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salva la fiaba
Apina
e la Valle
delle Mille Mele
LA VALLE DELLE MILLE MELE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
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Apina e la Valle delle Mille Mele
– Aiutooo! C’è un mostro con le ali che
mi insegue! – strillò la povera topolina
Rattina Glassé, entrando di corsa in
casa di Mamma Pasticcia e chiudendo
la porta dietro di sé con gran fracasso.
– Ehilallà, ma cosa succede? – esclamò Pasticcia, che stava terminando di
spalmare marmellata di albicocche sui
panini della merenda. – Un mostro?
E quale mostro? Dietro di te non c’è
alcun mostro, vero amici? – disse la
spauracchia rivolta agli spaventapulcini Occhialetta, Lampurio e Frigerio
e alle giovani pantegane Liquirizio e
Pancrazio.
– E lo credo – ansimò la povera Rattina, – quell’orrenda creatura è rimasta
chiusa fuori!
– Ma com’era
questo mostro? – chiese Pasticcia,
mettendo in tavola un vassoio colmo di
ottimi panini.
Rattina Glassé cercò di calmarsi, respirò a fondo e poi cominciò a raccontare:
– Era grosso, peloso e con le ali... Aveva un manto nero a strisce gialle e un
pungiglione in fondo alla schiena che
tremo ancora adesso al solo pensarci...
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– E che verso faceva? – domandò Occhialetta addentando il primo panino e
sporcandosi la punta del naso di marmellata.
– Ecco... faceva Bzzzz! Bzzzz! Bzzzz!
– Ma allora quel mostro era solo
un’ape! – esclamò Frigerio scoppiando a ridere. – Una semplice, piccola e
innocua ape in cerca di qualche buon
fiore!
Rattina increspò le labbra, mise i pugnetti sui fianchi e saettò lo sguardo in
giro: – Be’, amici miei, dovevate esserci,
là fuori, inseguiti da quell’ape-mostro
che voleva e cercava proprio la sottoscritta!
– Calma, calmatevi tutti – intervenne
Pasticcia a riportar un po’ di calma in
casa. – Per prima cosa non bisogna
mai prendere in giro nessuno, men che
meno gli amici – disse la spauracchia
rivolta a Frigerio, – e poi, casa Rattina,
un’ape non ha mai fatto male a nessuno, se la si lascia in pace e non la si
stuzzica. Anzi, forse prima ti sei imbattuta addirittura nella “regina della
Valle delle Mille Mele”...
– La regina di che?
– L’ape regina che regna sulla nostra
valle... Volete che vi racconti la sua
storia? Allora state a sentire...
Era una stupenda giornata di sole:
la primavera già da molte settimane
aveva ridipinto i prati di verde, sbizzarrendosi poi a lasciar cadere qui e là
macchie vivaci di fiori multicolori, rossi,
gialli, viola, azzurri, lillà.
Gli animaletti che durante i lunghi mesi
invernali avevano poltrito nelle calde
casette sottoterra, adesso correvano
dappertutto, affamati e allegri come
non mai. Nel cielo le rondini, i passeri,
le piccole quaglie avevano ripreso a
volare felici, mentre nel bosco i primi
funghetti incominciavano a farsi strada
nel tappeto di aghi di pino.
– OHILALÀ… I-UUU! OHILALÀ, IÈÈÈ!
Una minuscola ape, col suo bel vestitino giallo e nero, stava ronzando a pochi metri da un prato inondato di sole.
– OHILALÀ… I-UUU! OHILALÀ, IÈÈÈ! Com’è bella la primavera – cantava l’ape a squarciagola, – quando il
sole fino a sera ti riscalda il corpicino,
mi sembra… Oooops! Mi scusi, signor
Calabrone, non l’avevo vista!
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– Non mi avevi visto, eh? – sbottò
arrabbiato Poldo, il grosso calabrone contro il quale Apina era andata a
sbattere. – Eppure non è che sia magro
e invisibile come… come… come un
moscerino!
– Signor Calabrone – fece Apina tutta
avvilita, – mi dispiace, ma sono così
contenta, così felice, che attorno a
me non vedo altro che boschi, prati e
fiori… tanti, tantissimi fiori, e poi colori,
profumi uno più appetitoso dell’altro…
Vede, oggi è il primo giorno che esco di
casa…
– Di casa? – chiese insospettito il calabrone.
– Di casa, sì… cioè, dall’alveare, è logico. Per la prima volta in vita mia l’aperegina mi ha dato il permesso di uscire
per andare a lavorare…
– Già – la interruppe sghignazzando
quel maleducato di Poldo. – Bel lavoro, il vostro: mangiare, mangiare e poi
ancora mangiare da fiore a fiore!
– L’ape-regina mi ha raccomandato di
tornare, questa sera, col pancino bello
pieno di tante cose buone. “Tu entra in
ogni fiore che incontri – mi ha detto, –
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e mangia tutte le cose dolci che vi trovi.
Non preoccuparti se ti sporchi il vestito di polline: anche quello di portare
il polline da fiore a fiore è un compito
che ci spetta”…
– Facendo però attenzione ai calabroni
che ti svolazzano davanti agli occhi…
ti ha detto anche questo, la tua aperegina?
Era proprio un antipatico, quel calabrone spocchioso e saccente. Ma
Api¬na era troppo giovane e buona per
sentirsi offesa.
– Ascolta – fece l’insettina rivolta al
grosso Poldo, – tu che sei uno di mondo e che conosci bene come vanno le
cose, sapresti dirmi dove posso trovare un campo o un prato di fiori buoni,
ma così buoni, che la mia ape-regina
rimarrà a bocca aperta, stasera, quando rientrerò nel mio alveare?
In fin dei conti anche Poldo aveva un
cuore e poi quell’apetta così gentile e
ingenua avrebbe costretto al sorriso
anche l’insettaccio più cattivo.
– Ecco, a dire il vero io conosco un
posticino pieno di fiori… ma sono fiori
molto particolari.
– Particolari perché?
– Sono bianchi come la neve, profumati come la primavera e dolci come il
miele. Però…
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– Però?
– Però bisogna essere delle api veramente eccezionali, veramente “super”,
per potersi avvicinare a quel posto…
– E io come ti sembro? Ti pare che non
abbia le carte in regola? Dai, mi dici
dov’è questo posticino?
Con un sorriso Poldo aprì le ali e…
– BZZZZZZ… vieni con me!
Fu proprio così che Apina venne condotta dal calabrone nella Valle delle
Mille Mele: era una valle aperta al
sole, protetta dai venti e percorsa da
cento e cento ruscelli d’acqua fresca e
canterina. Ma tutto questo era nulla,
in confronto alle migliaia e migliaia di
alberi di mele che la nostra piccola ape
si trovò dinanzi agli occhi e ai milioni e
milioni di fiori bianchi, profumati e dolci che pareva aspettassero proprio lei.
– Ecco – fece Poldo il calabrone, posandosi su un ramo dell’albero più vici-
no, – adesso tocca a te, apetta. Questo
sarà il tuo regno…
– Il regno di Apina?
– …ma certo, il regno di Apina. Toccherà a te d’ora in poi saltellare di fiore in
fiore a succhiare tutto il nettare che
potrai e sarà merito tuo se, tra qualche
mese ci saranno delle belle mele gialle e rosse, grosse e succose. E allora,
forza Apina! Fai vedere quanto lavora
un’ape veramente “super”!
Non vi dico la gioia della nostra aperonzola, quando quella sera, al suo
rientro all’alveare, venne accolta
dall’ape-regina e dalle altre sorelle api
con una gran festa. Non s’era mai vista
un’ape con il pancino così gonfio: tutto
merito degli stupendi fiori bianchi della
Valle delle Mille Mele, ma anche della
gentilezza di Poldo il calabrone che…
Bzzzzzz… di lontano osservava l’alveare sorridendo contento sotto ai baffi.
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