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Adozioni coppie omosessuAli

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Adozioni coppie omosessuAli
sara Pezzuolo
Adozioni
coppie
omosessuali:
confronto scientifico o
a-scientifico?
© 2015, by Associazione Lmpt Italia
è vietata la riproduzione anche parziale del testo.
All’interno del confronto scientifico sul tema delle adozioni alle
coppie omosessuali è necessario, al fine di formarsi un’idea più
ampia e completa visionare la documentazione prodotta sia da
chi si dichiara “favorevole” sia da chi si dichiara “contrario” alla
famiglia omosessuale.
Nella ricerca bibliografica condotta dalla scrivente trova spazio il
contributo della prof.ssa Anna Maria Speranza pubblicato sulla
rivista Medico e Bambino (2/2015) all’interno del quale l’autrice,
condivisibilmente, auspica “una visione non più ideologica ma fatta
di argomentazioni scientifiche”.
Proprio consapevole della centralità di questo aspetto ho visionato
con attenzione l’elaborato redatto da Speranza.
Nella prima parte del contributo1 l’autrice fa riferimento ad
un presunto numero di 100.000 bambini cresciuti da genitori
omosessuali in Italia: come noto il valore di 100.000 figli cresciuti
all’interno di coppie gay è totalmente inventato. L’origine di
tale dato manca di qualsiasi riscontro o fonte bibliografica che
Paragrafo “Lo studio dell’omosessualità e la famiglia contemporanea”, pag. 95;
1
3
ne spieghi l’origine2. In Italia, il censimento ISTAT del 2011
(pubblicato 2012) rinveniva 529 minori conviventi in coppie
di persone dello stesso sesso e, la presidente delle Famiglie
Arcobaleno nel 2014 dichiarava la presenza di 300 figli nelle
coppie iscritte all’Associazione3.
La prof.ssa Speranza prosegue facendo riferimento all’importante
comunicato redatto dall’American Academy of Pediatrics (2013)
riferendo che “un numero ormai molto ampio di dati, provenienti
dalle ricerche degli ultimi 30 anni, sembra indicare chiaramente
una buona resilienza dei bambini cresciuti da genitori gay e lesbiche:
questi bambini presentano uno sviluppo psicologico, sessuale e sociale
paragonabile in larga misura a quello dei bambini cresciuti in famiglie
tradizionali, anche a fronte delle disparità economiche, giuridiche e
dello stigma sociale che devono invece spesso affrontare”. Totalmente
opposta alla posizione dell’American Accademy of Pediatrics, è
la posizione dell’American College of Pediatricians (2013)4. Le
motivazioni addotte, circa “uno sviluppo psicologico, sessuale e sociale
paragonabile in larga misura a quello dei bambini cresciuti in famiglie
tradizionali” sembrano non tenere in considerazione le ricerche
che, di contro, evidenziano risultati del tutto contrari5 (Gartrell et
La fonte di tale dato, infatti, non trova spazio nemmeno nell’elaborato della
dottoressa Speranza;
2
Un contributo preciso e puntuale su “I fantomatici “100.000 figli di coppie
gay” è quello redatto da Savarese Filippo e disponibile al link http://www.
lamanifpourtous.it/sitehome/in-evidenza/fantomatici-100-000-figli-dicoppie-gay-2/;
3
http://www.acpeds.org/the-college-speaks/position-statements/parentingissues/homosexual-parenting-is-it-time-for-change;
4
Per motivi di sintesi ne riportiamo solo alcuni tra quelli maggiormente
significativi;
5
4
al. 2011; Schumm 2010; Allen et al. 2013; Potter, 2012; Regnerus
2012; Douglas, 2013; Sullins, 2015a; 2015b; 2015c) solo per
citarne alcune. Laddove l’Autrice elenca le principali fonti
bibliografiche prese a riferimento segnala, tra le altre, Amato
(2012), Erich et al. (2009), Golberg (2010), Patterson (2009b) e
Patterson e Wainrigh (2011).
In merito a tali studi è però doveroso fare delle precisazioni.
Amato (2012) esplicita la propria posizione in funzione della
sua esperienza professionale citando letteratura a sostegno delle
adozioni alle coppie omosessuali che smentirebbe, in particolare,
i risultati ottenuti dagli studi di Marks (2012) e Regnerus (2012):
quindi nessun nuovo contributo di ricerca.
Lo studio di Erich et al (2009) offre ulteriori spunti di riflessione.
Gli autori, nel paragrafo dedicato alla metodologia di raccolta
dati, affermano di aver raccolto 259 questionari da soggetti
volontari che partecipavano alla ricerca dietro l’incentivo di un
piccolo compenso economico ($50.00). Di questi 259 protocolli
ne sono stati utilizzati, ai fini della ricerca, solo 154 ovvero
il 59,5%: poco più, quindi, della metà dei protocolli raccolti.
Ancora, la ricerca prevedeva l’analisi di tre sezioni: 1) domande
ai genitori concernenti loro stessi e i loro partner; 2) domande
ai genitori su ciascun adolescente da loro stessi adottato; 3)
domande dirette agli adolescenti adottati che rispondevano su
loro stessi. I confronti sono stati condotti nel seguente modo: di
154 genitori che hanno completato la prima sezione sono stati
confrontati i questionari dei genitori eterosessuali (n. 127) con i
questionari di genitori gay e lesbiche (n. 27). Su un totale di 210
5
questionari della seconda sezione sono stati confrontati n. 176
questionari provenienti da adolescenti con genitori eterosessuali
con n. 34 questionari di adolescenti con genitori omosessuali e,
infine, la terza sezione ha visto il confronto tra n. 70 questionari
di adolescenti con genitori eterosessuali e n. 16 questionari di
adolescenti con genitori gay/lesbiche. N. 16 soggetti adolescenti
cresciuti da coppie omosessuali come è possibile rappresentino
le realtà di tutti gli adolescenti cresciuti all’interno di coppie
omosessuali? Non si sbaglia poi tanto a dire che potremmo
condurre una ricerca con un campione di soggetti adolescenti di
una singola classe di una scuola e generalizzare i risultati a tutti
gli adolescenti delle superiori!
Golberg (2010) raccoglie una bibliografia di studi che sono per
la maggior parte inerenti le coppie di madri lesbiche i cui limiti
statistici – e la conseguente scarsa validità dei risultati – vengono
tenuti in scarsa considerazione6.
Anche gli studi di Gartrell et al. (1996-2006), basati su interviste
alle madri lesbiche, rischiano di apparire poco oggettivi.
Infine, Patterson (2009b): la Patterson stessa, ha dichiarato in
riferimento al suo proprio studio pubblicato sulla rivista American
Psychologist (Patterson, 2009a) “…i campioni studiati, piccoli e non
rappresentativi, e la relativamente giovane età della maggior parte
Lo stesso Goldberg (2015) prende in rassegna gli studi e le ricerche in merito
alle famiglie con genitori gay e lesbiche ne rappresenta i limiti metodologici
delle ricerche esistenti sostenendo però “… i problemi delle dimensioni
ridotte del campione e dell’autoselezione riguardano la gran parte della ricerca in
psicologia” (Golberg, 2015, 25). Tale affermazione non è, secondo la scrivente,
atta a risolvere la questione intrinseca alla validità dei risultati stante che un
campione esiguo può compromettere la credibilità dei risultati dell’indagine;
6
6
dei bambini suggeriscono alcune riserve” ma non solo, lo studio
della Patterson presenta, come da lei stessa ammesso, limiti
sull’ampiezza del campione preso in considerazione (n=44) e, in
passato la Corte della Florida aveva stabilito che: “l’imparzialità
della Patterson è venuta in discussione quando prima del processo si
è rifiutata di consegnare ai suoi legali le copie della documentazione
da lei analizzata negli studi. Questa corte le aveva ordinato di farlo
ma lei ha unilateralmente rifiutato, nonostante i continui sforzi da
parte dei suoi avvocati di raggiungere tale scopo. Entrambe le parti
hanno stabilito che il comportamento della dott.ssa Patterson è una
chiara violazione dell’ordine di questa corte. La dott.ssa Patterson ha
testimoniato la propria condizione lesbica e l’imputata ha sostenuto
che la sua ricerca era probabilmente viziata dall’utilizzo di amici
come soggetti per la sua ricerca. Tale ipotesi ha acquisito ancora più
credito in virtù della sua riluttanza a fornire i documenti ordinati”7.
Nell’articolo preso in esame si fa riferimento anche al contributo
di Biblarz & Stacey (2010) che consentirebbe di affermare che
“… il benessere psicosociale di bambini e adolescenti cresciuti da almeno
un genitore omosessuale poteva considerarsi nella norma, quando non
superiore a quello vissuto da bambini cresciuti in famiglie eterosessuali”.
Il più importante studio condotto sulla tematica è però quello di
Regnerus (2012)8 che di fatto evidenzia che i minori cresciuti
http://www.narth.com/#!narth-and-the-apa---a-brief-history/c226l;
7
Tale studio è stato fortemente criticato dalle lobby gay e lesbiche. L’inchiesta
aperta dall’Università del Texas nei confronti dell’autore per presunte irregolarità
nella ricerca non è proseguita per mancanza di prove a sostegno di tale accusa
(http://www.utexas.edu/news/2012/08/29/regnerus_scientific_misconduct_
inquiry_completed/). Come rilevato dal medesimo autore l’errore è stato quello
di definire “madri lesbiche” e “padri gay” senza conoscere l’orientamento sessuale
ma solo sulla scorta del comportamento sessuale. I dati si riferiscono, quindi, ai
8
7
all’interno di coppie omosessuali hanno un aumento significativo
di problematiche psicofisiche rispetto a figli cresciuti all’interno
delle coppie eterosessuali in accordo anche con i dati ottenuti da
Potter (2012)..
Uno dei principali limiti associati alla ricerca sulle adozioni
omosessuali è il fatto che essa si basa sulla partecipazione
volontaria dei soggetti di contro ad un campionamento casuale
che determina una maggiore affidabilità e validità dei risultati
ottenuti9 nonché, troppo spesso, la esiguità del campione di
riferimento.
In questo panorama, Speranza (2015) cita il contributo redatto
dal National Longitudinal Lesbian Family Study di Gartell &
Boss (2010). Lo studio era condotto su coppie di madri lesbiche
volontarie (quindi la problematica del campionamento permane)
che tra gli anni 1986 e 1992 avevano concepito un bambino tramite
l’inseminazione. Le interviste venivano condotte attraverso la
somministrazione di interviste e della Child Behavior Checklist
in momenti temporali diversi dalla nascita fino all’età adulta
del figlio. Il limite di tale studio è però quello che le interviste
soli genitori che hanno avuto una relazione omosessuale senza ricavare dettagli
quali la durata e le caratteristiche di queste relazioni;
Come evidenziato anche da Sulins (2015c) vi sono forti limiti nell’analisi
statistica nelle ricerche che utilizzano campioni di popolazione reclutati e
non casuali. Il pregiudizio è quello che si arrivi a sottovalutare le difficoltà
psicologiche dei bambini cresciuti in coppie omosessuali proprio per l’errato
campionamento: per questo “gli studi dovrebbero basarsi sui campioni reclutati,
ma rigorosamente casuali. Allo stesso modo le riviste scientifiche o accademiche
dovrebbero astenersi dal pubblicare studi basati su campioni di popolazione reclutati
non anonimi”. Tale aspetto viene comunque ammesso nell’articolo della prof.
ssa Speranza laddove (p. 96) ammette che vi può essere una sopravvalutazione
del benessere dei figli data la partecipazione volontaria agli studi;
9
8
sullo stato di benessere psicologico dei minori, in accordo con
la procedura di somministrazione dello strumento scelto, veniva
stabilito in funzione dei resoconti delle loro madri10. Detto in altri
termini erano le madri a valutare lo stato di presunto benessere
psicofisico dei figli che, loro stesse, stavano crescendo.
Le numerose critiche rivolte a sostenere la presenza di un bias
pro-omosessuale nei risultati che evidenziano un funzionamento
superiore dei figli cresciuti all’interno delle coppie omosessuali
nelle relazioni sociali e nel percorso scolastico traggono origine
proprio da queste scelte metodologiche. Nondimeno, lo stesso
studio evidenzia la presenza di vittimizzazione per atteggiamenti
discrimanti11 nei figli cresciuti da genitori omosessuali. Per ciò che
concerne il percorso scolastico Rosenfeld (2012) aveva osservato
che non vi erano differenze di progressione scolastica tra i figli
cresciuti da coppie omosessuali rispetto a quelli cresciuti da coppie
eterosessuali ma, Allen et al. (2013), riprendendo i medesimi dati
su cui si era basato Rosenfeld, avevano evidenziato i figli cresciuti
all’interno di coppie omosessuali presentavano il 35% in meno di
possibilità di progredire attraverso un percorso scolastico normale
evidenziando le forti limitazioni presenti nello studio precedente.
Uno studio, sempre riferito al percorso scolastico, effettuato da
La Child Behavior Checklist (CBCL/6-18 -- Achenbach & Rescorla, 2001)
è un questionario, compilato dai genitori, che valuta le competenze sociali
e i problemi emotivo-comportamentali di bambini ed adolescenti di età
compresa tra i 6 e i 18 anni;
10
Anche Sullivan (2015a-b) ha evidenziato che i bambini cresciuti con genitori
dello stesso sesso hanno più probabilità di sviluppare problemi emotivi e
scolastici a causa di fenomeni di bullismo e discriminazione posti in essere
dai coetanei. E’ opportuno precisare che qualsiasi forma di discriminazione
non trova, secondo la scrivente, giustificazione;
11
9
Wallen (2013) sul censimento nazionale del Canada del 2006
condotto su circa 2 milioni di adolescenti ha evidenziato che, a
parità di fattori, quelli cresciuti in famiglie omosessuali hanno il
65% di probabilità di diplomarsi rispetto al 100% riscontrato nel
gruppo di controllo costituito da figli di coppie eterosessuali.
L’articolo di Speranza cita anche una serie di istituzioni nazionali
ed internazionali che si sono espresse a favore delle adozioni
all’interno di coppie omosessuali tra le quali l’American Academy
Pediatrics, l’American Psychological Association e l’Ordine
Nazionale degli Psicologi. Non possiamo esimerci dal spendere
due parole anche sotto questo aspetto.
Come detto altrove in questo contributo la posizione
dell’American College of Pediatricians12 discosta da quella
dell’Academy American of Pediatrics, e la posizione dell’American
Psychological Association è stata fortemente criticata dagli ex
Presidenti (Wright & Cunnings, 2005): lo stesso Cunnings
(2005) denunciò che le poche ricerche che sostengono la teoria del
“no differences” oltre a presentare numerose lacune metodologiche,
sembrano rispondere più ad esigenze politiche che a esigenze
scientifiche arrivando ad affermare che “L’APA ha permesso che la
correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e
sull’integrità professionale”13.
12
http://www.acpeds.org/the-college-speaks/position-statements/parentingissues/homosexual-parenting-is-it-time-for-change;
13
http://www.narth.org/docs/cummings.html;
10
Il noto studio APA (2005)14, Lesbian and Gay Parenting a favore
del no differences – da molti proprio citato a sostegno delle adozioni
omogenitoriali - conclude che non esistono studi scientifici che
evidenziano differenze tra bambini cresciuti da coppie omosessuali
rispetto ai bambini cresciuti dalle coppie eterosessuali, ma è
opportuno precisare che esso è stato fortemente criticato da
Marks (2012) per motivi che possono così essere sintetizzati:
a) all’origine dello studio vi è pregiudizio ideologico dal momento
che la principale ricercatrice che si occupa dei pronunciamenti
ufficiali sull’omosessualità è Charlotte Patterson, lesbica e
attivista del movimento LGBT. La Patterson è stata al centro
di controversie giudiziarie che hanno visto il Tribunale della
Florida escludere i risultati di alcune su ricerche per “mancanza
di imparzialità, osservabile nei gravi difetti di campionamento”
(1997, June Amer, Petitioner v Floyd P. Johnson, p.11);
b) nei 59 studi presi in considerazione i campioni dei soggetti
esaminati non sono stati adeguatamente selezionati e
randomizzati;
c) in molti studi il numero dei figli delle coppie omosessuali non
è rappresentativo e rende non affidabili le indagini statistiche
(n<40);
d) sono presenti importanti difficoltà di esame a causa del numero
ridotto del fenomeno e della sua dispersione geografica;
e) delle 59 ricerche visionate n. 26 si limitano a descrivere il
14
Disponibile al link http://www.apa.org/pi/lgbt/resources/parenting-full.pdf;
11
funzionamento all’interno delle famiglie con i genitori dello
stesso sesso senza porsi il problema del confronto. Delle
restanti 33 ricerche che si occupano del confronto n.13 fanno
rientrare nel campione (famiglia eterosessuale) madri single,
ragazze madri, madri divorziate e/o separate mentre n. 20
studi non specificano cosa intendono per famiglia eterosessuale
(si tratta di coppia convivente?; sposata?; formatisi a seguito di
una nuova unione?);
f ) le coppie omosessuali esaminate sono soprattutto coppie
lesbiche, principalmente bianche, istruite e della classe media;
Per ciò che riguarda il comunicato stampa del Presidente del
Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Fulvio Giardina
del 20.09.2014 egli afferma che “la letteratura scientifica e le ricerche
in quest’ambito sono concordi nell’affermare che il sano ed armonioso
sviluppo dei bambini e delle bambine, all’interno delle famiglie
omosessuali, non risulta in alcun modo pregiudicato o compromesso”.
Come dimostrato e come facilmente dimostrabile, le ricerche sul
tema sono varie e, la concordanza dei risultati è proprio ciò che
manca nel dibattito scientifico.
Vengono poi dimenticati i pronunciamenti di altre importanti
istituzioni nazionali che hanno espresso parere totalmente
negativo rispetto alle adozioni omosessuali. Tra queste, la Società
Italiana di Pediatria Ospedaliera (SIPO)15, l’Associazione
Nazionale Sociologi16, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e
15
https://www.youtube.com/watch?v=WWnlEJW0VBU;
16
http://qn.quotidiano.net/cronaca/2013/01/12/828973-coppie-gay-coro-nocontro-sentenza-cassazione.shtml;
12
Sociale17, l’Osservatorio sui diritti dei minori18.
Il giudizio su eventuali provvedimenti giuridici atti all’adozione
omosessuale deve essere corrispondente al primario interesse del
minore e a ciò che garantisce il suo miglior sviluppo psicofisico.
Riassume perfettamente il pensiero della sottoscritta la dichiarazione
di Pessina “Un conto è parlare del riconoscimento di alcuni diritti giuridici
degli omosessuali (che ritengo giusti), un conto è sostenere il diritto ad
avere figli (come se esistesse, poi, questo diritto: nessuno ha diritto a un
figlio, perché i diritti si hanno sulle cose, non sulle persone)”19 .
I diritti si hanno sulle cose, non sulle persone. E’pertanto
necessario approfondire attraverso ulteriori ricerche scientifiche
la problematica in oggetto al fine di, coscientemente, decidere
nell’interesse del minore senza tutelarsi dietro la notevole capacità
di adattamento che, per fortuna, i bambini hanno.
Il dibattito è aperto e, auspicando un confronto scientifico,
laddove le evidenze conducano ad una presa di posizione a favore
delle adozioni alle coppie omosessuali, quale professionista della
salute mentale non posso esimermi dal condividerla.
Allo stato attuale, le evidenze scientifiche, i dati disponibili, sostengono
l’importanza di crescere in una famiglia eterosessuale dove ciascuno,
padre e madre, contribuisce al sano ed armonico sviluppo del minore.
17
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/adozione-ai-gay-figli-disturbati.aspx;
18
http://qn.quotidiano.net/cronaca/2013/01/12/828973-coppie-gay-coro-nocontro-sentenza-cassazione.shtml;
19
http://www.uccronline.it/2012/03/27/psicologi-filosofi-e-giuristi-sioppongono-alle-nozze-gay/;
13
14
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L’Associazione “La Manif Pour Tous Italia” nasce in stretto legame con l’omonima
realtà francese con lo scopo di mobilitare i cittadini italiani di tutte le confessioni
religiose, politiche e culturali e risvegliarne le coscienze in merito alle problematiche
riguardanti le recenti leggi su omofobia e transfobia, teoria del gender, matrimoni
e adozioni a coppie omosessuali. Il suo scopo è garantire la libertà di espressione,
preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto del bambino ad
avere un padre ed una madre.
www.lamanifpourtous.it
[email protected]
Sara Pezzuolo, psicologa Giuridica esperta in
Scienze Criminologiche. Ringrazio il dott. Cristiano
Ciacci, pediatra ospedaliero, per i consigli ed il
materiale fornitomi.
Il dibattito sulle adozioni alle coppie omosessuali è tema
di confronto e scontro tra i professionisti della salute
mentale e non solo. Il presente contributo vuole porre
in evidenza come sia importante, al fine di formarsi
una coscienza informata sull’argomento, che coloro
che si esprimano sulla materia abbiamo un approccio
critico alla problematica analizzando sia gli studi
a favore che gli studi contro le adozioni omosessuali
perché, consapevole degli eventuali limiti degli uni e
degli altri, il pensiero ed il confronto siano costruttivi
e propositivi, ma, soprattutto, guidati dal principio del
miglior interesse del minore.
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