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La rissa (rete interterritoriale spazi sociali autorganizzati)

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La rissa (rete interterritoriale spazi sociali autorganizzati)
La R.I.S.S.A. (Rete Interterritoriale Spazi Sociali Autorganizzati) nasce dall’esigenza di creazione di percorsi
partecipativi dal basso e si esprime attraverso la riappropriazione diretta. La necessità di strappare la conflittualità
alla dimensione privata e individuale, in cui è oggi relegata, per restituirla a quella collettiva attraverso le pratiche
dell’autorganizzazione sociale e del protagonismo popolare, è il fondamento da cui partiamo per il mutamento radicale
degli attuali rapporti politici e sociali.
per un centro sociale occupato e autorganizzato
Trasformando un non-luogo in un momento territoriale di sperimentazione sociale
Tutto ciò attraverso:
Dato l’elevato grado d’intrusione in ogni
dimensione sociale e politica dell’attuale
sistema
capitalistico
(attraverso
la
flessibilizzazione del lavoro e la conseguente
precarizzazione della vita, la ristrutturazione
complessiva del sistema scolastico-formativo
in
direzione
dell’esclusione
o
dell’asservimento al mercato e la negazione
dei più elementari diritti di cittadinanza)
individuiamo come prioritaria la lotta per la
liberazione di uno spazio:
un luogo in cui avvenga una ricomposizione
politica di tutte le lotte sociali per il
ribaltamento degli attuali rapporti politici ed
economici;
un luogo liberato che agevoli le lotte dei
disoccupati, dei precari, dei migranti, degli
studenti e di tutti i marginalizzati;
un luogo liberato che permetta assemblee, che
faciliti l’organizzazione di manifestazioni e
scioperi;
un luogo liberato che permetta lo sviluppo di
progetti basati sui bisogni e le problematiche
che il territorio esprime;
un centro sociale in cui i diritti al lavoro, alla
casa, al sapere libero, alla piena cittadinanza,
alla
sicurezza
economica
possano
ricongiungersi per determinare un fronte
comune che abbia nella lotta per il reddito
diretto (in termini di salario effettivo) e
indiretto (in termini di diritto alla casa e ai
servizi sociali in genere) i suoi fondamenti;
un luogo in cui le relazioni siano improntate
alla solidarietà sociale e al protagonismo.
la creazione di reti orizzontali e dal basso come
forma di coordinamento delle lotte per il
lavoro e il reddito, per la piena cittadinanza dei
migranti, per l’accesso libero al sapere, per il
diritto alla casa;
la costruzione di laboratori per la libera
espressione individuale e collettiva: laboratori
per le arti visive come la fotografia e la
serigrafia, laboratori per le arti corporee come
la giocoleria, il teatro, la danza e il mimo,
laboratori musicali e sale-prove;
la realizzazione di strumenti e circuiti di
controinformazione antagonisti e alternativi
all’attuale sistema della disinformazione, come
radio e tv indipendenti, siti-web, riviste e
giornali, bacheche murali;
la riappropriazione di spazi liberati di socialità
dove la spontaneità delle relazioni sociali
possa emergere liberamente, scevra dalle
categorie in cui si trova imprigionata
dall’attuale sistema, e che trovi nella
contaminazione sociale e culturale il
presupposto fondante per la sua esplicazione,
attraverso cene sociali, concerti, assemblee,
attività sportive, spazi abitativi e ricreativi.
Collochiamo per questo le nostre pratiche e la
nostra azione al di fuori e in contrasto con i
metodi delle deleghe e della nonrappresentatività delle istituzioni, dei partiti e
dei sindacati confederali, in quanto mezzi della
precarietà e della povertà diffusa.
I luoghi della nostra politica sono le strade e le
piazze cittadine, laddove si colloca la
spontaneità delle relazioni sociali, in
contrapposizione agli spazi blindati ed
escludenti delle amministrazioni “pubbliche”,
per le quali il cittadino continua a restare
esclusivamente un voto.
Decenni di amministrazione caratterizzati
dall’assenza di politiche volte alla socialità e
imperniate su logiche di speculazione edilizia
hanno determinato l’attuale situazione di
disgregazione sociale e delle lotte, anche
grazie a pratiche clientelari sedimentate nel
tessuto politico: esempio di tale politica sorda
rispetto ai bisogni di socialità è la situazione di
abbandono e degrado in cui le nostre
amministrazioni hanno lasciato e lasciano
morire la struttura dell’ex area industriale
Kerasav, possibile luogo di aggregazione
sociale e politico ma a breve sacrificata alle
logiche della speculazione.
Lottiamo, quindi, per la creazione di un centro
sociale che parta da un atto di occupazione,
inteso sia come sottrazione di un luogo al
potere dello Stato e dei governi locali, sia
come momento di riappropriazione sociale, che
trovi nella pratica dell’autorganizzazione la
leva per il ribaltamento complessivo dei modi
di organizzare la vita collettiva a partire dai
nostri quartieri.
Info: [email protected]
http://www.inventati.org/collettivologomotiva/rissa
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