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La depressione “mascherata”
La depressione “mascherata” Nel corso degli ultimi decenni, sempre più pazienti hanno richiesto un parere medico nella speranza di trovare sollievo a sintomi fisici per i quali i medici non hanno potuto trovare nessuna causa organica. In questi casi i medici devono sempre tenere a mente che dei risentimenti fisici possono nascondere uno stato depressivo soggiacente. Il fatto che la sintomatologia degli stati depressivi sia cambiata orientandosi verso una somatizzazione più evidente e pronunciata è senza dubbio causata, in una certa misura, dalle caratteristiche della vita moderna. La tecnologia sempre più sofisticata, la vita frenetica, la competizione sociale, e infine e soprattutto la tendenza dell’individuo a isolarsi, sono tutti fattori suscettibili di favorire delle ripercussioni patologiche su persone sensibili e fragili affettivamente. Un’altra caratteristica della nostra era industrializzata è la crescente indifferenziazione degli interessi. I valori spirituali e morali non giocano più un gran ruolo, il materialismo tende a dominare su tutto. Si attribuisce più importanza al corpo che allo spirito: conseguenza di ciò chi è depresso vive la sua depressione attraverso il corpo o nel corpo. Un altro fattore che contribuisce a far si che la depressione si esprima attraverso delle manifestazioni somatiche è il fatto che le persone tollerano meglio e accettano più facilmente la sofferenza derivante da una malattia fisica rispetto a dei malesseri di origine affettiva. Nonostante le rassicurazioni continue da parte dei medici che il disagio mentale e affettivo non è più “vergognoso” delle malattie organiche, l’uomo comune non si lascia convincere. Questo può facilmente portare numerosi pazienti a evitare il rischio della discriminazione sociale esteriorizzando le loro angosce sotto la forma di risentimenti fisici. Nei casi in cui abbiamo le ragioni per sospettare uno stato depressivo nascosto, dovremmo, prima di tutto, porci le seguenti due domande: - I sintomi fisici del paziente sono di natura organica o funzionale? I trascorsi personali, familiari e sociali del paziente rivelano dei conflitti psichici o dei fattori ereditari? L’importanza di individuare uno stato di depressione mascherata il più presto possibile permette al paziente di beneficiare di un trattamento farmacologico e di una psicoterapia appropriata che lo preserveranno dal ricevere un trattamento privato di effetti antidepressivi specifici. La depressione mascherata non è una diagnosi clinica che può essere comparata, per esempio, alla depressione endogena o alla depressione psicogena, ma semplicemente un’espressione che indica che la fenomenologia del quadro clinico testimonia una depressione. Nel linguaggio psichiatrico corrente, l’espressione “depressione mascherata” esiste da tempo. In origine si applicava solamente ai casi di depressione endogena difficili da individuare a causa della netta predominanza delle manifestazioni fisiche. Tuttavia si è osservato che le depressioni psicogene possono allo stesso modo assumere una forma mascherata. E’ per questa ragione che la “depressione mascherata” è stata definita come “una malattia depressiva nella quale i sintomi somatici predominano o nella quale i sintomi psichici restano in secondo piano”. Nel passato i pazienti che soffrivano di depressione mascherata portavano i loro sintomi di medico in medico e seguivano per anni un trattamento somatico senza mai trovare il sollievo desiderato. Più la nozione di depressione mascherata è diventata conosciuta, più medici, che non sono essi stessi degli psichiatri, considerano la possibilità di scoprire dietro sintomi fisici di un paziente l’esistenza di un malessere psichico. La maggior parte dei pazienti depressi sono attualmente in cura da medici che non sono psichiatri. Si tratta di una felice evoluzione che è senza dubbio stata favorita dai corsi e seminari organizzati per loro che ha permesso di far conoscere e approfondire lo studio sulla diagnosi e il trattamento della depressione. E’ essenziale che medici che non sono psichiatri continuino a ricevere informazioni pratiche per far fronte al malessere depressivo allo scopo di ricordarsi costantemente che la depressione, malattia che ha un’incidenza profonda sul corpo e lo spirito, richiede non soltanto un trattamento farmacologico, ma anche una psicoterapia e altre misure che prendano in considerazione la famiglia del paziente, il suo luogo di lavoro e l’insieme del suo ambiente sociale. Davanti ad un caso di depressione, al fine di classificare la patologia nella categoria nosologica appropriata, è fondamentale procedere ad un valutazione di tutti i fatti e risultati emersi dall’esame fisico del paziente, ma altresì da un esame del suo stato d’animo che comprenda anche il contesto economico, sociale, familiare e professionale del paziente. Concentrarsi solo su uno di questi fattori porterà sicuramente a commettere errori a livello diagnostico. Durante l’esame psichiatrico alcune domande chiave consentono di individuare nell’80% dei casi se ci troviamo di fronte ad una depressione, tra di esse: - Avete ancora gioia di vivere? - Avete lo stesso numero di interessi di un tempo? - Vi sentite meno intraprendenti rispetto a qualche settimana o mese fa? - Vi sentite stanchi e privi di energie alla fine della giornata? - Vi sentite nervosi, tesi e ansiosi? - Vi riesce difficile prendere una decisione? - Avete difficoltà ad addormentarvi? - Avete dei dolori o sentite una sensazione di pressione sul petto? - Mancate di appetito o avete perduto peso? - Avete difficoltà di ordine sessuale? - Avete dei pensieri tristi più che in passato? - Siete tormentati dalla considerazione che la vita per voi non ha più senso? L’importanza della psicoterapia nel trattamento della depressione Gli antidepressivi sono dei farmaci efficaci che riducono i sintomi somatici e psichici dei pazienti depressi e migliorano il loro umore, ma non possono risolvere i conflitti psichici. Tutte le terapie a base unicamente di farmaci antidepressivi che non sono affiancate da misure psicoterapeutiche sono votata al fallimento. Attraverso “la terapia della parola” il terapeuta deve ascoltare con cura e pazientemente il paziente quando parla dei sintomi che lo tormentano, del suo pessimismo, dei sentimenti di disperazione e mancanza di speranza. Tuttavia non è sufficiente ascoltare solamente, poiché il paziente potrebbe interpretare tale ascolto come indifferenza; quello che il terapeuta deve fare è mostrare della comprensione e della simpatia per la sofferenza del paziente attraverso delle domande e dei commenti nel corso della conversazione. Non meno importante è la necessità di discutere con il paziente in maniera aperta e franca dei fattori che hanno causato il malessere depressivo e questioni relative ad aspetti suicidari. In questo modo si costituisce una relazione di fiducia che assicura il paziente di essere in buone mani e costituisce anche la base di una terapia riuscita. Bisogna non dimeno considerare durante il trattamento aspetti legati all’ambiente professionale del paziente e la sua situazione finanziaria, aspetti che possono essere delle concause legate al sorgere della patologia depressiva. Errori che occorrono durante il trattamento con i pazienti depressi possono facilmente essere evitati osservando alcune piccole linee direttrici. Ad esempio è necessario far comprendere al paziente che non è un caso isolato e che pensieri suicidari sono comuni ad altre persone; il paziente va altresì sempre informato del trattamento sia fissare con lui degli obiettivi a breve termine della terapia. Non gli si devono nascondere gli effetti collaterali dovuti al trattamento farmacologico di modo da renderlo meno ansioso circa la loro comparsa eventuale e informarlo che il suo umore sarà soggetto a fluttuazioni temporanee che fanno parte della patologia e che non devono essere considerate un segno di peggioramento del suo stato. E’ controindicato invece persuaderlo di “riprendere la sua vita in mano” e che “non deve lasciarsi andare”; questo genere di esortazioni non possono che nuocere perché rinforzano nel paziente la convinzione che non ha la volontà per fare ciò che vorrebbe fare. E’ sbagliato persuaderlo che il suo stato migliorerà; il paziente deve arrivare a questa consapevolezza progressivamente. E’ essenziale impedirgli di prendere delle decisioni importanti che potranno rivelarsi, una volta in fase di regressione della patologia, non funzionali e essere rimpiante. Bisogna evitare di suggerire al paziente cambiamenti drastici o situazioni che possano comportare momenti di solitudine. Il terapeuta dovrebbe sempre stabilire un contatto con la famiglia del paziente. In sintesi quello che va fatto: - accettare il paziente per quello che è e la sua patologia per quella che è - discutere con il paziente circa la sua anamnesi e dei fattori che potrebbero aver causato lo stato depressivo - sottolineare che la prognosi è favorevole - informare il paziente circa tempi e finalità del trattamento - informare il paziente in anticipo degli effetti collaterali legati ai farmaci assunti - informarlo su fluttuazioni dell’umore temporanee nel corso del trattamento - fissare obiettivi a breve termine con il paziente tali da consentirgli di rendersi conto di progressi - assicurarsi la cooperazione della famiglia del paziente e tenere conto del suo ambiente sociale In sintesi quello che non va fatto: - dire al paziente di “riprendersi in mano” - inviarlo in vacanza - permettergli di prendere decisioni importanti - mettere in dubbio le sue idee deliranti - affermare che è sulla via della guarigione prima che il suo stato sia migliorato veramente Questioni da porre al paziente nel caso di un sospetto suicidio: - Avete intravisto la possibilità di suicidarvi? - Come farete? Avete già fatto dei preparativi? (più le idee del paziente sono concrete più il rischio è alto) - Pensate coscientemente al suicidio? O questo genere di pensieri si presenta alla vostra mente anche se cercate di evitarli? (i pensieri suicidari che arrivano passivamente sono ancora più pericolosi) - Avete già detto a qualcuno della vostra intenzione suicidaria? (l’annuncio di un suicidio deve essere sempre preso seriamente in considerazione) - I vostri interessi, pensieri e contatti con gli altri si sono limitati rispetto al passato? - Provate dell’aggressività nei confronti di qualcuno tanto che cercate di sopprimere questi sentimenti? (quando questi sentimenti sono soppressi possono rivolgersi contro lo stesso paziente) Storia della depressione mascherata Depressione endogena atipica All’inizio del secolo, Bonhoeffer (1912) ha individuato forme atipiche della depressione endogena, chiamate “neuroastenie”, diagnosi molto in voga all’epoca. A tal proposito scrive: “quello che è tipico in queste sindromi depressive è il fatto che il paziente nega spesso la sua esistenza, ma si lamenta con il medico curante di sintomi fisici come mal di testa, disturbi intestinali, inappetenza, insonnia, costipazione, stanchezza, ansia, sentimenti di oppressione, ecc. Se si fa capire al paziente, con delle domande pertinenti, che si conosce in che stato d’animo egli si trova, egli comincia a descrivere il suo stato depressivo mostrando segni evidenti di sollievo”. Depressione somatizzata Nella letteratura risalente a decenni fa, ritroviamo già delle descrizioni di stati depressivi il cui quadro clinico è caratterizzato essenzialmente da sintomi fisici correlati al sistema neuro-vegetativo. Bleuler (1943) è tra quelli che si sono occupati di queste forme di depressione fortemente somatizzate: “pazienti depressi consultano spesso un medico generico, uno specialista in medicina interna, o chirurghi, ginecologi, urologi o altri specialisti, limitandosi ai loro sintomi fisici e non menzionando il loro stato affettivo. I loro malesseri vanno da palpitazioni a sensazioni d’oppressione toracica a inappetenza e costipazione, a l’amenorrea e altri sintomi fisici. E’ solo dopo essersi concentrati sul loro stato fisico che essi ammettono di avere delle idee depressive, di rovina e di peccato, e che la loro depressione non si manifesta solo sotto la veste di sintomi somatici, ma anche sotto la veste di altre forme fisiche di espressione”. Depressione neuro-vegetativa Stati depressivi caratterizzati da perturbazioni neuro-vegetative che hanno relegato le manifestazioni psicologiche in secondo piano, sono descritte da Hempel (1937) come “depressioni a disfunzione neuro-vegetativa”. Un tratto che caratterizzava i pazienti di Hempel era la grande sensibilità di tutto il loro sistema nervoso. I pazienti, soprattutto i più giovani, si lamentano di mal di testa periodici, apparentemente di origine vasomotoria, molto forti la mattina che tendono ad attenuarsi nel corso della giornata progressivamente al miglioramento dell’umore. In questi casi il male di testa era il sintomo più evidente della depressione. Depressione da esaurimento Individuata nel 1957 da Kielholz, questa forma di depressione, che si riscontra sempre più spesso, è dovuta a una tensione affettiva prolungata e appartiene così alla categoria delle depressioni psicogene. Dato che la comparsa dei sintomi della depressione è preceduta da uno stadio psicosomatico che si prolunga diversi anni, la depressione dovuta a esaurimento può essere ugualmente considerata una forma di depressione mascherata all’origine. Depressione disconosciuta Nel 1968 Wieck parlò di “depressione disconosciuta” in tutti quei casi dove i sintomi dei pazienti aventi una depressione ciclotimica endogena nascondevano quelli di una malattia somatica, causando un errore di diagnosi. Secondo l’autore tutti gli stati depressivi nei quali il quadro clinico è marcato dalla somatizzazione sono delle forme mascherate di depressione. A proposito della depressione disconosciuta Kielholz scrive: “degli stati depressivi non vengono diagnosticati poiché i pazienti sono a tal punto sopraffatti dai loro malesseri somatici che si limitano a render conto ai medici solo di sintomi fisici, soprattutto considerando che riescono più facilmente ad ammettere che la loro malattia è di origine fisica e non mentale. Riferendosi solo ai sintomi fisici e nascondendo il loro stato d’animo, conducono i medici verso una falsa diagnosi. Spesso i medici stessi tendono ad attribuire a questi sintomi una causa di origine organica poiché hanno delle resistenze ad accettare la possibilità di un’etiologia psichica: questo li porta a concentrarsi sui sintomi somatici e ad ignorare la personalità e l’ambiente di vita del paziente. Spesso numerosi pazienti vengono sottoposti a esami fisici ripetuti senza che venga insinuato il dubbio che possano soffrire di un malessere depressivo.” Depressione mascherata L’espressione figura in letteratura da diversi decenni. Segni somatici e sintomi della depressione mascherata sono: - Mal di testa cronico sotto forma di un sentimento indeterminato di pressione, o sensazione di bruciore nella testa. - Nevralgie. - Sintomi cardiaci, forte pressione, angoscia, tachicardia. - Sentimenti di pressione e oppressione in gola e negli organi respiratori. - Secchezza delle fauci, dolori intestinali, costipazione o diarrea. - Alterazioni del ritmo del sonno, stanchezza, attacchi di panico. - Dolori addominali, perdite vaginali, tenesmo, incontinenza, dolori agli organi urogenitali, malesseri che si ripercuotono sulla funzione sessuale. - Raramente si possono riscontrare disturbi della vista, perdita dei capelli, qualche volta persino alopecia.