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I panni tecnici (o stracci) sporchi a noleggio: un caso

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I panni tecnici (o stracci) sporchi a noleggio: un caso
I panni tecnici (o stracci) sporchi a noleggio: un caso evidente di strabismo divergente
Giovedì 09 Settembre 2010 13:11 - Ultimo aggiornamento Domenica 12 Settembre 2010 12:26
Ottavio Saia, Consulente Ambientale
In molte aziende italiane, da qualche anno, ha preso piede un'iniziativa: sostituire la formula "us
a e getta
" legata all'utilizzo di stracci (e carta) per la pulizia industriale (es. sulle linee di produzione o
all'interno delle officine) con la formula "
usa e restituisci
".
1
Con tale nuova formula l'organizzazione non solo si assicura costi più contenuti, ma si
avvantaggia anche dei minori oneri operativi ed amministrativi, in termini di gestione rifiuti.
Queste operazioni di noleggio, tuttavia, non hanno goduto, nel recente passato, di un
atteggiamento favorevole degli organi giudicanti nazionali. La questione, difatti – più che mai
comprensibile in un quadro legislativo e giurisprudenziale così contorto come quello nazionale –
viene in evidenza già nel lontano 1996, quando l'allora pretore di terni, dott. Santoloci, così
rappresenta la fattispecie: la ditta A usa uno strofinaccio fintanto che non si “sporca” (o satura)
di rifiuto; a questo punto chiama la ditta B che raccoglie e trasporta nella sua lavanderia lo
strofinaccio dove procede con la pulizia per rinviarlo ad altre ditte. A questo punto secondo il
magistrato si è in presenza di un illecito. Gli strofinacci (o meglio 'panni tecnici'), appunto,
devono essere considerati un rifiuto perchè gli stessi rappresentano un veicolo di trasporto
verso l’esterno del rifiuto stesso. In effetti, secondo tale tesi, la ditta A, così facendo, consente
la fuoriuscita del materiale residuale presente sul panno (questo si rifiuto) per veicolarlo verso
un sistema di separazione-smaltimento e contestuale bonifica del panno. Pertanto la fase di
pulizia del panno diventa un’operazione di asportazione mediante lavaggio dei rifiuti così
veicolati. Da cui l’attività della ditta B si configura come attività di trasporto e smaltimento rifiuti
da autorizzare. 2
Paradossalmente, se così fosse - in linea logica con il Giudice Ternano – potremmo affermare
che tutte le lavanderie si sarebbero dovute (o meglio si dovrebbero) considerare non in regola
con il dettato normativo nel nostro paese, non solo perché prive di autorizzazione alla gestione
dei rifiuti, ma poiché operanti in regime di privativa, in assenza di affidamento (necessario per la
gestione di rifiuti urbani). Invero, infatti, secondo tale argomentazione, ci si potrebbe spingere a
sostenere, che i capi portati a lavare in una comune lavanderia (compreso tappeti, stracci
domestici, ecc.) non fanno altro che veicolare residui, che, altro non sono, che rifiuti di tipo
urbano (!).
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Ad ogni buon conto, la tesi suggestiva, esplicitata nel giudizio di primo grado, passa in giudicato
e viene confermata anche nel 1998, quando la sez. III della cassazione penale con la sentenza
n° 6289 conferma che "… Gli strofinacci, .., altro non sono .. che il veicolo per raccogliere quei
rifiuti (pericolosi) di lavorazione e portarli altrove, per cui - sotto il profilo fenomenico e giuridico appare corretto inquadrare l'attività di prelievo e trasporto di tali panni come una fase dell'attività
di smaltimento rifiuti per conto di terzi (le ditte noleggiatrici degli strofinacci e produttrici dei rifiuti
stessi), assoggettata pertanto all'autorizzazione regionale….
"
Gli interessi, tuttavia sono forti e, considerato anche il numero di grandi imprese italiane che si
avviano ad utilizzare tale sistema, la cosa non passa inosservata. La DG Ambiente della
Commissione Europea, frettolosamente, con una prima nota del 15 gennaio del 1999, comunica
alla Mewa Textil-Service AG & Co. (società operante nel settore che aveva interessato gli
organismi comunitari) che i panni tecnici utilizzati per la asciugatura e/o pulizia dei macchinari
inquadrati nella formula "usa e restituisci" tra la società (noleggiatrici che effettuano anche la
pulizia degli stessi) ed i suoi clienti, non costituiscono rifiuti. Sinteticamente: secondo l'unità E.3
3
, in base alla normativa comunitaria di cui all'art. 1 lett. a) della direttiva quadro dei rifiuti allora
vigente,
4
il cliente, nell'ambito dell'attività di noleggio, restituisce un panno ai fini del lavaggio, non se ne
disfa, né intende disfarsene, né deve disfarsene. La volontà di disfarsi di tale 'panno',
effettivamente, si ha soltanto quando la ditta noleggiatrice decide di escludere dal sistema di
rotazione previsto dai contratti di locazione un determinato panno che al termine del processo di
lavaggio non soddisfa i requisiti di qualità previsti.
5
Nel 2002, anche l'unità Env. A2
6
, su richiesta del Ministero dell'Ambiente italiano – alla luce della corposa giurisprudenza
comunitaria sulla nozione di rifiuto
7
- cerca di chiarire meglio il concetto per una eventuale
ratio decidendi
. Anche questa volta, ci si concentra sul concetto 'panno tecnico sporco = rifiuto', evidenziando
di nuovo l'essenzialità dell'elemento psicologico indicato nella volontà degli interessati di non
disfarsi del panno tecnico
8
e precisando infine che
"…. le operazioni di pulizia non sembrano potersi considerare come modalità correnti di
recupero dei rifiuti. In particolare, esse non rientrano nelle operazioni di recupero elencate
nell'allegato IIB della direttiva quadro dei rifiuti. Inoltre, ai fini dell'individuazione dell'ambito
materiale di applicazione della definizione di rifiuto, la direttiva sembra dare maggiore
importanze alla natura e alla gestione dei residui derivanti dalle operazioni di pulizia anziché ai
materiali effettivamente sottoposti a tali operazioni. Ciò risulta evidente se di considera la
categoria Q5 dell'allegato I ("Categorie di rifiuti") della direttiva quadro ..[…].. Così come
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formulata, la categoria 5 suggerisce implicitamente che i materiali oggetto delle operazioni di
pulizia non sono di per se classificabili come rifiuti; al contrario, i residui delle operazioni di
pulizia sembrerebbero chiaramente rientrare nelle categorie di rifiuti elencate nell'allegato I
9
… ..[…].. Per analogia è evidente che il risultato finale di un operazione di pulizia è il materiale
pulito, che nel caso della società MEWA è rappresentato dai panni tecnici. Il processo di pulizia
serve a staccare e rimuovere lo sporco … in modo tale da riportare i panni nel loro stato
originario per consentire di usarli nuovamente. Ciò che viene prodotto nella pulizia sono i residui
di sporco …."
È evidente, tuttavia, che l'argomentazione adoperata, sembra soffrire di uno strabismo
divergente rispetto alla lettura dei giudici nazionali (che nella documentazione comunitaria
stranamente non viene mai ripresa), 10 tanto nell'inquadramento fenomenico quanto, piuttosto,
in quello giuridico. Ricordiamo, difatti, che leggendo i tre gradi di giudizio, i Collegi giudicanti, in
realtà, hanno sempre indicato il panno tecnico quale veicolo di supporto (trasporto) del rifiuto
prodotto dalla pulizia. In particolare, hanno motivato la sentenza di ultimo grado
11
affermando che
«
… ritiene il Collegio che tale assunto sia stato pienamente compreso ed anche condiviso dai
giudici di merito i quali, lungi dal considerare i panni in questione come rifiuti (donde la
inconferenza della doglianza), hanno espressamente basato il giudizio di responsabilità del
prevenuto sulla valutazione, quali rifiuti, delle sostanze che detti panni asportano dai macchinari
e dai prodotti lavorati ripuliti e delle quali restano impregnati fino alla saturazione
…". Per di più, a conferma di questo nella sentenza della cassazione l'addebito mosso
all'imputato è di
smaltimento
di rifiuti speciali per conto terzi.
12
Provando a semplificare la versione nazionale, si potrebbe osservare che tali stracci sporchi (o
panni tecnici) sono equiparati ad uno strano 'attrezzo-contenitore' utilizzato dall'organizzazione,
simultaneamente, sia per pulire (es. da oli, grassi, solventi, ecc.) i 'pezzi sporchi' 13 sia per
raccogliere il rifiuto lungo la propria linea produttiva; 'attrezzo-contenitore' che poi verrebbe
impiegato per trasportare il rifiuto ad un organizzazione che, a sua volta, si dovrebbe occupare
di svuotare (o meglio staccare, separare, strappare, ecc.) lo stesso del rifiuto in questo
contenuto, al fine di smaltirlo (e quindi per permetterne il riutilizzo).
Ciò detto, nonostante i due 'sereni' pareri comunitari - forse anche alla luce dell'evidente
strabismo visibile alle parti - il 20 gennaio del 2004 lo stesso Ministero dell'Ambiente ritiene
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necessario 'blindare' la versione sovranazionale. Dunque, promuove e partecipa ad un Accordo
di Programma, con il Ministero della Attività Produttive e con le principali aziende del settore,
dove stabilisce quali dovranno essere le condizioni affinché si possa non far rientrare tali
fattispecie nella normativa sui rifiuti, definendo sullo stesso patto, le regole tecniche e
commerciali per la distribuzione, il trattamento ed il riutilizzo dei panni tecnici.
Nel GAB/2005/1190/A6, nello specifico, viene definito che le società aderenti all'Accordo, 14
danno a noleggio i panni tecnici ai clienti, i quali a loro volta si impegnano a:
1.
restituirli a chiusura contratto nella stessa quantità affidata,
2.
far effettuare il lavaggio solo dalla ditta che noleggia.
Nello stesso Accordo vengono descritte nel dettaglio ulteriori modalità di gestione del 'panno
tecnico' come ad esempio le modalità di:
1.
raccolta e trasporto 15 (discutibile l'imposizione tout court della normativa sul trasporto delle
merci pericolose, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia stato usato/raccolto/trasportato
[e quindi impregnato/sporco/intriso] in presenza di sostanze pericolose e/o ci siano altri
elementi anche potenziali di pericolo in termini di merce da sottoporre alla disciplina
internazionale sui trasporti pericolosi);
2.
stoccaggio 16 e lavaggio, dove perlopiù vengono richiamate le regole di conduzione di una
lavanderia industriale (es. richiamo a impianti di depurazione, stoccaggio di sostanze
pericolose, ecc.)
3.
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nomina di un responsabile tecnico (un'altra originale iniziativa dell'Accordo, dove viene
richiesta la presenza di una figura particolarmente qualificata in termini tecnici ed in particolare
in riferimento al trasporto di merci pericolose - leggi punto 1).
L'adesione all'Accordo è soggetta ad una scadenza di 4 anni e prevede un istruttoria in ingresso
che disciplina la verifica dei requisiti delle ditte aderenti, da parte di un Comitato di Controllo e
Vigilanza (art. 10). Tale Comitato è composto da tre componenti nominati rispettivamente dal
MATT, dal Ministero della attività produttive e da un rappresentante dei soggetti firmatari. Una
copia degli atti (lettera con esito positivo dell'istruttoria rilasciata da Comitato e accordo firmato
dalle parti) deve essere presente in azienda e a bordo mezzo. 17
È evidente allora - come sopra accennato - lo scopo di tale Accordo: qualora le organizzazioni
fossero sottoposte ad attività di accertamento in tema di rifiuti, le stesse, potendo vantare la
sottoscrizione di tale documento, inibirebbero eventuali azioni di polizia giudiziaria, da parte di
scrupolosi accertatori con visioni convergenti. 18 Questi operatori infatti dovrebbero procedere
considerando gli atti amministrativi illegittimi (leggi Accordo), coinvolgendo, così, anche i due
19 . Diversamente, a carico di queste
ministeri
organizzazioni 'battezzate', rimarrebbe solo l'onere - non proprio agevole - di rispettare le
procedure individuate unitamente ai due autorevoli soggetti istituzionali.
Il condizionale, tuttavia, è d'obbligo. Ricordiamo che gli accordi di programma 20 non rientrano
tra le fonti del diritto e sono privi di efficacia
erga omnes
, ai fini della modifica o dell'istituzione di regole. Oltre a ciò, qualora si entri in conflitto con la
normativa nazionale e comunitaria, gli stessi devono essere disapplicati perché illegittimi
21
. Di conseguenza non si può escludere che:
1.
gli elementi comunitari (richiesti per l''usa e restituisci') a fondamento dell'esclusione dal
campo di applicazione della norma sui rifiuti - su cui si basa l'Accordo di Programma nazionale
del NON RIFIUTO per i panni tecnici - non possano essere replicati in un'altra fattispecie,
seppur non validata dall'iter stabilito dai due Ministeri;
2.
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quanto indicato dalla commissione UE nei due documenti del 1999 e del 2002, poi ripreso
nello strumento procedimentale (Accordo), sia da considerare come unica espressione della v
oluntas legislatoris
, valutato per di più che, ad oggi, come riferimento specifico giurisprudenziale - nel nostro
paese ed in europa - esiste solo la citata conclusione della Suprema Corte.
1 si basa su un contratto di noleggio che comprende la consegna al cliente di 'panni tecnici'
puliti, il ritiro di quelli sporchi con il conseguente recupero tramite lavaggio, per il successivo
riutilizzo; una piccola parte dei panni messi in rotazione (come previsto dal contratto) qualora
non soddisfino i requisiti di qualità previsti vengono smaltiti (la percentuale si aggira tra il 3 ed
il 5 %) dalla ditta fornitrice
2 Con sentenza 21/3/96, il Pretore di Terni condannava alla pena di giorni 40 di arresto e L
600.000 di ammenda, con pena detentiva sostituita dalla corrispondente pena pecuniaria, in
ordine al reato di cui agli artt. 6-25, comma 1, D.P.R. n. 915/1982, per aver effettuato, quale
legale rappresentante della xxxx, smaltimento di rifiuti speciali per conto terzi (stracci imbevuti
di inchiostro e solventi), senza autorizzazione
3 della Commissione - DG Ambiente Direzione A – Direzione Sostenibile e strumenti politici Impiego sostenibile delle risorse
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4 Direttiva 75/442/CEE così come modificata dalla Direttiva 91/156/CEE e dalla Decisione
96/350/CE
5 leggi nota 1
6 vedi nota precedente
7 ci si sofferma soprattutto sulla sentenza del 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e
C-418/97 (Arco Chemie et al.) e sulla sentenza 18 aprile 2002, causa C-9/00 (Palin Granit Oy)
8 non si parla in tale contesto dell'aspetto legato a quella percentuale, seppur marginale, di
panni non più immessa in circolo perché non rispettosi della qualità prevista dall'accordo;
anche se 3 o 5% vengono chiaramente smaltiti (es. D15) per contratto dal noleggiatore senza
nessuna autorizzazione !
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9 il termine "residui" ricorre anche in altre categorie di rifiuti elencate nell'allegato I della
direttiva quadro; cfr. le voci Q8 "residui di processi industriali (ad esempio scorie, residui di
distillazione, ecc.)", Q9 "residui di procedimenti antinquinamento (ad esempio fanghi di
lavaggio di gas, polveri d filtri dell'aria, filtri usati, ecc.)" e Q11 "residui provenienti
dall'estrazione e dalla preparazione di materie prima (ad esempio residui provenienti da attività
minerarie e petrolifere ecc.)"
10 la Commissione era al corrente della lettura della Cassazione penale al momento
dell'emissione dei due pareri ?
11 ass. pen. Sez. III, (ud. 17-04-1998) 29-05-1998, n. 6289
12 leggi anche nota 2
13 ad esempio la scocca di un auto, lo stampo di una pressa, il motore in un officina, i rulli di
una stampatrice, ecc.
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14 l'accordo - fino a dicembre 2009 era riferibile a quattro organizzazioni Mewa, Eco
Neproma, Forte e Noleggio Tessile - viene rinnovato nel 2008, ha validità fino al 20 gennaio
2012 e si rinnova, salvo disdetta con un anno di anticipo, tacitamente ogni 4 anni
15 nell'art. 6 dell'accordo viene imposto l'obbligo al "proprietario" del panno che effettua il
ritiro presso il soggetto "aderente", di procedere in accordo alla normativa internazionale sulle
merci pericolose (ADR) dotandosi di trasportatori muniti di patentino ADR e di consulente sulla
sicurezza dei trasporti di merci pericolose (secondo il Dlgs 4 febbraio 2000. n. 40 e s.m.i.)
16 davvero infelice la scelta di definire stoccaggio le attività di deposito prima del lavaggio
considerato la delicatezza del tema trattato
17 (forse) inspiegabilmente l'Accordo di programma, che dovrebbe nascere con l'intento di
semplificare la gestione di alcune attività riferibili ai soggetti firmatari, nel caso in questione
tende a complicarla. T
utto sommato, difatti, alla premessa di NON RIFIUTO, si
contrappongono una serie di obblighi che vanno dal controllo degli impianti, all'applicazione
indiscriminata di norme sul trasporto di merci pericolose, fino alla valutazione di appositi
soggetti di controllo, ecc., che avvicinano molto l'adesione ed il mantenimento della posizione
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del 'noleggiatore' a quella del responsabile di un impianto di gestione rifiuti (sarà un caso ?)
18 a tal proposito sarebbe auspicabile da parte dell'organo accertatore, in tali fasi, procedere
diligentemente all'attenta descrizione di tutti gli elementi, compreso quelli commerciali, che
caratterizzano la piccola filiera individuata (es. di chi è la proprietà dei panni? gli stessi
possono essere utilizzati più volte ? quali gli scostamenti tra le quantità in ingresso ed in uscita
? qual'è il compenso pattuito ? il riuso è certo ? ecc.) per mettere in condizioni il PM prima ed il
Giudice dopo di fare le loro valutazioni alla luce di passaggi molto delicati come quelli che
coinvolgono la 'definizione di rifiuto'.
19 Corte costituzionale, ordinanza 11/14 giugno 1990, n. 288 “l’illiceità penale di una
concessione non deriva soltanto dalla collusione (tra richiedente ed autorità amministrativa),
ma da qualsiasi violazione della legge penale che abbia a viziare il momento formativo della
volontà della pubblica amministrazione”
20 Come più volte sottolineato dalla dottrina, in particolare leggi "Ma gli accordi di
programma previsti dall'art. 181 c. 4 T.U. Ambientale possono derogare ai principi generali sul
deposito temporaneo e sul trasporto dei rifuti ? o su altre regole dettate dalla normativa
nazionale ? ..."
- On. Sauro
Turroni e del Cons. Maurizio Santoloci - dirittoambiente.com
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21 "..l’unico limite a siffatto potere sindacatorio è dato dalla presenza di un provvedimento
giurisdizionale del giudice amministrativo passato in giudicato: il giudice penale (e l’autorità
giudiziaria ordinaria in genere) non potrà rinnovare un proprio giudizio sull’atto, laddove esso
sia risultato legittimo a seguito di specifica ed intangibile verifica da parte del giudice
amministrativo"
- Avv. Diana Argenio, dirittoelegge.it
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