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influenzamento e persuasione: 9 “sporchi trucchi”

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influenzamento e persuasione: 9 “sporchi trucchi”
www.turboformazionevendita.com
Ciò che sei conta più di ciò che sai
Gianluigi Olivari
INFLUENZAMENTO E PERSUASIONE:
9 “SPORCHI TRUCCHI”
PER VENDERE QUALSIASI COSA
A CHIUNQUE (VOGLIA ACQUISTARLA)
Capitolo zero
Perchè è nato questo e-book
Il mestiere della vendita è diventato, per i noti motivi,
particolarmente impegnativo e i seminari formazione vendita (che
costano!) sono spesso l’occasione, per chi vi partecipa, di mettere
“sotto torchio” il docente per cercare di strappargli qualche ulteriore
consiglio, suggerimento, parere.
In particolare, per quel che mi riguarda, talvolta qualcuno mi
chiede, confidenzialmente, se posso svelargli qualche “sporco
trucco”, sconosciuto ai più, per raggiungere l’eccellenza nella
vendita, magari facendo pure poca fatica.
Non posso dire che queste richieste, meno sporadiche di ciò
che ci si potrebbe aspettare, mi sorprendano, tuttavia talvolta mi
stupisco che professionisti della vendita affermati ritengano ancora
che la formazione avanzata sulle tecniche di vendita eccellente sia
basata, appunto, su trucchi, magari anche sporchi.
In questi casi solitamente mi lancio in lunghe dissertazioni sul
tema del miglioramento nello svolgere il mestiere della vendita,
senza avarizia per quanto riguarda consigli, suggerimenti e punti di
vista. A volte, effettivamente, spunta anche qualche trucco.
In realtà, diventare veramente bravi in questo mestiere
richiede molte qualità, come costante applicazione, disciplina,
persistenza, coraggio, entusiasmo. Dopo aver lavorato duro per
migliorare, spesso i venditori che hanno raggiunto l’eccellenza si
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rendono conto che, dal loro punto di vista, la vendita è diventata
un’attività facile da svolgere. Di parere opposto sono ovviamente i
loro meno dotati colleghi che credono che vendere bene e tanto sia
solo funzione di conoscere la tecnica più avanzata, la metodologia
più nuova, il trucco più sporco.
Ovviamente essere formati sulle tecniche di vendita più
avanzate è indispensabile, tuttavia queste ultime nulla possono se il
venditore non è disposto a rimboccarsi le maniche e a imbrattarsi
un pò le mani per migliorare.
Detto ciò ammetto che, per quanto riguarda le tecniche di
influenzamento, anche grazie ai preziosissimi insegnamenti di uno
dei
maggiori
terapeuti
del
XX
secolo,
Milton
Erickson
(http://it.wikipedia.org/wiki/Milton_Erickson), si sono fatti passi da gigante.
Tuttavia anche queste tecniche di influenzamento, persuasione e
fascinazione indiretta applicate alla vendita (alla divulgazione delle
quali ho dato un piccolo contributo con il libro “Le parole segrete
della vendita”
http://www.ibs.it/code/9788861221130/cozzi-giorgio-olivari-gianluigi/parole-segrete-della-vendita.html
) nulla
possono se il venditore non è disposto a sperimentarle e a metterle
in pratica con un duro lavoro di metabolizzazione, adattamento e
sperimentazione.
Torniamo, a questo punto, alla domanda iniziale, quella sui
trucchi. In effetti questo e-book è nato per dare una risposta a tale
domanda, mettendo a disposizione alcune metodologie per chi
desideri conoscere migliorare le proprie prestazioni.
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Ironicamente, ho deciso di utilizzare nel titolo dell’e-book
l’aggettivo “sporchi” riferito ai tanto richiesti trucchi in modo che,
quando mi verrà posta la fatidica domanda, debba solo tirar fuori
dalla
borsa
l’e-book
e
consegnarlo,
evitando
quindi
lunghe
dissertazioni sul fatto che migliorare costi impegno. Credo anche
che, utilizzando la terminologia del cliente (il partecipante al
seminario di formazione), la mia opera di influenzamento sia più
efficace.
Questo e-book potrebbe suggerire idee e punti di vista
diametralmente opposti a ciò che, ora, giudichi ragionevole e vero,
o a qualcuna delle tue convinzioni profonde. Non per fare paragoni
inadeguati (ma solo per suggerire concetti) , ti ricordo che in fondo
anche i contemporanei dei fratelli Wilbur e Orville Wright li
consideravano solo degli originali, e il loro padre addirittura dei
buoni a nulla inconcludenti. Consiglio quindi di leggere fino in fondo,
con mente aperta e senza giudicare troppo, sino alla fine.
In
alternativa, puoi economizzare tempo e terminare qui la lettura.
Se per caso decidessi di proseguire a leggere, ti consiglio di
tenere ben presente ciò che troverai qui, e di applicarlo con
costanza e continuità: molti altri prima di te lo hanno fatto, e ne
hanno visto i risultati riflessi sui loro volumi e i loro profitti.
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Capitolo primo
Le tecniche di influenzamento e fascinazione
Nella vendita, come in tutte le interazioni tra gli individui, c’è uno
strumento principe per influenzare l’altro ed accompagnarlo ad
agire determinati comportamenti graditi all’influenzatore (per il
venditore si tratta della firma del contratto).
Tra l’altro, quando tocco questi temi parlo sempre di
influenzamento indiretto; una delle modalità che vedo utilizzare più
spesso da chi vende è una forma di pressione diretta (e spesso
elevata) sul buyer, per convincerlo all’acquisto. Si magnificano le
qualità del prodotto / servizio e della propria azienda, si sottolinea
la propria esperienza e anzianità di mercato, si enfatizzano successi
e quote di mercato al momento raggiunte. Poi, la pressione
prosegue elencando le numerose qualità della propria mercanzia, ed
alla fine la pressione arriva al culmine estraendo (con apparente
nonchalance) la copia commissione dalla borsa e ponendoci sopra la
penna di traverso.
Quasi tutti ricorderanno il terzo principio della dinamica
(http://it.wikipedia.org/wiki/Dinamica_(fisica):
ad ogni azione corrisponde una
reazione uguale e contraria. Galileo e Newton sarebbero forse
stupiti di apprendere che, almeno nella vendita, questa legge (in
caso di corpi relativamente grandi e velocità relativamente basse
ritenuta universale) non è completamente vera. Qui da noi, sul
marciapiede, il terzo principio ha subito una variazione, ed è
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diventato: ad ogni azione corrisponde una reazione maggiore e
contraria. In parole povere, se il potenziale venditore applica una
pressione, il potenziale acquirente risponde con una pressione
contraria, di maggior entità! Queste resistenze vengono spesso
definite barriere difensive o resistenze all’acquisto. Il processo di
vendita diventa pertanto un gioco a chi applica più pressione e,
stando alle mie esperienze, il vincitore è quasi sempre il buyer che,
nella maggior parte dei casi, resiste e non compera!
Se non ci credi, prova e vedrai.
Ritengo che ciò sia una delle ragioni per le quali chi non lo
conosce, ritenga che il mestiere della vendita sia così difficile. Lo
diventa se si usano gli strumenti sbagliati. Sarebbe un pò come
pretendere di smontare il meccanismo di un raffinato orologio da
polso con gli stessi attrezzi che si usano per riparate un trattore.
Ciò pare sia vero anche nelle tecniche terapeutiche dove il
medico, per accompagnare verso la guarigione il proprio paziente,
non “spinge” bensì “tira” il paziente stesso, utilizzando le sue
euristiche e i suoi bisogni, verso la guarigione. Questo è stato
l’enorme contributo di Erickson che, utilizzando la potenza del
linguaggio verbale (con metafore, storie, aneddoti, aforismi),
paraverbale (col tono della voce, le pause, gli accenti) e non
verbale (il linguaggio del corpo) riusciva là dove la maggior parte
dei suoi colleghi terapeuti avevano fallito.
A questo punto credo di aver già risposto io alla domanda di
inizio capitolo: lo strumento è appunto il linguaggio.
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Attraverso il linguaggio è possibile utilizzare degli strumenti di
influenzamento raffinati ed attuali (sono i famosi “sporchi trucchi”)
per spingere all’azione chiunque.
A questo punto è doverosa una precisazione: non è possibile,
con tali metodologie, spingere qualcuno a fare qualcosa che
assolutamente
non desidera fare. Come con le tecniche ipnotiche
(che non sono in grado di spingere al furto una persona onesta)
anche con le metodologie di influenzamento indiretto un buyer che,
per imperscrutabili motivazioni sia del tutto contrario all’acquisto,
non lo effettuerà mai.
E allora, mi chiederai, qual è la loro utilità? Chi vende poco
può
benissimo evitare la fatica di apprendere cose nuove, e
continuare come sta facendo ora; tanto, non vendere per non
vendere ...
Qui bisogna chiamare in campo una precisazione che, seppur
sottile, si rivela fondamentale: nella maggior parte dei casi il cliente
non acquista non perchè sia di principio contario a quella merce,
bensì per una miriade di motivi diversi. In realtà, i prospect che
ogni venditore visita, hanno bisogno di comperare, spesso il
bisogno è addirittura consapevole e forte. Chi vende salumi va dai
salumieri,
che
hanno
il
bisogno
imprescindibile
di
rifornire
continuamente lo scaffale, e quindi vogliono comprare; chi vende
sistemi di puntamento va a visitare i produttori di arei da guerra,
che hanno un disperato bisogno di tali sistemi di puntamento (se no
l’arereo a cosa serve?); chi vende investimenti visita persone
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facoltose, che passano le notti ad arrovellarsi su come investire i
propri soldi in modo redditizio e sicuro, quindi hanno un fortissimo
bisogno di strumenti finanziari, e non vedono l’ora di aderire a
qualche buona proposta. Non credo che chi vende salumi visiti i
produttori di aerei da guerra, chi vende piani di investimento visiti i
salumieri (magari questo in qualche caso succede ;-)) e chi vende
sistemi di puntamento visiti facoltosi signori. Quindi, posso asserire
in tutta serenità che, nella maggior parte delle visite commerciali il
bisogno di acquistare c’è, e magari è pure forte.
E allora, mi chiederai, perchè non si vende quasi sempre? La
risposta è dannatamente semplice: qualora utilizzi strumenti non
completamente adeguati, il venditore lavora più per la concorrenza
che per sè stesso.
Tradotto in soldoni, se il prospect non si fida
completamente, non ha ottenuto tutte le informazioni che richiede,
non è del tutto convinto dal prezzo, ritiene che il tale prodotto non
sia
completamente
adeguato,
non
è
stato
completamente
soddisfatto relazionalmente, comprerà si, ma probabilmente dal
venditore successivo!
Quindi, ciò che è scritto da qui in avanti sarà soprattutto teso
a fornire qualche strumento avanzato, del tutto inutile a forzare un
prospect completamente contrario all’acquisto a comperare, tuttavia
molto utile per eliminare dal percorso del processo di vendita tutti
gli ostacoli (mancanza di fiducia, insoddisfazione per prezzi e
condizioni di acquisto, insufficiente adeguatezza percepita, presunta
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mancanza
di
informazioni)
che
impediscono
ad
un
prospect
interessato all’acquisto, di comperare.
Questo è il motivo per cui il titolo di questo e-book, ad un
certo punto, riporta tra parentesi le parole “voglia acquistarla”.
Per
quanto
ti
riguarda,
se
è
vero
che
visiti
quasi
esclusivamente chi utilizza la tua merce, quanto seguirà potrebbe
consentirti un bel balzo in avanti di prestazioni.
Per ulteriori dettagli sulle tecniche di vendita più attuali, puoi
scaricare liberamente questo documento di formazione tecniche
vendita
avanzate
(http://www.turboformazionevendita.com/Varie/XtremeSalesPower.pdf )
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Capitolo secondo
Alcuni pattern verbali influenzanti
Lo strumento del linguaggio, per influenzare, ha bisogno di
essere utilizzato con alcuni accorgimenti, figure retoriche e tecniche
dialettiche
specifiche e ben definite, adatte ognuna a particolari
circostanze.
In questo capitolo riassumerò alcune di queste forme verbali
(le più comuni) che potrai poi riprendere ed utilizzare, applicandole
ai casi che i prossimi capitoli dettaglieranno.
•
Truismi: si tratta di affermazioni che risultano difficili
da
confutare,
in
quanto
luoghi
comuni
e/o
assolutamente vere. Esempi:
o Vendere è oggi molto difficile
o Chiunque
cerca di ottenere il massimo, quando
compra qualcosa
o Fare di tutte le erbe un fascio è molto frequente
•
Suggestioni aperte: sono affermazioni volutamente
lasciate vaghe, che chi ascolta, inconsciamente, adatta
alla propria situazione, colmando le aree appunto
lasciate vaghe con proprie esperienze e convinzioni.
Esempi:
o Esistono molti modi per valutare un’azienda
o La troppa attenzione sul prezzo può avere molte
controindicazioni
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o Scegliere solo in base ai termini di pagamento
può creare alcuni problemi nel medio termine
•
Ripetizioni: si tratta di aggettivi e avverbi ripetuti 2-3
volte nella stessa frase, che utilizzano una funzione
della mente che tende a dare maggior peso ai termini
ripetuti. Esempi:
o Questo prodotto non si guasta mai, mai, mai
o Gli interventi del nostro customer care sono
rapidi, rapidi, rapidi
o I nostri clienti sono tanti, tanti, tanti
•
Metafore: è una figura retorica che, nelle sue forme più
semplici, sostituisce a una parola un’altra parola legata
alla prima da somiglianze. Esempio:
o Sei un falco
o Tutti i compratori sono volpi
o
I clienti sono sanguisughe
Nelle forme più complesse, diventano vere e proprie
storie (aneddoti).
•
Aneddoti: storie e racconti su fatti e personaggi noti,
con un finale che rinforza l’idea che l’aneddoto stesso
vuol sostenere. Esempio:
o Storia del processo a Galileo, con in finale “eppur
si muove” a sottolineare la correttenza delle
intuizioni del grande scienziato
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o Storia dell’assassinio di Cesare, che termina con
“Anche tu, Bruto, figlio mio” a sostenere che
talvolta non ci si possa fidare di nessuno
•
Presupposizione:
descrive
un
avvenimento
che
implica l’accadimento pregresso, o contemporaneo, di
un altro avvenimento. Esempi:
o Mentre mi compila l’ordine, verifico la disponibilità
del materiale
o Durante
le
consegne
è
utile
che
la
faccia
chiamare?
o Man
mano
che
il
fatturato
aumenterà,
impareremo a conoscerci meglio
•
Esempi: l’utlizzo di esempi pertinenti aiuta molto la
comprensione dei concetti, e la loro metabolizzazione.
Se il cliente comprende il tuo punto di vista e le tue
idee, è molto più facile che aderisca. Scegli esempi veri,
se possibile citane le fonti (per renderli ancora più
credibili) e fa in modo che siano pertinenti.
In aggiunta a quanto visto sopra, gli aspetti semantici dei
vocaboli utilizzati (anche inquadrati in un’ottica di consuetudini
locali e/o dialettali) hanno un peso considerevole nell’influenzare
l’interlocutore. Pensa alla differenza del dire al tuo cliente “Ha
commesso un grossolano errore” e invece “Questa è un’area di
miglioramento”.
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Per una trattazione maggiormente approfondita dei pattern
influenzanti e loro esempi, puoi consultare un libro che ho scritto
alcuni
anni
fa:
“Le
parole
segrete
della
vendita”
(http://www.ibs.it/code/9788861221130/cozzi-giorgio-olivari-gianluigi/parole-segrete-della-vendita.html )
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Capitolo terzo
Come gestire comportamenti fastidiosi
Se ti trovi spesso al cospetto di prospect o clienti dai comportamenti
fastidiosi, sarebbe opportuno utilizzare tecniche apposite per la gestione di
tali comportamenti, per evitare “ritorni di segnale” inopportuni (il cliente è
fastidioso, tu dopo un pò, anche inconsciamente, glielo fai capire, e si genera
un loop dal quale risulterà difficoltoso uscire).
Le persone con comportamenti fastidiosi appartengono, di solito, a
diverse personalità, e non tutte sono difficili da sopportare per lo stesso
motivo; quindi, bisogna prima di tutto individuare cosa, precisamente, è di
ognuno di loro che disturba.
Alcuni individui risultano difficili da sopportare per il tono di voce e le
modalità di interlocuzione; altri magari hanno una visione della vita che ti
deprime; altri ancora potrebbero avere un eloquio inarrestabile, e non lasciarti
alcuno spazio per parlare. Leggendo oltre, verificherai che, in fondo, non
sempre c’è bisogno di tecniche così sofisticate per gestire bene la relazione
ed essere in grado di influenzare positivamente tali individui: talvolta sono
sufficienti una buona dose di pazienza e la capacità di rimanere lucidi e
concentrati, utilizzando nel frattempo un linguaggio opportuno.
Quindi, una volta individuato l’esatto aspetto fonte di irritazione,
bisogna bloccare tale comportamento.
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•
Educali: assumi un comportamento distaccato, usa modalità di
interlocuzione formali, utilizza feedback di correzione tutte le
volte che cadono nel “vizietto”. Per far ciò, meglio usare un
linguaggio
indiretto,
a
base
di
aneddoti
o
metafore.
Costruiscitene in anticipo un certo numero, e utilizzale a
rotazione. Faccio un esempio: poniamo che tu abbia un cliente
incline a pensare che “i fornitori ti fregano sempre”. Te lo dice
continuamente, addirittura lo usa come intercalare. Puoi a
questo punto costruirti una storia (oooppsss, aneddoto)
partendo da un
caso
reale,
che dimostri il contrario.
Parallelamente, preparati delle metafore al riguardo (del tipo
“Come una chioccia cova le uova dalle quali nasceranno i suoi
pulcini, così i fornitori saggi fanno il massimo per i loro clienti.
Soddisfare i clienti è il miglior mezzo per rimanere a lungo sul
mercato, e prosperare”).
•
Tienili alla larga: se hai dei clienti che parlano continuamente e
non ti lasciano spazio, anzichè interromperli più o meno
brutalmente
attendi
una
pausa,
e
prendi
la
parola
immediatamente. Fai loro poche domande, se puoi (la domanda
incita a parlare) e guidali con truismi e suggestioni aperte,
•
Chiarisci con l’interlocutore quali soni i suoi comportamenti
fastidiosi, e come fare ad eliminarli (solo se la relazione è
salda): descrivi il comportamento, esplicita i sentimenti che ti
genera, suggerisci una soluzione, fai vivere in anticipo i risultati.
Esempio:
o Quando mi dici che tutti i fornitori sono menefreghisti... ...
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o ...penso a cosa investe la mia azienda in corsi di
formazione per l’ufficio Customer care...
o Potresti tener traccia di tutti gli omaggi che ti inviamo ed
evitare quella frase così offensiva ...
o In questo modo tu saresti ancora più cosciente della
considerazione della quale godi da noi, e io eviterei di
dover ascoltare ogni volta i tuoi sproloqui, ed entrambi
saremmo più rilassati.
Non facendo avvicinare troppo le persone con comportamenti
fastidiosi, sicuramente ne eviti la relativa contaminazione. In più hai il
vantaggio di evitare
di rispondere con comportamenti reattivi, che
andrebbero a rinforzare quelli, a te poco graditi, dei tuoi interlocutori
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Capitolo quarto
Come parlare fluentemente il linguaggio del
corpo
Hai probabilmente già sentito espressioni come “petto in
fuori, spalle dritte”, oppure “mantieni le distanze”, oppure ancora
“tieni i piedi in terra” o altre simili, e forse non ti sei mai chiesto da
dove derivino. La risposta è che hanno tutte a che fare con il
linguaggio del corpo.
Il linguaggio del corpo è quell’insieme di gesti, posture e
comunicazione non verbale che ognuno usa, interloquendo con i
propri simili.
E’ una forma di comunicazione molto potente, in grado di
influenzare l’interlocutore al di là di ogni aspettativa.
Una sia pur lieve forma di controllo (per forza di cose
marginale, in quanto il linguaggio del corpo, per sua natura, si
presta poco ad essere manipolato) può risultare estremamente utile
per influenzare in modo inavvertibile l’interlocutore. Ancora più
importante è imparare a leggere i segnali emessi dagli altri,
interpretandone i sottostanti stati d’animo e adeguando a ciò il
livello della comunicazione.
Se stai pensando a come regolare la tua comunicazione non
verbale per influenzare il cliente che hai di fronte, continua a
leggere e te ne farai un’idea.
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Prima di tutto posso dire che i segnali del linguaggio del corpo
non sono quasi mai univoci, ovvero sono passibili di più di una
interpretazione, a seconda del contesto. Viso, mani, braccia, torso,
gambe e piedi sono spesso libri aperti sui sentimenti e gli stati
d’animo, tuttavia consiglio sempre di non considerare solo un
segnale, ma di interpretare la maggior parte dei segnali emessi, per
poterne desumere un quadro maggiormente veritiero.
Qui presenterò i segnali più forti ed evidenti, in una buona
misura indicativi anche se considerati da soli. Per una trattazione
più approfondita puoi scaricare gratuitamente l’e-book “Tecniche di
vendita inconsce” (www.turboformazionevendita.com/landing1.htm )
Cominciamo con la distanza che decidi di mantenere con
l’interlocutore: una distanza breve è indicatrice di una maggior
confidenza e cameratismo, una distanza maggiore sottolinea una
relazione più formale.
L’angolo che forma il tuo corpo con quello dell’interlocutore,
stando uno di fronte all’altro, spesso è un vicolo cieco: se è attorno
a 90° potrebbe indicare un tuo apprezzamento per l’altro: lo trovi
interessante e familiare. Se si avvicina ai 180° potrebbe invece
esprimere freddezza o addirittura un atteggiamento ostativo e di
contrapposizione.
Il contatto oculare è uno degli aspetti di maggior rilevanza nel
comunicare con gli altri. Guardare l’interlocutore negli occhi (per
circa il 70% del tempo che dura la conversazione) è un segno di
rispetto e attenzione.
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Forse hai già sperimentato la vicinanza di un interlocutore che
ti parla guardando da un’altra parte, o sbirciando l’orologio di tanto
in tanto, oppure fissando il soffitto o il pavimento. Che impressione
ne hai tratto? Forse il tuo interlocutore non ti è apparso così
concentrato nell’ascoltarti, vero? In aggiunta, spesso chi sta
mentendo non guarda negli occhi l’interlocutore.
Anche la posizione della testa dice molto. Per dimostrare
fiducia e autorità, tieni la testa eretta sul collo; questo, all’altro,
dice: “Prenimi seriamente, so quello che dico”. Per mostrare
confidenza, amicizia o molto interesse per chi hai di fronte, sposta
la testa leggermente di lato, non importa se a destra o sinistra.
Anche i movimenti dei muscoli della bocca sono indicatori
abbastanza affidabili di ciò che passa per la mente delle persone:
serrare le labbra o muoverne gli estremi spesso indica non
completo accordo, e il trattenere un commento.
Senza contare
che, guardando la bocca del tuo cliente, puoi certamente dire se lo
stai interessando o no.
La stretta di mano fa parimenti parte di quei segnali corporei
che
sono
considerati
maggiormente
indicativi.
Nessuno
ama
stringere una mano che sembra un fascio di spaghetti scotti, e
nessuna stretta di mano dovrebbe essere una gara a chi stringe di
più. Molte persone non sanno bene cosa fare con la loro mano,
dopo aver stretta quella dell’interlocutore, soprattutto se si tratta di
una persona mai incontrata prima. Spesso tendono a giocherellare
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con orologi e braccialetti, oppure a stringersi nervosamente una
mano con l’altra.
Una buona stretta di mano, che comunichi empatia e calore,
andrebbe effettuata porgendo la mano aperta a coltello, prendendo
interamente la mano dell’interlocutore, con una stretta di media
intensità, evitando scuotimenti accentuati. Il tutto dovrebbe durare,
idelmente, 1 o 2 secondi. Per maggiori dettagli, puoi leggere
l’articolo
“L’arte
sottile
della
stretta
di
mano
(http://www.turboformazionevendita.com/articoli/stretta_mano.htm ).
Nel corso di un dialogo, entrambi gli interlocutori emettono e
ricevono continuamente segnali corporei di questo tipo, che molto
spesso sono difficili da controllare consciamente. Ovviamente le
percezioni
di
ogni
interlocutore,
relativamente
all’altro,
sono
fortemente condizionate da tali segnali. Apprendere a rilevarli, se
non a modificarli almeno in piccola parte, può essere di grande
aiuto nell’attività di influenzamento di un prospect o di un cliente, e
può consentire di parlare un pò più fluentemente il linguaggio del
corpo.
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Capitolo quinto
La potenza del significato delle parole
Qualcuno dimostra di non esserne cosciente, ma le parole che
ronunciamo nel corso della giornata sono passibili di interpretazioni
diverse, anche se apparentemente il loro significato è simile, se non
identico.
Preferiresti sentirti dire di essere “sottile” o di essere “snello”?
Pur essendo i termini sinonimi, il secondo porta con sè
una
maggior carica di positività, in quanto di solito viene associato a
concetti quali la salute e la buona forma fisica.
Anzichè dire a qualcuno che ha fallito, prova a dirgli che non
ha ancora raggiunto il proprio obiettivo. Capita l’antifona? Cerca di
esprimere lo stesso concetto utilizzando i termini più positivi e
incoraggianti che ti vengono in mente.
Un buon esempio di ciò, chemi viene in mente, è relativo al
sales manager di un’azienda per la quale ho effettuato numerosi
corsi di formazione per il middle management e per i venditori.
Questo signore aveva l’abitudine di apostrofare i propri collaboratori
dicendo loro: “Bianchi (nome inventato, nda) vende molto meglio di
lei, e commette meno errori quando si trova di fronte al cliente”.
Ovviamente l’intenzione era positiva, di stimolo per crescere
professionalmente, magari anche di aiuto nel far rilevare al
venditore
eventuali
pecche
comportamentali.
Peccato
che
le
persone oggetto di tali commenti si sentissero offese, ed anche la
loro autostima subiva forti scossoni. Il risultato finale era di
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deprimere ancora di più le loro prestazioni. Quel tal signore avrebbe
potuto dire la stessa cosa in maniera molto più stimolante e meno
offensiva:
•
Rispetto a Bianchi, qui qui e qui ha ancora la possibilità
di migliorare parecchio
•
Ha
queste
aree
comportamentali
da
sviluppare
ulteriormente, rispetto a Bianchi
•
Qui, qui e qui può evolvere professionalmente ancora di
più
Il significato è lo stesso, l’impatto sul morale del venditore è
completamente diverso: le esperienze che derivano da un giudizio
negativo o da una condanna possono avere effetti devastanti sul
morale delle persone.
E’ un pò come educare i propri figli: non è instillando timori o
peggio, paure, che li si motiva. E’ molto più efficace puntare su
ispirazione,
incoraggiamento,
energia
che
li
si
fa
crescere.
Ovviamente lo stile della comunicazione e la scelta dei vocaboli
deve tener presente tutto ciò. E’ addirittura possibile assegnare ai
figli
(ed
alle
persone
in
generale)
qualità
che
ancora
non
posseggono: dando loro fiducia e rendendo tangibile il fatto che il
genitore
creda
nella
presenza
di
tratti
comportamentali
d’eccellenza, li si aiuta ad avvicinarsi, se non ad acquisire, tali
caratteristiche virtuose.
Anche con i clienti funziona alla stessa maniera: dì loro che
sei certo che, con la tecnica appropriata (che tu suggerirai) sono
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perfettamente in grado di vendere il tuo prodotto, e diventerà molto
probabile che lo facciano effettivamente. Puoi anche usare delle
opportune suggestuioni aperte o delle presupposizioni abilmente
costruite. Motivali con l’ispirazione, non con il timore. Fornisci
consigli che derivino dalla comprensione e dall’empatia, e non
dall’astio e dalla rabbia.
Pensa prima di parlare: molte relazioni sono state rovinate da
una inopportuna scelta di vocaboli. Molte persone parlano troppo
apertamente,
senza
filtrare
opportunamente
ciò
che
dicono,
adattandolo all’interlocutore., e senza dividere i termini motivanti
da quelli sabotanti.
La scelta delle parole è uno strumento molto potente: il loro
uso appropriato, a volte, può fare miracoli!
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Capitolo sesto
Il paraverbale nell’influenzamento indiretto
Uno degli elementi più importanti della comunicazione
paraverbale è la sua capacità di influenzare le percezioni e le
decisioni degli individui. E’ un tipo di influenzamento molto
indiretto,
non
rilevato
dal
destinatario,
eppure
in
grado
di
orientarne le scelte in modo a volte estremamente evidente.
Il paraverbale comprende tutte quelle tecniche che esulano
dalla scelta dei vocaboli e dalla semantica, e punta ad un uso
sapiente delle accentature, delle variazioni di volume dell’eloquio,
delle enfasi, delle pause.
Una semplice frase, come “Io non posso assicurarti ciò” è in
grado di assumere molti significati, per esempio in base a dove
viene posta l’enfasi:
-Io non posso assicurarti ciò (ma qualcun altro probabilmente
può farlo)
-Io non posso assicurarti ciò (non esiste nessun modo
perchè ciò accada)
-Io non posso assicurarti ciò (se sei fortunato ti accadrà)
-Io non posso assicurarTi ciò (ma posso assicurarlo a qualcun
altro)
-Io non posso assicurarti ciò ( ma posso assicurarti altre
cose)
Le frasi così gestite col paraverbale possono avere significati
completamente diversi da caso a caso.
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Un altro metodo di utilizzo del paraverbale (io la chiamo così
per
comodità,
tuttavia
non
è
una
tecnica
completamente
paraverbale) per assicurarsi il consenso di terze parti è il fare
aderire l’interlocutore ad una certa idea, come se fosse stata sua.
In questo c’è effettivamente un pò di manipolazione, e non tutti
sono d’accordo ad utilizzare tale modalità. In tutti i modi, funziona.
In pratica, si tratta di riformulare con lievi variazioni (ad
esempio, durante una negoziazione) ciò che l’altra parte asserisce
di desiderare, e poi dimostrare come farai per fargliela ottenere,
tramite la proposta che hai già effettuata. Se puoi fare ciò, ti
assicuri un punto di vantaggio difficilmente rimontabile.
Provo a fare un esempio: mettiamo che tu stia vendendo
un’auto usata ad un cliente. Dopo aver ascoltato quali sono i
desideri del cliente, riformulali con parole tue, adattando in maniera
impercettibile i desideri alle caratteristiche dell’auto che hai a
disposizione. Il cliente farà un pò di fatica a dire di no, in quanto
avrà la sensazione che i suoi desideri possano essere soddisfatti
dalle caratteristiche dell’auto in predicato.
Più la riformulazione è accurata (aderisce a ciò che il cliente
ha effettivamente detto) e meglio il tutto funziona.
Per quest’ultimo punto, ripeto, c’è da valutare anche il fatto
etico; tuttavia, nel processo di vendita, è abbastanza raro che ci sia
una perfetta aderenza tra le caratteristiche di un prodotto e i
bisogni espressi dal potenziale acquirente: un pò di “mismatch” è
particolarmente
frequernte,
e
probabilmente
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al
venditore
è
25
assegnato il compito di stiracchiare un pò le caratteristiche, per
renderle completamente accettabili dal cliente.
L’ultimo
aspetto
che
desidero
sottolineare,
per
quanto
riguarda il paraverbale, è rappresentato dalle pause. So che alcuni
uomini di vendita le temono: il timore pare derivare dall’apparente
vuoto di comunicazione che si crea, e che può venire valutato
ansiogeno dal venditore stesso. A volte il silenzio è temuto in
quanto dà al cliente la possibilità tecnica (nessuno sta parlando) di
fare obiezioni, viste con timore dal venditore insicuro della propria
proposta. In realtà il silenzio è una potente arma di sottolineatura
di una certa situazione: può essere un concetto appena espresso,
un richiamo all’attenzione, un dissenso espresso indirettamente.
Il silenzio, la pausa, fanno riflettere, richiamano all’ordine,
forniscono il tempo necessario ad elaborare una reazione adeguata.
Provalo, subito dopo aver enumerato i vantaggi,per il tuo
cliente,nell’accettare
l’offerta
che
stai
proponendo.
Magari
accompagnalo con un bel contatto oculare e un (appena accennato)
spostamento del capo verso sinistra. Poi guarda cosa succede. La
mia esperienza mi dice che, così facendo, presto inizierai a
considerare il silenzio come un tuo alleato.
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Capitolo settimo
La persuasione attraverso il parlare in pubblico
Desideri aumentare le tue abilità di persuasione di un uditorio
numeroso? Forse hai già fatto l’esperienza di parlare in pubblico, e
non hai ottenuto ciò che avresti voluto. Forse hai bisogno di
aumentare
le
tue
competenze
nel
catturare
l’attenzione
dell’uditorio, forse desideri migliorare nel gestirne le eventuali
obiezioni, oppure ancora hai bisogno di perfezionare le tue abilità
nel chiamare all’azione le persone.
Qui a seguire troverai i tre aspetti che ritengo maggiormente
significativi per riuscire a influenzare positivamente l’uditorio, anche
nel caso di gruppi numerosi.
Il primo aspetto è rappresentato dal linguaggio del corpo, già
precedentemente
discusso.
Una
parte
molto
importante
del
processo di comunicazione viene veicolata dal non verbale, al quale
l’uditorio risponde sempre benissimo. Per connettersi efficacemente
all’uditorio il non verbale rappresenta un ottimo veicolo.
Include il contatto oculare, il gesticolare con gli arti superiori
e il capo (con moderazione), la postura e l’eventuale deambulazione
nello spazio disponibile, e comprende anche l’utilizzo di tecniche
paraverbali, quali i silenzi e le pause, l’enfasi, le sottolineature.
In generale, il parlare efficacemente in pubblico dovrebbe
soddisfare tre condizioni: ethos, pathos, logos. Possiamo tradurre
questi tre aspetti dicendo che un oratore efficace dovrebbe essere
vero, coinvolgente, logico.
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Cose significa vero? Significa che il suo comportamento e i
suoi
segnali
non
verbali
dovrebbero
confermare
ciò
che
verbalmente sostierne. Per esempio, nel caso di un seminario di
formazione tecniche di vendita, il trainer, per essere credibile, ha
l’obbligo di dimostrare buone capacità di vendita in pratica. Oppure,
in un corso di formazione su come arricchirsi legalmente in cinque
mosse il docente non dovrebbe arrivare su una scassata utilitaria.
Coinvolgente: specialmente per gli interventi che durano ore,
se non giornate intere, il trainer deve essere in grado di tener desti
l’attenzione e l’interesse dell’uditorio, attraverso una preparazione
accurata degli argomenti, e attraverso, nuovamente, un sapiente
uso del linguaggio paraverbale e non verbale (possiamo chiamarlo
anche un meta-uso di tali tecniche: il paraverbale e il non verbale
per essere efficaci nel paraverbale e nel non
verbale!). Anche lo
scenario e la logistica concorrono a far sì che il trainer sia
coinvolgente: una sede di buon livello, servizi efficienti ed efficaci,
buon coordinamento dell’incontro sono essenziali per coinvolgere e
far star bene i partecipanti.
Per finire, la logica: sta a significare che le argomentazioni
utilizzate per “vendere” idee, concetti ed azione debbono essere
presentate in maniera coerente, comprensibile ed efficace. Tesi,
discussione, esempi, chiamata all’azione, tutto deve essere legato
da un filo rosso di logica e comprensibilità tale da muovere
l’uditorio. Ancora una volta la preparazione a monte la fa da
padrona.
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Ho l’abitudine di definire questi tre aspetti riferendomi allo
speaker che, idelmente, per essere efficace, dovrebbe risultare vero
(la coerenza), bello (il coinvolgimento) e bravo (la logica e le
argomentazioni).
Queste ultime possono efficacemente essere rinforzate da
pattern verbali come le ripetizioni, le suggestioni aperte e i truismi,
sapientemente inframmezzate all’interno del discorso.
Un ultimo aspetto è relativo all’evitare, per quanto possibile,
di leggere ciò che si dice. Un trainer risulta molto più efficace se
parla senza leggere.
Lo so, parlare magari un’ora o due mandando a memoria il
tutto necessita di un pò di lavoro iniziale, ma ti assicuro che ne vale
la pena.
Altrimenti perchè chi si occupa, ad esempio, di training
formazione tecniche vendita dovrebbe impegnarsi per tener banco
uno, due e talvolta anche tre giorni di fila senza mai declamare
neanche una riga letta, bensì andando solo a memoria?
Il secondo aspetto da considerare è relativo ad un tema già
fuggevolmente toccato al punto precedente: la preparazione a
monte.
Questo elemento non sarà probabilmente mai sottolineato a
sufficienza: lo studio dell’argomento trattato, e la conoscenza che
ne deriva, fornisce sicurezza e autorevolezza allo speaker. Spesso,
durante le conferenze di vendita, ci sono momenti lasciati a
disposizione
dell’uditorio
per
porre
quesiti.
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Una
completa
29
padromanza dell’argomento consente allo speaker di influenzare
l’uditorio (attraverso le tecniche viste al punto precedente) in
maniera efficace. Poche cose risultano più credibili di un argomento
trattato con completezza e profondità, e basato su idee e fatti
rilevanti.
L’interattività, in incontri di questo tipo è ridotta al minimo,
quindi lo speaker dovrebbe realizzare che ogni argomento utilizzato
va sapientemente scelto e calibrato, altrimenti si rischia di apparire
stereotipati o peggio, di enunciare concetti non coerenti, quando
non addirittura contraddittori.
Quindi, ancora una volta la preparazione è un aspetto chiave.
Decidi quali sono gli obiettivi dell’incontro (se vendere direttamente,
far accettare una prova del prodotto, fissare un appuntamento a
casa dei partecipanti) e sulla base degli obiettivi decidi ciò che dirai.
Prepara alcuni argomenti di fondo, utilizza dei fatti a supporto
e testimonianza, e prepara la chiusura
dell’incontro con una
chiamata all’azione.
Scrivi il tutto, imparatelo bene, e fai role play di fronte allo
specchio, o a qualcuno compiacente e paziente. Ripeti fin che non
sei
completamente
soddisfatto,
provando
a
fondo
anche
il
linguaggio non verbale.
Il terzo aspetto è relativo al creare, nei primi istanti
dell’incontro, un efficace contatto con i tuoi ascoltatori, qualunque
sia il loro numero (non è del tutto vero che se l’audience è
numerosa ciò risulti più difficile).
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Nell’arte della retorica, gli antichi romani chiamavano ciò
captatio
benevolentiae
(http://it.wikipedia.org/wiki/Captatio_benevolentiae
):
si
tratta di argomenti sapientemente inseriti nei primi istanti del
discorso, per predisporre favorevolmente l’uditorio. Per esempio,
nei corsi di formazione vendita che tengo questo aspetto è ritenuto
di grande rilevanza.
Considera l’uditorio la cosa più importante: in fondo, le
persone sono lì per te, per ascoltari e ti danno tutta la loro
disponibilità. Riuscendo a convincerli di ciò che sostieni, valorizzerai
al massimo il tuo e il loro tempo.
Devi creare un canale di comunicazione fluido per poter
porgere efficacemente i tuoi contenuti; usa quello che credi più
opportuno, inclusi metafore, aneddoti, suggestioni aperte.
Il micro-obiettivo di questa attività iniziale è creare un clima
di empatia e consapevolezza per l’uditorio, circa ciò che dirai, e far
passare il concetto che quello che l’uditorio stesso ascolterà sarà
molto importante. Queste saranno le fondamenta perchè tu possa
proseguire efficacemente.
Per finire, in una presentazione persuasiva di vendita, tu
oratore dovrai prendere per mano il pubblico e condurlo passo
passo attraverso stati d’animo che culminino nell’azione che, alla
fine, chiederai di effettuare.
Solo in questa maniera ti garantirai il successo.
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Capitolo ottavo
Tecniche di persuasione per clienti insoddisfatti
e irritati
Le tecniche di persuasione indiretta sono essenziali nella
vendita e anche nelle attività di formazione tecniche di vendita è
necessario utilizzarle, per motivare i partecipanti all’utilizzo, nella
loro attività, dei modelli performanti visti in aula.
Avere a che fare con un prospect o un cliente poco
collaborativo, irritato o addirittura ostativo è affar comune quando
si vende: trovare delle modlità efficaci per gestire tali stati d’animo
ti consentirà di migliorare i tuoi risultati.
Come esattamente alleviare disinteresse o addirittura furia di
un cliente nei tuoi confronti, nei confronti del prodotto, del
customer care, della tua azienda? Questa è una delle applicazioni
per le quali padroneggiare almeno
alcune delle
tecniche di
persuasione indiretta può tornare particolarmente utile!
Dato che la professione del venditore, quanto ad impegno,
non è esattamente una passeggiata in un parco, capiterà quasi
certamente che tu sia investito, anche con una certa violenza,
dall’insoddisfazione di qualche cliente; in tutti i modi, se succederà,
tranquillizzati pure: è assolutamente normale, capita a molti. La
cosa importante è gestire la situazione in maniera ottimale,
evitando di perdere il controllo e mantenendo i nervi saldi.
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La prima cosa che ti suggerisco è un atteggiamento paziente
e gentile, tuttavia fermo: vai alla caccia di quell’aspetto specifico
che ha originato il comportamento del cliente.
Perchè non è interessato? Si lamenta del servizio, ritiene che
tu o la tua azienda abbiate mancato in qualcosa, qualche consegna
in un momento critico non è andata a buon fine, non è stato
rispettato un elemento contrattuale? Chiedi con molta gentilezza di
esporti la problematica, e cerca di approfondire con il cliente che
danni ha sofferto: parla poco e ascolta molto, non interromperlo e,
alla fine della sua spiegazione, chiedi se per caso ci fosse dell’altro.
L’obiettivo di questa attività è estrarre tutte le informazioni possibili
dal cliente (ciò che fai qui assomiglia un pò alla fase di emersione
dei bisogni in un colloquio di vendita). Fai di tutto per separare i
fatti dalle sue opinioni.
Spesso questa ricerca dei fatti, da sola, basta a calmare un
cliente irritato: in fondo cercava solo un’occasione per essere
ascoltato, e riversare il proprio risentimento su qualcuno.
Quando i punti chiave sono emersi, riformulali con le tue
parole, per fargli capire che hai compreso, e cerca di simpatizzare:
potresti dirgli che comprendi il suo risentimento e forse, al suo
posto, avresti reagito così anche tu. Ricordati, fin qui il cliente è
stato alimentato dalle emozioni e la logica nulla può nei confronti di
chi ha perso la calma.
A questo punto, la persona dovrebbe aver riguadagnata una
certa tranquillità; in caso contrario, lascia pure che continui a
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inveire anzi, stimolalo addirittura con brevi domande del tipo: “Cosa
altro c’è”, “che altro desidera segnalarmi”, ... Quando una certa
pace è riguadagnata, procedi con la fase successiva, che è quella
delle scuse (scusati una volta sola magari a nome della tua azienda,
anche se non hai colpa, e poi evita di ripetere le scuse stesse) e
della ricerca della soluzione. Assicuralo che userai tutta la tua
influenza per accomodare le cose (e poi fallo sul serio!); spiega
precisamente cosa farai per risolvere e magari cita un paio di
esempi nei quali ciò sia successo.
La terza fase consiste nel concordare una modalità per tenerlo
informato dei progressi della soluzione. Chiedi a lui cosa preferisce
in termini di frequenza e modalità di contatto e informazione.
L’ultima fase, prima di lasciare il cliente,
“disaccoppiarlo”
completamente
dal
problema
consiste nel
di
cui
sopra,
focalizzandolo invece su qualcosa che sai gradisca. Questo è
essenziale in quanto, se rimane in uno stato d’animo di non
soddisfazione, anche se in forma latente, appena te ne vai (e quindi
cessa la tua azione “terapeutica” ) tale stato d’animo negativo
potrebbe riprendere il sopravvento, vanificando in parte il lavoro
che hai appena svolto.
Aiutalo, con truismi e suggestioni aperte, a richiamare stati
d’animo positivi che sai che ha vissuto per merito tuo, del tuo
prodotto, della tua azienda; aiutalo a ri-generare un senso di
soddisfazione e appagamento per qualche prodotto o servizio che
gli hai venduto in passato.
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Questa fase di elicitazione di uno stato d’animo particolare
risulta un pò più complessa, tecnicamente, delle fasi precedenti:
per approfondire l’uso di alcuni pattern verbali influenzanti , puoi
leggere
il
già
citato
“Le
parole
segrete
della
vendita”
(http://www.libreriauniversitaria.it/parole-segrete-vendita-riescono-migliori/libro/9788861221130 ).
Queste tecniche hanno il massimo impatto se utilizzate di
persona; si possono usare anche telefonicamente, tenendo conto di
qualche difficoltà in più in quanto il telefono è un mezzo di
comunicazione piuttosto
“freddo” (il contenuto di informazione di
una telefonata è enormemente inferiore a quello dello stesso
discorso fatto di persona) e quindi col telefono dovrai essere
particolarmente efficace per ottenere lo stesso successo.
Questo modello assomiglia molto a quello che presento, nei
corsi di formazione tecniche vendita, per la gestione delle obiezioni:
anche in quel caso c’è una prima fase basata sull’emersione dei fatti
(utilizzando intelligenza emozionale e tatto), sulla gestione dei fatti
stessi e infine sull’evocazione di uno stato d’animo desiderabile,
quello del possesso del bene. Se desideri approfondire questo tema,
puoi leggere anche l’articolo “Come Picasso gestiva l’obiezione sul
prezzo” (www.turboformazionevendita.com/articoli/picasso_obiezione_prezzo.htm )
Utilizzando le tecniche viste sopra, nella sequenza presentata
, sarà possibile arrivare ad obiettivo naturalmente ed in maniera
fluida,
recuperando
un
cliente
insoddisfatto,
e
magari
trasformandolo successivamente in uno dei tuoi migliori clienti.
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Capitolo nono
La tecnica di persuasione indiretta più potente:
gli aneddoti
Nei pattern linguistici influenzanti dei quali ti ho parlato
all’inizio dell’e-book, una menzione particolare va fatta agli aneddoti
che, per la loro potenza, si sono guadagnati un capitolo a parte.
“Vuoi ascoltare una storia?” Spesso, quando qualcuno ti dice
ciò, il tuo livello di attenzione aumenta di colpo, e ti predisponi
favorevolmente per ascolatare il tuo interlocutore. Le cosiddette
storie piacciono a tutti e questo ha fatto si che l’arte di raccontare
aneddoti (e anche metafore, se intese come un breve racconto con
un finale che presenti l’evidenza e la validità di ciò che l’oratore
sostiene, anzichè una semplice sostituzione di parola) assurgesse al
ruolo di principe dei modelli influenzanti.
Quando racconti un aneddoto, vendi sotto la soglia di
percezione del tuo interlocutore, che quindi non resiste alla tua
azione, bensì spesso accoglie favorevolmente ciò che gli dici,
aderendo alle tue proposte.
Quando racconti una storia, abbassi le barriere difensive del
cliente, fai sì che concetti complicati diventino semplici, e crei
emozioni. Consenti al cliente di abbandonare per qualche istante il
consueto mondo razionale, per introdurlo temporaneamente in
un’altra
dimensione,
emotiva,
immaginifica,
e
molto
più
coinvolgente. Quando il cliente si trova là, è più disponibile ad
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accogliere idee e concetti che magari prima non desiderava
prendere in considerazione.
Molte tecniche di vendita, oggi, fanno ricorso a questa
metodologia. E’ la famosa storia “Dagli stracci alle stelle” (rags to
riches) che viene spesso somministrata da pubblicitari ed aziende,
per convincere le persone all’acquisto. La storia comincia col
protagonista depresso e in bancarotta, e poi ri racconta come, dopo
molti tentativi, sia riuscito a trovare la formula magica del successo,
che è disponibile (dietro lauto compenso!) a condividere con te.
Sembra incredibile, tuttavia funziona in molti casi.
Ovviamente
questo
modello
è
un
pò
manipolativo
ed
eticamente non del tutto consigliabile.
Personalmente, suggerisco invece storie ed aneddoti etici,
veri, che guidino verso concetti ed azioni di mutua convenienza tra
venditore ed acquirente.
Questo modello di influenzamento non è forse parecchio più
efficace che parlare direttamente di vantaggi e caratteristiche?
Sicuramente sì!
Questo modello è in grado di toccare gli animi,
cambiare stati d’animo e generare emozioni. Chi ascolta si sente
calato nel fatto, e desidera partecipare al finale entusiasmante della
storia.
Per massimizzare l’impatto di questo modello, cerca di
utilizzare quanto puoi tutti i sensi del tuo cliente: vista, tatto, udito,
magari anche olfatto e gusto (soprattutto se vendi prodotti
alimentari ;-)) possono partecipare alla creazione d’esperienza.
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Per onor di cronaca, esistono alche i contro-aneddoti: si tratta
di situazioni che, anzichè enfatizzare il lato positivo di un certo
comportamento (sempre associato ad un atto di acquisto o al
possesso di un determinato prodotto) esemplificano una situazione
contraria, di deprivazione da tale prodotto. In questo caso si
elicitano emozioni negative.
Ciò detto, confesso anche che personalmente, nei corsi
formazione che tengo, preferisco lavorare su emozioni positive, e
quindi consiglio di fare altrettanto, anche se sono cosciente che le
emozioni negative (che derivano da una situazione di mancanza di
qualcosa) sono molle motivazionali talvolta maggiormente potenti di
quelle positive. Adotto questa regola per il piacere che si prova a far
star bene l’interlocutore.
Queste tecniche, come quasi tutte le tecniche di persuasione,
trovano applicazione anche nel viver quotidiano, anche se la loro
collocazione ideale è nel processo di vendita.
Sono tecniche persuasive delle quali è facile, con un pò di
applicazione, impadronirsi.
Il consiglio che ti do è iniziare col fare un elenco delle
principali obiezioni che vengono effettuate dai tuoi clienti, e
preparare degli aneddoti che ti aiutino a razionalizzarle.
Puoi successivamente cercarne altri che sostengano
gli
argomenti e i fatti che utilizzi nel corso delle tue presentazioni, e
così crearti un assortimento di aneddoti e metafore da impiegare
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quando serve. Recitali prima da solo, per impadronirti bene della
tecnica e risultare ancora più credibile.
Dove trovare tale materiale? Per quanto mi riguarda, la
principale fonte di ispirazione è l’ascolto durante i seminari di
formazione che tengo regolarmente: capita spesso che qualcuno
confermi, per averli collaudati personalmente, la validità dei modelli
che presento. Devo solo mentalmente registrare luogo, data e
persona, e l’aneddoto è pronto per essere utilizzato. Un’altra fonte è
la lettura: leggendo con occhio critico romanzi, manuali ed anche
riviste le occasioni di utilizzare qualche storia balzano agli occhi. Per
finire, anche i fatti della vita possino servire allo scopo: parlando
con le persone frequentemente si possono mettere le mani su
materiale molto interessante.
Impadronendoti di questa tecnica, riuscirai in breve ad
elevare ulteriormente le tue abilità di influenzamento, che si
rifletteranno immediatamente sulle tue vendite.
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Capitolo decimo
Come utilizzare la tecnica dell’associazione per
massimizzare le vendite
Ti sei mai chiesto come mai i pubblicitari e le aziende
scelgano personaggi famosi e di (apparente) successo, e non
persone comuni, per le loro campagne pubblicitarie?
Il motivo è banale: tali personaggi, che sembrano belli, felici,
ricchi, in perfetta salute spingono il consumatore ad associare
l’utilizzo di un prodotto / servizio al possesso di questi loro presunti
attributi.
Quindi chi è esposto allo spot pubblicitario è in qualche modo
condizionato a proiettare gli attributi del bello-felice-ricco di turno
sul prodotto in questione. O peggio, è condizionato a ritenere che,
consumando tale prodotto, magari alla lunga si assomigli al
personaggio visto.
E così le aziende investono somme da capogiro per far sì che
il
personaggio
in
questione
usi
un
certo
alimento,
indossi
determinati abiti, guidi una certa vettura, visiti particolari località.
Per inciso, ci si potrebbe anche chiedere perchè personaggi famosi
accettino di pubblicizzare beni spesso così lontani dal loro mondo.
La risposta pare sia che l’associazione funziona così efficacemente
che non c’è bisogno di una forte correlazione tra, per esempio, lo
sport praticato da un calciatore e il fornitore di servizi di telefonia
che lo paga per parlare delle sue sim card.
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Come si può utilizzare tutto ciò nella vendita (questo, in
effetti, potrebbe essere definito un trucco un pò sporco)?
Mi
sembra,
tutto
sommato,
abbastanza
semplice.
Ogni
venditore ha senza dubbio qualche cliente che, per dimensione,
fama, anzianità di mercato, meriti di varia natura, è noto
all’universo degli altri clienti comuni.
Il suggerimento è quello di utilizzarlo (meglio se la cosa viene
preventivamente concordata con il cliente stesso) come testimonial
per parlare del tuo prodotto.
Puoi chiedere una testimonianza scritta, un breve filmato,
oppure puoi costruire un aneddoto o una metafora, che tuttavia si
basino su un fatto vero.
Se poi il successo e la fama raggiunti non sono direttamente
correlati con l’uso del tuo prodotto, poco male: l’associazione
funzionerà lo stesso.
Qualora la relazione con tale cliente fosse salda, la richiesta di
sponsorizzazione sarebbe veramente semplice da esaudire. In caso
contrario, puoi provare a far leva sull’ego del cliente, magari
utilizzando qualche pattern verbale influenzante (presupposizioni,
truismi, suggestioni aperte).
Il meccanismo dell’associazione funziona anche in un’altra
maniera.
Probabilmente
condizionamento
condotto
conoscerai
da
l’esperimento
Ivan
di
Pavlov
(http://it.wikipedia.org/wiki/Ivan_Petrovi%C4%8D_Pavlov): suonando un campanello
mentre alimentava alcuni cani, li condusse nel tempo a salivare
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anche
senza
somministrazione
di
cibo,
soltanto
suonando
il
campanello.
Forse alcuni tuoi colleghi o concorrenti già applicano questo
modello, in più di una versione.
Alcuni, per esempio, potrebbero invitare i loro clienti al
ristorante, per costosi pranzi. Nonostante ciò richieda di investire un
pò di quattrini, probabilmente l’investimento potrebbe essere
largamente ripagato dai profitti derivanti dall’aver influenzato il
cliente a fare ciò che il venditore desidera. Questo accade perchè il
venditore stesso sa che la soddisfazione che deriva da un ottimo
pranzo sarà inevitabilmente associata all’argomento del business
discusso a tavola.
Altri, invece, magari visiteranno i clienti a bordo di costose
vetture, favorendo l’associazione tra il denaro speso per l’auto e il
sottostante
successo
di
vendita.
In
questo
secondo
caso,
esisterebbe persino un doppio livello di associazione a favorire il
business: quello tra il personaggio di successo (il venditore) ed il
cliente, di cui l’ordine sarebbe l’indispensabile complemento. Un
buon esempio di ciò è rappresentato dal tifo per il gioco del calcio: è
infatti noto che, in caso di vittoria della squadra del cuore spesso i
tifosi, per parlarne, usano il pronome “noi”; in caso di sconfitta,
invece, non è raro che si senta far ricorso al pronome “loro”. Questi
comportamenti sono fortemente correlati al bisogno dell’ego di
associarsi ad emozioni positive, per diventarne alfine parte e
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poterne godere appieno, non importa se nei fatti o solo con
l’immaginazione.
E’ noto infatti che gli individui, più sono insicuri, più sentono il
bisogno di associarsi con qualche elemento esterno, considerato
desiderabile. Chi, viceversa, ottiene successo e lo sa, non prova
nessun bisogno di associare se stesso con elementi esteriori che
comprovino tale successo.
Altri esempi di quanto sopra vengono dal mondo delle
aziende: la sponsorizzazione di eventi caritatevoli associa il brand a
valori etici e sociali; la sponsorizzazione di eventi sportivi lo lega
invece ad altri valori, quali lo spirito di corpo, la tensione verso il
risultato, la vittoria; per finire, sottolineo che l’industria del tabacco
utilizza la tecnica dell’associazione in senso inverso: i testimonial
che usa sono sempre ragazzoni esuberanti, in salute, energici. Tutto
il contrario di ciò che provoca il fumo, ovvero perdita di salute e di
energia. Diabolico. In tutti i casi, questa è una prova ulteriore che il
meccanismo funzioni.
Con l’impegno e la pratica l’utilizzo di questa tecnica diventerà
sempre più semplice, e ti avvantaggerai usando alcune delle
modalità di influenzamento indiretto più efficaci per i tuoi successi
di vendita.
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Capitolo undicesimo
Come l’aspettativa influenza il cliente
La vendita non è sicuramente un’attività per inesperti; non
basta essere svegli,
occorre anche un buon grado di intelligenza
emozionale. Servono anche resilienza, energia, determinazione,
entusiasmo. Inoltre, sarai molto avvantaggiato se conoscerai le
tecniche di influenzamento indiretto.
Questo capitolo ti parlerà di un modello importante nelle
metodologie di influenzamento indiretto: la legge dell’aspettativa.
Questa è la parola magica: aspettativa. Quando ti aspetti che
una persona si comporti come desideri, e quella persona nutre
rispetto per te, hai già ottenuto un buon vantaggio. Ti aspetti che
tuo figlio ottenga buoni voti a scuola, e ciò accade. Dici a tua moglie
che è una donna eccezionale, e lei adotta, almeno in parte, il
comportamento che ti aspetti.
Come funziona questo principio, e perchè è così
efficace? Le persone tendono a uniformarsi alle aspettative che si
hanno nei loro confronti. E’ noto un esperimento condotto alcuni
anni fa nell’università di Harvard nel corso del quale, a due
insegnanti di scuola superiore di recente nomina, vennero descritti i
futuri allievi della classe a loro assegnata. Al primo insegnante
venne detto che, in particolare cinque ragazzi della propria classe
erano particolarmente refrattari allo studio; il secondo venne
informato che proprio quei cinque ragazzi erano i migliori della
classe. I ricercatori non furono sorpresi quando, alla prima tornata
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pagellare, il gruppo dei cinque ragazzi (studenti assolutamente nella
media,
che
ovviamente
non
erano
stati
messi
al
corrente
dell’esperimento) ricevettero votazioni radicalmente opposte dai
due insegnanti scelti per effettuare il test.
Questo fatto fa capire come le intenzioni e le aspettative siano
un potente strumento di condizionamento. Quando mi aspetto che
qualcosa debba accadere, in qualche modo ne facilito l’accadimento.
Ciò è particolarmente vero nelle relazioni tra persone, in quanto chi
possiede l’aspettativa, inconsciamente, condiziona l’altro; in pratica
adotta
lo
stesso
comportamento
che
adotterebbe
qualora
l’accadimento atteso fosse già realtà. Siccome il comportamento
genera comportamento, solo il fatto di aspettarsi qualcosa da
qualcuno in qualche maniera condiziona.
Ciò è particolarmente vero nelle interazioni tra individui (la
vendita ne è un esempio); lo è di meno per le aspettative che non
sono direttamente correlate al comportamento degli individui stessi
(ad esempio, i giochi d’azzardo contro il banco).
La legge funziona anche al contrario: se non mi aspetto
qualcosa, difficilmente riuscirò a sperimentarla. La nostra mente
arriva persino alla soppressione di segnali sensoriali oggettivi, pur
di uniformarsi a cosa si aspetta debba accadere.
Lo sanno bene i prestidigitatori che, utilizzandola, riescono a
far passare inosservati trucchi a volte grossolani.
Gli effetti placebo e nocebo sono altri tipici esempi di ciò.
Attraverso
l’effetto
placebo
(http://it.wikipedia.org/wiki/Placebo_(medicina)
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il
45
paziente
trae
beneficio
farmacologicamente
dall’assunzione
neutre;
di
sostanze
l’effetto
nocebo
(http://it.wikipedia.org/wiki/Nocebo ) funziona al contrario: la psiche del malato
ne condiziona il soma a soffrire dell’assunzione di sostanze
parimenti farmacologicamente neutre, ma ritenute dannose.
Nel processo di vendita, tutto ciò assume una valenza
importante in quanto il venditore, spesso inconsciamente, influenza
il proprio cliente ad adottare il comportamento che si aspetta adotti.
Questo è uno dei motivi per cui spesso si sente dire che il
venditore è il primo a dover essere convinto di ciò che vende. Se ciò
non accade, il venditore stesso ha già posto una pesante ipoteca
(negativa) sulla conclusione della trattativa. A questo proposito, per
ulteriori approfondimenti, puoi leggere l’articolo “La prima persona
alla
quale
vendere
sei
tu”
(www.turboformazionevendita/articoli/la_prima_persona_alla_quale_vendere.htm ).
Viceversa, convinzioni di tipo contrario ( certezza della bontà
del prodotto ) aiutano ad ottenere una conclusione positiva.
Possono anche aiutarti aspettative positive dei tuoi capi e
dell’azienda nei tuoi confronti. Sono noti test effettuati in numerose
aziende, inserendo impiegati assolutamente normali in determinati
reparti, e facendoli precedere da un’informazione che li dipingeva
come lavativi nel primo reparto, e come overperformers nel
secondo. Ebbene, dopo un ragionevole lasso di tempo, i neoassunti
hanno cominciato a performare come ci si attendeva da loro.
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46
Alcuni particolari ambiti, nella vendita, nei quali può essere
uasta la legge dell’aspettativa:
•
Regola di Parkinson: serve per abbreviare di 2-3 volte i
tempi di realizzazione di un progetto o, per esempio, di
un riordino da parte dei clienti. Dì loro che ti aspetti che
il riordino venga effettuato in 30 giorni (quando i tempi
medi sarebbero invece di tre mesi). La “magia” in
questo sta nel fatto che il lavoro sarà completato nel
lasso di tempo che il cliente ritiene sia necessario.
Infatti la regola di Parkinson sostiene che “ ...i tempi
necessari a completare una attività si dilatano a
seconda del tempo a disposizione”.
•
Un’altra
modalità
efficace
per
utilizzare
la
legge
dell’aspettativa è di essere il più possibile specifici. Se
puoi dire al tuo cliente dettagliante: “So che lei è
eccezionale nel rivendere questi prodotti. Probabilmente
tra
una
settimana
li
avrà
terminati”
ti
faciliterai
l’effettuazione di un riordino, proprio tra sette giorni.
•
Aspettati le aspettative del cliente: le persone basano le
loro aspettative su di te con in mente vari elementi: il
tuo aspetto fisico, il tuo abbigliamento, gli oggetti dei
quali
ti
circondi.
Questo
è
il
motivo
per
cui
presentandosi in ordine, con abiti eleganti anche se
sobri, e utilizzando accessori di buon livello susciterai
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47
aspettative che ti aiuteranno nello svolgimento della tua
attività
Tu, che ora conosci questa forza potente, puoi usarla a tuo
vantaggio, nello svolgimento della tua professione. Condiziona il tuo
cliente con le aspettative che hai su di lui, utilizzando le
presupposizioni; digli ciò che ti aspetti, per un comune beneficio.
Puoi usare i termini “Lei probabilmente saprà già che...”
oppure
“Q!uasi certamente sarà informato di ...” per usare a tuo vantaggio
questo potente strumento. Convinciti del valore di ciò che vendi, e
della sua importanza per i tuoi clienti; focalizzati sui grandi vantaggi
per il tuo cliente, nell’adottare le soluzioni che proponi; fai tue
credenze di successo circa i risultati che puoi ottenere.
Così facendo, ti spianerai di molto la strada verso il successo.
Qualora
desiderassi
approfondire
tale
argomento,
puoi
scaricare gratuitamente l’e-book “Tecniche di vendita inconsce”
(
www.turboformazionevendita.com/landing1.htm
).
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48
Capitolo dodicesimo
Considerazioni finali
Nei miei corsi di formazione sono abituato a sostenere che
vendere sia una professione facile. Negli stessi corsi sostengo anche
il contrario.
Se per caso dovessi partecipare a due miei seminari, e mi
sentissi sostenere queste due posizioni, sappi che non sono
impazzito. Vendere a buoni livelli è indubbiamente una attività
piuttosto complessa, che presuppone molte abilità, e una certa
esperienza. Allo stesso modo diventa una attività semplice, una
volta che il venditore sia formato sugli aspetti fondamentali della
vendita stessa,
sia abituato ad una preparazione meticolosa e
assidua e disponibile al cambiamento continuo. Corsi di formazione,
libri, risorse internet: tutto ciò può contribuire fattivamente a
mantenere adeguate le competenze, e a sostenere le prestazioni
nel tempo.
L’ultimo consiglio di questo e-book è quello di ricavarti
qualche ora al mese, sistematicamente, per aggiornare le tue
competenze professionali: è un investimento che si ripagherà
infinite volte, e che troverai riflesso nei tuoi risultati di vendita.
Per approfondire, puoi anche leggere il mio ultimo libro
(“Xtreme Sales Power – Libera la tua potenza di vendita”),
che trovi nelle migliori librerie tradizionali, in quelle web (Ibs,
www.turboformazionevendita.com
49
Libreria Universitaria, Rizzoli, DeaStore, ...) ed anche in formato epub, scaricando l’app “New life, book” dall’ AppStore di Apple.
Al tuo successo!
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50
Sommario
Capitolo 0:
Perchè è nato questo e-book?
Pag. 2
Capitolo 1°: Le tecniche di influenzamento e fascinazione
Pag. 5
Capitolo 2°: Alcuni pattern verbali influenzanti
Pag. 10
Capitolo 3°: Come gestire comportamenti fastidiosi
Pag. 14
Capitolo 4°: Come parlare fluentemente il linguaggio del corpo Pag. 17
Capitolo 5°: La potenza del significato delle parole
Pag. 21
Capitolo 6°: Il paraverbale nell’influenzamento indiretto
Pag. 24
Capitolo 7°: La persuasione attraverso il parlare in pubblico
Pag. 27
Capitolo 8°: Tecniche di persuasione per clienti insoddisfatti ed irritati
Pag. 33
Capitolo 9°: La tecnica di persuasione indiretta più potente: gli aneddoti
Pag. 38
Capitolo 10°:Come usare la tecnica dell’associazione per massimizzare le
vendite
Pag. 40
Capitolo 11°:Come l’aspettativa influenza il cliente
Pag. 44
Capitolo 12°:Considerazioni finali
Pag. 49
Sommario:
Pag. 51
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51
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Gianluigi Olivari is licensed under a Creative Commons - Attribuzione - Non
commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
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questo e-book con qualsiasi modalità, a patto di lasciare inalterato il testo ed i
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In un mondo ideale, più le informazioni circolano e meglio è per tutti. Inoltre, la
sua lettura procurerà visitatori al sito www.turboformazionevendita.com, che è
uno degli aspetti che mi consentono di mantenerne i contenuti gratuiti e
liberamente fruibili da tutti coloro i quali ne sono interessati.
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