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diritto penale ii
INSEGNAMENTO DI DIRITTO PENALE II LEZIONE IX “LA TRUFFA” PROF. MICHELE DI IESU Diritto Penale II Lezione IX Indice 1 TRUFFA (ART. 640) ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5. 1.6. 1.7. 1.8. 1.9. 1.10. 1.11. 1.12. 1.13. 1.14. 1.15. 1.16. 1.17. 1.18. 2 GENERALITÀ --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 NOZIONE E SCOPO DELLA NORMA --------------------------------------------------------------------------------------- 3 ELEMENTO MATERIALE: A) CONCETTI GENERALI ---------------------------------------------------------------------- 3 CONCETTI DI «ARTIFICI» E «RAGGIRI» E CASI PRATICI ---------------------------------------------------------------- 4 L’INDUZIONE IN ERRORE E IL COMPIMENTO DELL’ATTO DI DISPOSIZIONE PATRIMONIALE ------------------------ 6 IL DANNO PATRIMONIALE. IN PARTICOLARE: IL PROBLEMA DELLA C.D. TRUFFA CONTRATTUALE --------------- 8 L’INGIUSTO PROFITTO ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 ELEMENTO SOGGETTIVO ------------------------------------------------------------------------------------------------ 11 IPOTESI PARTICOLARI DI TRUFFA --------------------------------------------------------------------------------------- 11 TRUFFA PROCESSUALE --------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 TRUFFA NEI RAPPORTI ILLECITI O IMMORALI -------------------------------------------------------------------------- 12 TRUFFA IN DANNO DEGLI ENTI PREVIDENZIALI ----------------------------------------------------------------------- 13 TRUFFA IN DANNO DELLE IMPRESE EROGATRICI DI ENERGIA ELETTRICA ------------------------------------------ 13 TRUFFA CONTRATTUALE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 13 CIRCOSTANZE AGGRAVANTI SPECIALI --------------------------------------------------------------------------------- 13 PENE ED ISTITUTI PROCESSUALI ---------------------------------------------------------------------------------------- 15 DIFFERENZA TRA TRUFFA E REATI AFFINI ----------------------------------------------------------------------------- 15 GIURISPRUDENZA -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17 RICICLAGGIO (ART. 648BIS MODIFICATO DALLA L.9-8-1993, N. 328) ------------------------------------ 22 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 GENERALITÀ E NOZIONE DEL REATO -------------------------------------------------------------------------------------- 22 PRESUPPOSTO PER L’ESISTENZA DEL REATO ------------------------------------------------------------------------------ 22 ELEMENTO MATERIALE ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 23 CONSUMAZIONE E TENTATIVO --------------------------------------------------------------------------------------------- 24 ELEMENTO SOGGETTIVO ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 24 CIRCOSTANZE SPECIALI ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 24 PENA ED ISTITUTI PROCESSUALI -------------------------------------------------------------------------------------------- 25 GIURISPRUDENZA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 25 3 IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITÀ DI PROVENIENZA ILLECITA (ART, 648TER, MODIFICATO DALLA L. 1993, N.328) ---------------------------------------------------------------------------------------- 27 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 NOZIONE E GENERALITÀ ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 27 ELEMENTO OGGETTIVO ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 27 ELEMENTO SOGGETTIVO ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 28 CONSUMAZIONE E TENTATIVO --------------------------------------------------------------------------------------------- 28 AGGRAVANTE ED ATTENUANTE SPECIALI --------------------------------------------------------------------------------- 28 PENA ED ISTITUTI PROCESSUALI -------------------------------------------------------------------------------------------- 28 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 28 Diritto Penale II Lezione IX 1 Truffa (Art. 640) 1.1. Generalità Col reato di truffa (art. 640) inizia il 2° capo del titolo XIII del 2° libro del codice penale, relativo ai Delitti contro il patrimonio mediante frode (artt. 640-648). 1.2. Nozione e scopo della norma Commette il delitto in esame chiunque, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Il nucleo essenziale del delitto è, dunque, l’inganno, sulla cui base la vittima viene indotta dall’agente a compiere un atto, positivo o negativo, che comporta una diminuzione del suo patrimonio, e che non avrebbe compiuto senza la frode dell’agente. Scopo della norma è, quindi, la tutela della libertà del consenso nei negozi patrimoniali (così espressamente ANTOLISEI, la dottrina e la giurisprudenza dominanti). 1.3. Elemento materiale: a) concetti generali Il delitto di truffa costituisce un tipo di reato difficile da provare in concreto, sia perché abbraccia una serie di figure tra loro dissimili, sia perché l’arguzia del truffatore è così sottile e smaliziata che l’inquirente è costretto, il più delle volte, ad indagare sulle intenzioni dell’agente più che sulla materialità del fatto. In materia di truffa, infatti, spesso l’indagine si basa sulle recondite intenzioni dell’agente più che sulla sua condotta, spesso apparentemente conforme alle regole di buona fede, e ciò spiega le enormi difficoltà che si presentano nell’accertamento ditale reato. Il delitto di truffa consta di quattro elementi: 1. una particolare condotta fraudolenta posta in essere dall’agente e concretantesi nei c.d. artifici o raggiri; 2. l’induzione in errore della vittima come conseguenza degli artifici o raggiri; 3. il compimento da parte della vittima di un atto di disposizione patrimoniale a seguito della detta induzione in errore; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 28 Diritto Penale II Lezione IX 4. un danno patrimoniale derivato alla vittima con conseguente ingiusto profitto per 1’agente o per altra persona. Ciascuno di questi quattro elementi verrà esaminato accuratamente nei paragrafi che seguono. 1.4. Concetti di «artifici» e «raggiri» e casi pratici La truffa presuppone una condotta fraudolenta consistente nell’ ottenere la cosa altrui o, comunque, nel conseguire un ingiusto profitto con altrui danno mediante artifici o raggiri; in particolare: l’artificio si sostanzia nel far apparire come vera una situazione non riscontrabile nella realtà; il raggiro consiste in un discorso o ragionamento teso a produrre un falso convincimento nella vittima. In definitiva: l’artificio opera sulla realtà esterna; il raggiro direttamente sulla psiche dell’ingannato (ANTOLISEI, MANZINI, MARINI). Si discute se la menzogna, il silenzio e la reticenza costituiscano o meno condotta fraudolenta. Con riferimento alla menzogna, dottrina e giurisprudenza rispondono in senso positivo, affermando che l’artificio e il raggiro di cui parla l’art. 640 non consistono soltanto in una particolare, sottile e astuta messa in scena, essendo sufficiente a concretarli qualsiasi simulazione o dissimulazione o qualsiasi subdolo espediente posto in essere per indurre taluno in errore, per cui anche la semplice menzogna, quando sia architettata e presentata in modo tale da assumere l’aspetto della verità e da indurre in errore il soggetto passivo, può integrare l’elemento materiale del reato di truffa (Cass. 14414985 e, in dottrina, ANTOLISEI, MARINI, SAMMARCO). Così ragionando, si ritiene possano considerarsi penalmente rilevanti anche il silenzio e la reticenza quando si concretino nella violazione di uno specifico obbligo giuridico di comunicazione (così Cass. 16-34990; 12-9- 1991) ovvero del generale principio di buona fede. In dottrina, invece, MANZINI ritiene che il semplice silenzio non costituisca artificio o raggiro, neppure nel caso in cui l’agente che serbò il silenzio aveva l’obbligo giuridico di parlare. ANTOLISEI, a sua volta, ritiene che la menzogna non deve consistere in uno di quegli inganni che sono soliti in certi ambienti e che la coscienza sociale giudica sì riprovevoli, ma come Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 28 Diritto Penale II Lezione IX semplici scorrettezze (esempio: rnagnificare eccessivamente le qualità di un prodotto posto in vendita). Sulla base dei concetti sopra esposti di artifici, raggiri, menzogne, silenzio e reticenza, la giurisprudenza ha ritenuto sussistere la truffa nei seguenti casi: nel caso di chi contratta sotto il falso nome di un facoltoso commerciante e rilascia, poi, a pagamento della merce, cambiali falsamente domiciliate; nel caso di chi, qualificandosi semplice propagandista di una merce, fa firmare alla vittima un contratto di acquisto della merce stessa rassicurandolo che così facendo non assume nessun impegno; nel caso di chi rilascia un assegno a vuoto dopo aver ripetutamente assicurato la vittima sulla sua solidità economica (Cass. 6-10-1984): è giurisprudenza pacifica, invero, che in materia di assegno bancario il semplice rilascio di un assegno a vuoto o postdatato non costituisce di per sé artificio o raggiro idoneo ai fini della sussistenza del delitto di truffa occorrendo anche che la consegna del titolo sia preceduta o accompagnata da una maliziosa condotta dell’agente ovvero da una macchinazione comunque idonea a trarre in inganno il prenditore del titolo (così Cass. 23-10-1984; 26-6-1985); nel caso di chi si presenti come dipendente di un istituto di assicurazioni ed usando moduli e stampati di questo, tragga in inganno altri facendosi consegnare somme in pagamento. di premi di assicurazioni stipulate con lo stesso istituto assicuratore; nel caso di chi, profittando dell’erronea intestazione dei buoni di consegna e serbando ‘maliziosamente il silenzio su alcune circostanze che aveva l’obbligo di far conoscere, si fa consegnare beni cui non ha diritto; nel caso di chi usi abusivamente il telefono altrui per comunicazioni personali, inducendo in errore con false giustificazioni delle telefonate stesse il titolare dell’ apparecchio tenuto al pagamento del costo delle telefonate; nel caso del debitore esecutato che, inducendo in errore l’ufficiale giudiziario che procede al pignoramento col fargli credere che il bene da pignorare appartiene ad un terzo, ottiene che il bene stesso non venga pignorato; nel caso di chi si fa consegnare somme per spese di lite e compensi professionali, adducendo di essere un legale mentre era stato cancellato dall’albo; nel caso di chi, simulando amore per una donna e promettendole di sposarla, riesca a carpirle del denaro; nel caso di chi, in compravendite successive di merci, dapprima fa acquisti per modesti importi pagandoli regolarmente, così da ingenerare nel venditore l’erroneo convincimento di trovarsi di fronte ad un contraente solvibile e degno di credito, e quindi faccia uno o più acquisti di importo notevole che poi non provveda a pagare (Cass. 7-5-1983, n. 4275); nel caso di chi dichiari falsamente di avere un determinato reddito al fine di essere ammesso a godere di un dato beneficio (Cass. 30-1-1982, n, 970); nel caso di un medico che presenti all’istituto previdenziale col quale è convenzionato notule Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 28 Diritto Penale II Lezione IX per prestazioni effettuate da altri per ottenerne il pagamento; nel caso di un legale il quale ottenga da un cliente un mandato ad litem mediante raggiri, e cioè facendogli credere, contrariamente al vero, essere imminente l’asportazione dei beni ad opera dell’ufficiale giudiziario (Cass. 30-1-1982, n. 970); nel caso di chi si presenti alle vittime in abiti talari ovvero accompagnato da bambini malvestiti o finga pianto e disperazione ovvero insceni svenimenti al solo scopo di simulare uno stato di bisogno e, quindi, di suscitare nell’animo delle vittime sentimenti di pietà al fine di raccogliere somme di denaro come obolo (Cass. 16-12-1981, n. 11121). Gli artifici o i raggiri devono mirare ad indurre taluno in errore, tuttavia, 1’ art. 640 non richiede 1’ idoneità ingannatoria dei mezzi adoperati dall’ agente. Al proposito, la giurisprudenza ritiene che tale’ idoneità non vada valutata in astratto bensì in concreto, avendo cioè riguardo alla particolare situazione di fatto, alle modalità di esecuzione del reato allo stato psichico ed intellettuale della vittima (così Cass. 27-7-1990). A ben guardare, il problema assume rilevanza solo in caso di tentativo in quanto, nell’ipotesi di truffa consumata, l’idoneità ingannatoria della condotta si rinviene nel fatto stesso del reato (così Cass. 7-12-1990). La dottrina è generalmente orientata nel senso della giurisprudenza (ANTOLISEI, ANGELOTTI). MARINI, tuttavia, pur accettando la tesi della concreta induzione in errore della vittima, precisa che un mezzo ingannatorio eccessivamente grossolano, cioè tale da indurre in errore solo una persona particolarmente ingenua, non può mai essere considerato artificio o raggiro. Nello stesso senso si è pronunciata anche la Cassazione (Cass. 20-2-1987, n. 2315). In senso difforme, invece, è MANZINI per il quale l’idoneità va accertata anche quando il reato è stato consumato, e non va valutata in concreto bensì in astratto, nel senso che l’effetto deve risultare raggiunto con un mezzo che appaia ingannatorio non solo rispetto alla persona di cui in concreto si tratta, ma rispetto alla generalità, sia pure considerata per categorie anziché nel suo complesso. Nello stesso senso di MANZINI si è pronunciato DE MARSICO. 1.5. l’induzione in errore e il compimento dell’atto di disposizione patrimoniale Gli artifici od i raggiri usati dall’ agente devono avere come conseguenza l’induzione in errore della persona, consistente nella positiva certezza da parte di quest’ultima dell’esistenza di una Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 28 Diritto Penale II Lezione IX situazione che in realtà non esiste L’ inganno posto in essere dal soggetto attivo non viene eliminato per il solo fatto che l’induzione in errore sia stata facilitata dalla leggerezza di colui al quale i ‘inganno era rivolto (così MANZINI e ANTOLISEI) È, altresì, giurisprudenza costante che il delitto di truffa è ravvisabile anche nel caso in cui la persona indotta in errore non si identifichi col danneggiato. Nello stesso senso in dottrina sono MARINL MANZINI e ANTOLISEI. ANTOLISEI, in particolare, precisa che «soggetto passivo dell’inganno non puo essere una persona qualsiasi, ma chi si trovi in una situazione giuridica tale da poter compiere l’atto di disposizione patrimoniale e; quindi, oltre al titolare del diritto, colui che lo rappresenta, colui che ha il possesso della cosa, e così via. È evidente che se fosse ingannato un estraneo non di truffa potrebbe parlarsi, ma di furto o di appropriazione indebita, e l’ingannato assumerebbe la figura di autore mediato ai sensi dell.’ art. 48». È altresì pacifico che il delitto di truffa non viene meno per il fatto che sia stata la stessa vittima a rivolgersi al colpevole, poiché l’iniziativa di quest’ultimo non è indispensabile all’esistenza del reato, bastando che il soggetto abbia determinato o rafforzato l’errore in cui la vittima si trova. Diverso è, invece, il caso in cui il soggetto si sia limitato semplicemente a sfruttare l’errore in cui si trovava l’altro soggetto, errore non da lui determinato né da lui rafforzato: in tal caso, siamo fuori dal reato di truffa e chi ha sfruttato l’errore non potrà essere chiamato a risponderne Discusso è il problema se all’errore possa essere equiparata la completa ignoranza ai fini del delitto in esame. In genere prevale, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la tesi negativa sulla considerazione che essa psicologicamente è una «non realtà» (cosi PEDRAZZI). In tale ottica, ed in pratica applicando il principio, già ricordato, per cui la truffa è da escludere nel caso di semplice sfruttamento dell’errore altrui, ricorda DE MARSICO che una cosa è acquistare come agricolo un terreno sfruttando l’ignoranza del suo proprietario in merito all’approvazione di un nuovo piano regolatore che lo classifica edificatorio ed altra cosa è, invece, far credere al proprietario, con menzogna o con falsi documenti, che il nuovo piano regolatore non è stato ancora né sarà mai approvato. A seguito dell’errore cagionato dall’ artificio o raggiro, la vittima deve compiere un atto di disposizione patrimoniale è questo che ANTOLISEI chiama il requisito tacito della truffa, l’elemento cioè non espressamente previsto dalla norma incriminatrice ma implicitamente supposto. Perché si abbia truffa occorre che vi sia un effettivo nesso di causalità fra gli artifici o raggiri, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 28 Diritto Penale II Lezione IX l’errore e la determinazione del consenso del truffato all’atto dispositivo. Tale flesso causale deve essere concretamente accertato. L’atto dispositivo può avere ad oggetto qualsiasi elemento dei patrimonio, e quindi non solo beni mobili, ma anche beni immobili e diritti, sia reali che di credito. È fuori dubbio, poi, che la disposizione patrimoniale può avere anche carattere omissivo, come ad esempio la mancata riscossione di un credito o il mancato esercizio di un diritto a seguito del raggiro. 1.6. Il danno patrimoniale. In particolare: il problema della c.d. truffa contrattuale L’atto dispositivo compiuto dalla vittima come conseguenza dell’induzione in errore, dovuta agli artifici o raggiri, deve procurare alla stessa un danno patrimoniale. Tale danno deve avere, per concorde dottrina (cfr. MANZINI e ANTOLISEI) e secondo la prevalente giurisprudenza, sempre natura patrimoniale: la sua essenza è costituita non solo dalla perdita di un bene patrimoniale, ma anche dal mancato acquisto di una utilità economica che il soggetto passivo si riprometteva dalla prestazione carpitagli. Il danno, inoltre, può ravvisarsi in qualsiasi atto dispositivo del patrimonio che il soggetto passivo non avrebbe compiuto se non indottovi con la frode. È con riferimento all’ipotesi di danno patrimoniale che si pone il dibattuto problema della c,d, truffa contrattuale, che ricorre quando l’agente, mediante artifici o raggiri posti in essere nel momento della formazione di un negozio giuridico, induca la vittima a conclude- re il negozio stesso. Se non v’è dubbio che il reato sussiste in tutte quelle ipotesi in cui la vittima, a seguito dell’ artiticio o raggiro, abbia concluso il contratto a condizioni per lui sfavorevoli e che non avrebbe accettato senza la frode dell’altro contraente, si discute se sia ravvisabile ugualmente la truffa nel caso in cui la vittima abbia corrisposto il giusto prezzo della cosa acquistata. Al riguardo la Cassazione è orientata in senso molto rigoroso, e sostiene che «nel caso di truffa contrattuale, la sussistenza dell’ingiusto profitto e del danno non è esclusa dal fatto che il raggirato abbia corrisposto il giusto prezzo della cosa fornitagli dal soggetto passivo, quando risulti che la cosa stessa non sarebbe stata da questo acquistata senza gli artifici ed i raggiri messi in essere dall’imputato» (così Cass. 8-5-1987, n. 5705). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 28 Diritto Penale II Lezione IX In dottrina, ANTOLISEI ritiene che «vi è danno, malgrado la obiettiva equivalenza della controprestazione, se questa non è utilizzabile dall’interessato». Dopo aver aderito, nelle precedenti edizioni di questo Manuale, ad una tesi «oggettiva» del danno e, quindi, escluso la configurabilità del delitto nel caso in cui vi sia equivalenza tra prestazione e controprestazione, anche se al contratto il soggetto era stato indotto dagli artifici o raggiri altrui, riteniamo, melius re perpensa, preferibile la tesi giurisprudenziale e di ANTOLISEI, in quanto scopo della norma è, come detto, la tutela della libertà del consenso nei negozi patrimoniali, bene questo che è offeso per il solo fatto che il soggetto sia stato indotto, con l’inganno, a prestare il proprio consenso, fatto questo che già costituisce per lui danno economicamente valutabile. Sempre connesso alla truffa contrattuale è un altro problema, e cioè quello della configurabilità del reato nel caso di rapporti di durata in cui, anziché nella fase della stipula, l’inganno si realizzi nella fase di esecuzione del contratto ed abbia per risultato il permanere o la rinnovazione del contratto, contratto che altrimenti, senza inganno, sarebbe stato risolto. Sulla configurabilità della truffa anche nel caso in cui l’induzione in errore avvenga, anziché al momento della stipula, nel corso della esecuzione del contratto, la giurisprudenza appare uniformemente orientata in senso affermativo (così, ad esempio, Cass. 10-7-1974 n. 4846 e Cass. 21-9-1988, n. 9323). Più di recente il Pretore di Venezia, con la sentenza 25 ottobre 1995, ha ritenuto la sussistenza del reato nel caso del titolare di una impresa di pulizie che, esibendo false attestazioni di regolarità nei versamenti dei contributi dovuti per i propri dipendenti, aveva ottenuto di proseguire nel contratto stipulato con un ente pubblico, contratto che invece, per legge, sareb6e stato risolto senza l’artifizio, Tale tesi, sostenuta peraltro proprio da chi scrive nella veste di pubblico ministero all’udienza, appare senz’altro condivisibile. 1.7. L’ingiusto profitto Al danno della vittima deve corrispondere un ingiusto profitto per l’ingannatore o per altri. In ordine al profitto, è pacifico in dottrina e in giurisprudenza che esso, a differenza del danno, si realizza ogni qual volta il soggetto attivo consegua, per effetto dell’attività fraudolenta espletata e della induzione in errore della vittima, l’acquisizione di una qualsiasi utilità, patrimoniale o non Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 28 Diritto Penale II Lezione IX (così Cass. 3-6-1983; 20-12-1992 e, in dottrina, MANZINI e ANTOLISEI; contra, però, il MARINI per il quale anche il profitto, come il danno, deve avere carattere economico). È necessario, però, che il profitto sia ingiusto. Secondo ANTOLISEI è ingiusto il profitto «che non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, tutelato dall’ ordinamento giuridico». Secondo MANZINI il profitto è ingiusto «quando l’utilità, nella quale si concreta, non è e non può ritenersi dall’agente a lui dovuta». In tema di ingiusto profitto la giurisprudenza ha ritenuto sussistere la truffa nei seguenti casi: • nel caso di chi si procura, con artifici o raggiri, un atto di quietanza che non gli spetti; • nel caso di chi promette, senza effettuano, un finanziamento facendosi rilasciare dei titoli di credito che possa poi scontare; • nel caso di chi si fa rilasciare un qualunque titolo di credito, stante la possibilità del prenditore di utilizzarlo; • nel caso dei c.d. pataccari, i quali fanno credere alla vittima che l’oggetto, venduto a prezzo vile, sia di metallo prezioso ovvero che la moneta falsa «casualmente rinvenuta tra resti archeologici» sia autentica; • nel gioco delle c.d. tre carte o tre tavolette, quando il gioco stesso è truccato (se manca la frode, infatti, ricorre solo la contravvenzione prevista dall’ art. 718); • nel fatto di chi, inducendo in errore la pubblica amministrazione con la presentazione di certificati falsi, si fa assumere in un impiego: in tal caso, infatti, l’indebito profitto costitutivo del delitto di truffa è dato dall’avere l’agente ottenuto, fraudolentemente, l’assunzione in servizio, percependo i relativi emolumenti pur non avendone diritto, a nulla rilevando se a tale indebita percezione non si siano aggiunti altri specifici danni a carico dell’ente per l’attività esplicata dal soggetto; • nel fatto di chi, esibendo false attestazioni doganali dalle quali risulti l’esportazione di merqe all’estero mai avvenuta, si sottragga al pagamento delle relative imposte. Il delitto di truffa si consuma nel momento in cui l’agente consegua l’ingiusto profitto con altrui danno, anche se tale profitto non corrisponda in toto alla previsione o alla finalità dell’agente. Se, dunque, la consumazione del reato richiede un’effettiva, concreta e definitiva lesione del patrimonio, ove a seguito di artifici o raggiri la vittima contragga un’obbligazione a donare un bene economico, il reato si consuma solo con l’adempimento dell’obbligazione, non realizzandosi alcun Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 28 Diritto Penale II Lezione IX pregiudizio patrimoniale prima ditale momento (così Cass. 29-11998, n. 1136). Inoltre, la giurisprudenza ha sostenuto che il reato in esame non è escluso dalla mancanza di diligenza, controllo o verifica da parte della vittima, soprattutto considerando che il truffatore ingenera in essa un sentimento di fiducia (nei propri confronti) che ben può giustificare un’attenzione attenuata (così Cass. 26-4-1993). Il tentativo è configurabile (sull’idoneità degli atti si veda quanto detto alla lettera D). 1.8. Elemento soggettivo Il dolo nella truffa sta nella volontarietà del fatto, nella cosciente direzione della condotta a trarre in inganno la vittima ed a determinare, con tale mezzo, la disposizione patrimoniale da un lato ed il profitto dall’altro. L’agente, quindi, deve volere non solo la propria azione, ma anche l’inganno della vittima, come conseguenza della sua azione, la disposizione patrimoniale, come conseguenza dell’inganno, e, infine, la realizzazione del profitto proprio o altrui e del danno della vittima (così espressamente ANTOLISEI). Il dolo, naturalmente, deve accompagnare tutto l’iter criminoso, dall’inizio alla fine, per cui un dolo solo successivo (come nel caso di chi approfitta dell’errore in cui è caduto per propria esclusiva colpa la stessa vittima) non basta (ANTOLISEI , DE MARSICO). Il dolo è escluso, oltre che dall’errore di fatto, dalla mancata consapevolezza del carattere frodatorio del mezzo usato, dell’ ingiustizia del profitto o del danno che ne deriva (ANTOLISEI). Così, ad esempio, secondo ANTOLISEI dovrà essere escluso il dolo nel caso del taumaturgo che creda di possedere realmente poteri soprannaturali; della persona che ritenga di avere diritto alla somma carpita con l’inganno; del contraente che giudichi l’affare proposto alla controparte, per quanto aleatorio, di possibile riuscita e, quindi, non pregiudizievole per lui. 1.9. Ipotesi particolari di truffa Questioni particolari sorgono con riguardo all’ammissibilità di alcuni tipi peculiari di truffa: in particolare, si discute sulla c.d. truffa processuale, sulla truffa nei rapporti illeciti o immorali, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 28 Diritto Penale II Lezione IX sulla truffa in danno degli enti previdenziali e sulla truffa in danno dell’ENEL; esaminiamole. 1.10. Truffa processuale Con l’espressione truffa processuale ci si riferisce a tutti quei casi in cui una delle parti di un giudizio civile, inducendo in inganno il giudice con artifici o raggiri, ottenga o tenti di ottenere una sentenza o un provvedimento a lui favorevole e, quindi, dannoso per la controparte. Discussa è l’ammissibilità ditale tipo di truffa. Ritiene ANTOLISEI che l’art. 374 riguardi ipotesi particolari e non abbracci tutti i casi di possibile truffa processuale; conclude, pertanto, l’Autore per 1’ ammissibilità della truffa processuale (così anche MARINI). In senso contrario è, invece, la restante dottrina e la giurisprudenza la quale ritiene inammissibile la truffa processuale dal momento che il legislatore ha predisposto un’ apposita fattispecie incriminatrice che, punendo date condotte tese ad ingannare il giudice (art. 374:frode processuale), esclude sia la rilevanza penale che la configurabilità della truffa in presenza di comportamenti fraudolenti ai danni di un organo giurisdizionale realizzati con modalità difformi da quelle di cui all’art, 374; 1.11. Truffa nei rapporti illeciti o immorali Dottrina (MANZINI, ANTOLISEI) e giurisprudenza sono concordi nel ritenere ammissibile la truffa nei rapporti illeciti o immorali. Si osserva, infatti, che nel caso in cui il truffato, caduto in errore a causa degli artifici o raggiri dell’agente, sia stato spinto da fini illeciti, non viene meno né l’ingiustizia del profitto che altri traggono mediante inganno, né il danno altrui, che costituiscono l’elemento materiale del reato di truffa. Né viene meno quella esigenza della protezione del patrimonio e della libertà del consenso nei negozi patrimoniali che costituisce l’oggettività giuridica del reato di truffa. La riprova dell’ammissibilità ditale tipo di truffa la si trova nel fatto che è lo stesso art. 640 che ipotizza come truffa aggravata il fatto commesso col pretesto di fare esonerare taluno dal servizio militare. Così, commette truffa la persona che facendosi credere pubblico ufficiale si fa dare dalla vittima una somma per farsi corrompere; come commette truffa chi, spacciandosi per tenutario di un bordello, si fa dare soldi con la promessa, non mantenuta, di far avere al truffato rapporti con prostitute. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 28 Diritto Penale II 1.12. Lezione IX Truffa in danno degli enti previdenziali In materia di contributi assicurativi, è dottrina e giurisprudenza pacifica che l’alterazione dei registri e dei documenti speciali che l’imprenditore periodicamente trasmette agli istituti assicurativi può dar luogo, concorrendo gli altri requisiti di legge, oltre alle sanzioni previste dalle leggi speciali, anche al reato di truffa in danno degli enti stessi. Riteniamo al riguardo che sia ravvisabile il reato di truffa, in danno sia degli enti previdenziali che dei marinai imbarcati, nel fatto di quegli armatori che, nascondendo le proprie navi sotto le c.d. bandiere ombra, omettono di assicurare i marinai imbarcati sulle navi stesse. 1.13. Truffa in danno delle imprese erogatrici di energia elettrica Ricorre senz’altro il reato di truffa nel caso in cui l’agente, con mezzi fraudolenti come calamite o altri sistemi, altera il contatore dell’energia elettrica facendo in modo che lo stesso registri un quantitativo di energia elettrica inferiore a quello consumato ovvero demarchi il contatore, in modo da farlo retrocedere provocando l’alterazione dei numeri già segnati (in tale ultimo senso MANZINI, il quale però esclude la truffa e configura il furto nel caso in cui il contatore venga messo in grado di registrare una quantità minore di energia rispetto a quella consumata) (Cass. 12-10-1989). Costituisce, invece, senz’altro ipotesi di furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento, e non truffa, il c.d. ponte al contatore, cioè l’allacciamento diretto della rete privata alla rete pubblica. ed escludendo del tutto il contatore dalla registrazione (PECORELLA, Cass. 23-3-l92). 1.14. Truffa contrattuale Si veda quanto detto alla precedente lettera F). 1.15. Circostanze aggravanti speciali Ai sensi del capoverso dell’art, 640, la truffa è aggravata: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 28 Diritto Penale II Lezione IX se il fatto è commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico. La ragione ditale aggravante sta nel fatto che all’ordinaria lesione giuridica propria del delitto di truffa si aggiunge quella di interessi della pubblica amministrazione (Cass. 3-7-1990). Per l’individuazione della categoria degli enti pubblici si veda il nostro Manuale di Diritto Amministrativo. Va qui sottolineato che la Suprema Corte ritiene sussistere l’aggravante in esame in caso di truffa compiuta ai danni della Comunità economica europea (CEE) che deve essere considerata come un ente pubblico del nostro ordinamento, oltre che di quello comunitario (Cass., Sez. un., 15-3-1996, n. 2780). È stata ritenuta altresì sussistente 1’aggravante in esame: • nel caso di chi si sia fatto assumere da un ente pubblico presentando documenti falsi; • nel caso di chi abbia esibito al personale ferroviario un biglietto di viaggio alterato; • nel caso di chi, per percepire contributi dell’Ente Comunale di Assistenza, abbia dichiarato falsamente di trovarsi nelle condizioni previste dalla legge; • se il fatto è commesso col pretesto di far esonerare qualcuno dal servizio militare. Secondo la giurisprudenza e la dottrina (MANZINI) sussiste tale aggravante anche nel caso in cui chi ha pagato aveva diritto, per legge, all’esonero dal servizio militare; se il fatto è commesso in generando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità. Si ha il delitto di truffa aggravata dal fatto di ingenerare nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario allorché il colpevole, prospettando il pericolo come una eventualità obiettiva, faccia uso solo di artifici o raggiri senza però costringere la volontà della vittima, altrimenti ricorre il reato di estorsione (Cass. 16-3-1990). Il pericolo, in ogni caso, deve essere immaginario, perché la rappresentazione di un pericolo reale, prossimo o remoto che sia, non integra l’aggravante (così MANZINI). Sussiste, invece, la seconda aggravante prevista dal numero in esame quando l’agente abbia ingenerato nella persona offesa il convincimento di dover obbedire all’ordine dell’autorità mediante un raggiro attraverso il quale la persona offesa è stata tratta in errore. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 28 Diritto Penale II 1.16. Lezione IX Pene ed istituti processuali Le pene edittali per la truffa semplice sono previste all’art. 640 c.p. si consulti il codice penale. Si procede d’ufficio in caso di truffa aggravata; a querela in caso di truffa semplice. La competenza è in ogni caso del Pretore. Le misure cautelari personali non sono consentite per la truffa semplice mentre lo sono per quella aggravata; l’arresto in flagranza è sempre facoltativo; il fermo non è mai consentito. Alla truffa semplice sono applicabili le sanzioni sostitutive ex artt. 53 e segg. L. 689/91. 1.17. Differenza tra truffa e reati affini La truffa presenta notevoli affinità con molteplici altri reati; esaminiamone le differenze. Truffa e peculato Il peculato è una forma particolare di appropriazione indebita caratterizzata dal fatto di essere commessa da un pubblico ufficiale. La distinzione tra truffa e peculato sta nel fatto che mentre nel .peculato il possesso è anteriore alla condotta delittuosa, nella truffa è successivo a tale condotta, è un effetto della condotta stessa (così PANNAIN). Truffa e frode nell’esercizio del commercio L’elemento differenziale fra le ipotesi delittuose di frode in commercio e di truffa è costituito dal quid pluris dell’artificio o raggiro che nel reato di truffa si aggiunge alla materialità del reato previsto dall’art. 515. Ricorre, quindi, truffa e non frode nell’esercizio del commercio quando il venditore si sia avvalso di mezzi artificiosi per trarre in inganno l’acquirente inducendolo ad accettare prestazioni diverse da quelle pattuite. Truffa e furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento il criterio distintivo tra i due reati sta nel modo in cui il colpevole ottiene il possesso della cosa: in caso di truffa, la cosa gli è data volontariamente dalla vittima, indotta dall’errore che ne vizia la volontà, mentre nel furto è ottenuta contro la volontà del soggetto passivo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 28 Diritto Penale II Lezione IX Truffa ed estorsione Si veda quanto detto a riguardo dell’estorsione. Truffa e insolvenza fraudolenta Il reato di truffa ha in comune con quello di insolvenza fraudolenta il fine del conseguimento di un ingiusto profitto, ma se ne differenzia per le modalità dell’azione criminosa, infatti: nella truffa la frode viene perpetrata mediante simulazione di circostanze espressamente poste in essere per indurre altri in errore; nell’insolvenza fraudolenta, invece, l’ingiusto profitto viene conseguito mediante dissimulazione del proprio stato di insolvenza, dissimulazione che consiste in una azione di occultamento che non raggiunge l’intensità di un vero e proprio raggiro. Truffa e malversazione Come ha precisato la Suprema Corte (cfr. Cass. 10-1-1985, n. 192), allorché la malversazione era figura autonoma, non ancora assorbita dall’art. 314, nuovo testo, il criterio differenziale tra la truffa e la malversazione risiede non già nella precedenza cronologica dell’appropriazione rispetto al falso, bensì nel modo in cui l’agente viene in possesso del denaro di cui si appropria, possesso che, nella malversazione, deriva dalla ragione di ufficio e, quindi, preesiste alla illecita conversione del danaro in profitto proprio, mentre nella truffa, consegue all’azione (artifici e raggiri) dell’agente. Truffa e appropriazione indebita Nell’appropriazione indebita l’agente devolve a proprio profitto, o a profitto di altri, denaro o cose mobili di cui egli legittimamente in possesso intervertendo,z6ioè, il titolo del possesso. Nella truffa, invece, l’agente si procura l’ingiusto profitto inducendo altri in errore, mediante artifici o raggiri, e si fa consegnare dalla vittima la cosa su cui prima non aveva alcun potere. Truffa e millantato credito Si discute se tra. il millantato credito e la truffa vi sia o meno differenza, Secondo ANTOLISEI, il millantato credito è una figura speciale di truffa, con la conseguenza che i due reati non possono concorrere in quanto il primo assorbe il secondo; nello stesso senso di ANTOLISEI si sono pronunciati anche MARINI ed il PETRONE. Secondo MANZINI e la giurisprudenza (Cass. 24-4-1985, n. 3905), invece, i due reati differirebbero sia per l’oggetto giuridico (onore e prestigio della RA. nel millantato credito, patrimonio nella truffa), sia per il soggetto passivo (la RA. nel primo, il truffato nel secondo) sia per l’elemento materiale (per la truffa sono richiesti gli artifici ed Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 28 Diritto Penale II Lezione IX i raggiri, che possono mancare nel millantato credito), sia, infine, per il conseguimento di un ingiusto profitto (che è elemento essenziale nella truffa e meramente eventuale nel millantato credito); dalle differenze dei due reati deriva che se in uno stesso fatto sono ravvisabili gli estremi della truffa e del millantato credito, l’agente risponderà di due reati in concorso (Cass. 19-1-1987, n. 470). Truffa e frode comunitaria ex art. 2 L. 23-12-1.986, n. 898 Come ha precisato la Suprema Corte (Cass. 15-3-1996, n. 2780), il reato di frode Comunitaria ha natura sussidiaria rispetto a quello di truffa (aggravata) in quanto presuppone che il soggetto si sia limitato semplicemente all’esposizione di dati e notizie false, senza che ricorrano artifici e/o raggiri, in presenza dei quali risulta integrato il reato di truffa aggravata. 1.18. Giurisprudenza Le dichiarazioni menzognere ben possono costituire raggiro ed integrare l’elemento materiale del delitto di truffa quando sono presentate in modo tale da indurre in errore il soggetto passivo di cui viene carpita la buona fede (Cass. 14-11-1985, n. 10628). Ricorre il delitto di truffa anche quando la condotta dell’agente si esplica in un contegno capace di in generare errore per omessa rivelazione di circostanze che si ha l’obbligo di riferire perché in tal caso l’errore in cui viene a cadere il soggetto passivo è conseguenza diretta del preordinato inganno dell’agente (fattispecie relativa ad omessa comunicazione, da parte di assegnatario di alloggio IACP, della cessazione delle condizioni legittimanti la permanenza nella titolarità del rapporto di assegnazione) (Cass. 16-3-1990, n. 3685). In tema di truffa, qualora sia accertato il nesso di causalità tra i ‘artificio o il raggiro e l’altrui induzione in errore, non è necessario stabilire se i mezzi usati siano, in astratto, genericamente idonei a trarre in errore, se in concreto essi si siano dimostrati idonei; l’eventuale difetto di diligenza della persona offesa (nella specie, relativa ad esposizione di disco-contrassegno falsificato in un autoveicolo, dei competenti organi di controllo) non vale ad elidere la sussistenza del reato (Cass, 15-1-1990, n. 297). È configurabile il reato di truffa, nella specie contrattuale, quando il «dolus in contrahendo» si manifesta attraverso artifici o raggiri che, intervenendo nella formazione del negozio, inducono la controparte a prestare il proprio consenso e cioè quando sussiste un rapporto immediato di causa ad Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 28 Diritto Penale II Lezione IX effetto tra il mezzo o l’espediente fraudolentemente usato dall’agente e il consenso ottenuto dal soggetto passivo, sì che questo risulta viziato nella sua libera determinazione (nella specie, la parte offesa, fornitrice all’ingrosso di carne, non si era vista saldare il proprio credito dall’imputato, all’esito della relativa prestazione, la quale faceva parte di un regolare rapporto commerciale sempre onorato dall’imputato stesso. La Corte ha escluso la sussistenza della truffa, confermando la sentenza di secondo grado che aveva assolto l’imputato perché il fatto non costituisce reato, in quanto la parte offesa si era determinata alle conclusioni del contratto di fornitura non per le iniziali ostentazioni di ricchezza dell’imputato, ma solo a seguito delle positive informazioni bancarie ricevute, rivelatesi esatte in un primo tempo e che tale comportamento prudenziale aveva continuato a tenere nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale, escludendo, così, che l’artificio posto in essere dall’agente all’inizio delle trattative fosse idoneo a suggestionare o in qualche modo influenzare la libertà del consenso della parte offesa) (Cass. 17-2-1987, n. 2041). Ricorrono gli estremi della truffa contrattuale tutte le volte che uno dei contraenti pone in essere artifizi o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto (nella specie, relativa a ritenuta responsabilità di titolari di centro diagnostico medico e laboratorio di analisi, erano stati posti in essere artifizi o raggiri diretti a dissimulare cause dì incompatibilità poste dalla legge a precisa salvaguardia dei diritti degli assistiti e degli enti preposti e a comprovare, mediante false attestazioni, come proprie, prestazioni compiute da altri. Tali circostanze, ove conosciute, avrebbero costretto 1’U.S.L. ad astenersi dal concludere convenzioni e comunque, in ogni caso, ad astenersi dal corrispondere i compensi relativi, ottenuti mediante frode) (Cass, 8-5-1987, n. 5585). In tema di truffa cosiddetta contrattuale (cioè commessa mediante o in occasione dell’apparente conclusione di un contratto sinallagmatico) la sussistenza del danno patrimoniale non è limitata all’ipotesi di palese squilibrio fra i valori delle controprestazioni ma si estende a quella dell’equivalenza fra il valore della cosa ricevuta e il prezzo pagato a seguito della conclusione del negozio per effetto dell’errore indotto mediante artifizi o raggiri; in tal caso, il danno derivante dallo scambio di un bene con un altro e rappresentato dal pregiudizio di ordine economico, per il soggetto passivo, rappresentato dall’acquisto di cose non indispensabili, anteponendo, nella gerarchia dei valori e nella priorità delle esigenze cui destinare il danaro disponibile, l’acquisto di cose prive di concreta utilità nei confronti di più urgenti necessità da soddisfare (Cass. 2-4-1974, n. 2704). danno nella cosiddetta truffa contrattuale (o commessa mediante la conclusione di un contratto), Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 28 Diritto Penale II Lezione IX sussiste non solo quando vi sia una sproporzione di valori tra prestazione e controprestazione, ma anche quando, nonostante l’equilibrio tra le stesse, la cosa acquistata dal raggirato sia da lui inutilizzabile in tutto o in parte ovvero sia priva di effettivo valore, e la vittima si sia determinata a atto pregiudizievole di disposizione patrimoniale in base ad un erroneo convincimento in ordine alla reale situazione di fatto, formatosi per effetto dell’errore ingenerato dall’agente con gli artifici o i raggiri (Cass. 27-4-1974, n. 3270). In tema di truffa contrattuale, l’induzione in errore, mediante raggiro o artifizio, sussiste non solo quando il contraente pone in essere, originariamente, l’attività fraudolenta, ma anche quando il di lui comportamento, diretto ad ingenerare errore, si manifesti successivamente, nel corso cioè dell’esecuzione contrattuale, in rapporto di causalità con il verificarsi del danno e dell’ingiusto profitto (Cass. 21-9-1988, n. 9323). Configura il delitto di truffa aggravata ai sensi dell’art, 640 nn. 1 e 61 nn, 9 e li ilfatto del pubblico funzionario che abbandona il posto clandestinamente, celandolo a chi avrebbe dovuto esserne al corrente, per compiere un’attività incompatibile, nell’orario impegnato, con le incombenze sue proprie, inducendo in tal modo la pubblica amministrazione a ritenere erroneamente che le mansioni proprie del suo dipendente fossero da questi regolarmente espletate e che, quindi, avesse titolo alla retribuzione (fatti specie di prestazione d’opera da parte di medico dipendente da amministrazione comunale a favore di un laboratorio diagnostico privato in orari nei quali risultava in servizio presso il suo ufficio al comune) (Cass. 30-1-1990,n. 1121). L’elemento soggettivo del delitto di truffa è costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l’inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall’agente come conseguenze possibili, anziché certe della propria condotta, e tuttavia accettato nel loro verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio; per cui è priva di rilevanza la specifica finalità del comportamento o il motivo che ha spinto l’agente a realizzare l’inganno (Cass. 20-11992, n. 470). Integra un’ipotesi di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640 cpv. n. 2 c.p. l’induzione alla sottoscrizione di abbonamento ad una rivista specializzata in materia tributaria, ottenuta ingenerando il timore, per quanto immaginario, di un accertamento fiscale in caso di rifiuto (Cass. 16-3-1990, n. 3694). La differenza tra il reato di truffa aggravata dall’ingenerato timore di un pericolo immaginario e quello di estorsione non sta nell’effettiva sussistenza del male minacciato — immaginario nella truffa, concreto e realizzabile nell’estorsione — ma nella circostanza che nella Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 28 Diritto Penale II Lezione IX truffa il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente od indirettamente da chi lo prospetta, di talché l’offeso non è coartato nella sua volontà, ma si determina perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente, mentre nell’estorsione il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, sicché, l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso condanna per tentata estorsione aggravata, l’imputato, che mediante una lettera e successiva telefonata aveva minacciato il sequestro di uno dei due figli della persona offesa se questa non avesse pagato 40 milioni di lire, aveva sostenuto che il fatto andava qualificato come tentativo di truffa aggravata, poiché non sarebbe esistito alcun progetto di rapimento) (Cass, 30-1-1990, n. 1074). In tema di appropriazione di denaro della PA. mediante falso, la distinzione tra peculato e truffa non va ravvisata nella precedenza cronologica dell’appropriazione rispetto al falso o viceversa, ma nel modo in cui il pubblico ufficiale viene in possesso del denaro di cui si appropria. Pertanto sussiste peculato quando l’agente fa proprio il denaro della PA,, di cui abbia il possesso per ragioni del suo ufficio o servizio, mentre vi è truffa qualora il pubblico ufficiale, non avendo tale possesso, si sia procurato fraudolentemente, con artifici e raggiri, la disponibilità del bene oggetto della sua illecita condotta. Più in particolare, ricorre il peculato e non la truffa quando l’artifizio o il raggiro o la falsa documentazione siano stati posti in essere non per entrare nel possesso del pubblico denaro ma per occultare la commissione dell’illecito (Cass. 23-2-199 1, n. 2439). Deve rispondere di truffa e non di furto aggravato dal mezzo fraudolento l’utente che, immobilizzando o ritardando nel suo movimento, con un congegno, il disco rotante sito all’interno del contatore e collegato alle cifre numeriche indicanti il consumo, evitandone la registrazione, abbia sottratto all’ente erogatore un certo quantitativo di energia elettrica (Cass. 12-10-1989). Il reato di cui all’art. 12 della legge 5 luglio 1991, n. 197 (indebita utilizzazione di carte di credito o di pagamento) concorre materialmente con quello di truffa (art. 640 cod. pen.). L’elemento oggettivo del primo, infatti, è costituito dall’uso indebito, in mancanza di titolarità, di carte di credito o di pagamento, a prescindere dal conseguimento di un profitto e dal verificarsi di un danno e non comporta il coinvolgimento dal soggetto passivo. Il secondo, invece, richiede gli artifizi o i raggiri dell’agente e l’induzione in errore del soggetto passivo e si consuma nel momento del conseguimento del profitto con altrui danno (Cass. 6-7-1995, n. 1221). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 28 Diritto Penale II Lezione IX Il criterio distintivo tra i due reati di truffa commessa ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario e di estorsione, va individuato nel diverso atteggiamento psicologico dei soggetti passivi nel sottomettersi all’ingiusto danno: il reato di truffa sussiste quando il male minacciato viene ventilato come passibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente, da chi lo prospetta, sicché la persona offesa si determina perché il tratto in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente; si ha il delitto di estorsione, invece, quando il colpevole incute, da solo o con altri, il timore di un pericolo che fa apparire certo e proveniente da lui stesso o da altra persona a lui legata da un qualunque rapporto, di talché la persona offesa viene posta di fronte all’alternativa di adempiere all’illecita richiesta o di subire il male minacciato (Cass. 22-5-1995, n. 5845). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 28 Diritto Penale II Lezione IX 2 Riciclaggio (Art. 648bis modificato dalla L.9-81993, n. 328) 2.1 Generalità e nozione del reato L’art, 4 della L. 9-8-1993, n. 328 ha modificato l’art, 648bis, già introdotto dal D.L. 21-31978, n. 59 e modificato dalla L, 19-3-1990, n. 55, adeguandone il testo alla convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reati fatta a Strasburgo l’8 novembre 1990. Per effetto ditale ultima modifica risponde di riciclaggio chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Per espressa disposizione dell’ultimo comma dell’art, 648bis, il delitto in esame sussiste anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto. Scopo della norma è quello di impedire che, una volta verificatosi un delitto, persone diverse da coloro che lo hanno commesso o hanno concorso a commetterlo possano, con la loro attività, trarre vantaggio dal delitto medesimo o aiutare gli autori ditale delitto ad assicurarsene il profitto e, comunque, ostacolare con 1’ attività di riciclaggio del danaro o dei valori, 1’ attività della polizia giudiziaria tesa a scoprire gli autori del delitto. L’art. 648bis fonda, quindi, una fattispecie plurioffensiva in quanto è posta sì a tutela del patrimonio, ma anche dell’amministrazione della giustizia e dell’ordine pubblico. 2.2 Presupposto per l’esistenza del reato Presupposto dell’esistenza del reato è che anteriormente ad esso sia stato commesso un altro delitto non colposo al quale, però, il riciclatore non abbia partecipato in nessuna delle forme in cui può configurarsi il concorso di persone nel reato e, quindi, non solo materialmente ma neppure Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 28 Diritto Penale II Lezione IX istigando al reato o promettendo, prima della sua commissione, la successiva propria attività di riciclaggio. Al riguardo va rilevato che mentre il vecchio tèsto dell’art. 648bis prevedeva ben precise ipotesi di reato presupposto (rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione e delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope) per cui il riciclaggio era configurabile solo quando il danaro o i valori provenivano da tali delitti, il nuovo testo, invece, colpisce qualsiasi attività di riciclaggio, qualunque sia il delitto da cui il danaro o i valori provengano, purché doloso. Tale scelta legislativa si spiega per la necessità di potenziare gli strumenti di cui i’ ordinamento dispone per combattere la criminalità organizzata la cui attività presenta, come uno dei momenti fondamentali, quello della c.d. pulitura del provento del reato. 2.3 Elemento materiale La condotta può atteggiarsi in due modi, e cioè: nel sostituire o trasferire danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo È il caso di chi, ad esempio, esporta all’estero il danaro o valori e li cambia con moneta o valori diversi. È irrilevante, naturalmente, che il denaro venga cambiato con altro danaro o con beni diversi e che i beni vengano cambiati con altri beni o con denaro: il reato sussiste in ogni caso (così, ad esempio, risponde del reato l’impiegato di banca che ritira il danaro e poi, tramite una filiale estera della banca, acquista all’estero beni mobili). Nel compiere operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del danaro, dei beni o delle altre utilità. In questa seconda forma il reato punisce tutte quelle attività di c.d, ripulitura di beni, del danaro sporco o dei valori di provenienza illecita, attività che hanno lo scopo, appunto, di far perdere le tracce dell’illiceità della provenienza delittuosa di essi. Occorre rilevare come la dottrina e la più recente giurisprudenza, dopo una prima applicazione limitata al denaro ed ai valori, stanno ora applicando le norme anche agli altri beni, configurando così il reato in esame e non quello di ricettazione nei casi di vendita di veicoli cui siano stati contraffatti i dati identificativi del motore o cui siano state apposte targhe di pertinenza di altri veicoli (così Cass, 21-6-1997, n. 3373). In sostanza, si può dire che oggi, per effetto delle riforme introdotte prima dalla L. 19-3- 1990, n. 55 e poi dalla L, 9-8-1993, n. 321, il reato di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 28 Diritto Penale II Lezione IX riciclaggio colpisce qualsiasi forma di reinvestimento, comunque realizzato, dei profitti illeciti, qualunque sia il delitto doloso da cui essi provengono. 2.4 Consumazione e tentativo Il delitto si consuma con la sostituzione o il trasferimento del danaro, dei beni o delle utilità indicate ovvero col compimento di una qualsiasi altra operazione tendente ad ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è configurabile il tentativo. 2.5 Elemento soggettivo Il dolo richiesto per la punibilità è generico, e consiste nella coscienza e volontà dell’agente di compiere l’attività di sostituzione o trasferimento o l’operazione di c,d, «ripulitura» con la consapevolezza della provenienza da delitto doloso del danaro, del bene o dell’ altra utilità. Al dolo diretto è equiparato il dolo eventuale per cui se l’agente, pur non sapendolo direttamente, si è prospettata la possibilità che il danaro, i beni o le utilità da riciclare provengano da delitto doloso e, nonostante ciò, ha ugualmente compiuto il fatto materiale, così accettando il rischio di incorrere nelle sanzioni previste dall’art, 648bis, risponderà senz’altro ditale delitto a titolo di dolo eventuale. 2.6 Circostanze speciali Ai sensi del secondo comma dell’ art. 648bis, come modificato dalla ricordata L. 328/93, la pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. Ai sensi del terzo comma, la pena è diminuita se il danaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Ai sensi dell’art, 6 del DL 13-5-1991, n. 152, convertito in L 12-7-1991, n. 203, le pene stabilite per il delitto in esame sono aumentate da un terzo alla metà, se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione. Alla pena è sempre aggiunta una Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 28 Diritto Penale II Lezione IX misura di sicurezza detentiva. 2.7 Pena ed istituti processuali La pena è della reclusione da 4 a 12 anni e della multa da due a trenta milioni, Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale [Tribunale collegiale]. Le misure cautelari personali sono applicabili; l’arresto in flagranza è facoltativo; il fermo è consentito. 2.8 Giurisprudenza In tema di riciclaggio stante la fungibilità del danaro, non può dubitarsi che il deposito in banca di danaro «sporco» realizzi automaticamente la sostituzione di esso, essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di danaro depositato (Cass. 24-11-1986, n. 13155). In tema di «riciclaggio del denaro», il termine «proveniente» contenuto nel contesto dell’ari 648bis cod. pen., non è da intendersi nel suo significato letterale più stretto, bensì, in un senso più lato, comprensivo di ogni ipotesi nella quale sia da riconoscersi la imminenza della provenienza del danaro da quei delitti, per la inidoneità dei precedenti sistemi usati a fargli perdere siffatto carattere (Cass. 12-6-1987, n. 7382). In tema di riciclaggio (art. 648bis cod. pen.) la scienza dell’agente in ordine alla provenienza dei beni da determinati delitti può essere desunta da qualsiasi elemento e sussiste quando gli indizi in proposito siano così gravi ed univoci da autorizzare la logica conclusione della certezza che i beni ricevuti per la sostituzione siano di derivazione delittuosa specifica, anche mediata (Cass. 258-1995, n. 9090). Alla stregua dell’attuale formulazione dell’ari 648bis cod. pen., secondo cui il reato di «riciclaggio» ivi contemplato può avere ad oggetto, oltre al denaro, anche «beni o altre utilità» che, al pari del denaro, provengano da delitto non colposo, deve ritenersi che sussista il detto reato e non quello di ricettazione semplice di cui all’ ari 648 cod. pen. (rispetto al quale il primo si presenta con carattere di specialità), nel caso in cui taluno, ricevuta anche una sola autovettura di provenienza delittuosa, vi apponga, allo scopo di ostacolare l’accertamento ditale provenienza, targhe di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 28 Diritto Penale II Lezione IX pertinenza di altro veicolo (Cass. 21-6-1997, n. 3373). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 28 Diritto Penale II Lezione IX 3 Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (Art, 648ter, modificato dalla L. 1993, n.328) 3.1 Nozione e generalità L’art. 5 della ricordata L. 3 28/93 ha modificato anche 1’ art. 648 ter, introdotto dalla L. 19 marzo 1990, n. 55 punendo «chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 e 648bis, impiega in attività economiche ofinanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto». Si tratta di una fattispecie che si differenzia dall’ipotesi del riciclaggio poiché, mentre quest’ultimo prevede la sostituzione, il trasferimento o le operazioni di ostacolo alla identificazione delle provenienze illecite, la figura in esame punisce l’impiego in attività economiche o finanziarie. In sostanza, il legislatore ha voluto punire anche quelle attività mediate che non sostituiscono immediatamente i beni provenienti da alcuni gravi delitti, ma che comunque contribuiscono alla «ripulitura» degli illeciti capitali, e all’arricchimento delle holdings mafiose, colpendo così una serie di attività di investimento apparentemente legali che in realtà costituiscono sicuri serbatoi in cui immettere il danaro proveniente da attività criminose, oltre che paraventi dietro i quali nascondere repentini arricchimenti. Tali settori di investimento possono essere i più vari: dagli appalti, al commercio, alle concessioni, alle attività di gioco e scommesse e persino all’assistenza sanitaria (case di cura, laboratori di analisi). 3.2 Elemento oggettivo Si tratta di un reato a condotta indefinita potendo l’impiego delle risorse di illecita provenienza in attività economiche o finanziarie essere realizzato in qualsiasi modo. Avuto riguardo alla «ratio» ditale disposizione, il termine impiego va inteso in senso restrittivo, quale sinonimo di investimento, per tale intendendosi «l’utilizzazione a fini di profitto», con carattere di continuità (parlando, infatti, la norma di «attività» restano escluse le operazioni a carattere occasionale e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 27 di 28 Diritto Penale II Lezione IX sporadico) (così FIANDACA, COLOMBO). 3.3 Elemento soggettivo Il dolo richiesto è generico, e cioè sufficiente che colui che impiega il danaro, i beni o le altre attività sia consapevole che questi provengano da un delitto. 3.4 Consumazione e tentativo Non è necessario che l’attività economica o finanziaria dia un corrispettivo, cioè che risulti in attivo, essendo sufficiente il primo impiego del denaro dei beni o delle altre utilità, indipendentemente dal risultato attivo o passivo ditale impiego. Il tentativo è ammissibile. 3.5 Aggravante ed attenuante speciali La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’ attività professionale. La pena è, invece, diminuita se il danaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Trova anche qui applicazione l’aggravante introdotta dal D.L, 13-5-199 1, n. 152 (lett. F) del precedente paragrafo). 3.6 Pena ed istituti processuali La pena è della reclusione da 4 a 12 anni e della multa da euro 1032,00 a euro 15493,00. Si procede d’ufficio e la competenza è ‘del Tribunale [Tribunale collegiale]. Sono applicabili le misure cautelari personali; l’arresto in flagranza è facoltativo, il fermo è consentito. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 28 di 28