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Luca dice che l`erba è blu

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Luca dice che l`erba è blu
Luca dice che l'erba è blu
Questa è la storia di Luca e delle cose strane che fece. Tanti dissero che, poiché faceva
queste cose strane, Luca era strano. Io invece ti dico che Luca non era strano, era
speciale.
Luca, mentre nasceva, già parlava. Parlava velocissimo e non si fermava quasi mai.
Persino fra una poppata e l'altra riusciva a dire una parola.
A quel tempo l'uomo aveva appena imparato come si faceva a parlare, e conosceva
solo poche parole, queste parole erano fame, bello, buio e ciao, che erano le parole per
dire le prime cose che aveva bisogno di dire agli altri, le cose che gli sembravano più
importanti.
Ma Luca diceva cose diverse da ciao o fame. Mentre nasceva, per esempio, la prima
cosa che disse fu: luce. E la mamma e il papà di Luca non capivano bene. Luce non era
una cosa che una persona aveva bisogno di dire. Era solo una cosa che si vedeva,
magari sembrava stranissima ad un bimbo appena nato, ma non era una cosa che
bisognava dire agli altri perché gli altri lo sapessero. Non come fame per chiedere del
cibo, o buio per dire che non vedeva niente e che qualcuno doveva accendere un
fuoco, o ciao per dire ad un'altra persona che c'era anche lui e che voleva essere visto.
Non era neppure come bello, che si diceva quando vedevi una persona che ti piaceva
talmente tanto ma talmente tanto che avevi proprio bisogno di dirglielo in qualche
modo.
Luca faceva una cosa che a quel tempo l'uomo non sapeva fare.
Questa cosa molto molto strana si chiama descrizione.
Significa guardarsi attorno, scegliere una cosa e poi dire tutto quello che ti salta per la
mente su quella cosa, anche senza averne bisogno.
Luca cresceva anno dopo anno, e mentre cresceva descriveva, continuamente, in ogni
momento ogni istante ogni secondo, qualsiasi cosa vedeva lui la descriveva.
“Il mare è blu. Il prato è davvero grande. Il sole è caldo. Il cielo è lontano.” e così via. La
mamma e il papà di Luca si abituarono a quello che diceva, e ormai non gli sembrava
più tanto strano. E anche tutti gli abitanti del villaggio si abituarono, alla fine. Luca
non gli sembrava più strano, era anzi divertente sentirlo parlare e parlare, e a volte i
bambini del villaggio andavano da lui solo per sentirlo, si mettevano tutti attorno e
ascoltavano in silenzio quello che diceva. E pian piano gli abitanti del villaggio
impararono a dire altre parole oltre a fame buio ciao e bello, sempre di più.
Luca un bel giorno divenne grande. I genitori, quel giorno, glielo dissero quando si
svegliò e scese in cucina per la colazione: “Luca, ora sei grande”. Ma quel giorno stesso,
Luca finì tutte le cose che poteva descrivere.
Dico sul serio, aveva già descritto tutto quello che poteva descrivere, non c'era una
sola cosa nel villaggio di cui lui non avesse già detto tutto quello che si potesse dire.
E, siccome non voleva ripetere ciò che già aveva detto, il giorno in cui Luca divenne
grande rimase in silenzio.
Era una cosa talmente strana, questa, ma talmente strana, che tutti ma proprio tutti
gli abitanti del villaggio si preoccuparono per lui. Vennero in casa sua e gli chiesero
“Cosa succede, Luca, stai male? Perché non parli più?” ma Luca non rispondeva. Andò
via dalla casa e salì sul colle perché non lo disturbassero più, e si sedette in silenzio
su una roccia a guardarsi attorno con quegli occhi grandi, come se stesse cercando
qualcosa di nuovo da descrivere. Ma non lo trovava.
Rimase così in silenzio per un lungo, interminabile anno, sempre su quella pietra.
Dormiva lì la notte, sempre seduto, e mangiava lì i cibi che gli abitanti del villaggio gli
portavano.
Poi, un bel giorno, l'intero villaggio fu svegliato dalle grida gioiose di un bambino...
“Luca ha parlato! Luca ha parlato!” diceva. Naturalmente subito tutti si precipitarono
fuori dalle loro case e corsero lungo la strada che portava fino al colle e poi su, fino
alla pietra su cui Luca sedeva. “Chissà cosa l'ha fatto smettere di stare in silenzio,
chissà cosa avrà trovato da descrivere” si chiedevano tutti, pieni di curiosità, e gli si
misero tutti attorno fissandolo e aspettando che ripetesse quel che aveva detto al
bambino.
Ma Luca disse qualcosa di talmente strano, questa volta, talmente incomprensibile,
che tutti restarono a bocca aperta. Ciò che Luca disse, indicando per terra e
sorridendo a tutti, è: “L'erba è blu”.
Proprio così, disse a tutti che l'erba è blu. E si chiesero tutti cosa vuol dire che l'erba è
blu? L'erba non è blu, l'erba è verde!
Da quel giorno Luca riprese a parlare in continuazione, proprio come una volta, ma
adesso diceva cose come “La montagna è tonda. L'orizzonte è vicinissimo. Le mie mani
sono grandi quanto il mondo.”
Ciò che era successo davvero a Luca è che, parlando senza mai fermarsi, aveva finito
tutte le cose che poteva dire su ciò che vedeva. Ma ciò che aveva sempre detto erano
cose vere, quindi aveva provato a dire una cosa non vera. Cioè che l'erba è blu. E aveva
capito che in questo modo le cose che poteva dire su ciò che lo circondava non
sarebbero mai finite, avrebbe potuto dire sempre qualcosa di nuovo. Luca aveva
inventato per le prima volta la bugia.
La bugia però non piacque alle persone del villaggio. Non la capivano, e non gli
sembrava divertente come la descrizione. Questa volta pensarono non solo che Luca
fosse strano, ma anche un po' matto.
Un bel giorno, allora, Luca se ne andò dal villaggio. Sapeva che gli abitanti del villaggio
dicevano che era un po' matto, e quindi decise di andare oltre le colline dove nessun
uomo del villaggio era mai andato. Chi lo sa cosa sarebbe successo, forse avrebbe
visto delle cose nuove e avrebbe ripreso a descrivere, forse invece avrebbe continuato
a dire bugie ancora più strane, forse avrebbe incontrato qualcuno che avrebbe capito
o l'avrebbe guarito.
Luca viaggiò a lungo. Vide posti incredibili, posti dalla bellezza straordinaria, cascate
gigantesche e grotte che andavano nel profondo della terra, monti pieni di neve e
foreste in cui le foglie non cadevano mai neppure d'inverno, fiumi immensi che
scorrevano lenti e dalle acque trasparenti, mangiava i frutti che trovava lungo quel
cammino e continuava a dire ad alta voce cose non vere sulle cose che vedeva, anche
se nessuno lo sentiva.
Finché non arrivò il giorno in cui incontrò un nuovo villaggio. Era un villaggio molto
simile al suo, piccole case attorno ad una strada che portava ad una piccola piazza.
Luca passò per quella strada salutando tutte le donne e gli uomini che incontrava.
Visitò la piccola piazza del piccolo villaggio, dove i bambini erano riuniti. Ma c'era
qualcosa di strano in quei bambini. Invece di giocare, come fanno i bambini in ogni
villaggio e città del mondo, quei bimbi erano seduti per terra con un muso lungo
lungo, non parlavano nemmeno fra di loro e tanto meno si guardavano.
Devi sapere che i bimbi di quel villaggio erano nati tristi. Ma nessuno capiva il perché
di quella tristezza. Tutti gli uomini e le donne del villaggio avevano provato in ogni
modo a farli ridere, perché non avevano mai riso, a farli giocare, perché non avevano
neppure mai giocato, a scacciare quella tristezza di cui non si capiva il motivo.
Ma a nulla era servito. Quei bambini avevano continuato a tenere il broncio, a
sospirare, a starsene in silenzio a guardare per terra. E la gente si era arresa ormai,
pensando che forse sarebbe continuato così fino al giorno in cui sarebbero diventati
grandi e forse anche dopo.
E forse sarebbe davvero successo così. Se Luca non avesse deciso di sedersi in mezzo
a loro.
Luca infatti decise di sedersi in mezzo a loro, perché all'improvviso aveva capito di
sapere perfettamente come togliere loro quella tristezza.
I bimbi per un istante smisero il broncio e lo guardarono. E allora Luca cominciò:
“C'era una volta un grande prato con l'erba blu...” e i bimbi ascoltavano attentamente,
pieni di sorpresa e aspettativa e senza più tristezza, quell'uomo che aveva inventato
prima la descrizione e poi aveva inventato la bugia, e che ora le univa per creare
quella che era la prima favola che c'è mai stata.
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