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Psicologia della tossicodipendenza

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Psicologia della tossicodipendenza
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
Prof.ssa Marilisa Marianella
PSICOLOGIA DELLA TOSSICODIPENDENZA
Il termine "droga" è un termine generico il cui significato originario comprendeva ogni tipo
di aromi e spezie. Con questo termine indicheremo esclusivamente le sostanze naturali o
di sintesi, capaci di modificare l’umore, la percezione e l’attività mentale.
Attualmente, nell'accezione comune, il termine droga è correlato soprattutto agli effetti più
noti degli oppiacei e comprende, oltre al concetto di nocività per l'integrità psicofisica
dell'individuo e di elemento perturbante l'equilibrio sociale, anche un carattere
impropriamente considerato comune a tutti gli stupefacenti quale il fenomeno
dell'assuefazione: in definitiva nell'opinione comune il concetto di droga è legato ad una
sostanza che dà piacere ma schiavizza e distrugge l'individuo.
In tante forme ed espressioni della nostra società si riscontra il meccanismo del piacere
contro una qualche forma di schiavitù, ovvero molti processi (dis)educativi della nostra
società attingono ai “valori della dipendenza”:
Nell’ambito di questi cosiddetti valori troviamo:
Essere il numero uno:ossessione per i risultati/misconoscimento del processo/ per il
dipendente la riflessione ed i problemi di coscienza sono una perdita di tempo. Quando ciò
che conta è il risultato, ciò che viene svalutato o messo da parte è il “processo”. Per
processo si intende il modo in cui si arriva ad un certo risultato. Se la persona sottovaluta il
processo sta anche mettendo da parte la propria coscienza, ovvero sta imparando a
tradire la propria coscienza. Accogliendo il “tradimento” si impara ad essere dipendenti; ed
il tradimento è l’elemento chiave di ogni dipendenza, con un costo elevato per sé e per gli
altri.
Credere nella perfezione: ricerca di un corpo perfetto nella donna/ onnipotenza
attraverso il denaro nel maschio. La perfezione è un’immagine e ciascuno di noi ha
un’immagine diversa di ciò che intende per perfezione. Ma la perfezione è anche un mito
perché è irraggiungibile. I dipendenti credono a questo mito e si spingono alla ricerca di un
corpo perfetto o di una quantità di denaro che renda onnipotenti.
Questo sforzo verso la
perfezione ci allontana da noi stessi trasformandoci in macchine per la bellezza o per far
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soldi, alienati come esseri umani. L’esperienza insegna che rincorrere la perfezione crea
solitudine, e quando ci sentiamo soli siamo più vulnerabili al processo di dipendenza.
Accumulare oggetti materiali: sposta il bisogno di contatto con l’altro sulla ricerca di
nuovi oggetti di culto. Il credo della nostra epoca è scambiare “l’essere” con “l’avere”. Ma il
più grande problema della relazione primaria con gli oggetti consiste nella incapacità
dell’oggetto di soddisfare i bisogni emotivi e intimi dell’essere umano. Così, le persone
arrivano a sentirsi molto sole dentro e sono portate a spostare il bisogno di contatto e di
relazione verso la ricerca di nuovi “oggetti di culto”.
Se insegniamo alle persone che le
relazioni sono importanti, proponiamo implicitamente di esercitare un controllo sui
comportamenti e di basare le relazioni sul rispetto; in questo modo saremo capaci di
disciplinare i nostri impulsi.
Considerare gli altri in base a ciò che hanno e non a ciò che sono: comporta la
mancanza di rispetto reciproco/la relazione è funzione dell’uso o consumo dell’altro.
Avallare la legge della dismisura apre la strada degli eccessi: ricordano l’ossessione
del “restare senza” che esprime la più profonda paura di abbandono….status simbol della
nostra società. L’eccesso è diventato uno status symbol della nostra società. La
dipendenza è in stretta connessione con l’eccesso: i dipendenti che amano far
rifornimento di tutto ciò che rappresenta la loro ossessione esprimono le profonde paure di
abbandono attraverso il timore di restare senza qualcosa (oggetto della loro dipendenza).
Avallare la legge della “dismisura” corrisponde ad aprire la strada degli “eccessi”:

Tutti siamo dipendenti da qualcosa;

Tutti possiamo sviluppare una dipendenza patologica se manchiamo della capacità
di controllo;

Le dipendenze patologiche corrispondono alla “malattia del non controllo”.
Se cresciamo influenzati dai “valori” della dipendenza tutti siamo dipendenti da qualcosa di
più o meno visibile
VALORI DELLA DIPENDENZA / VALORI DELL’AUTONOMIA
Sebbene la nostra società esprima valori che spesso coincidono con valori e
comportamenti dipendenti, ad essa appartengono anche valori che si oppongono ai
processi di dipendenza.
PERTANTO ABBIAMO BISOGNO DI RICONOSCERE I NOSTRI VALORI NON
DIPENDENTI E SFIDARE I VALORI DIPENDENTI SE DESIDERIAMO VIVERE IN UN
CLIMA DI LIBERTA’!
2
Il nuovo compito di genitori e insegnanti è riscoprire come si può favorire la crescita di
individui autonomi.

RISCOPRIRE IL PIACERE DEL RUOLO EDUCATIVO (guidare: alla scoperta del
vero sé, alla gestione dei conflitti, alla costruzione della progettualità)

SVELARE IL VALORE DELLA RELAZIONE E COMPIACERSI DELLA CRESCITA
DEI FIGLI E DELLA LORO CAPACITA’ DI SEPARAZIONE (aiutare nel processo di
separazione, no all’accudimento illimitato!)

RISCOPRIRE L’IDENTITA’ PATERNA NELLA CAPACITA’ DI TRASMETTERE
TOLLERANZA PER IL DOLORE MENTALE E LA FRUSTRAZIONE (quando il
genitore si rifugia solo nell’identità lavorativa e sociale, la figura paterna è vissuta
come disertore, quindi la famiglia è solo affettiva e non più etica!)

CREARE UNA CULTURA DI RETE TRA GLI ADULTI COMPETENTI NELL’AGIRE
PROCESSI EDUCATIVI (interazione ed alleanza tra “programmi scuola-famiglia)
TEORIE SULLA GENESI DELLA DIPENDENZA
Le teorie attualmente esistenti sull’abuso e la dipendenza dalle droghe sono riconducibili
a due ampi paradigmi teorici: il paradigma “disease” e il paradigma “adattivo”.
Il paradigma “disease” si collega strettamente al modello medico, spiega la
tossicodipendenza eminentemente in base a cause intraindividuali e sono rintracciabili al
suo interno diversi orientamenti: uno che indica nella predisposizione individuale e
nell’esposizione alle droghe i fattori determinanti dell’abuso e della dipendenza con studi
sulla dotazione genetica, su specifici markers biologici, sugli impulsi e su caratteristiche di
personalità. L’altro che accorda un ruolo prioritario all’esposizione alle droghe con studi
fisiologici, neurochimici e in base ai meccanismi di rinforzo.
Tra i principali modelli riferibili a questo paradigma troviamo:
TEORIE FISIOLOGICHE
Queste teorie rientrano tra quelle centrate sull’”esposizione” alla droga, cioè che
attribuiscono un ruolo determinante alle proprietà farmacologiche delle droghe e
interpretano l’addiction come un effetto specifico dell’uso.
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Le proprietà farmacologiche e/o gli effetti delle sostanze innescano delle modificazioni
fisiologiche o dei processi di condizionamento, che inducono a proseguire il consumo e
incrementare le assunzioni.
Le teorie fisiologiche sostengono che alla base della dipendenza da una droga vi sono
delle anomalie o delle disfunzioni fisiologiche o biochimiche endogene (e cioè dovute al
modo in cui l’organismo metabolizza una determinata sostanza) o esogene, qualora siano
prodotte dall’uso continuativo di una droga. In rapporto all’eroina l’addiction si verifica
perché gli oppiacei alterano radicalmente i processi metabolici, al punto che il bisogno di
assumere droga diventa una necessità fisiologica.
La dipendenza è considerata un processo irreversibile che può essere contrastato
attraverso una controforza potente qual è ad esempio il ricorso a farmaci antagonisti.
Da un punto di vista neurochimico l’assunzione di oppiacei sostituisce e diminuisce la
produzione endogena di endorfine, inducendo l’organismo a proseguire l’assunzione per
poterne mantenere il livello.
TEORIE DEL RINFORZO
Interpretano l’addiction come l’effetto di processi di condizionamento che dipendano dal
fatto stesso di fare uso di sostanze.
Tutti i comportamenti sono frutto di processi di apprendimento e possono essere analizzati
in rapporto a specifici input o stimoli che incidono sull’organismo e ad output o risposte
fornite dall’organismo stesso. L’abuso di sostanze, l’etilismo e la dipendenza sono tutti
comportamenti appresi attraverso l’associazione che si viene a creare tra droga assunta
(stimolo) e specifici effetti che essa determina sulla persona (risposta).
Gli effetti positivi sperimentati rinforzano il consumo e quanto più un individuo ottiene gli
effetti desiderati, tanto più è probabile che egli continui ad assumere una data droga;
inoltre, quanto più le assunzioni sono frequenti, tanto maggiore è il rinforzo che ne deriva.
Altre la interpretano come dovuta a rinforzi negativi : gli oppiacei sono rinforzanti perché
in grado di neutralizzare i sintomi dolorosi dell’astinenza.
Le persone a cui sono somministrate, per ragioni terapeutiche e senza essere informate
delle conseguenze, forti dosi di oppiacei (tali da indurre uno stato di dipendenza), non
sono in grado di collegare i sintomi spiacevoli che avvertono alla mancata
somministrazione della sostanza; la dipendenza fisica è tuttavia la stessa.
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Se la persona fruisce passivamente della droga, l’effetto di riduzione dello stato negativo,
proprio perché non ha a che fare con un comportamento attivo dell’assuntore non produrrà
alcun tipo di rinforzo.
Altre spiegazioni interpretano l’addiction in rapporto all’effetto congiunto di rinforzi positivi
e negativi.
TEORIE PSICODINAMICHE
Le spiegazioni della tossicodipendenza proposte in ambito psicoanalitico fino agli anni ’60
condividevano l’idea che essa costituisce un disturbo della personalità caratterizzato da
fissazione orale, narcisismo, disturbi maniaco-depressivi, salienza degli istinti distruttivi.
La condotta tossicomanica era soprattutto interpretata come conseguenza di una
fissazione ad una fase pregenitale dello sviluppo libidico e proprio da quest’ultima derivava
il carattere coatto della ricerca del piacere da parte del tossicomane e la sua incapacità di
dilazionare nel tempo la soddisfazione.
Dal punto di vista Freudiano i tossicomani sono ritenuti vittime di una fissazione alla fase
orale, che li rende incapaci di staccarsi da un oggetto d’amore che li nutre e placa il dolore
derivante dalla mancata soddisfazione dei bisogni primari. Tale fissazione è vista anche in
rapporto ad una intensificazione costituzionale della sensibilità della zona labiale, che piò
determinare in età adulta la propensione a bere o fumare.
Successivamente, la tossicomania fu definita da Rado come una sorta di “orgasmo
alimentare” che si associa a disturbi di tipo maniaco-depressivo e che ha soprattutto una,
funzione di barriera contro la sofferenza. Infatti essa si struttura in individui che reagiscono
alle frustrazioni con stati di angoscia intensi ed elevati livelli di intolleranza al dolore.
Studi clinici più recenti hanno tentato di ricostruire le caratteristiche della “personalità
predisposta” all’abuso e alla dipendenza.
Il “paradigma adattivo” interpreta l’abuso di droga come il risultato del tentativo di far
fronte a disparate situazioni (compiti di sviluppo, eventi stressanti, stati di disagio) tramite
l’uso di certe sostanze.
Le teorie che si ispirano a questo modello non escludono che i fattori biologici esercitino
un ruolo nella genesi della dipendenza, ma postulano che essi interagiscono strettamente
con quelli psicologici.
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TEORIE COGNITIVE
I processi e gli effetti percepiti dalle diverse sostanze sono fortemente influenzati da fattori
cognitivi - motivazionali come gli atteggiamenti, le aspettative e le credenze.
Distorsioni ed errori cognitivi, attese irrealistiche relativamente a se stessi e agli altri,
razionalizzare o minimizzare il significato e la portata di determinati eventi o situazioni
sono altri fattori che possono contribuire a incrementare il coinvolgimento nel consumo.
In certi casi le persone attribuiscono le loro condotte a cause ritenute erroneamente
cruciali.
Se un individuo si convince che la droga esplica una funzione per lui indispensabile, può
avere notevoli resistenze ad interrompere il consumo e, nel caso in cui smetta, è esposto
a notevoli rischi di ricaduta. Considerarsi dipendente può, inoltre, aiutarlo a ridimensionare
i sentimenti d’insuccesso e di responsabilità personale che avverte quando si rende conto
di non riuscire a smettere.
Gli studi sulla rappresentazione del rischio hanno evidenziato che le persone non si
basano solo sulla frequenza con cui si verifica un determinato evento negativo per
valutare un rischio, ma utilizzano numerosi altri elementi quali la sua incontrollabilità, la
sua conoscenza, i suoi effetti. Esse tendono ad agire in base alla loro percezione di
pericolosità e cioè al modo in cui si rappresentano il rischio.
APPROCCIO SISTEMICO
Molti degli studi di questo approccio si concentrano sui sistemi nei quali il
tossicodipendente è coinvolto, come la famiglia, attribuendo un ruolo di maggior rilievo ai
fattori relazionali e contestuali rispetto a quelli eminentemente intrapsichici.
Studi realizzati nella seconda meta degli anni ‘70 hanno riscontrato che il tossicomane non
è dipendente solo dalla droga, ma presenta anche livelli di dipendenza dal nucleo familiare
nettamente superiori a quelli di soggetti di controllo.
Nelle famiglie dei tossicodipendenti è stata riscontrata una sovversione delle “gerarchie
tradizionali”: il padre appare una figura assente ed emotivamente distante dal figlio,
mentre la madre si dimostra particolarmente coinvolta, indulgente e spesso simbiotica, in
molti casi l’alleanza figlio - madre - nonna ostacola la coppia genitoriale.
La tossicodipendenza, interpretata in questi studi come sintomo, appare funzionale alla
stabilità della coppia coniugale; essa svolge cioè un ruolo omeostatico che distoglie
l’attenzione dei coniugi dai propri conflitti consentendo loro di ritrovare la solidarietà
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necessaria per affrontare i problemi posti dal figlio. Quest’ultimo, d’altra parte, ricerca
tramite la tossicodipendenza quello “stato di malattia” che gli consente di porsi al centro
delle attenzioni della famiglia.
Staton ha introdotto il concetto di “pseudoindividuazione”: attraverso l’uso di droghe e altri
atteggiamenti e comportamenti trasgressivi il figlio vorrebbe rimarcare il proprio distacco
dai genitori, ma la dipendenza dalla droga lo rende invece sempre più dipendente dalla
famiglia che lo mantiene, gli fornisce il denaro, lo aiuta.
La famiglia appare così “incollata”, cioè incapace di far fronte all’angoscia di separazione.
Secondo Cirillo e colleghi alla base della tossicodipendenza c’è una
carenza di
accudimento materno che crea nel figlio modalità patologiche di attaccamento. In questa
prospettiva la tossicodipendenza non è il risultato di un mero ipercoinvolgimento materno
a cui corrisponde una figura paterna distante e marginale, ma l’esito di una trasmissione
intergenerazionale di esperienze traumatiche e carenziali mai adeguatamente elaborate
da parte dei soggetti coinvolti.
Ciò che caratterizza le famiglie del tossicodipendente non è tanto dovuta alle loro
appartenenze sociali o al grado di coesione strutturale che presentano, quanto piuttosto
“alle loro qualità interne”, cioè ad esperienze intense e durevoli di sofferenza che
esistevano già prima della tossicodipendenza.
TEORIE SULL’ADATTAMENTO ALLA VITA SOCIALE
Considerano il comportamento deviante come risposta al fallimento attuale o anticipato nel
perseguire certi obiettivi o nel soddisfare desideri socialmente indotti. La diffusione della
devianza in un determinato sistema sociale dipende dunque dal grado di accessibilità dei
suoi membri ai mezzi legittimi per raggiungere certi scopi e dal grado in cui tali scopi e
mezzi sono valorizzati dai diversi gruppi sociali.
TEORIE INTERAZIONISTE
Si legano alla teoria dello stress - coping (il verificarsi di eventi stressanti aumentano la
probabilità di ricorrere alla droga) e al modello adattivo di Alexander (per cui chi fa uso di
droga è perché ha sperimentato stati di disagio particolarmente gravi e di lunga durata
senza avere strategie meno distruttive della droga per farvi fronte).
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TEORIE PSICODINAMICHE E PSICHIATRICHE
Spiegano la dipendenza da sostanze non tanto in termini di controllo delle pulsioni e di
istinti distruttivi, ma piuttosto in rapporto alle relazioni oggettuali e alle identificazione che
caratterizzano i processi di costruzione dell’identità.
Olivensten sostiene che il futuro tossicodipendente si avvicina all’adolescenza con un
senso di incompiutezza derivato dal mancato superamento della fase dello specchio
durante i primi due anni di vita. Il mancato riconoscimento delle esigenze del bambino
come individuo separato, derivante dalla richiesta invertita di riconoscimento da parte della
madre, rende impossibile la definizione dell’individualità, e il bambino risulta costruito in
maniera fittizia dalle proiezioni materne. L’immagine dello specchio è spezzata e ne risulta
un profondo senso di incompletezza, che verrà annullato dalla droga, che consente un
temporaneo ripristino della propria interezza mediante un ritorno al momento della fusione
col sé materno.
Secondo Bergeret il tossicodipendente ha riportato delusioni precoci e ripetute nelle
relazioni primitive fondamentali che fanno si che i desideri siano degradati a semplici
bisogni, soddisfatti attraverso il comportamento mediante il passaggio all’atto e non entrino
nel campo dell’immaginario per l’incapacità di usare il registro fantasmatico e simbolico. Di
conseguenza, nulla di simbolico fa da contrappeso al piacere immediato e al sentimento di
trionfo che la soddisfazione del bisogno procura. Questi bisogni tendono ad escludere la
presenza di un’altra persona e hanno forti componenti aggressive.
Si tratta di soggetti con difficoltà di integrazione infantile e adolescenziale che rimangono
sospesi in una sorta di “pseudolatenza interminabile”.
L’autore distingue tre tipologie di tossicomani:
a struttura nevrotica (con comportamenti tendenzialmente autoaggressivi e masochisti),
a struttura psicotica (che assumono droga o per contrastare l’eventualità che il loro
immaginario possa straripare o per giustificare tale straripamento), e a struttura
depressiva (soggetti immaturi, che non hanno superato con successo la fase
adolescenziale e che appaiano indecisi, oscillanti e dipendenti dagli altri).
Kohut ha sottolineato la possibilità che carenze gravi e traumatiche nella relazione madrebambino provochino seri disturbi dell’identità. La delusione nei confronti della madre è
allontanata mantenendo la primitiva immagine idealizzata di essa e di sé stesso, che ha lo
scopo di lenire la sofferenza del trauma subito. Questo da vita a un Io indebolito incapace
di tollerare le frustrazioni e la dipendenza da parte di un genitore vissuto come onnipotente
ma incapace di lenire la sofferenza. Anche qui la droga come oggetto inanimato e
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controllabile allontana il senso di inadeguatezza e consente di affrontare la realtà della
crescita, con le frustrazioni inevitabili connesse.
Secondo Cancrini l’abuso dei farmaci costituisce per l’individuo un tentativo di fronteggiare
da solo livelli di sofferenza percepiti come intollerabili. Le tossicomanie rappresentano un
insieme disomogeneo di situazioni, che appaiano accumunate soprattutto dal tipo di
rimedio scelto per affrontarle.
L’autore le classifica in 4 tipologie in rapporto al ruolo esercitato dalle cause endogene e
da quelle esogene sull’organizzazione psicologica dei soggetti, e a quello dei modelli di
organizzazione e di comunicazione esistenti nelle loro famiglie di origine.
TOSSICOMANIA DI TIPO A o della nevrosi traumatica si riconducono quei comportamenti
tossicomanici che si situano in relazione ad un lutto di fronte al quale il soggetto è
incapace di elaborare difese sufficienti e di reperire, entro l’orizzonte relazionale, un
interlocutore adatto e rassicurante. La sostanza si dimostra in grado di proteggere questi
soggetti dallo stato di sofferenza acuta tramite stordimento da esse indotto. Sono
situazioni nelle quali il sintomo-tossicodipendenza e la conseguente rinuncia ad un
normale processo di crescita, assegnano al paziente designato una funzione di sostegno e
vicinanza emotiva nei confronti del genitore in condizione di lutto .
Questa categoria di persone tossicodipendenti è spesso responsabile di gravi atti
autolesivi e invalidanti, talora esasperati nel suicidio.
TOSSICODIPENDENZE DI TIPO B che si collocano nell’area della nevrosi hanno a che
fare con i problemi di individuazione del sé tipici del periodo adolescenziale,
rappresentano cioè, la copertura di alcune patologie psichiche adolescenziali. Queste
ultime sono caratterizzate da ansia elevata, sbalzi d’umore, incertezza, tendenza alla noia
e alla insoddisfazione, drammatizzazione dei problemi. Si tratta di individui abituati ad
intervenire nei conflitti dei loro genitori e a ricercare attenzione e affetto nella
drammatizzazione del loro disagio. Le dinamiche della famiglia di origine sono in questo
caso caratterizzate da un forte coinvolgimento di uno dei genitori nella vita del figlio, dal
tentativo di coprire i suoi comportamenti, dalla contraddittorietà del messaggio educativo.
Si ritrova :
a) forte coinvolgimento di un genitore (generalmente quello di sesso opposto) nella vita di
un figlio, che può arrivare fino alla copertura del comportamento tossicomanico;
b) il ruolo periferico dell'altro genitore che può anche essere al corrente di quanto sta
accadendo e comportarsi come se nulla fosse;
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c) un'alleanza transgenerazionale ovvero la costituzione di una configurazione triangolare
perversa che si verifica quando un genitore si allea col figlio a scapito del partner.
TOSSICODIPENDENZA DI TIPO C, associata a un forte disturbo di personalità, riguarda
soggetti che utilizzano in modo massiccio meccanismi di difesa basati sulla scissione, sul
diniego, su diverse forme di identificazione proiettiva e che evidenziano scarse capacità di
sperimentare stati di piacere e di benessere. Il fattore che predispone sembra essere
l’incompleta strutturazione della personalità, quindi una assoluta immaturità e incapacità di
condurre investimenti affettivi stabili e a decidere relazioni oggettive affidabili. Il sistema
familiare appare caratterizzato dalla tendenza a non definire le relazioni, dall’uso di
messaggi paradossali e contradditori, da coinvolgimento dei genitori nella tossicomania
del figlio, dalla diversificazione dei fratelli in “riuscito-fallito”, e dal fatto che il sintomo del
figlio è utilizzato per perpetuare la situazione di stallo della coppia. La droga si dimostra in
grado di attenuare temporaneamente lo stato di disagio consentendo al soggetto di
sperimentare una condizione di libertà interiore, di ritrovata unità
TOSSICOMANIA DI TIPO D o sociopatica si ha a che fare con disturbi sociopatici della
personalità. Si tratta di soggetti che hanno la tendenza ad esprimere i conflitti attraverso
comportamenti di acting out e che assumono la droga in modo distratto e anaffettivo, con
un carattere di sfida. E’ evidente qui il ruolo del disaccudimento e dell’istituzionalizzazione
nell’induzione della dipendenza, che innescano, già a livello infantile ritardi nello sviluppo
psicomotorio e forme di disadattamento nell’integrazione scolastica, scontro aperto nei
confronti delle regole nell’adolescenza. Le famiglie di questi tossicomani sono per lo più
“multiproblematiche”, con disorganizzazione dei ruoli, scarsa definizione dei confini del
nucleo famigliare, inadeguatezza e disfunzionalità nello svolgimento dei ruoli genitoriali. La
droga serve a smorzare la sofferenza, favorendo i meccanismi di rifiuto e isolamento,
canalizzando la tendenza all’autopunizione e rinforzando il processo sociale alla base
della definizione del ruolo deviante. Il tossicodipendente intraprende una "carriera" di
deviante, uno stile di vita ampiamente antisociale (dallo spaccio ai comportamenti
delinquenziali). Forse più utili alla tipologia appena descritta, risultano essere i concetti di
svincolo e pseudoindividuazione del sè, concetti propri di un ordinamento sistemico che
rimandano ad un "ciclo vitale" della famiglia, ovvero a quel processo evolutivo che vede la
famiglia intesa come sistema, passare nel corso degli anni a vari, successivi e diversi stadi
di funzionamento ( fidanzamento, matrimonio, nascita dei figli etc. ).
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MODELLI INTERPRETATIVI
L'analisi del disagio giovanile e dell'assunzione di droga ha dato luogo nel tempo a
numerose interpretazioni.
L’approccio più antico è fondato sulla ricerca della causalità.
Tale metodologia non ha permesso di valutare pienamente nella sua globalità un
fenomeno così complesso. Nella
tossicodipendenza le motivazioni individuali si
mescolano alle interazioni sociali, culturali, familiari ed ai sistemi comunicativi dei massmedia e della pubblicità.
Oggi è necessario proporre una concezione circolare e non più lineare della causalità, che
tenga conto di tutte le motivazioni appena elencate.
Tra i vari tipi di analisi adottati ricordiamo: il modello psicologico, il modello sociologico e il
modello medico-organicistico.
Modello Psicologico-Psicoterapeutico
La causa di assunzione di droga sarebbe di natura interna e risalirebbe alla precoce fase
orale dello sviluppo psichico i cui conflitti ( bisogno di sicurezza, di autostima, di cibo ) non
risolti, potrebbero determinare intense frustrazioni che non permetterebbero un sano
processo di crescita costituendo il punto di maggior debolezza della personalità.
Modello sociologico
È quello, che più spesso viene chiamato in causa e tende a deresponsabilizzare il
tossicodipendente.
Cause
del
problema
della
tossicodipendenza
sarebbero:
le
contraddizioni sociali della nostra epoca, la crisi dei valori e dei ruoli sociali, la dissoluzione
della famiglia, le difficoltà di comunicazione interpersonale, il disadattamento provocato
dalla crisi della scuola e dalla mancanza di sbocchi lavorativi.
Modello medico-organicistico
Tale modello trova il suo punto di forza nel potere che certe droghe manifestano nei
riguardi dei consumatori. Fenomeni come la tolleranza, la dipendenza psicofisica, la crisi
d'astinenza, le sensazioni di piacere che esse producono sarebbero gli effetti ma anche le
vere cause dell'abuso di droga.
Tale interpretazione ha il suo limite nell'ignorare le cause profonde, psicologiche e sociali
che stanno a monte dell'abuso. Il vedere nella sostanza l'unica responsabilità di un
fenomeno così complesso, deresponsabilizza sia la società che l'individuo.
11
PERCHE’ LE PERSONE ASSUMONO DROGHE?
•
Il potere di attrazione che le droghe hanno esercitano sulle persone è strettamente
collegato alle credenze e alle aspettative che esse hanno,ad un momento dato, a
proposito dei loro possibili effetti.
•
Una droga può essere assunta soprattutto per modificare o alterare gli stati di
coscienza, per espandere i livelli di consapevolezza personale, per sperimentare
sensazioni intense e inusuali, per ricercare una dimensione altra da quella della
quotidianità.
•
Può altresì essere identificata come un mezzo che consente di semplificare,
migliorare e rendere più intense le relazioni con gli altri, favorendo comportamenti
più sciolti, disinibiti, socievoli o per facilitare sentimenti di fusione nei confronti di un
gruppo di ampie dimensioni.
•
Se l’uso di droga risponde a bisogni così diversificati, la comprensione del perché le
persone vi ricorrono dovrà allora tenere strettamente conto della storia personale di
ognuno e del rapporto che ognuno ha in un determinato momento con il suo mondo
sociale. (Ravenna 1997).
È importante fare una classificazione dei soggetti che fanno uso di droga per chiarire cosa
si intende per "tossicodipendente".
a)
Sperimentatore: colui che ha avuto contatti sporadici con la droga, per curiosità o
per pressioni del gruppo di appartenenza.
b)
Consumatore occasionale: colui che ha esperienza saltuaria con la droga, per lo più
sotto forma di consumo sperimentale e sociale ricreativo, con la possibilità di interrompere
l'uso quando ciò è ritenuto utile o necessario, non alterando la struttura psichica o i
rapporti sociali.
c)
Consumatore regolare: colui che pur avendo desiderio di assumere droga , pur
manifestando un certo grado di dipendenza psichica e/o fisica, riesce a mantenere
interessi sociali validi e buoni rapporti interpersonali, in modo tale da condurre una vita
pressoché regolare. (per quanto tempo?)
d)
Tossicodipendente: colui che prova un desiderio irresistibile,(compulsione), verso la
sostanza procurandosela con tutti i mezzi e a tutti i costi; presenta forte dipendenza
psichica e fisica e manifesta notevole indebolimento di legami e interessi con la realtà che
lo circonda, con conseguenti effetti lesivi individuali e sociali.
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PROCESSI PSICOLOGICI NELL’USO E NELL’ABUSO
FASI DEL CONSUMO
L’uso di droga più che come un fenomeno è concettualizzabile come un processo, che ha
un inizio, uno svolgimento e un epilogo. Tale processo si svolge attraverso tre fasi cruciali:
FASE PREPARATORIA O DI AVVICINAMENTO
Perché un individuo decida di assumere una droga occorre che abbia elaborato un
orientamento favorevole al consumo e che consideri l’eventualità di provare un’esperienza
in grado di rispondere a bisogni e ad aspettative per lui rilevanti in rapporto a diversi
ambiti: esperienza di sé, relazione con gli altri, stile di vita, tutti in rapporto alla fase di vita
in cui si trova. I significati che possono essere attribuiti a una droga variano infatti sia da
individuo a individuo, sia in rapporto ai diversi momenti della vita di uno stesso individuo.
FASE DI CONTATTO O “INIZIAZIONE”.
Si presenta l’occasione e il soggetto decide di provare.
L’esperienza concretamente vissuta gli permette di valutare la qualità e l’entità degli effetti
sperimentati, la loro congruenza con le precedenti aspettative, il confronto tra l’esperienza
che ha di sé dopo aver assunto la droga e con quella che ne ha in condizioni di astinenza.
In base a questo insieme di considerazioni e di valutazioni egli può decidere o di non
assumere più la droga o invece di continuare.
FASE DI STABILIZZAZIONE
Nel caso in cui il soggetto scelga di continuare si trova a dover scegliere se consumare la
droga abitualmente, quando si presenta l’occasione, o più regolarmente, andandosela
esplicitamente a procurare. Per diventare un vero e proprio consumatore occorre
apprendere da persone più esperte la tecnica più corretta per assumere la droga affinché
essa possa produrre gli effetti desiderati; diventare capace di discriminare tali effetti
quando essi si verificano e di metterli in rapporto all’assunzione della sostanza trarre
piacere dalle sensazioni che prova, considerato che esse non sono necessariamente e
intrinsecamente piacevoli. ;
FATTORI DI RISCHIO
I fattori relativi alle influenze interpersonali sono ritenuti i più rilevanti.
Eventi che modificano radicalmente la struttura della famiglia, come la separazione o la
morte di un genitore, sembrano aver ruolo meno rilevante di quello esercitato da rapporti
intrafamiliari disfunzionali.
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Quanto più l’adolescente è orientato verso coetanei favorevoli alla droga o che sono già
consumatori, tanto più aumenta la probabilità che egli possa essere attratto dall’idea di
provare
una
sostanza.
L’iniziazione non è determinata nella generalità dei casi da disturbi psicopatologici
strutturati, ma si associa piuttosto a una serie di tratti nell’area della non convenzionalità o
a stati emozionali negativi e temporanei.
FATTORI CHE FAVORISCONO LA STABILIZZAZIONE DEL CONSUMO
In questa seconda fase ciò che conta è soprattutto il tipo di rapporto che si crea tra il
soggetto e la sostanza: dopo le prime esperienze egli può valutare concretamente la
qualità e la funzione degli effetti sperimentati ed elaborare quindi credenze che non si
fondano più sull’esperienza riportata da altri ma su quella personale. Si continua a far uso
di droga quanto più si percepiscono gli effetti rinforzanti della sostanza, sia positivi, sia
negativi; quanto più si ottengono gli effetti cognitivi, affettivi e farmacologici che si
attendono: quanto più ci si convince che attraverso la droga si può esercitare maggior
controllo sugli eventi della vita quotidiana.
Anche il non aver ottenuto gli effetti desiderati può spingere il soggetto a riprovare, così
come la sottovalutazione dei rischi e un estrema fiducia nelle proprie capacità di controllo,
possono favorire l’innescarsi della dipendenza.
FATTORI DI PERSONALITÀ CHE FAVORISCONO IL CONSOLIDARSI DEL CONSUMO
•
Tratti disfunzionali del sé stabili e duraturi
•
Ansia
•
Depressione
•
Bassa autostima
•
Età in cui si è verifica l’iniziazione
•
Associazione tra uso di droga e altri comportamenti problematici
•
Esposizione in età infantile o adolescenziale a profonde e durevoli esperienze di
disagio
FATTORI CHE POSSONO FAVORIRE LA TRANSIZIONE DA UNO STILE DI
CONSUMO NON DIPENDENTE A UNO DIPENDENTE
•
Età in cui il soggetto ha iniziato e ha strutturato stili di consumo regolari
•
Comportamenti devianti
•
Coinvolgimento nell’ambiente del consumo
•
Confronto con situazioni di disagio durature e difficilmente risolvibili
14
•
Repertorio limitato o inadeguato di competenze sociali per affrontare diversamente
i suoi problemi
•
Disturbi di personalità strutturati (depressione, ansia, disforia, ecc.)
•
Identificazione della droga come il mezzo più efficace per diminuire il disagio
•
Sottovalutazione dei rischi connessi al consumo
•
Sopravvalutazione delle proprie capacità di controllo
•
Evidenziazione di atteggiamenti di sfida
•
Opportunità e risorse sociali poco soddisfacenti.
DIAGNOSI PSICOLOGICA E CURA NELLA TOSSICODIPENDENZA
I
tossicodipendenti
sono
generalmente
presi
in
carico
dai
Servizi
per
le
Tossicodipendenze, i SerT che li guidano in un percorso di diagnosi e di cura all’interno di
una prospettiva integrata costruita a partire da un percorso diagnostico dove la
multiassialità della valutazione costituisce la premessa della multidisciplinarità dell’
intervento.
Il percorso diagnostico ha inizio con dei colloqui motivazionali effettuati da un educatore
professionale per approfondire la richiesta del paziente e saggiare la sua effettiva
motivazione ad intraprendere un percorso di diagnosi e cura.
La valutazione avviene attraverso la raccolta di un’anamnesi psicologica e medica
accurata, correlata dalla somministrazione di test psicologici e di esami ematochimici e
tossicologici urinari.
VALUTAZIONE TESTISTICA
Generalmente si somministrano test per la valutazione della personalità (MMPI, SCID-II) e
test per la valutazione cognitiva (Wais, Matrici di Raven, test per la valutazione della
memoria e del linguaggio). Per approfondire si possono utilizzare scale per la valutazione
dell’ansia e della depressione, reattivi proiettivi come il Rorshach.
Il paziente incontra diversi operatori :
•
Lo psicologo che conduce l’intervista anamnestica e l’intervista strutturata sui
disturbi di personalità, può somministrare il Rorshach, lo SCID, l’MMPI, e i test per
la valutazione cognitiva.
•
Il medico si occupa dell’anamnesi patologica (con attenzione particolare ai disturbi
correlati all’uso di stupefacenti).
15
•
Gli educatori effettuano colloqui psicosociali per la raccolta di informazioni
necessarie per la compilazione dell’Asse IV della Valutazione Multiassiale.
MINNESOTA MULTIPHASIC INVENTORY (MMPI)
Nasce in America fra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ‘50
Si basa sul concetto di malattia e per tale novità si pone come un movimento di riforma
sociale.
E’ un modello pragmatico centrato sulla RIABILITAZIONE non scaturito da una teoria
definita una volta per tutte, ma da una posizione basata su “inventare procedendo” e “fare
ciò che funziona”
OBIETTIVI PRINCIPALI:
•
Promuovere l’ASTINENZA da tutte le sostanze che alterano l’umore ;
•
Stimolare un CAMBIAMENTO DELLO STILE DI VITA E DELLE ABITUDINI
IL TEST
•
Fornisce una valutazione clinica oggettiva ed affidabile delle caratteristiche della
personalità e del comportamento sintomatico di una persona;
•
Permette di individuare le problematiche di personalità oltre la tossicodipendenza;
•
Individua con esattezza il grado dei più comuni disturbi associati alla dipendenza da
sostanze (antisocialità, depressione, problematiche con la famiglia d’origine).
E’ un questionario di 567 item a doppia alternativa di risposta (vero o falso) ed è composto
al suo interno da :
•
6 SCALE DI VALIDITÀ,
•
10 SCALE DI BASE,
•
12 SCALE SUPPLEMENTARI,
15 SCALE DI CONTENUTO.
•
Scale di validità : hanno lo scopo di accertare con quale accuratezza e sincerità il
soggetto ha risposto agli item del questionario.
•
Scale di base o cliniche : hanno lo scopo di andare a sondare gli aspetti più
significativi
della
personalità
prendendo
in
considerazione
i
più
diffusi
comportamenti psicopatologici.
•
Scale supplementari : rappresentano un approfondimento dei problemi clinici e dei
vari disturbi. Sono anche chiamate scale per scopi speciali in quanto delineano
16
rispetto a quelle di contenuto, un quadro più specifico e più utilizzabile
nell’individuazione del trattamento.
Alcune sono particolarmente interessanti per la tossicodipendenza:
•
Scala Mac-R (scala MacAndrew dell’alcolismo corretta): individua la presenza di
problemi legati all’alcolismo e alla tossicodipendenza;
•
Scala APS (scala di tossicodipendenza potenziale): misura il grado di potenzialità
a sviluppare problemi di dipendenza da sostanze;
•
Scala AAS (scala di ammissione di tossicodipendenza): concerne la misura della
dipendenza o dell’abuso.
•
Scale di contenuto : permettono di descrivere le diverse caratteristiche di
personalità legate a sintomi specifici. Considerate unitamente a quelle cliniche
permettono di valutare il grado di presenza nelle varie patologie dei singoli sintomi.
PSICOTERAPIA E TOSSICODIPENDENZA
Trattamenti psicoterapeutici sono ampliamente utilizzati per i disturbi da uso di sostanze e
includono :
•
Terapie individuali,
•
Familiari
•
Di gruppo.
Il termine psicoterapia viene utilizzato per descrivere un trattamento psicologico mirato a
modificare pensieri, sentimenti e comportamenti problematici creando una nuova
comprensione di aspetti che sembrano correlati in modo causale alle difficoltà lamentate.
Deve occuparsi dei comportamenti legati alla dipendenza e dei pensieri e sentimenti che
sembrano incoraggiarli, sostenerli o che ne sono il risultato.
Tratta temi inerenti ad altri aspetti della vita dei pazienti, sia passati che presenti,
supponendo che alcuni di questi contribuiscono al loro attuale uso di sostanze.
PSICOTERAPIA INDIVIDUALE
Per curare in modo efficace in pazienti dipendenti è importante combinare una
conoscenza generale della psicoterapia con la conoscenza della farmacologia delle
sostanze di abuso, la sottocultura della dipendenza, sulla perdita di controllo che
accompagna la dipendenza e sulle conseguenze biopsicosociali della stessa. Tecniche
psicoterapeutiche derivanti da diversi orientamenti sono state adattate perché si
17
concentrassero in modo specifico sul trattamento della dipendenza: l’approccio
psicodinamico, la psicoterapia supportivo-espressiva, quella interpersonale, le terapie
cognitive.
PSICOTERAPIA DI GRUPPO
Ha
rappresentato
la
soluzione
più
popolare
a
questo problema e, attualmente, è l’intervento di elezione.
Caratteristiche comuni a tutti i tipi di trattamenti di gruppo devono essere :
•
Pieno beneficio del trattamento agli individui dipendenti
•
Riconoscimento e trattamento delle vulnerabilità di carattere e psicologiche.
IL DEVE FORNIRE GRUPPO:
•
Elevato grado di sicurezza e di strutturazione
•
Un contratto di gruppo come caratteristica organizzatrice, delle norme condivise,
espresse esplicitamente e ripetute
•
Sostegno
•
Confortare e sfidare
•
Coinvolgere i suoi membri in incontri che aumentano distintamente la
consapevolezza dei problemi personali e del carattere
Fornire un luogo sicuro per il cambiamento.
TERAPIA FAMILIARE
L’abuso di sostanze ha un profondo effetto sulla famiglia e questa è un fattore cruciale nel
trattamento di un individuo che ne fa uso.
Nella terapia familiare esistono tre fasi fondamentali del coinvolgimento della famiglia nel
trattamento:
•
Sviluppare un sistema per instaurare e mantenere uno stato drug free;
•
Attivare un metodo realizzabile di terapia famigliare;
•
Occuparsi del riadattamento della famiglia dopo la cessazione dell’abuso di
sostanze.
Variazioni ci sono in base alla sostanza abusata, all’etnia, alla tipologia familiare, allo
stadio della malattia e al sesso del paziente. Importante è effettuare una diagnosi della
famiglia osservando i modelli interattivi, di comunicazione, i rapporti della famiglia, le
alleanze e i ruoli principali, le regole e i confini, i legami e gli stili di conflitto.
Vari sono i sistemi di terapia familiare attualmente in uso:
•
LA TERAPIA STRUTTURALE - STRATEGICA,
•
PSICODINAMICA,
18
•
SISTEMICA
•
COMPORTAMENTALE.
IL CONCETTO DI MALATTIA
Le discussioni riguardo al concetto di malattia partono spesso da una premessa che può
trarre in inganno: sono basate sull'errata convinzione che questo concetto debba avere un
significato scientifico specifico e strettamente definito. Ma un tale consenso sulla parola
“malattia” non esiste, così come sulla parola “salute”.
Parlare di malattia nel campo delle dipendenze da sostanze significa principalmente
contrapporsi
ai
concetti
di
“vizio
morale”
e
“comportamento
maladattivo”.
Se l'alcoolismo e le tossicodipendenze vengono considerate malattie, le persone che ne
sono colpite non sono più malvagie o irresponsabili, ma semplicemente malate e come tali
hanno
diritto
ad
attenzione,
aiuto
e
trattamento.
Le persone in recupero ricevono più rispetto se malate, piuttosto che se etichettate come
persone
che
soffrono
di
un
problema
morale
o
di
un
disturbo
mentale.
Essi possono anche subire meno la colpa e la vergogna degli errori passati,
concentrandosi di più su ciò che hanno bisogno di fare per mantenere la loro astinenza.
La dipendenza è una malattia:
- primaria;
- cronica;
- incurabile;
- progressiva;
- mortale;
- arrestabile.
La dipendenza chimica viene considerata primaria, cioè non causata da altre condizioni.
Ciò implica che l’abuso di sostanze e i comportamenti devianti sono conseguenze della
malattia e che l’individuo non è responsabile dei suoi disturbi.
Inoltre, si può assumere che chi non ha la vulnerabilità alla malattia non svilupperà
alcoolismo o tossicodipendenza.
La malattia della dipendenza è cronica, cioè permane nel tempo, non scompare.
È, dunque, incurabile. Questo concetto si inserisce all’interno della pratica dell’astinenza,
contrapposta “… all’impossibilità di recuperare utilizzando qualsiasi sostanza che alteri la
mente o cambi l’umore”. Per questo motivo i membri di A.A. o N.A. si considerano in
recupero e non recuperati.
19
E.M. Jellinek (1960) ha messo in evidenza come la dipendenza da sostanze chimiche è
progressiva, cioè avanza, aumenta. La progressione indica l’accrescimento graduale nel
tempo e l’irreversibilità della malattia, dalla quale non si può tornare indietro.
La dipendenza può essere mortale, se non viene arrestata con la completa e continua
astinenza. Quest’ultima garantisce al dipendente la possibilità di arrestare la progressione
della malattia e rappresenta il terreno per progredire nel recupero.
I SINTOMI DELLA MALATTIA
La malattia della dipendenza è caratterizzata dai seguenti sintomi:
- negazione;
- ossessione;
- compulsione;
- perdita di controllo.
La persona che non presenta questi sintomi non è un dipendente.
La negazione
Secondo Massella (1980), la negazione è il sintomo primario della dipendenza chimica. La
negazione viene qui intesa come l'incapacità di percepire e di riconoscere una realtà
inaccettabile, cioè il fatto di essere un alcolista o un tossicodipendente.
L’individuo è all’oscuro del contenuto ideativo ed emotivo di ciò che viene negato.
La negazione viene usata per contrastare gli sforzi di coloro che mettono la realtà di fronte
all'individuo, e per giustificare l'uso continuato. Evitando di riconoscere gli effetti distruttivi
del proprio uso di droghe, la persona protegge il sé da un abbassamento dell'autostima,
dalla vergogna e da eventi emotivi dolorosi.
La negazione non corrisponde al mentire, si tratta piuttosto di una incapacità percettiva, la
più primitiva delle difese psicologiche. Protegge il sé dal senso di inadeguatezza e
soprattutto protegge la possibilità di continuare ad usare, che per il dipendente è l'essenza
della vita.
La negazione impedisce alla persona dipendente di riconoscere la propria impotenza,
l'incapacità di controllare l'uso di sostanze ed è solo questo riconoscimento che può
portare ad accettare la necessità di smettere.
La negazione porta con sé rabbia, scoraggiamento, frustrazione e allontanamento da
coloro che si sono avvicinati alla persona.
Diversi fattori intervengono a sostenere questa difesa:
20

i blackout, cioè gli stati di temporanea amnesia in cui il soggetto non ricorda ciò che
ha fatto sotto l’effetto delle sostanze;

la rimozione,

la razionalizzazione,

la minimizzazione e altri meccanismi di difesa;

la rievocazione euforica, cioè il ricordo solo degli effetti positivi e piacevoli dell’uso
delle sostanze;

lo stigma sociale, cioè l’etichetta;

i metodi coercitivi.
L’ossessione
È il pensiero ricorrente sulla sostanza, che prevarica gli altri. L’idea assillante e persistente
della sostanza, accompagnata da stati di piacere, ma anche di angoscia e di malessere.
L’ossessione è caratterizzata da aspetti quali l’incoercibilità, la tendenza alla compulsione,
la perdita della libertà e il blocco progressivo del pensiero. Il dipendente in recupero
apprende a gestire questo sintomo prima che esso si trasformi in compulsione.
La compulsione
La compulsione (craving) è la spinta all’azione, il bisogno incontrollabile di assumere la
sostanza in maniera continuativa nonostante le pesanti conseguenze negative.
Rappresenta l'aspetto fondamentale della dipendenza psichica, e si compone di due
aspetti:
1) disforia (malessere intenso e basso tono dell'umore; opposto dell'euforia) legata
all'impossibilità di ottenere la sostanza;
2) piacere anticipatorio che precede l'ottenimento della stessa. Comprende questioni
attinenti la programmazione dell’azione (come e cosa fare per ottenere la sostanza) e il
compiere l’azione (l’ottenimento della sostanza).
La perdita di controllo
La perdita di controllo è una premessa centrale per il modello basato sul concetto di
malattia.
La perdita di controllo è strettamente correlata alla compulsione, che di solito la precede.
L'individuo sente il bisogno di usare una sostanza, la usa e ne desidera sempre di più,
dando origine ad un circuito inarrestabile. Ciò non significa che l’individuo che usa una
sostanza arriverà invariabilmente all’uso eccessivo.
Il concetto chiave per comprendere la perdita di controllo è l'imprevedibilità.
21
Ciò significa che il dipendente non è in grado di prevedere quanto userà o quando si
fermerà, una volta che ha iniziato a usare una sostanza. Quindi il dipendente non è in
grado di scegliere in modo definito quante sostanze userà e quando le userà.
La dipendenza chimica come malattia progressiva
E.M. Jellinek ha studiato in modo approfondito la progressione della malattia raccogliendo
e analizzando le storie di più di 2.000 alcolisti, arrivando a definire, nonostante le
differenze individuali, quattro fasi caratterizzate da segni e sintomi comuni raggruppati in
classi. Le quattro fasi sono: pre-alcolica, prodromica, critica e cronica.
1. La fase prealcolica
L'individuo comincia a sperimentare un senso di sollievo ogni volta che beve, e passa
gradualmente dal ruolo di bevitore sociale a quello di persona che beve per provare
sollievo. Il bere diventa un modo di gestire lo stress.
Questa fase può durare da alcuni mesi fino a 2 anni con il graduale procedere dei
fenomeni di tolleranza.
2. La fase prodromica
L'individuo comincia a sperimentare i primi blackout, che di solito sono seguiti dai primi
tentativi di astinenza dal bere.
In questa fase alcuni riescono a smettere o ricominciano a bere socialmente. Altri si
trovano a bere prima delle occasioni sociali e a mandare giù velocemente i primi due o tre
bicchieri per cercare la sbornia immediata e incominciano a considerare l'alcool come un
bisogno.
3. La fase critica
La fase critica è caratterizzata dalle prime perdite di controllo. In questa fase l'alcool, in
qualsiasi forma, innesca una reazione a catena di craving e uso compulsivo, e i periodi
occasionali di astinenza sono tentativi di giustificare e razionalizzare il bere compulsivo.
L'alcolista cercherà di cambiare tipo di bevanda, cambiare lavoro, bere in luoghi e orari
differenti. Il fallimento di questi tentativi di controllo porta con sé senso di colpa e
abbassamento dell'autostima, aumento dell'aggressività e deterioramento nella vita
familiare e relazionale. La vita della persona è ora centrata sull'uso di alcool.
4. La fase cronica
Si arriva così alla fase definita cronica, in cui l'alcool domina le attività quotidiane della
persona. Le conseguenze del deterioramento diventano evidenti con la perdita del lavoro
e con grossi conflitti familiari e relazionali.
22
L'alcolista comincia a bere al mattino, e continua ad intervalli di non più di quattro ore.
La colpa e il rimorso diventano ragioni per bere di più.
Si arriva ad un punto in cui la persona beve per eliminare le sensazioni spiacevoli derivanti
dall'avere bevuto (sia in senso fisico che emotivo). Iniziano le “baldorie”, in cui la persona
resta intossicata per molti giorno consecutivi. Comincia a frequentare persone che di solito
non avrebbe frequentato.
A questo punto, la tolleranza diminuisce di molto, e la persona è ubriaca dopo pochi
bicchieri (tolleranza inversa). Cominciano i primi tremori, le patologie alcool-correlate
diventano evidenti.
Il sistema di razionalizzazione della persona non funziona più.
A questo punto, la persona ha toccato il fondo e si trova di fronte alla decisione di
recuperare o andare incontro alla morte.
Questa progressione si verifica nei dipendenti da qualsiasi sostanza psicoattiva.
E' importante sottolineare che la natura progressiva della malattia della dipendenza rende
possibile unicamente "arrestare" questa progressione dato che ad oggi non è disponibile
nessuna cura.
Ciò significa che la completa e continua astinenza da qualsiasi sostanza che cambi o alteri
l'umore resta comunque il terreno migliore per una crescita nella risalita del recupero.
Tre stadi della progressione della malattia
Milam e Ketcham (1983) hanno fornito un'ulteriore descrizione della progressione della
malattia individuando tre stadi:
•
adattamento,
•
dipendenza,
•
deterioramento.
1. Adattamento
Nello stadio dell'adattamento in cui si sviluppa la tolleranza alla droga, la persona si
meraviglia della sua capacità di reggere le sostanze e sperimenta diverse intossicazioni
senza apparenti alterazioni gravi; tuttavia il suo organismo si adatta alla sostanza
sviluppando tolleranza e altre modificazioni di cui egli non può essere consapevole
2. Dipendenza
Nello stadio della dipendenza, in cui vengono avvertiti i primi sintomi dell'astinenza,
inizialmente confusi con i postumi dell’uso di sostanze, si sviluppa un uso preventivo della
sostanza in questione per evitare i sintomi spiacevoli.
23
3. Deterioramento
Visto che la tossicodipendenza da oppiacei è una malattia primaria, cronica, progressiva,
incurabile, mortale ma arrestabile, dopo periodi più o meno lunghi di astensione dall'uso di
sostanze, può ricomparire il comportamento tossicomanico.
Tale evento è talmente frequente che la ricaduta è considerata una frustrante ma
inevitabile parte del processo di recupero.
Il recupero nei tossicodipendenti è un processo che inizia con l'astensione dall'uso e
comporta cambiamenti personali, interpersonali e spirituali.
In particolare si osservano importanti modificazioni: fisiche, psicologiche comportamentali,
interpersonali, familiari, sociali, spirituali ed economiche.
La ricaduta può essere vista non solo come un evento di ricomparsa del pattern d'abuso o
di dipendenza dalla sostanza, ma come un processo.
Da Narcotoci Anonimi:
Componenti della MALATTIA
•
FISICA = consumo compulsivo di sostanze; ossia incapacità di smettere di usare
una volta che abbiamo cominciato:
•
MENTALE = ossessione, ossia il desiderio opprimente di usare, anche quando ci
stiamo distruggendo la vita.
•
SPIRITUALE = il nostro totale egocentrismo; credevamo di poterci fermare quando
avremmo voluto, nonostante l'evidenza del contrario.
Sintomi di Ricaduta
•
Quando si ricomincia a stare bene
•
Apprensione al benessere
•
Negazione
•
Impegno esagerato per la pulizia
•
Tentativi di imporre l'astinenza e/o la sobrietà agli altri
•
Atteggiamento difensivo
•
Comportamento compulsivo
•
Tendenza alla solitudine
•
Visione a tunnel
•
Depressione minore
•
Perdita di pianificazione costruttiva
•
I piani cominciano a fallire
24
•
Sensazione che nulla si risolverà
•
Desiderio immaturo di felicità
•
Periodi di confusione
•
Irritazione verso gli amici
•
Facilità alla rabbia
•
Abitudini alimentari irregolari
•
Indifferenza
•
Cicli sonno-veglia irregolari
•
Perdita progressiva della strutturazione della giornata
•
Profonda depressione
•
Frequenza ai gruppi irregolare
•
Distacco totale
IL MALATO NON E’ RESPONSABILE DEI SUOI SINTOMI MA DEL SUO RECUPERO
Nella nostra cultura è facile accettare malattie che si manifestano con sintomi fisici, meno
facile accettare quelle che si manifestano attraverso comportamenti.
L’idea di una predisposizione serve a favorire il passaggio nel riconoscimento della
“propria impotenza”, quindi non attribuisce alle proprie “capacità” la possibilità di recupero,
ma soprattutto alla consapevolezza della propria condizione.
Questo processo favorisce un atteggiamento molto più:
GENEROSO (disponibile a rivedersi tramite il perdono di sé in quanto malato);
UMILE (sconfitto nella presunzione di dominare le sostanze);
DISINCANTATO (più aderente alla realtà quotidiana che richiede di rinunciare a
consumare “solo per oggi”).
L’astinenza assoluta, giorno dopo giorno, permette di estinguere la compulsività,
consentendo di vivere perfettamente sani.
Solo rispettando l’astinenza assoluta si può fronteggiare la “labilità congenita” verso le
droghe e l’alcool, poiché questa labilità non guarisce e non è reversibile: anche dopo
decenni rimarrà caratteristica latente della persona.
QUELLO CHE NON POSSO FARE PER SEMPRE POSSO FARLO SOLO PER OGGI
25
Nel progetto di recupero dei A.A. e N.A. non viene chiesto di essere astinenti per tutta la
vita, ma “solo per oggi ”.
Questo facilita il compito ed il raggiungimento dell’obiettivo di recupero.
Pertanto, a conclusione di ogni riunione di gruppo,i partecipanti concludono recitando la
cosiddetta preghiera della serenità, con la quale si invoca:
“la necessità di accettare le cose che non posso cambiare, la forza ed il coraggio di
cambiare quelle che posso e la saggezza di conoscerne la differenza”.
PASSI IN TRATTAMENTO
La dipendenza chimica (etilismo ed altre tossicomanie) è stata un problema umano per
tanti anni. Forse da quando gli uomini hanno scoperto che fumare o bere succhi di frutta
fermentati poteva provocare loro piacevoli sensazioni.
Lungo tutta la storia, troviamo avvertimenti che eccedendo con le bevande alcoliche, con
l’erba da fumare, con il tonico (medicina antica), molte persone sono morte nella pazzia
della dipendenza chimica.
Fino al 1935 non c’era nessun trattamento che funzionasse per aiutare gli altri alcolisti ed
altri dipendenti a smettere di usare sostanze che alterassero l’umore.
Due uomini, Bill Wilson e dott. Bob Smith fondarono un gruppo denominato “Alcolisti
Anonimi”. Queste persone si incontravano per aiutarsi uno con l’altro a rimanere sobri.
Provavano a divenire uomini migliori e organizzare meglio la loro vita. Funzionò.
Finalmente esisteva un metodo per gli alcolisti a condurre una vita migliore.
Nel 1939 i membri di questo gruppo scrissero un libro intitolato Alcolisti Anonimi. In questo
libro parlarono dei 12 Passi che avevano lavorato per recuperare dalla loro dipendenza.
I
12 PASSI
1) ABBIAMO AMMESSO DI ESSERE IMPOTENTI SULLA NOSTRA DIPENDENZA, E
CHE LA NOSTRA VITA ERA DIVENUTA INGOVERNABILE
2) SIAMO GIUNTI A CREDERE CHE UN POTERE
PIU’ GRANDE DI NOI STESSI
AVREBBE POTUTO RIPORTARCI ALLA RAGIONE.
3) ABBIAMO PRESO LA DECISIONE DI AFFIDARE LA NOSTRA VOLONTA’ E LA
NOSTRA VITA ALLA CURA DI UN DIO, COME NOI POSSIAMO CONCEPIRLO.
4) ABBIAMO FATTO UN PROFONDO E CORAGGIOSO INVENTARIO MORALE DI NOI
STESSI
26
5) ABBIAMO AMMESSO A DIO, A NOI STESSI E A UN ALTRO ESSERE UMANO LA
NATURA ESATTA DEI NOSTRI TORTI.
6) CI SIAMO RESI TOTALMENTE DISPONIBILI A LASCIARE CHE DIO ELIMINASSE
TUTTI QUESTI DIFETTI DI CARATTERE
7) GLI
ABBIAMO
UMILMENTE
CHIESTO
DI
LIBERARCI
DALLE
NOSTRE
INSUFFICIENZE
8) ABBIAMO FATTO UN ELENCO DI TUTTE LE PERSONE CHE ABBIAMO LESO E
ABBIAMO DECISO DI FARE AMMENDA VERSO TUTTE LORO.
9) ABBIAMO FATTO DIRETTAMENTE AMMENDA VERSO TALI PERSONE IN TUTTI I
CASI POSSIBILI, TRANNE QUANDO AVREBBE POTUTO DANNEGGIARE LORO O
ALTRI
10) ABBIAMO CONTINUATO A FARE IL NOSTRO INVENTARIO PERSONALE E
QUANDO CI SIAMO TROVATI IN TORTO LO ABBIAMO
SUBITO AMMESSO.
11) ABBIAMO CERCATO , ATTRAVERSO LA PREGHIERA E LA MEDITAZIONE, DI
MIGLIORARE IL NOSTRO CONTATTO COSCIENTE CON DIO, COME NOI
POSSIAMO CONCEPIRLO, PREGANDO SOLO DI FARCI COMPRENDERE LA SUA
VOLONTA’ NEI NOSTRI RIGUARDI E DI DARCI LA FORZA DI SEGUIRLA.
12) AVENDO OTTENUTO UN RISVEGLIO SPIRITUALE COME RISULTATO DI QUESTI
PASSI, ABBIAMO CERCATO DI TRASMETTERE IL MESSAGGIO AD ALTRI
DIPENDENTI E DI METTERE IN PRATICA QUESTI PRINCIPI IN TUTTI I CAMPI
DELLA NOSTRA VITA.
COSA CI INSEGNANO I DODICI PASSI
Questi 12 Passi sono utilizzati per ogni tipo di dipendenza da sostanze chimiche e non
solo dai dipendenti ma anche dalle famiglie e amici che li amano.I 12 Passi sono la base
di molti programmi di recupero.
I PRINCIPI SONO DELLE VERITA’
I Passi sono ciò che il programma intende come “principi”. Un modo di valutare i principi, è
che sono verità fondamentali.
27
I programmi sono concepiti sulla verità che i dipendenti possono recuperare dalla
dipendenza lavorando i Passi.
I 12 Passi sono concepiti per renderci e conservarci sobri, per liberarci dalla nostra
vergogna, la nostra inquietudine, il nostro falso orgoglio, la testardaggine e dalle nostre
paure.
LE VERITA’ DIVENTANO REGOLE
I Passi sono dei suggerimenti, sebbene noi dipendenti dall’alcool e altre droghe
accettiamo mal volentieri dei suggerimenti. Se vogliamo recuperare, abbiamo bisogno di
aiuto. Abbiamo difficoltà a vivere senza sostanze. Siamo stati sbattuti da un angolo all’altro
della vita, mentre pensavamo di controllarla.
I 12 Passi ci offrono un nuovo stile di vita e qualche regola fondamentale per sapere agire.
Molti dipendenti hanno pensato di poter vivere senza regole,essi volevano agire come
desideravano.
Non si preoccupavano di ciò che gli altri pensavano. La verità è, che nella dipendenza
avevamo dei riferimenti ma erano regole di un dipendente.
LO SPONSOR
E’ una delle più vecchie tradizioni di AA, perfino antecedente alla terapia del telefono. In
origine, gli sponsor avevano un ruolo molto più limitato di oggi nel recupero. Erano
persone che si prendevano la responsabilità di far visita ad alcolisti all'ospedale e di
portarli agli incontri AA quando erano distrutti. Gli sponsor venivano anche utilizzati come
risorse per rispondere a domande sugli argomenti del Grande Libro.
Oggi tutti i programmi dei 12 Passi includono la sponsorizzazione all'interno delle loro
tradizioni.
Gli sponsor si incontrano agli incontri. Ma il loro ruolo attuale è differente da quello di una
volta. Non fanno visita a pazienti in trattamento residenziale o non li accompagnano agli
incontri, sebbene in qualche misura gli sponsor ancora "spiegano" il Grande Libro ai nuovi
venuti.
Ma forse la cosa più importante, è che oggi gli sponsor servono come risorsa pratica di
consiglio per le persone che hanno meno esperienza nel recupero.
Lo sponsor è qualcuno che il paziente può chiamare (in aggiunta, si spera, agli altri amici
di AA/NA), che fornisce informazioni di base su AA e NA e le loro tradizioni,
che aiuta a trovare risposte sui passi, che indirizza il paziente agli incontri che possono
essere utili e che facilita il coinvolgimento attivo.
28
Perfino le persone che sono state in recupero per molti anni sono portate ad avere uno
sponsor, sebbene i loro sponsor possano essere alla pari in termini di recupero.
E' un privilegio e una responsabilità essere uno sponsor.
Ma ci sono alcune cose che lo sponsor non è.
Lo sponsor non è un terapista né un giudice.
Lo sponsor non dice al paziente cosa fare (sebbene possa offrire un suggerimento o due
se richiesto).
Lo sponsor non tenta di risolvere problemi personali o di coppia, non offre giudizi morali, o
offerte di lavoro.
A dispetto di queste limitazioni, ci sono moltissime modalità con cui lo sponsor può essere
di aiuto.
Lo sponsor comprende a partire dalla propria esperienza le agonie della dipendenza e i
conflitti che si trova ad affrontare il nuovo alcolista o dipendente in recupero.
Lo sponsor si prende sinceramente cura del paziente ed è un alleato, ma non un migliore
amico o un datore di lavoro o un parente acquisito.
La differenza sta nel prendersi cura con distacco che una buona sponsorizzazione
richiede.
Caratteristiche dello Sponsor
NA suggerisce queste regole di base:
•
Chiunque desideri restare pulito e sobrio dovrebbe avere uno sponsor
•
Lo sponsor dovrebbe essere dello stesso sesso del paziente
•
Un paziente dovrebbe avere un solo sponsor alla volta
•
Uno sponsor dovrebbe avere almeno diversi mesi di "tempo pulito", sebbene ciò
che è più importante della quantità di tempo di pulizia è la qualità. Uno sponsor
dovrebbe essere qualcuno che ha una buona comprensione dei 12 Passi e che è
attivamente coinvolto in una fratellanza dei 12 Passi, includendo l'andare agli
incontri, usare il telefono, e avere per sé uno sponsor.
Come Procurarsi uno Sponsor
NA dà questo consiglio sul procurarsi uno sponsor:
Ascoltare è la chiave per trovare uno sponsor. Il posto più ovvio per cercare uno sponsor è
nell’ambito degli incontri NA.
Ascolta, parla e condividi con i membri del Programma; procurati tanti numeri di telefono e
usali quando ne avrai bisogno.
29
Quando trovi qualcuno con cui poter parlare apertamente e metterti in relazione, chiedigli
semplicemente di essere il tuo sponsor. Imprevisti a parte, la risposta sarà "sì".
A volte la persona può essere inadatta a sponsorizzarti. Prova! Ricorda che quando si
chiude una porta, se ne apre un'altra. Continua a partecipare agli incontri, ascolta e presto
troverai uno sponsor.
Sponsor Temporanei
A volte i nuovi arrivati ad AA e NA sentono un bisogno immediato di aver uno sponsor,
anche se ancora conoscono relativamente poco delle persone che hanno incontrato in
quel posto.
In tali casi è appropriato per loro cercare uno sponsor "temporaneo", qualcuno che svolga
questo ruolo fino a quando il nuovo arrivato abbia avuto la possibilità di imparare di più
delle persone che incontra ascoltando
e quindi trovando qualcuno con cui porsi in relazione che possa diventare uno sponsor
permanente.
PERSONALITA’ DIPENDENTE
Abbiamo incontrato negli anni molte diverse definizioni di dipendenza:
la dipendenza è stata descritta come un vuoto morale, una mancanza di volontà,
un’incapacità di affrontare il mondo, una malattia fisica e una malattia spirituale.
LA DIPENDENZA E’ UN MODO DI VITA NEL QUALE LA PERSONA PERDE IL
CONTROLLO E RIMANE INCASTRATO IN UNA CONTINUA EVASIONE DALLA VITA.
La dipendenza come processo
La dipendenza può essere considerata un tentativo di controllare ed ottenere ciò che si
desidera; cioè la ricerca incontrollabile ed illusoria di pienezza, attraverso una relazione
con sostanze o comportamenti. Sebbene esistano molti generi di dipendenza ogni
dipendente crea una relazione con una sostanza o un comportamento per generare il
desiderato cambiamento di umore.
-
Entrare in azione
Il dipendente entra in azione quando mette in atto comportamenti di dipendenza o
ossessioni mentali dipendenti. È un modo per creare certe emozioni che sono un
interruttore mentale ed emotivo dentro di sé. Entrando in azione, sia con il pensiero che
con il comportamento, il dipendente impara a creare la sensazione di essere rilassato,
eccitato o controllato: egli può anche riuscire a provare paura, senso di colpa, disgusto
30
verso sé stesso oppure odio verso di sé, ma entrando in azione il dipendente raggiunge
l’illusione del controllo.
-
Nutrimento attraverso la fuga
Il cambiamento di umore creato dalla messa in atto di comportamenti dipendenti è un
processo molto seducente. Il dipendente è sedotto emotivamente dal credere di essere
nutrito da sostanze e/o comportamenti, ma il temporaneo sollievo non rappresenta un
reale nutrimento. Tutti noi abbiamo, talvolta, usato sostanze o comportamenti per evitare
di affrontare una realtà spiacevole, quindi abbiamo il potenziale per creare relazioni
dipendenti…
La differenza che caratterizza la persona dipendente è il continuo allontanarsi dalla
realtà e dalle responsabilità, in atteggiamento di continua evasione dalla vita.
-
La relazione emotiva
La dipendenza è una relazione emotiva con una sostanza o un comportamento e i
dipendenti stanno cercando di soddisfare i loro più intimi bisogni grazie a questa relazione.
La dipendenza comincia come un’illusione emotiva. L’illusione può formarsi, nel
dipendente, ancor prima che gli altri o lui stesso se ne siano resi conto.
-
La logica emotiva
La dipendenza segue una progressione logica chiamata logica emotiva, non logica
razionale.
La logica emotiva può essere riassunta in una frase:
“voglio ciò che voglio, e lo voglio adesso”.
I bisogni emotivi sono spesso molto pressanti e compulsivi. La logica emotiva mette la
persona contro sé stessa.
-
La relazione patologica
Il dipendente sviluppa la relazione con una sostanza sperando di soddisfare con essa i
propri bisogni. Questa è l’insanità della dipendenza, perché in genere le persone
soddisfano i propri bisogni attraverso l’intima connessione con gli altri, con sé stessi e con
un potere spirituale più grande di sé stessi. È attraverso una combinazione bilanciata di
queste relazioni che ognuno può ottenere il proprio sano nutrimento emotivo. Nella
dipendenza, il soggetto si allontana dalla funzione “normale” e socialmente accettabile
delle cose ed instaura con esse una relazione patologica.
-
dipendenti con sé stessi e con gli altri
Poiché la dipendenza è una malattia in cui la relazione primaria del dipendente è rivolta
verso sostanze o comportamenti e non verso gli altri.
31
Per il dipendente gli altri diventano un oggetto unidimensionale da manipolare.
Nel tempo, per il dipendente, trattare gli altri come oggetti diventa quasi una seconda
natura. Trattare gli altri come oggetti spesso conduce ad una maggiore distanza e ad un
più grande isolamento da loro.
I dipendenti trattano sé stessi come trattano gli altri.
Nel trattare anche sé stessi come oggetti i dipendenti sottopongono le proprie emozioni,
idee, spirito e corpo a svariati pericoli.
-
Priorità sbagliate
Avere fiducia negli altri è una minaccia per il processo di dipendenza; per il dipendente
attivo prima viene l’oggetto della dipendenza, poi gli altri.
La dipendenza è un problema di relazione: è una relazione distruttiva, ma affidabile.
I dipendenti attivi non hanno fiducia nella gente: un dipendente ha fiducia nella
dipendenza.
-
Quando si formano le relazioni dipendenti
Ci sono momenti in cui una persona può essere più portata a formare una relazione
dipendente:
•
Perdita di qualcuno che si ama (più stretta è la relazione maggiore è il bisogno di
cambiamento);
•
Perdita dello status sociale;
•
Perdita di ideali, sogni;
•
Perdita dell’amicizia;
•
Nuove sfide sociali o isolamento sociale;
•
Interruzione dei rapporti familiari.
•
Seduzioni della dipendenza
La dipendenza è un processo che porta verso promesse false e vuote: la promessa di
sollievo, la promessa di sicurezza emotiva, il falso senso di benessere e il falso senso di
intimità col mondo.
Paradossalmente è proprio attraverso il comportamento compulsivo che il dipendente
prova un senso di controllo. Ciò lo aiuta a contrastare il senso totale di impotenza e
incapacità di dirigersi che il dipendente prova a livello più profondo, più personale.
-
Intensità o intimità?
I dipendenti sono intrappolati in uno stadio adolescenziale per tutto il tempo della loro
malattia.
32
Emotivamente, i dipendenti agiscono come adolescenti, hanno una intensa esperienza e
la confondono con una sensazione di forte intimità.
-
Cambiamento interiore
La dipendenza cambia le persone in modo permanente, diventando un sistema di vita.
Quando si entra in un processo di dipendenza le possibilità sono:
•
continuare su questa strada per tutta la vita;
•
raggiungere il punto in cui, con l’aiuto degli altri, si sceglie consapevolmente un
nuovo stile di vita chiamato “recupero”
•
Quando le sostanze conducono alla dipendenza
•
Affinchè una sostanza abbia un potenziale di dipendenza è necessario un suo
potere incentivante per un’alterazione d’umore positiva e piacevole.
•
Più le sostanze sono accessibili ed incentivanti più ampio sarà il numero di persone
che avranno relazioni dipendenti con esse.
•
I dipendenti hanno bisogno di riconoscere che presto o tardi vorranno interagire con
il mondo attraverso la loro dipendenza.
•
Nel recupero, il dipendente deve necessariamente interrompere la relazione
dipendente all’interno di sé stesso e non solo quella con la sostanza. Ciò
avviene con il recupero totale.
-
Il recupero
I dipendenti possono cominciare il recupero accettando la presenza di una personalità
dipendente e assumendosene la responsabilità. Il primo passo nel recupero è
l’accettazione della doppia personalità creata dalla dipendenza. Pertanto sarà necessario
assumersi la totale responsabilità sia del Sé che del Dipendente.
I programmi di recupero sono stressanti poiché richiedono la totale onestà con il
proprio Sé: ciò significa ascoltare e credere al proprio Sé e non al proprio
Dipendente.
Le persone dipendenti soffrono molto durante il recupero che non è inteso come ritorno ad
una vita più sana, ma come sviluppo di una nuova personalità.
33
PROBLEMATICHE COMPORTAMENTALI DEL TOSSICODIPENDENTE
La tossicodipendenza è un fenomeno multifattoriale dovuto alla coesistenza di tre
elementi fondamentali:
1)
la presenza di sostanze stupefacenti
2)
la presenza di un ambiente droga-compatibile
3)
la presenza di una personalità problematica
Se escludiamo anche solo uno di questi elementi la situazione cambia radicalmente.
Sono da escludere quelle interpretazioni settoriali, parziali e riduttive che vorrebbero
ancora oggi attribuire le responsabilità ad un solo elemento.
È inconcepibile, alla presenza di una società complessa, voler leggere dei fenomeni
complessi su una linea retta: causa/effetto.
Fatta questa doverosa premessa sulla determinazione di comportamenti tossicomanici,
vediamo cosa è oggi la tossicodipendenza rispetto al passato.
Le nuove droghe
È noto come oggi la tossicomania impropriamente detta “minore”, non da eroina,
rappresenti lo stile tossicomanico più diffuso tra gli adolescenti. Si tratta di nuovi stili di
abuso, da discoteca o da week-end, in cui vengono utilizzate prevalentemente droghe
sintetiche quali l’ecstasy, mescolate più o meno frequentemente ad alcool, cannabis e
farmaci psicotropi.
L’accresciuto benessere economico ha probabilmente giocato un ruolo importante nel
rendere disponibili sia l’alcool che le droghe. Le situazioni di stress in combinazione con
l’accresciuto potere d’acquisto sembrano i fattori responsabili della diffusione e della
crescita del consumo di queste sostanze.
La possibilità di modificare attraverso l’uso di una sostanza il modo di stare insieme agli
altri può esercitare un’indubbia attrazione su adolescenti introversi, problematici, che
vivono sentimenti di esclusione, inferiorità ed emarginazione nel gruppo dei pari, nella
scuola, nella famiglia.
L’assunzione di sostanze d’abuso è sempre più precoce (14-15 anni) e diventa più
consistente con l’aumentare dell’età sia dei ragazzi che delle ragazze. Vi sarebbe, per
esempio, una uguale prevalenza di consumatori di alcool nei maschi e nelle femmine.
Coloro che fanno uso di droga in età adolescenziale, se hanno un terreno psichico
predisposto, possono andare incontro a gravi regressioni e agiti distruttivi. È
indispensabile pertanto, a livello preventivo l’individuazione precoce di segnali di stress o
34
di sintomi di patologie più gravi, al fine di promuovere il trattamento psicoterapico più
specifico ed adeguato per l’adolescente in difficoltà.
La tossicodipendenza è stata definita da Cancrini un tentativo di autoterapia ( l'uso di
sostanze stupefacenti permette a soggetti con problematiche diverse di ottenere dei
vantaggi, di star meglio, di cancellare la sofferenza...)
Ma il tossicodipendente è anche colui che assume una sostanza illecita, quindi in
posizione trasgressiva rispetto alla società. Ancor più che nel passato l’uso di sostanze è
stato omologante nella ricerca di una identità di gruppo.
Si ripropone una forte dicotomia tra comportamento trasgressivo e tentativo autoterapico.
Questo ci porta nelle questioni socio-legali del fenomeno, che sembrano escludere la
clinica (con il proprio ruolo terapeutico nei confronti della persona sofferente ), essendosi
veicolato negli anni l’assunto di base che la tossicomania sia un problema di controllo
sociale della devianza e dei comportamenti illeciti.
Oggi nei servizi si registra un aumento di pazienti borderline con caratteristiche di area
psicotica, a discapito di comportamenti “alla moda” che sono nettamente diminuiti.
In conclusione oggi possiamo dire che se non tutti i soggetti che sperimentano le
sostanze, a elevata capacità gratificante, restano impigliati nella rete della dipendenza, è
per l’esistenza di una forma di predisposizione che espone maggiormente alcuni al rischio
della dipendenza e dell’abuso.
E’ importante considerare la cosiddetta vulnerabilità psicobiologica che condiziona
l’instaurarsi di un vero e proprio “ incontro” tra problemi della persona ed effetti della
sostanza.
Il soggetto vulnerabile apprezza gli effetti della droga e la considera inconsciamente un
benefico medicamento capace di risolvere in modo “magico” difficoltà psichiche e
relazionali trascinate da tempo.
Il problema sembra spostarsi sulla seguente questione:
La tossicodipendenza è un fenomeno da reprimere o da curare? l'assuntore di sostanze
stupefacenti deve essere collocato suo malgrado in carcere o in qualche struttura di
recupero in grado di modificare le sue condotte illecite?
La legge della dismisura, elemento fondante la tossicomania è capace di espandersi e
condizionare tutti gli ambiti ad essa connessi: sociale, politico e sanitario.
Per tale effetto espansivo, sembra che siano bandite le mezze misure, scompare il dubbio
poiché la dismisura esige soltanto "assoluti".
35
REPRESSIONE o LIBERALIZZAZIONE
MALATO o NON MALATO
CARCERE o TERAPIA ( o C.T.)
Di fronte a questi assoluti perennemente riscontrabili nella grave patologia tossicomanica
che si esprime attraverso il “tutto e subito o il niente del tossicomane” ci fermiamo un
attimo (perché rischiamo sicuramente di non trovare la soluzione condivisibile da tutti noi )
e torniamo ad osservare cosa accade nel comportamento tossicomanico.
Il dipendente, quando affronta il suo iter tossicomanico vuole sentirsi e si sente più forte
della sostanza, pensa di dominarne gli effetti e non si pone neppure il problema, tanta è la
sua sicurezza. In questo senso, aumenta narcisisticamente una sensazione psicologica di
onnipotenza. Il soggetto entra ed esce dalle intossicazioni convinto che tale andirivieni
dipenda solo da lui. Egli alternativamente decide che è stata l'ultima dose o che non è
ancora così dipendente da doversi preoccupare; molte volte penserà di aver fatto l'ultimo
buco ed è paradossalmente questa determinazione a rinforzare la sicurezza sulle proprie
possibilità di controllo e a creare quindi la spinta per continuare. Tutte queste vicissitudini,
alle quali si aggiunge l'effetto ottundente e psicologicamente lesivo della sostanza,
determinano nel soggetto un sentimento di odio-amore verso la droga. Così la
compulsione “a farsi,” di origine psicologica, ma anche biologica allorché si è instaurata
una dipendenza fisica, l'uso sempre più frequente della sostanza che è sostitutiva della
maggior parte degli altri oggetti vitali, vengono confusi dal soggetto con un rapporto
d'amore.
Lo svuotamento progressivo di altri investimenti affettivi, insieme al restringimento della
critica, lo porta irrimediabilmente ad amare l'oggetto che ormai occupa gran parte della
sua esistenza, e ad odiarlo per lo stesso motivo.
Nel tossicomane torna a galla l'antico conflitto infantile, quando durante i primi anni di vita
il bimbo è invaso da paura dell'impotenza e da bisogni di onnipotenza e così oscilla tra il
bisogno della protezione materna e quello opposto di respingerla per sentirsi autonomo.
Nell'ambito di questo conflitto, lo stesso oggetto: la droga, si fa carico simbolicamente di
coniugare i due bisogni contrastanti, diventa la madre gratificante e contemporaneamente
lo strumento trasgressivo per rendersi autonomo da lei.
Si genera così un circolo vizioso nel quale: il bisogno di colmare i vuoti affettivi lo porta a
ricorrere alla "madre eroina" e il bisogno di autonomia lo spinge all'uso del "mezzo eroina",
36
che seda la tensione e lo illude di poter trasgredire le regole e poter fare a meno del
mondo esterno.
In realtà egli conferma soltanto la sua situazione di dipendente.
Questa è una situazione dolorosamente conflittuale, dove l'eroina tende a ridurre, ma solo
temporaneamente, la spaccatura e quindi il dolore.
Il soggetto può costringere gli altri ad occuparsi di lui positivamente, attraverso le cure, i
discorsi, le sollecitazioni, oppure negativamente attraverso il disprezzo, il rifiuto, la
colpevolizzazione, ma poi inevitabilmente subentra il vuoto e la provvisorietà con un
inevitabile ricorso alla droga.
La sostanza ormai è diventata padrona delle funzioni dell'Io e del Super-Io, quest'ultimo
non riesce più ad orientare l'Io, anzi sembra spingere verso una compiacente, narcisistica,
delirante autopunizione.
Il soggetto che non è ancora propriamente tossicodipendente, non perde la capacità di
capire quello che gli succede continuando a farsi, né perde la facoltà di organizzare la
propria vita laddove è estranea al consumo, ma se con il tempo la sostanza diventa parte
costitutiva del Sé, egli perde la capacità di volere una modificazione della propria vita
tramite una modificazione dell'abitudine all'uso di sostanze
37
Questo stato psicologico, le situazioni stressanti ad esso collegate, portano in una spirale
discendente ove tutti i fattori si rinforzano a vicenda. Nella complessità dei meccanismi
che alimentano la dipendenza sembra non emergere via d'uscita.
Così, nel passato, si è pensato che i soggetti tossicomani fossero sensibili ai messaggi
centrati sulla morte o sul rischio di morire, ma la morte può diventare, nel tossicomane, un
oggetto di fascinazione, quindi produrre l'effetto contrario. Tra l'altro all'immagine della
morte, il soggetto dipendente antepone sempre quella del piacere immediato.
Ovvero, spesso dimentichiamo che la droga è anche un piacere e uscire dal piacere è
difficile; poiché è connaturato agli esseri umani il desiderio di espandere la coscienza.
Inoltre, spesso non riconosciamo che la dipendenza è diventata un elemento strutturale
della nostra cultura; che è la nostra società a produrre bisogni fortissimi di “ droghe.”
Il Rapporto con i Servizi
Il rapporto con i servizi tende a svolgersi secondo le dinamiche classiche, ovvero a seguire
un itinerario dove allontanamento ed avvicinamento si alternano sulla base di un
andamento sinusoidale legato all'andamento del ciclo speranza-scoraggiamento che
travaglia la famiglia, oltre che lo stesso tossicodipendente.
La dinamica del rapporto famiglia-servizi non si può ridurre ad un solo modello. Questi
modelli sono generati da alcune variabili.
La prima è costituita dall'offerta terapeutica, sia da come essa è espressa dalla
legislazione vigente sia da come ha preso forma nell'operatività dei servizi.
La seconda è costituita dal tipo di informazioni che la famiglia riceve sui servizi, ossia dalle
fonti che sono all'origine delle informazioni che la famiglia utilizza per orientarsi
nell'universo dei servizi.
Questi due fattori che intervengono a determinare il rapporto famiglie-servizi risentono
delle stereotipie e delle opinioni veicolate dalla comunicazione di massa o prodotte dalle
dinamiche psicosociali
L' autoterapia gli è strutturalmente congeniale e finalizzata al soddisfacimento dell'unico
esplicito bisogno impellente ed avido: sedare l'astinenza, colmare la "mancanza" con
richiesta nei SERVIZI PUBBLICI di farmaci sostitutivi e in quelli PRIVATI di un eroe capo
carismatico.
L'immane lavoro dei servizi pubblici ( il più delle volte destinato al fallimento della clinica )
è rappresentato dall'arduo tentativo di trasformare la coercitività in volontarietà della cura.
38
Il paziente tossicodipendente, per sua struttura patologica, pone resistenza al passaggio
dall' autoterapia alla richiesta di aiuto.
Poiché questo rappresenta il punto nodale dell'intervento terapeutico col paziente
tossicodipendente, è anche quello che poi rende possibile l'accesso al mondo della parola,
della sua storia in frantumi, della sua sofferenza.
È proprio l'articolazione di questa parola, che può permettere il passaggio dal
soddisfacimento
di
bisogni
impellenti,
all'acquisizione
di
un
proprio
desiderio
procrastinabile, al riconoscimento di un Io, che modifica l'unico modo fino ad allora
possibile, quello dell'agito, del bisogno di riempire il vuoto indicibile, inesprimibile che lo
accompagna dalla primissima infanzia e la cui sofferenza aveva sedato nell'unico modo a
lui noto: facendosi.
Se consideriamo che il tossicomane è l'esempio più clamoroso di "asservimento" a una o
più sostanze con manìa, smania, compulsione
Quale può essere la posizione di questo soggetto così totalmente asservito quando viene
istituzionalizzato?
Negli anni abbiamo constatato che la "cura" e la presa in carico del tossicodipendente
all'interno di un'istituzione globale ( come d'altra parte la presa in carico esclusivamente
farmacologica, con le cosiddette "terapie a scalare" ) hanno entrambe un punto cieco: la
sostituzione di un asservimento ad un'altra forma di asservimento, provocando cioè
un mutamento di abitudini e tralasciando inesplorato e muto il territorio psichico del
soggetto.
COMPITO DEI SERVIZI
Essere un punto di riferimento costante, creare un legame comunicativo con l'altro, con
questo sfiduciato che gioca di furberia e di rifiuto, ma senza azionare il solito meccanismo
di difesa da parte dell’operatore : "tanto questo viene qui solo ad ingannarmi...".
39
L’approccio motivazionale tiene conto della posizione del cliente, in un cammino ideale
dalla MANCANZA di MOTIVAZIONE alla DISPONIBILITA’ al CAMBIAMENTO.
È un approccio complesso ed eclettico, dove la motivazione al cambiamento di
un’abitudine matura a partire da un accumulazione di fattori negativi (perdite, costi,
pericoli) che sopravanzano quelli positivi.
Il colloquio motivazionale è definito come un grappolo di strategie utili per saggiare,
valutare ed accrescere il potenziale di cambiamento che è dentro di sé.
Il soggetto non si presenta all’operatore “motivato o non motivato”, si presenta con tutti i
suoi dubbi, con tutta la sua AMBIVALENZA.
-Normalizzare l’ambivalenza;
-Lavorare sui PRO della continuazione;
-Evitare di esprimere giudizi di valore o moralistici.
40
IL CAMBIAMENTO SI PRODUCE SECONDO SCHEMI E REGOLE RICONOSCIBILI E
PREVEDIBILI SUI QUALI NON SI PUO INTERFERIRE RAZIONALMENTE.
DUE AUTORI, PROCHASKA E DI CLEMENTE, HANNO COSI’ ELABORATO IL
MODELLO
DEGLI
STADI
DEL
CAMBIAMENTO,
DIVENUTO
LA
BASE
DEL
COLLOQUIO MOTIVAZIONALE.
41
Compiti, strategie e tecniche in relazione agli stadi del cambiamento
Stadio
PRECONTEMPLAZIONE
Compiti principali
Mantenere il contatto,
Aumentare la consapevolezza e i dubbi
Strategie e tecniche
-Massima attenzione alla relazione
-Dimostrare rispetto e confermare la libertà di scelta
-Evitare dispute e discussioni
-Evocare il riconoscimento del problema ed eventuali
preoccupazioni
Stadio
CONTEMPLAZIONE
Compiti principali
Esaminare i pro e i contro
42
Strategie e tecniche
-
È
necessario
accettare
senza
riserve
l’ambivalenza del paziente
-
Esaminare la “Bilancia decisionale”
-
Sottolineare le aree che presentano maggiori
contraddizioni
Stadio
DETERMINAZIONE
Compiti principali
Fornire opportunità praticabili,
Aiutare a determinare le scelte
Strategie e tecniche
-Facilitare concrete ipotesi sul lavoro
-Evocare e sviluppare un “piano”d’azione, rinforzando la
scelta e l’impegno del paziente
-ipotizzare
cosa
potrebbe
succedere
in
caso
di
insuccesso.
Stadio
AZIONE
Compiti principali
Sostenere i cambiamenti effettuati
Strategie e tecniche
-Sostenere e confermare i successi ottenuti
-Analizzare concretamente i cambiamenti ed i loro effetti
Stadio
MANTENIMENTO
Compiti principali
Prevenire le ricadute
Strategie e tecniche
-Esplicitare la vulnerabilità in particolari situazioni
-Rinforzare i comportamenti adattivi
-Aumentare la consapevolezza dei “segnali”di possibili
ricadute
Stadio
RICADUTA
Compiti principali
Facilitare il rientro in terapia
Strategie e tecniche
-Sostenere e confermare la capacità del paziente di
riprendere il processo di cambiamento
-”Normalizzare”la percezione della ricaduta
43
-Riesaminare la “Bilancia decisionale”
-Facilitare l’analisi degli aspetti che hanno favorito la
ricaduta
STILE CONFRONTAZIONALE
STILE
MOTIVAZIONALE
Il cliente è concepito come dominato dalla
Il cliente è concepito come allocato in uno
“negazione”
“stadio del cambiamento”
La motivazione al cambiamento è concepita
La
come un “tratto”di personalità, caratteristico
considerata come uno “stato”, dipendente
degli stati di dipendenza
dalla relazione tra cliente ed operatore
La spinta al cambiamento viene dalle
La spinta al cambiamento viene dal bilancio
pressioni dell’ambiente e dalla condizione
dei pro e dei contro dell’uso e del non-uso
motivazione
al
cambiamento
è
di “toccare il fondo”
44
Esalta la disciplina del cliente e la sua
Esalta la responsabilità del cliente e la sua
disponibilità ad accettare indicazioni e
capacità di estrarre dal proprio interno le
regole
ragioni del cambiamento
Evidenzia i problemi i termini di pressione a
Favorisce la presa di coscienza sui propri
cambiare
problemi
Come
strumento
principale
utilizza
la
“confrontazione”
Come
strumento
principale
utilizza
la
“riflessione”
APPROCCIO RELAZIONALE ALLA TOSSICODIPENDENZA
Gli studi condotti sulla famiglia a transazione tossicomanica evidenziano delle
caratteristiche individuali ritenute tipiche dei membri di queste famiglie.
Nei confronti della figura paterna le caratterizzazioni erano tutte negative: il padre veniva
presentato come periferico, assente, inefficiente, irresponsabile, autoritario.
Per ciò che riguarda la famiglia del tossicodipendente, questa viene considerata da
Minuchin tipicamente disimpegnata, con i singoli membri che per lunghi momenti
sembrano muoversi in orbite isolate.
Tutte queste osservazioni hanno però contribuito ad avallare una consapevolizzazione di
queste famiglie.
STRATEGIE
FAMILIARI
DI
FRONTE
ALL'
EVENTO
CATASTROFE
TOSSICODIPENDENZA
È stato evidenziato il quadro dei problemi presenti all'interno della famiglia prima, durante
e dopo l'insorgenza della tossicodipendenza.
L'analisi di questo quadro evidenzia tre diversi contesti: il primo è costituito dai problemi
preesistenti all'evento tossicodipendenza; il secondo è formato da particolari problemi che
si manifestano solo nel momento dell'insorgenza dell'evento tossicodipendenza; il terzo è
costituito dai problemi che emergono solo dopo lo stesso evento.
Questi tre contesti danno origine a tre tipi di famiglia di tossicodipendenti, anche se questa
tripartizione può essere ridotta ad una bipartizione dove il secondo e terzo gruppo
45
possono essere uniti e formare un unico gruppo: quello delle famiglie che non
manifestavano particolari problemi prima dell'insorgere della tossicodipendenza al loro
interno.
L’insieme dei problemi che si manifestano nelle famiglie in seguito all'insorgere della
tossicodipendenza è strutturato intorno alla sfera dei bisogni affettivo - relazionali.
La presenza di questo tipo di problemi porta, come conseguenza, alla destrutturazione
della vita familiare per quel che riguarda la qualità delle sue relazioni interne. È proprio
nelle famiglie che non manifestavano particolari problemi prima dell’insorgere dell’evento
che si palesa più chiaramente il ruolo della dimensione affettivo - relazionale nel percorso
che ha visto l'insorgenza della catastrofe tossicodipendenza.
Il tentativo inconsapevole della famiglia è quello di collocare la causa della
tossicodipendenza al proprio esterno; infatti le cause della tossicomania sono attribuite
dai familiari all'individuo e alla società, mentre le eventuali cause legate alle dinamiche
interne alla famiglia sono messe in secondo piano.
La famiglia è il luogo dove si manifestano tutte le ricadute negative e i problemi concreti
dell'evento tossicodipendenza.
Questi effetti negativi riguardano la condizione economica, la qualità della vita di relazione
interna, i rapporti genitori-figli, la salute personale e la crisi dei propri rapporti con
l'ambiente esterno.
La tossicodipendenza di un membro viene vissuta dagli altri membri della famiglia come
evento distruttivo del sistema familiare.
La Rete Solidale
La famiglia appare come il nucleo centrale dell'elaborazione e del perseguimento degli
itinerari di fronteggiamento della tossicodipendenza. Questa situazione ha indotto a
parlare della famiglia come risorsa.
Si può dire, analizzando i dati, che le famiglie che manifestano al loro interno la presenza
di un membro tossicodipendente, ristrutturano la loro organizzazione e modificano
significativamente il loro stile di vita. Questa ristrutturazione della vita familiare tocca quasi
tutti gli aspetti, dalla sfera affettivo-relazionale a quella lavorativa ed economica.
La famiglia, nella sua azione di fronteggiamento dell'evento tossicodipendenza, può
contare oltre che sulle risorse presenti nel proprio nucleo, anche su quelle del nucleo
allargato e su quelle del vicinato.
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Il mondo vitale quotidiano appare come il luogo primario della ricerca e dello sviluppo delle
risorse per il fronteggiamento della catastrofe che si è abbattuta sulla famiglia. Questo
dato testimonia l'esistenza di una rete diffusa di solidarietà (gruppi tra pari)
TOSSICODIPENDENZA E DEVIANZA
Oggi ci troviamo di fronte ad un forte stereotipo sociale che considera tossicodipendenza
ed alcoolismo strettamente collegati alla criminalità, stereotipo in genere confortato dai
mass-media e dalle statistiche. Il fenomeno è però molto più diffuso di quanto si creda e si
sappia. Esiste infatti un vastissimo numero oscuro di tossicodipendenti e alcolisti con
caratteristiche psicologiche, sociologiche, culturali, ambientali ben diverse da quelle del
gruppo dei tossicodipendenti noti.
I dati di cui disponiamo non sono quindi oggettivi e generalizzabili, poiché mancanti di
rilevazioni attendibili e complete sull'intera popolazione coinvolta in queste problematiche.
È necessario demolire tale stereotipo per ricondurre il problema alla sua complessità, alle
sue articolazioni e ai suoi significati: per fare ciò bisogna far chiarezza sia sul versante
delle tossicodipendenze che sul versante del rapporto tra tossicodipendenze e
comportamento deviante e criminale.
La nostra attenzione verterà in particolare su questo secondo aspetto.
In genere si distingue un rapporto diretto che riguarda i reati commessi sotto l'effetto delle
droghe e un rapporto indiretto inerente la delinquenza strumentale alla necessità di
procurarsi la droga, alla criminalità legata allo spaccio, al traffico di sostanze stupefacenti,
e altre aree e subculture devianti
Nonostante le numerose ricerche effettuate in questo campo, non è mai stato dimostrato
alcun tipo di relazione causale diretta e costante tra assunzione di droga e commissione di
reati; è la persona in senso complesso a mantenere in atto i propri comportamenti;
certamente la sostanza può essere un elemento che interagisce insieme ad una serie di
altri fattori, ma non impedisce la mediazione cognitiva anche se può alterarla.
È necessario invece operare delle distinzioni riguardo al tipo di droga e al grado di
tossicodipendenza perché in base a questi fattori cambia molto il livello di coinvolgimento
della persona rispetto alla sostanza, cambiando anche di conseguenza il punto di vista
riguardo le scelte di vita della persona.
Per quanto riguarda il nesso diretto tra i diversi tipi di droga e comportamenti devianti e
criminali, si è visto che le sostanze ad effetto depressivo come gli oppiacei ( morfina,
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eroina, etc. ) generalmente non sono associate alla violenza, in quanto provocano uno
stato di rilassamento generale.
Il legame tra eroina e criminalità è di tipo indiretto, dovuto alla necessità di procurarsi dosi
sempre maggiori a prezzi altissimi.
Dal punto di vista criminologico vengono considerate sostanze particolarmente dannose
gli stimolanti ( anfetamina e cocaina ) che se assunte per lungo tempo e in dosi massicce
possono alterare la percezione della realtà alimentando idee allucinatorie di tipo
paranoideo, che possono favorire comportamenti aggressivi nel soggetto.
Ma neanche in questo caso si può parlare di rapporto univoco tra droghe e
comportamento criminale; si può solo affermare che queste sostanze preparano il terreno
alla violenza in persone che hanno già strutturato disposizioni violente ed aggressive.
Anche per ciò che riguarda droghe come l'LSD e altri allucinogeni che producono
alterazioni a livello cognitivo, percettivo e motorio, non ci sono prove a dimostrazione del
fatto che queste sostanze di per sé causino violenza e aggressività; i loro effetti sono
sempre soggettivi e mediati da dimensioni cognitive, interazionali del gruppo in cui avviene
l'assunzione.
Quanto detto finora per le droghe vale anche per l'alcool. Rispetto a questo ci sono
numerose statistiche che mettono in evidenza come quote molto alte di crimini violenti omicidi, suicidi, incidenti automobilistici - sono legate all'assunzione di alcool.
Questo non ci permette di affermare che l'alcolismo causi la criminalità e produca quella
fenomenologia. L'alcool agisce rapidamente sul sistema nervoso centrale interferendo sui
centri inibitori; ciò significa che esso può abbassare la soglia di controllo rispetto a
qualsiasi tipo di comportamento e non solo rispetto al comportamento violento ed
aggressivo.
La relazione tra alcool e violenza è molto complessa e articolata e va analizzata non solo
dal punto di vista degli effetti farmacologici della sostanza, ma soprattutto in termini di
dinamiche e processi psicologici, interattivi, situazionali.
Si parla molto spesso di violenze ed omicidi in famiglia, in cui l'alcool è uno dei fattori
implicati, ma non necessariamente l'unico e, soprattutto, non necessariamente tali azioni
sono l'effetto criminale diretto causato dall'alcool
Il soggetto in stato di intossicazione cronica o acuta si trova come se non riuscisse ad
utilizzare a pieno tutte le sue competenze sociali ( il controllo, la capacità di gestire le
situazioni, di rapportarsi agli altri, di ottenere riconoscimenti e di evitare svalutazioni),
queste condizioni possono provocare risposte più problematiche da parte delle persone
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con cui entra in rapporto, si possono instaurare dimensioni relazionali molto contorte da
cui il soggetto forse ritiene di non poter uscire se non attraverso un comportamento
violento e aggressivo.
Un'altra metafora molto usata a livello di senso comune per indicare lo stretto legame tra
alcolismo e criminalità è quella della persona ubriaca che guida la macchina; l'alcolista al
volante di un auto è senz'altro un soggetto pericoloso, poiché non riesce ad organizzare
un comportamento preciso, attento, interattivo, regolato da norme.
Da un punto di vista strettamente farmacologico, psicologico o sociale non si può
affermare che l'assunzione di alcool o droghe possa determinare comportamenti violenti o
aggressivi
Lo stato attuale delle acquisizioni su questo problema è che nessuna droga, né l'LSD, né
le anfetamine, né l'alcool determinano in modo specifico un qualche tipo di
comportamento sociale.
Queste sostanze possono modificare la percezione, la rappresentazione della realtà, ma
bisogna vedere all'interno di quei comportamenti disorganizzati, di quella percezione
distorta, come il soggetto è arrivato ad assumere proprio quelle sostanze e poi a mettere
in atto proprio quello specifico comportamento sociale che è il crimine.
Se è facilmente falsificabile un nesso diretto tra droga e comportamenti devianti e
criminali, possono essere più rilevanti i comportamenti e i rapporti diretti tra questi due
fenomeni.
Un primo effetto è legato alla questione delle droghe illegali e al loro conseguente alto
prezzo sul mercato; infatti quando c'è una dipendenza dalla sostanza, il costo alto può
facilitare una commissione di reati pur di acquistare la droga.
Si tratta in questo caso di un effetto strumentale, cioè il soggetto ruba per procurarsi la
roba; quel reato quindi non è una conseguenza diretta della sostanza, ma è legato a
processi sociali, quindi di nuovo a forme di interazione sociale che comprendono
l'organizzazione del mercato illegale .
In stretta connessione con questo aspetto c'è un altro secondo effetto indiretto, legato al
fatto che l'acquisto delle droghe illegali porta i giovani a contatto con ambienti criminali; ciò
può facilitare la permanenza in questi ambienti o l'abitudine a frequentarli e può facilitare
la nascita di una subcultura deviante.
Un terzo aspetto da considerare è il rapporto tra criminalità e tossicodipendenza dal punto
di vista di come e quando la criminalità influenza la tossicodipendenza e non solo il
contrario.
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Nella nostra società la criminalità come cultura, come ambiente e come organizzazione
stimola la tossicodipendenza, per esempio attraverso il traffico delle sostanze da cui ricava
redditi molto alti.
In questo senso quindi la criminalità organizzata ha una sorta di interesse affinché la
tossicodipendenza si diffonda e si propaghi, attraendo così persone e soggetti emarginati
che si orientano fuori delle istituzioni, verso le zone della devianza e tende ad inserirli nel
sistema della droga dove diventano fonti stabili di guadagno.
Molteplici sono le manifestazioni ed implicazioni criminologiche del problema droga che
riguardano la produzione, lo spaccio, la raffinazione, il trasporto, la richiesta da parte dei
drogati, la criminalità organizzata con le sue radicazioni istituzionali e politiche, il
riciclaggio dei capitali originati dal traffico delle sostanze, fino ad arrivare ad un complesso
sistema interattivo tra tossicodipendenza, mercato e controllo.
Per un adolescente il cosiddetto "effetto diretto" è ancora più marcato poiché per una
personalità in evoluzione, le varie droghe possono avere conseguenze più forti e più
problematiche.
In questa fase evolutiva già carica di problemi legati alla ristrutturazione fisica e psichica,
alla fluidità del proprio sé, alle fluttuazioni dell'equilibrio affettivo, la dinamica della
sostanza può avere un effetto sia di disorganizzatore che di organizzatore dell'identità
perché la cultura della droga in genere e la cultura della droga legata alla criminalità
possono rappresentare dei contenuti che sono assunti dal soggetto per elaborare la
propria identità
In
questo
senso
tali
contenuti
possono
rappresentare
degli
stabilizzatori
del
comportamento deviante. Anche gli effetti indiretti, per quel che riguarda gli adolescenti,
sono più marcati, più forti, più problematici. La commissione di reati per procurarsi la droga
sarà ancora più probabile e frequente per i giovani tossicodipendenti in quanto
generalmente soggetti senza reddito o con basso reddito rispetto al notevole costo delle
sostanze
L'incontro
privilegiato
che
spesso
avviene
tra
i
giovani
dato
dal
binomio
tossicodipendenza-criminalità, dipende anche dal fatto che questi soggetti possiedono
quelle caratteristiche adeguate che la criminalità organizzata utilizza per diffondere e
propagare la tossicodipendenza; si tratta infatti di un'area emarginata, fuori delle
istituzioni, in espansione quantitativa e facilmente raggiungibile dal mercato illegale .
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