI NEL TEMPO ] di sentenze di legittimità che, a partire dagli anni ottanta, affermavano la tesi dell’integrazione del contratto individuale, qualificandolo come uso normativo oppure come uso negoziale. Quindi, questo primo orientamento riteneva che gli usi si inserissero nei contratti individuali di lavoro direttamente ed automaticamente a meno che non risultasse tale ricezione esclusa proprio dalla volontà delle parti. Sotto il profilo applicativo, la principale conseguenza della qualificazione del- eee l’uso aziendale come parte integrante del contratto individuale è che questo risulterà conseguentemente “insensibile” alle vicende della contrattazione collettiva: in altre parole, in quanto integrativo delle clausole del contratto individuale, l’uso aziendale era ritenuto dalla giurisprudenza non modificabile da eventuali pattuizioni collettive nazionali o aziendali, come pure da atti unilaterali dello stesso datore di lavoro, se derogatori in pejus. In questo senso sarebbe stata ammissibile “la sostituzione dell’uso aziendale anteriore con quello successivo, benché meno favorevole” solo ove fosse sopravvenuto “un nuovo comportamento contrario, protrattosi univocamente per anni senza manifestazioni di dissenso da parte dei lavoratori interessati e delle organizzazioni sindacali”. A ben diverse considerazioni sembra, invece, doversi giungere qualora si configuri l’uso aziendale quale “obbligo unilaterale di carattere collettivo, che agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale”. Quest’ultima costituisce la soluzione interpretativa prevalente nella più recente giurisprudenza di legittimità. Infatti, i giudici parlano in questa fase dell’uso aziendale come “fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo del datore di lavoro, che non trova origine nel contratto collettivo o individuale ma solo in un comportamento spontaneo del medesimo datore di lavoro e agisce sul piano dei rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale, sostituendosi alle clausole contrattuali e a quelle collettive in vigo-