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Radioattività e materiali da costruzione
Ricerca Massimo Esposito Radioattività e materiali da costruzione Sebbene in Italia non ci sia nessuna legge che limiti la quantità di radioattività nei materiali da costruzione, in Europa diversi Paesi si sono da tempo dotati di una legislazione sull’argomento. E anche la Commissione Europea è più volte intervenuta in merito. Con la strumentazione messa a disposizione dal Centro Ricerche Enea di Bologna sono state eseguite diverse misure su alcuni prodotti da costruzione, soprattutto laterizi per murature alleggeriti in pasta, e i risultati sono stati confrontati con le più recenti indicazioni internazionali La radioattività nei materiali da costruzione Le radiazioni sono parte integrante dell’ambiente in cui viviamo, e tutti riceviamo dosi dovute alla radioattività presente normalmente nel suolo, nell’acqua, nell’aria, oltre a quella proveniente dallo spazio.Tuttavia la maggior parte della dose assorbita, almeno in Europa, è dovuta all’inalazione di un gas radioattivo, il radon, concentrato soprattutto negli ambienti chiusi, nei quali passiamo la gran parte del nostro tempo. L’attenzione per la radioattività nei materiali da costruzione risale alla metà degli anni ’50, testimoniata da alcuni studi condotti in Svezia sul cemento alleggerito con allume di scisto, un materiale ampiamente impiegato nelle costruzioni svedesi fra il 1929 e il 1975 e fortemente radioattivo, con concentrazioni di radio anche di 2600 Bq/kg.Negli anni ’70 l’impiego, sempre più vasto, di residui industriali come materiale da costruzione e la contemporanea esigenza di abbassare il tasso di ventilazione degli edifici per risparmiare energia (è del 1973 la prima crisi petrolifera) portarono alla nascita di un certo interesse per la presenza di radioattività negli edifici. Oggi, dopo molti studi sull’argomento, si sa che tutti i materiali da costruzione contengono, in modo variabile, tracce di radioattività naturale, dovuta quindi ad elementi radioattivi non prodotti dall’uomo. Inoltre alcuni materiali possono contenere radioisotopi artificiali, principalmente cesio (137Cs) e, meno spesso, uranio (238U), entrambi sottoprodotti dell’industria nucleare. Infine nel settore dei materiali da costruzione sono spesso usati dei prodotti secondari o degli scarti di produzione provenienti da altri processi industriali, che a volte possono aumentare notevolmente la concentrazione della radioattività naturalmente presente nei costituenti originari. 76 Il problema del radon I radionuclidi naturali più importanti dal punto di vista radioprotezionistico che si trovano nei materiali da costruzione sono il potassio 40 (40K), i 14 isotopi radioattivi della famiglia dell’uranio (238U) e gli 11 di quella del torio (232Th).Tutti questi radionuclidi sono emettitori di radiazioni alfa, beta e gamma, che sono responsabili dell’esposizione esterna delle persone,causata da sorgenti radioattive poste al di fuori del corpo umano. L’esposizione interna, causata da sorgenti che si trovano dentro l’organismo, è dovuta all’inalazione del radon,un discendente sia dell’uranio che del torio, presente in natura con diversi isotopi, tra cui i più importanti sono il 222Rn e il 220Rn. Questo elemento è un gas nobile,che può fuoriuscire dai materiali nei quali viene generato e diffondersi nell’aria degli ambienti confinati. La concentrazione del radon e dei suoi discendenti nell’aria è influenzata da parecchi fattori, tra cui il tasso di esalazione, dipendente a sua volta dalla struttura microscopica del materiale,e il tasso di ricambio dell’aria. Una parte di questo gas viene quindi respirato prima di decadere a sua volta. Il radon può quindi decadere all’interno del corpo umano generando dei discendenti solidi che a loro volta decadono (i più importanti dal punto di vista della dose radioattiva sono il 218Po, il 214Pb, il 214Bi e il 214Po), fino ad arrivare all’ultimo discendente stabile, il piombo. La media delle concentrazioni di radon, all’interno delle abitazioni, nei Paesi europei varia da circa 20 a 100 Bq/m3, con punte più alte in alcuni nazioni. Effetti sulla salute Fino alla fine degli anni ’70 le dosi di radioattività ricevute dalla maggioranza della popolazione erano considerate fenomeni di scarso significato.Questa opinione,allora abbastanza diffusa, è oggi profondamente mutata, grazie CIL 89 anche alla scoperta che molte abitazioni hanno concentrazioni interne di radon anche di alcune migliaia di Bq/m3, ma grazie soprattutto agli stretti legami che sono stati via via riscontrati fra concentrazione di radon e tumori, soprattutto quello polmonare. Ricerche più approfondite condotte in Paesi europei hanno poi permesso di dimostrare che, anche alle tipiche concentrazioni di 50 Bq/m3, la dose ricevuta è confrontabile con quella dovuta a tutte le altre sorgenti naturali. In uno studio particolarmente esauriente, condotto in Svezia nei primi anni ’90, è stata dimostrata la linearità fra aumento dell’esposizione e aumento del rischio di cancro, ed è stato anche osservato un effetto di interazione fra radon e fumo di sigaretta. Si è trovato che i due fattori non sono additivi, ma moltiplicativi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che il rischio individuale di cancro da radon sia compreso fra 3 e 6 x 10-5 Bq/m3. Ciò significa che una persona che vive in una casa con una concentrazione di radon pari a 50 Bq/m3 ha un eccesso di rischio di cancro al polmone durante la sua vita pari a 1,5-3 x 10-3. Con riferimento ad una comunità di 100.000 persone, fra 150 e 300 di queste in media contraggono un tumore polmonare dovuto al radon presente nelle loro abitazioni e nel loro luogo di lavoro.Va poi sottolineato che in Europa la dose dovuta a sorgenti artificiali è del tutto trascurabile. Si stima che anche un incidente come quello di Chernobyl sia paragonabile, come dose complessiva ricevuta dalla popolazione europea, a quella di un solo anno di esposizione al radon. L’effetto principale del radon, una delle poche sostanze che sono considerate cancerogene sulla base di dati scientifici,è il tumore al polmone; alcune ricerche hanno, inoltre, ipotizzato la responsabilità di altri tumori attribuibili,sebbene le conoscenze in merito non siano ancora definitive. È quindi venuto il momento di applicare utilmente queste conoscenze per la salvaguardia della salute pubblica. Criteri generali Nonostante l’evidente pericolo per la salute umana, nessun limite chiaro è stato ancora adottato congiuntamente dai Paesi membri dell’Unione Europea, sebbene alcune linee guida siano state fornite dalla Commissione Europea a più riprese. Il motivo principale di un tale ritardo è molto probabilmente da addurre al profondo contrasto esistentre fra le legittime richieste, da parte di alcuni Stati, di limiti considerati sicuri e le esigenze economiche di altri Stati che,con questi limiti,vedrebbero bocciati fino al 30% dei materiali da loro prodotti e presenti sul mercato.Tre livelli principali,corrispondenti ai tre diversi modi di pensare oggi in Europa, sono attualmente considerati nelle varie legislazioni, con tuttavia piccole differenze fra i vari Stati. Uno di questi limiti riguarda la concentrazione di progetto del radon, che non dev’essere superiore ai 200 Bq/m3 negli edifici nuovi (400 Bq/m3 in quelli già esistenti), mentre gli altri due limiti riguardano la dose massima ammissibile dovuta ai materiali da costruzione. In questo modo il limite più conser- 77 vativo e sicuro viene stabilito comunemente in un massimo di 0,3 mSv/anno, mentre il limite proposto da chi è attento anche alle esigenze del mercato è di 1 mSv/anno. In Europa i materiali da costruzione suscettibili di procurare dosi superiori ad 1 mSv/anno sono abbastanza inusuali e non ci dovrebbero essere quindi grosse difficoltà a sostituirli con materiali meno pericolosi. Inoltre se la dose gamma è inferiore a 1 mSv/anno, allora anche le concentrazioni di radioattività nei materiali sono limitate a livelli tali da non causare concentrazioni di radon negli edifici superiori ai 200 Bq/m3. Questi limiti di progetto sono però di scarsa utilità pratica e, per essere adottati, devono quindi far ricorso a delle quantità secondarie, direttamente misurabili prima che l’edificio sia costruito. Si fa perciò ricorso ai cosiddetti Indici di radioattività che, misurando i principali radionuclidi presenti in tutti i materiali da costruzione,sono correlabili sia agli indici di dose,sia alle concentrazioni massime di radon all’interno degli edifici. La forma generale in cui tali indici vengono presentati è del tipo: ARa ATh AK I = —–— + ––––– + ––––– X Y Z dove ARa,ATh,AK sono le concentrazioni,in Bq/kg,del 226Ra, del 232Th e del 40K, mentre i valori numerici di X,Y e Z dipendono dal criterio di dose applicato e dal modello utilizzato per la costruzione dell’Indice; il valore limite con il quale I deve infine essere confrontato dipende, oltre che dal criterio di dose, anche dal modo in cui il materiale viene impiegato e dalla quantità utilizzata. Un altro aspetto che ha finora ostacolato l’adozione di un comune criterio di limitazione all’interno dell’Unione Europea riguarda la modalità di applicazione dell’Indice. Se infatti qualcuno propone che soltanto i prodotti finiti siano soggetti a restrizioni,qualcun altro suggerisce di porre dei limiti anche per le materie prime utilizzate. La questione è di non scarso interesse economico visto che molti sottoprodotti industriali,attualmente riciclati nel settore delle costruzioni,dovrebbero essere definitivamente eliminati,con notevoli aumenti di costi per i produttori di diversi materiali destinati all’edilizia, oltre che per le imprese che li producono,costrette a smaltirli in altro modo. Un diverso criterio per controllare l’esposizione potrebbe essere quello di consentire al produttore di fornire le caratteristiche radiologiche dei propri prodotti, senza porre quindi nessuna limitazione, lasciando al progettista il compito e la responsabilità di costruire l’edificio in modo che complessivamente non siano superati i limiti stabiliti. Sebbene sia necessario, in questo caso, che il progettista disponga delle caratteristiche radiometriche di tutti i materiali impiegati, è forse questa la strada maestra per venire incontro al maggior numero di esigenze: da un lato si permetterebbe alle aziende di continuare a vendere i propri prodotti senza alcuna limitazione specifica, lasciando completa libertà all’acquirente; dall’altro si potrebbe imporre un limite di dose complessivo, anche molto basso, per i nuovi edifici, con notevoli vantaggi per la salute pubblica. RICERCA Le regolamentazioni europee La Commissione Europea si è spesso occupata dei requisiti radioprotezionistici dei materiali da costruzione,in particolare nella Direttiva 89/106/CEE del 21 dicembre 1988, dove si dice che “i prodotti devono essere adatti per l’edilizia e adeguati ai loro specifici utilizzi” e che “l’opera deve essere concepita e costruita in modo da non compromettere l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini ed in particolare in modo da non provocare (…) emissioni di radiazioni pericolose”. Tuttavia nessun parametro è stato finora fissato. La stessa Commissione, nella Raccomandazione del 21 febbraio 1990 sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi (90/143/Euratom),è tornata sull’argomento e,considerando che “in molti Stati membri si fa sempre più forte la consapevolezza del pericolo dell’esposizione della popolazione al radon in ambienti chiusi” e che diversi Paesi hanno già impostato o stanno impostando politiche di controllo sulle dosi, ha “chiesto al gruppo di esperti, istituito ai sensi dell’articolo 31 del trattato Euratom, di esaminare il problema e di elaborare proposte per l’adozione di adeguati provvedimenti”. Sulla base della relazione presentata, è stata formulata la Raccomandazione della Commissione, nella quale si afferma che “se raffrontata ad altre forme di radiazioni naturali, la caratteristica principale dei livelli di radon in ambienti chiusi è la loro variabilità; in molti Paesi alcune abitazioni presentano livelli di radon molto superiori alla media”. È per questo motivo che le misure di radon in aria, spesso effettuate nelle abitazioni, non forniscono valori riproducibili e, quindi, non sono certificabili in senso stretto. La Commissione ha sottolineato anche i rischi per la salute associati alla presenza di radon. “La dose di gas radon inalato è bassa rispetto a quella dei suoi prodotti di decadimento radioattivi a breve vita, che sono isotopi del polonio, del piombo e del bismuto. Se respirati essi si depositano sulla superficie delle vie respiratorie umane e le dosi più nocive derivano dai raggi alfa che colpiscono l’epitelio bronchiale. Un gruppo di lavoro della Commissione internazionale per la protezione radiologica (CIPR) si è dedicato allo studio dei rischi di cancro polmonare provocati dall’esposizione in ambienti chiusi ai prodotti di decadimento del radon e ha presentato in materia una relazione nel 1987.” La Commissione ha in seguito evidenziato che “l’esposizione al radon non è un fenomeno recente e studi epidemiologici condotti su diversi gruppi di minatori esposti ad elevate concentrazioni durante il lavoro hanno evidenziato un notevole numero di decessi dovuti al cancro polmonare. Per il momento non si hanno prove sicure sugli effetti che l’esposizione al radon in ambienti chiusi ha sulle persone, ma sulla base degli indizi raccolti la Commissione ritiene prudente formulare raccomandazioni volte a limitare tale esposizione,come del resto è già stato fatto dalla CIPR.Va osservato che il radon in ambienti chiusi è controllabile sotto il profilo fisico o tecnico. I criteri di sicurezza radiologica permetterebbero quindi la definizione di orienta- 78 Distribuzione dei risultati ottenuti su campioni di laterizio. Valori sperimentali dell`Indice di radioattività su alcuni materiali da costruzione. menti pratici per azioni correttive nelle abitazioni esistenti. Negli edifici che si costruiranno in futuro sono necessarie misure preventive basate su adeguate norme progettuali e costruttive. Questo approccio preventivo giustifica l’adozione di un livello di progettazione inferiore al livello di riferimento per quanto concerne gli interventi correttivi negli edifici esistenti”. Con un’importante affermazione la Commissione ha dichiarato che “gli obiettivi così indicati sono realizzabili dal punto di vista pratico”. La Commissione ha raccomandato quindi che “sia istituito un sistema adeguato per ridurre qualsiasi esposizione a concentrazioni di radon in ambienti chiusi” e che il livello di progettazione sia pari, ai fini pratici, a una concentrazione media annua di gas radon di 200 Bq/m3 e,in- CIL 89 fine, che siano effettuate misurazioni della media annua di gas radon negli edifici. È tuttavia evidente che tali misurazioni possono essere effettuate solo dopo la costruzione degli edifici, e costituiscono quindi al più un collaudo dell’edificio piuttosto che uno strumento da utilizzare in fase di progettazione o di esecuzione dei lavori. Rimaneva dunque irrisolto il problema delle specifiche da adottare in fase di progettazione per limitare la concentrazione di gas radon negli edifici. Pochi anni più tardi il problema della radioattività naturale negli edifici è stato nuovamente affrontato dalla Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) con una raccomandazione sui materiali da costruzione, espressa nella ICRP 65 del 1993, riguardante la protezione contro il 222Rn nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro:“In alcune circostanze, elevate concentrazioni di radon possono essere causate da terreni, o materiali da costruzione, con elevata concentrazione di 226Ra. Siccome molti materiali possono essere investigati attraverso le emissioni di raggi gamma, questo permette di identificarli e limitarne l’uso”. Comincia quindi ad essere considerata la possibilità di controllare non il radon,gassoso e variabile, ma i suoi genitori, tra cui il più importante è sicuramente il 226Ra, che sono invece solidi e presenti in quantità costante nel tempo. Per inciso il capostipite della famiglia, il 238U, diminuisce della metà la sua concentrazione dopo circa 4,5 miliardi di anni. Su scala umana la sua concentrazione nei materiali non varia quindi apprezzabilmente. Nello stesso anno anche l’Italia ha affrontato il problema, pur se in modo del tutto generale e senza indicare limiti di concentrazione. Il D.P.R. 246/93 recepisce la Direttiva 89/106/CEE della Comunità Europea concernente i prodotti da costruzione. In particolare è previsto che “l’opera debba essere concepita e costruita in modo da non costituire una minaccia per l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini causata,in particolare,dalla formazione di gas nocivi,dalla presenza nell’aria di particelle o di gas pericolosi, dall’emissione di radiazioni pericolose”.Tuttavia nessun limite è stato ancora stabilito riguardo alla presenza di radioattività nei materiali da costruzione. Negli ultimi cinque anni la Commissione Europea si è ripetutamente occupata dell’argomento, in seguito anche alla continua pubblicazione di dati scientifici riguardo la pericolosità di un’esposizione prolungata delle persone alle radiazioni naturali. Il Gruppo di Esperti sopra citato scrive sulla Radiation Protection 88 del 1997 edita dalla Commissione Europea:“Generalmente i materiali da costruzione non rappresentano una fonte principale di radon.Tuttavia…livelli elevati di 226Ra o di altri radionuclidi naturali in alcuni materiali dovrebbero essere evitati”, facendo eco a quanto già affermato dalla CIPR. Con la Radiation Protection 96 del 1999 la Commissione ha pubblicato i risultati di un ampio studio contenente informazioni riguardo alla radioattività naturale sia nei materiali da costruzione finiti che nelle materie prime utilizzate,presentando 79 le diverse regolamentazioni in vigore nei Paesi membri. C’è tuttavia da tener presente che, oltre ad alcuni Stati membri, molti altri Paesi hanno disposto dei limiti ai tassi di radioattività nei materiali da costruzione. Pochi mesi dopo la pubblicazione della Radiation Protection 96, la Commissione Europea ha diffuso un ulteriore documento,in cui si giunge a proporre esplicitamente delle specifiche da inserire in fase di progettazione e delle misure di controllo che garantiscano una soglia massima di concentrazione che il radon può raggiungere nei nuovi edifici, fissata in 200 Bq/m3. Queste valutazioni sono state pubblicate dalla Commissione Europea nella Radiation Protection 112 del 1999 e saranno il punto di riferimento per future iniziative a livello comunitario. In questa pubblicazione viene tenuto conto, per la prima volta, oltre che della concentrazione del radon nell’aria degli edifici, anche dell’esposizione delle persone ai raggi gamma provenienti dai radionuclidi presenti naturalmente in tutti i materiali da costruzione. Ecco quindi che, ai fini pratici, viene proposto un Indice di radioattività, già conosciuto da tempo dalla comunità scientifica internazionale,che tiene conto dei più importanti radionuclidi naturali presenti in tutti i materiali da costruzione: I = ATh/200 + ARa/300 + AK/3000 dove ATh,ARa,AK, sono le attività, espresse in Bq/kg, rispettivamente del 232Th, 226Ra e del 40K. Il valore che l’Indice non deve superare dipende ancora, tuttavia, da una serie di parametri a volte difficili da determinare in fase di progetto e da controllare a lavori eseguiti, come la quantità e soprattutto il modo in cui il materiale viene utilizzato nell’edificio. Ciò potrebbe portare a valutazioni diversificate caso per caso e quindi difficili da controllare rapidamente e oggettivamente, anche da parte di esperti. È perciò opportuno semplificare ulteriormente, facendo l’ipotesi che tutto l’edificio sia costituito da un unico materiale con lo stesso valore dell’Indice di radioattività; due grandi insiemi di valori possono essere considerati: • valore di controllo I ≤ 1: questo valore corrisponde ad una dose in eccesso, rispetto al fondo naturale, di 1 mSv/anno, e valori superiori all’unità devono essere tenuti in considerazione dal punto di vista della salvaguardia della salute; • valore di esenzione I ≤ 0,5: questo valore corrisponde ad una dose in eccesso di 0,3 mSv/anno; i materiali che rispettano questo Indice possono essere considerati esenti da qualsiasi restrizione, riguardo per esempio alla quantità usata e alla destinazione d’uso dell’edificio. Il valore di controllo I ≤ 1 è un buon strumento per decidere se usare o no un determinato materiale nella costruzione di un edificio. La maggior parte dei materiali attualmente in commercio presentano un Indice di radioattività generalmente compreso fra 0,5 e 1, mentre solo pochissimi materiali possono vantare un Indice di radioattività inferiore a 0,5 e sono RICERCA 1 Attività di 238U, 137Cs, 226Ra, 232Th, 40K e Indice di radioattività Campione AF A AM A AM N BA BN CA CS A CS N FA FN FG A IL A IP A LF A LS A M 30 M 38 M AR NA NG A RA RN SI A SL A SN A SR A ST A ST N VL VN VP LAT N Cemento autoclavato Calcestruzzo con inerti di lapillo Calcarenite del Salento Tufo Codice Lab 238U Bq/kg 137Cs Bq/kg 226Ra Bq/kg 232Th Bq/kg 40K Bq/kg Indice di radioattività A011031 B010504 A010504 A010725 B010727 A010917 A010927 B010919 B010725 A010727 B010928 B010917 A011218 B010921 B010914 B010703 A010703 B010704 A010726 B010918 B010724 A010724 A010921 A010919 B010906 B011031 A010906 B010726 B010920 A010912 A010920 B010927 B010910 A010911 B011002 A011206 44 ± 10 ‹ 13 ‹ 18 35 ± 9 ‹ 60 30 ± 5 35 ± 5 ‹ 70 ‹ 40 33 ± 9 ‹ 50 50 ± 20 39 ± 9 ‹ 80 ‹ 70 ‹ 50 40 ± 10 60 ± 40 28 ± 7 ‹ 40 ‹ 90 60 ± 12 32 ± 7 39 ± 10 ‹ 70 ‹ 80 39 ± 10 ‹ 50 ‹ 100 80 ± 12 78 ± 15 70 ± 30 ‹ 40 87 ± 14 ‹ 30 79 ± 12 ‹ 0,018 non rilevato ‹ 0,3 ‹ 1,0 ‹ 0,6 ‹ 0,10 0,7 ± 0,2 ‹ 1,2 ‹ 1,1 ‹ 0,18 ‹ 0,6 ‹ 0,3 ‹ 0,10 ‹ 0,5 ‹ 0,6 2,3 ± 0,7 ‹ 1,3 2,7± 0,8 ‹ 0,5 ‹ 0,7 ‹ 0,8 ‹ 0,4 ‹ 0,3 3,1 ± 0,6 ‹ 0,9 ‹ 1,0 1,7 ± 0,5 2,0 ± 0,7 ‹ 0,9 ‹ 0,18 ‹ 0,8 ‹ 0,2 ‹ 0,5 ‹ 0,6 ‹ 0,08 non rilevato 40,4 ± 1,7 39 ± 5 34 ± 3 42,0 ± 0,8 44 ± 5 30,9 ± 0,9 38,2 ± 1,4 40 ± 4 37,1 ± 1,1 37,5 ± 1,8 33,1 ± 1,6 35 ± 3 50 ± 3 37 ± 3 53 ± 2 44 ± 5 47 ± 3 44 ± 5 34,0 ± 1,9 55 ± 5 69 ± 3 69 ± 3 33,8 ± 1,7 51 ± 3 43 ± 2 50 ± 2 52,3 ± 1,8 55 ± 3 88 ± 7 92 ± 4 85,5 ± 0,9 58 ± 3 16,8 ± 1,6 130 ± 3 24,3 ± 1,7 31,6 ± 1,6 47,7 ± 1,6 41 ± 2 44 ± 4 44 ± 4 45 ± 3 38 ± 2 42,9 ± 1,6 40 ± 3 42 ± 3 43,6 ± 1,3 42,4 ± 1,6 37,2 ± 0,7 44,1 ± 1,8 42,7 ± 1,6 44,9 ± 1,7 45,3 ± 1,0 51 ± 3 45,2 ± 1,9 38,8 ± 1,3 50 ± 4 62 ± 2 66 ± 4 40,0 ± 1,3 48,2 ± 0,9 35,2 ± 1,8 74,9 ± 1,9 52 ± 4 51 ± 5 34,0 ± 1,4 33,3 ± 0,6 36,0 ± 1,6 80,2 ± 1,3 19,2 ± 0,6 95 ± 2 0,7 ± 0,2 96 ± 5 760 ± 40 670 ± 80 710 ± 40 700 ± 30 730 ± 90 600 ± 30 650 ± 30 660 ± 80 680 ± 80 690 ± 30 690 ± 80 640 ± 70 520 ± 30 680 ± 80 650 ± 80 670 ± 80 720 ± 40 680 ± 80 570 ± 30 370 ± 50 620 ± 80 660 ± 30 640 ± 30 670 ± 30 600 ± 70 970 ± 110 830 ± 40 800 ± 90 640 ± 80 600 ± 30 620 ± 40 630 ± 70 300 ± 40 1550 ± 60 8±3 1820 ± 70 0,63 ± 0,02 0,56 ± 0,03 0,57 ± 0,03 0,59 ± 0,02 0,62 ± 0,04 0,493 ± 0,014 0,559 ± 0,014 0,55 ± 0,03 0,56 ± 0,03 0,573 ± 0,013 0,55 ± 0,03 0,52 ± 0,03 0,56 ± 0,02 0,56 ± 0,03 0,62 ± 0,03 0,60 ± 0,03 0,65 ± 0,02 0,60 ± 0,03 0,497 ± 0,014 0,56 ± 0,03 0,75 ± 0,03 0,78 ± 0,02 0,526 ± 0,013 0,634 ± 0,015 0,52 ± 0,03 0,86 ± 0,04 0,71 ± 0,02 0,71 ± 0,04 0,68 ± 0,04 0,67 ± 0,02 0,67 ± 0,02 0,80 ± 0,03 0,252 ± 0,015 1,43 ± 0,02 0,087 ± 0,006 1,19 ± 0,03 quindi da considerare eccellenti da questo punto di vista. Il loro numero è tuttavia troppo limitato sul mercato perché si possa costruire un edificio senza avere notevolissime difficoltà pratiche legate al loro reperimento. Un ulteriore motivo per impiegare, nella pratica, il valore di controllo I ≤ 1 come riferimento è che questo può essere usato anche per rispettare il valore di progetto dei 200 Bq/m3 di gas radon. In altre parole se la dose gamma è inferiore al valore di controllo anche il livello di concentrazione del gas radon all’interno degli edifici si manterrà al di sotto del valore di progetto dei 200 Bq/m3. Valutazioni sperimentali Sono stati analizzati 32 campioni di blocchi di laterizio per murature alleggerito in pasta forniti da 22 imprese,che rappresentano circa il 9%,per numero,delle aziende produttrici di laterizio in Italia. La disomogenea distribuzione di queste imprese sul territorio nazionale limita, in questa fase, un’analisi di tipo geografico, per cui le conclusioni non sono immediatamente estensibili all’industria nazionale. I risultati sono mostrati in tabella 1, dove vengono presentate le concentrazioni degli isotopi richiesti per il computo dell’Indice di radioattività, che comunque viene quantifi- 80 cato esplicitamente. Sebbene per il calcolo dell’Indice sia sufficiente la misura del 226Ra, del 232Th e del 40K, si è ritenuto opportuno considerare anche l’attività del 137Cs e del 238U. Il primo, ormai universalmente diffuso, è presente in quantità maggiori in Europa rispetto al resto del mondo a causa dell’incidente di Chernobyl; il secondo (isotopo naturale, ma largamente utilizzato come residuo nucleare, e noto anche come uranio impoverito) ha recentemente goduto di una vasta eco a causa del suo utilizzo in determinati tipi di armi. Le incertezze di misura sono state calcolate a due deviazioni standard, corrispondenti a circa il 95% di confidenza. Oltre ai laterizi, sono stati analizzati anche 4 materiali normalmente utilizzati nell’industria delle costruzioni, fra cui un blocco in cemento autoclavato, un blocco in calcestruzzo alleggerito con inerti di lapillo, un blocco di calcarenite pugliese e un campione di tufo campano.Per alcune aziende è stata fatta più di una prova, su campioni provenienti da diversi stabilimenti o con diverse tipologie di prodotti (laterizio alveolato, normale, alleggerito con segatura, con polistirolo o con perlite). In tabella 1 queste varianti sono indicate con A, N, L, Po, Pe. Di un produttore è stata analizzata anche l’argilla di base im- CIL 89 piegata nell’impasto che fornisce il prodotto finito; il campione è indicato con la sigla M AR. I risultati indicano che, a meno dell’errore statistico associato alle misure, non sono riscontrabili differenze significative fra i laterizi normali e quelli alleggeriti con polistirolo, perlite o legno. Ciò è facilmente spiegabile soprattutto dalla relativamente bassa concentrazione dei materiali impiegati per l’alleggerimento. La valutazione del rispetto dei requisiti concernenti la radioattività può essere effettuata osservando da diversi punti di vista i risultati delle misure. Sebbene, infatti, possa sembrare ovvio che è il valor medio della misura che deve essere considerato, tuttavia la normativa polacca prevede che il limite debba essere rispettato dalla somma del valore medio della misura e della relativa incertezza, calcolata a due deviazioni standard. Probabilmente però, almeno in assenza di regole condivise e per incoraggiare le imprese ad un continuo miglioramento, la strada più proficua potrebbe essere quella di considerare rispettato il limite se il valore della differenza fra il valor medio e la sua incertezza è inferiore al limite stesso. L’argomento meriterebbe di essere approfondito ulteriormente perché i diversi metodi di valutazione,oltre a condurre a risultati differenti, riflettono anche la fiducia e la considerazione che un Paese ha nei confronti dei propri laboratori. Avendo quindi in mente il modo in cui i risultati vengono trattati, è facile riscontrare che tutti i campioni di laterizio rispettano il valore di controllo delI’Indice di radioattività, sebbene siano da evidenziare differenze, anche notevoli, fra i vari campioni. In particolare 4 campioni, corrispondenti a circa il 13% del totale, hanno risultati inferiori a 0,5 e quindi possono, secondo le indicazioni contenute nella Radiation Protection 112, essere utilizzati senza alcuna limitazione e in qualunque modo. Nell’intervallo 0,50-0,59 dell’Indice ricadono 16 campioni (50% del totale), mentre nell’intervallo 0,60-0,69 sono compresi 8 campioni (25%) e in quello 0,70-0,79 3 campioni (9%). Infine un solo campione ha un Indice di radioattività superiore a 0,80 (3% del totale),sebbene sia ancora ampiamente al di sotto del valore massimo ammesso. Sulla base di questi dati risulta che già oggi il mercato è in grado di offrire blocchi in laterizio che possono essere impiegati senza alcuna preoccupazione per la salute delle persone che vivranno nell’edificio, almeno sulla base delle conoscenze attuali. E tali possono essere considerati anche i laterizi che hanno risultati fra 0,5 e 1 con preferenza, a parità di altre condizioni, per i valori più bassi. È possibile che, almeno in alcuni casi, i valori dell’Indice di radioattività siano accresciuti dall’aggiunta di determinati additivi all’argilla di base.In questo caso i valori potrebbero essere ulteriormente abbassati attraverso la limitazione di questi additivi o la loro sostituzione con altri equivalenti ma meno radioattivi. L’inserimento, fra le caratteristiche tecniche dei prodotti, dell’Indice di radioattività potrebbe permettere ai progettisti di avere una conoscenza più ap- 81 profondita dei materiali che utilizzano e di adoperarli,in questo senso, con cognizione di causa. Inoltre l’impiego di materiali con caratteristiche note di radioattività, accompagnate da una semplice analisi del luogo su cui sorgerà l’edificio,permetterebbe di ottimizzare, se non eliminare del tutto, le barriere anti radon che spesso vengono predisposte nelle nuove costruzioni o nelle ristrutturazioni integrali e che, in certe circostanze, presentano più svantaggi che benefici. L’inserimento dell’Indice di radioattività fra le caratteristiche tecniche può tuttavia avvenire solo dopo che sia stato stabilito un adeguato programma di monitoraggio della produzione, che tenga conto di tutto il ciclo produttivo, dalla durata media del monte di terra alle diverse fonti di approvvigionamento della materia prima, all’aggiunta di additivi all’impasto. È evidente che, in mancanza di limiti di legge, tale monitoraggio non può essere condotto senza la fattiva collaborazione delle industrie.Al di fuori del campo dei laterizi, sono stati analizzati anche vari altri materiali normalmente impiegati nell’industria delle costruzioni. Due di questi, un blocco di calcestruzzo alleggerito con inerti di lapillo proveniente dalla Puglia e un blocco di tufo proveniente dalla Campania, presentano valori dell’Indice molto al di sopra dei limiti consigliati. Il loro impiego non può essere considerato sicuro per la salute e dovrebbe quindi essere limitato. Altri due materiali, un blocco di calcarenite ed uno di cemento autoclavato,provenienti entrambi dalla Puglia,presentano valori dell’Indice nettamente inferiori a 0,5. I risultati sin qui ottenuti, sebbene non possano essere considerati rappresentativi dell’intera produzione nazionale, sono tuttavia un buon punto di partenza e permettono, fin d’ora, di porre alcuni punti fermi sull’argomento. Innanzitutto il mercato è già oggi in grado di fornire prodotti che possono essere considerati del tutto innocui per la salute delle persone. Diversi committenti, sulla base delle considerazioni fin qui svolte, hanno cominciato a richiedere materiali che soddisfino i parametri di radioattività suggeriti in Europa. Anche alcune amministrazioni pubbliche hanno cominciato a muoversi sulla stessa strada, ed è facilmente prevedibile un interesse sempre maggiore verso prodotti sempre più di qualità.All’interno dell’insieme dei laterizi esistono poi notevoli differenze fra i vari prodotti.Tuttavia, dato che le caratteristiche radioattive di un prodotto dipendono esclusivamente dalle materie prime impiegate, è possibile e auspicabile che i produttori si adoperino, per quanto fattibile, per un miglioramento continuo della qualità delle loro fonti di approvvigionamento.D’altra parte sullo stesso mercato si possono trovare attualmente dei materiali il cui uso dovrebbe essere quantomeno limitato ad alcuni casi particolari, dimostrandone la non nocività; in ogni caso tali materiali non dovrebbero trovar posto in edifici,come scuole od ospedali,che sono suscettibili di ospitare persone che, per vari motivi, possono essere considerate più vulnerabili. ¶ RICERCA