La valutazione di routine dell`esito nei Dipartimenti di Salute Mentale
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La valutazione di routine dell`esito nei Dipartimenti di Salute Mentale
Torna al sommario RIASSUNTO Per ben pochi interventi psichiatrici esistono, allo stato attuale delle conoscenze, dei dati relativi alla loro efficacia nella pratica che siano affidabili, completi e raccolti su campioni rappresentativi. Il Progetto Outcome, uno studio naturalistico e longitudinale avviato nel 1994 presso il Servizio Psichiatrico Territoriale (SPT) di Verona-Sud, rappresenta il primo organico tentativo mai realizzato sia in campo nazionale sia internazionale di ricavare dati utili per la valutazione dell’efficacia degli interventi forniti dai Servizi di Salute Mentale. Tale progetto ha l’obiettivo di: a) valutare l’esito dell’assistenza fornita privilegiando lo studio dei fenomeni che avvengono nel “mondo reale”; b) studiare l’esito dell’assistenza psichiatrica dal punto di vista clinico, sociale e dell’interazione degli utenti con il servizio; c) promuovere l’utilizzazione di metodi per la raccolta standardizzata delle informazioni come parte integrante dell’attività clinica di routine. Le valutazioni vengono effettuate, dopo un breve training, dai clinici del Servizio nel corso dei colloqui che avvengono di routine ed includono il funzionamento globale, la psicopatologia, la disabilità nei ruoli sociali, i bisogni di cura; altre valutazioni sono effettuate dai pazienti in prima persona e comprendono la qualità della vita e la soddisfazione nei confronti del servizio. La compilazione degli strumenti viene effettuata due volte l’anno e riguarda tutti i pazienti che entrano in contatto con il SPT di Verona-Sud, ed include sia i nuovi casi sia i pazienti già in carico. Mediante gli strumenti utilizzati sono stati valutati oltre 2000 pazienti. La banca-dati così ottenuta consente di: a) descrivere le condizioni dei pazienti psichiatrici di Verona-Sud rispetto ai vari indicatori di esito considerati; b) studiare i fattori predittivi di esito favorevole o sfavorevole per ciascuno degli indicatori presi in considerazione. Il disegno del progetto si è dimostrato utile nel consentire un’utilizzazione ottimale del personale già esistente nei Servizi di Salute Mentale ai fini della valutazione dell’esito e si è rivelato idoneo per una valutazione dettagliata e di routine dei pazienti psichiatrici. 3:2003; 205-220 Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Psichiatria, Unità di Valutazione dell’Esito e WHO Collaborating Centre for Research and Training in Mental Health and Service Evaluation, Università di Verona, Verona NÓOςς MIRELLA RUGGERI, ANTONIO LASALVIA LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA La valutazione di routine dell’esito nei Dipartimenti di Salute Mentale Parole chiave: Valutazione degli esiti, efficacia nella pratica clinica, servizi di salute mentale, qualità della cura, percezione soggettiva degli utenti. SUMMARY Comprehensive and reliable data on the efficacy and effectiveness of psychiatric interventions based on representative samples of patients are scanty. The South-Verona Outcome Project is a naturalistic, longitudinal study, conducted in Italy starting from the beginning of the 90’s and still running. It is one of the few systematic evaluations of a “real world mental health services” available in the international literature. The Project has the following aims: a) to assess the outcome of psychiatric care in a “real world” service, the South-Verona Community-based Mental Health Service (CMHS); b) to consider a comprehensive range of indicators of outcome, such as clinical variables, social variables and variables concerning the interaction with services; c) to promote standardization of information that clinicians collect and record in their everyday clinical practice. Assessments are made during the routine visits by the key-professionals, who have been previously trained, and include global functioning, psychopathology, disability in social roles and needs for care; other two instruments are completed by the patients and assess quality of life and satisfaction with psychiatric services. Standardized assessments take place twice a year and include both firstever patients and patients already in contact with the South-Verona CMHS. More than 2000 patients have been assessed cross-sectionally. The data set available allows to: a) describe in detail the patients attending the South-Verona CMHS with regard to the comprehensive range of indicators of outcome included in the study; b) identify the predictors of favorable and unfavorable outcome for all indicators. The study design is of the South-Verona Outcome Project is efficient, in the sense that it allows to utilize the personnel of the service for making the standardized assessment of the patients. Overall the project’s design showed to be appropriate for a detailed routine assessment of outcome in the “real world” of mental health services. Key words: Outcome assessment, effectiveness, mental health services, quality of care, users’subjective perception. 205 Indirizzo per la corrispondenza: Prof.ssa Mirella Ruggeri, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Sezione di Psichiatria, Ospedale Policlinico, Piazzale L. A. Scuro 10 - 37134 Verona – Tel. 045 8074441 Fax 045 585871, e-mail: [email protected] NÓOςς 206 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è iniziata ad avvertire anche in psichiatria, così come d’altro canto in ambito sanitario generale, l’esigenza di razionalizzare l’impiego delle sempre più scarse risorse disponibili e di pianificare le attività dei servizi di salute mentale attraverso l’adozione di strategie terapeutiche di cui sia stata valutata e documentata l’efficacia. Proprio la determinazione dell’efficacia dei trattamenti rappresenta nel campo della salute mentale un tema di cruciale importanza. La psichiatria, infatti, è una disciplina costretta a confrontarsi con enormi problemi metodologici allorquando voglia “quantificare” i fenomeni di cui si occupa e “valutare” in maniera oggettiva i risultati degli interventi messi in atto, con il costante e conseguente rischio di oscillare fra un riduzionismo semplicistico e la paralisi legata ad una misurazione di eventi che, per loro intrinseca natura, sono estremamente complessi, sfuggenti e difficilmente riducibili a semplici espressioni numeriche. Pertanto, il cambiamento di prospettiva che viene attualmente richiesto a chi opera all’interno dei Servizi di Salute Mentale è davvero rivoluzionario, soprattutto se si considera che fino a tempi non lontani, anche a causa dell’assenza come in altre branche della medicina di parametri obbiettivamente rilevabili quali ad esempio esami di laboratorio o anatomo-patologici, l’operatore psichiatrico si è spesso sentito il solo ed unico giudice della validità degli interventi forniti. Se si considerano le principali metodologie adottate per determinare l’efficacia di un intervento, queste sono rappresentate in ordine decrescente di potenza scientifica dalle metanalisi, dagli studi clinici controllati randomizzati, dagli studi clinici controllati non randomizzati, dalla pratica clinica strutturata e dalle osservazioni condotte nella pratica clinica non strutturata1. Più ci si muove dall’alto verso il basso di questo gradiente, più aumentano i rischi che i risultati ottenuti possano essere distorti dall’intervento di variabili non controllate. Tuttavia, i risultati degli studi realizzati nel contesto della pratica clinica strutturata – cioè degli studi naturalistici di esito condotti in condizioni cliniche di routine attraverso l’utilizzo di strumenti standardizzati e di provata validità – hanno una dignità ed un valore euristico che non possono assolutamente essere trascurati2. È fondamentale, infatti, valutare l’efficacia nella pratica (effectiveness) di un intervento, perché molto spesso i brillanti risultati dei trial clinici, condotti in condizioni ambientali ideali e su gruppi di pazienti accuratamente selezionati, non sono replicabili nei servizi di salute mentale, setting molto complessi che si occupano di un’utenza estremamente eterogenea ed in genere multiproblematica. Inoltre, mentre i trial clinici valutano l’efficacia di specifiche tipologie di intervento e sono condotti in genere a breve termine, nella pratica clinica è necessario determinare l’efficacia di pacchetti di interventi piuttosto articolati, che manifestano i loro effetti sul lungo periodo. Purtroppo, a tutt’oggi, gli studi di esito sono ancora poco numerosi ed, anzi, appare sempre più preoccupante la sproporzione tra l’attenzione e gli investimenti che la ricerca psichiatrica dedica ai trial clinici rispetto agli studi che valutano l’efficacia degli interventi nelle condizioni cliniche di routine2. 3:2003; 205-220 ♦ Mancanza di un modello condiviso per la misurazione dell’esito. A coloro che per primi si sono occupati della valutazione degli esiti in psichiatria è apparso subito evidente come i classici indicatori epidemiologici, quali i tassi di morbilità o di mortalità, fossero scarsamente sensibili per misurare variazioni a breve termine ed inadatti a monitorare l’efficacia di interventi rivolti a patologie di lunga durata e cronicamente invalidanti come i disturbi mentali3; si rendeva pertanto necessario individuare indicatori di esito appropriati e specifici, per forza di cose diversi da quelli tradizionalmente utilizzati in medicina. Il dibattito su quali indicatori di esito utilizzare in psichiatria è stato per lungo tempo molto acceso. Oggi sembra finalmente essere stato raggiunto ad un accettabile grado di consenso attorno ad un set ben delimitato di variabili cliniche e sociali, che passeremo in rassegna dettagliatamente più avanti. ♦ Multideterminazione degli esiti. Un altro problema incontrato dai ricercatori impegnati nella realizzazione degli studi di esito è costituito dal fatto che in psichiatria gli esiti possono dipendere da molteplici fattori, non sempre strettamente correlati all’efficacia dell’intervento fornito, ma legati ad esempio alle caratteristiche intrinseche del disturbo (può capitare, ad esempio, che pazienti schizofrenici che ricevono un’assistenza eccellente dal punto di vista strettamente “tecnico” finiscano per manifestare ugualmente un esito a lungo termine insoddisfacente con predominanza di sintomi negativi che in genere rispondono assai poco a differenti forme di trattamento), o a variabili extra-cliniche ed extra-sanitarie (ad esempio la qualità della vita, come vedremo uno degli indicatori di esito maggiormente utilizzati per patologie mentali croniche e fortemente disabilitanti, è in gran parte condizionata da variabili di tipo sociodemografico, culturale, familiare e relazionale). NÓOςς Numerose sono state le ragioni che storicamente hanno contribuito a rallentare la ricerca nel campo della valutazione degli esiti degli interventi psichiatrici. Proviamo di seguito ad elencarne qualcuno. LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA DIFFICOLTÀ METODOLOGICHE CONNESSE ALLA VALUTAZIONE DEGLI ESITI IN PSICHIATRIA UN MODELLO PER LA MISURAZIONE DEGLI ESITI IN PSICHIATRIA Attualmente la maggioranza degli Autori3-8 è concorde nel ritenere che il modello più indicato per la valutazione degli esiti dei trattamenti destinati a pazienti con patologie psichiatriche gravi, di lunga durata e disabilitanti debba essere basato su tre principi metodologici cardine. 1. Multidimensionalità. Gli esiti degli interventi in psichiatria vanno misurati rispetto a numerosi parametri, sia di tipo clinico sia sociale. Tra i primi gioca certamente un ruolo di rilievo la psicopatologia; gli aspetti di tipo strettamente clinico sono stati, infatti, i più diffusamente studiati: il 207 208 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς largo utilizzo negli studi d’esito di interviste diagnostiche strutturate e di scale di valutazione per le differenti dimensioni sintomatologiche dimostra come la ricerca in tale ambito abbia posto grande enfasi soprattutto sulla psicopatologia, valutando l’effetto che gli interventi terapeutici hanno sulla gravità e sul decorso dei sintomi presentati dal paziente. Tuttavia, la valutazione di tale parametro, di per sé, è da molti considerata estremamente riduttiva, in quanto il benessere di un paziente va ben al di là della presenza o dell’assenza dei sintomi. I pazienti con gravi disturbi psichici presentano, infatti, notevoli compromissioni sul piano sociale, spesso vivono in condizione di isolamento e le loro relazioni interpersonali sono generalmente scarse, incostanti, superficiali e conflittuali. È importante, quindi, considerare le abilità sociali di base, ad esempio la frequenza e la qualità dei contatti interpersonali o il grado di integrazione nella rete sociale circostante (ambiente lavorativo, scuola, famiglia, associazioni di vario tipo presenti nella comunità) e la capacità di intrattenere relazioni intime e complesse come quelle richieste dallo svolgimento di ruoli sociali quali ad esempio il ruolo di genitore o di coniuge. Un’altra variabile di tipo sociale che ha acquistato crescente rilievo è la qualità della vita, il cui concetto si articola in diverse dimensioni, da quella fisica (la percezione del proprio stato di salute fisica), a quella psicologica (la percezione del proprio stato cognitivo ed emotivo-affettivo), a quella sociale (la percezione del ruolo sociale e delle relazioni interpersonali). Un’altra dimensione che ha ricevuto negli ultimi anni crescente attenzione è rappresentata dalla soddisfazione nei confronti dei servizi; l’opinione di coloro che utilizzano i servizi, infatti, costituisce una preziosissima fonte di informazioni per migliorare la pianificazione dei programmi terapeutici, per incrementare la consapevolezza sull’attività svolta e per utilizzare in modo più razionale ed adeguato le risorse disponibili. Un’altra dimensione di notevole importanza, sia in un’ottica di pianificazione dei servizi sia di valutazione degli esiti, è rappresentata dai bisogni di cura; le persone affette da gravi disturbi psichici presentano spesso un’associazione di bisogni sia clinici sia sociali la cui conoscenza fornisce un notevole contributo sia per il buon funzionamento dell’assistenza fornita che, soprattutto, per un’adeguata e razionale pianificazione dei servizi, tanto da far ritenere che la stima dei bisogni di cura di una popolazione rappresenti un parametro molto più utile rispetto a quello della prevalenza dei disturbi mentali. Nel valutare gli esiti dell’assistenza psichiatrica è anche necessario prendere in considerazione il carico familiare, l’impatto, cioè, che la malattia mentale determina sulla famiglia o su coloro che informalmente prestano assistenza al paziente. 2. Multiassialità. Gli esiti degli interventi in psichiatria vanno misurati prendendo in considerazione il punto di vista di tutti i soggetti che a vario titolo sono coinvolti nel processo di cura, vale a dire lo staff curante, la famiglia, la rete sociale e soprattutto il paziente stesso. Il punto di vista del paziente è stato quasi sempre ignorato in psichiatria, giocando al riguardo un ruolo fondamentale il pregiudizio secondo cui le persone affette da disturbi mentali non sono in grado di esprimere pareri attendi- 3:2003; 205-220 Tali principi metodologici hanno ispirato e trovato piena realizzazione pratica nel Progetto Outcome, uno studio naturalistico e longitudinale avviato nel 1994 a Verona-Sud, che ha l’obiettivo di valutare l’esito clinico e sociale dei pazienti assistiti presso il Servizio Psichiatrico Territoriale (SPT) di VeronaSud. Il Progetto Outcome non soltanto rappresenta lo sforzo di sistematizzare in una cornice teorica coerente e condivisa le conoscenze sulla valutazione degli esiti in psichiatria, ma intende porsi come guida per analoghi studi valutativi da effettuarsi nei Dipartimenti di Salute Mentale, così come d’altro canto esplicitamente previsto dall’attuale Progetto Obiettivo sulla Tutela della Salute Mentale, che ha indicato tra le priorità dei servizi quello di implementare “azioni di verifica in ordine alla validità degli indirizzi programmatici forniti, attraverso la valutazione dei risultati raggiunti in rapporto alle risorse umane e finanziarie messe in campo”. In questa sede ci limiteremo a fornire solamente alcuni elementi utili ad inquadrare il progetto nelle sue linee generali, rimandando per una trattazione più esauriente ad un volume di recente pubblicazione8. NÓOςς IL PROGETTO OUTCOME DI VERONA-SUD LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA bili e di giudicare le cure che ricevono. Non si può negare che talvolta la consapevolezza dei pazienti sui propri problemi possa essere imprecisa, parziale o condizionata dallo stato psicopatologico, tuttavia il loro punto di vista rappresenta una preziosa risorsa utile a comprendere quegli aspetti dell’interazione fra utenti e servizi che normalmente sfuggono all’osservazione degli operatori e che hanno un ruolo di enorme importanza nel determinare lo stile d’interazione con il servizio e l’efficacia dei progetti terapeutici. Proprio dall’integrazione dei punti di vista di tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura può discendere la realizzazione di strategie terapeutiche efficaci, perché ben accettate dall’utente e da questi condivise. 3. Longitudinalità. La misurazione degli esiti in psichiatria, a causa del decorso spesso cronico che presentano i disturbi mentali (specialmente quelli più gravi), deve essere effettuata attraverso misurazioni ripetute e che si protraggano per periodi prolungati (ben diverso, infatti, può essere l’esito a breve, a medio o a lungo termine di un trattamento). Presupposti metodologici Il principale presupposto metodologico su cui si fonda il Progetto Outcome è quello di privilegiare lo studio dei fenomeni che avvengono nel “mondo reale”, piuttosto che affrontare il problema dell’efficacia teorica dei vari trattamenti. Tale progetto possiede due caratteristiche peculiari: 1) l’utilizzazione di strumenti standardizzati per la raccolta delle informazioni che vengono quotidianamente riportate nelle cartelle cliniche durante l’attività di routine, 2) l’impiego, nel processo di valutazione, sia degli operatori del Servizio sia 209 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς degli stessi pazienti. Il Progetto Outcome ha infatti tra gli elementi più qualificanti proprio quello di promuovere l’utilizzazione di strumenti standardizzati per la raccolta di tutte quelle informazioni che vengono quotidianamente registrate nelle cartelle cliniche nel corso dell’attività clinica di routine e di impiegare nel processo di valutazione gli stessi operatori del servizio. Proprio in quest’ottica, il Progetto Outcome rappresenta il primo organico tentativo mai realizzato sia in campo nazionale sia internazionale di ricavare dati utili per la valutazione dell’efficacia degli interventi forniti dai servizi di salute mentale attraverso uno studio naturalistico di esito, condotto all’interno di un pratica clinica strutturata. Le aree oggetto di valutazione riguardano il funzionamento globale, la psicopatologia, la disabilità nei ruoli sociali, i bisogni di cura, la qualità della vita e la soddisfazione nei confronti dei servizi. La valutazione delle prime quattro aree viene effettuata dal medico o dallo psicologo di riferimento di ciascun paziente, mentre quella delle ultime due dal paziente stesso. Per standardizzare la raccolta delle informazioni ciascun operatore del Servizio segue uno specifico training sulle modalità di somministrazione dei vari strumenti. Gli strumenti Gli strumenti utilizzati nel Progetto Outcome sono stati scelti sulla base della loro accettabilità, semplicità di compilazione, rilevanza dei contenuti nell’ambito della routine clinica, requisiti psicometrici di buona riproducibilità anche nel contesto clinico e quando utilizzati da operatori che abbiano eseguito solo un breve training. Nell’ambito del Progetto Outcome vengono utilizzati strumenti eterosomministrati (compilati cioè da un intervistatore) ed autosomministrati (compilati cioè direttamente dal paziente). Il set degli strumenti eterosomministrati, che valutano essenzialmente aspetti di tipo clinico, comprende la Global Assessment of Functioning Scale9,10 per il funzionamento globale, la Brief Psychiatric Rating Scale11-13 per la psicopatologia, la Disability Assessment Schedule14,15 per la disabilità nei ruoli sociali e la Camberwell Assessment of Need16,17 per i bisogni di cura. Gli strumenti autosomministrati valutano aspetti squisitamente soggettivi dell’esperienza del paziente. Di regola vengono fatti compilare direttamente dai pazienti, tuttavia in alcuni casi particolari (ad esempio, in caso di deficit cognitivo, di insufficiente padronanza della lingua italiana, o in presenza di gravi sintomi psicopatologici) possono essere somministrati con l’assistenza dell’intervistatore. Essi comprendono il Lancashire Quality of Life Profile18,19, per la valutazione della qualità della vita e la Verona Service Satisfaction Scale20 per la valutazione della soddisfazione nei confronti del servizio. Questi strumenti sono stati illustrati in maniera dettagliata nei Capitoli 9-13 del già citato volume8 al quale si rimanda (in tali capitoli, tra l’altro, il lettore può trovare gli strumenti in formato fotocopiabile e le relative istruzioni per l’uso). 210 3:2003; 205-220 NÓOςς La compilazione degli strumenti del Progetto Outcome viene effettuata due volte l’anno, nel corso dei trimestri aprile-giugno (ondata A) e ottobredicembre (ondata A), riguarda tutti i pazienti che entrano in contatto con il Servizio in quel determinato periodo e comprende sia i nuovi casi sia i pazienti già in carico. La somministrazione della GAF, della BPRS e della DAS viene effettuata da parte del medico o dello psicologo di riferimento di ciascun paziente nel corso del normale colloquio clinico, in occasione del primo contatto del paziente con il Servizio nell’arco del periodo di tempo stabilito per le valutazioni. La CAN viene compilata dall’operatore di riferimento solo nel trimestre B; nello stesso trimestre B vengono compilate dai pazienti l’LQL e la VSSS, in una sede separata rispetto a quella in cui avvengono i colloqui clinici, e nella quale viene garantita, quando necessario, un’adeguata assistenza nel corso della compilazione. Tali valutazioni richiedono un impiego di tempo relativamente limitato: mediamente 30 minuti per ogni caso clinico da parte dell’operatore e 60 minuti circa da parte del paziente. Al termine di ogni trimestre, una volta terminata la raccolta dati, vengono prodotti per ciascun paziente valutato i grafici riassuntivi dei punteggi ottenuti nelle varie scale e quindi inseriti nelle relative cartelle cliniche. LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA Disegno Criteri di esclusione e di inclusione dei pazienti L’obiettivo principale del progetto è quello di valutare in maniera standardizzata il maggior numero possibile di pazienti che giungono in contatto col Servizio nel periodo considerato, includendo pertanto sia i pazienti seguiti a livello ambulatoriale, sia quelli visitati presso il loro domicilio, sia quelli ricoverati in SPDC, sia quelli ospitati negli appartamenti protetti, sia, infine, quelli che frequentano il Centro Diurno. Nel protocollo iniziale erano stati fissati criteri di inclusione piuttosto ampi, considerando eleggibili tutti i pazienti di età superiore ai 15 anni che venivano visti almeno una volta da un operatore del Servizio nel trimestre stabilito. Tuttavia uno studio pilota ha successivamente evidenziato che in una serie di condizioni, che hanno poi finito per rappresentare veri e propri criteri di esclusione, non era appropriato effettuare valutazioni approfondite; ciò si verificava in particolare per: a) i pazienti che nel corso dei tre mesi erano stati visti soltanto dagli infermieri o dagli assistenti sociali; b) i pazienti che nel corso dei tre mesi erano stati visti in consulenza al Pronto Soccorso o in un qualunque altro reparto dell’ospedale generale; c) i pazienti che nel corso dei tre mesi avevano avuto soltanto un breve ed estemporaneo contatto con il Servizio (ad esempio per il rilascio di un certificato o di documentazione di vario tipo) al quale non faceva segui211 NÓOςς LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA to una vera e propria presa in carico o pazienti che nel corso dei tre mesi erano visti soltanto una volta a livello domiciliare; d) i pazienti con gravi deficit della sfera cognitiva. A titolo di esempio vengono riportati nella tabella 1 i dati relativi ai pazienti giunti in contatto col SPT di Verona-Sud nel periodo ottobre-dicembre 1994. Come si vede, dei 531 pazienti che nel periodo considerato avevano avuto almeno un contatto col Servizio, 88 non soddisfacevano i criteri di inclusione e quindi non sono stati ritenuti idonei alla compilazione degli strumenti; dei 443 pazienti risultati pertanto eleggibili, 87 erano sfuggiti, per varie ragioni, alle valutazioni standardizzate, mentre i pazienti effettivamente valutati dagli operatori sono stati in tutto 356 (pari all’80,4% dei soggetti eleggibili); di questi, infine, il 76,7% ha accettato di compilare anche gli strumenti di autovalutazione. Una situazione sostanzialmente sovrapponibile a questa si è verificata grosso modo nelle ondate successive del progetto. Nella tabella 2 sono riportate le caratteristiche sociodemografiche, diagnostiche e relative all’utilizzazione del Servizio dei pazienti valutati con gli strumenti eterosomministrati nel corso del trimestre ottobre-dicembre 1994. Dall’analisi dei dati raccolti nel corso delle varie ondate, è emerso che il gruppo dei pazienti intervistati non presenta significative differenze, relativamente alla varie caratteristiche sociodemografiche diagnostiche e di utilizzazione del Servizio, rispetto a quello dei pazienti non intervistati, ciò indicando che i dati raccolti per ciascuna ondata sono rappresentativi dell’intera utenza che in quel determinato periodo è in contatto col Servizio. L’unica differenza, come d’altro canto era lecito attendersi, riguarda l’intensità di contatto col Servizio, con i pazienti intervistati che hanno manifestato la tendenza a presentare nell’anno precedente la valutazione di un numero di contatti più elevato rispetto ai soggetti non intervistati. Tabella I. Numerosità dei soggetti esclusi e di quelli inclusi nelle valutazioni del Progetto Outcome relativa al campione totale di utenti che hanno avuto almeno un contatto col SPT di Verona-Sud nel periodo compreso tra il 1° ottobre ed il 31 dicembre 1994 (n=531). Criterio Pazienti non “eleggibili” Nessun contatto con psichiatri /psicologi Solo un contatto presso il Pronto Soccorso Solo un contatto in consulenza nell’ospedale generale Solo un contatto e non appropriato per la valutazione Solo visite domiciliari Condizione di grave deficit cognitivo Pazienti “eleggibili” Non valutati Valutati con gli strumenti del Progetto Outcome 212 N. pazienti 88 14 5 14 41 9 5 443 87 356 Tabella II. Caratteristiche sociodemografiche, diagnostiche e relative all’utilizzazione dei servizi dei pazienti valutati a Verona-Sud nell’ondata B 1994 del Progetto Outcome (n=356). 64,0% Stato civile Coniugato 41,4% Scolarità Diploma scuola superiore/laurea 22% Condizione lavorativa Occupato Disoccupato Casalinga, studente, pensionato 34,1% 11,3% 54,6% Diagnosi Schizofrenia1 Psicosi affettive2 Depressione senza sintomi psicotici3 Disturbi nevrotici e somatoformi4 Disturbi di personalità5 Altro 25,6% 7,9% 31,7% 14,0% 11,8% 4,9% Età (in anni) 45,3, d.s. 15,6 Contatti con il SPT di Verona-Sud nell’ultimo anno N. contatti ambulatoriali Pazienti ricoverati Pazienti ospitati in strutture protette Pazienti in contatto presso il Centro Diurno 33,9, d.s. 68,9 19,7% 2,5% 28,4% 1 2 3 4 5 3:2003; 205-220 Sesso Femmina NÓOςς media o % LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA Variabile Comprende i seguenti codici ICD-10: F20, F21, F22, F23, F24, F25, F28, F29, F84. Comprende i seguenti codici ICD-10: F30, F31, F32.2, F33.3. Comprende i seguenti codici ICD-10: F32 (.0, .1, .2, .8, .9), F33 (.0, .1, .2, .8, .9), F34.1, F41.2, F43 (.20, .21, .22). Comprende i seguenti codici ICD-10: F40, F41 (.0, .1, .3, .8, .9), F42, F44, F45, F48, F54. Comprende i seguenti codici ICD-10: F34, F52, F60, F61, F62, F63, F64, F65, F66, F68, F69. I principali risultati ottenuti I pazienti in carico al SPT di Verona-Sud sono stati valutati ininterrottamente, secondo le due cadenze annuali definite dal disegno del Progetto Outcome, dall’aprile 1994 al dicembre del 1997. Nell’arco di questo periodo sono state complessivamente effettuate circa 2500 valutazioni standardizzate da parte degli operatori del Servizio ed oltre 1000 autovalutazioni da parte degli stessi pazienti. È stato pertanto ottenuto un ricchissimo database che ha consentito la realizzazione di una serie di lavori scientifici grazie ai quali: 1) è stato caratterizzato il profilo 213 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς dell’utenza del SPT di Verona-Sud rispetto ad un set di variabili unanimamente ritenute rilevanti per la valutazione degli esiti dell’assistenza psichiatrica; 2) sono stati indagati i rapporti intercorrenti tra ciascuna variabile di esito e le caratteristiche sociodemografiche, cliniche e relative all’utilizzazione del Servizio. Diamo di seguito una sintesi dei risultati più significativi forniti dagli studi avviati nel corso degli ultimi anni sulle variabili di esito dell’assistenza psichiatrica realizzati sulla scorta dei dati raccolti nell’ambito del Progetto Outcome, rimandando alle specifiche voci bibliografiche per gli eventuali approfondimenti. Relazioni complesse tra variabili di esito La serie di lavori scientifici realizzata grazie al ricco database raccolto nel corso delle diverse ondate del Progetto Outcome è stata aperta da due studi centrati soprattutto sugli aspetti metodologici dell’analisi di set complessi di dati. Il primo lavoro ha fornito indicazioni su come utilizzare tecniche grafiche (quali le facce di Chernoff, le stelle, le coordinate parallele, le curve di Andrews) al fine di rappresentare in maniera efficace e di rapida comprensione dati multidimensionali21. Il secondo lavoro ha esplorato le relazioni esistenti fra le varie dimensioni dell’esito indagate nel Progetto Outcome mediante una tecnica statistica innovativa, i graphical chain models, idonea ad analizzare set complessi di dati e in grado di identificare le relazioni esistenti fra le variabili in maniera condizionale all’effetto di altre variabili22. I risultati di questo studio hanno evidenziato che psicopatologia, disabilità e funzionamento globale misurati al baseline sono in grado di predirne i successivi livelli misurati a sei mesi, nel senso che i soggetti con i maggiori livelli di gravità tendono a manifestare dopo sei mesi dalla prima valutazione un miglioramento più marcato nelle stesse dimensioni. Inoltre, il trattamento di pazienti con elevati livelli di psicopatologia e scarso funzionamento è gravato da costi assistenziali più elevati, senza tuttavia che a tale maggiore esborso economico corrisponda un successivo incremento dei livelli di funzionamento. Riguardo alle correlazioni tra le variabili è stato trovato che quelle cliniche, vale a dire psicopatologia, funzionamento globale e disabilità, tendono ad essere strettamente correlate tra loro; analogamente le variabili che esplorano l’esperienza soggettiva dei pazienti, quali qualità della vita soggettiva e soddisfazione per i servizi, sono tra loro fortemente correlate, mentre, invece, le correlazioni tra questi due gruppi di variabili appaiono molto deboli. Infatti, ad eccezione della soddisfazione verso i servizi, nessuna variabile è in grado di predire la qualità della vita; mentre la soddisfazione verso i servizi risulta essere predetta da una bassa disabilità alla valutazione iniziale e dal miglioramento del funzionamento globale tra le due successive valutazioni. Bisogni di cura Una delle prime dimensioni dell’esito su cui è stata posta particolare attenzione è quella relativa ai bisogni di cura. A tale riguardo, è stato condotto uno studio esplorativo sui bisogni di cura percepiti dagli operatori relativi a 376 pazienti in carico al SPT di Verona-Sud e valutati nell’ondata B 1996 del Progetto Outcome23. In questo studio i bisogni di cura sono stati correlati con una serie di varia214 3:2003; 205-220 NÓOςς LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA bili demografiche, cliniche, sociali e d’interazione col servizio. Il numero medio di bisogni individuati era risultato relativamente basso (pari circa a 3) e le aree maggiormente problematiche erano apparse quelle relative alla salute, sia psicologica sia fisica, seguite da quelle legate alle vita sociale e di relazione. L’aiuto fornito ai pazienti da parte di familiari o amici era piuttosto scarso e riguardava principalmente problemi di natura pratica, mentre l’aiuto fornito dal Servizio era decisamente più consistente ed orientato sia alla gestione dei bisogni clinici sia, all’occorrenza, al supporto emotivo e alla risoluzione di problemi di natura pratica. Il numero di bisogni risultava più elevato nei pazienti single, disoccupati, di sesso maschile, affetti da schizofrenia e da disturbi di personalità. Inoltre, i bisogni erano correlati positivamente al livello complessivo di psicopatologia, al grado di disabilità ed all’intensità dell’utilizzazione del servizio, e negativamente alla qualità della vita ed alla soddisfazione nei confronti del Servizio. Un secondo studio ha indagato l’accordo sulla percezione dei bisogni di cura in un gruppo di 275 pazienti ed i relativi operatori di riferimento24. Pazienti ed operatori hanno identificato in media lo stesso numero totale di bisogni, tuttavia, mentre i pazienti hanno riportato un numero significativamente maggiore di bisogni insoddisfatti, lo staff ha identificato un numero significativamente maggiore di bisogni soddisfatti. L’analisi multivariata ha evidenziato che: a) disabilità nei ruoli sociali, numero medio di contatti con il Servizio nell’ultimo anno e disoccupazione hanno un valore predittivo positivo sul numero di bisogni identificato dallo staff; b) la sola disabilità ha un valore predittivo positivo sul numero di bisogni identificati dai pazienti; c) il disaccordo sull’identificazione dei bisogni tra staff e pazienti è più elevato quando i pazienti hanno un basso livello di funzionamento globale. Inoltre, staff e pazienti come gruppo ritengono problematiche le stesse aree, ma l’accordo nelle coppie staff-pazienti sul livello dei bisogni è complessivamente basso. Un terzo studio25 ha esplorato i predittori dei bisogni di cura percepiti dagli operatori-chiave, attraverso l’utilizzo di un modello di regressione multipla in cui le variabili indipendenti erano rappresentate dalle caratteristiche sociodemografiche, dalla diagnosi, dalla psicopatologia, dalla qualità della vita soggettiva, dalla disabilità, dal funzionamento globale, dall’utilizzazione dei servizi e dalla soddisfazione verso i servizi; i risultati hanno evidenziato che i pazienti di sesso maschile, quelli disoccupati, quelli con elevata sintomatologia e disabilità, quelli con basso funzionamento e bassa qualità della vita soggettiva e quelli con un numero elevato di contatti con il Servizio hanno la tendenza a presentare un numero elevato di bisogni di cura (varianza spiegata 67%). Qualità della vita Un’altra dimensione dell’esito su cui è stata posta particolare enfasi è quella riguardante la qualità della vita. In un primo lavoro è stato tracciato il profilo della qualità della vita in un campione di 285 pazienti in carico al SPT di Verona-Sud valutati nel trimestre B 1994 del Progetto Outcome, esplorando le correlazioni esistenti tra tale dimensione dell’esito e le variabili socio-demografiche, cliniche e di utilizzazione del servizio26. Le aree in cui i pazienti hanno manifestato i livelli più bassi di qualità della vita sono state quelle relative al benessere 215 216 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς generale ed alla situazione economica, mentre le aree in cui sono stati registrati i maggiori livelli di soddisfazione sono state quelle riguardanti le relazioni dei pazienti con i familiari e la sicurezza personale. I dati ottenuti sulla correlazione della qualità della vita con altri variabili hanno sostanzialmente confermato la complessità già rilevata in letteratura. Per quanto riguarda le caratteristiche socio-demografiche, queste non sembrano esercitare un ruolo significativo sulla qualità della vita; analogamente la diagnosi non risulta avere alcun ruolo, né nel determinare i livelli soggettivi della qualità di vita globale né nel determinare quelli oggettivi, mentre pare avere un ruolo rilevante nel determinare la soddisfazione dei pazienti per la propria salute, con una percezione di una condizione peggiore da parte dei soggetti con disturbi di personalità, nevrosi depressiva ed altre nevrosi; anche la psicopatologia e la disabilità sembrano avere un ruolo marginale nell’influenzare il livello di qualità della vita, così come l’intensità dell’utilizzazione del Servizio, mentre la qualità dell’interazione dell’utente con il Servizio, vale a dire la sua soddisfazione, risulta essere, fra tutte, la variabile maggiormente correlata. In un successivo lavoro27 è stata analizzata la struttura fattoriale del Lancashire Quality of Life Profile (LQL), che ha messo in evidenza l’esistenza di tre costrutti latenti della qualità della vita, uno relativo alla sua dimensione soggettiva e due relativi a quella oggettiva (lavoro/reddito e situazione abitativa/sicurezza). Utilizzando tecniche di regressione multipla, è stata poi indagata la capacità di un’ampia serie di variabili (comprendente caratteristiche sociodemografiche, diagnosi, psicopatologia, condizione emotiva, autostima, disabilità, funzionamento globale, utilizzazione dei servizi e soddisfazione verso i servizi) di predire sia a livello trasversale sia longitudinale (follow-up a due anni) i tre fattori individuati mediante l’analisi fattoriale. A livello trasversale, condizione emotiva, soddisfazione verso i servizi e autostima risultavano essere i predittori più rilevanti della qualità della vita soggettiva. Anche una dimensione psicopatologica relativa ai sintomi di tipo ansioso-depressivo risultava essere associata, seppure debolmente, alla qualità della vita, mentre il livello globale di psicopatologia non aveva su questa alcun effetto. A livello longitudinale, l’unico fattore predittivo della qualità della vita soggettiva risultava essere il livello di qualità della vita rilevato al baseline, mentre gli altri fattori non avevano alcun effetto. I predittori della qualità della vita oggettiva risultavano essere, sia a livello trasversale sia longitudinale, variabili socio-demografiche, diagnosi, tipo di trattamento ricevuto, psicopatologia, funzionamento, che tuttavia nel loro insieme riuscivano a spiegare percentuali di varianza inferiori al 30%. In un terzo lavoro28 è stato analizzato l’effetto delle stesse variabili socio-demografiche cliniche e di utilizzazione dei servizi sui diversi ambiti della qualità della vita soggettiva. In generale, i risultati hanno dimostrato che esistono notevoli differenze nei fattori che predicono la qualità della vita nelle sue varie dimensioni e nella quota di varianza che essi sono in grado di spiegare, creando un pattern piuttosto complesso di specificità nella predizione. Ad esempio, la condizione di disoccupazione risultava essere negativamente associata con la soddisfazione di vita negli ambiti lavoro e finanze, mentre la condizione di casalinga risultava positivamente associata con la soddisfazione nell’ambito delle relazioni familiari (varianza spiegata variabile dal 7 al 9%); l’età avanzata 3:2003; 205-220 Un’altra dimensione dell’esito su cui abbiamo focalizzato l’attenzione è stata quella riguardante la soddisfazione nei confronti dei Servizi, variabile nello studio della quale il nostro gruppo vanta una riconosciuta expertise a livello internazionale, guadagnata “sul campo” grazie allo sviluppo del primo strumento standardizzato di valutazione specificamente mirato ai servizi psichiatrici territoriali, la Verona Service Satisfaction Scale 20,30, tradotto ed adattato in numerose lingue straniere. In uno studio appena completato ed in procinto di essere inviato per la pubblicazione31 sono stati indagati, a livello trasversale, i possibili fattori predittivi della soddisfazione nei confronti dell’assistenza ricevuta in un campione di 265 utenti del SPT di Verona-Sud valutati nel corso dell’ondata B 1994 del Progetto Outcome; a tal riguardo sono state utilizzate come variabili esplicative le caratteristiche sociodemografiche, quelle cliniche (quali la diagnosi, la durata di malattia, la psicopatologia, la disabilità ed il funzionamento globale), quelle relative all’utilizzazione dei servizi ed, infine, due variabili soggettive strettamente legate alle caratteristiche personologiche dei pazienti, vale a dire l’autostima ed il livello autopercepito di benessere psicologico. Lo studio ha evidenziato che né le caratteristiche sociodemografiche, né la diagnosi, né tanto meno la psicopatologia sono in grado di predire il grado di soddisfazione dei pazienti nei confronti del Servizio; quest’ultima appare invece essere strettamente correlata ai livelli di disabilità e, soprattutto, al grado di autostima; tuttavia i modelli individuati dalle analisi multivariate sono stati in grado di spiegare una quota piuttosto esigua della varianza totale (18% circa), ciò sta a significare che la soddisfazione dipende da fattori diversi rispetto a quelli seppur numerosi inclusi nelle nostre analisi e verosimilmente legati alle specifiche caratteristiche organizzative ed allo stile di lavoro del Servizio indagato. NÓOςς Soddisfazione nei confronti dei servizi LA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEI TRATTAMENTI IN PSICHIATRIA ed un basso livello di scolarità risultavano associate con una maggiore soddisfazione nell’ambito della religione (varianza spiegata 13,4%). In un ultimo e più recente lavoro29, infine, è stato analizzato l’impatto della psicopatologia valutata dagli operatori e di quella percepita dagli utenti del Servizio sulla qualità della vita soggettiva. La percezione della psicopatologia, sia di quella complessiva sia nelle differenti dimensioni psicopatologiche, è risultata essere piuttosto differente tra staff e pazienti. Inoltre, è stata riscontrata una correlazione di grado piuttosto elevato tra qualità della vita soggettiva e psicopatologia autopercepita, mentre sono apparse tra loro scarsamente correlate qualità della vita soggettiva e psicopatologia eterovalutata. Utilizzando tecniche di analisi multivariata è stato confermato il ruolo centrale giocato esclusivamente dalla psicopatologia autopercepita sulla qualità della vita soggettiva, con particolare riferimento alla dimensione riguardante i vissuti di tipo depressivo. Discussione Come abbiamo ricordato in apertura, le cause che hanno contribuito a ritardare la realizzazione degli studi di esito in psichiatria sono da ricondurre principal217 218 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς mente alla difficoltà di individuare indicatori di esito affidabili e specifici per l’assistenza psichiatrica ed alla mancanza di modelli di misurazione degli esiti coerenti dal punto di vista euristico ed evidence-based. Il Progetto Outcome è riuscito a superare entrambe tali limitazioni e, di fatto, rappresenta una delle più originali esperienze di valutazione dell’esito mai realizzate, sia in campo nazionale sia internazionale. In primo luogo, in linea con le raccomandazioni formulate alcuni anni fa da un panel di esperti costituitosi su mandato del National Institute of Mental Health statunitense4, che aveva individuato quattro principali dimensioni – quella clinica, quella riabilitativa, quella sociale e quella umanistica – attraverso cui valutare l’efficacia degli interventi rivolti ai pazienti con disturbi mentali gravi, il nostro gruppo ha selezionato una serie di variabili in grado di cogliere la complessità dell’assistenza nel caso di patologie che hanno un effetto spesso devastante su numerosi ambiti della vita dei pazienti. In secondo luogo, un approccio come quello utilizzato nel Progetto Outcome è stato recentemente proposto dal Medical Reserch Council (MRC) britannico nella sua definizione dei criteri generali per la valutazione dell’efficacia di interventi sanitari complessi. Secondo il MRC, tali tipi di studi debbono essere condotti seguendo una serie di fasi successive, che vanno dalla fase di costruzione dei modelli (fase 1), a quella del trial esplorativo (fase 2), a quella del trial definitivo (fase 3) ed, infine, a quella dell’implementazione a lungo termine (fase 4)32. Il Progetto Outcome si articola sull’arco di tutte le fasi dello schema proposto dal MRC: innanzitutto, è stata raccolta, attraverso l’uso di strumenti standardizzati, una quantità tale di dati clinici da conferire un’adeguata potenza statistica alle analisi condotte (fase 2 e 3); in secondo luogo, il disegno stesso dello studio, cioè il coinvolgimento degli operatori del servizio nella raccolta dati e la rilevazione di informazioni ricavate nel corso dell’attività clinica quotidiana, è tale da consentire un’agevole implementazione a lungo termine nei contesti clinici di routine (fase 4); inoltre, mediante l’impiego di sofisticate metodologie di tipo statistico, sono state indagate in maniera approfondita le complesse relazioni esistenti tra le differenti variabili di esito, fornendo una chiave di lettura autenticamente nuova per una più completa comprensione teorica su ciascuna delle variabili considerate (fase 1)33. Giunti a questo punto ci sembra opportuno sottolineare una questione di cruciale importanza riguardo alla misurazione degli esiti in psichiatria: i dati raccolti nell’ambito del Progetto Outcome rischiano di avere un valore limitato ed un significato autoreferenziale se non vengono collocati in un contesto più ampio; è necessario, cioè, poter confrontare i dati relativi ai pazienti del SPT di Verona-Sud con quelli di analoghi gruppi di soggetti in carico presso Servizi di Salute Mentale situati in aree geografiche differenti e dotati di caratteristiche organizzative e stili di lavoro diversi. Perché ciò possa realizzarsi, e soprattutto al fine di rendere i risultati tra loro comparabili, è necessaria la diffusione di metodologie di raccolta dati omogenee e di strumenti di misurazione delle variabili di esito che abbiano dato prova di validità ed affidabilità. Il vantaggio più importante derivante da qualsiasi attività di misurazione è quello di poter utilizzare un linguaggio comune basato su entità numeriche o quantitative che possono essere tra loro agevolmente confrontate. Tali misure quantita- 3:2003; 205-220 1. Thornicroft G, Tansella M. The Mental Health Matrix. A Manual to Improve Services. Cambridge: Cambridge University Press; 1999. 2. Tansella M. La valutazione dell’esito delle cure e dei trattamenti nella pratica psichiatrica di routine. In: Lasalvia A, Ruggeri M, eds. L’esito della schizofrenia. Gli studi internazionali e i dati italiani. Torino: Centro Scientifico Editore; 2003: XI-XIX. 3. Ruggeri M, Tansella M. Evaluating outcome in mental health care. Curr Opin Psychiatry 1995; 8: 116-21. 4. Attkisson C, Cook J, Karno M, et al. Clinical services research. Schizophr Bull 1992; 18: 561626. 5. Mechanic D. Emerging issues in international mental health services research. Psychiatr Serv 1996; 47: 371-5. 6. Dickerson FB. 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L’attività di benchmarking sta assumendo anche all’interno dei servizi sanitari sempre maggiore importanza, sia per chi usufruisce delle prestazioni (l’interesse degli utenti è quello di verificare se hanno ottenuto dal servizio ciò che era lecito aspettarsi rispetto a degli standard considerati ottimali), sia soprattutto per chi fornisce tali prestazioni (l’interesse in questo caso di amministratori e clinici è quello di migliorare la propria performance per aumentare il vantaggio competitivo nei confronti di aziende sanitarie “concorrenti”). I dati raccolti nel corso del presente studio potrebbero costituire un minimum data set di riferimento (o se si preferisce un benchmark) utile per chi, all’interno della propria realtà locale, voglia avventurarsi sull’insidioso terreno della valutazione dell’esito dell’assistenza ai pazienti affetti da disturbi mentali. 219 220 LA VALUTAZIONE DI ROUTINE DELL’ESITO NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE M. RUGGERI - A. LASALVIA NÓOςς 15. Ruggeri M, Nicolaou S. La Disability Assessment Schedule. In: Ruggeri M, Dall’Agnola RB. Come valutare l’esito nei Dipartimenti di Salute Mentale. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore; 2000: 143-64. 16. Phelan M, Slade M, Thornicroft G, et al. The Camberwell Assessment of Need: the validity and reliability of an instrument to assess the needs of people with severe mental illness. Br J Psychiatry 1995; 167: 589-95. 17. Ruggeri M, Lasalvia A, Nicolaou S, Tansella M. La versione italiana della Camberwell Assessment of Need (CAN), un’intervista per l’identificazione dei bisogni di cura. Epidemiol Psichiatr Soc 1999; 8: 135-67. 18. Oliver JP. The social care directive: development of a quality of life profile for use in community services for mentally ill. Social Work and Social Science Review 1991; 3: 4-45. 19. Lasalvia A, Ruggeri M, Dall’Agnola R. Lancashire Quality of Life Profile. In: Ruggeri M, Dall’Agnola R. Come Valutare l’Esito nei Dipartimenti di Salute Mentale. 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