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La statua di Visnù

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La statua di Visnù
L’avventura
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Emilio Salgari
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• Pubblicazione
La statua di Visnù,
fine Ottocento-inizi
Novecento
La statua di Visnù
In un’India esotica e misteriosa, all’interno di una pericolosa e
oscura caverna nel mezzo della foresta, è nascosta una statua
d’oro massiccio di leggendaria fama: essa rappresenta la quarta
incarnazione del dio Visnù, potente divinità cui è affidato il compito
di proteggere l’ordine e la giustizia nel mondo. Nel corso del tempo
molti sono stati i guerrieri che hanno tentato, invano, la difficile
impresa di recuperare il prezioso tesoro. Al tempo del principe di
Sholapur, un giovane guerriero, mosso dall’amore per la figlia del
sovrano, decide di cimentarsi nell’ardua impresa, per ottenere come
degna ricompensa del pericolo affrontato la donna da lui amata.
•Luogo e tempo
India, un’epoca
imprecisata
•Personaggi
Il principe di
Sholapur; il giovane
Konhor; il suo
vecchio servo
L
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e antiche leggende indiane narravano che nelle profonde caverne del tempio di Ellora1 doveva trovarsi un tesoro favoloso consistente in una statua
d’oro purissimo che rappresentava la quarta incarnazione del dio Visnù2, quando
quella possente divinità per volere di Brama fu tramutata in un essere mezzo uomo
e mezzo leone affinché distruggesse il gigante Erineano che tiranneggiava i popoli
dell’India. In varie epoche, alcuni coraggiosi si erano provati a entrare nelle misteriose caverne che si dicevano meravigliose, ma nessuno ne aveva mai fatto ritorno
per raccontare se il tesoro realmente esistesse o se le leggende narrassero il falso.
Il principe di Sholapur3 specialmente, che era un fervente seguace di Visnù,
aveva mandato non pochi dei suoi più famosi guerrieri a cercarlo, poiché aveva
fatto voto di regalarlo alla più grande pagoda4 del suo regno; ma quelli al pari degli
altri non si erano più fatti vivi. Si smarrivano nella profondità delle caverne, senza
essere più capaci di trovare l’apertura, oppure venivano divorati da qualche ferocissima belva che aveva il suo covo in quegli immensi e misteriosi antri? Il principe
già cominciava a disperare di poter mantenere la promessa fatta ai sacerdoti della
grande pagoda, non trovando più ardimentosi che volessero tentare la sorte, quando un giorno si presentò alla sua reggia un giovane e bellissimo indiano, di forme
eleganti e insieme vigorose, che sul turbante portava il distintivo dei Ragiaputi5,
1. Ellora: cittadina che si trova
nel Maharashtra, stato dell’In
dia centrale, famosa per le grotn
te in cui sorgono 34 tra templi
e monasteri, scavati nella roccia
tra il V e il X secolo dai seguaci
delle tre principali religioni inn
diane: buddhismo, induismo e
jainismo.
2. Visnù: con Brahma e Shiva
è una delle tre principali divinin
tà dell’induismo. Ogni volta che
l’ordine sociale e la giustizia nel
mondo sono in pericolo, Visnù
assume un’incarnazione (avatar,
in sanscrito) e scende sulla Terra
per ristabilirli. Secondo i testi san
cri, gli avatar di Visnù sono dieci.
3. Sholapur: città nell’attuale
stato del Maharashtra.
4. pagoda: tempio con più tetti
sovrapposti, tipico dell’Asia.
5. Ragiaputi: forma italianizzan
ta per rajaput, casta di guerrieri
organizzati in clan che dominaron
no dal VII al XII secolo la pianura
del Gange.
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ossia di guerrieri che si pretendono discendenti dai re indiani distinti col nome di
«Figli del sole e della luna».
«Conducetemi dal principe», disse il giovane.
«Giacché nel suo Stato non vi è più alcun prode che tenti di andare alla ricerca
della statua d’oro di Visnù, mi offro io».
I ciambellani6 e i favoriti del principe, vedendolo così giovane, poiché non pareva che avesse ancora vent’anni, gli risero in faccia.
«Come vuoi tu», gli disse il gran ciambellano, «riuscire là dove non sono stati
capaci i più poderosi guerrieri del regno? Fanciullo, va’ a pescar pesci».
Insistendo però il giovane, finirono per ammetterlo al cospetto del principe, il
quale fu subito conquistato dallo sguardo fiero e risoluto di quello sconosciuto.
«Se vuoi andare a morire nei sotterranei di Ellora», gli disse il principe, «io non
te lo impedirò. Ti avverto però che non tornerai nemmeno tu».
«E se tornassi con la statua d’oro del dio?» chiese il giovane senza sgomento.
«Ti concederei tutto quello che tu volessi».
«Come vedi, principe», disse allora il giovane, «io appartengo alla più alta casta
dei guerrieri e mi vanto, come tale, discendente dagli antichi re delle Indie; quindi
posso aspirare ai supremi onori se fossi capace di guadagnarmelo col mio valore.
Un giorno io ho veduto bagnarsi nelle acque del Ran una bellissima fanciulla che
m’impressionò così profondamente da togliermi il sonno e la tranquillità: dammi
per sposa quella fanciulla, e io ti prometto di portarti il tesoro celato nelle caverne di Ellora».
«Chiunque ella sia, tu l’avrai, perché nessuno può disobbedire ai miei ordini»,
rispose il principe.
«Allora sappi che quella fanciulla è tua figlia. Tu me l’hai promessa e io saprò
conquistarmela».
Il principe, udendo quelle parole, fece una smorfia: non si aspettava una simile rivelazione. Il giovane era bello, apparteneva a una casta guerresca da tutti rispettata, ma trovava troppo alta l’ambizione sua. Pensando però che al pari degli
altri non sarebbe più tornato, e avendo d’altronde data ormai la parola, credette
opportuno non ritirare la promessa.
«Sia pure», gli disse. «Tu avrai la mano di mia figlia se riuscirai a portarmi la
statua del dio».
«Grazie, principe», rispose il giovane. «Domani all’alba partirò per le caverne».
«Chi ti condurrà?»
«Un vecchio servo, che al pari di me non ha paura: conosce quei luoghi per
essere nato nei dintorni delle caverne».
6. ciambellani: funzionari di alto rango di una corte.
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Quando il giovane uscì dalla reggia, più nessuno gli rise sul viso. La sua calma,
la sua fermezza e la sua audacia si erano imposte a tutti i cortigiani del principe, i
quali cominciavano a credere che egli sarebbe riuscito. L’indomani Konhor – così
si chiamava quel giovane – dopo aver fatto mandare un mazzo di peonie fiammanti
alla figlia del principe, che segretamente non era rimasta insensibile alla passione
di quel bel guerriero, partiva per le misteriose caverne di Ellora, deciso a riuscire o a lasciar la vita nell’impresa. Si era armato fino ai denti e lo accompagnava
il vecchio indiano che lo aveva veduto nascere e lo amava come fosse stato suo
figlio. Non fu che verso il tramonto che giunse nei dintorni delle caverne, le quali
costituiscono anche oggi una delle meraviglie della grande penisola indostana7.
Più che caverne, sono antichi templi sotterranei, ornati di bassorilievi meravigliosi e sorretti da colonne scavate a forza di scalpello nella viva roccia, con stanze
e sale che indicano anni e anni di lavoro continuo, ordinato, si crede, dai possenti
monarchi mongoli di vari secoli prima di Cristo.
Alte e massicce mura, che formano ordinariamente più recinti quadrati, s’innalzano attorno alle caverne, con porte sormontate da torri piramidali, dette cobrows8, coronate da una rotonda massa di prodigiosa grossezza, tutte ornate di
figure rappresentanti le vittorie o le disgrazie degli dèi.
Quelle caverne si allontanano assai nel seno di una catena di montagne, formando una serie infinita di cappelle dedicate per lo più a Darmadeve9, dio della
virtù, rappresentato sotto la figura di un bue, e che ricevono luce solo da una bassissima porta, sicché sono tutte assai oscure.
Konhor e il suo vecchio servo, sapendo che potevano correre dei gravi pericoli,
decisero di attendere l’alba prima di addentrarsi in quelle misteriose caverne che
parevano abitate da Darmaraja10, il dio della morte e del fuoco. Avendo portato
con loro una piccola tenda e delle provviste, si accamparono di fronte all’ingresso
principale dei templi sotterranei col proposito di vegliare assiduamente, a turno,
temendo che sotto le volte tenebrose si nascondessero delle belve feroci. Accesi quattro fuochi, in modo da circondare il piccolo accampamento, e cenato alla
lesta11, armarono le due carabine e le pistole e attesero pazientemente che il sole
diradasse le tenebre.
Konhor, che doveva vegliare dopo la mezzanotte, si era appena addormentato presso uno dei quattro falò, quando improvvisamente fu destato da un grido
terribile, straziante, che era echeggiato a breve distanza. Alzatosi di scatto, con
terrore aveva constatato la scomparsa del vecchio servo che poco prima vegliava a
7. penisola indostana: regione
tra i fiumi Indo e Gange, dal pern
siano hindustan (stan, “paese”,
Hindu, “dell’Indo”).
8. cobrows: parola inglese forn
mata da cob (“mattone crudo”)
e row (“fila”).
9. Darmadeve: nome di un’altra
entità divina induista.
10. Darmaraja: uno dei nomi di
Yama, dio induista della morte,
rappresentato in sella a un bufan
lo con nelle mani una mazza con
cui toglie la vita alle sue vittime
e il laccio con cui le lega. Dharn
ma Rajah significa letteralmente
“signore della giustizia”, perché
come giudice dei morti punisce
i colpevoli e premia i meritevoli.
11. alla lesta: in modo sbrigan
tivo.
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pochi passi dalla tenda. Lo chiamò ripetutamente senza ottenere risposta. Solo gli
pareva di udire, verso l’apertura delle caverne, un sordo mugolio accompagnato
da uno strano rumore che pareva prodotto dal frangersi di ossa sotto una stretta
formidabile. «Che qualche tigre abiti la caverna e lo abbia azzannato?», si chiese.
Konhor era giovane, ma aveva sangue guerriero nelle vene; perciò decise di andare tosto12 in cerca del vecchio servo e di vendicarlo nel caso che qualche belva lo
avesse portato via per divorarlo.
Presa una decisione, non era uomo da riflettere, qualunque fosse il pericolo.
Aveva portato con sé delle torce, ne accese una, impugnò il suo iatagan13 dalla
lama larga e pesante e dal filo acutissimo, e si diresse coraggiosamente là dove
aveva udito quel rumore, ossia verso l’entrata delle misteriose caverne. Temendo
di venire da un momento all’altro assalito da qualche tigre, belve che abbondano
nelle giungle indiane e nei luoghi poco frequentati, procedeva con precauzione,
stringendo con mano sicura lo iatagan.
Era giunto quasi dinanzi ai colonnati dell’entrata, quando dietro a un cespuglio
vide improvvisamente alzarsi una enorme tigre reale che aveva il muso insanguinato. Abbagliata dall’improvviso sprazzo di luce della torcia che Konhor teneva
in mano, spalancò le mascelle mandando un lungo ruggito che echeggiò spaventosamente nella notte, poi con un balzo immenso fuggì verso l’entrata delle caverne,
scomparendo fra le tenebre. La mossa era stata così rapida, che il giovane indiano
non aveva avuto nemmeno il tempo d’alzare lo iatagan e di vibrarle un colpo. Era
appena scomparsa, quando i suoi occhi caddero su un corpo umano che giaceva
disteso dietro il cespuglio. Era il cadavere del vecchio e fedele servo. La tigre doveva essergli piombata addosso a tradimento mentre vegliava presso i fuochi, o,
più verosimilmente, mentre si era allontanato per fare un giro intorno alla tenda,
ed era stato portato via. I denti acutissimi della belva gli avevano stritolato la cassa
cranica e la morte doveva essere stata istantanea.
Konhor, addoloratissimo, trascinò il corpo fino all’accampamento per impedire
alla tigre di divorarlo. Pianse tutta la notte poiché amava molto il vecchio servitore.
Quando l’alba sorse, Konhor, che aveva giurato di vendicarlo, preparò le sue armi
e si diresse audacemente verso l’entrata della caverna. Ormai aveva capito chi era
l’essere misterioso che uccideva tutti i cercatori del tesoro sotterraneo. Si trattava
di una di quelle terribili tigri solitarie che gli Indiani, con una frase efficacissima,
chiamano «mangiatrici d’uomini». Sono per lo più tigri vecchie e perciò pericolose
quanto astute, sebbene meno leste e meno pronte delle altre, e cercano solitamente
un rifugio nelle pagode diroccate o nei templi sotterranei. È là che attendono il
passaggio dell’uomo, e non si nutrono che di carne umana. Così diventano le più
temute, perché per procurarsi quella carne osano inoltrarsi perfino nei villaggi.
12. tosto: subito.
13. iatagan: arma dalla lama
a taglio singolo lunga circa una
cinquantina di centimetri, una
via di mezzo tra un coltello e
una sciabola.
14. moschetto: fucile dalla cann
na corta.
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Konhor, quantunque giovane, aveva cacciato più volte le tigri insieme con suo
padre e qualcuna ne aveva anche uccisa; quindi non provava più quel senso di
timore che coglie il cacciatore novellino quando si trova dinanzi a quelle belve
sanguinarie. Accese una torcia, armò il suo lungo moschetto14 ed entrò risolutamente nel sotterraneo, scrutando con lo sguardo tutti gli angoli tenebrosi. Percorsi
una cinquantina di passi, si trovò dinanzi a una porta che metteva in un’ampia
sala, tutta adorna di sculture rappresentanti per lo più giganti indiani ed elefanti.
L’aveva appena varcata quando vide brillare fra le tenebre due punti luminosi che
lo fissavano con terribile e spaventosa intensità. La «mangiatrice d’uomini» era
là, in agguato, pronta a scagliarsi sull’audace giovane che osava andare a scovarla
nel suo asilo.
Konhor per un momento fu colto da un brivido di terrore; poi, pensando alla bellissima figlia del principe, si fece animo, e piantata la torcia in una fessura
del suolo impugnò il moschetto prendendo freddamente di mira l’animale che
brontolava sordamente, senza decidersi ancora ad assalire. Una assordante detonazione rintronò, propagandosi cupamente di caverna in caverna, seguita da
quell’urlo spaventoso che è proprio delle tigri. Konhor, non essendo ben certo
d’aver colpito la fiera, aveva fatto un salto indietro lasciando cadere il moschetto
ed estraendo lo iatagan.
Quando il fumo si fu dissipato, non vide più dinanzi a sé la belva. Doveva esservi qualche porta all’estremità della sala e la tigre, contro le sue abitudini, doveva essere fuggita. Il valoroso giovane attese qualche minuto; poi, non vedendola
ricomparire, ricaricò il moschetto, riprese la torcia e avanzò cautamente ben deciso
a finirla con la pericolosa avversaria.
Si trovò ben presto tra un ammasso di ossa, mescolate a lembi di stoffa scoloriti e ad armi d’ogni specie, arrugginite dall’umidità. Dovevano essere i resti degli
sfortunati che in varie epoche avevano cercato d’introdursi nelle tenebrose caverne per cercarvi la famosa statua del dio. Quantunque il giovane fosse rimasto
non poco impressionato da quella scoperta, continuò a procedere varcando una
seconda porta, sulla cui soglia scorse delle macchie di sangue. La tigre era stata
indubbiamente colpita. Certo ormai di vincerla facilmente, affrettò il passo attraversando parecchie sale meravigliosamente scolpite, finché giunse in una molto
più vasta delle altre, in mezzo alla quale, con sua immensa gioia, vide ergersi una
statua scintillante che raffigurava un essere mezzo uomo e mezzo leone.
Le antiche leggende non avevano mentito. La statua d’oro del dio gli stava dinanzi! Stava per precipitarsi, quando gli piombò addosso una massa pelosa che
lo atterrò di colpo, mentre un urlo orribile rintronava nella caverna. La «mangiatrice d’uomini» lo aveva assalito a tradimento piantandogli le unghie nelle spalle.
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Konhor per un momento si credette finito; poi con uno sforzo supremo riuscì a
sfuggire alla stretta della belva e introdurle fra le mascelle l’estremità della canna
del moschetto. Un lampo. La testa della belva fu sfracellata di colpo dalla scarica.
Le ferite riportate dal giovane erano però tali da richiedere dei pronti soccorsi
onde evitare una mortale perdita di sangue. D’altronde la statua era ormai stata
trovata e la terribile tigre morta.
Radunate le proprie forze, uscì dalle caverne e corse, finché ebbe fiato, a un
villaggio vicino, dove venne subito curato. Un messo fu tosto spedito al principe
per avvertirlo del felice esito dell’impresa. Tre giorni dopo, un forte manipolo di
guerrieri portava la statua del dio a Sholapur insieme col valoroso giovane adagiato
nella lettiga15 del principe. Tre mesi più tardi la popolazione entusiasta acclamava
il matrimonio dell’uccisore della «mangiatrice d’uomini» con la bellissima figlia
del rajah16.
Emilio Salgari, Avventure di terra, di giungla e di mare, Torino, Einaudi, 2001
v i ta e o p e r e
15. lettiga: letto portatile.
16. rajah: re (in sanscrito); dun
rante il dominio britannico il tin
tolo fu esteso anche a principi e
alti dignitari. Il termine è di solin
to riferito a un monarca di relin
Emilio Salgari Nato a Verona nel
1862, è considerato uno dei più imporn
tanti autori italiani di romanzi e racconti
d’avventura.
È stato uno scrittore molto prolifico, ann
che perché i contratti firmati con riviste
e case editrici lo costringevano a ritmi di lavoro sovrun
mani per pubblicare scritti con scadenza regolare e in
grande quantità. Nonostante la popolarità delle sue
opere (molte delle quali in futuro saranno adattate per
il grande e il piccolo schermo), Salgari non ha mai avun
to adeguate retribuzioni da parte delle case editrici e ha
vissuto sempre al limite della povertà. Sono state pron
prio tali misere e insostenibili condizioni di vita a spinn
gione indù, mentre per quelli di
religione islamica si utilizza più
frequentemente “sultano”.
gerlo infine a togliersi la vita, a Verona, nel 1911.
Le opere di Salgari sono circa duecento, di cui
un’ottantina di romanzi. Particolare fortuna hann
no avuto i romanzi appartenenti al ciclo dei piran
ti della Malesia (Le tigri di Mompracem 18831884, I misteri della giungla nera 1887, I pirati
della Malesia 1896, Le due tigri 1904 e altri) e al
ciclo dei corsari delle Antille (Il corsaro nero 1898,
La regina dei Caraibi 1901, Jolanda, la figlia del
corsaro nero 1905 e altri). A Salgari si deve l’invenzion
ne di personaggi di grande successo come il Corsaro
Nero, Sandokan e Yanez de Gomera. Si dedicò anche
alla scrittura di storie fantastiche, che fanno di lui un
anticipatore del genere fantascientifico in Italia.
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scheda di analisi
Il tema e il messaggio
Il racconto presenta una struttura bipartita. La prin
ma parte contiene l’antefatto e mira a dar rilievo fin
dall’inizio all’impresa da compiere, presentata come
molto incerta e rischiosa. Essa ha per oggetto un tesoro favoloso, noto solo in base ad antiche leggende,
dotato di grande valore religioso (la rappresentazion
ne della quarta incarnazione del dio Visnù) e di
enorme pregio (una statua d’oro purissimo). I luon
ghi dove si pensa sia nascosta la statua sono pericolon
si e inquietanti: molti uomini vi si sono inoltrati senza essere più capaci di trovare l’apertura, oppure
non hanno fatto ritorno perché divorati da qualche
ferocissima belva che aveva il suo covo in quegli
immensi e misteriosi antri. Protagonista di questa
prima parte del testo è il principe di Sholapur che,
spinto dal desiderio di riportare alla luce la preziosa
statua, promessa ai sacerdoti della grande pagoda,
e spaventato dall’idea di non riuscire ad adempiere al
voto, invia un gran numero di guerrieri del suo regno
negli accessi più reconditi della foresta.
La seconda macrosequenza ha come oggetto l’impresa
stessa: Konhor, giovane e bellissimo indiano, di forme eleganti e insieme vigorose, spinto dall’amore per
la figlia del principe, si candida al temerario compito
allo scopo di ottenere in cambio la mano della donna
amata. Dapprima deriso per la sua giovane età, Konhor
con la sua calma, la sua fermezza e la sua audacia riesce a imporsi non solo sui cortigiani del principe,
ma anche sull’antagonista che ha vanificato gli sforzi di
molti guerrieri prima di lui: una tigre “mangiatrice d’uon
mini”. Per quanto percorso da un brivido di terrore aln
la vista dell’animale, Konhor agisce con grande lucidità
e riesce a sconfiggere il nemico. Il lieto fine, determin
nato dall’adempimento del voto da parte del principe,
dalla guarigione di Konhor dalle ferite della tigre e dal
matrimonio tra il guerriero e la sua amata, racchiude
dunque in sé la fiducia che Salgari ripone nell’idea che
coraggio e determinazione permettano di raggiunn
gere anche gli obiettivi più ardui.
Realismo e fantasia
Il racconto presenta diverse caratteristiche tipiche
della fiaba: c’è un oggetto del desiderio, il cui ritrovan
mento permetterà di adempiere a un voto; un eroe che
si offre per la missione, scegliendo come ricompensa la
mano di una principessa; una difficile impresa da comn
piere; un aiutante; un feroce antagonista; la soluzione
e il premio finale. Contribuiscono a conferire al racconn
to un carattere fiabesco anche l’indeterminatezza temn
porale che avvolge la vicenda (non è possibile stabilire
l’epoca in cui esse si svolgono) e l’assenza di precise
coordinate spaziali (si parla soltanto della cittadina di
Ellora, ma non del luogo in cui si trova la caverna né
del villaggio in cui il giovane è curato). A tali elementi
fiabeschi si alternano però anche dettagli molto realistici, come l’ambiente e l’organizzazione della socien
tà indiana, la descrizione delle armi, la caratterizzazion
ne della feroce tigre reale e dei suoi attacchi. Salgari,
inoltre, non teme di inserire scene di efferata violenza e
particolari estremamente concreti nella narrazione deln
la lotta fra il protagonista e l’animale.
Fabula e intreccio
A parte un breve flashback (che rappresenta più che
altro una digressione, non un’informazione decisiva per
lo svolgimento della narrazione), nel racconto fabula
e intreccio coincidono sostanzialmente. Nella parte
iniziale si espone l’antefatto, poi la narrazione prosen
gue secondo il tradizionale schema: situazione iniziale,
peripezie, spannung, scioglimento finale.
Tempo della storia e tempo del racconto, invece, non
vanno di pari passo: numerose digressioni inserite nel
testo (descrizione dei templi, descrizione della tigre
ecc.) fermano il tempo della storia e fanno procedere
esclusivamente quello del racconto; viceversa, nell’incipit e nella conclusione del testo, la presenza di sommari (In varie epoche, alcuni coraggiosi si erano provati a entrare nelle misteriose caverne che si dicevano meravigliose, ma nessuno ne aveva mai fatto
ritorno per raccontare se il tesoro realmente esistesse o se le leggende narrassero il falso) ed ellissi (Tre
mesi più tardi…) imprimono una forte accelerazione
al tempo della storia, contraendo quello del racconto.
La lingua e lo stile
Lo stile di Salgari è caratterizzato da un ritmo narn
rativo incalzante, ottenuto per mezzo di un periodare
agile e breve, capace di alternare paratassi e ipotassi.
La scelta lessicale ricade su termini molto specifici, taln
volta tecnici (si vedano i nomi delle armi di cui dispone
Khonor o delle parti architettoniche citate nella descrin
zione del tempio di Ellora) e gli aggettivi sono funzionan
li alla caratterizzazione di personaggi e ambienti. Nulla
nello stile espressivo di Salgari è dunque superfluo o lan
sciato al caso; anzi, proprio tramite le scelte sintattiche
e lessicali l’autore lascia trapelare la propria passione di
scrittore, il proprio coinvolgimento “intellettuale” per le
vicende da lui narrate. La suspense è ottenuta dall’aun
tore in maniera sapiente, grazie al ricorso a elementi
tipici del genere: il buio, la spietatezza del nemico e la
rapidità con cui esso si muove, l’oggetto del desiderio a
portata di mano ma improvvisamente reso irraggiungin
bile dalla presenza di un ostacolo.
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Laboratorio sul testo
Comprendere
Informazioni esplicite
1.Quale avvenimento dà avvio alla storia?
2.Per quale impresa si offre?
3.Quale ricompensa chiede?
4.Di quali armi dispone?
5.Ricapitola gli avvenimenti che si succedono dopo l’accordo tra Konhor e il principe di Sholapur, seguendo
la scaletta che ti proponiamo.
a)
Che cosa fa Konhor la mattina successiva? .................................................................................................................
.......................................................................................................................................................................................................
b)
Come decide di passare la notte? .....................................................................................................................................
.......................................................................................................................................................................................................
c)
Quale avvenimento modifica i suoi piani? ....................................................................................................................
........................................................................................................................................................................................................
d)
In quale momento inizia l’attacco alla tigre? ................................................................................................................
.......................................................................................................................................................................................................
Informazioni implicite
6.Il principe di Sholapur si dispera per la morte degli uomini inviati a cercare la statua o per il mancato ritrovamento della stessa? Motiva la tua risposta.
Significati
7.Nel dialogo con il principe di Sholapur, Konhor dimostra grande scaltrezza: in che modo? Motiva la tua risposta citando il passo del testo che conferma la tua tesi.
Analizzare
Personaggi
8.Quali sono le caratteristiche fisiche e psicologiche di Konhor?
9.Chi è l’antagonista?
10.Chi è l’aiutante di Konhor?
Realismo e fantasia
11.Ricerca nel testo e riporta nella tabella tutti gli elementi tipici del mondo della fantasia e quelli invece che
denotano una descrizione realistica.
Realismo
Fantasia
Pagoda; ....................................................................................................
........................................................................................................................
........................................................................................................................
........................................................................................................................
........................................................................................................................
Antiche leggende; ..............................................................................
........................................................................................................................
........................................................................................................................
........................................................................................................................
.......................................................................................................................
12.Individua nel testo i riferimenti geografici e la descrizione delle grotte di Ellora: ti sembrano precisi o approssimativi?
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Tempo della storia e tempo del racconto
13.Individua nel testo la sequenza che contiene l’antefatto e spiega quale ruolo essa abbia sul piano narrativo.
14.Trova il breve flashback presente nel brano. Ti diamo un indizio: in esso viene spiegato il motivo della particolare esperienza di Konhor come cacciatore di tigri.
15.Quanto tempo dura l’impresa di Konhor? È possibile stabilirlo con esattezza?
16.Sottolinea con due colori differenti le ellissi e i sommari presenti nel testo. Spiega ora quale effetto abbiano
sul tempo della storia e su quello del racconto.
17.In tutto il brano, ma in particolare nelle sequenze finali, è diffuso uno stato d’attesa e di tensione: quali elementi e circostanze contribuiscono a creare la suspense?
Padroneggiare la lingua
Lessico
18.Oltre che nei contenuti, anche nel lessico si alternano termini marcatamente favolosi e termini molto concreti. Compila la tabella seguente distinguendo le due sfere lessicali.
Termini favolosi
Termini realistici
(Tesoro) favoloso; ...............................................................................
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Ciambellani; ..........................................................................................
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19.Nel testo compaiono numerosi sinonimi di guerriero: rintracciali e spiega perché Salgari ricorra a così tante
parole diverse per designare la medesima persona.
20.Il principe già cominciava a disperare di poter mantenere la promessa fatta ai sacerdoti della grande pagoda.
Sostituisci il verbo sottolineato con un suo sinonimo o con una perifrasi.
Grammatica
21.Nella porzione di testo riportata di seguito, sottolinea i connettivi (avverbi, congiunzioni, perifrasi) che ne
assicurano la coesione interna collegando tra di loro i diversi periodi.
Konhor per un momento si credette finito; poi con uno sforzo supremo riuscì a sfuggire alla stretta della belva e
introdurle fra le mascelle l’estremità della canna del moschetto. Un lampo. La testa della belva fu sfracellata di
colpo dalla scarica. Le ferite riportate dal giovane erano però tali da richiedere dei pronti soccorsi onde evitare
una mortale perdita di sangue. D’altronde la statua era ormai stata trovata e la terribile tigre morta. Radunate
le proprie forze, uscì dalle caverne e corse, finché ebbe fiato, a un villaggio vicino, dove venne subito curato. Un
messo fu tosto spedito al principe per avvertirlo del felice esito dell’impresa.
22.Rintraccia nel testo ed evidenzia a margine un periodo in cui ritrovi una costruzione paratattica e uno in
cui ritrovi una costruzione ipotattica.
Interpretare e produrre
23.Per due volte nel testo la tigre è accusata di agire a tradimento. Questa maniera di definire il comportamento di un animale ti sembra corretta, o denota invece un’erronea interpretazione basata su un’eccessiva
“personificazione” della tigre? Parlane coi tuoi compagni, motivando la tua opinione.
24.Prova a vestire i panni di Konhor e a diventare il nuovo eroe della vicenda: riscrivi il dialogo tra te e il principe di Sholapur, mettendo in luce quale sia l’oggetto del tuo desiderio, facendo sfoggio delle tue virtù e
dichiarandoti disposto ad affrontare un nuovo nemico.
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