Annibale partì con 37 elefanti ma al Trasimeno ne aveva solo uno
by user
Comments
Transcript
Annibale partì con 37 elefanti ma al Trasimeno ne aveva solo uno
ANNIBALE PARTÌ CON 37 ELEFANTI MA AL TRASIMENO NE AVEVA SOLO UNO Jumbo sarebbe riuscito nella sua impresa se alcuni operai gli avessero spianato i passaggi più difficili, così come fecero i “genieri” del condottiero cartaginese. L’interesse della nuova spedizione organizzata da Togni Dal quotidiano «Il Resto del Carlino», martedì 25 agosto 1959 Il passaggio delle Alpi da parte degli elefanti di Annibale sembra avere accesa una gara tra i proprietari attuali di questi grandi pachidermi. Si è detto che l’impresa di Jumbo di proprietà di Arduino Terni, direttore dello zoo di Torino, è fallita ed ecco che il Circo Togni dà inizio ad una spedizione di tre elefanti, un cammello, un dromedario e due lama per compiere, in senso inverso a quello seguito dagli elefanti di Annibale, l’attraversata delle Alpi. Notiamo innanzitutto che, data la conformazione delle Alpi occidentali, le difficoltà di Annibale e di Jumbo si presentarono nella discesa, mentre quelle della carovana Togni si presentano nella salita. Per quanto riguarda quest’ultima, cominciamo col chiarire che il cammello, il dromedario e il lama sono da mettere fuori concorso, perché i primi due sono animali deserticoli e di pianura e, se fallissero nell’impresa, il fatto non dovrebbe meravigliare, mentre se riuscissero si potrebbe riconoscere nell’esperimento un notevole interesse, perché esso avrebbe dimostrato che animali atti e conformati per camminare sulle sabbie del deserto freddo (cammello) o infuocato (dromedario) avrebbero potuto resistere agli spigoli taglienti e spesso aguzzi dei ciottoli della montagna, oltre alla diversa altitudine. Quanto ai lama, l’esperimento non ha alcun valore biologico, perché è notorio che questi animali, discendenti dei guanachi, hanno come patria d’origine la catena delle Ande, nella quale vivono allo stato selvatico i loro progenitori. Essi si comportano più o meno come camosci. È pure notorio che i lama sono gli animali da soma che le popolazioni incaiche usavano esclusivamente, prima della scoperta dell’America, per trasportare carichi dall’uno all’altro versante della catena andina. Ed è anche assodato che i guanachi (come ho già detto il lama è una forma addomesticata) più che l’altitudine cercano le basse temperature, perché all’estremo Sud della Patagonia essi scendono anche al piano. Veniamo agli elefanti. È già stato rilevato che quelli di Annibale erano africani e non asiatici, come Jumbo e gli elefanti del Circo Togni. La differenza non sta soltanto nell’origine geografica, ma è sistematica e morfologica, tanto che già gli zoologi non considerano oggi le due forme di elefanti come appartenenti a due semplici specie distinte, ma li attribuiscono a due generi differenti. Essi hanno riservato il nome generico di Elephas all’asiatico ed hanno attribuito quello di Loodonta all’africano. La proboscide dell’elefante asiatico termina con la sola appendice digitiforme anteriore, mentre la proboscide dell’africano ne ha due opposte. I sei molari dell’elefante africano sono costituiti rispettivamente da 3, 6, 6, 7, 7, 8 lamine dentarie, mentre quelli dell’elefante indiano ne contano 4, 8, 12, 12, 16, 24. Il piede anteriore dell’africano ha 4 dita e il posteriore 3, mentre l’anteriore dell’indiano ne ha 5 e il posteriore 4. Non si tratta dunque di piccole differenze, ma di caratteri anatomicamente notevoli. Asiatici erano gli elefanti di Pirro; africani quelli di Annibale. Quando Pirro portò in Italia la guerra contro Roma, Alessandro Magno aveva già conquistato l’Asia fino all’Indo e l’uso di 1 adoperare in battaglia gli elefanti, appreso dagli indiani, era invalso presso i popoli del Medio Oriente, i quali se ne servivano in guerra per collocare sul loro dorso, entro piccoli castelletti, parecchi arcieri. Gli elefanti dei cartaginesi erano, come è già stato rilevato, elefanti catturati nelle montagne dell’Atlante, tanto è vero che fra le condizioni di pace imposte da Roma a Cartagine dopo la vittoria di Scipione a Zama fu inclusa la cessione degli elefanti con divieto di addestrarne altri per l’avvenire. Ora è assurdo pensare che tali condizioni potessero riferirsi ad animali indiani, che avrebbero dovuto attraversare la Persia, la Mesopotamia, la Siria, l’Egitto e il deserto Libico e che, se questo tragitto fosse stato conveniente, tali elefanti sarebbero giunti a Cartagine già ammaestrati. Gli elefanti dell’Atlante, da tempo distrutti, erano abituati a trasmutare, al giungere dell’inverno dal versante settentrionale a quello meridionale della catena seguendo l’andamento della vegetazione, così come fanno anche oggi i beduini coi loro greggi nel Gebel Cirenaico. Comunque, sebbene l’elefante africano sia tipico animale della savana, numerose mandrie vivono anche nelle più folte foreste di montagna tra i 2.000 e i 2.500 metri e nelle zone dei bambù fra 2.400 e 2.700 metri di altitudine; alcuni risalgono anche nella zona alpina oltre 3.600 metri. Gli elefanti asiatici si trovano, allo stato selvatico, specialmente nei boschi sulle pendici dell’Himalaya. Salgono regolarmente fino a 2.000 metri di altitudine e preferiscono la giungla di bambù e le savane coperte di altre erbe. Arduino Terni mi assicura che nell’Assam gli elefanti lasciano frequentemente le loro tracce anche in passaggi difficilissimi. Il direttore delle Foreste del Burma, che mi ha accompagnato nelle montagne ad occidente di Mandalay, mi assicurava che in quel paese gli elefanti salgono fin a 3.000 metri, in Tailandia (Siam), dove tutti gli elefanti appartengono al Re, è necessario percorrere più di un migliaio di chilometri per vederne al lavoro nei boschi di altitudine superiore ai mille metri. L’attraversata delle Alpi da parte degli elefanti non ha dunque nulla di straordinario. Jumbo è ritornato in ottime condizioni di salute, senza avere risentito il minimo disturbo: ha sempre conservato ottimo appetito ed un umore sempre allegro. Soltanto nella discesa sulla strada asfaltata si è leggermente logorato il callo plantare dei piedi posteriori, ma senza altra conseguenza che quella di un leggero assottigliamento del callo stesso. Comunque Jumbo ha attraversato le Alpi e se esso non è passato per il punto designato dagli organizzatori della spedizione ciò si deve, secondo il Terni, al fatto che essi non hanno preventivamente studiato il percorso più idoneo per il passaggio del colle di Clapier. Egli pensa che se fossero stati inviati preventivamente esploratori muniti di pale e di picconi per spianare ed eventualmente allargare il sentiero, l’animale sarebbe passato agevolmente. È certo che Annibale, come qualsiasi altro condottiero, si era fatto precedere su tutte le possibili direttrici di marcia da reparti esplorativi, destinati a sistemare i sentieri. Risulta a questo proposito che il cartaginese superò le Alpi con difficoltà enormi, perdendo circa 30.000 uomini e 3.000 cavalli del proprio esercito. Non risulta quanti elefanti mancassero sui trentasette che egli possedeva in partenza, ma già prima della battaglia del Trasimeno egli era rimasto con un solo elefante. Così affermano gli storici. ALESSANDRO GHIGI 2