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Natino Chirico Giorgio Musarella Tina Parisi

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Natino Chirico Giorgio Musarella Tina Parisi
NATINO CHIRICO
È nato a Reggio Calabria nel 1953. Ha frequentato la Facoltà di Architettura e
l’Accademia di Belle Arti della sua città. Nel 1975 si trasferisce a
Roma dove conclude gli studi d’Accademia.
Vive e lavora tra Roma e Perugia
Espone in mostre e rassegne dal 1971.
Natino Chirico si pone di fronte alla sua opera con occhio preciso
e attento come di un disegnatore di epoca rinascimentale, pur
consapevole che presto quel suo stesso segno preciso e lineare
diventerà parte integrante del caos cosmico di cui si è tutti
partecipi, scegliendo quindi di alleggerire il proprio tratto,
allontanandosi via via dal riferimento al classico di cui è figlio, per
appropriarsi di una matrice nuova e inedita pur sempre mantenendo lucidi riferimenti a
quella paternità.
MIRIAM CASTELNUOVO, dal Catalogo Segno, Cinema e Colore, Roma - novembre 2013
Programma
8 febbraio 2014 Ore 10.30
Aula Magna Liceo Classico
Introduce
Maria Rosaria Rao
Dirigente Scolastico
Interviene
Paolo Ciro
Critico d’arte
GIORGIO MUSARELLA
È nato a Reggio Calabria nel 1943. Ha frequentato il Liceo
Artistico della sua città, dove ha insegnato Discipline plastiche.
Vive e lavora a Reggio Calabria
Espone in mostre e rassegne dal 1962.
. . . c'è in lui una forza istintiva, che si manifesta anche al di là
delle suggestioni formali a cui sembra aperto.
Aspro e violento nel colore e nel segno, egli persegue ad un
tempo la strada di un emblematismo fantastico ed
espressionistico.
MARIO DE MICHELI, "L'Unità" 3 novembre 1968
TINA PARISI
È nata a Reggio Calabria, dove vive e lavora. Ha frequentato
l’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel corso di Emilio Notte.
Ha insegnato Discipline pittoriche al Liceo Artistico “Mattia
Preti”.
Espone in mostre e rassegne dal 1963.
Nelle sue opere Tina Parisi elabora una serie di dati poetici,
che realizza attraverso l'apprendimento di gamme
cromatiche trasparenti e soffuse d'atmosfera colorata, in cui
affiorano, come impercettibili fantasmi, delle immagini. Percettivamente le immagini
appaiono sempre lontane; la loro vicinanza è possibile dedurre dopo che abbiamo fatto
un processo di svelamento.
ITALO MUSSA, dal Catalogo Mostra personale,
Galleria d’Arte la “La Tela”, gennaio 1980
Tre artisti reggini
per una collezione d’arte
alla presenza degli artisti
Natino Chirico
Giorgio Musarella
Tina Parisi
UNA CERTA IDEA DI COLLEZIONE D'ARTE
La bellezza può cambiare il mondo, ma va frequentata da piccoli (Renzo Piano)
Trovo molto interessante e lodevole l'iniziativa del Liceo, in occasione del Bicentenario dalla sua
fondazione, di accogliere e raccogliere opere d'artisti calabresi per far vivere gli allievi in spazi
esteticamente più belli, offrendo nello stesso tempo esperienze visive e momenti formativi
insostituibili con altri mezzi. Mi sembra questo, fra l'altro, un modo intelligente di rendere visibili
gli artisti, inserendoli in luoghi che sono vissuti e meno asettici delle sale dei musei d'arte. Un
artista, per esistere in quanto tale, deve essere visibile, deve poter mostrare le proprie opere.
Molti nostri artisti, purtroppo, rischiano di restare senza storia, di essere ignorati e ingiustamente
dimenticati, vuoi perché fuori del cosiddetto "sistema dell'arte" vuoi per la mancanza di strutture
pubbliche che possano ospitare le opere. L'oblio degli artisti e la perdita di memoria costituiscono
un grave danno per la cultura e l'identità di una città.
Questa collezione è stata inaugurata lo scorso anno con l'ingresso di due opere dal grande
impatto visivo: una Deposizione del Cristo morto, un gesso patinato dello scultore Michele di Raco,
emblematico di quel dialogo fra tradizione e modernità tipica del Maestro di Taurianova, e
Strutture dinamiche del pittore Ugo D'Ambrosi, una tela che ci riporta a quel clima neoinformale
che costituisce la cifra più autentica della personalità di D'Ambrosi. Oggi la raccolta si arricchisce
di nuovi contributi espressivi e nuove acquisizioni, attraverso le presenze di Natino Chirico,
Giorgio Musarella e Tina Parisi, tre artisti reggini dal curriculum professionale, quanto a mostre e
partecipazioni a rassegne, di tutto rispetto.
Molto diversi sotto il profilo delle scelte di campo, del linguaggio e della visione del mondo,
i tre sono però uniti da una formazione culturale comune che affonda le radici nella lezione di
Alfonso Frangipane, nell'importanza del mestiere basato sul disegno, nella conquista d'una pittura
fatta bene, nella verità delle cose che la pittura vuole assolutamente cogliere.
Natino Chirico lavora, a partire dalla fine degli anni novanta, soprattutto sulle immagini mitizzate dell'industria cinematografica, dal più famoso simbolo, quello di Charlot, alla Loren, ad Anna
Magnani, a Germi, a Federico Fellini, a Pier Paolo Pasolini: le riproduce fotograficamente e le
rielabora con varie tecniche sulla tela o ritagliandole sul metacrilato trasparente, un materiale che
offre nuove possibilità espressive di movimento, luce, colore, come una vera pellicola cinematografica. Non c'è alcun diretto legame con la Pop Art, per la dimensione concettuale di queste
opere di Chirico, e soprattutto per la pratica classica del fare comunque pittura con oli e pennelli.
La Pop Art reagisce al fenomeno della spersonalizzazione nella società di massa con un linguaggio
altrettanto impersonale che rimanda all'anonimato e alla riproducibilità dell’ “io”, mentre Chirico
opera su icone che hanno già una suggestiva connotazione simbolica e comunicativa, richiamata,
amplificata dal colore, dalla materia, dalla controllata gestualità informale dell'artista. Questa
particolare interazione tra spazio reale e spazio fittizio diventa occasione per aprire e rappresentare una dialettica con gli eventi reali, e lo spazio virtuale della rappresentazione si confronta direttamente con lo spazio fenomenico, cangiante della realtà. La pittura di Chirico penetra in questo
processo, vive del fascino di un mondo, il cinema, da cui lo stesso Chirico, come tutti noi, è
sedotto ed emozionato, mostrando la grande forza di suggestione che si nasconde nei personaggi
d'affezione che popolano i nostri sogni e il nostro immaginario collettivo, nel gioco di finzione tra
essere e apparire.
Giorgio Musarella è un artista singolare, dalla scrittura graffiante e viscerale. Di quelli che
scrivono o dipingono per un bisogno insopprimibile del proprio essere, senza fretta di esporre e di
esporsi. Nulla dies sine figura è da sempre la sua regola. Così da mezzo secolo, ogni giorno, seduto
al tavolo da disegno dà vita ai suoi personaggi oscuri e sdoppiati dalle sembianze burattinesche,
esorcizzando i suoi fantasmi privati in una surreale narrazione simbolica per figure, ironica, dissacrante, ma intrisa di sottile e dolente umanità. Nello sguardo lucido e disincantato di Musarella il
paesaggio, gli uomini, le cose si deformano e vengono smascherate le convenzioni umane che
svelano orribili menzogne. Una pagina graficamente energica e neo-espressionista di forte potere
di fascinazione, che si avvale di una tecnica fumettistica finto infantile, nella quale tuttavia vengono esperite tutte le virtù della pittura. Omini obesi e pomposi nei loro vestiti sacerdotali, ghigni e
maschere orribili dentro uno spazio angosciante, pinocchi bugiardi, angeli puniti che non possono
volare, recitano davanti a noi come in un teatro delle crudeltà, attraverso una stesura pittorica
nutrita di colta raffinata memoria artistica, che spazia dal surrealista Matta allo spirito ludico di
Echaurren, ai nuovi espressionisti americani.
Parisi è una pittrice animata da una grande passione per il visibile del reale, di cui coglie tutto il
mistero che avvolge le cose. La sua pittura è fatta di forme riconoscibili, appartenenti all'esperienza comune, ma organizzate dentro una struttura compositiva avara di concessioni descrittive che
non siano di un'essenzialità sintetica, in cui l'ispirazione che genera il quadro è sempre l'abbandono meditato alla luce, una luce colta in tutte le sue infinite variazioni, che si insinua tra le cose, le
astrae e le proietta dentro una visione di incantato stupore. Si tratta di una pittura fortemente
evocativa che attinge al puro dato emozionale, in una sintesi tra mondo percettivo e immaginario,
caratterizzata soprattutto dalla rappresentazione di un'espressione interiore, nella convinzione
che il visibile non è tutto perché accanto ad esso aleggia impalpabile la presenza dell'invisibile.
Parisi dipinge ciò che sente di ciò che vede. Se è innegabile che la natura sia sempre, comunque,
protagonista del suo lavoro, dall'altro è altrettanto vero che dentro queste immagini si cela una
realtà altra, che si traduce spesso in una vera "astrazione naturalistica". Voglio dire, insomma, che
in questo intreccio di natura, coinvolgimento emotivo e sintesi formale, Parisi ricrea un mondo in
cui naturalismo e simbolismo si fondono in una personale forma poetica. Sulla tela pochi oggetti
essenziali, qualche viso dietro la finestra, fiori, richiami di paesaggi, tutti elementi allusivi ad una
realtà dello spirito, quella che sta dietro le apparenze, che rimanda a luoghi dell'anima. La pittrice
comprende che il mistero più grande non risiede nel misterioso, ma in ciò che apparentemente
non ha misteri.
Mi auguro che tanti altri artisti raccolgano la valenza e il senso di questo progetto. Esso è un
piccolo importante gradino per restituire loro la parola restituendo le loro opere alla città, e potrebbe configurarsi nel tempo come un archivio storico-artistico e un laboratorio di linguaggi
creativi veramente preziosi per avvicinare gli allievi, fin da ragazzi, al gusto e ai valori del bello,
conservando una memoria senza la quale una città è una città senza futuro.
Paolo Ciro
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