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L`ambigua avventura

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L`ambigua avventura
A cura di Rosella Benedetti
L’ambigua avventura di Cheikh Hamidou Kane, Jaca Book, 1979, 1996
Edizioni e/o, 2003
Cheikh Hamidou Kane nasce a Matam, in Senegal, nel 1928. Proviene da una
famiglia aristocratica di guerrieri. Dopo l’esame di maturità si reca in Francia dove
consegue la laurea in legge e filosofia alla Sorbona.
L’ambigua avventura, scritto negli anni ’50, viene pubblicato nel 1961 ed ottiene fin dall’inizio un
successo clamoroso, tanto che nel 1962 vince il Gran Premio Letterario d’Africa Nera. In Italia viene
pubblicato solo nel 1979 dall’editrice Jaca Book.
Dopo questo primo romanzo Kane lascia la scrittura e ricopre importanti cariche politiche e
amministrative. Nel 1995 esce il suo secondo romanzo: “ I custodi del tempio” .
L’ambigua avventura è la storia di un ragazzo, Samba Diallo, che viene affidato dal padre ad un
maestro di scuola coranica, dal quale impara la meditazione e la preghiera. Da lui impara il
misticismo, a cogliere l’unità cosmica delle cose, a trovare un senso in tutti gli avvenimenti della
vita, anche i più dolorosi.
Questa visione del mondo viene a scontrarsi con il colonialismo che impone concezioni e modi di
vita diversi. La scuola occidentale dove il ragazzo in seguito verrà avviato, sarà fonte di conflitti
tra chi ritiene di dover custodire gelosamente i saperi e i valori tradizionali e chi invece propende
al cambiamento, visto come unica possibilità di sopravvivenza della cultura dei dialobbé.
“ Non abbiamo avuto lo stesso passato, voi e noi, ma avremo, rigorosamente, lo stesso avvenire.”
E così Samba Diallo va alla scuola dei bianchi dove impara l’alfabeto, la scrittura e le nozioni
scientifiche. Nella nuova scuola tutto lo attrae, ma le certezze che gli derivavano dalla scuola del
vecchio maestro, vengono messe in discussione dal dubbio, dallo spirito critico di cui la nuova
scuola si fa interprete.
Successivamente si recherà in Francia a studiare filosofia. Se in un primo tempo rimane affascinato
dalla nuova realtà, dove crede possibile l’incontro tra culture diverse, in seguito sente la freddezza
di un mondo svuotato dalla presenza di Dio, soggiogato dalla frenesia del lavoro e dell’accumulare
ricchezze.
“ Dunque si può lavorare per necessità, per far cessare il grande dolore del bisogno, quel dolore che
sgorga dal corpo e dalla terra.(...) Allora si lavora per il proprio mantenimento, per la
conservazione della specie.
Ma si può anche lavorare per avidità, in tal caso non si cerca solo di otturare la falla del bisogno. Si
accumula freneticamente, si crede, moltiplicando la ricchezza, di moltiplicare la vita. Infine, si può
lavorare per smania di lavoro, è qualcosa di più frenetico, si lavora per sistema.”
A Samba Diallo non resta altro che il ritorno alla propria terra, ma anche lì non riesce più a cogliere
l’unità delle cose, la pienezza del sentirsi parte integrante di un tutto che dà senso e valore. E così
incapace di superare al proprio interno il dissidio tra la saggezza e la spiritualità africane e la
razionalità e il materialismo occidentali, incapace quindi di operare una sintesi tra i due mondi,
finisce con l’invocare la morte come liberazione.
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