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Esplosioni nucleari: interrelazioni con il suolo e
LaM Fisica 2010/2011
Aron Erbetta, 4F
Esplosioni nucleari:
interrelazioni con il suolo e
sviluppi in sismologia
Prof. Stefano Sposetti
Liceo Cantonale Bellinzona
LaM Fisica 2010/2011
Aron Erbetta, 4F
Sommario
1. Introduzione
1
2. Onde
2
2.1 Onde trasversali
2
2.2 Onde longitudinali
3
2.3 Caratteristiche di un onda
4
2.3.1 Lunghezza d'onda e periodo
4
2.3.2 Velocità di un'onda in moto
7
2.3.3 Velocità di un'onda su una corda tesa
10
2.4 Energia e potenza di un'onda in moto
12
2.4.1 Energia cinetica
12
2.4.2 Energia potenziale elastica
13
2.4.3 Trasporto di energia
14
2.4.4 Potenza trasferita
15
2.5 Riflessione
18
2.6 Rifrazione
20
3. I terremoti
22
3.1 Cosa causa i terremoti
23
3.2 Tettonica delle placche
23
3.2.1 Margini divergenti
24
3.2.2 Margini convergenti
24
3.2.3 Margini conservativi
25
3.3 Le faglie
26
3.3.1 Faglie dirette o normali
27
3.3.2 Faglie indirette
27
3.3.3 Faglie trascorrenti
28
3.4 Onde sismiche
3.4.1 Onde di corpo (o di volume)
29
29
3.4.1.1 Onde longitudinali o di compressione (onde P)
29
3.4.1.2 Onde trasversali o di taglio (onde S)
30
3.4.2 Onde superficiali
3.4.2.1 Onde di Love (onde L)
31
32
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3.4.2.2 Onde di Rayleigh (onde R)
3.5 Scale utilizzate per la misurazione dei terremoti
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32
34
3.5.1 Scala Richter ed energia sismica
34
3.5.2 Scala Mercalli
38
4. Terremoti Nucleari: relazioni con il suolo e sviluppi in sismologia
41
4.1 Era Nucleare e Trattati
41
4.2 Rilevazione dei terremoti e localizzazione dell'epicentro
43
4.3 Sismi indotti
49
4.3.1 EGS - Enhanced Geothermal Systems
50
4.3.2 Esplosioni nucleari sotterranee
51
4.4 Struttura interna della Terra
4.4.1 Scoperta e caratteristiche del nucleo interno
4.5 Come distinguere i terremoti naturali da quelli nucleari?
54
61
63
5. Conclusione
67
6. Bibliografia
68
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1. Introduzione
Terremoto. Questa parola ha valenze diverse a dipendenza del luogo geografico. Per esempio in
alcune parti del mondo, come in Europa centrale, è solo una parola che racchiude un evento
naturale, mentre in altre, come in estremo oriente (vedasi il Giappone, famoso per i frequenti sismi
anche di grande potenza) è il vocabolo che rappresenta grande paura e distruzione.
Ma cosa si cela realmente dietro questo termine? Inizialmente si andrà ad analizzarne
esclusivamente l'aspetto fisico e matematico (il tema delle “onde in fisica”) per poi descrivere in
dettaglio le varie caratteristiche (placche, faglie, sistemi di misurazione, ecc.) di questo evento.
Queste informazioni saranno indispensabili al fine di comprendere appieno il tema che si tenterà di
sviluppare in questo lavoro: “Esplosioni nucleari: interrelazioni con il suolo e sviluppi in
sismologia”
Questo lavoro ha come obiettivo scoprire come la sismologia si è evoluta nel corso degli anni, quali
siano state le scoperte più significative e come il nostro pianeta è strutturato.
Per fare ciò verranno utilizzati eventi sismici causati da detonazioni nucleari.
Molti risultati ottenuti sono stati scoperti diversi anni fa, quando era in voga la tecnologia nucleare e
i più avanzati paesi del globo sfruttavano i test atomici per scoprire come poter amplificare la
potenza distruttiva degli ordigni. Tuttavia questi test vennero sfruttati dai sismologi con scopi di
ricerca. Infatti già a partire dai primi test atomici, si è notato che tali detonazioni causavano dei
terremoti, con tutte le caratteristiche di quelli naturali, denominati “terremoti nucleari” a causa della
loro origine atomica. A partire da questa osservazione, nacque una forte richiesta di test atomici da
parte di scienziati al fine di poter progredire con le ricerche in campo sismologico, dato che per
poter fare le ricerche era ovviamente necessario che si verificasse un terremoto, cosi da poterne
analizzare le caratteristiche. Tuttavia il verificarsi di un sisma non era una cosa ordinaria: infatti, in
primo luogo non si poteva prevedere quando e dove se ne sarebbe verificato uno e dunque non si
poteva essere perennemente pronti e attrezzati a studiare un sisma, a causa degli elevati costi per le
ricerche e l'impiego di strumenti particolari, perché si poteva restare in attesa per diversi mesi o
addirittura anni; secondariamente si necessitava di un luogo desertico ed isolato, cosi da non avere
interferenze esterne che potrebbero falsare i risultati ottenuti.
1
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2. Onde1
I movimenti tellurici sono governati dal moto delle onde. In fisica esistono tre tipi di onde, ma
verranno prese in considerazione solamente quelle che causano e sono fondamentali nei terremoti:
le onde meccaniche.
Come detto, le onde meccaniche stanno alla base dei sismi, e per esistere esse richiedono un mezzo
materiale in cui muoversi, come ad esempio l'acqua, l'aria e, la parte che interessa a noi, le rocce.
Ora vedremo i tipi di onde meccaniche che esistono e le loro caratteristiche.
2.1 Onde trasversali2
Le onde trasversali si verificano quando la direzione di propagazione dell'onda è perpendicolare allo
spostamento degli elementi del mezzo in cui viaggia.
Per rendere più chiara la situazione prenderemo in esame una corda tesa (Fig. 1).
Figura 1. Rappresentazione degli spostamenti che avvengono nella corda.
Per far si che venga trasmesso l'impulso, la corda deve avere un'estremità fissata (per semplicità) e
una certa tensione; muovendo l'estremità libera su e giù, si ha una deformazione del profilo della
corda, denominato impulso, che si propaga lungo essa. Questo fenomeno avviene grazie alla
tensione esistente nella corda; infatti è composta da molteplici elementi vicini tra loro e tra i quali
esiste una tensione. Muovendo il capo della corda verso l'alto, si ha un spostamento nella stessa
direzione del primo elemento il quale, grazie alla tensione esistente tra essi, sposta il secondo verso
l'alto, il quale sposta a sua volta il terzo sempre nel medesimo verso e così via. Quando infine si
imprime alla corda uno spostamento nel senso inverso, ossia verso il basso, il primo elemento viene
1. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 356-366, 374, 384-388,
775E-776E
- James S. Walker, FISICA, Vol. 1, Meccanica, 2007, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 223, 366
- http://it.wikipedia.org/wiki/Riflessione_(fisica)
- http://it.wikipedia.org/wiki/Rifrazione
2. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 356-357
2
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“trascinato” in giù il quale, a sua volta, trascina verso il basso il secondo elemento e così via. Se alla
corda venisse impresso un semplice movimento armonico continuo, si formerebbe un'onda
sinusoidale che comincerebbe a viaggiare lungo essa ad una certa velocità v e dunque l'onda
avrebbe una forma sinusoidale in ogni istante, la stessa forma di una curva seno o coseno.
2.2 Onde longitudinali3
Oltre alle onde trasversali, vi sono quelle longitudinali. Queste differiscono da quelle descritte
precedentemente in quanto lo spostamento degli elementi non è perpendicolare alla direzione di
propagazione dell'onda, bensì parallelo.
La situazione verrà resa più chiara prendendo come esempio un tubo pieno d'aria con un'estremità
chiusa e l'altra fornita di un pistone (Fig. 2).
Figura 2. Rappresentazione degli spostamenti nel tubo d'aria.
Il pistone nel tubo viene fatto oscillare da destra verso sinistra. Questo movimento provoca delle
compressioni e delle rarefazioni dell'aria contenuta nel tubo, ossia vi è una variazione della
pressione locale. Il movimento verso destra del pistone fa si che gli elementi di aria si spostino
anche essi verso destra, avvicinandosi l'uno all'altro e aumentando la pressione; il successivo
spostamento del pistone verso sinistra porta gli elementi a tornare indietro, verso sinistra, creando
così un calo di pressione. Questa serie di movimenti, anche ripetuta più volte, permette alla
variazione di pressione dovuta al moto locale dell'aria di propagarsi nel tubo verso destra, sotto
forma di impulso. Spingendo e tirando il pistone alternativamente con un moto armonico semplice,
un'onda sinusoidale comincerà a propagarsi lungo il tubo, avente le caratteristiche di una curva seno
o coseno.
3. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 357
3
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2.3 Caratteristiche di un onda4
Un'onda, per essere tale, necessita di altri fattori oltre alla propagazione dell'impulso e allo
spostamento delle particelle, caratteristiche che si andranno a spiegare in modo esaustivo nei
capitoli seguenti servendoci della funzione trigonometrica seno .
2.3.1 Lunghezza d'onda e periodo5
Come visto precedentemente, le onde hanno una forma sinusoidale, quindi le si possono pensare
come “perturbazioni regolari e periodiche, che si propagano da un punto ad un altro e si ripetono
nello spazio e nel tempo”6. Questa affermazione permette di constatare che l'onda si ripete, e lo fa
dopo una certa quantità di tempo e dopo aver percorso una certa distanza, ripetendo pure la sua
forma (Fig. 3).
Figura 3. Caratteristiche di un onda rappresentata graficamente.
Viaggiando, l'onda si trasmette attraverso gli elementi, passando dall'uno all'altro, i quali oscillano
parallelamente all'asse y. Lo spostamento lungo l'asse y dell'elemento nel punto x e al tempo t è
descritto dalla funzione generale:
y (x ,t )= y m sin( kx – ωt )
(1)
valevole per le onde trasversali e della quale spiegheremo ora le varie grandezze utilizzando sempre
l'esempio della corda. La grandezza ym dell'onda è chiamata ampiezza, ed è il “modulo dello
spostamento massimo dalla posizione di equilibrio che un elemento della corda raggiunge durante
4. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 358-360
5. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 358-360
6. Citazione tratta dal libro di testo:
- James. S Walker: FISICA, Vol. 2, Termologia, Onde, Relatività, 2007, Bologna, Zanichelli Editore, pag. O4
4
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la propagazione dell'onda ”7. Inoltre, dato che l'ampiezza è un valore assoluto, ne consegue che essa
è sempre una grandezza positiva pure quando si misura il suo valore in corrispondenza di un
ventre8. La grandezza sin(kx – ωt) è chiamata fattore oscillatorio e la quantità inclusa nelle
parentesi, kx – ωt, è l'argomento del seno nell'equazione ed è chiamata fase dell'onda; essa varia
linearmente in funzione del tempo al transitare dell'impulso attraverso un elemento in posizione x;
ne deriva che pure il valore del seno varia in modo oscillatorio tra +1 e -1. Quando il punto
dell'onda corrisponde al massimo spostamento verso l'alto, ossia +ym, otteniamo una cresta (il seno
ha valore +1); al contrario, quando abbiamo il massimo spostamento verso il basso, -ym, otteniamo
un ventre (il seno vale -1). Nel momento in cui un punto dell'onda è al massimo dello spostamento
verticale, sia esso verso l'alto o verso il basso, e torna alla medesima altezza, ossia allo stesso valore
y (questi due punti vengono denominati “punti omologhi”), l'onda comincia a ripetersi e possiamo
quindi rilevare la distanza che occorre all'impulso per transitare da un punto all'altro. Prendendo in
considerazione le creste, la distanza che vi è tra esse è la distanza percorsa dall'onda prima di
ripassare di nuovo per tale punto, ed è denominata lunghezza d'onda λ (“lambda”).
Ora verrà spiegato il tutto in modo più dettagliato e comprensibile.
Ponendo nell'equazione (1) t = 0, otteniamo delle istantanee dell'onda in ogni suo punto (x, 0), con
l'equazione che assume la seguente forma:
y ( x ,0)= y m sin( kx)
( 2)
Ora, i punti omologhi presi in considerazione per trovare la lunghezza d'onda verranno definiti
come x = x1 e x = x1 + λ, i quali posseggono la stessa ordinata y e segue, per l'equazione (2):
y = y m sin (kx 1 ) = y m sin (kx 1+kλ)
(3)
Sapendo che la funzione seno si ripete dopo che l'argomento è aumentato di 2π rad, l'equazione (3)
sarà vera solamente se
kλ = 2π
oppure
k=
2π
λ
(4)
dove k è il numero d'onda angolare dell'onda e ha come unità del SI il radiante al metro (rad/m).
k è inoltre legato al numero d'onda κ, definito come 1/λ, tramite la relazione:
7. Citazione tratta da libro di testo:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 358
8. Vedremo in seguito cosa si intende con “ventre”
5
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κ=
k
2π
Il numero d'onda κ corrisponde al “numero di onde in un'unità di lunghezza lungo la direzione
dell'onda”9, e la sua unità SI è il reciproco del metro (m -1). Nello stesso momento in cui avviene
questo spostamento spaziale, ne è in corso pure uno temporale. Per renderne semplice la
comprensione, lo spiegheremo in modo analogo a quello utilizzato per la lunghezza d'onda.
Ponendo x = 0 nell'equazione (1), otterremo la seguente forma dell'equazione:
y (0 , t)= y m sin (−ωt)
la quale, tenendo conto della relazione tra funzioni trigonometriche sin(-α) = -sin(α) (dove α è un
angolo qualunque), può essere scritta come segue:
y (0 , t)=− y m sin(ωt)
(5)
Ma come fare per sapere ogni quanto si ripete il moto di un elemento di una corda oscillante (in
ogni posizione fissata x)?
Denominiamo T il tempo necessario all'elemento di corda in movimento per passare nuovamente da
un punto y. Con questa precisazione, possiamo chiamare i punti interessati come segue: t = t1 e t =
t1 + T, che verranno inseriti nell'equazione (5), ottenendo in questo modo:
y (0 , t)=− y m sin(ωt 1) =− y m sin [(ωt 1+ωT )]
( 6)
la quale uguaglianza può dirsi vera solamente se vale l'uguaglianza ωT = 2π, e quindi
ω=
2π
T
(7)
chiamata pulsazione o frequenza dell'onda e avente come unità SI il radiante al secondo (rad/s).
Ora, possiamo constatare che in un'unità di tempo avvengono un certo numero di oscillazioni.
Il numero di oscillazione è dato dalla frequenza ν (“nu”, lettera greca per indicare la frequenza),
definita come 1/T ed è legata alla pulsazione ω dalla relazione:
ν=
1
ω
=
T 2π
(8)
Come detto, la frequenza ci fornisce il numero di oscillazioni che un elemento della corda compie
in un'unità di tempo, ed è misurata in hertz (Hz).
Abbiamo considerato un'onda che ha come equazione la numero (1) e quindi t = 0 e x = 0. Con
questa equazione, il grafico dell'onda inizia in x = 0 e y = 0 e ha pendenza massima. Ma questa non
9. Citazione tratta dal libro di testo:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore pag. 359
6
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è la formula generale che si possa ottenere. Infatti, possiamo voler considerare t = 0 quando esso
non corrisponde affatto all'inizio; per fare ciò, basta aggiungere una costante di fase, o angolo di
fase, φ (“phi”) all'equazione (1), ottenendo la funzione d'onda:
y (x ,t )= y m sin(kx – ωt +φ)
(9)
Il valore φ può essere scelto in modo tale che all'istante t = 0 la funzione fornisca, in
corrispondenza di x = 0, un altro valore desiderato dello spostamento o della pendenza. L'onda
presenterà sempre gli stessi valori ym, k e ω (“omega”), quello che cambierà sarà che l'onda, per
qualsiasi valore di φ, sarà sfasata (traslata) rispetto all'onda che ha come equazione la numero (1),
in cui φ = 0 (come si può vedere dalla Fig. 4).
Figura 4. Rappresentazione di due onde con fasi diverse.
2.3.2 Velocità di un'onda in moto10
Come abbiamo appreso, l'onda si sposta verso la direzione in cui x aumenta e lo fa variando di una
quantità Δx in un intervallo di tempo Δt. Ora, il rapporto Δx/Δt (dx/dt nel caso di un limite
differenziale) è la velocità v dell'onda.
Per trovarne il valore proseguiremo nel seguente modo.
Durante la propagazione dell'onda, ciascun punto della forma dell'onda (ossia la sua
rappresentazione grafica), non varia il valore y del suo spostamento (non sono gli elementi della
corda a mantenere invariato lo spostamento, bensì i punti sulla forma dell'onda). Dunque, se questo
punto non varia la sua posizione al transitare dell'onda, la fase dell'equazione (1) deve restare per
forza costante:
kx – ωt = costante
(10)
Ci rendiamo conto ora che, se la fase è costante, x e t variano continuamente: “se t aumenta
10. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 360-362
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nell'equazione (10), ne consegue che pure la posizione x aumenta di un certo spostamento
trasversale”11. Ne deriva che l'onda si muove verso le x positive (vedi fig. 5).
Figura 6. Rappresentazione di un'onda e relativa direzione della velocità.
Ora calcoleremo la velocità dell'onda e per farlo cominceremo derivando rispetto al tempo t
l'equazione (10), ottenendo così
k
( dxdt )−ω = 0
che equivale a:
dx
ω
=v=
dt
k
(11)
Utilizzando le equazioni (4) e (7), otteniamo una nuova equazione per la velocità:
v=
ω λ
= =λ ν
k T
( 12)
la quale ci fornisce l'informazione che l'onda percorre una distanza che equivale alla lunghezza
d'onda, e questo avviene in un periodo di oscillazione. Ora, l'equazione (1) ci dimostra che l'onda
descritta si muove nel verso in cui x aumenta. Quindi, per trovare l'equazione di un'onda che si
muove nel verso opposto (verso in cui x diminuisce) bisogna sostituire a t la quantità -t, che
corrisponde a mantenere la grandezza:
kx ωt = costante
11. Citazione tratta dal libro:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 360
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la quale richiede che x deve diminuire nel tempo. Per questo motivo, l'equazione di un'onda che si
muove in direzione delle x negative è:
y (x ,t )= y m sin( kx+ωt)
(13)
Analizzando questa equazione nello stesso modo in cui abbiamo analizzato l'onda dell'equazione
(1), saremo in grado di trovare la sua velocità, la quale infatti corrisponde a:
dx
ω
=−
dt
k
(14)
Il segno meno posto di fronte alla quantità ω/k ci dà l'informazione che l'onda si sta effettivamente
muovendo nel verso in cui x diventa sempre più negativa e ciò rende giustificabile il cambiamento
di segno nella variabile temporale. (Fig. 6)
Figura 6. Rappresentazione grafica di un'onda e relativa direzione della velocità.
Adesso che abbiamo visto i due casi, passeremo ad analizzare quello generale, che è dato
dall'equazione:
y (x ,t )= h(kx ± ωt)
(15)
in cui h rappresenta una funzione qualsiasi, come ad esempio la funzione seno che abbiamo
considerato fino ad ora. Grazie alle analisi che abbiamo svolto precedentemente, siamo in grado di
affermare che ogni equazione in cui le variabili x e t sono scritte nella forma kx ± ωt rappresenta
un'onda in movimento ed ogni onda in movimento deve avere obbligatoriamente la forma
dell'equazione (15).
9
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2.3.3 Velocità di un'onda su una corda tesa12
La velocità di un'onda è correlata alla sua lunghezza d'onda e alla sua frequenza dall'equazione
(12), come abbiamo appena visto, ma anche le proprietà del mezzo in cui l'onda si propaga sono
molto importanti. Se un'onda viaggia in un mezzo come ad esempio l'acqua o l'aria, l'acciaio o una
corda, deve far oscillare le particelle di questo mezzo mentre lo attraversa. Per far si che ciò
avvenga, il mezzo materiale deve possedere due proprietà: l'inerzia (che permette d'immagazzinare
energia cinetica13) e l'elasticità (che permette l'immagazzinamento dell'energia potenziale 14) che
determinano, inoltre, la velocità con cui viaggia l'onda attraverso di esso; è quindi possibile
stabilire la velocità con cui l'onda si propaga in un mezzo sfruttando queste due proprietà.
Per mostrare il procedimento necessario a calcolare la velocità, utilizzeremo come sempre
l'esempio della corda tesa e ci serviremo della seconda legge di Newton.
Invece di analizzare l'intera onda sinusoidale, prendiamo in considerazione solamente un impulso
simmetrico e scegliamo un sistema di riferimento in cui tale impulso resti stazionario, ossia lo
“rincorriamo” così che ci appaia fermo (la Fig. 7 raffigura la situazione descritta).
Figura 7. Rappresentazione del metodo utilizzato per ricavare la velocità dell'onda.
*Prendiamo in considerazione un piccolo segmento di lunghezza Δl della corda attraverso cui passa
l'impulso, il quale forma “un arco di circonferenza di raggio R e che sottende un angolo di 2θ”15.
La tensione τ agisce tangenzialmente su questo segmento da entrambe le parti e le componenti
orizzontali di tali forze si annullano, dato che hanno stessa intensità, stessa direzione ma verso
12. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 363-364
13. Verrà spiegato nel capitolo 2.4 cosa sia l'energia cinetica.
14. Verrà spiegato nel capitolo 2.4 cosa sia l'energia potenziale.
15. Citazione tratta dal libro di testo:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 364
10
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opposto, mentre le componenti verticali si sommano (stessa intensità, stessa direzione e stesso
verso), formando una nuova forza F radiale, di intensità
F = 2τsin (θ) ≈ τ (2θ)= τ
( ΔRl )
(16)
In questa equazione è stata sfruttata l'approssimazione in cui sin(θ) ≈ θ per gli angoli piccoli, e
evidenziato il fatto che 2θ = Δl/R.
La massa del segmento, inoltre, è data da:
Δ m = μ Δl
(17)
dove μ indica la massa lineica (rapporto tra massa e lunghezza) della corda.
Consideriamo l'elemento di corda Δl come se si stesse muovendo su un arco di circonferenza; ne
consegue che possiede un'accelerazione centripeta direzionata, ovviamente, verso il centro della
circonferenza, che definiamo
a=
v2
R
(18)
Queste tre equazioni, (16), (17) e (18), sono gli elementi che stanno alla base della seconda legge di
Newton che, combinandoli nel modo seguente:
forza=
massa
accelerazione
oppure, algebricamente:
2
τ Δl
v
= μ Δl
R
R
forniscono la velocità, data dalla formula:
v=
√
τ
μ
(19)
Questa equazione afferma che:
“La velocità di un'onda lungo una corda tesa ideale dipende soltanto dalla sua tensione e dalla sua
massa lineica e non dalla frequenza dell'onda” 16, la quale dipende solamente dal modo in cui viene
generata l'onda (per esempio da una persona o da una macchina).
Per la velocità delle onde longitudinali vale la stessa formula finale, solamente che bisogna
sostituire a τ (proprietà elastica) e μ (proprietà inerziale) le grandezze B e ρ, ottenendo così
√
B
v= ρ
(19.1)
dove B è, come detto precedentemente, la proprietà elastica e corrisponde alla “capacità di una
16. Citazione tratta dal libro di testo:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 364
11
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sostanza di resistere ad una forza di compressione uniforme” 17, chiamato modulo di coprimibilità
mentre ρ è la proprietà inerziale della sostanza e corrisponde alla sua densità.
2.4 Energia e potenza di un'onda in moto18
Quando un'onda viene generata in un mezzo, è fornita una certa energia per far muovere l'impulso
nel mezzo. Muovendosi in esso, l'onda trasporta la suddetta energia in due modi; sia come energia
cinetica sia come energia potenziale. Tratteremo separatamente i due casi e utilizzeremo come di
consueto l'esempio della corda tesa.
2.4.1 Energia cinetica19
La quantità di energia cinetica che un corpo possiede è data dalla formula:
1
K = E c = m v2
2
(20)
Dove m è la massa dell'elemento considerato e v la sua velocità.
Questa formula è stata riportata qui sopra al fine di comprendere come le varie grandezze
influiscano sulla quantità di energia cinetica e per meglio capire la spiegazione riportata qui di
seguito.
Consideriamo un elemento di corda di lunghezza dm che oscilla trasversalmente con moto
armonico semplice mentre viene attraversato dall'onda. Questo elemento possiede un'energia
cinetica correlata alla sua velocità trasversale u. Quando l'elemento transita per la posizione y = 0,
esso viaggia a velocità massima, e come ovvia conseguenza pure l'energia cinetica ha valore
massimo. Contrariamente, quando l'elemento della corda si trova in una delle due estremità
dell'onda, ossia quando y = ±ym, la sua velocità è nulla così come la sua energia cinetica.
17. Citazione tratta dal libro di testo:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 385
18. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 365-366
19. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 365
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2.4.2 Energia potenziale elastica20
Qui di seguito riportiamo la formula per calcolare l'energia potenziale elastica di un corpo:
E p.el =
1
k dx 2
2
(21)
dove k indica la costante elastica del mezzo (in questo caso della corda) e dx è la variazione di
lunghezza dell'elemento (quando l'elemento raggiunge dx massimo, la tensione è massima, quando
dx è minimo invece non subisce tensione).
Per far si che un'onda sinusoidale venga trasmessa lungo una corda tesa, è necessario che la
suddetta corda venga tesa ancora di più. Quando un elemento della corda di lunghezza pari a dx
oscilla trasversalmente, esso varia la sua lunghezza in modo periodico per potersi adattare alla
forma sinusoidale della corda, ed è a questi cambiamenti che viene associata l'energia potenziale,
come se si trattasse di una molla. Nel momento in cui l'elemento di corda si trova all'estremo della
forma dell'onda, ovvero quando y = ym, esso ha una lunghezza dx normale e dunque l'energia
potenziale immagazzinata è pari a 0. Al contrario, quando si trova in posizione y = 0, l'elemento
viene teso al massimo, e di conseguenza possiederà un'energia potenziale massima (Fig. 7).
Figura 7. La figura mostra il cambiamento spaziale associato alla variazione di energia elastica .
Bisogna però fare una precisazione al fine di evitare equivoci. Tenendo conto delle spiegazioni
appena fornite, ci si accorge che l'elemento di corda avrà un'energia totale pari a 0 quando si troverà
all'estremità della corda (y = ym), mentre avrà un'energia totale massima quando sarà in posizione
y = 0. Tuttavia, questa situazione contravviene alla Legge della conservazione dell'energia, in cui si
20. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 365
- James S. Walker: FISICA, Vol. 1, Meccanica, 2007, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 223
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afferma:
“In un sistema in cui operano solo forze conservative,
l'energia meccanica E si conserva, cioè E = K + U”21
Questa legge ci dice che l'energia può essere trasformata da cinetica a potenziale e viceversa, ma la
loro somma è sempre uguale, ovvero
K f U f = K i U i
E f = Ei
Nel nostro esempio, Ki è l'energia cinetica iniziale mentre Ui è formata da due tipi di energia:
l'energia potenziale elastica (Uel) e l'energia potenziale (U) data dall'equazione:
U =mg h
Ki e Uel.i hanno il loro massimo valore, mentre Ui è nulla dato che h, la quale indica la distanza dal
punto di riposo (y = 0) è 0; Kf e Uel.f hanno invece valore nullo, ne consegue come ovvia deduzione
che Uf ha il suo valore massimo, che corrisponde alla somma di Ki e Uel.i. Questa precisazione non
serviva per dare un'ulteriore spiegazione sulle onde in fisica dato che l'energia potenziale non ha un
ruolo considerevole nelle onde, ma è stata fornita al fine di evitare che si pensi erroneamente che
l'elemento della corda in y = ym non abbia nessun tipo di energia (Fig 8).
Figura 9. Istantanea di un'onda in moto con relativa quantità di energia nei punti marcati.
Si può notare che nel punto (a) vi è solo energia potenziale gravitazionale, mentre nel punto (b)
questo tipo di energia è nullo.
2.4.3 Trasporto di energia22
Nei paragrafi precedenti, abbiamo constatato che un elemento oscillante di una corda ha energia
21. Definizione riportata dal libro di testo:
- James S. Walker: FISICA, Vol. 1, Meccanica, 2007, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 223
22. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 365
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cinetica e energia potenziale elastica massime in y = 0, mentre in y = ym queste due energie
risultano nulle. Durante la propagazione, quindi, la tensione della corda svolge in continuazione un
lavoro che permette il trasferimento di energia dai punti che hanno energia a quelli che non ne
hanno.
Consideriamo ora un'onda su una corda tesa che si propaga lungo l'asse x descritta dall'equazione
(1). Questa situazione può essere ottenuta facendo oscillare armonicamente un'estremità della corda
(generiamo quindi un'onda sinusoidale). Procedendo in questo modo, viene continuamente fornita
energia per trasmettere il moto alla corda e per tendere la sua struttura, così che gli elementi che la
compongono, i quali oscillano perpendicolarmente all'asse x, sono dotati di sia energia cinetica sia
potenziale. In questo modo, quando l'onda passa da un elemento a quello successivo, che in
precedenza era a riposo, l'energia passa a quest'ultimo. Possiamo affermare quindi che l'energia
viene trasportata dall'onda lungo la corda.
2.4.4 Potenza trasferita23
Adesso sappiamo che un'onda trasporta energia lungo una corda tesa, ma non sappiamo quanta sia
questa energia. Passeremo quindi ora a spiegare i passaggi per ottenere l'equazione che ci fornisce il
trasferimento della potenza.
Prendiamo in analisi l'energia cinetica dK di un elemento della corda con massa dm:
1
dK = dm u 2
2
(22)
in cui u è la velocità trasversale dell'elemento della corda che oscilla.
Ora, per ottenere l'espressione di u, è necessario che si derivi l'equazione (1) rispetto al tempo,
fissando x in modo tale che risulti costante:
u=
δy
=−ω y m cos( kx – ωt )
δt
(23)
dove δy e δt sono rispettivamente la variazione infinitesimale lungo l'asse y e la variazione
infinitesimale del tempo.
Utilizzando questa relazione e considerando dm = μdx, possiamo riscrivere l'equazione (22),
ottenendo l'equazione:
23. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 365-366
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1
2
2
dK = (μ dx)(−ω y m ) cos ( kx−ω t )
2
(24)
Ora, se dividiamo quest'equazione per dt otterremo il rapporto temporale con il quale l'energia
cinetica di un elemento varia e di conseguenza la velocità con cui tale energia passa all'elemento
successivo, ossia la velocità con la quale viene trasportata dall'onda, e tale velocità è data dal
rapporto dx/dt ottenuto a destra della formula precedente.
Otteniamo quindi l'equazione
dK 1
2 2
2
= μ v ω y m cos (kx −ω t)
dt
2
(25)
il quale valore medio è:
( dKdt ) = 12 μ v ω y cos (kx −ω t) = 14 μ v ω y
2
2
m
2
2
2
m
(26)
Nell'equazione appena descritta è stata eseguita la media su un numero intero di lunghezze d'onda e
sfruttata la proprietà dove “il valore medio del quadrato di una funzione coseno su un numero intero
di lunghezze d'onda è 1/2”24.
Come l'energia cinetica, pure quella potenziale elastica, trasportata dall'onda, viaggia nella corda
con la medesima velocità media dell'energia cinetica, descritta anch'essa dall'equazione (26).
In un sistema oscillante, l'energia cinetica e l'energia potenziale medie sono uguali, e verrà data una
breve spiegazione per rendere comprensibile questa affermazione.
Ricorrendo alla legge della Conservazione dell'energia, sappiamo che
K f U f = K i U i
E f = Ei
quindi, quando l'energia cinetica K ha valore massimo, l'energia potenziale U è nulla e al trascorrere
del tempo l'energia cinetica viene convertita in quella potenziale, ottenendo alla fine una situazione
completamente opposta a quella iniziale; tale variazione avviene in modo continuo, di conseguenza
quando una sarà 1/4 dell'energia totale, l'altra sarà 3/4, quando la cinetica sarà 7/16, la potenziale
sarà 9/16, e così via.
Ora, considereremo i grafici dell'andamento delle due energie per meglio comprendere perché le
loro medie in un sistema oscillante sono uguali (Fig. 10)
24. Citazione tratta dal libro di testo:
- James S. Walker: FISICA, Vol. 1, Meccanica, 2007, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 366
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Figura 10. Rappresentazione grafica dell'andamento dell'energia cinetica e
dell'energia potenziale nel tempo.
I grafici delle due energie sono perfettamente identici, l'unica caratteristica che ne permette la
distinzione è che sono simmetrici rispetto all'asse delle ascisse.
La media di una delle energie corrisponde esattamente alla metà del suo valore massimo e se
facciamo lo stesso procedimento con l'altra energia, vedremo che pure per essa il valore medio
corrisponde alla metà quindi, dato che i grafici sono simmetrici, la loro metà giace su una stessa
retta che li divide in due, e tale retta corrisponde al loro valore medio (nel nostro caso la retta del
valore medio corrisponde all'asse delle ascisse).
Spiegato questo breve concetto, ritorniamo alla dimostrazione di come trovare la potenza trasferita
in una corda.
Ricollegandoci all'equazione (26), la potenza media corrisponde alla rapidità media con cui sia
l'energia cinetica sia l'energia potenziale sono trasmesse lungo la corda dall'onda, e tale potenza è
data dalla formula
P =2
( dKdt )
(27)
ovvero
1
P = μ v ω2 y 2m
2
(28)
dove i fattori μ e v dipendono dalla sostanza (materiale di cui è composta) e dalla tensione della
corda, mentre ω e ym derivano dal fenomeno che provoca l'onda.
Il fatto che la potenza media dipenda dal quadrato dell'ampiezza ym e pure dal quadrato della
pulsazione ω è generale, ossia vale per qualsiasi tipo di onda.
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2.5 Riflessione25
Ora sappiamo come si comporta un'onda che viaggia attraverso una corda, ma cosa dire quando
l'onda arriva alla fine di essa? Cercheremo ora di rispondere a questo quesito in modo esausitvo
(Fig 11).
Figura 11. Esempio di riflessione di un raggio luminoso
Consideriamo l'estremità della corda ancorato ad una parete. Successivamente generiamo un
impulso all'altro capo della corda, il quale si muove in direzione dell'estremo fissato; quando
l'impulso raggiunge la parete, esercita una forza verso l'alto che tenderebbe a sollevarla: la parete,
però, esercita a sua volta sul capo della corda fissato una forza uguale ma opposta, che si oppone al
movimento.
In poche parole, la parete esercita sull'estremità fissata della corda una forza esattamente opposta a
quella che avevamo esercitato noi per creare l'impulso.
Quindi, se l'equazione dell'onda che viene creata da noi è descritta dall'equazione (1)
y (x ,t )= y m sin(kx−ω t)
l'onda “creata” dalla parete o, per meglio dire, l'onda riflessa, è data dall'equazione
y (x ,t )=− y m sin(kx+ω t)
che ha la stessa lunghezza d'onda, stesso numero d'onda angolare, velocità avente stessa intensità,
stessa direzione ma verso opposto, come opposti sono pure l'ampiezza e la pulsazione, abbiamo
quindi un'inversione dell'impulso (Fig. 12).
25. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 374
- http://it.wikipedia.org/wiki/Riflessione_(fisica)
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Figura 12. Situazione di riflessione quando la corda ha un'estremità fissata.
Ora vedremo il caso in cui consideriamo una corda con l'estremità non fissa ma ad esempio, legata
ad un anellino che scivola senza attrito lungo un palo verticale. Ricordiamo che la corda ha ancora
una tensione dato che tira l'anellino, ma è in grado di muoversi verso l'alto e verso il basso.
Quando l'impulso che diamo all'altro capo di una corda di questo tipo raggiunge l'estremità con
l'anello, inizialmente lo solleva verso l'alto e poi lo tira verso il basso, ossia l'impulso fornisce lo
stesso movimento che era stato dato all'inizio per creare l'onda. Quindi, l'estremità con l'anello crea
un nuovo impulso, perfettamente identico al primo, salvo che per la velocità, la quale ha verso
opposto (Fig. 13).
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Figura 13. Situazione di riflessione quando la corda ha un'estremità flessibile.
Dunque, a dipendenza di come avviene la riflessione, potremo avere, o non avere, l'inversione
dell'onda.
2.6 Rifrazione26
Il fenomeno della rifrazione è riscontrato quando un'onda (sia essa un'onda luminosa o sonora) si
trova a superare la superficie di separazione tra due mezzi con proprietà diverse: l’onda non
prosegue sul suo cammino in linea retta, ma subisce una deviazione di un angolo che dipende dalla
sua inclinazione iniziale rispetto alla superficie di incidenza e dalle proprietà dei mezzi in cui l'onda
si propaga.
Per determinare come la velocità dell'onda cambi quando entra in un altro materiale, si utilizza la
legge di Snell, in cui figura l'indice di rifrazione, un parametro, indicato con la lettera n, che indica
26. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Halliday D., Resnick R. e Walker J.: Fondamenti di fisica – Onde, 2009, Bologna, Zanichelli Editore, pag. 775E-776E
- http://it.wikipedia.org/wiki/Rifrazione
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il fattore numerico per il quale la velocità di propagazione dell'onda diminuisce, rispetto alla sua
velocità nel vuoto, quando quest'ultima attraversa un materiale (Fig. 14).
Figura 14. Rifrazione di un impulso quando attraversa la superficie tra due
sostanze con proprietà diverse.
Ora verrà scritta la legge di Snell, con la quale si ottiene di quanto un'onda viene deviata al
passaggio in un materiale di indice n1 ad un materiale con indice n2 e con angoli di incidenza θ1 e di
rifrazione θ2:
sin(θ 1) v1 n2
= =
sin (θ 2) v 2 n1
(29)
dove v1 e v2 indicano la velocità dell'onda nei mezzi attraversati.
Con la rifrazione, si conclude la prima parte dell'introduzione, quella relativa alle onde in fisica e si
passerà ora alla seconda parte, concernente le caratteristiche dei terremoti, in cui verranno spiegate
le onde sismiche, si vedranno i vari tipi di faglie e le scale utilizzate per valutare potenza e
distruttività di un terremoto.
21
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3. I terremoti27
I terremoti sono vibrazioni rapide, violente ed imprevedibili del terreno sotto i nostri piedi. Tali
vibrazioni non sono dannose di per se; tuttavia esse causano migliaia di morti ogni qualvolta si
verifica un sisma di medie-grandi dimensioni. Questo alto numero di decessi è causato, purtroppo,
dall'uomo, che con le sue costruzioni, talvolta non adatte a resistere a queste violenti scosse,
provoca la maggior parte dei danni a cose e persone (Fig 15).
Figura 15. Esempio delle conseguenze di un terremoto su una strada (Giappone, luglio 2011).
Per poter evitare tutti questi decessi, negli ultimi anni gli studi relativi ai sismi si sono intensificati,
mettendo in evidenza molte informazioni che prima si supponevano soltanto o nemmeno si
immaginavano. Passeremo quindi ora a spiegare cosa sono i terremoti, dando inizialmente una
breve spiegazione propedeutica.
Come già accennato, i terremoti (terrae motus in latino) sono delle rapide e violenti scosse, di
grande potenza o meno, della crosta terrestre e tali scosse si manifestano in seguito ad uno
27. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 14-28, 31-36, 41-42, 5255, 67-79
- http://it.wikipedia.org/wiki/Tettonica_delle_placche
- http://it.wikipedia.org/wiki/Faglia
- http://it.wikipedia.org/wiki/Magnitudo_(geologia)
- http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_sismica
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spostamento inaspettato di una grande massa di roccia e terra al di sotto della crosta. Questo
spostamento è dovuto ai movimenti delle placche tettoniche che, così facendo, si scontrano tra loro,
immagazzinando energia nei punti di contatto che, raggiunto il livello di rottura, liberano un grande
quantitativo di energia. Questi punti sono denominati ipocentro e a partire da essi, una serie di onde
comincia a propagarsi in tutta la terra, perfino al suo interno, le quali causano ciò che noi tutti
possiamo vedere in superficie; il punto che riceve la quantità maggiore di energia in superficie è
chiamato epicentro e si trova sulla verticale dell'ipocentro.
3.1 Cosa causa i terremoti28
Ciò che causa i terremoti è la tensione accumulata dai lenti ma continui movimenti delle placche
tettoniche, dove si accumula dell'energia che, quando si supera il punto in cui la resistenza dei
materiali coinvolti in tali movimenti non è più in grado di immagazzinarne dell'altra, ne provoca la
“rottura” che causerà il sisma. Questa “preparazione” concerne i sismi che avvengono lungo i
confini tra le placche, denominati terremoti interplacca, e la maggior parte dei terremoti che
avvengono sulla terra sono proprio di questo genere; si è concordi infatti che la Terra è composta da
dodici placche che si muovono molto lentamente, seguendo un moto determinato dalle correnti di
convezione29 che avvengono nel mantello30 in direzioni diverse. È a causa di queste diverse
direzioni di spostamento che avviene l'accumulo di energia perché scontrandosi l'una contro l'altra,
all'inizio si ha una resistenza delle due placche che deforma la roccia e una volta giunto al punto
critico, le due parti che si toccano compiono un brusco slittamento nella loro direzione di
spostamento, provocando così una grande liberazione di energia: ha così inizio un terremoto.
3.2 Tettonica delle placche31
Le placche tettoniche sono dodici grandi porzioni di roccia che compongono la crosta terrestre, e si
distinguono in placche continentali e placche oceaniche. Ad esse sono attribuiti la maggior parte dei
fenomeni naturali legati alla Terra, come: terremoti, eruzioni vulcaniche, distribuzione geografica
28. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 41-42
29. Sono movimenti che concernono solamente la parte superiore del mantello, l'astenosfera, e sono determinati dalla grande
differenza di temperatura.
30. È uno degli strati che compongono il nostro pianeta, solido e ad alta viscosità, spesso all'incirca 2970 km e costituisce l'84% del
volume della terra
31. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 22-28
- http://it.wikipedia.org/wiki/Tettonica_delle_placche
- http://it.wikipedia.org/wiki/Faglia
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della fauna e della flora e di come certe attività siano legate non all'intero globo, ma solamente ad
alcune zone. I loro movimenti sono determinati dal nucleo terrestre il quale, essendo estremamente
caldo, procede continuamente con la fusione delle rocce che scendono nel mantello, le quali
successivamente risalgono e vanno a formare nuova crosta terrestre. Questo processo avviene con
un movimento circolare (il moto convettivo visto nel capitolo precedente), ed è per questo che
alcune placche si avvicinano, mentre altre tendono ad allontanarsi. In questo capitolo andremo a
vedere i tipi di margini che vi possono esistere tra le varie placche, distinguendoli in divergenti,
convergenti e conservativi.
3.2.1 Margini divergenti32
Vengono definiti margini divergenti le zone in cui vi è un allontanamento di due placche oceaniche
che formerà uno spazio tra esse. Tale spazio verrà colmato dalla fuoriuscita di magma proveniente
dal mantello che andrà a solidificarsi e a unire le due placche. Tuttavia, a causa dei continui
movimenti delle zolle, questa nuova crosta si tenderà sempre più fino a raggiungere il suo punto di
rottura, dopo il quale verrà liberata l'energia elastica accumulatasi, generando così un terremoto o in
questo caso un maremoto, in quanto sono state considerate due placche oceaniche (Fig .16).
Figura 16. Esempio di margine divergente che vede coinvolte due placche oceaniche.
3.2.2 Margini convergenti33
Sono denominati margini convergenti quelle zone di contatto tra le placche dove il movimento
procede nella stessa direzione, ma in versi opposti, ovvero le placche si stanno muovendo l'una
contro l'altra. Questo movimento talvolta ha come conseguenza lo scivolamento di una delle due
32. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 24-25
33. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 25-27
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placche sotto l'altra, dando alla zona in cui avviene tale fenomeno il nome di zona di subduzione.
Vanno però distinti i tre tipi di subduzione: il primo consiste nello scivolamento verso il basso della
placca oceanica rispetto a quella continentale data la sua maggior densità, il secondo vede coinvolte
due placche oceaniche e, come prima, a scendere sarà quella con la densità maggiore, infine il terzo
vede coinvolte due placche continentali dove, in questo caso, non avviene il fenomeno della
subduzione, ma essendo entrambe molo leggere, si scontreranno e tenderanno a deformarsi e a
proseguire lateralmente o verso l'alto. A causa dello sfregamento delle placche, questo movimento
ne provoca la disgregazione di roccia sui limiti, poiché il materiale subdotto viene scaldato per
colpa della vicinanza sempre maggiore con il mantello, si fonde e in forma liquida risale in
superficie formando vulcani e catene montuose (Fig. 17).
Figura 17. Esempio di margine convergente fra due croste oceaniche.
Si noti la formazione di una nuova catena vulcanica.
3.2.3 Margini conservativi34
I margini conservativi, o a scorrimento laterale, sono così chiamati perché il movimento scorrevole
che avviene tra le placche (se ci poniamo perpendicolarmente ai margini delle zolle, vedremo che
una procede verso sinistra mentre l'altra verso destra) non causa distruzione di crosta e neppure ne
forma di nuova. Tuttavia, a causa dell'attrito esistente tra le due placche, esse non possono scivolare
in modo continuo, ma procedono in modo sconnesso accumulando energia elastica la quale,
raggiunto il punto di rottura, verrà liberata, dando così origine ad un terremoto (Fig. 18).
34. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 28
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Figura 18. Esempio di margine a scorrimento laterale tra delle placche continentali.
3.3 Le faglie35
Non tutte le faglie sono causa di terremoti, e quelle che sono in grado di generarli vengono chiamate
faglie sismogenetiche o attive. Al fine di individuare tali fenditure, si è ricorso allo studio dei luoghi
in cui sono avvenuti i terremoti più dannosi e potenti dei nostri tempi, e si sono distinte queste
fratture in faglie sismogenetiche primarie. Queste fratture sono punti in cui vi è contatto tra almeno
due placche e in cui si riscontra un movimento relativo tra le placche (non si è in grado di dire quale
placca sia in movimento rispetto all'altra), e la superficie dove avviene tale movimento prende il
nome di piano di faglia, mentre l'entità36 dello spostamento delle due fratture è chiamato rigetto. Se
la faglia è verticale i due lati sono simmetrici, mentre non lo sono se la faglia è inclinata dove, in
questo caso, la parte sopra la fenditura è denominata tetto, mentre quella inferiore muro ( Fig. 19).
Figura 19. La faglia più famosa del mondo: la faglia di S.Andreas.
Ora vederemo nel dettaglio le varie tipologie di faglie che si possono distinguere dal movimento
35. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 14-17
- http://it.wikipedia.org/wiki/Faglia
36. Con “entità” si intendono i movimenti che compie la faglia, generalmente movimenti verticali e orizzontali, che generano dei
moti complessi.
- Tratto da: Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie
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relativo del tetto e del muro, partendo con le faglie dirette (o normali), quelle indirette e infine
quelle trascorrenti.
3.3.1 Faglie dirette o normali37
Le faglie dirette vengono individuate principalmente dal fatto che “il tetto è abbassato rispetto al
muro”38, e sono causate da una distensione della roccia, ovvero il suo volume subisce un aumento a
causa della dislocazione che subisce, e avvengono generalmente nelle zone della Terra in cui
prevalgono i fenomeni di distensione della crosta, ad esempio nei margini divergenti descritti
precedentemente. In questo tipo di faglia prevale essenzialmente uno spostamento verticale (Fig.
20).
Figura 20. Esempio di faglia diretta in un margine divergente.
3.3.2 Faglie indirette39
Si individuano le faglie indirette grazie allo spostamento del tetto rispetto al muro, il quale,
contrariamente a quello che avviene per le faglie normali, è più in alto rispetto a quest'ultimo.
Questo genere di faglie è inoltre causato da una compressione che provoca una riduzione della
lunghezza concernente la porzione considerata di roccia e si manifestano prevalentemente in quelle
zone in cui il fenomeno di compressione della crosta terrestre è più marcato, come nei margini
convergenti visti nel capitolo precedente.
Come per il tipo di faglia normale, pure in questo si ha una prevalenza dello spostamento verticale
(Fig. 21).
37. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 15
38. Tratto da:
- Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 15
39. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 15
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Figura 21. Esempio di faglia indiretta in un margine convergente.
3.3.3 Faglia trascorrente40
Contrariamente ai due tipi di faglia visti sino ad ora, in cui si ha una prevalenza dello spostamento
verticale rispetto a quello orizzontale, in questo caso abbiamo un movimento orizzontale che
prevale su quello verticale, e si procede alla distinzione di faglie destre o sinistre, con i quali termini
si intende che un osservatore sia posto al di sopra del piano di faglia e monitora lo spostamento che
sta avvenendo (Fig. 22).
Figura 22. Esempio di faglia trascorrente in un margine conservativo.
40. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 15-16
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3.4 Onde sismiche41
Ogni qualvolta che si verifica un rilascio di energia in un determinato punto, che abbiamo chiamato
ipocentro, una serie di onde prende a viaggiare in tutto il globo, persino al suo interno. Queste onde
sono chiamate onde sismiche, e si propagano nei corpi elastici.
In questo capitolo vedremo quali sono queste onde, facendo distinzione tra le onde di corpo (body
waves) e le onde superficiali (surface waves), dandone una descrizione e procedendo con
definendone le caratteristiche.
3.4.1 Onde di corpo (o di volume)42
Le onde di volume sono le onde che si propagano a partire dalla sorgente sismica all'interno della
Terra (l'ipocentro) in tutte le direzioni, sempre all'interno di essa. Si è rilevato che esistono due tipi
di onde di corpo: le onde P e le onde S, delle quali verrà data ora una descrizione dettagliata.
3.4.1.1 Onde longitudinali o di compressione (onde P)43
Le onde di compressione (dette onde Primarie per il fatto che sono le prime a raggiungere la
superficie e ad essere rilevate dai sismografi) sono delle perturbazioni longitudinali che viaggiano
nella roccia e ne variano localmente il volume e, come visto nel capitolo 2.2, sono chiamate “di
compressione” perché si muovono parallelamente rispetto alla direzione di propagazione (Fig. 23).
Figura 23. Rappresentazione di un'onda di compressione.
41. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 52-55
42. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 53-54
43. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 53
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Tali onde sono anche le più veloci; infatti nella crosta terrestre viaggiano ad una velocità che oscilla
tra 6.2 e 8.2 Km/s. Questa velocità dipende dalla “densità δ delle rocce e dalle costanti elastiche B
(modulo di compressibilità) e μ (modulo di rigidità44)”45, messe in relazione dall'equazione
√
4
( )μ+K
3
V P=
δ
(30)
che, come detto, ci fornisce la velocità dell'onda a dipendenza della densità, del modulo di
compressibilità e dal modulo di rigidità. Questo genere di onde, inoltre, viaggia sia attraverso la
roccia sia attraverso i liquidi (come ad esempio magma o acqua).
3.4.1.2 Onde trasversali o di taglio (onde S)46
Queste onde sono prodotte dallo scorrimento di parti del mezzo che subisce la perturbazione quindi,
al contrario delle onde viste in precedenza, si ha un cambiamento della forma e non del volume e le
particelle si muovono perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell'onda (Fig. 24).
Figura 24. Rappresentazione di un'onda di taglio.
Rispetto alle onde P, le onde S sono più lente e viaggiano nella crosta terrestre ad una velocità
compresa tra i 3.2 e 4.7 Km/s, e la loro velocità è data dall'equazione
V S=
μ
√δ
(31)
44. Esprime la resistenza che oppongono i materiali alle forze che tendono a farne variare la forma.
Tratto da: Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 53
45. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 53
46. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 53-54
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dove, come prima, μ è il modulo di rigidità e δ la densità della roccia in cui viaggi l'impulso.
Al contrario delle onde longitudinali, quelle trasversali non si propagano nei liquidi, dato che essi
non hanno rigidità (μ = 0) e non variano la forma a causa di sforzi da taglio, ma assumono quella
del corpo in cui sono contenute.
Esaminando le due formule appena descritte, verrebbe naturale concludere che le rocce con densità
maggiore siano quelle in cui le onde si propagano più lentamente, dato che in entrambe le equazioni
compare a denominatore la densità δ, tuttavia questa supposizione è errata dato che i parametri B e
μ crescono ancora più marcatamente della grandezza δ. Prendendo come valore del modulo di
compressibilità:
5
B= μ
3
“valore attendibile, con buona approssimazione, per le rocce che costituiscono la litosfera” 47. Con
questo valore siamo ora in grado di calcolare il rapporto delle velocità in rocce con le stesse
caratteristiche (stessa densità, modulo di compressibilità e modulo di rigidità), ottenendo
VP
= √ 3 ≈ 1.732
VS
Abbiamo così verificato l'affermazione iniziale in cui VP > VS.
3.4.2 Onde superficiali48
Nel paragrafo precedente, abbiamo visto le onde di volume P e S. Ora analizzeremo l'altro tipo di
onde, dette superficiali, perché la loro propagazione, al contrario delle onde di corpo, inizia
dall'epicentro, dove giungono le onde di volume, ed è quindi strettamente legata alla “presenza di
superfici di discontinuità o di stratificazione, siano esse profonde o superficiali” 49 e queste
caratteristiche si riscontrano in due tipi di onde: le onde di Love (onde L) e le onde di Rayleigh
(onde R) che andremo ora a descrivere.
3.4.2.1 Onde di Love (onde L)50
Le onde L prendono il nome dal matematico che ne provò l'esistenza nel 1911, Augustus Edward
47. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 54
48. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 54-55
49. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 54
50. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 54
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Hough Love. Tali onde sono dette onde di taglio come le onde S, ma a differenza di queste, che
imprimono alle particelle un movimento sia verticale che orizzontale, esse danno solo un
movimento orizzontale e sono formate dalle interferenze tra le onde P ed S, e in un mezzo in cui la
velocità di quest'ultima subisce una variazione, ovvero diminuisce (Fig. 25).
Figura 25. Rappresentazione di un'onda di Love.
La loro velocità inoltre, è minore di quella delle onde S dato che, come appena detto, sono
provocate da una diminuzione di velocità delle stesse.
3.4.2.2 Onde di Rayleigh (onde R)
Questo genere di onde elastiche, rilevate per la prima volta da Lord Rayleigh nel 1885, si
propagano, come visto per le onde di Love, solamente lungo la superficie, più precisamente nella
sua parte libera (priva di oggetti), e non penetrano nella Terra. Le onde di Rayleigh, quando
sollecitano una particella, le imprimono un moto essenzialmente verticale, e lo fanno dandole un
impulso “ellittico e retrogrado rispetto alla direzione di propagazione”51 (Fig. 26).
51. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 55
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Figura 26. Rappresentazione di un'onda di Rayleigh.
Le onde R sono generalmente causate anch'esse da fenomeni di interferenza tra onde P e S, e hanno
una velocità minore delle onde L. Queste onde sono anche prodotte da altre fonti di energia sismica,
come ad esempio un potente impatto o un'esplosione.
Visti i tipi di onde che sono generate, ora vedremo come esse sono relazionate in fatto di velocità di
propagazione, e perché le onde superficiali sono le più lente e non si propagano all'interno della
terra.
Solitamente, le onde superficiali hanno una lunghezza d'onda che cresce con l'aumentare della
profondità della superficie di discontinuità, ovvero maggiore è la lunghezza d'onda, maggiore sarà
la penetrazione all'interno della terra. Come visto nel capitolo introduttivo delle onde, la velocità di
un'onda aumenta con l'aumentare della lunghezza d'onda, e questa affermazione è verificata
dall'equazione (12):
v=
ω λ
= =λ ν ,
k T
Ne segue, come ovvia conseguenza, che le onde lunghe (aventi cioè un'elevata lunghezza d'onda)
viaggino attraverso la Terra ad una velocità maggiore e riescano a penetrare più in profondità
rispetto alle onde corte (cioè con una minor lunghezza d'onda). Va inoltre specificato che le onde
corte (superficiali), con l'aumentare della profondità la loro ampiezza diminuisce, fino a diventare
nulla, e tale diminuzione è data dalla formula:
A=
1
√r
(32)
dove r è la distanza radiale dal epicentro del terremoto. Tale fenomeno è chiamato dispersione e le
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onde coinvolte in tale processo sono definite dispersive. Per questo motivo le onde P ed S viaggiano
più velocemente rispetto alle onde L e R, nelle quali a loro volta le onde di Love sono più veloci di
quelle di Rayleigh.
3.5 Scale utilizzate per la misurazione dei terremoti52
Al verificarsi di un sisma, questo genera conseguenze disastrose che tuttavia sono diventate oggetto
di studio per meglio comprendere come poter sviluppare le nuove tecnologie per le infrastrutture al
fine di evitare effetti così devastanti. A tale scopo le ricerche sono avanzate fino a trovare il modo di
quantificare l'energia rilasciata dal sisma e fornire la corrispondente energia in x-toni 53. Questi dati
sono stati riportati in tabelle in cui sono contenuti tutti i valori conosciuti fino ad ora. Descriveremo
ora la scala della magnitudo (Richter) e la scala dell'intensità (Mercalli).
3.5.1 Scala Richter ed energia sismica54
Con energia sismica si intende l'energia che viene liberata dalla perturbazione elastica che, allo
scatenarsi di un terremoto, si propaga nel mezzo perturbato, ed è la responsabile dei danni derivanti
dai terremoti, soprattutto alle infrastrutture. Per avere un valore dell'energia sprigionata
dall'ipocentro, nel 1935 il fisico californiano Charles F. Richter sviluppò una scala in grado di
fornire tale valore, dove la suddetta energia rilasciata venne denominata magnitudo (Fig. 27).
Figura 27. Charles F. Richter (1900-1985), sismologo statunitense che ideò la scala Richter.
52. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 67-79
- http://it.wikipedia.org/wiki/Magnitudo_(geologia)
53. Con “x” si intende una grandezza indicata con i termini “kilo-”, “mega-”, “giga-”, ecc.
54. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 67-74
- http://it.wikipedia.org/wiki/Magnitudo_(geologia)
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Tale scala si basa sul principio seguente: “la magnitudo rappresenta una misura assoluta dell'energia
che si libera all'ipocentro e non dipende, pertanto, né dal tipo di strumento utilizzato per la
registrazione né dalla collocazione della stazione di rilevazione” 55. Quindi, la scala Richter è
fondata sulla misurazione delle ampiezze delle onde sismiche che vengono registrate dai sismografi
che, come vedremo, sono strettamente connesse all'energia rilasciata da un sisma. Questa scala ha
visto una prima forma, successivamente chiamata “scala della magnitudo locale”, che però era
valevole solo per i terremoti californiani ad una distanza massima di 600km dalla stazione di
misurazione e con l'ipocentro ad una profondità di 16km. L'energia emessa per un terremoto con
queste caratteristiche era fornita dall'equazione
M = log A – log A0 = log
A
A0
(33)
dove A indica un sismografo standard che registra l'ampiezza massima in millimetri delle
oscillazioni del suolo e A0 l'ampiezza che avrebbe fatto registrare il terremoto campione 56.
Al fine di “rimediare all'errore” fatto nel formulare tale equazione, ne sono state descritte altre, le
quali sono più precise e generali. La prima scala ad essere sviluppata dopo la Richter è conosciuta
come “scala della magnitudo delle onde di volume”, la quale sfrutta le onde P, con un periodo
prossimo ad un secondo, che viaggiano nella Terra e che giungono per prime agli strumenti di
rilevazione, essendo le più veloci. Tale magnitudo è fornita dalla formula
mb = log
( TA )+Q (Δ , h)
(34)
in cui A è l'ampiezza massima tracciata dal sismografo in micrometri mentre T è il periodo in
secondi e Q(Δ, h) è un fattore correttivo che tiene conto della distanza epicentrale Δ in gradi e h è la
profondità focale in km e il suo valore varia a dipendenza dell'onda considerata.
Da questa formula ne discende un'altra molto simile, ma la quale è più generale dato che tiene conto
di altri fattori correttivi riguardanti la stazione di rilevamento (vengono chiamati per questo motivo
“correzioni di stazione” che variano tra ±0,1 e ±0,4, a dipendenza della stazione considerata) e il
meccanismo del terremoto (correzione regionale)
mb = log
( TA)+ f (Δ , h)+C +C
s
r
(35)
55. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 67
56. Con terremoto campione si intende un sisma che, rilevato da un sismografo standard, ovvero ad una distanza pari a 100km
dall'epicentro, genera un'ampiezza massima delle oscillazione del suolo pari a un micrometro (A 0 = 0.001mm).
Tratto da:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 68
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dove A, T, Δ e h hanno lo stesso significato fornito precedentemente, mentre Cs e Cr sono
rispettivamente la correzione di stazione e la correzione regionale e f(Δ, h) è una funzione che “tiene
conto della propagazione e dell'assorbimento delle onde”57.
Come detto, questa scala ci fornisce la magnitudo generata dalle onde di volume, ma per sapere la
magnitudo delle onde di superficie bisogna aspettare ancora qualche anno affinché venga sviluppata
un'altra scala, tutt'ora molto utilizzata: la scala della magnitudo delle onde superficiali. Questa
nuova scala, come è espressamente detto nel nome, utilizza onde che viaggiano sulla superficie
terrestre e che giungono alla stazione di rilevamento dopo le onde P. Vengono utilizzate
essenzialmente onde di Rayleigh le quali hanno un periodo che varia tra 18s e 22s, e la formula per
ricavarne la magnitudo è
M S = log
( TA)+C ⋅log Δ+c
1
2
(36)
in cui A è l'ampiezza della componente orizzontale (o verticale) delle onde R in micron, T è il
periodo del sismografo in secondi, Δ la distanza epicentrale in gradi e C1 e C2 sono delle costanti58.
Nel caso in cui Δ ≥ 20°, le distanze epicentrali sono circa 2200km, e i terremoti siano di profondità
focale normale (tra 70km e 300km) l'equazione appena vista diventa
M S = log
( TA )+1.66⋅log Δ+3.3
(37)
Queste due scale di misura (mb e MS), più precise e generali della scala Richter originale, non sono
tuttavia esatte, in quanto esse non danno il vero valore dell'energia sprigionata; per esempio la
magnitudo delle onde di volume fornisce un valore massimo troppo basso (circa 6,5-6,8) rispetto
alla realtà, come pure la magnitudo fornita dalla scala delle onde superficiali (8,3 – 8,7). Per ovviare
a questi errori, sono state sviluppate nuove tecniche che permettono un'applicazione più estesa delle
scale. Infatti la sismologia moderna ha focalizzato la propria attenzione su due parametri: il
momento sismico e l'energia emessa, le quali forniscono altrettante scale della magnitudo. La scala
della magnitudo di momento sismico è data dall'equazione
2
M W = ⋅log M 0−10 , 7
3
(38)
dove M0 è il momento sismico, una quantità utilizzata per misurare la quantità di energia rilasciata
da un terremoto, ed è definita dall'equazione
57. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 70
58. Il loro valore è rispettivamente: C1 = 1.66 e c2 = 3.5
36
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M 0 =μ A u
in cui μ è il modulo di taglio delle rocce coinvolte, A la superficie di rottura lungo la faglia dove è
avvenuto il terremoto e u lo spostamento medio lungo tale faglia. Con questa scala sono stati
determinati i due valori più alti mai registrati, i quali si riferiscono al terremoto del Cile nel 1960, in
cui è stata rilevata una magnitudo MW = 9,5 (mentre prima si aveva una MS = 8,5) e quello
dell'Alaska, con una magnitudo MW = 9,2 (MS = 8.3).
La magnitudo dell'energia emessa è invece data dalla formula
2
M e = ⋅log E – 2 , 9
3
( 39)
Quando avviene un terremoto, esso sprigiona una certa quantità di energia. Tramite questa formula,
si è stati in grado di dire che ad ogni incremento di un'unità della magnitudo, l'energia sismica
associata a tale terremoto aumenta di 30 volte (ovvero, un terremoto di magnitudo 7 avrà un'energia
30 volte maggiore rispetto ad uno con magnitudo 6, e avrà un'energia 900 volte maggiore ad un
magnitudo 5).
Pur essendo entrambe delle magnitudo, esse descrivono in realtà differenti proprietà fisiche del
terremoto. MW è calcolata in base a dati sismici a bassa frequenza, ed è “una misura della superficie
di rottura determinata dal terremoto relativa alle caratteristiche geometriche e cinematiche della
sorgente”59, mentre Me, utilizzando dati sismici con frequenze elevate, misura il potenziale sismico
distruttivo per le infrastrutture.
Oggi giorno si è scoperto che si possono determinare le magnitudo di terremoti modesti anche
sfruttando la durata del sismogramma, dato che maggiore è la registrazione maggiore sarà la
magnitudo del terremoto. Questa scala è denominata “scala della magnitudo di durata” ed è fornita
dalla formula
M τ = C 1+C 2+log τ+C 3⋅d
(40)
in cui C1, C2 e C3 sono delle costanti dipendenti dalle caratteristiche degli strumenti di misurazione
e dalle strutture geologiche dell'area, d è la distanza epicentrale e τ è il tempo in secondi che
intercorre tra il primo arrivo e la fine del rilevamento da parte del sismografo.
Viene proposta ora una tabella della scala Richter in cui vengono elencati le magnitudo, la
corrispondente quantità di dinamite necessaria a causare una magnitudo del genere e la frequenza
con cui un terremoto di tali proporzioni si verifica.
59. tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 72
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Tabella 1: Scala Richter con riportate Magnitudo, TNT equivalente e frequenza.
Con la magnitudo di durata abbiamo descritto tutte le forme di calcolo della magnitudo. Ci
avvieremo ora ad analizzare le scale utilizzate per determinare l'intensità di un terremoto, ovvero
l'effetto provocato dai movimenti del suolo.
3.5.2 Scala Mercalli60
Come accennato nel paragrafo precedente, l'intensità di un terremoto è l'effetto provocato da
quest'ultimo sulle infrastrutture, e tale effetto è valutato soggettivamente comparando gli effetti
visibili causati con “la descrizione di una delle diverse scale di misura utilizzate” 61 e generalmente
diminuisce con l'aumentare della distanza dall'epicentro. Questa caratteristica dei terremoti viene
calcolata utilizzando la scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS), sviluppata dal sismologo e
vulcanologo italiano Giuseppe Mercalli, rinomato in tutto il mondo, a partire dalla scala RossiForel, composta da 10 gradi, ma venne esposta alla comunità scientifica solamente nel 1902, dopo
essere stata aggiornata due volte dallo stesso Mercalli e la quale comprende ben 12 gradi di
valutazione; un'altra scala molto utilizzata è quella Medvedev-Sponheuer-Karnik (MSK) (Fig. 28).
60. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag 75-79
- http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_sismica
61. Tratto dal libro di teso:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 75
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Figura 28. Giuseppe Mercalli (1850-1914), sviluppatore della scala dell'intensità, la scala Mercalli.
Queste scale vengono utilizzate proprio per determinare quantitativamente i danni prodotti da un
sisma osservando, come già detto, gli effetti su cose, persone e suolo e dato che non è una misura
strumentale ma soggettiva, questa “misurazione” non fornisce nessun tipo di informazioni
riguardanti l'energia sismica liberata dall'ipocentro. Infatti, è plausibile che un terremoto che
sprigioni una grande quantità di energia non generi un'intensità considerevole come quella prodotta
da un sisma più piccolo, e questo è dovuto per diversi fattori, ad esempio alla profondità a cui è
avvenuto il terremoto, oppure uno è avvenuto in una zona dove non è possibile causare danni alle
persone e alle cose (in un deserto per esempio) mentre l'altro avviene in una zona densamente
popolata, dove i danni causati alle infrastrutture sono ingentissimi, oppure ancora la diversa
tipologia degli edifici. Vi è inoltre un'altra scala utilizzata per la misurazione dell'intensità, la Scala
Macrosismica Europea (EMS), inizialmente utilizzata solo in Europa ma oggi sfruttata in altri
continenti. Nata dopo 8-10 anni di studi e ricerche, questa scala è molto simile alle due precedenti;
difatti è un aggiornamento della scala MSK, e venne adottata a partire dal 1996. Data la sua
discendenza dalla MSK, esporremo ora una tabella con le caratteristiche per determinare l'intensità
di un terremoto.
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Tabella 2: Scala EMS con gradi, intensità ed effetti di un terremoto.
Precedentemente è stato detto che la magnitudo e l'intensità non sono correlabili. Questo non è
tuttavia vero, in quanto si è scoperto che è possibile fare alcuni collegamenti tra queste due
grandezze, e sono state elaborate per sismi con la stessa profondità e dello stesso tipo, ma non è
possibile attribuirgli un significato generale. A fini pratici, conoscendo la magnitudo di un sisma, si
può associare ad essa un'intensità teorica, tenendo però conto di alcune determinate condizioni. Altri
tentativi di correlazione sono considerati delle “forzature di dubbia utilità sia scientifica che
pratica”62.
Con l'intensità e la Scala Mercalli si conclude la parte generale relativa ai terremoti, e si inizierà ora
con la parte finale e centrale di questo lavoro: “Esplosioni nucleari: interrelazioni con il suolo e
sviluppi in sismologia”.
62. Tratto dal libro di testo:
Tedesco, G.: Introduzione allo studio dei terremoti, 2005, Milano, Alpha Test, Gli spilli, Monografie, pag. 77
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4. Terremoti nucleari: relazioni con il suolo e sviluppi in sismologia 63
In questo capitolo tratteremo ora il l'argomento principale di questo tema, ovvero in che modo le
esplosioni nucleari possono essere sfruttate per scopi sismologici. Esistono quattro diverse modalità
di test nucleare: atmosferico, sotterraneo, subacqueo ed esoatmosferico, ovvero fuori dall'atmosfera
terrestre. Prenderemo in esame solamente i test sotterranei, in quanto sono gli unici in cui vi è
diretto contatto con la Terra.
Questo tema spazia in un grande ventaglio di tematiche: sismi indotti, caratteristiche di segnale,
metodi utilizzati per svolgere test nucleari, trattati stipulati per preservare l'ambiente (PTBT,
CTBT), analisi dei dati ottenuti, tramite sismografi, dopo la detonazione dell'ordigno per
determinare la struttura interna della Terra.
Vedremo una piccola parte introduttiva riguardante la tematica politica dei test nucleari, così da
comprendere quali nazioni erano coinvolte nei test e le misure adottate per porre fine alla corsa al
nucleare. Successivamente si passerà all'esposizione del tema concernente le esplosioni nucleari e le
implicazioni che hanno sulla Terra e il loro sfruttamento per lo sviluppo della sismologia.
4.1 Era Nucleare e Trattati64
L'Era Nucleare iniziò il 16 Luglio 1945 con il primo test nucleare americano effettuato nel deserto
del New Mexico, denominato Trinity. L'ordigno detonato possedeva un'energia equivalente a 19.3
megatoni65, e ci fu una “intensa luce che ha illuminato la montagne distanti, un'improvvisa onda di
calore e successivamente un tremendo boato causato dall'onda d'urto che echeggiò nella valle” 66
(Fig. 29).
63. Il seguente capitolo è il risultato della lettura e dell'elaborazione personale delle informazioni contenute nelle seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag.
37-63, 152-155, 159-168, 181-184, 225-248
http://www.ctbto.org/nuclear-testing/
http://earthquake.usgs.gov/learn/faq/?categoryID=12&faqID=88
ttp://en.wikipedia.org/wiki/Induced_seismicity
64. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag.
228-231
http://www.ctbto.org/nuclear-testing/
65. Il megatone è un'unità di misura utilizzata per indicare l'energia liberata da un'esplosione nucleare e corrisponde ad un milione di
tonnellate di tritolo (1Mt = 106t di TNT)
66. Libera traduzione tratta da:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company
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Figura 29. Foto del “fungo atomico” dell'ordigno del test Trinity, scattata 9 secondi dopo la detonazione.
Nei mesi successivi vennero fatti esplodere i due ordigni nucleari che rimarranno per sempre nella
storia: Little Boy e Fat Man, le due bombe sganciate rispettivamente su Hiroshima e Nagasaki
(Fig. 30).
Figura 30. Replica delle bombe Fat Man e Little Boy realizzate al Los Alamos National Laboratory.
A partire da quel momento, le più grandi potenze mondiali iniziarono a sviluppare i propri
armamenti nucleari, e tutte eseguirono test per perfezionarle: gli Stati Uniti, come detto, iniziarono
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il 16 luglio 1945, l'URSS il 19 agosto 1949, il Regno Unito il 3 ottobre 1952, la Francia il 13
febbraio 1960, la Cina il 16 ottobre 1964. Tutte queste nazioni effettuarono test nucleari sotterranei,
atmosferici e alcune, come gli USA, anche subacquei. Tutte queste detonazioni rilasciavano
un'ingente quantità di materiale radioattivo, detto fallout, il quale causava effetti devastanti su
persone e ambiente; per tale motivo, il 5 agosto 1963 venne firmato a Mosca il Partial Test Ban
Treaty (PTBT) il quale proibiva test nucleari atmosferici, esoatmosferici e subacquei, ma
permetteva ancora quelli sotterranei. Il trattato venne firmato da USA, URSS e Regno Unito ma non
da Francia e Cina.
Come detto, il PTBT consentiva ancora i test nucleari sotterranei; questi test non vennero eseguiti al
solo scopo di analizzare i dati e incrementare il potere dell'ordigno, ma tramite le rilevazioni fatte
dai sismografi dopo la detonazioni di tali bombe, si sono potute fare ricerche sulla conformazione
interna della Terra, analizzarne la struttura (a tal proposito verrà dedicato un capitolo
successivamente), calcolare la velocità delle onde. Tuttavia, pure le esplosioni nel sottosuolo
rilasciavano una certa quantità di fallout; per tale motivo venne deciso di proibire qualsiasi tipo di
test nucleare. Così, il 10 settembre 1996 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite decise di
implementare il trattato del 1963, adottando il Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT), il quale,
come detto precedentemente, proibisce i test nucleari in qualsiasi ambiente.
Purtroppo tale trattato non è ancora entrato in vigore, in quanto è necessaria la ratifica da parte dei
44 Stati che parteciparono nel 1996 alla Conferenza sul Disarmo e che possedevano già all'epoca la
tecnologia nucleare; di questi, però, nove non hanno ancora ratificato il trattato.
Rimane quindi la possibilità di proseguire con i test nel sottosuolo, dato che il CTBT non è mai
entrato in vigore, ma per fortuna il buonsenso delle nazioni, e la paura di venire aggredite dai media
e da altri paesi, ha fermato tali test, i quali non vengono più eseguiti dal 25 maggio 2009, data
dell'ultimo test nucleare, effettuato dalla Corea del Nord.
4.2 Rilevazione dei terremoti e localizzazione dell'epicentro67
Premessa: è stato deciso di mettere la rilevazione dei terremoti in questa parte del lavoro perché per
studiare quali metodi di rilevazione siano i migliori, era ovviamente necessario che avvenisse un
sisma, ma attendere il verificarsi di un terremoto naturale poteva voler dire restare bloccati con le
67. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag.
54-56
http://earthquake.usgs.gov/
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ricerche per un tempo indeterminato, dato che non si può sapere quando e dove esso si verificherà.
Per tale motivo i ricercatori hanno sfruttato i test nucleari, che ricreano artificialmente un terremoto,
per fare tutte le ricerche del caso.
Quando si verifica un terremoto, le onde provocate vengono rilevate dai sismometri, uno strumento
utilizzato per effettuare la misurazione dei dati provenienti dal sisma. Gli strumenti moderni sono
ora concepiti in maniera tale da poter misurare lo spostamento, la velocità e l'accelerazione del
terreno. Inoltre sono in grado di rilevare questi dati in più direzioni contemporaneamente 68 (Fig.
31).
Figura 31. Sismometro sviluppato nei laboratori di Qualificazione Materiali, Componenti e
Sistemi della Casaccia, Italia. Questo esemplare, chiamato STASI, è un accelerometro,
adibito quindi alla misurazione dell'accelerazione del suolo.
Un sismografo differisce da un sismometro in quanto esso registra il fenomeno sismico, mentre
quest'ultimo ne effettua solo la misura senza registrarla; è costruito in modo tale che al verificarsi di
un sisma cominci a marcare le oscillazioni percepite. Per far ciò, bisogna concepire tale strumento
in maniera molto ingegnosa: inizialmente bisogna piazzare un'intelaiatura solidale con il terreno,
solitamente posizionata ad una certa profondità per ridurre il rumore provocato da fonti
antropiche69, una massa inerziale collegata all'intelaiatura mediante un filo e un sistema di
attenuazione per prevenire le oscillazioni a lungo termine che potrebbero avvenire dopo il
verificarsi di un terremoto (Fig. 32).
68. Prendendo in considerazione un sistema di riferimento cartesiano tridimensionale, il sismometro è in grado di rilevare movimenti
lungo gli assi delle ascisse e delle ordinate, mentre per l'asse delle quote è necessario utilizzare un sismometro a parte, perché il
massimo numero di assi che possono essere rilevati da uno stesso strumento è 2.
69. Con rumore si intendono tutte quelle fonti di vibrazioni provocate dall'uomo (ad esempio il transitare di veicoli in prossimità
dello strumento di rilevazione).
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Figura 32. Sismografo del Liceo Cantonale di Bellinzona, donato dal Schweizerischer
Erdbebendienst (SED) del ETHZ , sviluppato dalla British Geological Survey e dalla
Middelsex University.
I due strumenti sopracitati si trovano nelle scuole scientifiche, università e soprattutto nelle stazioni
sismiche (Fig. 33)
Figura 33. Strumentazione presente in una stazione sismica. Si notino dietro
ai monitor i rotoli per la registrazione del sismografo.
Ora spiegheremo in che modo i dati vengono registrati da tali strumenti.
Durante l'evento, la massa inerziale sospesa non segue il movimento del terreno come fa
l'intelaiatura, ma resta “ferma” nel suo punto nello spazio; così facendo rileva i movimenti che
l'intelaiatura sottostante effettua, e di conseguenza pure le oscillazioni del terreno. La registrazione
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dei dati viene solitamente fatta su carta che continua a scorrere ad una velocità proporzionale al
periodo del pendolo, in modo tale da poter fornire un sismogramma qualitativamente buono. Il
sismometro è inoltre utilizzato per localizzare l'epicentro del terremoto; per far ciò è necessario
disporre dei dati relativi ad almeno tre sismometri distinti e sono necessari i tempi di arrivo delle
onde P e delle onde S. Conoscendo i tempi di arrivo delle onde e la loro velocità, si traccia un
grafico della distanza percorsa da esse rispetto al tempo, ottenendo così due curve denominate
dromocrone (Fig. 33).
Figura 33. Esempio di un grafico che riporta le due curve chiamate dromocrone.
Successivamente si sovrappone a questo grafico il suo relativo sismogramma e si fanno combaciare
i punti in cui vengono registrati gli arrivi delle prime onde P ed S alla stazione sismica (ovvero si
sovrappone il sismogramma in modo che la distanza tra l'arrivo delle onde P ed S sia uguale alla
distanza lungo l'asse y tra le due dromocrone), come si vede nella figura 31, in questo modo si
riesce ad ottenere la distanza dell'epicentro dalla stazione sismica. Successivamente, bisogna
ripetere questa operazione per altre due stazioni sismiche. Infine, si deve tracciare su di una cartina
una circonferenza per ogni stazione, con il centro combaciante con la stazione stessa. Si procede
quindi con la triangolazione dell'epicentro. Una volta disegnate le tre circonferenze, si noterà che
esse sono coincidenti in un punto. Tale punto corrisponde all'epicentro.
Un altro metodo per determinare l'epicentro sta nell'ottenere la differenza dei tempi di arrivo delle
onde P (TP) ed S (TS) e moltiplicare questo tempo per 8Km/s,
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(T S – T P )⋅8
Km
= dist. epicentrale
s
(41)
ottenendo così la distanza in chilometri dall'epicentro.
Successivamente si procede come visto per il metodo precedente, tracciando i cerchi con centro
nelle stazioni sismiche e controllando il punto di intersezione (Fig. 34).
Figura 34. Triangolazione dell'epicentro di un terremoto avvenuto a largo del
Giappone. Si notino le stazioni di rilevamento poste al centro delle circonferenze
(Tokyo, Pulsan, Akita).
Per rilevare a quale profondità siano avvenuti la rottura e il rilascio d'energia, ovvero l'ipocentro, è
necessario utilizzare l'intervallo di tempo che intercorre tra l'arrivo delle prime onde P e e le sue
onde riflesse dalla superficie, chiamate pP. Maggiore è l'intervallo tra le onde P e pP, maggiore sarà
la profondità del terremoto. Tuttavia determinare con precisione la profondità dell'ipocentro risulta
molto più complicato di quanto possa sembrare. Per prima cosa, i tempi di viaggio variano da zona
a zona, in quanto vi sono diversi tipi di roccia e di conseguenza una variazione di densità;
secondariamente l'identificazione delle onde pP non sempre risulta chiara, in quanto gli strati di
roccia causano la riverberazione dell'onda.
Quando diverse stazioni di rilevazione, lontane tra loro, registrano chiaramente le onde P e pP, il
tempo d'intervallo tra loro fornisce una profondità media a cui è avvenuto il sisma, con un margine
di errore di 10Km. Così, se la profondità media dell'ipocentro di un evento sospetto è 20Km, con
uno scarto di 10Km, vorrà dire che “questa sarebbe una prova diretta che tale evento non è un'
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esplosione”70, in quanto è avvenuto ad una profondità troppo grande.
Questo metodo, come detto nell'ottobre 1971 durante il Joint U.S. Congressional Subcommittee da
Carl Romney, “è il metodo migliore che abbiamo per differenziare terremoti ed esplosioni. In tale
modo, siamo in grado di determinare che un'elevata percentuale di eventi si sono verificati a
profondità maggiore di quanto non sia possibile l'installazione di dispositivi nucleari. Eventi che
avvengono a tali profondità e che possono essere considerati terremoti in base a queste scoperte non
vengono ritenuti sospetti, ossia non vengono considerati come causati da ordigni nucleari”71.
Tuttavia, molte volte capita che il segnale delle onde pP possa venire “migliorato”. Ad esempio,
certi tipi di filtri, basati su rilevazioni teoriche tra onde pP e P, distinguono meglio la seconda fase,
anche se questa differisce di soli 5 secondi dal primo arrivo. Ora verrà dato un esempio per
comprendere meglio la situazione. Venga considerato il sismogramma 1, la cui causa si presume sia
stata un test nucleare avvenuta vicino a Bukhara, in Unione Sovietica, e registrato alla BritishCanadian YKA, ad una distanza di 79°72.
Sismogramma 1. Sismogramma relativo all'esplosione nucleare avvenuta vicino a Bukhara e registrato dall'YKA.
La prima onda P viene registrata in modo pulito e chiaro, ma non sono evidenti eventuali onde pP
riflesse. Il secondo sismogramma (2) è la rielaborazione del primo, e ha come obiettivo la miglior
visualizzazione delle onde riflesse, e infatti mostra due arrivi importanti di polarità opposta separati
da un tempo di 1.7 secondi. Questi due arrivi importanti corrispondono rispettivamente alle onde P
70. Affermazione tratta e liberamente tradotta dal libro di testo:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 151
71. Questa affermazione è stata tratta dal libro di testo:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 151
72. La distanza tra l'epicentro di un evento sismico e, ad esempio, una stazione sismica, è data in gradi in quanto le onde non
compiono il tragitto sulla superficie terrestre, bensì al suo interno, percorrendo una distanza che non è esprimibile in metri in quanto
non si sa la profondità a cui è andata l'onda, ma solo il suo spostamento angolare. Lo spostamento superficiale viene poi ricavato
successivamente tramite la relazione l =α ṙ dove α è l'angolo espresso in radianti, l la distanza superficiale e r il raggio della
Terra.
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e pP. È risaputo che nel 1968 un ordigno da 47kt è stato fatto detonare ad una profondità di 2.45Km
vicino a Bukhara.
Sismogramma 2. Sismogramma relativo all'esplosione nucleare avvenuta vicino a Bukhara e registrato
dall'YKA, ma filtrato e migliorato per rendere possibile la visualizzazione delle onde pP riflesse.
Non vi sono dubbi che queste registrazioni corrispondano a questo evento: il tempo intercorso tra
l'arrivo delle onde P e pP indica una profondità di circa 2.6Km, molto vicino alla realtà.
4.3 Sismi indotti73
Con il termine “sisma indotto” si intendono tutti quei sismi causati dall'uomo tramite diverse
modalità di sfruttamento della Terra; ad esempio negli scavi per costruire una galleria nelle
montagne o per estrarre minerali dalle miniere vengono spesso utilizzati candelotti di dinamite che
provocano, seppur di magnitudo molto bassa, dei terremoti; l'accumulo di acqua nei bacini idrici fa
aumentare considerevolmente la pressione alla quale le rocce sottostanti devono resistere, le quali
prima o poi cederanno e innescheranno un piccolo terremoto; altro metodo utilizzato dall'uomo che
può causare sismi è l'EGS (Enhanced Geothermal Systems) .
È istintivo, pensando ai terremoti indotti, che pure gli ordigni nucleari siano in grado di provocare
terremoti quando vengono fatti detonare.
Ci appresteremo ora a spiegare il funzionamento dell'EGS e le sue conseguenze sulla Terra;
successivamente daremo una descrizione di come viene preparato un test nucleare sotterraneo e le
sue conseguenze nella Terra.
73. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 4243
http://en.wikipedia.org/wiki/Induced_seismicity
http://www1.eere.energy.gov/geothermal/index.html
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4.3.1 EGS - Enhanced geothermal systems74
L' Enhanced Geothermal Systems, in italiano “Sistemi Geotermici Migliorati”, è un nuovo metodo
utilizzato dall'uomo per ricavare energia geotermale dal suolo, da convertire successivamente in
energia elettrica sfruttando i vapori naturali prodotti nel sottosuolo (Fig. 35).
Figura 35. Impianto geotermale in Islanda.
Questo processo si realizza nel seguente modo: viene pompata dell'acqua attraverso fenditure
naturali nelle rocce, sfruttando la loro stessa porosità,;successivamente l'acqua viene immessa in
serbatoi o giacimenti geotermici, ovvero quei punti della crosta terrestre in cui si registrano
temperature elevate ad una profondità facilmente raggiungibile. Oltre a pompare acqua, si procede
anche alla permeabilizzazione del suolo con opportuni scavi e trivellazioni, attraverso i quali viene
pompata altra acqua, questa volta sotto pressione. In tali siti, in cui viene già prodotta energia
elettrica sfruttando il vapore che si forma naturalmente dal riscaldamento dell'acqua piovana che
penetra in profondità nel suolo, l'ulteriore pompaggio di acqua aumenta considerevolmente questa
quantità di vapore, rendendo così economicamente vantaggiosi anche quei siti in cui naturalmente
viene prodotto poco vapore per mancanza di acqua nel sottosuolo.
74. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
http://en.wikipedia.org/wiki/Induced_seismicity
http://www1.eere.energy.gov/geothermal/index.html
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4.3.2 Esplosioni nucleari sotterranee75
Quando avviene un test nucleare, si devono affrontare scelte difficili, come ad esempio il luogo in
cui verrà effettuato il test, scegliendo una zona deserta così che non vi siano danni a esseri umani e
abitazioni, anche se vi saranno moltissime persone che riporteranno le conseguenze delle radiazioni.
Per i test atmosferici, prima che venissero messi al bando, la modalità di esecuzione poteva
avvenire in due modi:
–
l'ordigno veniva posto all'interno di una torre con un'altezza che superava i 100 metri,
costruita appositamente per l'evento e si procedeva alla sua detonazione;
–
la testata nucleare veniva sganciata in volo da un velivolo, e veniva fatta detonare prima che
raggiungesse il suolo, solitamente ad una altezza arbitraria, ma non inferiore a 3000 metri (la
Bomba Tsar76 venne fatta detonare ad un'altezza di 4000m)
Ovviamente con questa tipologia di test, il fallout radioattivo era estremamente elevato, come pure
la contaminazione delle persone da parte di radiazioni.
I test subacquei invece non richiedevano una particolare attenzione riguardante il luogo della
detonazione, dato che il rischio di radiazioni per l'uomo è relativamente basso rispetto alle altre
modalità, in quanto il fallout ricadeva in mare; tuttavia l'ordigno doveva essere fatto detonare ad
una certa distanza dalla costa, al fine di evitare tsunami e danni alle infrastrutture vicine alla costa.
Per i test effettuati nel sottosuolo, daremo ora una dettagliata spiegazione sulla modalità di
preparazione e degli effetti provocati sulla Terra, sia al suo interno che in superficie (Fig. 36).
75. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 4246
76. La Bomba Tsar, o Ivan, è stata la più potente bomba nucleare mai testata dall'uomo. Venne costruita nell'Unione Sovietica con
una potenza iniziale di 100 Mt, ma poi ridotti a 50 Mt per ridurre il fallout. L'ordigno venne testato il 30 ottobre 1961. Il lampo
generato venne visto ad una distanza di 1000 Km e ridusse completamente al suolo tutto ciò che incontrò nel raggio di 25 Km.
Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Tsar_Bomba
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Figura 36. Fossa per un test nucleare prima e dopo la detonazione sotterranea.
“Quando si procede alla preparazione di un test nucleare sotterraneo, l'ordigno viene
deposto in una buca ad una profondità di 1000 metri ed avente un diametro pari a 2
metri, scavata attraverso strati di terra, roccia e terreno alluvionale. Il meccanismo della
bomba e il nucleo che verrà fatto detonare, sono racchiusi in un contenitore, il quale è
collegato al centro di controllo in superficie da un filo metallico, mentre la buca viene
chiusa da strati di fango, rocce e sabbia.
A questo punto viene chiuso il circuito e l'ordigno esplode. In una frazione di secondo,
la temperatura nei pressi dell'esplosione aumenta di milioni di gradi e la pressione
diventa migliaia di volte quella dell'atmosfera terrestre. L'incredibile energia
concentrata vaporizza all'istante il contenitore di metallo e la roccia circostante;
l'incandescente sfera di gas, simile al nucleo di una stella, si espande ad una velocità
impressionante creando una cavità sferica nella roccia di diametro considerevole, in
costante aumento.
Intorno alla cavità, la roccia viene continuamente frantumata a causa dello shock
provocato dall'esplosione, mentre vapori e gas radioattivi vengono compressi all'interno
di crepacci e fessure nella terra.
Oltre la regione devastata dall'esplosione, che si estende per un raggio di decine o
addirittura centinaia di metri dal punto della detonazione, a dipendenza dall'esplosione
prodotta e dal genere di rocce, il sollevamento di queste ultime, sottoposte a
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compressione, genera delle onde sismiche. Queste vibrazioni elastiche della roccia
trasportano l'energia prodotta in tutte le direzioni a velocità tali che il fronte d'onda
viaggia a diversi chilometri al secondo.
Quando la prima onda sismica raggiunge la superficie situata al di sopra della cavità
incandescente, il terreno si inarca verso l'alto. Se l'energia dell'esplosione è
sufficientemente elevata, oppure se l'ordigno viene piazzato ad una distanza
relativamente modesta, lo strato di terra soprastante viene completamente spazzato via. I
frammenti di roccia vengono scagliati in aria a causa di un rilascio molto veloce e
massiccio di prodotti generati dall'esplosione, che vengono espulsi dalla cavità
formatasi. Dopo un tempo considerevole, la polvere e la roccia espulse ricadono di
nuovo al suolo, e nel luogo in cui vi era deposta la bomba vi troviamo ora un cratere.”
Questa descrizione dettagliata, tratta da Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil di
Bruce A. Bolt e liberamente tradotta, ci permette di affermare che un'esplosione nucleare
sotterranea è in grado di generare un terremoto, dato che produce onde sismiche che si irradiano
nella Terra e in superficie, le quali trasportano l'energia rilasciata al momento della detonazione, e
che la bomba corrisponde all'ipocentro del terremoto nucleare (Fig. 37).
Figura 37. Cratere a Sedan, lasciato dall'esplosione di un ordigno nucleare sotterraneo avvenuta il
6 luglio 1962. L'esplosione ha spazzato via una quantità di materiale equivalente a quattro campi di football.
L'esplosione provoca in superficie conseguenze catastrofiche (secondo la percezione umana, e
anche per causa sua77) e visibili; ci sono danni ingentissimi alle infrastrutture, molte vittime e
77. La catastrofe che avviene in superficie infatti non riguarda la terra o il suolo, i quali si limitano a vibrare in modo violento e nel
peggiore dei casi si aprono voragini, ma non sono esse a determinare la morte delle persone, bensì le infrastrutture costruite
dall'uomo le quali non sono in grado di resistere alle scosse sismiche.
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persone che hanno perso tutto. All'interno della Terra, invece, l'esplosione provoca danni ingenti
sulla sua struttura e stabilità nelle zone limitrofe alla detonazione, danni che l'uomo non è in grado
di accertare senza l'ausilio di strumenti adatti. Tali conseguenze potrebbero fare in modo che
avvenga un sisma anche dopo un lasso di tempo considerevole successivo all'esplosione. Tuttavia
non siamo in grado di affermare tale teoria, e tale affermazione non potrà essere fatta ancora per
diversi anni, in quanto per il momento non si è in grado di determinare se gli effetti di un'esplosione
possano effettivamente causare dei cambiamenti nel sottosuolo così profondi da generare terremoti
che prima non sarebbero avvenuti, oppure se semplicemente hanno acceso la miccia ad un sisma
che era già sul punto di verificarsi, oppure ancora se non hanno nessun effetto di lunga durata ma
solamente istantaneo.
4.4 Struttura interna della Terra78
Come è già stato detto nel capitolo 4.1, le detonazioni nucleari sotterranee erano utilizzate pure per
determinare la struttura interna della Terra. Infatti, tramite la tecnologia nucleare, sono state fatte
molte scoperte riguardanti il nostro globo, questo perché l'ordigno utilizzato per il test nucleare e
per gli studi sismologici veniva posizionato in un punto ovviamente noto; ne consegue che si
conosceva perfettamente il punto di origine del sisma. Secondariamente era conosciuto anche il
momento esatto dell'inizio del terremoto, ancora prima che esso si verificasse. Infine, “il segnale
delle onde P è molto meno complesso di quello generato da un onda P di un terremoto naturale” 79.
Uno dei primi sismologi che pensò all'utilizzo del nucleare per le ricerche sismologiche fu Keith
Bullen, matematico e geofisico neozelandese, che cominciò a mettere in atto degli esperimenti,
tramite i quali, nel 1955, grazie al Maralinga test avvenuto in Australia, riuscì a misurare con
successo lo spessore della crosta australiana.
La forma della Terra può essere paragonata a quella di un uovo, di forma sferica ma leggermente
schiacciata ai poli, avente un raggio di 6371 Km. Le rocce in superficie possono essere studiate
direttamente (ovvero senza l'ausilio di strumenti particolari) per alcuni chilometri semplicemente
perforando la crosta, mentre a partire da una certa profondità è necessario utilizzare altri metodi.
Osservando i risultati ottenuti dai test nucleari, si è visto che i sismogrammi presentavano dei
leggeri cambiamenti nella registrazione delle onde sempre a determinate profondità. Si è dunque
78. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 5661, 231-234
79. Tratto da:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company
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pensato di sfruttare tali eventi e le onde sismiche prodotte per studiare la Terra. A tal proposito, per
diversi anni l'industria petrolifera ha sfruttato questi metodi sismologici per determinare le proprietà
della crosta superiore. Infatti, le esplosioni nucleari utilizzate per tale scopo generavano onde
sismiche (come detto precedentemente) che venivano riflesse o rifratte da strati di roccia
sotterranei; successivamente tali onde venivano registrate da apparecchiature portatili posizionate in
superficie. La stessa tecnica di sondaggio è stata poi utilizzata proprio per studiare l'interno della
Terra (Fig. 38).
Figura 38. Riflessioni delle onde P che possono avvenire all'interno della Terra.
Prima dell'Era atomica, i terremoti erano l'unica fonte a rifornire le onde sismiche di sufficiente
energia per riuscire a far si che viaggiassero per l'intero globo. Lo studio dei sismi rispetto a tali
onde ha portato alla luce una struttura interna della Terra straordinaria.
Ora verrà data una descrizione80 di come le onde hanno permesso la determinazione dell'interno del
nostro pianeta, preceduta da una tabella con ciò che ci appresteremo a verificare (Tabella 3).
80. Questa descrizione è stata tratta e liberamente tradotta dal libro:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag 56-61
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Applicazioni geofisiche delle esplosioni nucleari sotterranee.
1. Determinazione della struttura interna della Terra tramite sfruttamento dei tempi di viaggio delle onde sismiche.
- Struttura della crosta, spessore e velocità delle onde.
- Superficie del mantello superiore, sua profondità e onde riflesse.
- La struttura al di sopra del confine del nucleo è mappata grazie all'utilizzo delle onde P e S e loro riflessioni.
- Attenuazione delle onde e struttura del nucleo esterno.
- Raggio del nucleo interno calcolato mediante misurazione della profondità delle onde S.
- Densità dei strati del nucleo data dall'ampiezza delle onde.
- Struttura del nucleo interno data dallo sfruttamento delle onde P e S e loro riflessioni.
Tabella 3.
Consideriamo la Terra e un impulso sismico P che parte dal suo punto di origine A e viaggia fino a
raggiungere il sismografo alla stazione B. Il tempo T impiegato dall'onda per “spostarsi”81 da A a B
è la misura che sta alla base della sismologia.
Per convenzione, tuttavia, la distanza tra A e le stazioni in cui sono posizionati i sismografi è fornita
tramite un angolo α espresso in gradi che fornirà l'arco di circonferenza d tra i punti A e B, ovvero
la distanza. Per meglio comprendere, si pensi al cerchio. Dal centro partono due raggi che
toccheranno la circonferenza in due punti distinti. La parte di cerchio racchiusa tra questi due punti
è l'arco di circonferenza che sottende l'angolo α (in radianti), e la sua misura è data dalla relazione:
d = α⋅r
(42)
dove r è il raggio del cerchio, nel nostro caso il raggio della Terra (Fig. 39).
Figura 39. Un angolo misurato in radianti
Le misurazioni dei tempi di viaggio dipendono ovviamente dal fatto di conoscere l'istante in cui
l'onda viene generata nel punto A. Con i terremoti, questo istante può essere stimato indirettamente
solo dagli arrivi delle onde, usando conoscenze già acquisite nel passato riguardo ai tempi di
viaggio di queste nella Terra. Quando la sorgente invece è un'esplosione pianificata, l'istante in cui
81. Non è l'onda a spostarsi, bensì l'impulso.
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viene generata l'onda è dato semplicemente guardando il momento in cui essa viene fatta detonare,
ed è conosciuto ancora prima che avvenga la detonazione.
Le osservazioni del tempo T di diverse stazioni a distanze d diverse tra loro forniscono una curva
spazio-tempo f(T, d); un esempio di tali curve è dato dalla figura basata sulle tavole di H. Jeffreys e
K.E. Bullen: per una distanza di 80° tra la sorgente e il sismografo, la curva PP mostra un tempo di
arrivo di 15 minuti e 16 secondi (Fig. 40 e Fig. 41).
Figura 40. Diagramma Bullen-Jeffreys.
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Figura 41. Keith Edward Bullen (1906-1976) e Sir Harold Jeffreys (1891-1989), rispettivamente
matematico e geofisico neozelandese e matematico, astronomo e statistico inglese.
Agli inizi del Novecento, i sismologi hanno effettuato ricerche per trovare il modo per convertire le
curve f(T, d) in una relazione F(v, h), ossia tra velocità v all'interno della Terra e profondità h. È
chiaro che esiste una relazione tra velocità delle onde nelle rocce e tempo di viaggio: minore è il
tempo di viaggio di un' onda di cui si conosce la distanza percorsa maggiore sarà la sua velocità.
Tuttavia questa rappresentazione delle curve spazio-tempo non è priva di imprecisioni, dovute al
fatto che la Terra non è perfettamente sferica e la densità delle rocce non è costante.
Le curve per la variazione di velocità all'interno della Terra sono mostrate nella figura 42 per
entrambi i tipi di onde di corpo.
Figura 42. Grafico riportante la velocità delle onde di corpo nei vari strati della Terra e la loro variazione.
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Queste curve sono rappresentate con uno spessore, il quale indica l'attuale incertezza nel valore di
tali velocità alle determinate profondità. Da notare che nella parte superiore della Terra, tali curve
sono più o meno lineari, ma a 2885 e successivamente a 5155 chilometri di profondità avvengono
dei bruschi cambiamenti. Gli scienziati dell'epoca diedero un grandissimo contributo nel
determinare la struttura interna della Terra, e senza loro e gli studi sismologici ci sarebbero solo
conoscenze vaghe e approssimative riguardanti il nostro pianeta.
La Terra possiede una crosta sottile che è più esile sotto gli oceani che sotto i continenti. Questi
strati di crosta sono quasi interamente solidi, e per lo più fragili; sono composti generalmente da
rocce granitiche e basaltiche. Sotto la maggior parte dei continenti, la crosta raggiunge uno spessore
di circa 35 chilometri, mentre sotto le profondità degli oceani è spessa solo circa 5 chilometri; vi
sono poi delle zone in cui lo spessore è compreso tra questi due valori. La crosta è separata dal
mantello da un confine con un importante cambiamento di densità, chiamato discontinuità di
Mohorovičić82 dal quale le onde elastiche sono a volte riflesse (Fig.43).
Figura 43. Andrija Mohorovičić (1857-1936), geologo croato che
scoprì e diede il nome alla prima discontinuità all'interno della Terra.
Al di sotto di questa discontinuità, per 40-50 chilometri, le rocce sono molto dense e dure e per tali
motivi le onde sismiche si propagano molto bene in questo strato. Questa zona, insieme alla parte
superiore del mantello e la zona delle rocce dure forma la litosfera (Fig. 44).
82. In onore del sismologo croato Andrija Mohorovičić, che scoprì tale strato nel 1909.
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Aron Erbetta, 4F
Figura 44. Esempio di riflessione e rifrazione di un onda sismica.
Sono stati trovati sedimenti e frammenti di litosfera nell'oceano che dimostrano che sezioni di
litosfera, chiamati placche tettoniche, sono in lento movimento intorno alla terra come un grande
nastro trasportatore (cf. 3.2). Le rocce facenti parte di queste placche si muovono verso il basso
lentamente fino ad arrivare ad una profondità di 700 chilometri, dove vengono inglobate nel
mantello superiore. Fino ad oggi, non sono conosciuti terremoti con origine a tali profondità.
Al di sotto della litosfera, il mantello superiore si estende per una profondità di 700 chilometri.
Nella parte iniziale le rocce sono più morbide di quelle presenti nella litosfera, di conseguenza le
onde sismiche che si propagano a tali profondità sono deboli e più difficili da registrare. In alcune
regioni del globo, le onde sismiche subiscono un leggero calo di velocità quando raggiungono una
profondità di approssimativamente 100-200 Km, a causa delle diverse proprietà delle rocce a quelle
profondità. A circa 400-700 Km, si hanno invece degli aumenti considerevoli di velocità, causati per
lo stesso motivo detto in precedenza.
Oltre la profondità di 700 Km, vi è un ulteriore aumento di velocità, questa volta graduale dato che
il mantello interno è molto più uniforme e omogeneo del mantello esterno.
Quando si giunge ad una profondità di 2885 Km (discontinuità di Gutenberg), le onde P subiscono
una diminuzione di velocità tale da renderla quasi la metà di quello che era prima di giungere al
punto di cambio di proprietà, mentre per le onde S la velocità diventa nulla (Fig. 45).
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Figura 45. Beno Gutenberg (1889-1960), fisico e sismologo tedesco che
diede il nome alla seconda discontinuità all'interno della Terra.
Da questi risultati si è stati indotti a presumere che a questa profondità il mantello solido e roccioso
lascia il posto ad una sfera di materiale liquido incandescente la cui superficie inferiore si trova ad
una profondità di 5155 Km. Questo nucleo gioca un ruolo di “ostacolo”, lasciando gli strumenti di
rilevazione dalla parte opposta dell'origine del sisma rispetto al nucleo in una zona d'ombra, che
impedisce a tali strumenti di rilevare le onde P dirette e che oscura una porzione di Terra che
sottende un angolo di circa 105°.
Quando raggiungono la profondità corrispondente a 1220 Km di distanza dal centro della Terra
(discontinuità di Lehmann), le onde P riacquistano rapidamente velocità (Fig. 46).
Figura 46. Riassunto della struttura interna con le divisioni tra i vari settori e i relativi nomi.
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Questa rilevazione fornisce l'informazione che in questo punto vi è un'ulteriore divisione tra il
nucleo (nucleo esterno e nucleo interno), il quale ha dimensioni minori di quelle della Luna e le
prove sismologiche affermano che questo nucleo interno è solido, e vedremo come si è fatto a
determinare questa proprietà nel prossimo capitolo.
4.4.1 Scoperta e caratteristiche del nucleo interno83
Come detto nel capito precedente, si è scoperto che il nucleo interno, rispetto al nucleo esterno, è
solido, e più precisamente esso è composto prevalentemente da nichel e ferro 84. Questo venne
individuato solamente dopo diversi anni che la geofisica danese Inge Lehmann (che diede il nome
all'ultima discontinuità) espresse l'idea che il nucleo avesse esso stesso un nucleo (idea espressa nel
1936), e tale affermazione venne provata dalla LASA85 in Montana, USA (Fig. 47).
Figura 47. Inge Lehmann (1888-1993), scopritrice del nucleo interno della terra.
Questa struttura rilevò i dati necessari per determinare l'esistenza di tale nucleo interno nel 1970, a
seguito sia di un'esplosione nucleare avvenuta in Nevada, sia di un terremoto naturale. Entrambi gli
eventi generarono delle onde che si propagarono nella Terra, e la stazione rilevò l'eco 86 di queste
onde che vennero riflesse dalla superficie del nucleo interno. Questi nuovi dati fornirono subito le
83. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 237240
http://earthquake.usgs.gov/
84. Il composto viene indicato con il termine nife, l'accostamento dei simboli chimici dei due elementi.
85. LASA è l'acronimo utilizzato per indicare la Large Aperture Seismic Array, la quale si occupa di rilevare sismi e distinguere quali
sono causati da eventi naturali e quali da eventi nucleari.
86. Con eco si intende la riflessione delle onde che avviene quando queste incontrano un ostacolo e la loro ricezione da parte di un
rilevatore con un certo ritardo rispetto all'onda originale, e questo ritardo deve essere minore di 1/10 di secondo; superato questo
valore, si parla di riverbero.
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basi per due nuove conclusioni: la prima fu che la superficie del nucleo interno è definita in modo
preciso, in quanto le onde vengono riflesse equamente su tutta la sua superficie; la seconda è che il
nucleo ha un raggio di 1216 Km, un valore che, come abbiamo visto nel capitolo precedente, è
molto vicino a quello fornito anni prima quando venne trovata la divisione tra nucleo esterno e
nucleo interno, senza però esplicitamente confermare questa distinzione tra i due. Tuttavia, da
queste due conclusioni si sono potute trarre ulteriori informazioni. Comparando la potenza delle
onde P riflesse (PcP)87 dal nucleo esterno e quelle riflesse dal nucleo interno (PKiKP) 88, è possibile
calcolare la densità delle rocce sulla superficie del nucleo interno, ma ovviamente vi è un margine
di errore per i valori trovati. Infatti i calcoli effettuati per cercare tali risultati sono stati eseguiti
tenendo conto che le velocità delle onde P e delle onde S sono determinate in modo esatto per tutta
la Terra, senza tener conto invece della loro variazione quando attraversano i vari strati della Terra,
e tenendo pure conto che le densità dei materiali da entrambi i lati del confine tra il mantello e il
nucleo sono conosciuti. I calcoli eseguiti hanno rivelato che la densità che esiste al centro della
Terra non è molto superiore ai 14000 Kg/m3; tale valore trova riscontro con la densità del ferro che,
quando è sottoposto a pressioni come quelle esistenti al centro del globo, raggiunge una densità
simile.
Il fatto che il nucleo sia solido, si è potuto affermare tramite il tipo di onde che si sono registrate; il
nucleo esterno, come già asserito, è liquido e, ricollegandoci al capitolo 2.1, sappiamo che le onde
trasversali, ovvero le onde S, non si propagano nei liquidi, ma solo nei solidi. Quando le onde
sismiche raggiungono il nucleo esterno, improvvisamente non avviene più la registrazione delle
onde S, ma solo di onde P, le quali si diffondono sia nei solidi che nei liquidi. Raggiunta la
superficie del nucleo interno, le onde S cominciano ancora a diffondersi e la loro registrazione
diventa ancora possibile. Da queste informazioni si è potuto affermare che il nucleo interno è
effettivamente solido.
La struttura della Terra gioca un ruolo fondamentale per il rilevamento di esplosioni nucleari: se la
Terra fosse una semplice sfera omogenea, non importerebbe a quale distanza dal sito della
detonazione sotterranea dell'ordigno vengano posti gli strumenti di rilevazione, perché le onde di
volume raggiungerebbero ogni punto del globo in modo uniforme (escludendo la diminuzione di
ampiezza dovuta alla diffusione geometrica).
87. Terminologia tratta dal libro:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag 239
88. Terminologia tratta dal libro:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag 239
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4.5 Come distinguere i terremoti naturali da quelli nucleari?89
Fino a questo punto del lavoro abbiamo visto quali sono le relazioni che sussistono tra un'esplosione
nucleare e sismi, suolo e risultati di tale detonazione. Ma come si è risolto uno dei problemi sempre
presenti quando si parla di terremoti naturali e terremoti nucleari, ovvero come si è proceduti per
distinguere gli uni dagli altri? In questo capitolo proveremo a dare una spiegazione dei procedimenti
utilizzati per capire, da una registrazione sismografica, quali siano i terremoti naturali e quali i
terremoti causati da un'esplosione nucleare.
Come è già stato detto nel capitolo 4.2, per la differenziazione dei due eventi si ricorre alla
localizzazione della profondità dell'ipocentro a cui è avvenuto il sisma, e non ci ripeteremo in
quanto la spiegazione del metodo utilizzato per tale distinzione è stato ampiamente descritto sempre
nel capitolo 4.2.
Un altro sistema sfruttato a tale scopo è verificare la nitidezza delle onde P che vengono registrate
dai sismografi. Infatti è stato verificato che le onde P generate da un sisma naturale sono più
“complesse” delle onde P di un terremoto nucleare. Tale complessità deriva dal fatto che un sisma
avvenuto per cause naturali non libera l'energia emessa in un solo istante, ma in modo continuo per
una certa quantità di tempo (comunque relativamente piccola) in modo tale da fare registrare
vibrazioni anche dopo l'inizio delle scosse, fornendo così un sismogramma irregolare. Invece, la
registrazione delle onde P emesse da un sisma generato da un ordigno nucleare, è molto più nitida
in quanto l'energia fornita viene rilasciata in unico istante e questo genera un'onda molto più pulita e
semplice, in quanto avendo una sola “ricarica” energetica viene generato un solo impulso d'onda e
non una serie di impulsi dati dalla vibrazione del suolo ogni qualvolta questo riceve un'altra
“scarica” di energia. Questi risultati vengono resi più chiari se si visualizzano i sismogrammi qui
riportati (Fig. 48).
89. Il seguente capitolo è il risultato della lettura, della traduzione e dell'elaborazione personali delle informazioni contenute nelle
seguenti fonti:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag. 151155, 158-168
http://earthquake.usgs.gov/
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Figura 48. Sismogrammi di un terremoto naturale (sopra) e di un terremoto atomico (sotto)
Le prime tre registrazioni corrispondono ad un sisma naturale avvenuto in Libia il 21 febbraio 1963,
rilevato da alcune stazioni (EKA, YKC e PMW) facenti parte dell'UKAEA 90. I restanti tre invece,
sono i sismogrammi che hanno rilevato le onde P di un esplosione atomica. Risulta subito evidente
la grande complessità delle onde P “naturali” rispetto a quelle “nucleari”.
Anche le onde R vengono analizzate per affermare se il sisma che le ha generate si tratti di un
terremoto atomico o meno. Le onde di Rayleigh, come abbiamo visto nel capitolo 3.5.1, hanno una
magnitudo MS fornita dall'ampiezza che l'onda possiede; quando questa magnitudo risulta minore di
quella della magnitudo mb, si può asserire con buona sicurezza che tale evento corrisponde ad
un'esplosione atomica. In altre parole, una detonazione nucleare genera onde P che hanno
un'ampiezza tale da fornire come risultato per la magnitudo un valore superiore di una certa quantità
rispetto alla magnitudo data dall'ampiezza delle onde R. Ad esempio, un terremoto verificatosi in
Nord America con una mb = 4.5 ha all'incirca una MS = 4.5 (non è esattamente la stessa, ma sono
valori abbastanza vicini), mentre una detonazione atomica ha lo stesso valore mb = 4.5, ma un
valore MS = 3.75. Riassumendo, le onde R atomiche hanno un'ampiezza d'onda minore se
paragonate con le onde R di un evento naturale. Da questa conclusione possiamo dedurre che un
90. L'UKAEA (United Kingdom Atomic Energy Authority ) è l'autorità inglese che si occupa del monitoraggio e la ricerca
dell'energia nucleare.
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sisma atomico genera delle onde di corpo pressoché identiche a quelle naturali, mentre le onde di
superficie posseggono un'ampiezza minore. Questa caratteristica degli eventi atomici è
fondamentale, perché un qualsiasi evento naturale, sia esso debole o devastante, genererà sempre
delle onde di Rayleigh aventi una propria ampiezza, talvolta un'ampiezza veramente bassa, ma pur
sempre dotate di un'ampiezza, mentre come abbiamo appena visto, un terremoto atomico con la
stessa magnitudo mb di un sisma naturale possiede una magnitudo MS minore; se prendessimo in
analisi un evento atomico generato da un ordigno di potenza contenuta, questo potrebbe anche non
essere in grado di generare onde R, fornendo così un sismogramma che mostra solo la rilevazione
delle onde P.
Tali risultati vengono riassunti nei seguenti diagrammi dove sono evidenziati i valori della
magnitudo delle onde di volume (asse delle ordinate) e quelli delle onde di superficie (asse delle
ascisse).
Il secondo utilizza diversi valori per la propagazione. Si noti come la magnitudo mb delle esplosioni
sia nettamente superiore rispetto alla MS e questa caratteristica si denota in tutti i test nucleari presi
in esame. L, M, G ed R sono delle esplosioni conosciute.
Questi diagrammi sono stati per alcuni anni uno dei pochi metodi validi per distinguere i terremoti
nucleari da quelli naturali, e nei primi anni seguenti alla sua scoperta questo sistema di
differenziazione veniva utilizzato per individuare i test nucleari che avvenivano nel sottosuolo e che
non erano stati annunciati. Tuttavia tale metodo non è perfetto. Infatti, per poterlo applicare, è
necessario che le onde sismiche dei terremoti, sia naturali che nucleari, non siano mascherate da
segnali provenienti da eventi esterni da quelli considerati 91. Difatti, se fosse in corso una rilevazione
91. Affermazione tratta dal libro:
Bruce A. Bolt: Nuclear Explosions and Earthquakes – The Parted Veil, 1976, San Francisco, W.H. Freeman and Company, pag 152
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di un evento sismico, sia esso naturale o meno, e se la stazione di rilevazione fosse in prossimità di
un cantiere, le vibrazioni prodotte in quest'ultimo (passaggio di camion pesanti, esplosioni per
spostare una grande massa in un istante o creare un varco, ecc.) verrebbero rilevate dalla stazione e
non permetterebbero la giusta registrazione di dati provenienti dall'evento, rendendo così inefficace
questo metodo. Verrà ora messa una tabella con il riassunto dei dati rilevati (Tabella 4).
Metodi di distinzione per i terremoti.
1. Identificazioni sicure di terremoti naturali.
- Ipocentro posizionato ad una profondità maggiore di 20 Km sfruttando onde P e pP.
- Registrazione della magnitudo delle onde di superficie (MS) e della magnitudo delle onde di corpo (mb), anche se
sussistono delle eccezioni.
2. Identificazioni sicure di terremoti nucleari.
- Registrazione della magnitudo delle onde di superficie (MS) e della magnitudo delle onde di corpo (mb).
- Sismogrammi delle onde P e R più puliti.
3. Identificazione sospette di terremoti nucleari (ad esempio “non naturali” ma senza sicurezza).
- I primi rilevamenti di onde P mostrano delle compressioni.
- Viene rilevata solo la magnitudo di corpo mb, perché: le onde di superficie sono troppo deboli per essere rilevate.
- Registrazione di onde P non complessa come quella delle onde naturali.
Tabella 4.
Con questo capitolo si conclude il lavoro che mi sono preposto di fare, seguirà ora la conclusione
con ciò che è stato fatto in questo scritto, come sono state affrontate le tematiche e i metodi
utilizzati per giungere ai risultati.
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5. Conclusione
Nella prima parte di questo lavoro ho optato per un'introduzione al tema principale concernente un
discorso prettamente matematico, in cui si sono potute apprendere le conoscenze base indispensabili
per poter affrontare questo scritto in modo sicuro e chiaro, fornendo la terminologia appropriata,
cercando di dissipare eventuali dubbi che sarebbero potuti sorgere dalle spiegazioni fornite, per poi
passare ad una seconda parte interessante solo le basi della sismologia, cercando di dare le
informazioni basilari di terminologia (magnitudo, faglie, ecc.) e fornire un'idea di cosa siano i
terremoti e come essi si verificano, il modo con cui vengono rilevati e l'evoluzione della sismologia.
La parte principale del tema invece si è occupata di scoprire quali sono le relazioni che sussistono
tra un'esplosione nucleare e il suolo, dato che molti test atomici erano eseguiti nel sottosuolo e
dunque agivano direttamente su di esso, provocando una serie di conseguenze inizialmente
imprevedibili che tuttavia, con l'avanzare della tecnologia, sono state sfruttate per progredire con le
conoscenze in ambito sismico. Ho deciso anche di trattare, in modo breve, le implicazioni politiche
che questo tema ha scatenato nei tempi del suo massimo sfruttamento. A tal proposito si è visto che
le nazioni che eseguivano test nucleari di ogni tipo si sono rese conto del danno che stavano
causando all'ambiente e alle persone e come hanno dunque pensato di stilare un trattato che
permettesse solo i test nucleari sotterranei, i quali vennero successivamente proibiti da un ulteriore
trattato, mai entrato in vigore. A mio parere lo sfruttamento della tecnologia nucleare fu di grande
importanza per lo sviluppo della sismologia in quanto, come abbiamo potuto constatare, essa venne
utilizzata in svariati modi: sviluppare i metodi di rilevazione grazie alla preconoscenza dei risultati
in quanto era tutto pianificato (la profondità dell'ordigno, la potenza, il punto d'origine, ecc.);
determinazione della stratificazione interna del nostro pianeta, sfruttando le onde provocate dal
sisma nucleare e la loro rifrazione, riflessione e capacità di passare attraverso solidi e liquidi alcune,
solo solidi altre; infine come si è proceduti per la distinzione tra terremoti naturali e terremoti
nucleari, sfruttando le onde, la loro riflessione e la magnitudo, così da poter identificare dei test
nucleari che non erano stati annunciati dalla nazione.
Devo però dire che inizialmente il tema da me scelto non corrispondeva completamente a quello
esposto in questo lavoro, ma bensì era più incentrato sulle possibilità che una detonazione nucleare
potesse causare terremoti non solamente al momento dell'esplosione ma anche ad una certa distanza
temporale. Purtroppo non mi è stato possibile sviluppare tale argomento in quanto mi sono trovato
in difficoltà nel reperire sufficienti informazioni e soprattutto non ho trovato fonti attendibili, ma
solamente fatte da gente comune su illazioni personali e generate da una certa isteria di massa e
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convinzioni che tutto ciò che abbia a che fare con il nucleare sia parte di un complotto mondiale.
Per tale motivo non me la sono sentita di sviluppare questo tema, se pure mi coinvolgeva
particolarmente in quanto lo trovo interessante e l'idea di svilupparlo mi era sorta immediatamente.
Resto comunque soddisfatto del tema da me scelto successivamente, il quale comunque ha delle
affinità con quello scelto in origine, in quanto ho appreso nuove nozioni e visto come la sismologia
sia progredita negli ultimi 40 anni.
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6. Bibliografia
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