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testimonianza scritta AP - Dalmartello e Associati
11 La testimonianza scritta. Accelerazione o nuova frenata del giudizio? avv. Antonella Pacini (Avvocato in Milano – Studio Legale Dalmartello) Sommario: 1.- Introduzione. 2.- Il testo dell’art. 257 bis del codice di procedura civile: il Giudice e le parti. 3.- Il testo dell’art. 257 bis del codice di procedura civile (segue): Gli adempimenti del testimone. 4.- I (numerosi) profili di criticità della testimonianza scritta 5.- I (pochi) vantaggi della testimonianza scritta. 6.- Conclusioni 1.- INTRODUZIONE - Nell’intento di ottenere una significativa accelerazione del processo civile, cui le modifiche apportate dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 (pubblicata sulla G.U. n. 140 del 19 giugno 2009 ed entrata in vigore a far data dal 4 luglio 2009) sembrano complessivamente volte, il legislatore ha introdotto ex novo – nella fase istruttoria del procedimento (al Libro II, Titolo I, Capo II, Sezione III del Codice di Procedura Civile) – l’articolo 257 bis, che – con l’articolo 103 bis disp. att. – disciplina lo strumento della c.d. “testimonianza scritta”. La testimonianza o prova testimoniale, nel diritto processuale, è costituita dalla “narrazione dei fatti della causa al giudice compiuta nel processo e con determinate forme, da soggetti che non sono parti nel processo stesso (ed anzi sono estranei agli interessi in contesa) e che sono attendibili proprio in quanto e nella misura in cui provengono da terzi imparziali”1. Essa si concreta nella narrazione di un fatto ad opera di un soggetto terzo, estraneo alla lite inter partes, fatto che è, necessariamente, prima percepito e poi rielaborato; in sostanza il teste riferisce in un giudizio non solo il fatto visto o ascoltato ma lo riunifica concettualmente elaborando dati diversi sia soggettivi che oggettivi. I suoi elementi tipici sono pertanto l’estraneità alla lite del dichiarante; la narrazione di un “fatto” in maniera puramente descrittiva; la finalità “informativa” delle dichiarazioni rese e, come 1 Così, C. MANDRIOLI, Diritto Processuale Civile, Il Processo di cognizione, volume II, Torino, 2007, pag. 266 e ss. già detto , la forma orale dell’assunzione. La dichiarazione del terzo all’interno del giudizio fa sì che la percezione diretta del teste entri nel processo consentendo la percezione indiretta del giudice2: dunque la prova orale per eccellenza. La “riforma” introduce dunque, proprio in tema di testimonianza, una novità assoluta: la testimonianza scritta. Ci occuperemo quindi, seppur brevemente, in primis del procedimento dettato dal legislatore per l’ammissione e per l’assunzione della testimonianza scritta, successivamente, della (scarsa, a mio avviso) rilevanza “pratica” che questo nuovo tipo di strumento probatorio potrebbe rivestire nel giudizio civile e in particolare nelle controversie nella quali sia coinvolta una banca. In realtà, benché - come si è detto - la sua introduzione rivesta il carattere di assoluta novità nell’ambito del giudizio civile, lo strumento della deposizione scritta non è del tutto estraneo al nostro sistema processuale, né ai sistemi processuali stranieri. Lo strumento di cui stiamo trattando, invero, esiste già nel codice di procedura penale laddove, all’art. 3983 comma 5°bis, viene prevista la possibilità per il Giudice, in alcuni casi e con riferimento a reati particolarmente odiosi, di assumere la testimonianza per iscritto del minore di anni sedici, quando ciò sia reso necessario ed opportuno per garantire la tutela del soggetto nonché per assicurare la genuinità della sua deposizione. Tornando in ambito civile, lo strumento probatorio di cui stiamo trattando è già previsto nell’ ambito del procedimento arbitrale, laddove all’art. 816 ter c.p.c., il legislatore ha stabilito – al comma 2° – che gli arbitri possano“…deliberare di assumere la deposizione 2 cfr. C. ASPRELLA, La testimonianza scritta e il tramonto dell’oralità, in Il giusto processo civile, a cura di G. Balena, A. Chizzini, F. Cipriani, S. Menchini e G. Monteleone, Bari, pag. 849 e ss. 3 L’art. 398, comma 5 bis c.p.p. prevede che “Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste dagli articoli 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l’ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di produzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti”. richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stabiliscono”. La testimonianza assunta per iscritto poi è in vigore nel sistema processuale francese (dal quale è stato tratto spunto dal nostro legislatore) fin dal 1973 (Les attestations, disciplinata dagli artt. 200 – 203 del nouveau code de procédure civile4) quale risposta ad una sempre maggiore usanza che si era sviluppata sotto la pressione di esigenze pratiche. Tale strumento è altresì utilizzato, nei paesi anglosassoni, con una disciplina indubbiamente razionale e ragionevole che ammette la testimonianza scritta (affidavit5) solo se resa davanti ad un soggetto a ciò specificamente deputato (solitamente un solicitor munito della patente di commissioner for oaths) e sotto giuramento, in modo da garantire (meglio di quanto faccia il sistema francese e, certamente meglio – lo vedremo – di quanto potrà fare il sistema italiano) la attendibilità della deposizione. Pur non essendo la testimonianza scritta, dunque, una assoluta novità, tuttavia tale è nell’ambito del procedimento civile in Italia: dove trova oggi una sua (apparentemente) compiuta e particolareggiata disciplina - che qui in appresso - proveremo a – rapidamente - analizzare. Sia consentita una preliminare considerazione: proprio in quanto la testimonianza scritta è strumento già in uso (da tempo) in altri paesi europei, il legislatore italiano ben avrebbe potuto trarre utili spunti dalla esperienza (positiva e/o negativa) straniera per 4 Il “nouveau code de procédure civile” francese così prevede: Article 200: “Les attestations sont produites par les parties ou à la demande du juge. Le juge communique aux parties celles qui lui sont directement adressées”. Article 201: “Les attestations doivent être établies par des personnes qui remplissent les conditions requises pour être entendues comme témoins”. Article 202: “L'attestation contient la relation des faits auxquels son auteur a assisté ou qu'il a personnellement constatés. Elle mentionne les nom, prénoms, date et lieu de naissance, demeure et profession de son auteur ainsi que, s'il y a lieu, son lien de parenté ou d'alliance avec les parties, de subordination à leur égard, de collaboration ou de communauté d'intérêts avec elles. Elle indique en outre qu'elle est établie en vue de sa production en justice et que son auteur a connaissance qu'une fausse attestation de sa part l'expose à des sanctions pénales. L'attestation est écrite, datée et signée de la main de son auteur. Celui-ci doit lui annexer, en original ou en photocopie, tout document officiel justifiant de son identité et comportant sa signature”. Article 203: “Le juge peut toujours procéder par voie d'enquête à l'audition de l'auteur d'une attestation”. 5 L’affidavit è – nel diritto anglo-americano – una “dichiarazione scritta, ovvero un’attestazione, resa volontariamente da una parte detta deponant o affiant, normalmente sotto il vincolo del giuramento, davanti ad un soggetto competente a riceverla”. (cfr. DE VITA, Affidavit, in Dig., disc. priv., sez. civ., I, pag. 167 e ss.). approntare una disciplina più efficace e completa. Ciò, come vedremo in seguito, non ha fatto. Autorevole dottrina6 ha già espresso perplessità per il palese contrasto con le esigenze del contraddittorio e i principi del giusto processo; principi di rango costituzionale che impongono che ogni atto del processo diverso dagli atti ontologicamente di parte, si svolga nel contraddittorio tra le parti e sotto il controllo di un giudice terzo e imparziale. 2.- IL TESTO DELL’ART. 257 BIS DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE: IL GIUDICE E LE PARTI - Per meglio comprendere il significato e la portata delle riferite perplessità è opportuno, a questo punto, esaminare la disciplina cui il nuovo mezzo di prova è sottoposto. La prima parte del nuovo articolo 257 bis del codice di procedura civile, quella che si occupa dei compiti del Giudice e delle parti, così recita: “Il giudice, su accordo delle parti, tenuto conto della natura della causa e di ogni altra circostanza, può disporre di assumere la deposizione chiedendo al testimone, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 203, di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato. Il giudice, con il provvedimento di cui al primo comma, dispone che la parte che ha richiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone...”. Innanzitutto va osservato che, mentre nei lavori preparatori alla riforma (ed in particolare nel d.d.l. 1441/2008, successivamente divenuto d.d.l. 1441bis/2008 dopo il primo vaglio della Camera dei Deputati), veniva previsto a carico del Giudice il solo onere – al fine di ammettere la testimonianza scritta - di “sentire le parti” (senza che, tuttavia, il loro parere fosse vincolante per il Giudice), il legislatore nella versione definitiva (art. 28 d.d.l. 1082/2009-B) ha inteso – in qualche modo – esaltare il ruolo delle parti, subordinando la discrezionalità del Giudice all’ “accordo” delle stesse. In tal modo – a mio parere – limitando fortemente la possibilità che, di tal nuovo istituto, possa aversi effettiva applicazione. 6 cfr. C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Il processo di cognizione, volume II, Torino, 2009, pag. 276. Oltre a necessitare dell’accordo delle parti, l’ammissione della prova testimoniale per iscritto richiede altresì che il Giudice, a norma dell’art. 257 bis c.p.c., valuti “la natura della causa e ogni altra circostanza”. Si tratta di concetti – natura della causa e ogni altra circostanza – molto ampi, che richiedono valutazioni di vario genere e provocano inevitabilmente non pochi dubbi e problemi interpretativi e applicativi: certamente – si ritiene – il giudice dovrà valutare la complessità della controversia; il valore della causa; la posizione processuale delle parti in ordine all’oggetto del contendere; la necessità che – per rendere la testimonianza – sia necessario fare riferimento a nomi, luoghi, date o numeri; la distanza del luogo in cui ha la residenza il testimone rispetto all’ufficio giudiziario dinnanzi al quale pende la lite. Una volta che – per ipotesi – vi sia stato l’accordo delle parti a che il testimone venga interrogato “per iscritto” e che il giudice – avuto riguardo alla natura della causa e a ogni altra circostanza – abbia ritenuto ammissibile lo strumento di prova, il difensore della parte (che la testimonianza scritta ha richiesto) dovrà provvedere a compilare il c.d. “modello di testimonianza” in conformità agli articoli ammessi, provvedendo alla notifica dello stesso al testimone. Allo stato si pone un primo (non irrilevante) problema: il legislatore italiano che, come il ..diavolo, fa le pentole ma non i coperchi, ha introdotto un nuovo mezzo di prova (che, al pari delle altre modifiche introdotte con la legge 19 giugno 2009 n. 69, è entrato in vigore a far data dal 4 luglio 2009) senza, tuttavia, predisporre gli strumenti necessari affinché esso possa essere effettivamente utilizzato. Ed infatti, il “… modello approvato con decreto del ministro della Giustizia che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello”, cui fa riferimento l’articolo 103 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, non è – ancor oggi – stato predisposto dal Ministero di Giustizia: con il che la possibilità – astrattamente concessa rispettivamente alle parti e al giudice – di chiedere l’ammissione della prova e di escutere il testimone attraverso la deposizione rilasciata per iscritto non è, ad oggi, percorribile. Evidentemente il nostro legislatore confida di avere il tempo, prima che un giudizio sottoposto al nuovo rito giunga al punto di potersi discutere di ammissione di testimonianza scritta, di predisporre il necessario modello. Percorribile, per ora e sin da ora, la sola ipotesi prevista al comma 6 dell’articolo 257 bis c.p.c., laddove – previo accordo delle parti e valutazione del Giudice sulla natura della causa e su ogni altra circostanza – si prevede, con piena libertà di forme, che “…Quando la testimonianza ha ad oggetto documenti di spesa già depositati dalle parti, essa può essere resa mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa, senza il ricorso al modello di cui al secondo comma”7. L’art. 103 bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c. poi, precisa in modo minuzioso, quasi pedante, in che modo il citato modello (non ancora …venuto ad esistenza) debba essere compilato a cura della parte che ha richiesto la testimonianza scritta, prevedendo che esso “…sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere, oltre all’indicazione del procedimento e dell’ordinanza di ammissione da parte del giudice procedente, idonei spazi per l’inserimento delle complete generalità del testimone, dell’indicazione della sua residenza, del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico. Deve altresì contenere l’ammonimento del testimone ai sensi dell’art. 251 del Codice e la formula del giuramento di cui al medesimo articolo, oltre all’avviso in ordine alla facoltà di astenersi ai sensi degli articoli 351 e 352 del Codice di procedura penale, con lo spazio per la sottoscrizione obbligatoria del testimone, nonché le richieste di cui all’articolo 252, primo comma, del Codice, ivi compresa l’indicazione di eventuali rapporti personali con le parti, e la trascrizione dei quesiti ammessi, con l’avvertenza che il testimone deve rendere risposte specifiche e pertinenti a ciascuna domanda e deve altresì precisare se ha avuto conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza in modo diretto o indiretto.” Secondo problema: nessuna previsione per l’ipotesi in cui la parte, che cura la compilazione, tralasci qualche (o anche solo una) 7 Quando oggetto della testimonianza sono “documenti di spesa” (fatture, bolle di consegna, preventivi), già depositati, il legislatore, pragmaticamente, esclude la necessità del ricorso al modello previsto dal secondo comma e consente che la dichiarazione del terzo possa essere resa direttamente al difensore della parte che ha chiesto la prova. Insomma, per semplificare, il preventivo (tempestivamente e ritualmente prodotto in giudizio) non dovrà essere più confermato in udienza dall’autocarrozziere ma basterà la dichiarazione raccolta dal difensore (Cfr. GIUSEPPE PALMIERI – MARCO ANGELONE “La testimonianza scritta nel processo civile” su www.judicium.it) indicazione che il modulo di testimonianza deve contenere (ad esempio, ove manchi l’ammonimento al testimone ai sensi dell’art. 251 c.p.c., ovvero non venga indicata la formula del giuramento di rito, ovvero ancora non ci sia l’avvertimento in ordine alla facoltà di astenersi…). Nessuna sanzione, nessuna decadenza. La dottrina8, ad un primo commento della norma, ritiene che – qualora si verifichi una delle ipotesi di cui sopra e il vizio non venga tempestivamente eccepito (quando?) ad opera della controparte – debbano utilizzarsi i principi generali in tema di nullità degli atti processuali, con la conseguenza che la deposizione scritta è da considerarsi alla stregua di un atto nullo, idoneo a riverberare sulla decisione. La quale, quindi, sarebbe affetta da error in procedendo da far valere con il meccanismo della impugnazione ordinaria ex art. 161, comma 1; c.p.c. Qualora, prosegue la stessa dottrina, si incorra in vizi di minor gravità (si pensi ad es. alla omissione relativa alla indicazione del numero di RG ovvero la mancanza di sottoscrizione su un foglio), il giudice potrà, esaminate le risposte fornite dal teste, chiamare quest’ultimo dinnanzi a lui a norma dell’art. 257 bis ultimo comma c.p.c. L’ultimo comma dell’art. 257 bis c.p.c. appare dunque - già fin d’ora - qualificabile, a prima vista, come una sorta di “disposizione di chiusura” che, con ogni probabilità, verrà in soccorso – come vedremo – nelle più svariate ipotesi in cui il legislatore non si è dato pena di dettare una esaustiva disciplina. 3.- IL TESTO DELL’ART. 257 BIS DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE (segue): GLI ADEMPIMENTI DEL TESTIMONE - Ma il testimone, che dovesse ricevere il modulo (quando esso sarà disponibile) conforme al modello del Ministro di Giustizia contenente i capitoli di prova sui quali è chiamato a deporre, quali adempimenti dovrà porre in essere? La seconda parte dell’art. 257 bis c.p.c. (commi 3, 4, 5) disciplina – in modo apparentemente preciso – tutte le attività poste a carico del soggetto chiamato a rendere la testimonianza. Come si evince dalla lettura della norma, numerosi sono gli adempimenti che il testimone è chiamato a svolgere autonomamente 8 Cfr. GIUSEPPE PALMIERI – MARCO ANGELONE “La testimonianza scritta nel processo civile” su www.judicium.it (giuramento di rito:come?; verbalizzazione delle risposte ai capitoli di prova ammessi…). L’art. 257 bis c.p.c. prevede: “…Il testimone rende la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, e precisa quali sono quelli cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione… Il testimone sottoscrive la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, che spedisce in busta chiusa con plico raccomandato o consegna alla cancelleria del giudice. Quando il testimone si avvale della facoltà d’astensione di cui all’articolo 249, ha l’obbligo di compilare il modello di testimonianza, indicando le complete generalità e i motivi di astensione. Quando il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria di cui all’articolo 255, primo comma…”. Il testimone dunque dovrà fare attenzione a seguire pedissequamente tutte le indicazioni contenute nel modello che gli sarà notificato: ma che cosa potrebbe succedere qualora il teste commetta un errore – o anche solo una svista? La norma nulla prevede. E dunque? Occorrerà far riferimento, ancora una volta, alla previsione (di chiusura) in virtù della quale “il Giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui i davanti al giudice delegato”? Con la conseguenza che si avrebbe un notevole dispendio di energie processuali e di tempo solo per una “svista” (si pensi all’ipotesi in cui il testimone dimentichi una sottoscrizione, ovvero apponga la propria sottoscrizione al termine di ogni risposta lasciando spazi vuoti)? Non è dato sapere, in mancanza di una previsione. Si riuscirà probabilmente a dare una risposta quando di tale strumento si avrà una prima effettiva applicazione pratica. L’unica ipotesi di sanzione a carico del teste è prevista all’art. 257 bis comma 6, c.p.c., laddove viene prevista la condanna dello stesso ad una pena pecuniaria (non inferiore a € 100,00 e non superiore a € 1000,00) qualora non spedisca o non consegni le risposte scritte nel termine stabilito. Il testimone dovrà poi, dopo aver correttamente completato il modulo, preoccuparsi di far autenticare la sua sottoscrizione su ogni facciata del foglio di testimonianza. Come? L’art. 103 bis delle disp. att. c.p.c. viene in aiuto precisando che “le sottoscrizioni devono essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario”. Ciò significa che il teste dovrà andare a cercare un segretario comunale o recarsi presso un Tribunale alla ricerca di un Cancelliere, far autenticare la firma e spedire (a sue spese?) o consegnare il modello – in busta chiusa – alla cancelleria del giudice che ha ammesso la testimonianza. Tutto ciò entro il termine perentorio assegnatogli dal giudice: in mancanza di osservanza, lo abbiamo evidenziato poco sopra, è prevista una pena pecuniaria analoga a quella prevista dall’art. 255 c.p.c. per il caso di mancata comparizione del teste senza giustificato motivo. Da questo primo esame della disciplina risulta, dunque, che certamente troppe responsabilità sono lasciate a carico del testimone che, essendo soggetto estraneo al giudizio, ben potrebbe non “comprendere” o disinteressarsi delle conseguenze di un suo eventuale inadempimento. Certo, attraverso la “previsione di chiusura” contenuta nell’ultimo comma dell’art. 257 bis c.p.c. il Giudice potrà sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre dinnanzi a lui: ma allora l’intento di accelerazione del giudizio perseguito dal legislatore, evidentemente, viene meno. Anzi, si rischia in questo modo di allungare i tempi processuali: poniamo per esempio che il difensore della parte sia stato autorizzato dal Giudice (all’udienza di ammissione dei mezzi istruttori, ex art. 184 c.p.c.), con l’accordo della controparte, a usufruire della testimonianza scritta. Poniamo allora che egli provveda ritualmente a notificare il modello di testimonianza ma che il testimone, nel compilare la parte di sua competenza, commetta un errore. Alla udienza successiva, il Giudice dovrà necessariamente rilevare il vizio della testimonianza resa per iscritto e provvedere a fissare una nuova (ed ulteriore) udienza per sentire il testimone dinnanzi a sé. E tutti noi siamo al corrente del fatto che, solitamente, la distanza tra una udienza e l’altra può essere molto lunga. 4.- I (NUMEROSI) PROFILI DI CRITICITÀ DELLA TESTIMONIANZA SCRITTA. Il motivo per il quale nel titolo della presente comunicazione ci si interroga sulla effettiva utilità del nuovo strumento probatorio attiene alle peculiarità dello strumento della “prova per testimoni” che male si conciliano con l’utilizzo della “penna”. La prova per testimoni è uno strumento di estrema rilevanza in un processo: permette al giudice di “ascoltare” lo svolgimento dei fatti – come proposto “in astratto” dalle parti del giudizio dalla voce di soggetti che – in qualche modo – hanno partecipato (come nel caso, a noi ben noto, dell’audizione dei funzionari della Banca convenuta che hanno curato il rapporto con il cliente attore) al prodursi degli eventi ovvero che ne sono – in qualche modo – (direttamente o indirettamente) a conoscenza. E il “racconto” del testimone – che, sotto giuramento, risponde ai quesiti rivoltigli dal Giudice – risente di molti fattori che la testimonianza per iscritto potrebbe finire per frustrare. Si pensi al fatto che per il testimone, soggetto del tutto estraneo al giudizio, essere obbligato a recarsi in Tribunale per essere interrogato dal Giudice è - già di per sé fonte di stress e preoccupazione. All’udienza fissata per la escussione il Giudice poi, formalmente, lo ammonisce delle conseguenze penali cui egli potrebbe andare incontro nel caso di eventuale falsa o reticente testimonianza. Il teste deve recitare la formula di rito stando in piedi dinnanzi al Giudice e ai difensori delle parti. Dopo di che, il testimone viene interrogato – dal giudice – sui capitoli di prova che sono stati dedotti sia dalla parte nel cui interesse è stato chiamato, sia sulle circostanze dedotte dalla controparte. Egli è obbligato a rispondere in modo rapido alle domande postegli senza troppo tempo per ragionare sulle implicazioni della sua risposta e senza la possibilità di consultarsi con nessuno. In ogni caso il giudice e le parti (previa autorizzazione del Giudice) possono chiedere chiarimenti, possono formulare nuove domande (la cui necessità sia nata dalla risposta del teste) e far rilevare incongruenze e/o contraddizioni nelle quali egli sia caduto nell’esposizione dei fatti. Questo è l’aspetto più importante della vera e propria testimonianza (al di là delle mere formalità): la possibilità per il Giudice di valutare – nel contraddittorio tra parti e attraverso un contatto diretto con il testimone - la “attendibilità” dello stesso nonché la “credibilità” della deposizione resa. Il testimone, che partecipa all’udienza di escussione, percepisce che dall’esito della sua deposizione può dipendere l’andamento e – soprattutto – l’esito del giudizio e, dunque, percepisce l’importanza del suo compito dinnanzi alla autorità del Giudice. Tutte queste “sensazioni” potrebbero venir annullate dall’utilizzo della testimonianza scritta. Immaginiamo infatti che il testimone riceva il modello di testimonianza scritta e debba rispondere ai quesiti ivi contenuti. Abbiamo poco sopra accennato al fatto che le risposte dinnanzi al Giudice devono essere date “seduta stante” e di regola, il testimone non è a conoscenza delle domande che gli verranno rivolte. Con la testimonianza scritta, il testimone – nella tranquillità del suo salotto – avrà il tempo di ragionare quale potrebbe essere – magari pensando all’interesse della parte che lo ha chiamato a testimoniare – la risposta più appropriata, di ricordare con calma gli avvenimenti, di consultare documenti, di consultarsi con altri per ricordare meglio. Per tutti i motivi sopra esposti, si ritiene che la testimonianza scritta sarà un mezzo di prova destinato ad essere utilizzato in via residuale e solo in particolari casi. (POCHI) PUNTI DI FORZA DELLA TESTIMONIANZA SCRITTA - Ma ci sono dei punti di forza in questo nuovo strumento probatorio? In realtà i problemi che sono stati fino a qui segnalati potrebbero anche non verificarsi al momento dell’applicazione pratica della 5.- I norma. In questo caso – la prova testimoniale resa per iscritto – potrebbe essere senza dubbio molto proficua. Certamente eviterebbe lunghe udienze di escussione testi sia al teste e ai difensori delle parti che al Giudice, alleggerendo così i costi ed i tempi del sistema processuale. Dal punto di vista della nostra esperienza poi, e della materia della quale ci occupiamo, la testimonianza scritta potrebbe avere grossi vantaggi. I funzionari dell’Istituto di credito, infatti, vengono spesso chiamati a testimoniare a distanza di anni rispetto al momento in cui le operazioni, (investimenti finanziari, contratti derivati, assegni mal negoziati…) che vengono contestate, sono state eseguite. Sovente, inoltre, i funzionari che hanno gestito una determinata posizione vengono, nel corso degli anni, destinati ad altri uffici ovvero vengono chiamati a ricoprire funzioni differenti all’interno del Gruppo o ancora, lasciano il Gruppo. Spesso poi, essi vengono chiamati a testimoniare su una operatività che svolgono quotidianamente per una molteplicità di clienti della Banca: può accadere dunque che il funzionario, chiamato dopo, per esempio, cinque anni a testimoniare sui colloqui che egli ha avuto con il legale rappresentante di una piccola o media società cliente della Banca che ha posto in essere un esiguo numero di operazioni, non ricordi le circostanze precise ovvero non ricordi esattamente come si svolsero gli eventi. Attraverso lo strumento probatorio della testimonianza scritta, essi avrebbero – del tutto legittimamente – l’opportunità di ragionare sulle circostanze sulle quali essi sono chiamati a testimoniare. Nel modello di testimonianza scritta infatti, come abbiamo sopra evidenziato, debbono essere riportati – ad opera del difensore della parte che la testimonianza scritta ha richiesto – i capitoli di prova cui il testimone deve dare risposta. Al momento della ricezione del modello con le domande, il funzionario potrebbe certamente “fare mente locale” sulla questione e, con calma, cercare di ricordare come si sono svolti gli eventi e eventualmente consultare la documentazione relativa a quella precisa pratica. Inoltre si eviterebbe al teste il disturbo di una trasferta con il dubbio che essa non vada poi a buon fine. Spesso infatti le deposizioni durano più del previsto ed il giudice si trova costretto a rinviare l’audizione dei testimoni non sentiti, ad altra udienza – con conseguente ulteriore dispendio di tempo e di energie. 6.- CONCLUSIONI - Concludendo. Nell’accingerci a scrivere queste brevi note eravamo consapevoli del fatto che molti sarebbero stati i punti interrogativi e poche le risposte. Certamente il legislatore italiano avrebbe potuto intervenire in modo preciso – utilizzando quelle esperienze europee (sia di common law che di civil law) già “testate” nella pratica e che sopra abbiamo citato – e costruire una disciplina, come dicevamo, più efficace. Occorrerà, per poter valutare la bontà della nuova testimonianza scritta, innanzitutto attendere che il “modello approvato con decreto del ministro della Giustizia” venga effettivamente predisposto e, poi, che di questo nuovo strumento si faccia effettivo utilizzo nelle aule dei Tribunali. Solo in questo modo se ne potranno individuare le effettive potenzialità ed i reali limiti. avv. Antonella Pacini