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Radioattività e materiali da costruzione

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Radioattività e materiali da costruzione
Ricerca
Massimo Esposito
Radioattività e materiali
da costruzione
Sebbene in Italia non ci sia nessuna legge che limiti la quantità di radioattività nei materiali da
costruzione, in Europa diversi Paesi si sono da tempo dotati di una legislazione sull’argomento.
E anche la Commissione Europea è più volte intervenuta in merito. Con la strumentazione messa a
disposizione dal Centro Ricerche Enea di Bologna sono state eseguite diverse misure su alcuni
prodotti da costruzione, soprattutto laterizi per murature alleggeriti in pasta, e i risultati sono stati
confrontati con le più recenti indicazioni internazionali
La radioattività nei materiali da costruzione Le radiazioni sono parte integrante dell’ambiente in cui viviamo, e
tutti riceviamo dosi dovute alla radioattività presente normalmente nel suolo, nell’acqua, nell’aria, oltre a quella proveniente dallo spazio.Tuttavia la maggior parte della dose assorbita, almeno in Europa, è dovuta all’inalazione di un gas
radioattivo, il radon, concentrato soprattutto negli ambienti
chiusi, nei quali passiamo la gran parte del nostro tempo.
L’attenzione per la radioattività nei materiali da costruzione
risale alla metà degli anni ’50, testimoniata da alcuni studi
condotti in Svezia sul cemento alleggerito con allume di scisto, un materiale ampiamente impiegato nelle costruzioni
svedesi fra il 1929 e il 1975 e fortemente radioattivo, con
concentrazioni di radio anche di 2600 Bq/kg.Negli anni ’70
l’impiego, sempre più vasto, di residui industriali come materiale da costruzione e la contemporanea esigenza di abbassare il tasso di ventilazione degli edifici per risparmiare
energia (è del 1973 la prima crisi petrolifera) portarono alla
nascita di un certo interesse per la presenza di radioattività
negli edifici. Oggi, dopo molti studi sull’argomento, si sa che
tutti i materiali da costruzione contengono, in modo variabile, tracce di radioattività naturale, dovuta quindi ad elementi radioattivi non prodotti dall’uomo. Inoltre alcuni materiali possono contenere radioisotopi artificiali, principalmente cesio (137Cs) e, meno spesso, uranio (238U), entrambi
sottoprodotti dell’industria nucleare. Infine nel settore dei
materiali da costruzione sono spesso usati dei prodotti secondari o degli scarti di produzione provenienti da altri processi industriali, che a volte possono aumentare notevolmente la concentrazione della radioattività naturalmente
presente nei costituenti originari.
76
Il problema del radon I radionuclidi naturali più importanti
dal punto di vista radioprotezionistico che si trovano nei materiali da costruzione sono il potassio 40 (40K), i 14 isotopi radioattivi della famiglia dell’uranio (238U) e gli 11 di quella del
torio (232Th).Tutti questi radionuclidi sono emettitori di radiazioni alfa, beta e gamma, che sono responsabili dell’esposizione esterna delle persone,causata da sorgenti radioattive poste al di fuori del corpo umano. L’esposizione interna, causata
da sorgenti che si trovano dentro l’organismo, è dovuta all’inalazione del radon,un discendente sia dell’uranio che del torio, presente in natura con diversi isotopi, tra cui i più importanti sono il 222Rn e il 220Rn. Questo elemento è un gas nobile,che può fuoriuscire dai materiali nei quali viene generato
e diffondersi nell’aria degli ambienti confinati. La concentrazione del radon e dei suoi discendenti nell’aria è influenzata
da parecchi fattori, tra cui il tasso di esalazione, dipendente a
sua volta dalla struttura microscopica del materiale,e il tasso di
ricambio dell’aria. Una parte di questo gas viene quindi respirato prima di decadere a sua volta. Il radon può quindi decadere all’interno del corpo umano generando dei discendenti solidi che a loro volta decadono (i più importanti dal
punto di vista della dose radioattiva sono il 218Po, il 214Pb,
il 214Bi e il 214Po), fino ad arrivare all’ultimo discendente
stabile, il piombo. La media delle concentrazioni di radon,
all’interno delle abitazioni, nei Paesi europei varia da circa
20 a 100 Bq/m3, con punte più alte in alcuni nazioni.
Effetti sulla salute Fino alla fine degli anni ’70 le dosi di radioattività ricevute dalla maggioranza della popolazione erano
considerate fenomeni di scarso significato.Questa opinione,allora abbastanza diffusa, è oggi profondamente mutata, grazie
CIL 89
anche alla scoperta che molte abitazioni hanno concentrazioni
interne di radon anche di alcune migliaia di Bq/m3, ma grazie
soprattutto agli stretti legami che sono stati via via riscontrati
fra concentrazione di radon e tumori, soprattutto quello polmonare. Ricerche più approfondite condotte in Paesi europei
hanno poi permesso di dimostrare che, anche alle tipiche concentrazioni di 50 Bq/m3, la dose ricevuta è confrontabile con
quella dovuta a tutte le altre sorgenti naturali. In uno studio
particolarmente esauriente, condotto in Svezia nei primi anni
’90, è stata dimostrata la linearità fra aumento dell’esposizione
e aumento del rischio di cancro, ed è stato anche osservato un
effetto di interazione fra radon e fumo di sigaretta. Si è trovato che i due fattori non sono additivi, ma moltiplicativi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che il rischio
individuale di cancro da radon sia compreso fra 3 e 6 x 10-5 Bq/m3.
Ciò significa che una persona che vive in una casa con una concentrazione di radon pari a 50 Bq/m3 ha un eccesso di rischio
di cancro al polmone durante la sua vita pari a 1,5-3 x 10-3.
Con riferimento ad una comunità di 100.000 persone, fra 150
e 300 di queste in media contraggono un tumore polmonare
dovuto al radon presente nelle loro abitazioni e nel loro luogo
di lavoro.Va poi sottolineato che in Europa la dose dovuta a
sorgenti artificiali è del tutto trascurabile. Si stima che anche
un incidente come quello di Chernobyl sia paragonabile,
come dose complessiva ricevuta dalla popolazione europea, a
quella di un solo anno di esposizione al radon. L’effetto principale del radon, una delle poche sostanze che sono considerate cancerogene sulla base di dati scientifici,è il tumore al polmone; alcune ricerche hanno, inoltre, ipotizzato la responsabilità di altri tumori attribuibili,sebbene le conoscenze in merito non siano ancora definitive. È quindi venuto il momento
di applicare utilmente queste conoscenze per la salvaguardia
della salute pubblica.
Criteri generali Nonostante l’evidente pericolo per la salute
umana, nessun limite chiaro è stato ancora adottato congiuntamente dai Paesi membri dell’Unione Europea, sebbene alcune linee guida siano state fornite dalla Commissione Europea a più riprese. Il motivo principale di un tale ritardo è
molto probabilmente da addurre al profondo contrasto esistentre fra le legittime richieste, da parte di alcuni Stati, di limiti considerati sicuri e le esigenze economiche di altri Stati
che,con questi limiti,vedrebbero bocciati fino al 30% dei materiali da loro prodotti e presenti sul mercato.Tre livelli principali,corrispondenti ai tre diversi modi di pensare oggi in Europa, sono attualmente considerati nelle varie legislazioni,
con tuttavia piccole differenze fra i vari Stati. Uno di questi
limiti riguarda la concentrazione di progetto del radon, che
non dev’essere superiore ai 200 Bq/m3 negli edifici nuovi
(400 Bq/m3 in quelli già esistenti), mentre gli altri due limiti riguardano la dose massima ammissibile dovuta ai materiali da costruzione. In questo modo il limite più conser-
77
vativo e sicuro viene stabilito comunemente in un massimo
di 0,3 mSv/anno, mentre il limite proposto da chi è attento
anche alle esigenze del mercato è di 1 mSv/anno. In Europa
i materiali da costruzione suscettibili di procurare dosi superiori ad 1 mSv/anno sono abbastanza inusuali e non ci dovrebbero essere quindi grosse difficoltà a sostituirli con materiali meno pericolosi. Inoltre se la dose gamma è inferiore a 1
mSv/anno, allora anche le concentrazioni di radioattività nei
materiali sono limitate a livelli tali da non causare concentrazioni di radon negli edifici superiori ai 200 Bq/m3. Questi limiti di progetto sono però di scarsa utilità pratica e, per essere
adottati, devono quindi far ricorso a delle quantità secondarie, direttamente misurabili prima che l’edificio sia costruito.
Si fa perciò ricorso ai cosiddetti Indici di radioattività che, misurando i principali radionuclidi presenti in tutti i materiali da
costruzione,sono correlabili sia agli indici di dose,sia alle concentrazioni massime di radon all’interno degli edifici. La
forma generale in cui tali indici vengono presentati è del tipo:
ARa
ATh
AK
I = —–—
+ –––––
+ –––––
X
Y
Z
dove ARa,ATh,AK sono le concentrazioni,in Bq/kg,del 226Ra,
del 232Th e del 40K, mentre i valori numerici di X,Y e Z dipendono dal criterio di dose applicato e dal modello utilizzato
per la costruzione dell’Indice; il valore limite con il quale I deve
infine essere confrontato dipende, oltre che dal criterio di dose,
anche dal modo in cui il materiale viene impiegato e dalla
quantità utilizzata. Un altro aspetto che ha finora ostacolato l’adozione di un comune criterio di limitazione all’interno dell’Unione Europea riguarda la modalità di applicazione dell’Indice. Se infatti qualcuno propone che soltanto i prodotti finiti
siano soggetti a restrizioni,qualcun altro suggerisce di porre dei
limiti anche per le materie prime utilizzate. La questione è di
non scarso interesse economico visto che molti sottoprodotti
industriali,attualmente riciclati nel settore delle costruzioni,dovrebbero essere definitivamente eliminati,con notevoli aumenti
di costi per i produttori di diversi materiali destinati all’edilizia,
oltre che per le imprese che li producono,costrette a smaltirli in
altro modo. Un diverso criterio per controllare l’esposizione
potrebbe essere quello di consentire al produttore di fornire le
caratteristiche radiologiche dei propri prodotti, senza porre
quindi nessuna limitazione, lasciando al progettista il compito e
la responsabilità di costruire l’edificio in modo che complessivamente non siano superati i limiti stabiliti. Sebbene sia necessario, in questo caso, che il progettista disponga delle caratteristiche radiometriche di tutti i materiali impiegati, è forse questa la strada maestra per venire incontro al maggior numero di
esigenze: da un lato si permetterebbe alle aziende di continuare
a vendere i propri prodotti senza alcuna limitazione specifica,
lasciando completa libertà all’acquirente; dall’altro si potrebbe
imporre un limite di dose complessivo, anche molto basso, per
i nuovi edifici, con notevoli vantaggi per la salute pubblica.
RICERCA
Le regolamentazioni europee La Commissione Europea si
è spesso occupata dei requisiti radioprotezionistici dei materiali da costruzione,in particolare nella Direttiva 89/106/CEE
del 21 dicembre 1988, dove si dice che “i prodotti devono essere adatti per l’edilizia e adeguati ai loro specifici utilizzi” e
che “l’opera deve essere concepita e costruita in modo da non
compromettere l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini ed in particolare in modo da non provocare (…) emissioni di radiazioni pericolose”. Tuttavia nessun parametro è
stato finora fissato. La stessa Commissione, nella Raccomandazione del 21 febbraio 1990 sulla tutela della popolazione
contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi (90/143/Euratom),è tornata sull’argomento e,considerando che “in molti
Stati membri si fa sempre più forte la consapevolezza del pericolo dell’esposizione della popolazione al radon in ambienti
chiusi” e che diversi Paesi hanno già impostato o stanno impostando politiche di controllo sulle dosi, ha “chiesto al
gruppo di esperti, istituito ai sensi dell’articolo 31 del trattato
Euratom, di esaminare il problema e di elaborare proposte per
l’adozione di adeguati provvedimenti”. Sulla base della relazione presentata, è stata formulata la Raccomandazione della
Commissione, nella quale si afferma che “se raffrontata ad altre forme di radiazioni naturali, la caratteristica principale dei
livelli di radon in ambienti chiusi è la loro variabilità; in molti
Paesi alcune abitazioni presentano livelli di radon molto superiori alla media”. È per questo motivo che le misure di radon in aria, spesso effettuate nelle abitazioni, non forniscono
valori riproducibili e, quindi, non sono certificabili in senso
stretto. La Commissione ha sottolineato anche i rischi per la
salute associati alla presenza di radon. “La dose di gas radon
inalato è bassa rispetto a quella dei suoi prodotti di decadimento radioattivi a breve vita, che sono isotopi del polonio,
del piombo e del bismuto. Se respirati essi si depositano sulla
superficie delle vie respiratorie umane e le dosi più nocive derivano dai raggi alfa che colpiscono l’epitelio bronchiale. Un
gruppo di lavoro della Commissione internazionale per la
protezione radiologica (CIPR) si è dedicato allo studio dei rischi di cancro polmonare provocati dall’esposizione in ambienti chiusi ai prodotti di decadimento del radon e ha presentato in materia una relazione nel 1987.” La Commissione
ha in seguito evidenziato che “l’esposizione al radon non è un
fenomeno recente e studi epidemiologici condotti su diversi
gruppi di minatori esposti ad elevate concentrazioni durante
il lavoro hanno evidenziato un notevole numero di decessi
dovuti al cancro polmonare. Per il momento non si hanno
prove sicure sugli effetti che l’esposizione al radon in ambienti
chiusi ha sulle persone, ma sulla base degli indizi raccolti la
Commissione ritiene prudente formulare raccomandazioni
volte a limitare tale esposizione,come del resto è già stato fatto
dalla CIPR.Va osservato che il radon in ambienti chiusi è controllabile sotto il profilo fisico o tecnico. I criteri di sicurezza
radiologica permetterebbero quindi la definizione di orienta-
78
Distribuzione dei risultati ottenuti su campioni di laterizio.
Valori sperimentali dell`Indice di radioattività su alcuni materiali da costruzione.
menti pratici per azioni correttive nelle abitazioni esistenti.
Negli edifici che si costruiranno in futuro sono necessarie misure preventive basate su adeguate norme progettuali e costruttive. Questo approccio preventivo giustifica l’adozione di
un livello di progettazione inferiore al livello di riferimento
per quanto concerne gli interventi correttivi negli edifici esistenti”. Con un’importante affermazione la Commissione ha
dichiarato che “gli obiettivi così indicati sono realizzabili dal
punto di vista pratico”. La Commissione ha raccomandato
quindi che “sia istituito un sistema adeguato per ridurre qualsiasi esposizione a concentrazioni di radon in ambienti chiusi”
e che il livello di progettazione sia pari, ai fini pratici, a una
concentrazione media annua di gas radon di 200 Bq/m3 e,in-
CIL 89
fine, che siano effettuate misurazioni della media annua di gas
radon negli edifici. È tuttavia evidente che tali misurazioni
possono essere effettuate solo dopo la costruzione degli edifici, e costituiscono quindi al più un collaudo dell’edificio
piuttosto che uno strumento da utilizzare in fase di progettazione o di esecuzione dei lavori. Rimaneva dunque irrisolto
il problema delle specifiche da adottare in fase di progettazione
per limitare la concentrazione di gas radon negli edifici.
Pochi anni più tardi il problema della radioattività naturale negli edifici è stato nuovamente affrontato dalla Commissione
Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) con
una raccomandazione sui materiali da costruzione, espressa
nella ICRP 65 del 1993, riguardante la protezione contro il
222Rn nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro:“In alcune circostanze, elevate concentrazioni di radon possono essere causate da terreni, o materiali da costruzione, con elevata concentrazione di 226Ra. Siccome molti materiali possono essere
investigati attraverso le emissioni di raggi gamma, questo permette di identificarli e limitarne l’uso”. Comincia quindi ad
essere considerata la possibilità di controllare non il radon,gassoso e variabile, ma i suoi genitori, tra cui il più importante è
sicuramente il 226Ra, che sono invece solidi e presenti in
quantità costante nel tempo. Per inciso il capostipite della famiglia, il 238U, diminuisce della metà la sua concentrazione
dopo circa 4,5 miliardi di anni. Su scala umana la sua concentrazione nei materiali non varia quindi apprezzabilmente.
Nello stesso anno anche l’Italia ha affrontato il problema, pur
se in modo del tutto generale e senza indicare limiti di concentrazione. Il D.P.R. 246/93 recepisce la Direttiva
89/106/CEE della Comunità Europea concernente i prodotti da costruzione. In particolare è previsto che “l’opera
debba essere concepita e costruita in modo da non costituire
una minaccia per l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini causata,in particolare,dalla formazione di gas nocivi,dalla
presenza nell’aria di particelle o di gas pericolosi, dall’emissione di radiazioni pericolose”.Tuttavia nessun limite è stato
ancora stabilito riguardo alla presenza di radioattività nei materiali da costruzione.
Negli ultimi cinque anni la Commissione Europea si è ripetutamente occupata dell’argomento, in seguito anche alla continua pubblicazione di dati scientifici riguardo la pericolosità di
un’esposizione prolungata delle persone alle radiazioni naturali. Il Gruppo di Esperti sopra citato scrive sulla Radiation Protection 88 del 1997 edita dalla Commissione Europea:“Generalmente i materiali da costruzione non rappresentano una
fonte principale di radon.Tuttavia…livelli elevati di 226Ra o di
altri radionuclidi naturali in alcuni materiali dovrebbero essere
evitati”, facendo eco a quanto già affermato dalla CIPR.
Con la Radiation Protection 96 del 1999 la Commissione ha
pubblicato i risultati di un ampio studio contenente informazioni riguardo alla radioattività naturale sia nei materiali da costruzione finiti che nelle materie prime utilizzate,presentando
79
le diverse regolamentazioni in vigore nei Paesi membri. C’è
tuttavia da tener presente che, oltre ad alcuni Stati membri,
molti altri Paesi hanno disposto dei limiti ai tassi di radioattività nei materiali da costruzione. Pochi mesi dopo la pubblicazione della Radiation Protection 96, la Commissione Europea
ha diffuso un ulteriore documento,in cui si giunge a proporre
esplicitamente delle specifiche da inserire in fase di progettazione e delle misure di controllo che garantiscano una soglia
massima di concentrazione che il radon può raggiungere nei
nuovi edifici, fissata in 200 Bq/m3. Queste valutazioni sono
state pubblicate dalla Commissione Europea nella Radiation
Protection 112 del 1999 e saranno il punto di riferimento per
future iniziative a livello comunitario. In questa pubblicazione
viene tenuto conto, per la prima volta, oltre che della concentrazione del radon nell’aria degli edifici, anche dell’esposizione delle persone ai raggi gamma provenienti dai radionuclidi
presenti naturalmente in tutti i materiali da costruzione. Ecco
quindi che, ai fini pratici, viene proposto un Indice di radioattività, già conosciuto da tempo dalla comunità scientifica internazionale,che tiene conto dei più importanti radionuclidi naturali presenti in tutti i materiali da costruzione:
I = ATh/200 + ARa/300 + AK/3000
dove ATh,ARa,AK, sono le attività, espresse in Bq/kg, rispettivamente del 232Th, 226Ra e del 40K.
Il valore che l’Indice non deve superare dipende ancora, tuttavia, da una serie di parametri a volte difficili da determinare
in fase di progetto e da controllare a lavori eseguiti, come la
quantità e soprattutto il modo in cui il materiale viene utilizzato nell’edificio. Ciò potrebbe portare a valutazioni diversificate caso per caso e quindi difficili da controllare rapidamente
e oggettivamente, anche da parte di esperti. È perciò opportuno semplificare ulteriormente, facendo l’ipotesi che tutto
l’edificio sia costituito da un unico materiale con lo stesso valore dell’Indice di radioattività; due grandi insiemi di valori possono essere considerati:
• valore di controllo I ≤ 1: questo valore corrisponde ad una dose
in eccesso, rispetto al fondo naturale, di 1 mSv/anno, e valori
superiori all’unità devono essere tenuti in considerazione dal
punto di vista della salvaguardia della salute;
• valore di esenzione I ≤ 0,5: questo valore corrisponde ad una
dose in eccesso di 0,3 mSv/anno; i materiali che rispettano
questo Indice possono essere considerati esenti da qualsiasi restrizione, riguardo per esempio alla quantità usata e alla destinazione d’uso dell’edificio.
Il valore di controllo I ≤ 1 è un buon strumento per decidere
se usare o no un determinato materiale nella costruzione di
un edificio. La maggior parte dei materiali attualmente in
commercio presentano un Indice di radioattività generalmente
compreso fra 0,5 e 1, mentre solo pochissimi materiali possono vantare un Indice di radioattività inferiore a 0,5 e sono
RICERCA
1 Attività di
238U, 137Cs, 226Ra, 232Th, 40K e Indice di radioattività
Campione
AF A
AM A
AM N
BA
BN
CA
CS A
CS N
FA
FN
FG A
IL A
IP A
LF A
LS A
M 30
M 38
M AR
NA
NG A
RA
RN
SI A
SL A
SN A
SR A
ST A
ST N
VL
VN
VP
LAT N
Cemento autoclavato
Calcestruzzo con inerti di lapillo
Calcarenite del Salento
Tufo
Codice
Lab
238U
Bq/kg
137Cs
Bq/kg
226Ra
Bq/kg
232Th
Bq/kg
40K
Bq/kg
Indice di
radioattività
A011031
B010504
A010504
A010725
B010727
A010917
A010927
B010919
B010725
A010727
B010928
B010917
A011218
B010921
B010914
B010703
A010703
B010704
A010726
B010918
B010724
A010724
A010921
A010919
B010906
B011031
A010906
B010726
B010920
A010912
A010920
B010927
B010910
A010911
B011002
A011206
44 ± 10
‹ 13
‹ 18
35 ± 9
‹ 60
30 ± 5
35 ± 5
‹ 70
‹ 40
33 ± 9
‹ 50
50 ± 20
39 ± 9
‹ 80
‹ 70
‹ 50
40 ± 10
60 ± 40
28 ± 7
‹ 40
‹ 90
60 ± 12
32 ± 7
39 ± 10
‹ 70
‹ 80
39 ± 10
‹ 50
‹ 100
80 ± 12
78 ± 15
70 ± 30
‹ 40
87 ± 14
‹ 30
79 ± 12
‹ 0,018
non rilevato
‹ 0,3
‹ 1,0
‹ 0,6
‹ 0,10
0,7 ± 0,2
‹ 1,2
‹ 1,1
‹ 0,18
‹ 0,6
‹ 0,3
‹ 0,10
‹ 0,5
‹ 0,6
2,3 ± 0,7
‹ 1,3
2,7± 0,8
‹ 0,5
‹ 0,7
‹ 0,8
‹ 0,4
‹ 0,3
3,1 ± 0,6
‹ 0,9
‹ 1,0
1,7 ± 0,5
2,0 ± 0,7
‹ 0,9
‹ 0,18
‹ 0,8
‹ 0,2
‹ 0,5
‹ 0,6
‹ 0,08
non rilevato
40,4 ± 1,7
39 ± 5
34 ± 3
42,0 ± 0,8
44 ± 5
30,9 ± 0,9
38,2 ± 1,4
40 ± 4
37,1 ± 1,1
37,5 ± 1,8
33,1 ± 1,6
35 ± 3
50 ± 3
37 ± 3
53 ± 2
44 ± 5
47 ± 3
44 ± 5
34,0 ± 1,9
55 ± 5
69 ± 3
69 ± 3
33,8 ± 1,7
51 ± 3
43 ± 2
50 ± 2
52,3 ± 1,8
55 ± 3
88 ± 7
92 ± 4
85,5 ± 0,9
58 ± 3
16,8 ± 1,6
130 ± 3
24,3 ± 1,7
31,6 ± 1,6
47,7 ± 1,6
41 ± 2
44 ± 4
44 ± 4
45 ± 3
38 ± 2
42,9 ± 1,6
40 ± 3
42 ± 3
43,6 ± 1,3
42,4 ± 1,6
37,2 ± 0,7
44,1 ± 1,8
42,7 ± 1,6
44,9 ± 1,7
45,3 ± 1,0
51 ± 3
45,2 ± 1,9
38,8 ± 1,3
50 ± 4
62 ± 2
66 ± 4
40,0 ± 1,3
48,2 ± 0,9
35,2 ± 1,8
74,9 ± 1,9
52 ± 4
51 ± 5
34,0 ± 1,4
33,3 ± 0,6
36,0 ± 1,6
80,2 ± 1,3
19,2 ± 0,6
95 ± 2
0,7 ± 0,2
96 ± 5
760 ± 40
670 ± 80
710 ± 40
700 ± 30
730 ± 90
600 ± 30
650 ± 30
660 ± 80
680 ± 80
690 ± 30
690 ± 80
640 ± 70
520 ± 30
680 ± 80
650 ± 80
670 ± 80
720 ± 40
680 ± 80
570 ± 30
370 ± 50
620 ± 80
660 ± 30
640 ± 30
670 ± 30
600 ± 70
970 ± 110
830 ± 40
800 ± 90
640 ± 80
600 ± 30
620 ± 40
630 ± 70
300 ± 40
1550 ± 60
8±3
1820 ± 70
0,63 ± 0,02
0,56 ± 0,03
0,57 ± 0,03
0,59 ± 0,02
0,62 ± 0,04
0,493 ± 0,014
0,559 ± 0,014
0,55 ± 0,03
0,56 ± 0,03
0,573 ± 0,013
0,55 ± 0,03
0,52 ± 0,03
0,56 ± 0,02
0,56 ± 0,03
0,62 ± 0,03
0,60 ± 0,03
0,65 ± 0,02
0,60 ± 0,03
0,497 ± 0,014
0,56 ± 0,03
0,75 ± 0,03
0,78 ± 0,02
0,526 ± 0,013
0,634 ± 0,015
0,52 ± 0,03
0,86 ± 0,04
0,71 ± 0,02
0,71 ± 0,04
0,68 ± 0,04
0,67 ± 0,02
0,67 ± 0,02
0,80 ± 0,03
0,252 ± 0,015
1,43 ± 0,02
0,087 ± 0,006
1,19 ± 0,03
quindi da considerare eccellenti da questo punto di vista. Il
loro numero è tuttavia troppo limitato sul mercato perché si
possa costruire un edificio senza avere notevolissime difficoltà
pratiche legate al loro reperimento. Un ulteriore motivo per
impiegare, nella pratica, il valore di controllo I ≤ 1 come riferimento è che questo può essere usato anche per rispettare il
valore di progetto dei 200 Bq/m3 di gas radon. In altre parole
se la dose gamma è inferiore al valore di controllo anche il livello di concentrazione del gas radon all’interno degli edifici
si manterrà al di sotto del valore di progetto dei 200 Bq/m3.
Valutazioni sperimentali Sono stati analizzati 32 campioni
di blocchi di laterizio per murature alleggerito in pasta forniti
da 22 imprese,che rappresentano circa il 9%,per numero,delle
aziende produttrici di laterizio in Italia. La disomogenea distribuzione di queste imprese sul territorio nazionale limita,
in questa fase, un’analisi di tipo geografico, per cui le conclusioni non sono immediatamente estensibili all’industria nazionale. I risultati sono mostrati in tabella 1, dove vengono
presentate le concentrazioni degli isotopi richiesti per il computo dell’Indice di radioattività, che comunque viene quantifi-
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cato esplicitamente. Sebbene per il calcolo dell’Indice sia sufficiente la misura del 226Ra, del 232Th e del 40K, si è ritenuto
opportuno considerare anche l’attività del 137Cs e del 238U. Il
primo, ormai universalmente diffuso, è presente in quantità
maggiori in Europa rispetto al resto del mondo a causa dell’incidente di Chernobyl; il secondo (isotopo naturale, ma
largamente utilizzato come residuo nucleare, e noto anche
come uranio impoverito) ha recentemente goduto di una
vasta eco a causa del suo utilizzo in determinati tipi di armi.
Le incertezze di misura sono state calcolate a due deviazioni
standard, corrispondenti a circa il 95% di confidenza. Oltre ai
laterizi, sono stati analizzati anche 4 materiali normalmente
utilizzati nell’industria delle costruzioni, fra cui un blocco in
cemento autoclavato, un blocco in calcestruzzo alleggerito
con inerti di lapillo, un blocco di calcarenite pugliese e un
campione di tufo campano.Per alcune aziende è stata fatta più
di una prova, su campioni provenienti da diversi stabilimenti
o con diverse tipologie di prodotti (laterizio alveolato, normale, alleggerito con segatura, con polistirolo o con perlite).
In tabella 1 queste varianti sono indicate con A, N, L, Po, Pe.
Di un produttore è stata analizzata anche l’argilla di base im-
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piegata nell’impasto che fornisce il prodotto finito; il campione è indicato con la sigla M AR. I risultati indicano che,
a meno dell’errore statistico associato alle misure, non sono
riscontrabili differenze significative fra i laterizi normali e
quelli alleggeriti con polistirolo, perlite o legno. Ciò è facilmente spiegabile soprattutto dalla relativamente bassa concentrazione dei materiali impiegati per l’alleggerimento. La
valutazione del rispetto dei requisiti concernenti la radioattività può essere effettuata osservando da diversi punti di vista
i risultati delle misure. Sebbene, infatti, possa sembrare ovvio
che è il valor medio della misura che deve essere considerato,
tuttavia la normativa polacca prevede che il limite debba essere rispettato dalla somma del valore medio della misura e
della relativa incertezza, calcolata a due deviazioni standard.
Probabilmente però, almeno in assenza di regole condivise e
per incoraggiare le imprese ad un continuo miglioramento,
la strada più proficua potrebbe essere quella di considerare rispettato il limite se il valore della differenza fra il valor medio
e la sua incertezza è inferiore al limite stesso.
L’argomento meriterebbe di essere approfondito ulteriormente perché i diversi metodi di valutazione,oltre a condurre
a risultati differenti, riflettono anche la fiducia e la considerazione che un Paese ha nei confronti dei propri laboratori.
Avendo quindi in mente il modo in cui i risultati vengono
trattati, è facile riscontrare che tutti i campioni di laterizio rispettano il valore di controllo delI’Indice di radioattività, sebbene siano da evidenziare differenze, anche notevoli, fra i vari
campioni.
In particolare 4 campioni, corrispondenti a circa il 13% del
totale, hanno risultati inferiori a 0,5 e quindi possono, secondo le indicazioni contenute nella Radiation Protection 112,
essere utilizzati senza alcuna limitazione e in qualunque
modo. Nell’intervallo 0,50-0,59 dell’Indice ricadono 16 campioni (50% del totale), mentre nell’intervallo 0,60-0,69 sono
compresi 8 campioni (25%) e in quello 0,70-0,79 3 campioni
(9%). Infine un solo campione ha un Indice di radioattività superiore a 0,80 (3% del totale),sebbene sia ancora ampiamente
al di sotto del valore massimo ammesso. Sulla base di questi
dati risulta che già oggi il mercato è in grado di offrire blocchi in laterizio che possono essere impiegati senza alcuna
preoccupazione per la salute delle persone che vivranno nell’edificio, almeno sulla base delle conoscenze attuali. E tali
possono essere considerati anche i laterizi che hanno risultati
fra 0,5 e 1 con preferenza, a parità di altre condizioni, per i
valori più bassi. È possibile che, almeno in alcuni casi, i valori
dell’Indice di radioattività siano accresciuti dall’aggiunta di determinati additivi all’argilla di base.In questo caso i valori potrebbero essere ulteriormente abbassati attraverso la limitazione di questi additivi o la loro sostituzione con altri equivalenti ma meno radioattivi. L’inserimento, fra le caratteristiche tecniche dei prodotti, dell’Indice di radioattività potrebbe
permettere ai progettisti di avere una conoscenza più ap-
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profondita dei materiali che utilizzano e di adoperarli,in questo senso, con cognizione di causa. Inoltre l’impiego di materiali con caratteristiche note di radioattività, accompagnate
da una semplice analisi del luogo su cui sorgerà l’edificio,permetterebbe di ottimizzare, se non eliminare del tutto, le barriere anti radon che spesso vengono predisposte nelle nuove
costruzioni o nelle ristrutturazioni integrali e che, in certe
circostanze, presentano più svantaggi che benefici. L’inserimento dell’Indice di radioattività fra le caratteristiche tecniche
può tuttavia avvenire solo dopo che sia stato stabilito un adeguato programma di monitoraggio della produzione, che
tenga conto di tutto il ciclo produttivo, dalla durata media del
monte di terra alle diverse fonti di approvvigionamento della
materia prima, all’aggiunta di additivi all’impasto. È evidente
che, in mancanza di limiti di legge, tale monitoraggio non
può essere condotto senza la fattiva collaborazione delle industrie.Al di fuori del campo dei laterizi, sono stati analizzati
anche vari altri materiali normalmente impiegati nell’industria delle costruzioni. Due di questi, un blocco di calcestruzzo alleggerito con inerti di lapillo proveniente dalla Puglia e un blocco di tufo proveniente dalla Campania, presentano valori dell’Indice molto al di sopra dei limiti consigliati.
Il loro impiego non può essere considerato sicuro per la salute e dovrebbe quindi essere limitato.
Altri due materiali, un blocco di calcarenite ed uno di cemento autoclavato,provenienti entrambi dalla Puglia,presentano valori dell’Indice nettamente inferiori a 0,5.
I risultati sin qui ottenuti, sebbene non possano essere considerati rappresentativi dell’intera produzione nazionale, sono
tuttavia un buon punto di partenza e permettono, fin d’ora,
di porre alcuni punti fermi sull’argomento. Innanzitutto il
mercato è già oggi in grado di fornire prodotti che possono
essere considerati del tutto innocui per la salute delle persone.
Diversi committenti, sulla base delle considerazioni fin qui
svolte, hanno cominciato a richiedere materiali che soddisfino i parametri di radioattività suggeriti in Europa.
Anche alcune amministrazioni pubbliche hanno cominciato
a muoversi sulla stessa strada, ed è facilmente prevedibile un
interesse sempre maggiore verso prodotti sempre più di qualità.All’interno dell’insieme dei laterizi esistono poi notevoli
differenze fra i vari prodotti.Tuttavia, dato che le caratteristiche radioattive di un prodotto dipendono esclusivamente
dalle materie prime impiegate, è possibile e auspicabile che i
produttori si adoperino, per quanto fattibile, per un miglioramento continuo della qualità delle loro fonti di approvvigionamento.D’altra parte sullo stesso mercato si possono trovare attualmente dei materiali il cui uso dovrebbe essere
quantomeno limitato ad alcuni casi particolari, dimostrandone la non nocività; in ogni caso tali materiali non dovrebbero trovar posto in edifici,come scuole od ospedali,che sono
suscettibili di ospitare persone che, per vari motivi, possono
essere considerate più vulnerabili. ¶
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