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10 – L`Esperienza della Salvezza
10 – L’Esperienza della Salvezza Nel suo amore infinito e nella sua grande misericordia Dio considerò il Cristo, che non peccò, come peccatore al nostro posto affinché in lui potessimo diventare giustizia di Dio. Guidati dallo Spirito Santo ci rendiamo conto dei nostri limiti, riconosciamo la nostra colpevolezza, ci pentiamo dei nostri errori ed esercitiamo la nostra fede in Gesù accettandolo come Signore e Cristo, come Sostituto ed Esempio. Questa fede che riceve salvezza proviene dal divino potere della Parola ed è un dono della grazia di Dio. Tramite il Cristo siamo giustificati, adottati come figli e figlie di Dio e liberati dal dominio del peccato. Mediante lo Spirito nasciamo di nuovo e siamo santificati; lo Spirito rinnova le nostre menti, scrive la legge d’amore di Dio nei nostri cuori e ci dà la forza per vivere una vita santa. Rimanendo fedeli a lui diventiamo partecipi della natura divina e abbiamo la certezza della salvezza ora e nel giorno del giudizio (cfr. 2 Cor 5:17-21; Gv 3:16; Gal 1:4; 4:4-7; Tt 3:3-7; Gv 16:8; Gal 3:13,14; 1 Pt 2:21,22; Rm 10:7; Lc 17:5; Mc 9:23,24; Ef 2:5-10; Rm 3:21-26; Col 1:13,14; Rm 8:14-17; Gal 3:26; Gv 3:38; 1 Pt 1:23; Rm 12:2; Eb 8:7-12; Ez 36:25-27; 2 Pt 1:3,4; Rm 8:1-4; 5:6-10). SECOLI FA, IL PASTORE DI HERMAS, sognò una donna molto anziana con un volto solcato da tante rughe profonde. Nel suo sogno, come il tempo passava, la donna iniziò a trasformarsi: mentre il suo corpo restava vecchio e i suoi capelli ancora bianchi, la sua faccia cominciò a ringiovanire, fino a quando fu completamente restaurata in una giovane. T. F. Torrance paragonò la donna alla chiesa.1 I cristiani non possono essere statici. Se lo Spirito di Cristo regna nella loro mente (Rm 8:9), essi sono in processo di trasformazione. Paolo dichiarò: “Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile” (Ef 5:25-27). Questa purificazione è la meta della chiesa. Noi credenti che la componiamo possiamo testimoniare che “anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, … [il nostro] uomo interiore si rinnova di giorno in giorno” (2 Cor 4:16). Fin da ora, “noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (2 Cor 3:18). Questa trasformazione è l’ultima Pentecoste interiore. Nelle Scritture le descrizioni dell’esperienza del credente: la salvezza, la giustificazione, la santificazione, la purificazione e la redenzione, sono trattate come (1) il già compiuto, (2) ciò che sta avendo luogo e (3) ciò che deve ancora realizzarsi nel futuro. Una comprensione di queste tre prospettive assiste a risolvere le apparenti tensioni nell’enfasi relativa alla giustificazione e alla santificazione. Questo capitolo, è diviso perciò in tre principali sezioni che trattano la salvezza del credente nel passato, nel presente e nel futuro. L’Esperienza della Salvezza e il Passato Una conoscenza reale di Dio, del suo amore e della sua benevolenza, non è sufficiente. Sforzarsi di diventare buoni da se stessi, separatamente da Cristo, è controproducente. L’esperienza della salvezza, quella che tocca gli aspetti più profondi dell’anima, proviene soltanto da Dio. Parlando di questa, Cristo affermò: “se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio… se uno non è nato di acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3:3,5). Solo tramite Gesù Cristo si può sperimentare la salvezza, “perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (At 4:12). Gesù dichiarò: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14:6). L’esperienza della salvezza implica il pentimento, la confessione, il perdono, la giustificazione e la santificazione. Il Pentimento. Poco prima della sua crocifissione, Gesù promise ai suoi discepoli lo Spirito Santo, il quale avrebbe testimoniato di lui, convincendo “il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Gv 16:8). Quando alla Pentecoste lo Spirito Santo persuase le persone del loro bisogno di un Salvatore e per conseguenza chiesero come avrebbero dovuto rispondere, Pietro replicò: “Ravvedetevi”! (At 2:37, 38; cfr. 3:19). 1. Che cosa è il pentimento? Il vocabolo pentimento è la traduzione del termine ebraico nachum, “essere dispiaciuti”, “pentirsi”. L’equivalente greco, metanoeo, significa “cambiare nella mente”, “sentire rimorso”, “pentirsi”. Il pentimento genuino produce un cambiamento d’attitudine verso Dio e il peccato. Lo Spirito Santo convince quelli che lo ricevono della gravità del peccato portando in loro un senso profondo della giustizia di Dio e della loro perduta condizione. Di conseguenza, sperimentano dispiacere e colpa. Riconoscendo la verità che “chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia” (Pr 28:13), confessano i loro specifici peccati. E attraverso il determinato esercizio della loro volontà, si sottomettono totalmente al Salvatore e abbandonano il loro comportamento iniquo. Così il pentimento raggiunge il suo culmine nella conversione, nel peccatore pentito che ritorna a Dio (dal greco epistrophe, “si converte a” Dio; cfr. At 15:3).2 Davide e il suo pentimento per il peccato di adulterio e di omicidio raffigurano vividamente come questa esperienza prepara la via alla vittoria sul peccato. Convinto dallo Spirito, egli disprezzò il suo peccato e pianse amaramente implorando la purificazione e confessando: “riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi”. “Abbi pietà di me, O Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti”. “O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo” (Sal 51:3,1,10). L’esperienza che Davide ebbe in seguito dimostra che il perdono di Dio non solo purifica dai peccati ma inoltre redime dalla condanna del peccato. Benché il pentimento precede il perdono, il peccatore non può, solo per mezzo del suo proprio pentimento assicurarsi la benedizione di Dio. Infatti, il peccatore non può neppure produrre da se stesso il pentimento, perché esso è un dono di Dio (At 5:31; cfr. Rm 2:4). Lo Spirito Santo attira il peccatore a Cristo in modo tale ch’egli possa giungere a provare pentimento, cioè il sincero e profondo dispiacere per il peccato commesso. 2. La motivazione per il pentimento. Cristo dichiarò: “e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me” (Gv 12:32). Il cuore è afflitto e sottomette quando si comprende il senso della morte di Cristo che giustifica e libera dalla penalità della morte seconda. Immaginate i sentimenti di un ergastolano che, mentre attende nel corridoio della morte l’esecuzione della sua condanna, tutto ad un tratto si sente accordare il perdono. In Cristo il peccatore pentito non è soltanto perdonato ma è anche assolto, dichiarato giusto! Lui non merita e non può guadagnarsi un trattamento tale. Come Paolo indica, Cristo morì per la nostra giustificazione, mentre noi eravamo ancora senza forza, peccatori, malvagi e nemici di Dio (Rm 5:6-10). Nient’altro può toccare le profondità dall’anima quanto la comprensione dell’amorevole perdono che Cristo accorda. Quando i peccatori contemplano l’insondabile amore di Dio, dimostrato sulla croce, ricevono la più profonda motivazione possibile per pentirsi. Questa è la bontà di Dio che ci guida al pentimento (Rm 2:4). La Giustificazione. Nel suo infinito amore e nella sua immensa bontà, “Colui che non ha conosciuto peccato,…[Dio] lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (Rm 5:21). Per mezzo della fede in Gesù, il cuore viene ricolmato del suo Spirito. Per mezzo della medesima fede, che è un dono della grazia di Dio (Rm 12:3; Ef 2:8), i peccatori pentiti vengono giustificati. Il termine giustificazione è la traduzione del greco dikaioma, che significa “giusto requisito, atto”, “regola”, “sentenza giudiziaria”, “atto di giustizia”, e diakaiosis, che significa, “giustificazione”, “rivendicazione” e “assoluzione”. Il verbo che ne consegue, diakaioo, significa “essere dichiarato e trattato come giusto”, “essere assolto”, “essere giustificato”, “essere liberato, reso puro”, “giustificare”, “rivendicare”, “fare giustizia”, e dà ulteriore senso al significato del termine.3 In generale, la parola giustificazione, così come viene teologicamente usata, è “l’atto divino per mezzo del quale Dio dichiara il peccatore pentito giusto o lo costituisce giusto. La giustificazione è il contrario della condanna (Rm 5:16)”.4 Le basi di questa giustificazione non è la nostra ubbidienza, ma quella di Cristo, poiché “con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini…per l’ubbidienza di uno solo, i molti saranno costituiti giusti” (Rm 5:18,19). Cristo dà questa ubbidienza a quei credenti che “sono giustificati gratuitamente per la sua grazia” (Rm 3:24). “Egli ci ha salvato non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia (Tt 3:5). 1. Il ruolo della fede e delle opere. Molti erroneamente credono che la loro condizione davanti a Dio dipende dalle proprie buone o cattive azioni. Trattando la questione di come le persone sono giustificate di fronte a Dio, Paolo inequivocabilmente dichiara: “ho rinunciato a tutto…al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede” (Fil 3:8,9). Egli indicò che “Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia” (Rm 4:3; Gn 15:6). Lui fu giustificato prima di essere circonciso, non conseguentemente alla circoncisione (Rm 4:9,10). Che genere di fede ebbe Abraamo? Le Scritture rivelano che “per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì”, lasciando la sua terra per viaggiare “senza sapere dove andava” (Eb 11:8-10; cfr. 12:4; 13:18). Che la sua fede era genuina, una fede viva in Dio, fu dimostrato dalla sua ubbidienza. Fu sulla base di questa fede dinamica ch’egli fu giustificato. L’apostolo Giacomo avvertì circa l’interpretare scorrettamente la giustificazione per fede, cioè circa il pensare che una persona può essere giustificata per fede senza la manifestazione delle conseguenti azioni. Egli mostrò che una fede genuina non può esistere senza delle azioni corrispondenti. Come Paolo, così anche Giacomo illustrò questo punto dall’esperienza di Abraamo. La fede di Abraamo fu dimostrata dall’offerta di suo figlio Isacco (Giacomo 2:21). “Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa”, disse Giacomo (Gc 2:22). “Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta” (Gc 2:17). L’esperienza di Abraamo rivelò che le azioni sono l’evidenza di una vera relazione con Dio. La fede che conduce alla giustificazione è, perciò, una fede viva che opera (Gc 2:24). Paolo e Giacomo concordano sulla giustificazione per fede. Mentre Paolo presentò l’ingannevole errore di cercare di ottenere la giustificazione per mezzo delle azioni, Giacomo presentò l’altrettanto pericoloso concetto di rivendicare come giustificazione ciò che non ha azioni corrispondenti. Né le opere né una fede morta conducono alla giustificazione. Essa si raggiunge soltanto per mezzo di una fede genuina che agisce per amore (Gal 5:6) e che purifica l’anima. 2. L’esperienza della giustificazione. Tramite la giustificazione per fede in Cristo, ci è imputata la sua giustizia. Noi siamo a posto con Dio perché Cristo è nostro Sostituto. Paolo dichiarò: “Colui che non ha conosciuto peccato, … [Dio] lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Cor 5:21). In quanto peccatori pentiti, noi sperimentiamo un perdono pieno e completo. E siamo riconciliati a Dio! La visione nella quale Zaccaria vide il sommo sacerdote Giosué illustra splendidamente la giustificazione. Giosuè sta di fronte all’angelo del Signore con dei vestiti luridi, che rappresentano le lordure del peccato. Mentre è là, Satana, reclama che sia condannato. Le accuse di Satana sono corrette, Giosuè non merita l’assoluzione. Ma Dio, nella sua divina misericordia, rimprovera Satana: “Ti sgridi il SIGNORE che ha scelto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone strappato dal fuoco? (Zc 3:2). Non è costui un uomo prezioso che mi appartiene e che sto preservando in un modo speciale? Il Signore ordina che i suoi luridi vestiti gli siano levati di dosso al più presto, e dichiara: “Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità e ti ho rivestito di abiti magnifici” (Zc 3:4). Il nostro Dio d’infinito amore e misericordia, spazza via le accuse di Satana, giustificando il peccatore tremante, e rivestendolo con l’abito della giustizia del Cristo. Come i vestiti luridi di Giosuè rappresentavano il peccato, così il nuovo abito rappresenta la nuova esperienza del credente in Cristo. Nel processo della giustificazione, il peccato confessato e perdonato è trasferito al puro e santo Figlio di Dio, all’Agnello che porta e toglie il peccato. “Il peccatore pentito, sebbene immeritevole, è vestito con la giustizia imputata da Cristo. Questo scambio di abiti, questa transazione divina, è la dottrina biblica della giustificazione”.5 Il credente giustificato ha sperimentato il perdono ed è stato purificato dai suoi peccati. I Risultati. Quali sono i risultati del pentimento e della giustificazione? 1. La santificazione. Il vocabolo santificazione è la traduzione del greco hagiasmos, che significa “santità”, “consacrazione”, “santificazione”, dal verbo hagiazo, “rendere santo”, “consacrare”, “santificare”, “mettere a parte”. Il termine ebraico equivalente è qadash, “separare dall’uso comune”.6 Il vero pentimento e la giustificazione guidano alla santificazione. La giustificazione e la santificazione sono intimamente connesse,7 sono distinte ma mai separate. Esse designano due fasi della salvezza: la giustificazione è ciò che Dio fa per noi, mentre la santificazione è ciò che Dio fa in noi. Né la giustificazione né la santificazione sono il risultato delle nostre opere meritorie. Entrambi sono dovute solo alla grazia ed alla giustizia di Cristo. “La giustizia tramite la quale siamo giustificati è imputata; la giustizia tramite la quale siamo santificati è impartita. La prima è il titolo che ci dà accesso al cielo, la seconda è l’ idoneità per il cielo”.8 Le tre fasi della santificazione che la Bibbia presenta sono: (1) un atto già compiuto nel passato del credente; (2) un processo che si svolge nella sua esperienza presente; (3) e il risultato finale ch’egli sperimenterà al ritorno di Cristo. Circa al passato del credente, al momento della giustificazione la persona è anche santificata “nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1 Cor 6:11). Lui o lei diventa “un santo” o “una santa”. A quel punto i nuovi credenti sono redenti e appartengono pienamente a Dio. Come risultato della risposta all’appello di Dio (Rm 1:7), i credenti sono chiamati “santi”, perché sono “in Cristo” (Fil 1:1; cfr. anche Gv 15:1-7), non perché hanno raggiunto uno stato d’infallibilità. La salvezza è un’esperienza presente. “egli ci ha salvati” disse Paolo “non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito” (Tt 3:5), mettendoci a parte e consacrandoci per uno scopo santo e per un cammino con Cristo. 2. L’adozione nella famiglia di Dio. Allo stesso tempo, i nuovi credenti hanno ricevuto lo “Spirito d’adozione”. Dio li ha adottati come suoi figli, il che significa che loro sono figli e sorelle del Re dei Re! Egli li ha fatti diventare suoi eredi, “coeredi di Cristo” (Rm 8:15-17). Quale privilegio! Quale onore! Quale gioia! 3. La garanzia della salvezza. La giustificazione provvede anche la garanzia che il credente è stato accettato. Porta la gioia di essere riuniti con Dio ora. Non importa quanto peccaminosa è stata la nostra vita passata, Dio perdona tutti i peccati, e non siamo più sotto la condanna e la maledizione della legge. La salvezza è diventata una realtà: “in lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia” (Ef 1:7). 4. L’inizio di una vita nuova e vittoriosa. La realizzazione che il sangue del Salvatore copre il nostro passato peccaminoso produce la guarigione del corpo, dell’anima e della mente. I sensi di colpa possono essere abbandonati, poiché in Cristo tutto è perdonato, tutto è nuovo. Dispensando giorno dopo giorno la sua grazia, Cristo ci trasforma all’immagine di Dio. Mentre la nostra fede in lui cresce, la nostra guarigione e la nostra trasformazione progredisce, ed egli ci dà sempre più vittorie sulle potenze dell’oscurità. Il fatto che lui ha vinto il mondo, garantisce la nostra liberazione dalla schiavitù del peccato (Gv 16:33). 5. Il dono della vita eterna. La nostra nuova relazione con Cristo porta con sé il dono della vita eterna. Giovanni affermò: “Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita” (Gv 5:12). Il nostro passato peccaminoso è stato cancellato e, per mezzo dell’opera dello Spirito in noi, possiamo gioire delle benedizioni della salvezza. L’Esperienza della Salvezza e il Presente Per mezzo del sangue di Cristo che produce la purificazione, la giustificazione e la santificazione, il credente è “una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2 Cor 5:17). Chiamati a una Vita di Santificazione. La salvezza include il vivere una vita santa, fondata sulle basi di quello che Cristo ha compiuto al Calvario. Paolo esortò i credenti a vivere una vita consacrata a un’etica santa e a una condotta morale (1 Ts 4:7). Per rendere capaci di sperimentare la santificazione, Dio dà ai credenti lo “Spirito di santità” (Rm 1:4). Paolo disse che Dio dà “secondo le ricchezze della sua gloria…[affinché si possa] essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e …[per far] sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori” (Ef 3:16,17). In quanto nuove creature, i credenti hanno nuove responsabilità. “Poiché, come già prestaste le vostra membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità per commettere l’iniquità,” disse Paolo, “così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la santificazione” (Rm 6:19). Ora loro devono vivere “nello Spirito” (Gal 5:25). I credenti ripieni dello Spirito camminano “non secondo la carne, ma secondo lo Spirito” (Rm 8:1, cfr. 8:4). Loro sono trasformati, poiché “ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace” (Rm 8:6). Per mezzo dell’opera dello Spirito di Dio non sono più “nella carne ma nello Spirito” (Rm 8:9). Lo scopo supremo di una vita ripiena dello Spirito è di piacere a Dio (1 Ts 4:1). La volontà divina è che vi santifichiate, dichiarò Paolo, “che vi asteniate dalla fornicazione” e “che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari; …infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione” (1 Ts 4:3,6,7). Il Cambiamento Interiore. Al secondo avvento noi saremo cambiati fisicamente. Questo corpo mortale e corruttibile rivestirà immortalità (1 Cor 15:51-54). Tuttavia, il nostro carattere deve essere trasformato in preparazione per il secondo avvento. La trasformazione del carattere implica gli aspetti spirituali e mentali dell’immagine di Dio, l’“uomo interiore” che deve essere rigenerato giorno dopo giorno (2 Cor 4:16; cfr. Rm 12:2). Come, l’immagine dell’anziana signora nel sogno del pastore di Hermas, così la chiesa sta diventando sempre più giovane interiormente: ogni cristiano, che si è totalmente convertito, è cambiato di gloria in gloria, fino al secondo avvento, il momento in cui la sua trasformazione all’immagine di Dio sarà pienamente completata. 1. Il ruolo di Cristo e dello Spirito Santo. Solo il Creatore può compiere l’opera creativa della trasformazione nella nostra vita (1 Ts 5:23). Tuttavia, lui non lo fa senza la nostra partecipazione. Noi dobbiamo posizionarci nel canale in cui opera lo Spirito e possiamo fare questo solo contemplando Cristo. Mentre meditiamo sulla vita di Cristo, lo Spirito Santo restaura le nostre facoltà fisiche, mentali e spirituali (cfr. Tt 3:5). Il ministero dello Spirito Santo implica la rivelazione di Cristo alle nostre menti e la nostra restaurazione all’immagine di Cristo (cfr. Rm 8:110). Dio desidera vivere nel suo popolo. Poiché egli promise “abiterò e camminerò in mezzo a loro” (2 Cor 6:16; cfr. 1 Gv 3:24; 4:12), Paolo poté dichiarare: “Cristo vive in me” (Gal 2:20; cfr. Gv 14:23). Quando il Creatore abita quotidianamente nel credente, lo rigenera nell’interiore (2 Cor 4:16), rinnovando la sua mente (Rm 12:2; cfr. anche Fil 2:5). 2. Essere partecipi della natura divina. Secondo “le sue preziose e grandissime promesse”, Cristo ci assicura la sua potenza divina per il completamento della trasformazione del nostro carattere (2 Pt 1:4). Questo accesso alla potenza divina, mettendoci ogni impegno da parte nostra, ci permette di aggiungere alla: “fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l’autocontrollo; all’autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’affetto fraterno; all’affetto fraterno l’amore” (2 Pt 1:5-7). “Perché se queste cose si trovano ed abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo” (2 Pt 1:8,9). a. Soltanto tramite Cristo. Ciò che trasforma gli umani all’immagine del loro Creatore è il rivestirsi o l’essere resi partecipi del Cristo (Rm 13:14; Eb 3:14), “della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo” (Tt 3:5). Questo è l’amore di Dio che ci perfeziona (1 Gv 4:12). E’ un mistero simile a quello dell’incarnazione del Figlio di Dio. Come lo Spirito Santo permise al Cristo divino di essere partecipe della natura umana, così lo Spirito ci permette di essere partecipi degli attributi del carattere divino. Questa appropriazione della natura divina rigenera la persona interiormente, facendo diventare come Cristo, sebbene ad un livello differente: anche se Cristo diventò uomo, i credenti non diventano divini. Bensì, diventano simili a Dio nel carattere. b. Un processo dinamico. La santificazione è progressiva. Tramite la preghiera e lo studio della Parola, cresciamo costantemente nella relazione con Dio. Una semplice comprensione intellettuale del piano della salvezza non è sufficiente. “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue,” rivelò il Cristo, “non avete vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui” (Gv 6:53-56). Questa vivida immagine indica che i credenti devono assimilare le parole del Cristo. Gesù dichiarò: “le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Gv 6:63; cfr. anche Mt 4:4). Il carattere è composto di ciò che la mente “mangia e beve”. Quando noi digeriamo il pane della vita, siamo trasformati all’immagine di Cristo. 3. Le due trasformazioni. Nel 1517, lo stesso anno in cui Lutero inchiodò le sue novantanove tesi alla porta del castello di Wittenburg, in Germania, Raffaello iniziò, a Roma, il suo dipinto della famosa trasfigurazione. Questi due eventi avevano qualcosa in comune. Lutero segnò la nascita del protestantesimo, e il dipinto di Raffaello, sebbene involontariamente, personificò lo spirito della riforma. Il quadro mostra Cristo su una montagna mentre l’indemoniato nella valle sottostante volge a lui lo sguardo con speranza (cfr. Mc 9:2-29). I due gruppi di discepoli, uno sulla montagna, l’altro nella valle, raffigurano due tipi di cristiani. I discepoli sulla montagna volevano rimanere con Cristo, apparentemente non preoccupati dei bisogni che c’erano nella valle. Nel corso dei secoli, molti hanno costruito “montagne” ben lontane dai bisogni del mondo. La loro esperienza è composta di preghiere senza opere. D’altra parte, i discepoli nella valle lavoravano senza preghiere, e non riuscivano con i loro propri sforzi, ad aver successo nel cacciare via il demone. Moltitudini di persone sono state imprigionate nell’una o nell’altra di queste trappole, cioè, o nella trappola di lavorare per gli altri senza potenza, o in quella di pregare molto senza lavorare in favore degli altri. Entrambi queste due categorie di cristiani hanno bisogno di avere l’immagine di Dio restaurata in loro. a. La vera trasformazione. Dio spera di cambiare gli esseri caduti alla sua immagine trasformando la loro volontà, la loro mente, i loro desideri e il loro carattere. Lo Spirito Santo produce nei credenti un volontario cambiamento di attitudine. I suoi frutti: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” costituiscono il loro stile di vita, anche se fino al ritorno di Cristo rimangono corruttibili mortali. Se non resistiamo a Cristo, lui “s’identificherà con i nostri pensieri e obiettivi, con i nostri cuori e con le nostre menti in modo da renderli così conformi alla sua volontà, che quando gli ubbidiamo, noi compiamo ciò che i nostri propri impulsi naturali ci hanno dettato di fare. La volontà raffinata e santificata, troverà la sua più grande delizia nell’essere al suo servizio”.9 b. Le due destinazioni. La trasfigurazione di Cristo rivela un altro notevole contrasto. Cristo fu trasfigurato, ma, in un certo senso, così fu pure il ragazzo nella valle. Il giovane fu trasfigurato in un’immagine demoniaca (cfr. Mc 9:1-29). Lì, noi vediamo portati alla luce due piani contrastanti: il piano di restaurazione voluto da Dio e il piano di rovinarci di Satana. Le Scritture dichiarano che Dio è capace di preservarci “da ogni caduta” (Gd 24). Satana, d’altra parte, fa il più possibile per tenerci in uno stato di caduta. La vita implica un cambiamento costante. Non c’è un campo neutro. Noi siamo o nobilitati o degradati. Siamo o “schiavi del peccato” o “servi della giustizia” (Rm 6:17,18). Chiunque occupa la nostra mente, ci domina. Se, tramite lo Spirito, Cristo occupa la nostra mente, diventiamo persone simili a Cristo, una vita ripiena dello Spirito fa “prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo” (2 Cor 10:5). Ma l’essere senza Cristo significa essere tagliati via dalla sorgente della vita e della trasformazione e ciò rende la nostra distruzione infine inevitabile. La perfezione di Cristo. Che cosa è la perfezione biblica? Come può essere ricevuta? 1. La perfezione biblica. I vocaboli perfetto e perfezione sono traduzioni dell’ ebraico tam o tamim, che significano “completo”, “giusto”, “mansueto”, “sensato”, “integro”, o “irreprensibile”. Generalmente, il greco teleios significa “completo”, “pienamente cresciuto” “maturo”, “pienamente sviluppato” e “avente raggiunto il suo scopo”.10 Nell’Antico Testamento, quando è usato per gli umani, la parola ha un senso relativo. Noè, Abramo, e Giobbe sono descritti come perfetti o irreprensibili (Gn 6:9; 17:1; 22:18; Gb 1:1,8), benché ciascuno di loro avesse delle imperfezioni (Gn 9:21; 20; Gb 40:2-5). Nel Nuovo Testamento perfetto spesso descrive persone mature, che hanno vissuto al meglio secondo la luce alla loro portata e che hanno raggiunto il potenziale delle loro capacità spirituali, mentali e fisiche (1 Cor 14:20; Fil 3:15; Eb 5:14). Cristo disse che i credenti devono essere perfetti nella loro finita sfera quanto perfetto è Dio nella sua infinita e assoluta sfera (cfr. Mt 5:48). Agli occhi di Dio una persona perfetta è quella il cui cuore e la cui vita sono totalmente consacrate all’adorazione e al servizio di Dio, quella che cresce costantemente nella conoscenza divina, e che per mezzo della grazia di Dio, vive secondo tutta la luce che ha ricevuto, mentre gioisce di una vita di vittoria (cfr. 1 Cor 14:12; Gc 3:2). 2. La piena perfezione di Cristo. Come possiamo diventare perfetti? Lo Spirito Santo ci dona la perfezione di Cristo. Per fede, il carattere perfetto di Cristo diventa nostro. Le persone non possono ottenere questa perfezione da loro stesse indipendentemente, come se fosse una possessione innata, o propria di diritto. La perfezione è un dono di Dio. Separatamente da Cristo, gli esseri umani non possono ottenere la giustizia. “colui che dimora in me e nel quale io dimoro,” dichiarò Gesù, “porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla”(Gv 15:5). E’ Cristo “che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1:30). In Cristo queste qualità costituiscono la nostra perfezione. Egli completò, una volta per tutte, la nostra santificazione e redenzione. Nessuno può aggiungere qualcosa a ciò che ha fatto. Il nostro abito di nozze, o abito di giustizia, fu prodotto dalla vita, dalla morte e dalla risurrezione del Cristo. Lo Spirito Santo ora prende questo prodotto finito e lo applica alla vita cristiana. In questo modo noi possiamo essere “ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3:19). 3. Progredire verso la perfezione. Che ruolo abbiamo noi, come credenti, in tutto questo? Per mezzo di Cristo in noi, cresciamo fino a raggiungere la maturità spirituale. Attraverso i doni spirituali che Dio dà alla chiesa, possiamo svilupparci “fino a che tutti giungiamo…allo stato di uomini fatti all’altezza della statura perfetta di Cristo” (4:13). Dobbiamo crescere oltre l’esperienza spirituale infantile (Ef 4:14), oltre le verità basilari dell’esperienza cristiana, avanzando al “cibo solido” preparato per i cristiani maturi (Eb 5:14). “Perciò,” disse Paolo “lasciando l’insegnamento elementare intorno a Cristo, tendiamo a quello superiore” (Eb 6:1). “E prego”, aggiunse, “che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori, affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi dei frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Fil 1:9-11). La vita santificata non è una vita priva di gravi difficoltà e ostacoli. Paolo ammonì i credenti esortando “adoperatevi al compimento della vostra salvezza con timore e tremore”. Ed aggiunse per nostro incoraggiamento, “infatti è Dio che produce in voi il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo” (Fil 2:12,13). “Esortatevi a vicenda ogni giorno,” egli disse “perché nessuno di voi s’indurisca per la seduzione del peccato. Infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che manteniamo ferma sino alla fine la fiducia che avevamo nel principio” (Eb 3:13, 14; cfr. Mt 24:13). D’altra parte, le Scritture avvertono, “se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane alcun sacrificio per i peccati, ma una terribile attesa del giudizio e l’ardore di un fuoco che divorerà i ribelli” (Eb 10:26,27). Queste esortazioni rendono evidente che i cristiani “abbisognano molto più di una pura e legale giustificazione o santificazione. Necessitano la santità del carattere anche se la salvezza è sempre per fede. Il titolo che ci dà accesso al cielo è basato sulla sola giustizia di Cristo. In aggiunta alla giustificazione, il piano della salvezza provvede per mezzo di questo titolo l’idoneità per il cielo con la presenza di Cristo in noi. Questa idoneità deve essere rivelata nel carattere morale dell’uomo come evidenza che la salvezza ‘ha avuto luogo’”.11 Cosa significa questo in termini umani? E’ indispensabile la preghiera continua per vivere una vita santa che è perfetta in ogni fase del suo sviluppo. “Perciò anche noi, … non cessiamo di pregare per voi… perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Col. 1:9,10). Una giustificazione quotidiana. Tutti i credenti che vivono una vita santificata dalla pienezza dello Spirito (posseduti da Cristo) hanno il continuo bisogno di una giustificazione giornaliera (impartita da Cristo). Essa ci necessita a causa delle trasgressioni volontarie e degli errori che commettiamo involontariamente. Comprendendo la peccaminosità del cuore umano, Davide chiese il perdono anche per i peccati che gli erano “occulti” (Sal 19:12; cfr. Ger 17:9). Parlando specificatamente dei peccati dei credenti, Dio ci assicura che “abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto” (1 Gv 2:1). L’Esperienza della Salvezza e il Futuro La nostra salvezza sarà finalmente e pienamente compiuta quando noi saremo o glorificati nella risurrezione o portati in cielo. Attraverso la glorificazione, Dio condivide con i redenti la sua gloria radiosa. Questa è la speranza che tutti noi, in quanto figli di Dio, aspettiamo. Paolo disse, “ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio” (Rm 5:2). Essa si avvererà al secondo avvento, quando Cristo apparirà “a coloro che lo aspettano per la loro salvezza” (Eb 9:28). Glorificazione e Santificazione. La presenza di Cristo nel cuore è una delle condizioni per la nostra futura salvezza, per la glorificazione dei nostri corpi mortali. “Cristo in voi”, dichiarò Paolo, è “la speranza della gloria” (Col 1:27), spiegando altrove, “se lo spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8:11). Paolo ci assicura che Dio ci ha “eletti a salvezza mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità…affinché otteniate la gloria del Signore nostro Gesù Cristo” (2 Ts 2:13,14). In lui, noi siamo di già nel luogo del suo trono nei cieli (Col 3:1-4). Coloro che sono “ sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo” hanno in realtà “le potenze del mondo futuro” (Eb 6:4,5). Contemplando la gloria del Signore e fissando i nostri occhi sull’amorevole ed attraente carattere di Cristo, noi “siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria” (2 Cor 3:18), siamo preparati per la trasformazione che sperimenteremo al secondo avvento. La nostra finale redenzione e adozione come figli di Dio avrà luogo nel futuro. Paolo afferma, “la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio” aggiungendo che “anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (Rm 8:19, 23; cfr. Ef 4:30). Questo evento supremo ha luogo “ai tempi della restaurazione di tutte le cose” (At 3:21). Cristo lo definisce il tempo della “nuova creazione” (Mt 19:28; “rinnovamento di tutte le cose”). Allora, “anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio” (Rm 8:21). Nella visione biblica, in un certo senso, l’adozione e la redenzione, o la salvezza, sono “già” avvenute e, in un altro senso, esse devono ancora essere adempiute, e ciò ha confuso alcune persone. Uno studio sullo scopo completo dell’opera del Cristo in quanto Salvatore provvede la risposta. “Paolo connesse la nostra presente salvezza alla prima venuta del Cristo. Negli eventi storici della croce e della risurrezione e nel ministero che Cristo compie nel cielo, la nostra giustificazione e la nostra santificazione sono garantite una volta per tutte. Tuttavia, egli connesse la nostra futura salvezza, la glorificazione dei nostri corpi, alla seconda venuta di Cristo. “Per questa ragione Paolo può simultaneamente affermare: ‘noi siamo salvati’ in vista della croce e della risurrezione del Cristo nel passato; e ‘noi non siamo ancora salvati’, in vista del futuro ritorno di Cristo che redimerà i nostri corpi”.12 Enfatizzare la nostra presente salvezza ad esclusione della nostra futura salvezza crea una incorretta e sfortunata comprensione della completa salvezza provveduta da Cristo. La Glorificazione e la Perfezione. Alcuni erroneamente credono che la completa e finale perfezione che la glorificazione produrrà è di già ora disponibile agli umani. Ma Paolo stesso, uomo di Dio, totalmente consacrato a lui, verso la fine della sua vita scrisse: “non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Fil 3:12-14). La santificazione è un processo che dura tutta la vita. Ora la perfezione è nostra solo in Cristo, ma la trasformazione completa e finale della nostra vita all’immagine di Dio avrà luogo al secondo avvento. Perciò Paolo esorta: “Chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere” (1 Cor 10:12). La storia d’Israele e la vita di David, Salomone e Pietro sono seri avvertimenti per tutti. “Fino a quando saremo in vita, c’è bisogno che controlliamo le nostre affezioni e le nostre passioni con un fermo intento. C’è corruzione nell’interiore, ci sono tentazioni all’esterno, e ovunque l’opera di Dio deve essere fatta avanzare, Satana è attivo per arrangiare le circostanze così che la tentazione possa attaccare l’anima con potenza annientante. Non c’è un momento in cui possiamo essere al sicuro, ciò avviene solo quando dipendiamo da Dio, e la vita è nascosta con Cristo in Dio”.13 La nostra trasformazione finale sarà compiuta quando l’incorruttibilità e l’immoralità diventeranno nostre, quando lo Spirito Santo restaurerà completamente la creazione originale. Il Fondamento della Nostra Accettazione da Parte di Dio Né un carattere simile a quello di Cristo né un comportamento irreprensibile, sono il fondamento per cui Dio ci accetta. La giustizia salvifica proviene da un solo Uomo giusto, Gesù, e ci è imputata dallo Spirito Santo. Noi non possiamo contribuire in niente al dono della giustizia di Cristo, possiamo solo riceverla. Nessun altro oltre Cristo è giusto (Rm 3:10); la giustizia propria agli umani è soltanto un abito lurido (Is 64:6; cfr. anche Dn 9:7,9,11,20; 1 Cor 1:30).14 Anche quello che facciamo in risposta all’amore salvifico di Cristo non può formare la base per cui Dio ci accetta. Questa accettazione si identifica con l’opera di Cristo. Nel portarci Cristo, lo Spirito Santo ci porta questa accettazione. La nostra accettazione si basa sulla giustizia giustificatrice di Cristo o sulla sua giustizia santificatrice, o entrambi? Giovanni Calvino indicò che come “Cristo non può essere diviso in parti, così le due cose, la giustificazione e la santificazione, che noi riceviamo per essere uniti in lui, sono inseparabili”.15 Il ministero di Cristo deve essere visto nella sua totalità. Ciò è d’importanza capitale per evitare di speculare circa questi due termini “cercando di definire minuziosamente i piccoli punti di distinzione tra la giustificazione e la santificazione…Perché cercare di essere più minuziosi dell’ispirazione sulle questioni vitali della giustificazione per fede?”16 Così come il sole ha luce e calore, inseparabili, eppure con funzioni distinte, così Cristo è diventato per noi giustizia e, allo stesso tempo, santificazione (1 Cor 1:30). Non solo siamo pienamente giustificati ma siamo anche pienamente santificati in lui. Lo Spirito Santo porta l’“E’ compiuto” del Calvario nell’interiore del nostro essere, applicando la sola esperienza che rende possibile la nostra accettazione da parte di Dio. Questo “E’ compiuto” della croce mette in discussione tutti gli altri tentativi che gli umani fanno per ottenere l’accettazione. Nel portare il crocifisso nell’interiore, lo Spirito porta il solo fondamento della nostra accettazione da parte di Dio, provvedendo il solo vero titolo e la sola vera idoneità per la sola salvezza resa a noi disponibile. Annotazioni 1 T. F. Torrance, Royal Priesthood, Scottish Journal of Theology Occasional Papers, n. 3, Oliver and Boyd, Edinburgh, 1963, p. 48 2 Cfr. “Conversion” e “Repent, Repentance”, SDA Bible Dictionary, ed. riv. pp. 225, 993. 3 W.E. Vine, An Expository Dictionary of the New Testament Words, Fleming H. Revell, Old Tappan, NJ, 1966, pp. 284-86; William F. Arndt e F. Wilbur Gingrich, A Greek English Lexicon of the New Testament and Other Early Christian Literature, University of Chicago Press, Chicago, IL,1973, p. 196. 4 “Justification”, SDA Bible Dictionary, ed. riv., p. 635. 5 LaRondelle, p. 47. 6 “Sanctification”, SDA Bible Dictionary, ed. riv., p. 979. 7 Ibid. 8 Ellen G. White, Messages to Young People, Southern Publishing Association, Nashville, 1930, p. 35. 9 White, The Desire of Ages, p. 668. 10 “Perfect, Perfection”, SDA Bible Dictionary, ed. riv. P. 864. 11 LaRondelle, p. 77. 12 Ibid., p. 89. 13 White, in SDA Bible Commentary, ed. riv., vol. 2, p. 1032. 14 Commentando su Cristo il nostro Sommo Sacerdote, E.G.White disse: “I servizi religiosi, le preghiere, la lode, la confessione penitente del peccato ascendevano dai veri credenti al santuario nel cielo come l’incenso, senza passare attraverso i canali corrotti dell’umanità, poiché essi sono così impuri che a meno che siano purificati con il sangue, non avrebbero assolutamente alcun valore per Dio. Poiché non ascendono con purezza immacolata, a meno che l’Intercessore che è alla destra di Dio Padre non li purifica e non li presenta mediante la sua giustizia, non sarebbero accettati da Dio. Tutti gli incensi dei tabernacoli terrestri devono essere impregnati dalle gocce di sangue purificatrici di Cristo” (Selected Messages, book 1, p. 344). 15 John Calvin, Institutes of the Christian Religion, Associated Publishers and Authors Inc., Grand Rapids, senza data, III, 11,6. 16 White, in SDA Bible Commentary, ed. riv., vol. 6, p. 1072.