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1 GUIDOTTI MORI GUIDO - Società Storica Aretina

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1 GUIDOTTI MORI GUIDO - Società Storica Aretina
GUIDOTTI MORI GUIDO (Arezzo, 24 aprile 1877 - ivi, 16 marzo 1961). Podestà, prefetto,
imprenditore.
Guido Guidotti è cresciuto in un’influente famiglia aretina: proprietari terrieri con attività
imprenditoriali, di tradizioni monarchiche e liberal-risorgimentali. Uno dei cimeli ereditati era il
letto sul quale aveva dormito Garibaldi, ospitato da Pietro Mori. Venne avviato giovanissimo alla
carriera militare: il Collegio militare di Roma, poi l’Accademia di Modena, dalla quale uscì, non
ancora diciottenne, sottotenente dei bersaglieri. L’anno seguente (1896) diventò ufficiale del VI
reggimento, ove prestò servizio fino al 1911, allorché decise di congedarsi per amministrare le
proprietà di famiglia. Nello stesso anno il consiglio comunale di Arezzo lo nominò rettore della
Fraternita dei Laici per il biennio 1911-1912. Con atto municipale del 26 novembre 1912 Guidotti
Mori, che nel frattempo aveva raggiunto il grado di capitano dell’esercito, diventò primo rettore
(1912-1914). Allo scoppio della Grande guerra rientrò nell’esercito, arrivando al grado di maggiore.
Tornato a casa alla conclusione del conflitto, si occupò delle proprie aziende: commercio,
agricoltura e allevamento. In quest’ultimo campo si impegnò per elevare la qualità delle razze
locali, incrociandole con bestiame d’importazione. Fu apprezzato anche a livello nazionale, tanto da
vedersi proporre incarichi nelle organizzazioni di riferimento. Analoghi successi li conseguì nel
settore vitivinicolo, diventando uno dei primi esportatori di Chianti negli Stati Uniti e produttore
“privilegiato” per la Martini & Rossi.
La partecipazione alla guerra aveva portato ad una pausa negli incarichi cittadini. Pochi anni
dopo, dal 27 settembre 1923, tornò ad essere primo rettore. Terminò la partecipazione dirigenziale
in Fraternita nel dicembre 1926, avvicinandosi la nomina a podestà. Era opinione diffusa che la
conduzione dell’istituzione pia fosse stata efficace ed accorta, mostrando dinamismo, capacità
imprenditoriali e direttive frutto dell’esperienza acquisita nell’attività privata e dell’aver dedicato
all’ente gran parte del suo tempo e del suo zelo. Il risanamento del bilancio, che aveva trovato
abbastanza dissestato e che venne convertito in un avanzo notevolissimo (anche grazie alle entrate
dell’eredità Ninci), rappresentò il traguardo più importante. Parimenti risolse la questione
dell’orfanotrofio, legato alla stessa famiglia Ninci, mettendolo in funzione nella Villa della Godiola.
Al Guidotti Mori primo rettore vanno attribuiti anche i lavori realizzati al cimitero urbano (ad
esempio la Cappella centrale), la sistemazione delle collezioni del museo (con apertura al pubblico),
l’aver sottratto all’abbandono le collezioni scientifiche De Giudici e Fabroni, trasferendole in
deposito al liceo scientifico.
Dal 1 gennaio 1927 Guido Guidotti Mori diventò il primo podestà di Arezzo. Nel
presentarlo “La Nazione” pose l’accento sulle qualità di fascista fervente, dotato di largo censo,
maggiore dei bersaglieri promosso nel dicembre 1926 (mentre era in congedo) a tenente colonnello,
uomo di molta cultura (socio dell’Accademia Petrarca dal 1911) e di intelligenza pronta.
L’iscrizione al partito fascista risaliva al 20 aprile 1926. La nomina era addebitata alla
considerazione e stima che era riuscito a guadagnarsi al timone della Fraternita e con la carriera
militare. In aggiunta si trattava di uno dei cittadini più in vista: membro della giunta provinciale
amministrativa, della commissione di appello per le imposte dirette, rappresentante dei datori di
lavoro nell’Associazione mutilati, con funzioni direttive nel settore bancario.
Una delle priorità del podestà era l’assestamento della situazione finanziaria del Comune.
Gli altri provvedimenti furono generalmente in continuità con gli anni precedenti: ripresa
dell’edilizia, dei restauri e della modernizzazione urbanistica. Nel 1928 venne terminato l’asse
stradale perpendicolare a via Guido Monaco (via Petrarca ed il segmento via Roma/via Crispi): una
facilitazione delle comunicazioni non indolore, che provocò l’abbattimento degli edifici che
ostacolavano il progetto, in particolare la maggioranza dei corpi di fabbrica, attestati sul torrente
Castro, formanti il complesso degli Spedali riuniti di S. Maria sopra i ponti. Sono da attribuirsi a
Guidotti anche l’apertura di via Margaritone, mediante l’utilizzazione delle terre dell’ex-monastero
di S. Bernardo (sul contiguo anfiteatro romano erano ripresi, dal 1925, gli scavi archeologici) ed
alcune delibere finalizzate all’abbellimento di Arezzo: sistemazione del Prato (1928), continuazione
del recupero della Casa del Petrarca, avvio del restauro dei palazzi Pretorio, Brizzolari e della torre
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di Uguccione. L’anno 1928 è altresì quello della nuova sede della Banca Popolare (via Crispi) e
quello nel quale prende corpo la collocazione del monumento al Petrarca. Termina nel 1929 la
costruzione del palazzo delle poste, progettato dal Tavanti (v.). Nello stesso anno si procede
all’abbattimento dell’ex convento delle Clarisse (Porta Buia), ufficialmente giustificato da urgenze
di risanamento igienico e di pubblica sicurezza (debellare un luogo divenuto di “malaffare” dopo
l’abbandono dell’antica destinazione). La reale motivazione andava individuata nella necessità di
costruire le caserme, con forti pressioni provenienti da Roma.
Fattori quali la crescita demografica, l’inurbamento (dovuto in parte agli insediamenti
artigianali e industriali), lo sviluppo spontaneo e caotico dei quartieri esterni alle mura, condussero
al tentativo di razionalizzare la struttura urbana consistente nell’approvazione del piano regolatore
(1929). Erano ipotizzati anche obiettivi come la salvaguardia di aree verdi, la sistemazione del
Campo di Marte, il riservare terreni allo sport. Nel bando (nazionale) era precisato che - accanto al
bisogno di programmare lo sviluppo trentennale di Arezzo - si intendeva mantenere le
caratteristiche storiche, artistiche ed ambientali della città, mettendo in risalto maggiore, ove
occorra, i nuclei e gli edifici monumentali e gli aspetti tipici per le espressioni della vita e della
storia cittadina. (...) Sventramento (in caso di necessità igieniche) delle zone più misere e
abbattimento delle mura nei tratti non di interesse artistico, con sistemazione delle zone adiacenti.
La recente istituzione municipale, il podestà, era connessa con la nuova concezione della città intesa
dal fascismo. Il progetto del Gruppo urbanisti di Roma, vincitore, non fu messo in pratica, tanto che
si decise di affidarne la revisione ad un’apposita commissione: l’operazione dette origine al piano
regolatore definitivo del 1935.
Il 15 aprile 1930 “La Nazione” annunciò che il podestà, cav. Guidotti Mori, dopo tre anni di
attività dedicata all’Amministrazione del Comune di Arezzo, aveva presentato le dimissioni. Negli
ultimi giorni si stava occupando dell’abbattimento delle mura di via Guadagnoli, intervento
motivato dalla volontà di risolvere lo strozzamento delle comunicazioni ed acquisire aree
fabbricabili. Tratta l’argomento “La Nazione” del 13-14 aprile 1930. L’edizione che annuncia
l’abbandono del Mori è pertanto del giorno seguente: una successione di eventi che fa pensare ad un
rapporto di causa-effetto. Era comunque di dominio pubblico la litigiosità fra i notabili aretini, così
pesante da paralizzare l’attività del Comune, con notevoli problematiche all’interno del fascismo.
Dopo le dimissioni Guidotti Mori conservò incarichi di varia natura: presidente della
Federazione provinciale dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, del Comitato provinciale della
Croce Rossa Italiana (lasciato nell’estate del 1930), della Sezione agricola forestale e del Consiglio
provinciale dell’economia; la vicepresidenza della provincia. Parallelamente cresceva il suo
prendere le distanze dal regime: leggi razziali ed entrata in guerra gli avvenimenti determinanti. Era
contrario alla guerra anche perché, da militare esperto, reputava improbabile la vittoria dell’Asse.
Nel gennaio del 1941 il prefetto Ristagno (v.) lo richiamò in servizio, con il grado di
colonnello della riserva. Era stato nominato direttore della sezione dell’alimentazione della
provincia di Arezzo (Se.Pr.Al.), uno dei servizi più delicati per la popolazione. Nel rapporto del
17.11.1941 Giuseppe Ristagno esprimeva un giudizio lusinghiero sui primi mesi di lavoro del
Guidotti Mori, segnalandone la spiccata capacità organizzativa e direttiva, il senso di
responsabilità, l’interessamento ed attaccamento al lavoro, l’onestà e scrupolo fino allo zelo. Sin
da allora il prefetto era però stato costretto a difenderlo da attacchi provenienti, principalmente, dal
partito fascista del territorio. Anche in seguito giudicava ottimi i risultati conseguiti dal Mori, che
era riuscito ad assicurare la regolarità degli approvvigionamenti e dei consumi della Provincia. Per
rispondere alle provocazioni, il colonnello chiese al ministero di ordinare, a proprio carico, una
rigorosa inchiesta (...), non volendo e non potendo più oltre sottostare a qualsiasi benché minima
ombra di dubbio. All’inizio del 1943, persistendo le contestazioni, nel momento in cui la situazione
dell’Italia - e con essa la gestione degli approvvigionamenti - era sempre più difficile, chiese
(invano) di essere congedato, per motivi di salute.
Pochi mesi più tardi la caduta di Mussolini consentiva al prefetto Ristagno giudizi ancora
più espliciti sulla situazione. Così rispose, il 13.8.1943, ad una nota del Ministero dell’agricoltura:
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“Il colonnello Guido Guidotti Mori, che aveva presentato le dimissioni dalla carica di direttore di
questa Sepral in seguito all’atteggiamento assunto nei di lui confronti dalle gerarchie locali e
centrali del disciolto partito fascista, aderendo alle mie premure, ha ora consentito a rimanere nel
posto di direttore (...) Alle doti di competenza e di energia, assomma quelle di un’onestà a tutta
prova: cosicché io debbo pregare il Ministero di voler considerare le dimissioni come non
presentate, e – comunque – di non volerle accettare”. Causa il drammatico evolversi della situazione
politica e la difficile situazione familiare, Mori tentò nuovamente di lasciare l’incarico.
Nel settembre del 1943 - ha scritto Curina (v.) - il direttore del SEPRAL ed il funzionario
Dino Fiorini appoggiarono, con rifornimenti clandestini di viveri, le formazioni partigiane presenti
in provincia. Guidotti-Mori - si disse - aveva aiutato la resistenza nascente e rifiutato, anche in
quanto fedele alla monarchia, il nuovo ordine dello Stato. I fascisti-repubblicani lo fecero arrestare
proprio mentre la consorte era gravissima; lei spirata, (“La Nazione”, 12.11.1943) l’opinione
pubblica si schierò a favore del colonnello, uomo autoritario, ma anche autorevole e ben visto.
Differisce da questa la versione alleata: l’arresto del Mori, effettuato dai nazi-fascisti ad Arezzo,
avrebbe avuto come causa non il trasferimento di rifornimenti ai partigiani, ma l’autorizzazione data
a distribuire uno stock di biscotti riservato ai casi di emergenza. Una versione intermedia, proposta
da Droandi, è confortata dalla testimonianza di Piero Guidotti Mori: a merito di suo padre andrebbe
fra l’altro ascritto l’aver occultato, dopo l’8 settembre, rilevanti quantità di derrate alimentari, per
sottrarle alle requisizioni tedesche. Per trasmettere il materiale alla cittadinanza, il direttore della
Se.Pr.Al. utilizzava canali religiosi fidati, in particolare i padri camaldolesi. Non confermata la
partecipazione diretta alle iniziative degli antifascisti. Ancor più destituita di fondamento la voce,
circolata in quei frangenti, che supponeva l’esistenza di una formazione al comando dell’excolonnello Guidotti-Mori, dislocata in Pratomagno. Il direttore della Se.Pr.Al. aveva però rapporti
di carattere commerciale con esponenti della resistenza stabilitisi nell’Alpe di Catenaia, ai quali
consegnava rifornimenti sotto forma di viveri.
La destinazione prevista, per il colonnello arrestato, era la deportazione in Germania. Venne
invece liberato, con altri detenuti politici, subito dopo un bombardamento che aveva lacerato
numerosi uffici pubblici, carceri comprese. La scheggia di una bomba aveva ucciso la moglie del
capo repubblichino della provincia Rao Torres (v.) il quale, sconvolto dalla sofferenza, procedette
alle scarcerazioni. Era rimasto in prigione dall’ottobre fino al 2 dicembre 1943.
A partire dal 15 agosto 1944, per i meriti acquisiti e l'esperienza di dirigente Se.Pr.Al.,
Guidotti Mori ricevette dagli alleati la nomina a prefetto di Arezzo. Una preferenza mal digerita dal
Comitato provinciale di liberazione nazionale: più che di diffidenza verso la persona si trattava di
una critica all’iter del conferimento, vale a dire era posta la questione della mancata consultazione
preventiva, da parte degli alleati, al C.L.N. L’organizzazione reagì indirizzando al governatore della
città una protesta indignata, con la quale si esprimeva il rincrescimento e la delusione del Comitato
e del Popolo perché il primo podestà fascista di Arezzo sia stato eletto primo prefetto dei tempi
della libertà democratica. Secondo il Curina, in realtà, la chiamata del Guidotti Mori a prefetto da
parte del provincial commissioner, non era dispiaciuta a nessuno. In primo luogo per motivi politici
era stato messo in carcere dai fascisti e, durante la lotta partigiana, aveva aiutato il movimento
della Resistenza specialmente con il rifornimento di viveri; inoltre la possibilità di avere in quel
momento, nella provincia, un capo assai pratico dell’importante settore dell’alimentazione, per il
sindaco e per il C.P.L.N. rappresentava un fatto positivo di indiscusso valore. Guidotti lasciò la
prefettura il 13 dicembre 1944.
Morì ad Arezzo all’età di ottantaquattro anni. “La Nazione” del 18 marzo 1961 riepilogava
le tappe salienti della sua vita, ricordando il conclusivo dedicarsi completamente all’agricoltura.
Aveva mantenuto responsabilità nel settore economico di competenza e la presidenza della
commissione di sconto della sede aretina del Monte dei Paschi. Non frequentava la politica attiva,
un liberale lontano dal mondo dei partiti. Rimasto monarchico, s’impegnò in questa direzione in
occasione del referendum.
Bibl.: cfr. quella contenuta in A GAROFOLI, Guido Guidotti Mori, un liberale del primo Novecento, “Annali
Aretini”, Arezzo, Fraternita dei Laici. Segnaliamo: Archivio di Stato di Arezzo, Prefettura di Arezzo, Archivio di
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gabinetto; “La Nazione”; “Giovinezza”; A. CURINA, Fuochi sui monti dell’Appennino Toscano, Arezzo, Tip. D.
Badiali, 1957; R. ABSALOM (a cura di), Gli Alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-1945). Documenti angloamericani, I, Firenze, Olschki, 1988; R. ABSALOM (a cura di), Gli Alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-1945).
Documenti anglo-americani, II*, Firenze, Olschki, 2001; R. ABSALOM (a cura di), Gli Alleati e la ricostruzione in
Toscana (1944-1945). Documenti anglo-americani, II**, Firenze, Olschki, 2001; A. GAROFOLI, Il “giallo”
dell’archivio della Prefettura aretina, “Notizie di Storia”, 8-IV, 2002; I. BIAGIANTI, Resistenza aretina e linea gotica,
in S. Tramontin (a cura), La resistenza dei cattolici sulla linea gotica. Atti del convegno (Sestino, 24-25 novembre
1979), Sansepolcro, Cooperativa culturale “Giorgio La Pira”, 1983; “La Nazione del Popolo”, 30 aprile 1945; C.L.
RAGGHIANTI, Prolusione in occasione del trentesimo anniversario della liberazione della Città di Arezzo, 1974,
datt., c. 8, “Archivio A.N.P.I.”, Arezzo; I.S.R.T., “Verbali C.L.N.”, 24 agosto 1944; F. ROSSI, Il Concorso del 1929,
“Notiziario turistico” , III, 1985; E. AGNOLUCCI, Programmazione urbanistica dal 1929 agli anni della distruzione
bellica, datt., 1980; AAVV, Arezzo fra passato e futuro, a cura dello Studio “La Piramide”, Napoli, E.S.I., 1993, in
particolare i contributi di P. ROSELLI, Trasformazioni urbane e restauri ad Arezzo tra la seconda metà del XIX sec. e i
primi decenni del ‘900 e G.A. CENTAURO, L’evoluzione moderna della città di Arezzo tra reale e virtuale. Excursus
tra piani urbanistici e progetti realizzati e non per orientarsi nella città futura; I. BIAGIANTI, Antifascismo e
Resistenza nell’aretino: I (autunno-inverno 1943), “Quaderni aretini”, 2-3, 1977; I. BIAGIANTI, Dopoguerra e
ricostruzione ad Arezzo, in La Toscana nel secondo dopoguerra, Milano, Angeli, 1991; I. BIAGIANTI, Gli agrari e il
fascismo: lotte di classe nelle campagne aretine e avvento del fascismo (1919-24), “Quaderni aretini”, I, 1976; Comune
di Arezzo, Variante al P.R.G. zona “A” del Capoluogo, Arezzo, 1999; E. DROANDI, Arezzo distrutta: 1943-44,
Cortona, Calosci, 1995; A. FRILLI, I sentieri della rivoluzione. Ricordi per i giovani, Ferrara, Tipografia sociale-Eredi
G. Zuffi, 1927; G. GALLI, Arezzo e la sua provincia nel regime fascista (1926-1943), Firenze, CET, 1992; A.
GAROFOLI, Aretini illustri dell'Ottocento: Pietro Mori, il primo sindaco, “Notiziario AR”, n. 203-204, 1993; Guerra
di sterminio e Resistenza. La Provincia di Arezzo (1943-1944), (a cura di Tognarini I.), Napoli, ESI, 1990; La
Resistenza e gli alleati in Toscana. Atti del I convegno di storia della Resistenza in Toscana, Firenze, Tipografia
Giuntina, 1964; La Toscana nel regime fascista (1922-1939), Convegno di studi, Firenze, 23-24-maggio 1969, Firenze,
Olschki, 1971; P. MORGAN, I primi podestà fascisti: 1926-1932, “Storia contemporanea”, anno IX, n. 3, giugno 1978;
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Amministrazione Provinciale di Arezzo, 1987.
(A. Garofoli)
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