Comments
Transcript
Italo Calvino rivisitato. Lezioni americane ed
Faculiteit Letteren en Wijsbegeerte Tesi di laurea 2007-2008 Italo Calvino rivisitato. Lezioni americane ed engagement Eline Renard Master Italiaans-Nederlands Promotor: Prof. dr. S. Verhulst Letteratura italiana Premessa Vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta ed aiutata durante la lavorazione di questa tesi. Grazie alla loro collaborazione sono riuscita a portare a termine con successo questo lavoro. Innanzitutto, vorrei ringraziare la Prof. dr. Sabine Verhulst che mi ha dato l’opportunità di scrivere una tesi su Italo Calvino e mi ha lasciato una grande libertà nella scelta delle tematiche. Grazie per il Suo supporto e la Sua pazienza. Un’altra persona che mi ha molto incoraggiata e aiutata è Sarah Decombel a cui sono molto riconoscente per la sua assistenza e pazienza. Ci sono ancora tantissime persone a cui sono grata per il loro aiuto e il loro supporto: I miei genitori, la mia matrigna, mio fratello, la mia sorellastra e il mio fratellastro che hanno cercato di aiutare dove potevano. Mattias, la persona in cui ho sempre trovato conforto. I miei amici e le mie amiche che non mi hanno visto tanto ultimamente, ma hanno comunque continuato a incoraggiarmi fino all’ultimo giorno. Francesca e Elisa, le mie più care amiche italiane che hanno sempre cercato di rispondere a tutte le mie domande. In breve, ringrazio tutte le persone che mi stanno a cuore e che mi hanno aiutata, incoraggiata e sostenuta. Grazie a loro, ho potuto concludere al meglio questa tesi. Indice Introduzione ........................................................................................................................ 1 Capitolo 1: Lezioni americane............................................................................................ 6 1.1 Che cosa sono le Lezioni americane ? .......................................................................... 6 1.2 Engagement nelle Lezioni americane......................................................................... 13 Capitolo 2: Engagement e Rapidità/Visibilità ................................................................. 17 2.1 Impegno politico e sociale ......................................................................................... 18 2.1.1 Impegno e fiction in Il sentiero dei nidi di ragno ................................................ 19 a) Il realismo fiabesco.................................................................................................. 20 b) Perché Pin? ............................................................................................................. 23 c) Rapidità in Il sentiero dei nidi di ragno.................................................................... 27 d) Visibilità in Il sentiero dei nidi di ragno .................................................................. 29 2.2 Punto di svolta: aumento graduale dell’impegno letterario e enfasi sul fantastico ....... 32 2.2.1 Fiction e impegno in Il barone rampante ........................................................... 33 a) Impegno politico? ........................................................................................... 35 b) Il setting fantastico ......................................................................................... 36 c) Impegno letterario e la posizione dello scrittore .............................................. 39 d) Rapidità e Visibilità in Il barone rampante ..................................................... 41 Capitolo 3: Rapidità e Visibilità come strumenti di analisi............................................. 44 3.1 Rapidità ..................................................................................................................... 45 3.2 Visibilità ................................................................................................................... 51 Capitolo 4: Rapidità e Visibilità applicate a due opere calviniane ................................. 57 4.1 Fiabe italiane - Rapidità ............................................................................................ 57 4.2 Le Cosmicomiche - Visibilità ..................................................................................... 66 Conclusione ....................................................................................................................... 74 Bibliografia ........................................................................................................................ 77 Introduzione Italo Calvino è indubitabilmente considerato tra i più grandi scrittori del Novecento letterario italiano. Egli ricopre una posizione unica nel panorama italiano per la varietà della sua opera, la sua evoluzione poetica e la sua voce particolare predominante nei dibattiti e nelle polemiche letterarie del Novecento. In questa tesi si toccheranno alcuni temi chiave per l’intera opera calviniana. Si cercherà di seguire e capire certi cambiamenti di poetica, rispecchiati in alcuni romanzi di Calvino. Tale operazione si potrebbe definire un’analisi retrospettiva, dato che ha trovato il suo punto di partenza nell’ultima opera che Calvino ha scritto durante la sua vita, le Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio. Questa opera ricopre una posizione chiave nella sua attività di scrittore, anche poiché in essa Calvino ha l’ultima possibilità di esporre le sue preferenze a riguardo della letteratura e della poetica. Il lavoro presente si è concentrato su due lezioni in particolare, Rapidità e Visibilità. Calvino valuta questi due valori in base alla (propria) letteratura fantastica. Proiettando le due lezioni sulle sue opere precedenti, si è osservato che la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono effettivamente più esplicitamente presenti nelle opere in cui la componente fantastica domina sulla componente realistica.1 A seconda vista si è notato un altro fattore considerevole nelle Lezioni americane, il fatto che Calvino commenti e critichi alcuni aspetti della cultura e della società attuale, alla luce dei valori vantati. Alla dimensione letteraria, in cui lo scrittore cerca di additare le qualità letterarie indispensabili nella prospettiva del prossimo millennio, si aggiunge quindi una dimensione sociale, culturale e critica che rivela un certo grado di impegno in Calvino. Per questo motivo si è anche esaminato nel lavoro presente, l’engagement, ossia l’impegno2 in Calvino, mediante alcune delle sue opere. A scanso di equivoci si chiarirà il concetto di impegno, le forme derivate, impegno politico e sociale e impegno letterario, e altri termini e concetti a cui si richiamerà nel corso del lavoro presente. 1 Si intende il termine «fantastico» semplicemente come la variante aggettivale di «fantasia» e «realistico» come la variante aggettivale di «realtà» senza che si riferisca alla corrente artistica chiamata Realismo. 2 I termini «engagement» e «impegno» sono intercambiabili . Si alternano senza nessuna implicazione di significato. 1 Impegno si presenta come un termine problematico per due ragioni notevoli. In primo luogo, Jennifer Burns ha osservato che il concetto di impegno, non si è mai fissato nella letteratura come dogma chiaro e preciso.3 Il termino arrivò in Italia nel 1946 mediante la rivista Politecnico in cui era pubblicata la presentazione di un’altra rivista Les temps modernes diretta dal grande filosofo, scrittore e esistenzialista francese Jean-Paul Sartre.4 In questo manifesto Sartre usava il termine engagement con cui indica, secondo Giuseppe Petronio: «un modo di porsi di fronte alla vita e all’arte del tutto antitetico a quello che lui [Sartre] chiamava “borghese” e “analitico”, quello che in Italia era stato teorizzato dai rondisti, e poi dagli ermetici e da ogni altro gruppo o genere di formalisti»5 Secondo Sartre lo scrittore doveva respirare l’aria dell’epoca in cui viveva e identificarsi con essa. L’impegno di cui parlava, aveva innanzitutto un carattere filosofico. In questo senso Petronio precisa: «l’impegno era una scelta di vita, una visione del mondo e quindi anche del compito che è assegnato a chi scrive, e dunque anche una poetica»6. In secondo luogo si deve tener presente che il termine engagement, ossia impegno, racchiude forme svariate di impegno: s’intende l’impegno politico e sociale ma anche l’impegno letterario. Visto che il concetto di impegno arriva in Italia durante il periodo tumultuoso del dopoguerra, la natura filosofica del termine è stata sostituita da una natura politica e sociale. Di solito, quando si usa il termine impegno in contesti letterari, si intende l’impegno politico e sociale degli anni quaranta e cinquanta, collegato alla corrente del neorealismo7. Gli scrittori che aderivano all’impegno politico e sociale cercavano di rappresentare nei loro scritti la realtà attuale e di raggiungere attraverso le loro opere un pubblico non esclusivamente letterario, allo scopo di cambiare il mondo degradato in cui vivevano8: «Raccontare dunque non sé ma il mondo, il “reale”: per conoscerlo, per rendersi conto di quanto era successo, per cambiarlo»9 e «”utilizzare” il linguaggio per trasformare la parola in “azione”, cosicché la letteratura acquisiti rilievo dinamico nel conflitto sociale»10. Nel corso degli anni cambiò qualcosa, in particolare per Calvino: egli non si accontentava più di riconoscere e capire il mondo, ma si rende conto, come precisa la Burns, che tra 3 J. Burns, Fragments of impegno, Leeds, Northern University Press, 2001, p. 37. G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1994, p. 23. 5 Ivi, p. 24. 6 Ivi, p. 26, corsivo suo. 7 Per una descrizione di “neorealismo” vedi p. 16 della tesi. 8 G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 27, 35. 9 Ivi, p. 28. 10 V. Roda (a cura di), Manuale di italianistica, Bologna, Bononia University Press, 2005, p. 324. 4 2 conoscere il mondo reale e poter cambiarlo vi è un’immensa differenza.11 Il mondo reale non gli bastava più e Calvino attenua la sua ambizione di risolvere i problemi del mondo attuale tramite la letteratura. In un saggio del 2000, la Burns osserva: «His believe that literature can act to solve social problems has diminished, but he retains none the less a faith in the power of literature to educate people in their attitude towards those problems»12 Calvino non perde mai la sua fiducia nella forza della letteratura, una fiducia che ritornerà poi nella sua opera finale, Lezioni americane. Tuttavia, l’urgenza di rappresentare la realtà in modo realistico, si placa e da ora in poi Calvino inizia a scrivere opere in cui la componente fantastica predomina e comincia inoltre a interessarsi nella teoria letteraria.13 Calvino si fa problemi di natura teoretica e formale, questioni letterarie e formali che lo preoccupavano e che Petronio descrive come “formalistiche”: «l’artista che cerca tormentosamente le parole (e i metri, le figure retoriche, i modi narrativi, le mille e mille diavolerie) che gli sono necessarie per dire le cose che vuole dire»14 Da quel momento, Calvino non riesce più a liberarsi di questi problemi e di queste idee e comincia a affrontarlinei suoi romanzi. Lo scrittore riesce più adeguatamente a trasmettere il suo messaggio in una letteratura in cui la componente fantastica domina e integra certi questioni letterari nelle sue opere come si vedrà ne Il barone rampante. D’ora in avanti, non si può più parlare di impegno politico e sociale ma di impegno letterario, visto che considera la letteratura nella letteratura. Tuttavia, si deve sottolineare che queste due forme di impegno non si escludono, però una delle due si presenta generalmente come dominante. Nel lavoro presente si usa anche il termine fiction. L’uso di questo termine avviene sempre in relazione con la componente fantastica. Al fine di non creare confusione, si deve interpretare fiction nel senso di «genere letterario (…) che si basa sulla narrazione di fatti inventati»15. Dal momento in cui la componente fantastica prevale su quella realistica, ci si è permesso di indicare l’opera esaminata come un esempio di fiction. Visto che nelle lezioni Rapidità e Visibilità Calvino si riferisce principalmente a esempi di letteratura fantastica, si è creato un legame tra la presenza di elementi di rapidità e di visibilità e la letteratura fantastica. Di seguito si proverà a trovare tali elementi di rapidità e di visibilità ne Il sentiero 11 J. Burns, Fragments of impegno, cit., p. 23. J. Burns, «Telling Tales about “Impegno”: Commitment and Hindsight in Vittorini and Calvino», The Modern Language Review, 2000, 4, p. 1002. 13 Ibidem. 14 G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 42. 15 M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Bologna, Zanichelli, 2006, p. 701. 12 3 dei nidi di ragno del 1947, un’opera che appartiene al periodo neorealista di Calvino e ne Il barone rampante del 1957, un’opera scritta durante il periodo in cui Calvino si allontanava dal neorealismo e integrava sempre più elementi fantastici nella sua letteratura. Si cercherà poi di approfondire e analizzare le lezioni, Rapidità e Visibilità, per applicarle rispettivamente a due opere calviniane: il lavoro di riscrittura di fiabe, Fiabe italiane, e un’opera del 1965, Le Cosmicomiche. Dato che si toccherà nell’analisi della Visibilità il tema dell’immaginazione, conviene chiarire brevemente il concetto di immaginazione come verrà usato nel terzo capitolo e indicare la differenza tra immaginazione e fantasia. A prima vista entrambi i termini sembrano riferirsi allo stesso significato, cioè la capacità di «rappresentarsi oggetti non forniti allo stato attuale dalla sensazione, oggetti che non sono presenti davanti a noi nel momento in cui vi entriamo in rapporto»16 Nonostante questa prima impressione, i due termini non si possono usare con lo stesso significato. Vi è una differenza fondamentale per cui i due termini non si possono usare indifferentemente. La maggiore differenza, come indica Christophe Bouriau17, sta nel fatto che nel concetto di immaginazione si trovi l’idea di “formare qualcosa”, un’idea che non viene implicata dal concetto di fantasia.18 Il fatto che nell’immaginazione si cerca di “formare qualcosa” indica che si è guidati dalla ragione e che si prende di mira uno scopo mentre la fantasia non sia guidata o controllata dalla ragione ma si manifesta piuttosto come una caratteristica del sogno.19 La ragione fondamentale per cui si affronta nella lezione sulla visibilità il concetto di immaginazione e non quello di fantasia è che «dans le terme d’imagination, il y a l’idée d’une “vision”: une chose est en vue, au moins sous forme d’ébauche, et c’est cette vue qui va guider le travail de l’artiste ou de l’artisan. Le terme fantaisie en revanche n’implique pas l’idée d’une chose en vue (à réaliser)»20 La ragione e «la “vision” d’une chose en image»21 fanno dell’immaginazione quello che Calvino indica come il «pensare per immagini»22. 16 M. Sanna, Immaginazione, Napoli, Alfredo Guida, 2007, p. 8. C. Bouriau, Qu’est-ce que l’imagination ?, Paris, Librairie Philosophique J. Vrin, 2003. 18 Ivi, p. 43. 19 Ivi, p. 42-43. 20 Ibidem. 21 Ibidem. 22 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Oscar Mondadori, 2002, p. 103,corsivo suo. 17 4 Nel primo capitolo si parlerà dunque delle Lezioni americane in generale. Nella prima parte del capitolo si tratterà l’intenzione alla base dell’opera saggistica dello scrittore, verranno esposte le quattro interpretazioni dell’opera formulate da Wladimir Krysinski e si affronterà il tema dell’incompiutezza delle Lezioni americane. In seguito si descriveranno le diverse rielaborazioni strutturali dell’opera rivelate da Mario Barenghi e si passerà in rassegna le lezioni che non verranno esaminate in maniera approfondita: Leggerezza, Esattezza e Molteplicità. La seconda parte del capitolo sarà poi dedicata al tema dell’engagement nelle Lezioni americane. Il secondo capitolo è diviso in due parti. In primo luogo si analizzerà il romanzo con cui Calvino ha esordito, Il sentiero dei nidi di ragno, alla luce dell’impegno politico e sociale. Si inizierà con la presentazione della tematica principale del romanzo, la Resistenza, per poi rivelare come e perché Calvino ha innestato una componente fiabesca nel suo romanzo neorealistico. In seguiti si focalizzerà l’attenzione sul protagonista e sulla componente autobiografica dell’opera. In conclusione verranno riferiti alcuni elementi di rapidità e di visibilità ritrovati in questo romanzo. Nella seconda parte del capitolo si tenterà di dimostrare l’aumento graduale dell’impegno letterario e la maggiore presenza di elementi fantastici nelle opere di Calvino a partire dalla stesura de I nostri antenati. Analizzando Il barone rampante si vedrà che l’engagement in questo romanzo è di stampo completamente differente di quello costatato ne Il sentiero dei nidi di ragno. Si indicheranno alcuni resti dell’impegno sociopolitico e i loro significati. Di seguito si esaminerà il setting nel romanzo e il paragone tra la posizione e il punto di vista del barone rampante e quello del poetascrittore. Per concludere si analizzeranno gli elementi di rapidità e di visibilità in questo romanzo. Nel terzo capitolo verranno prese in esame due Lezioni americane: Rapidità e Visibilità. Si cercherà di analizzare e approfondire le due lezione in tal modo che potranno servire come strumenti di analisi nel capitolo finale. L’ultimo capitolo sarà dedicato all’applicazione delle due lezioni, esaminate nel capitolo precedente, a due opere calviniane. Si tratta quindi di un’analisi retrospettiva: tramite la conoscenza acquisita dall’analisi delle due lezioni si cercherà di rintracciare la realizzazione di entrambi i valori. Si applicherà la lezione sulla rapidità alle Fiabe italiane e si concluderà con l’analisi de Le Cosmicomiche alla luce della lezione sulla visibilità. 5 Capitolo 1 : Lezioni americane 1.1 Che cosa sono le Lezioni americane ? Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio è l’ultima opera di Italo Calvino. L’autore ci ha lavorato fino all’ultimo giorno della sua vita. Fu pubblicata postuma, prima in inglese, Six memos for the next millennium, e di seguito, con modificazioni e rielaborazioni condotte da Mario Barenghi, in italiano nel maggio del 1988 presso l’editore Garzanti di Milano.1 Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio è l’opera che Calvino ha scritto come risposta all’invito dell’Università di Harvard a Cambridge nel Massachusetts. Calvino fu invitato, primo fra gli scrittori italiani, a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures per l’anno accademico 1985-1986. Si era impegnato, in maniera quasi ossessiva, come testimonia sua moglie Esther Calvino2, nello spiegare ed illustrare i sei valori letterari che secondo lui andavano conservati nel millennio seguente. Nei suoi appunti Mario Barenghi ha sottolineato la cura e l’attenzione meticolosa con cui l’autore ha scelto, organizzato ed esemplificato i valori adeguati per il prossimo millennio : la leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza. Le prime cinque lezioni furono scritte in Italia, mentre Calvino aveva progettato di scrivere la sesta ed ultima lezione, Consistency, in loco. Poco prima di partire per gli Stati Uniti fu colpito da infarto e morì nella notte tra il 18 e il 19 settembre. Di conseguenza la sua poetica non fu mai completata. Per via della morte precoce dello scrittore il libro è spesso stato accolto presso la critica come il testamento letterario di Italo Calvino. Dopo una grande carriera come scrittore e saggista, le Lezioni americane sono state percepite come testo chiave per comprendere appieno l’intera opera calviniana3, essendo questa l’ultima opera in cui Calvino delinea le sue convinzioni poetiche. Le Lezioni americane formano un unicum per il modo disteso ed elaborato in cui lo scrittore passa in rassegna le proprie opere narrative.4 1 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. V. Ibidem. 3 De Caprio, Caterina e Olivieri, Ugo Maria (a cura di), Il fantastico e il visibile, Napoli, Libreria Dante e Descartes, 2000, p. 64. 4 C.R. Frisch, «Review: Six memos for the next millennium», MLN, 1989, 1, p. 262-263. 2 6 L’intenzione che aveva Calvino con queste lezioni sembra assai chiara a prima vista. Il titolo inglese e in particolare il fatto che scrivesse queste lezioni per tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures all’università rivelano il carattere persuasivo e lo scopo didattico dell’opera. Ciò è inoltre confermato dal piccolo commento aggiunto dallo scrittore stesso nei suoi appunti preparatori alle Lezioni americane: «in tutte un richiamo alla insostituibilità della letteratura e della lettura in un mondo che non vorrà più leggere»5. In questo commento risulta evidente il rilievo sociale che Calvino attribuiva alla letteratura, un impegno sociale e letterario di cui si parlerà più estesamente nel secondo capitolo. Il tema dell’intenzione risulta comunque più problematico di quanto non possa sembrare a prima vista. Mario Barenghi è riuscito a dimostrare l’importanza del titolo che Calvino scelse per le sue lezioni. Negli appunti ritrovati ci sono alcuni titoli alternativi. Barenghi6 scopre un’evoluzione nella scelta del titolo fino a quello definitivo con cui l’opera viene indicata oggi. Il primo titolo fu Six literary legacies for the incomming millennium. Tranne la parola ‘legacies’, non sembra tanto diverso dal titolo adoperato oggi. I termini alternativi furono ‘some values’ e ‘memos’. La sostituzione di ‘legacies’ con ‘memos’ è rilevante in quanto attesta il carattere aperto e assolutamente non dogmatico delle lezioni. Il fatto che Barenghi abbia delineato questa evoluzione e abbia di conseguenza lumeggiato un aspetto notevole dell’intenzione di Calvino apre la discussione. Tanti critici si sono chiesti come leggere e percepire le Lezioni americane, proprio per via della libertà di interpretazione offerta da questa opera. Si può concludere che la varietà e la ricchezza delle Lezioni americane portano a chiamarle un’opera multinterpretabile. Il critico Krysinski ha provato a concretizzare questa varietà di interpretazioni. Egli sostiene che esistono quattro contesti diversi alla luce di cui si può considerare l’opera. Queste quattro possibilità non formano un elenco esaustivo, ma danno un’idea assai generale delle diverse letture a cui si prestano le Lezioni americane. In primo luogo Krysinski presenta le lezioni come un corso di letteratura universale.7 Sembra grosso modo che Calvino cercasse di mettere in risalto alcune opere (francesi, americane, inglesi, spagnole,...) imperniandosi su questi sei valori ritenuti fondamentali. Emerge dunque il problema della soggettività con cui Calvino sceglie e di conseguenza favorisce certi autori. La seconda possibilità si concentra 5 M. Barenghi (a cura di), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, Milano, Arnoldo Mondadori, 1995, p. 2961. Ivi, p. 2965. 7 W. Krysinski, «Rereading the Memorable “Memos” or How to Read “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p.177-178. 6 7 sulla soggettività suddetta e definisce l’opera come un’esposizione della visione personale sulla letteratura propria a Calvino.8 Significa che lo scrittore vuole innanzitutto difendere i valori prescelti e appoggia la sua argomentazione con esempi di grandi scrittori al fine di convincere il suo pubblico. Per la terza interpretazione Krysinki vede nelle Lezioni americane l’esposizione utopica del libro ideale tramite questi sei valori indispensabili.9 L’ultima possibilità fornita da Krysinski sembra quasi un’accusa. Krysinski descrive l’opera, in quest’ultima interpretazione, come un’autodifesa e un’autoriflessione, adottando un tono pressappoco negativo.10 Il motivo principale per questa interpretazione deriva dal fatto che Calvino citi spesso le proprie opere per illustrare i valori che sta difendendo. In questa tesi si aderirà all’ultima interpretazione di Krysinski in quanto autoriflessione, pur senza tener conto del tono leggermente negativo. Vent’anni dopo la prima pubblicazione italiana sembra ormai chiaro che Calvino abbia esibito molto di se stesso nel dare vita alla propria opera. Nonostante la sua angoscia nel rivolgersi al pubblico e le sue difficoltà con gli scritti autobiografici, si può considerare quest’opera la più aperta, diretta e in un certo senso anche la più onesta dei suoi saggi poetici. Un libro rilevatore, come lo chiama Domenico Scarpa, non soltanto perché Calvino rivela un po’ chi è, ma soprattutto perché espone e difende cosa vuole e chi ha provato di essere.11 Vi sono parecchie caratteristiche che segnano quest’opera e che hanno contribuito a popolarizzare questa rassegna di poetica basata su sei fondamenti. In Calvino colpisce sempre la naturalità e l’oralità della scrittura. Egli immerge il lettore in un mondo diverso, particolare ma sempre abbastanza riconoscibile e riesce a captare l’attenzione del lettore. Come rimarca giustamente Scarpa, le Lezioni americane come tante altre opere calviniane testimoniano un entusiasmo insaziabile con cui l’autore riesce a trascinare i suoi lettori.12 Generalizzando si potrebbe considerare questo entusiasmo il segreto del successo di Calvino. Come accennato prima, queste lezioni si possono infatti considerare un compendio della sua attività saggistica.13 Un’opera in cui si riannodano tutti i fili della poetica calviniana, ma che rimane per certi versi enigmatica, in particolare per quanto riguarda l’incompiutezza dell’opera dovuta alla morte precoce dell’autore. La lezione mancante, Consistency, ha 8 Ivi, p.178-181. Ivi, p. 182-183. 10 Ivi. p. 183-184. 11 D. Scarpa, Italo Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 145. 12 Ivi, p. 144. 13 Ivi, p. 145. 9 8 messo in crisi l’intera critica calviniana. Come rivela il titolo, questa sesta lezione avrebbe trattato la coerenza come valore letterario. Mario Barenghi ha svelato e commentato il lavoro preparatorio delle lezioni e ha perfino indicato alcuni accenni a questa sesta lezione inesistente. La mancanza della sesta lezione ha spinto molti critici a fare delle congetture. Di Consistency Calvino ha lasciato pochi appunti. L’unica cosa su cui non esiste neanche il minimo dubbio è che lo scrittore avrebbe illustrato il valore della coerenza con almeno tre testi significativi: Amerika di Franz Kafka, Bartleby, the Scrivener di Herman Melville e Wakefield di Nathaniel Hawthorne. Come presume Barenghi, Consistency avrebbe fornito la soluzione ad alcuni problemi irrisolti e avrebbe offerto una sintesi conclusiva dell’opera di poetica e dei sei valori basilari. Inizialmente Calvino aveva l’intenzione di dedicare un’intera lezione al problema del cominciare e del finire, ma cambiò idea progettando di riassumere questa lezione già scritta e di integrarla nella sesta lezione. Il fatto che Calvino reputasse il tema degno di una delle sei conferenze mostra come l’inizio e la fine di un testo risultassero di grande rilievo per lui. Si può presupporre che Calvino, se avesse potuto, avrebbe curato il finale con grande precisione e con un entusiasmo contagioso. Questa fine, questa ultima lezione, sarebbe probabilmente stata un punto d’arrivo in cui lo scrittore sarebbe riuscito a far confluire le cinque lezioni precedenti.14 Sembra probabile che Calvino, parlando di coerenza, avrebbe al tempo stesso provato a dare coerenza alla sua opera come nelle lezioni precedenti cercava di approfondire ed illustrare i valori applicandoli contemporaneamente alle lezioni stesse. Analogamente Cesare Garboli, nella sua recensione delle Lezioni americane, osserva come Calvino «parla con esattezza dell’esattezza, con rapidità della rapidità, con molteplicità della molteplicità, ecc. ecc.»15. Se si interpreta il termine consistency come «la connessione logica tra le parti d’un tutto»16, come suggerisce Domenico Scarpa, si riesce a evidenziare l’importanza che Calvino attribuisce al susseguirsi armonico e logico delle singole lezioni. Le diverse riorganizzazioni delle lezioni, rimarcate negli appunti, mostrano come Calvino non volesse soltanto difendere sei valori autonomi, ma l’insieme di questi valori interdipendenti, un insieme coerente. Mario Barenghi ha fornito una panoramica delle diverse rielaborazioni strutturali ritrovate negli appunti di Calvino. Questa rassegna dimostra che gli spostamenti, le eliminazioni e gli scambi nell’organizzazione delle lezioni sono avvenuti prevalentemente per ragioni 14 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 37-38. C. Garboli, «Plutone nella rete», L’Indice, 1988, 10, p. 12-13. 16 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 91. 15 9 tematiche. Un altro esempio rilevante che illustra la propensione calviniana per la coerenza e per l’armonia è il suo stile organizzativo. La struttura delle prime due lezioni (Leggerezza e Rapidità) è contrassegnata da coppie antinomiche. Calvino sostiene la necessità della rapidità, tuttavia senza escludere l’indugio, considerando i due valori come due lati opposti di un’unica qualità. Nella terza lezione, Esattezza, lo scrittore cambia procedimento organizzativo. Come precisa Barenghi17, in questa conferenza accenna al valore opposto unicamente per rafforzare l’importanza del valore prediletto. Nelle ultime due lezione (Visibilità e Molteplicità) adopera poi la tecnica dell’enumerazione. Dato che dagli appunti preparatori delle Lezioni americane e dall’organizzazione interna delle conferenze si può dedurre la perseveranza con cui Calvino applicava il valore della coerenza, non sembra esagerato ipotizzare che l’ultima lezione sarebbe stata di grandissimo rilievo per l’intera opera. In questa tesi ci si concentrerà su due lezioni in particolare: Rapidità e Visibilità. Visto che Calvino dava molto peso all’idea della coerenza, sembra opportuno di passare in rassegna le lezioni che non verranno esaminate in modo approfondito: Leggerezza, Esattezza e Molteplicità. La lezione sulla leggerezza è indubbiamente quella più analizzata e approfondita nella critica ed è anche la conferenza cui Calvino ha consacrato molto tempo: dei 5 block-notes di appunti preparatori, Lightness occupa gran parte del primo block-notes e parti sparsi negli altri.18 La lezione con cui aveva iniziato sarà anche quella con cui decise di aprire il ciclo di sei conferenze. Nelle prime parole Calvino presenta la qualità della leggerezza in relazione al proprio contrario, il peso, e descrive la leggerezza come una «sottrazione di peso»19. Tutti sono in cerca di leggerezza, pone Calvino, perché fornisce l’unico rimedio con cui si riesce ad allontanarsi dal peso della vita, della realtà e della storia.20 Alla fine della lezione specifica i quattro fili che hanno intrecciato la sua conferenza sulla leggerezza, focalizzandosi in quarto luogo sul filo con cui aveva iniziato il suo discorso: «la letteratura come funzione esistenziale, la ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere»21. Un filo conduttore che rintraccia in uno dei suoi grandi maestri, Giacomo Leopardi, che era più che nessun altro cosciente dell’«insostenibile peso 17 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», cit., p. 36-37. M. Barenghi (a cura di), Italo Calvino. Saggi 1945-1985,cit., p. 2959. 19 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 7. 20 A. De Vivo, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», Italica, 1995, 1, p. 91. 21 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 33. 18 10 del vivere»22. Leopardi raffigurava nelle sue poesie e nelle sue osservazioni zibaldoniane, la felicità e il piacere che considerava irraggiungibili se non in modo passeggero, con immagini contraddistinte da una leggerezza sia fisica sia mentale: «La celebrazione zibaldoniana della sveltezza sia fisica sia mentale, del movimento rapido e spontaneo, non mirato, mera espressione dell’energia vitale quale può osservarsi presso fanciulli, 23 uccelli o cavalli» La terza conferenza prova a difendere l’importanza dell’esattezza. All’inizio della conferenza Calvino spiega che cosa intende precisamente con questo termine, specificando i tre sensi che attribuisce alla parola ‘esattezza’: la precisione nella struttura di un’opera, il suscitare immagini icastiche e l’impiego di un linguaggio esatto. Si nota subito che lo scrittore tratta la sua conferenza sull’esattezza con esattezza, come si è accennato prima. Calvino illustra estesamente la necessità di un valore come l’esattezza in un contesto letterario e motiva anche la sua scelta in senso morale. Si scruterà questa argomento più avanti nel capitolo. Calvino ribadisce la sua argomentazione in favore dell’esattezza proponendo come pionieri del culto dell’ esattezza due grandi scrittori: Edgar Allan Poe e di nuovo Giacomo Leopardi.24 Per quanto riguarda le proprie opere, lo scrittore allude a due esempi: Le città invisibili (1972) e Palomar (1983) in cui, a suo avviso, l’esattezza gioca un ruolo significativo. Secondo Frisch25 ne Le città invisibili come in Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) l’esattezza è stata cospicua in quanto l’autore ha sperimentato con la struttura narrativa dei due racconti. In Palomar e nel saggio Collezione di sabbia del 1984 Calvino si è dedicato soprattutto all’arte della descrizione. L’interpretazione di Frisch rispecchia assai accuratamente la suddivisione di cui Calvino parla alla fine della terza lezione. Per le proprie opere lo scrittore indica due direzioni in cui ha condotto il suo lavoro sull’esattezza: da una parte ha cercato di convertire avvenimenti in schemi teorici e dall’altra ha provato, tramite l’aiuto di parole, a illuminare l’aspetto sensibile delle cose con la maggior precisione possibile.26 Si vede come queste due opzioni si riferiscano entrambe a forme di conoscenza. In questa linea di razionalità Calvino confessa che tramite la lingua non si può approdare a una forma pura di esattezza: in alcuni casi la lingua comunica più di quanto sia necessario, in altri casi la lingua risulta lacunosa. Neppure in questa lezione 22 Ivi, p.30. S. Verhulst, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», Milano, Franco Angeli, 2005, p. 53. 24 J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali d’Italianistica, 1991, 9, p. 202. 25 C.R. Frisch, «Review: Six memos for the next millennium», cit., p. 261. 26 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 82. 23 11 Calvino esclude il valore opposto ma al contrario, adopera questo valore per consolidare il suo elogio dell’esattezza. Lo scrittore dimostra che si riesce soltanto a parlare del vago facendo leva sul valore dell’esattezza: per cogliere appieno il significato di ‘vago’ occorre quindi una descrizione molto precisa. L’ultima lezione che Calvino ha scritto tratta il valore della molteplicità. La lezione si apre con un brano di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, uno dei romanzi preferiti di Calvino e l’esempio per eccellenza del valore che difende in questa conferenza. In questa lezione Calvino parla soprattutto della letteratura del ventesimo secolo in poi. In questo contesto esalta «il romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete 27 di connessioni tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo» L’immagine dell’enciclopedia romanzesca viene specificata verso la fine della lezione come un’enciclopedia necessariamente aperta. Si tratta quindi di un’operazione utopica visto che presuppone la presenza di un’infinità entro un modello circoscritto. Calvino vuole evidenziare che l’ambizione di abbracciare una totalità nella forma di un’enciclopedia risulta irrealizzabile. Questa considerazione può perfino spiegare la sua propensione per i romanzi incompleti di Gadda.28 Dopo aver preso in esame parecchi esempi di molteplicità letteraria, lo scrittore rimarca la possibilità di una classificazione in quattro categorie. La prima categoria riguarda il testo unitario: si tratta di testi che pur essendo unitari si possono interpretare su diversi livelli. Questo tipo di testi è caratterizzato da un’unica voce narrante in opposizione ai testi plurimi della seconda categoria che sono contrassegnati da una pluralità di soggetti in un modello dialogico.29 La terza categoria comprende le opere che non riescono a prendere forma perché mirano a racchiudere tutto il possibile, come nell’opera sopraccitata di Gadda. L’ultima categoria contiene i testi non sistematici e discontinui come quelli di Paul Valéry. 27 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 115-116. J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», cit., p. 206. 29 Michail Bachtin chiama questa forma dialogica, polifonica o carnevalesca. (I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 128.) 28 12 1.2. Engagement nelle Lezioni americane Visto che nel secondo capitolo si analizzerà l’impegno in alcune opere calviniane e si proverà a dimostrare l’evoluzione da impegno sociopolitico a impegno letterario in relazione alle qualità di visibilità e rapidità, pare conveniente approfondire il tema dell’impegno nelle Lezioni americane stesse. In vari passi dell’opera, Calvino critica la società, sia quella odierna sia quella futura. Quasi ogni valore che propone per il prossimo millennio viene motivato non solo letterariamente ma anche sul piano esistenziale e socioculturale. Ogni valore si rivela quindi dotato di un’interpretazione estetica e di una dimensione etica. Calvino aveva progettato con le Lezioni americane più che un corso di letteratura come supponeva Krysinski30 (cf. 1.1). Lo scrittore ha assunto la responsabilità di collocare i valori estetici in un quadro generale e sociale, volendo spronare così gli studenti-ascoltatori e i lettori a rendersi conto delle mille difficoltà tra cui la gente del prossimo millennio si sarebbe dovuta destreggiare. Si vedrà che la combinazione di un certo estetismo con elementi etici, come si ritrova nelle Lezioni americane, si imponga quale caratteristica ricorrente in tutte le sue opere precedenti. Dall’intento dell’opera spunta l’ambizione di impegno coltivata da Calvino con queste lezioni. Nella prima parte di questo capitolo si è toccato il tema dell’intenzione che aveva Calvino scrivendo le Lezioni americane e si è accennato alla discussione che questo argomento ha provocato presso la critica. Le uniche certezze circa la vera e propria intenzione dello scrittore, ce le procura egli stesso nella nota introduttiva alle sue conferenze: si preoccupa della «sorte della letteratura e del libro nell’era tecnologica cosiddetta postindustriale»31. Lo scrittore ci confida inoltre: «Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura 32 che mi stanno particolarmente a cuore, cercando di situarle nella prospettiva del nuovo millennio» L’introduzione riporta da un lato il compito estetico e letterario che lo scrittore prende di mira e dall’altro lato la sua inquietudine per il futuro di questa disciplina culturale da lui prediletta, la letteratura, la cui conservazione viene minacciata in un mondo dai valori cambianti. Nella lezione sulla rapidità si incontra un intero passo in cui Calvino considera la società 30 W. Krysinski, «Rereading the Memorable “Memos” or How to Read “Lezioni americane”», cit., p.177-178. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XLV. 32 Ibidem. 31 13 moderna in chiave critica. Dopo aver dato parecchi esempi tratti da grandi scrittori con lo scopo di mostrare l’importanza della rapidità come valore letterario, lo scrittore cerca di cambiare rotta e aggiunge una ragione morale alla sua apologia della rapidità. Indirettamente egli incolpa i media superpotenti del golfo di degradamento e di uniformazione che si attesta nella comunicazione in generale. Per Calvino l’eccentricità della letteratura deve contrapporsi a tale appiattimento e celebrare le deformità, le anomalie, ecc. della lingua scritta.33 L’autore evidenzia anche la percezione moderna del concetto di rapidità. Viviamo in una società in cui la velocità si è imposta come garanzia di qualità e anche se la velocità non garantisce sempre una buona qualità, essa viene spesso anteposta alla qualità nell’attuale età economica. Dagli anni ottanta del ventesimo secolo in poi si sono acquisiti nuovi mezzi di comunicazione che hanno promosso l’idea della velocità. Oggi si lotta contro una terribile mancanza di tempo che ci costringe a risparmiare tempo in tutto quello che facciamo. In questo contesto di aumento della velocità Calvino ha rimarcato che la misurabilità e l’accelerazione riescono soltanto a confermarsi nel loro mero significato materiale e tecnologico. La velocità mentale34 invece non si presta ad essere misurata e non riesce a captarsi nella sua specificità. Lo scrittore esalta la velocità perché sostiene che un ragionamento veloce, pur non essendo sempre il ragionamento corretto o migliore, evoca un senso di peculiarità e di originalità.35 Nella lezione seguente Calvino si concentra sul valore dell’ esattezza. In questa conferenza si manifesta il criticismo più dichiarato di tutte le lezioni. Lo scrittore illustra come l’apologia dell’esattezza è necessaria per ostacolare il movimento deleterio che condiziona la nostra società : «A volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la 36 caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio» Calvino nota un impulso generalizzante che deforma, banalizza e abbrutisce il linguaggio di oggidì. Benché l’autore espliciti di non voler esplorare le origini di questo sviluppo negativo, indica però chiaramente dove si situano i potenziali responsabili: «nella politica, nell’ideologia, nell’uniformità burocratica, nell’omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura»37. Questa critica combacia perfettamente con 33 Ivi, p. 52. Ivi, p. 53. 35 Ibidem. 36 Ivi, p. 66. 37 Ibidem. 34 14 l’accusa della lezione precedente: l’appiattimento del linguaggio fino ad un’ uniformità generale nella comunicazione coincide con l’uso casuale e negligente della lingua di cui Calvino parla in questa lezione sull’esattezza. La peste di cui lo scrittore parla, si manifesta su tre livelli: nel linguaggio, nelle immagini e nel mondo. L’origine del decadimento del linguaggio è già stata precisata. Nel mondo delle immagini Calvino addita come colpevole principale l’influsso dei media. Ogni giorno ciascuno di noi viene sottoposto ad un flusso di immagini proveniente dalla TV, dall’internet, dai giornali, dalla pubblicità stradale, ecc. La maggior parte di queste immagini si possono chiamare vuote; senza significato. Infine Calvino accantona l’inconsistenza nella lingua e nelle immagini e si concentra su quella maggiore nel mondo, nella vita e nella storia. Tranne occuparsi del problema stesso o della provenienza di questo problema, lo scrittore tenta di trovare una soluzione adeguata. Calvino argomenta che l’unico rimedio per questo problema è la letteratura. Secondo lui solo la letteratura ha la forza di ostacolare questo movimento incessante di declino.38 L’ ultimo esempio che illustra l’impegno delle Lezioni americane si trova nella lezione sulla visibilità. In questa conferenza Calvino enuclea i problemi dell’immaginazione: lo scrittore teme la perdita di questa facoltà, secondo lui, indispensabile, che si dice ‘il potere di immaginare’. La cultura popolare odierna ci sommerge di immagini. Tra queste immagini ci sono spesso raffigurazioni di cose che non abbiamo mai visto dal vivo, o peggio ancora di cose che non abbiamo mai pensato. L’uomo vive in una cultura di immagini prefabbricate che gli tolgono il compito di immaginarsi cose o fenomeni mai vissuti o testimoniati.39 La ragione per la quale Calvino difende il valore della visibilità sembra chiarissima a prima vista: la sua intera opera è pervasa da elementi fantastici, procedimenti immaginosi, figure allegoriche, ecc. La componente immaginativa è sempre presente nei suoi lavori, affiancata da un impegno celato o ostentato. Anche in questo contesto la difesa letteraria della visibilità è accompagnata da una sensibilizzazione ai pericoli prodotti da una cultura eccessivamente visiva. Calvino precisa: «Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, 40 di pensare per immagini» 38 Ivi, p. 67. Ivi, p. 103. 40 Ibidem. 39 15 In tutti i passi sopraccitati si nota che Calvino non critica soltanto il mondo che lo circonda e la vita a cui partecipa ma cerca di informare il suo pubblico che certi valori non possono andare persi nella letteratura come nella nostra percezione del mondo. Ogni commento critico è seguito da una prova della sua volontà di risolvere il cosiddetto problema. Albert De Vivo41 conclude nel suo saggio Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino che le cinque conferenze risentono di una visione pessimistica. De Vivo motiva questa presa di posizione osservando le cause dei problemi, indicate da Calvino: «Le cause sono la politica, l’ideologia, la mediocrità del sistema educativo e la cultura di massa, specie quella visiva, che Calvino ritiene responsabile per l’automatismo, l’omologazione e l’alienazione che 42 affliggono la vita soprattutto nei paesi più industriali» Visto che Calvino non si limita a criticare, ma prova a cercare una soluzione per ogni problema toccato, sembra leggermente esagerato etichettare le lezioni come pessimistiche. Secondo Calvino la soluzione per tutti i problemi affrontati durante le lezioni è semplicemente la letteratura. L’autore vuole mostrare che la letteratura aiuta a preservare e coltivare quei valori che la politica, l’ideologia, insomma tutte le cause citate da De Vivo, mettono a repentaglio. Per di più il pessimismo che De Vivo attribuisce alle conferenze non collima con l’ottica che Calvino espone nella nota introduttiva: «La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici»43. Calvino ha un’alta concezione della letteratura, la concepisce pure come “salvatrice” di una società decadente. Per quanto riguarda la sua visione del mondo e della vita De Vivo ha ragione di dire che Calvino non è più quell’idealista che fu magari in un primo tempo, ma non vi sono dubbi che lo scrittore non sia un pessimista che ha perso ogni speranza nel futuro millennio. Grazia alla letteratura, Calvino guarda con fiducia al futuro del mondo. 41 A. De Vivo, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», cit., p. 91-104. Ivi, p. 98. 43 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XLV. 42 16 Capitolo 2: Engagement e Rapidità/Visibilità I ragionamenti a cui Calvino ricorre frequentemente nelle Lezioni americane sono da un lato basati sulla ratio e dall’altro sull’immaginazione, due elementi che contrassegnano l’intera opera calviniana. Si è già accennato nell’introduzione di questa tesi, alla combinazione tipicamente calviniana di elementi realistici e elementi fantastici. Quando Calvino tenta di rappresentare la realtà, la raffigurazione è sempre pervasa da elementi fantastici. Giorgio Pullini precisa che Calvino riproduce la realtà come gli si presenta agli occhi.1 Questo implica che anche gli elementi fantastici creati nell’immaginazione calviniana vengono integrati nella rappresentazione della realtà. Il risultato è una realtà non realistica ma fantastica e deformata. Tale rappresentazione dimostra l’impegno e il criticismo di Calvino. Tramite la componente fantastica Calvino è in grado di inserire nelle sue opere, una visione critica e impegnata della realtà. Tanti critici hanno obiettato l’impossibile concordia tra uno scrittore impegnato e uno scrittore di opere fantastiche, visto che queste opere fantastiche sono basate su fatti inventati e si possono indicare come esempi di fiction. All’idea di fiction, i critici hanno automaticamente legato una specie di escapismo, e hanno di conseguenza contrapposto i due termini: impegno e fiction. Invece di considerare i concetti di impegno e fiction in una relazione di opposizione conviene piuttosto vederli in una relazione di interdipendenza, ossia una relazione dialettica. Anche secondo Teresa de Lauretis2 tale interpretazione è necessaria per comprendere appieno il messaggio che Calvino ha voluto integrare nelle sue opere e trasmettere con esse. In questo capitolo si proverà ad indagare l’interdipendenza tra la rappresentazione della realtà e la componente fantastica. Il primo fattore verrà interpretato in quanto rappresentazione realistica impegnata; si cercheranno degli elementi sociopolitici dotati di connotazioni critiche che Calvino ha voluto inserire nelle sue opere. Per quanto riguarda la componente fantastica, ci si concentrerà soprattutto su due parametri: la rapidità e la visibilità. Questi parametri verranno interpretati in base alle omonime conferenze delle Lezioni americane. Si delineerà l’evoluzione da engagement politico e sociale a engagement letterario e si dimostra che questa evoluzione coincide con l’evoluzione da opere realistiche 1 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, Maryland USA, José Porrúa Turanzas, 1979, p. 134-135. T. de Lauretis, «Narrative discourse in Calvino: Praxis or Poiesis», Publications of the Modern Language Association of America, 1975, 3, p. 414. 2 17 a opere in cui la dimensione fantastica predomina. Vi è importante sottolineare che l’engagement e la presenza di una componente fantastica non si escludono. In primo luogo si esaminerà il romanzo con cui Calvino ha esordito, Il sentiero dei nidi di ragno, che è un’opera con un alto grado di engagement politico e sociale. In seguito si osserverà un aumento graduale dell’impegno letterario a scapito dell’impegno sociopolitico. Si impiegherà un'altra opera per illustrare questa evoluzione, cioè Il barone rampante. Tramite questo romanzo si deluciderà anche il trapasso da romanzi prevalentemente realistici e a romanzi in cui lo scrittore pone l’enfasi sulla dimensione fantastica. 2.1 Impegno politico e sociale Per Calvino gli anni della seconda guerra mondiale furono gli anni della sua formazione. La sua carriera universitaria fu interrotta nel 1943. In quell’anno Calvino, disgustato dalla politica di Mussolini, era tornato a Sanremo e si era legato ad un gruppo di partigiani. Presto fu catturato da seguaci di Mussolini ma riuscì a scappare e nel 1944, Calvino non esitò a partecipare alla lotta sul campo di battaglia.3 Insieme con il fratello sedicenne si unisce alla seconda divisione di assalto, chiamata ‘Garibaldi’, con cui combatterà fino alla liberazione.4 Dopo la Resistenza Calvino rimase membro del Partito comunista italiano fino al 1957. Nel dopoguerra Calvino pubblicava le sue opere più impegnate politicamente. L’autore fu colpito dagli eventi traumatici che aveva visto e vissuto durante la guerra. Una letteratura impegnata, cinica ma anche leggermente idealista, fu la risposta appropriata a tale esperienza dolorosa, spiega Calvino stesso in un’intervista del 1982 con William Weaver5, il suo fedele traduttore inglese: «I tried to grasp the meaning of the terrible traumas I had lived through, especially the German occupation. So politics, in the first place of my adult life, had a great importance. In fact, I joined the Communist Party»6 Come accennato prima, soprattutto nella fase iniziale della sua attività di scrittore, Calvino fa mostra di un engagement politico e sociale. Per il resto della sua carriera, la critica rimanderà a questo periodo giovanile. Alla luce della prima opera letteraria di uno scrittore debuttante i critici si formano spesso (ingiustamente) già un’idea delle sue opere future. Per 3 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, Ravenna, Longo Editore, 1981, p. 16. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. XIV. 5 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, Toronto, Dovehouse Editions, 1989, p. 17-31. 6 Ivi, p. 29. 4 18 quanto riguarda il giovane Calvino, non fu altrimenti: certi critici furono delusi per via delle sue opere seguenti che non rispondevano alle aspettative di grande impegno, ma si presentavano con uno slancio sempre più fantastico. Calvino testimonia di questi pregiudizi nella prefazione del suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno scritta nel 1964: « (…) il primo libro sarebbe meglio non averlo mai scritto. Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita, il primo libro già ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’esser definito; e questa definizione poi dovrai portartela dietro per la vita, cercando di darne conferma o approfondimento o correzione o smentita, ma mai piú riuscendo a prescinderne»7 2.1.1 Impegno e fiction in Il sentiero dei nidi di ragno La storia di Pin si svolge durante gli anni bellici: un periodo di povertà, marginalità e disperazione. Pin è un ragazzo di dodici anni che vive insieme alla sorella prostituta. Il ragazzo non si comporta come un bambino della sua età ma vive secondo malcostumi adulti: bestemmia, beve, fuma ecc. Non gioca con i suoi coetanei, ma considera gli uomini dell’osteria i suoi amici. Questi uomini gli suggeriscono di rubare la pistola del tedesco che visita spesso la sorella. Sotto pressione, Pin decide di passare all’azione; ruba la pistola e la nasconde in un posto segreto: il sentiero dei nidi di ragno. Subito il ragazzo viene catturato, ma insieme a Lupo Rosso, un partigiano di sedici anni, riesce a scappare dalla prigione. Incontrando un altro partigiano, Cugino, vicino al suo posto segreto, Pin viene introdotto nella vita partigiana dove gli è permesso di stare nel gruppo più debole di partigiani. Per via di un tradimento, i suoi compagni sono costretti a partire in battaglia ma a Pin non viene concesso di partecipare. Dopo un litigio, Pin ‘diserta’ e si precipita al suo luogo magico dove non ritrova più la pistola. La scopre a casa della sorella, la recupera e ritorna immediatamente al sentiero dove incontra di nuovo Cugino. Il tema principale di questo romanzo è indiscutibilmente la guerra partigiana. Per questo e per altri motivi come il periodo in cui l’opera è stata scritta, il clima predominante, ecc. si deve interpretare e considerare il primo romanzo calviniano alla luce del neorealismo. Anche se l’opera va collocata nella tradizione neorealista non si riesce a etichettare quest’opera come caratteristica della corrente letteraria: «Il neorealismo del dopoguerra, permeato da un’accesa vocazione moralistica, poneva al centro dell’interesse una realtà esclusiva, unica, quella sociale, basata soprattutto sull’analisi dei conflitti di 7 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Giulio Einaudi, 1964, p. 22-23. 19 classe, che puntava tutto sul documento e la cronaca; i contenuti assumevano un’importanza primaria sulle strutture narrative in una situazione di alta tensione»8 Il Sentiero dei nidi ragno è stato scritto nella tradizione del neorealismo, tratta il tema più neorealista che ci fosse, la Resistenza, ma la linea narrativa e il punto di vista narrativo sembrano predominare sulla tematica neorealista. Pur essendo una delle opere più impegnate di Calvino, si costata dal primo istante che in questo libro non si tratta di un neorealismo documentario. Benché si tocchino le tematiche tipiche del neorealismo, la carica realistica è insidiata da diversi elementi fantastici. a) Il realismo fiabesco9 Come accennato prima, il libro si contraddistingue per la commistione di due stili10: lo stile realistico e quello fiabesco.11 Con questa combinazione lo scrittore chiarisce implicitamente la tesi che sostiene. Calvino mostra il suo scontento poiché disapprova la tendenza corrente di esaltare tramite la letteratura il movimento della Resistenza a favore della politica di sinistra. Soprattutto il PCI si serviva dell’eroismo della lotta partigiana per consolidare la propria posizione politica dominante.12 Calvino toglie al tema della Resistenza, il grado di serietà che gli viene di solito attribuito. Questo non significa che lo scrittore non considera la Resistenza degna di rispetto visto che egli testimonia il grande impatto che la sua esperienza personale nella Resistenza ha avuto su di lui. «Avevamo vissuto la guerra, e noi piú giovani – che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, “bruciati”, ma vincitori (…) Non era facile ottimismo , però, o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero (…) Molte cose nacquero da quel clima, e anche il piglio dei miei primi racconti e del primo romanzo»13 8 T. Iermano, Prosatori e narratori del pieno e del secondo novecento, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, vol. IX Il Novecento, Roma, Salerno Editrice, 2000, p. 733. 9 “Fiabesco” significa «Tipico della fiaba» (M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli, cit., p. 698.) Si intende “fiaba” come «racconto fantastico d’origine popolare (…) è pervenuto mediante una tradizione orale e vi agiscono non animali ma esseri soprannaturali come streghe, orchi, fate, gnomi» (Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, Torino, Garzanti, 1997, p. 356.) 10 «Stile non è solo scrivere – usare la lingua in un certo modo – ma è vedere il mondo e raccontarlo, comunicare la propria visione delle cose, o meglio la differenza qualitativa esistente nel modo in cui il mondo ci appare» (C.S. Nobili, Il lavoro della scrittura, Milano, Sansoni, 1999, p. 140-141.) 11 U. Musarra-Schrøder, Italo Calvino, in Van den Bossche, Bart e Musarra, Franco (a cura di), Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven, Peeters, 2004, p. 143. 12 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 19-20. 13 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 7. 20 Si tratta in realtà di una doppia spinta di engagement in questo primo romanzo. Da un lato Calvino sceglie, nella linea del movimento neorealistico, di affrontare un evento sociopolitico della sua propria esperienza, ma dall’altro lato rimprovera, indirettamente, la funzione di esaltazione che viene attribuita alla letteratura mediante questo tema. Tra l’altro per queste ragioni opta per una fusione di due stili a prima vista contrastanti. Un suo caro amico e maestro durante questo periodo, Elio Vittorini, definisce le spinte apparentemente contraddittorie nelle opere calviniane come «realismo a carica fiabesca»14 e «fiaba a carica realistica»15. È stato Cesare Pavese il primo a individuare, nella sua recensione a Il sentiero dei nidi di ragno, gli elementi fiabeschi che Calvino aveva inserito nelle sua opera.16 L’autore stesso testimonia, nella prefazione del libro, di non aver aderito a questa carica fiabesca in modo consapevole, ma dal momento che Pavese aveva assegnato questa caratteristica alla sua prima opera ha cercato di venir incontro a questa definizione.17 Il processo con cui Calvino elabora la fusione tra questi due stili richiede la nostra attenzione. Il punto di partenza è di natura impegnata: Calvino parte dalla realtà sociopolitica, ma adopera un punto di vista deformante, quello del protagonista Pin. In questo modo sin dall’inizio del romanzo inserisce uno sguardo alienante verso la realtà. Calvino mantiene lo scopo di engagement politico, in quanto tratta il tema del movimento della Resistenza. La realtà narrata viene da un lato infantilizzata e dall’altro lato aggravata visto che si narra attraverso l’esperienza di un bambino. Da dodicenne, Pin non è in grado di capire la serietà del mondo adulto, e in particolare della guerra adulta. Anche se Pin vaga in un mondo adulto non ha ancora acquistato la maturità per capire certi concetti adulti come l’amore, la morte, le donne, il sesso e la guerra. Calvino attribuisce al suo protagonista una posizione solitaria. Pin dice di non voler stare con i ragazzi della sua età benché neanche loro accettino la sua compagnia. Il ragazzo desidera stare con ‘i grandi’, ma non appartiene neppure a quel mondo complesso: «Ma i ragazzi non vogliono bene a Pin: è l’amico dei grandi, Pin, sa dire ai grandi cose che li fanno ridere e arrabbiare, non come loro che non capiscono nulla quando parlano i grandi»18. Il protagonista oscilla tra due mondi: il mondo fantastico dell’immaginazione infantile e il mondo reale e serio degli adulti. Le situazioni e 14 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 24. Ibidem. 16 C. Calligaris, Italo Calvino, Milano, Mursia, 1985, p. 9. 17 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 17. 18 Ivi, p. 35. 15 21 gli eventi adulti di cui il bambino è testimone, acquisiscono così una connotazione fantastica. Diversi passi nel libro mostrano il divario e il ravvicinamento tra questi due mondi. Si proverà in seguito a delineare alcuni di questi esempi al riguardo. Un tipico esempio della combinazione di realtà seria e immaginazione fanciullesca sono le canzoni di Pin. Il ragazzo canta le canzoni che gli sono state insegnate dai grandi dell’osteria che frequenta. Queste canzoni hanno la cadenza tipica della ninnananna o di altre canzoncine infantili ma si riferiscono a temi adulti come il sesso o la morte e vengono spesso usate al fine di insultare o offendere qualcuno. Anche secondo Isabelle Lavergne19 esiste un vera e propria simbiosi tra la componente realistica e quella fantastica. Lavergne sostiene che parecchie volte si riesce a differenziare i due mondi. Vi è ad esempio l’aria fiabesca del passo in cui Lupo Rosso e Pin scappano di prigione seguito dal disincanto che Pin prova quando viene abbandonato da Lupo Rosso.20 Mentre i due ragazzi sopraccitati aspettano nel loro nascondiglio che la via si liberi, Lupo Rosso inizia a scrivere degli slogan antifascisti con un pezzo di carbone, Pin lo imita, ma al contrario fa disegni irrisori e osceni. Tramite questo passo Calvino esemplifica sia la perseveranza dei partigiani sia la fanciullezza spensierata. Quando Pin entra in contatto con i partigiani, cerca di profilarsi come un adulto e di partecipare alle conversazioni. Il ragazzo non capisce le tipiche parole partigiane, ma fa finta di capirle per appartenere a quel mondo misterioso da cui i bambini vengono di solito esclusi. Presso i ragazzi della sua età si vanta del fatto che lui conosce parole che questi adulti usano, mentre in realtà neanche lui riesce a cogliere il significato di queste parole: «Passa un ragazzo con gli occhiali e le calze lunghe: Battistino. - Battistino, lo sai che cos’è un gap21? Battistino batte gli occhi, curioso: - No, dimmi: cos’è? Pin comincia a sghignazzare: - Vallo un po’ a chiedere a tua madre cos’è il gap! Digli: mamma, me lo regali un gap? Diglielo un po’: vedrai che te lo spiega!»22 Pin vive insieme con la sorella in un ambito marginale. Lei si guadagna il pane facendo la prostituta presso i tedeschi e i fascisti. Pin non si rende conto della connotazione negativa che tale professione comporta e senza pudore chiede fieramente a tutte le persone che incontra se conoscono sua sorella detto «la Nera di Carruggio Lungo»23. Adottando il punto di vista di un bambino, Calvino riesce a evidenziare la gravità della situazione, ma nello 19 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 7-8. Ivi, p. 7. 21 Gap: Gruppi di azione partigiana (G. Petronio, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, cit., p. 34) 22 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 39. 23 Ivi, p. 64. 20 22 stesso tempo riesce a relativizzare la serietà tramite l’ “innocenza” puerile. Anche Calligaris24 addita un passo nel libro in cui la fiaba si mostra in pieno splendore: la storia dell’esecuzione di Pelle, il traditore. Lupo Rosso racconta la storia con tantissima suspense. Parla di uomini in impermeabili di cui non rivela i nomi, che seguono il traditore fino al momento in cui riescono a intrappolarlo, stando tutti intorno a lui. Come un narratore onnisciente riproduce anche i pensieri che attraversavano la mente di Pelle negli ultimi momenti della sua vita. Tutto quello che racconta punta ad una resa dei conti, ma Lupo Rosso usa elementi misteriosi per ottenere un effetto di suspense. Il narratore chiude il racconto dicendo: «E uno di loro, non si sa chi, ha sparato»25. In questo modo invoca un’aria magica e misteriosa, abbastanza frequente nelle fiabe. Un ultimo esempio in cui si vede chiaramente la presenza della fiaba riguarda il passo in cui Pin cammina di notte per il bosco. Egli, come tutti i ragazzi della sua età, ha paura di perdersi. Pin segna il suo tragitto lasciando cadere noccioli di ciliegie26 come fanno Hänsel und Gretel con delle briciole di pane, nella fiaba dei fratelli Grimm. b) Perché Pin? Si è mostrato che nel primo romanzo calviniano si tratti di una fusione di due stili: lo stile realistico e quello fiabesco. La componente fiabesca viene introdotta nel romanzo attraverso la figura di Pin. Anche in altre situazioni salta fuori questa componente, come nella storia di Lupo Rosso, ma di solito gli elementi fantastici sono strettamente legati al protagonista dodicenne. È fondamentale capire i motivi per i quali lo scrittore abbia scelto un bambino orfano, marginale e maleducato come protagonista del suo libro e perché ha sistematicamente mantenuto questa connessione tra il ragazzino e la componente fiabesca nel suo romanzo. Dopo la lettura di questo romanzo, ci si potrebbe chiedere con quale personaggio l’autore si è maggiormente identificato. La verità è che Calvino ha creato in questo libro personaggi in una situazione troppo seria, triste e innanzitutto troppo reale per combaciare con personaggi fantastici, ma nello stesso tempo non si prestano all’identificazione per via della loro caratterizzazione caricaturale. Calvino dichiara nella prefazione che per i personaggi del 24 Calligaris, Italo Calvino, cit., p. 11. I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 175. 26 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 891. 25 23 “gruppo del Dritto”, la compagnia di partigiani con cui sta Pin, si è basato sui caratteri dei propri compagni di battaglia.27 In effetti, Calvino ha ridotto questi caratteri famigliari ai tratti che lo colpivano e ha di seguito enfatizzato questi tratti fino a renderli caratteri marginali e caricaturali. Quando Claude Imberty28 ha cercato a dimostrare l’eccentricità di Calvino come scrittore, il critico ha usato i personaggi de Il Sentiero dei nidi di ragno per ribadire la sua tesi. Imberty descrive un tale personaggio come «eccentrico»29, nel senso di “ personaggio atipico”. Soprattutto per quanto riguarda i personaggi de Il Sentiero dei nidi di ragno questa definizione risulta molto convincente. Come detto prima, Calvino voleva rompere con certe convenzioni e scrivere contro le aspettative di esaltazione che furono predominanti nel clima del dopoguerra. Si aspettava nella letteratura di questo periodo una rappresentazione della guerra partigiana con degli eroi gloriosi e vincenti; eroi di cui si poteva andare orgogliosi. Gli “eroi” che Calvino rappresenta in questo romanzo sono esattamente all’opposto di quelli che si aspettava. Ogni personaggio nella brigata del Dritto si può collocare nella malavita o nella marginalità. Prima della guerra non furono nessuno, durante la guerra non erano grandi eroi e dopo la guerra tornavano alla loro vita banale di prima. Quello che Calvino voleva probabilmente dimostrare è il fatto che anche questi uomini, essendo nessuno, credendo in nulla, hanno comunque contribuito alla vittoria del movimento partigiano. Calvino aveva scelto inizialmente di scrivere un libro sulla sua esperienza nella Resistenza.30 Questo compito comportava due ostacoli. In primo luogo vi era la difficoltà di riprodurre un momento storico e di riuscire a captare in modo rappresentativo la totalità della Resistenza. Il secondo problema consisteva nel grado di coinvolgimento da introdurre nella rappresentazione di tale momento storico. Calvino ha potuto superare questi problemi tramite la scelta del suo protagonista. La figura di Pin giustifica in gran parte la frammentarietà della trama e legittima anche il fatto che la narrazione di questo evento risulti storicamente incompleta. Dato che la storia viene narrata attraverso l’esperienza di Pin lo scrittore non si è sentito obbligato a colmare le lacune nella storia. Con i personaggi atipici e il punto di vista narrante alienante Calvino ricopre una posizione eccezionale nel dibattito ideologico. Lo scrittore sceglie personaggi marginali per contestare gli eroi ‘positivi’ che vengono di solito raffigurati nella letteratura resistenziale e opta per la prospettiva narrante 27 Ivi, p. 14-15. C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 31-49. 29 Ivi, p. 32. 30 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 19. 28 24 di un bambino. Proprio per via dell’età e della povera educazione di Pin, Calvino riesce ad appropriarsi una posizione neutrale nel dibattito ideologico. Pin non ha la minima idea degli obbiettivi dei partigiani combattenti e non si rende conto della serietà e della gravità della guerra. Come sostiene Calligaris, Calvino ha scelto volutamente un punto di vista infantile così da poter riportare «il protagonista del romanzo al livello minimo (o nullo) di coscienza di classe, o comunque storico-politica in generale»31. Però conviene anche sottolineare che la coscienza politica non è completamente assente nell’opera. Lo scrittore aveva comunque bisogno di inserire alcune pagine di stampo ideologico. Egli ha scelto di concentrare il dibattito ideologico in un unico capitolo, il famoso capitolo nono.32 Attraverso il personaggio di Kim, uno studente-partigiano, Calvino ha inserito nel libro un punto di vista razionale che ha portato diversi critici a identificare Kim con lo scrittore stesso. Calvino spiega: «Per soddisfare la necessità dell’innesto ideologico, io ricorsi all’espediente di concentrare le riflessioni teoriche in un capitolo che si distacca dal tono degli altri, il IX, quello delle riflessioni del commissario Kim, quasi una prefazione inserita in mezzo al romanzo»33 Il secondo problema riguarda la quantità di dati biografici che Calvino ha inserito nella sua opera. Come si è accennato prima, l’autore aveva inizialmente l’intenzione di narrare la sua esperienza personale nella guerra partigiana. Dopo parecchi tentativi si rendeva conto che non ci sarebbe riuscito. Pin fu l’alternativa ideale per raccontare una storia che gli stava vicino al cuore, ma senza che il protagonista personificasse lo scrittore. Calvino precisa nella prefazione del ’64: «Per mesi, dopo la fine della guerra, avevo provato a raccontare l’esperienza partigiana in prima persona, o con un protagonista simile a me. (…) Quando cominciai a scrivere storie in cui non entravo io, tutto prese a funzionare: il linguaggio, il ritmo, il taglio erano esatti, funzionali; piú lo facevo oggettivo, anonimo, piú il racconto mi dava soddisfazione»34 Sembra chiaro che con Pin, Calvino avesse provato a distanziarsi dalla sua esperienza personale ma nello stesso tempo provava ad avvicinarsi all’essenza che voleva trasmettere con questo romanzo. La componente autobiografica si è spesso risultata problematica durante la sua carriera di scrittore. Solo poche volte Calvino è riuscito a superare questa difficoltà e a scrivere di sé. L’autore non faceva mistero dell’angoscia che gli dava. Non sopportava nemmeno le interviste a cui doveva comunque cedere ogni tanto contro la sua 31 Calligaris, Italo Calvino, cit., p. 14-15. G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 891. 33 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 11. 34 Ivi, p. 19. 32 25 volontà. In una lettera del ’64 a Germana Pescio Bottino scrive: «Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura»35 Alla fine della sua vita ha comunque provato ad affrontare di petto questo suo problema. Come si è detto nel primo capitolo, Calvino cercava sempre di trovare una soluzione per i suoi problemi e questo non cambiò mai: «forse è questo l’ostacolo che mi ha impedito sinora d’impegnarmi a fondo nell’autobiografia per quanto sia da più di vent’anni che faccio dei tentativi in questo senso; ma non voglio anticipare un lavoro in fieri.»36 Sfortunatamente, l’opera a cui allude nella lezione scartata Cominciare e finire delle Lezioni americane non fu mai ritrovata. Alcuni critici, come Marco Belpoliti37, hanno rilevato che Pin potrebbe riferirsi alla figura del puer senex. Questa immagine antica del giovane/bambino vecchio simboleggia la gioventù fisica in combinazione con la saggezza della vecchiaia: l’«unione della forza fisica giovanile e della maturità del giudizio caratteristica dell’uomo attempato»38. Risulta chiaro che la figura di Pin non può essere interpretata esattamente in questo senso. La suggestione dell’immagine del puer senex viene dalla combinazione di una situazione guerresca e di conseguenza seria e adulta e un ragazzino di dodici anni. Infatti l’immagine di Pin non combacia con quella del puer senex. Nel caso di Pin si tratta di un bambino che rimane bambino e non trova la forza per crescere e per raggiungere un’età più matura. Oltre a ciò, le persone del gruppo del Dritto che Pin frequenta sono esattamente il contrario del puer senex: fisicamente hanno raggiunto la maturità, ma mentalmente neanche loro sono stati in grado di superare la fase giovanile. Isabella Lavergne39 sostiene che alla fine del libro Calvino ha voluto simboleggiare il fallimento di Pin nel suo diventare adulto. Il romanzo finisce con Pin e Cugino che camminano. Cugino avrebbe dovuto guidare Pin verso la maturità. Il cammino simboleggia il fatto che niente sia cambiato: Pin continua la sua vita ingenua e spensierata esattamente come prima. L’ultima ragione per cui Calvino ha scelto Pin come protagonista è semplicemente il caso.40 Questa motivazione, indicata dallo scrittore stesso nella prefazione del ‘64, sottolinea 35 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. IX, corsivo suo. Ivi, p. 154-155. 37 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996, p. 12. 38 S. Verhulst, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», cit., p. 30. 39 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», cit., p. 9. 40 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 15. 36 26 l’importanza della casualità ne Il sentiero dei nidi di ragno. Le ‘decisioni’ di Pin sono spesso guidate dal caso. Pin diventa partigiano perché gli viene suggerito di rubare la pistola. In prigione incontra un partigiano con cui riesce a fuggire. Nel suo posto segreto, il sentiero dei nidi di ragno, incontra Cugino che lo introduce nella vita partigiana. Quello che gli capita, non accade per forza di scelta o per via delle sue convinzioni, ma meramente per caso. Diventa evidente quando Pin suggerisce che gli sarebbe pure piaciuto di stare con ‘i neri’: «In fondo a Pin piacerebbe essere nella brigata nera, girare tutto bardato di teschi e di caricatori da mitra, far paura alla gente e stare in mezzo agli anziani come uno dei loro, legato a loro da quella barriera d’odio che li separa dagli altri uomini. Forse, ripensandoci, deciderà d’entrare nella brigata nera»41 Secondo Kathryn Hume42, la maggior parte dei partigiani nel gruppo del Dritto sono diventati partigiani per caso. L’importanza per loro, e anche per Pin, è lo spirito di gruppo e il fatto di appartenere a un gruppo. In teoria non avrebbe fatto nessuna differenza per loro appartenere ad un gruppo diverso come quello dei fascisti. c) Rapidità in Il sentiero dei nidi di ragno Nelle Lezioni americane, Calvino comincia la lezione sulla rapidità con una vecchia leggenda su Carlo Magno.43 Lo scrittore usa questo esempio innanzitutto per illustrare la funzione e l’importanza dell’economia e della sinteticità nella narrativa. Diventa subito evidente che questa leggenda viene portata avanti con l’aiuto di un oggetto magico44. Il problema iniziale; l’innamoramento di Carlo Magno per una ragazza tedesca, il problema di necrofilia; il fatto che dopo la morte della ragazza l’imperatore non volesse più allontanarsi dal suo corpo, la questione omosessuale; Carlo Magno che si innamora del suo arcivescovo Turpino, e la tragedia finale; Carlo Magno che si innamora del lago e rimane vicino alle sue rive fino alla sua morte, sono tutti problemi causati dalla forza magica dell’anello misterioso. Secondo Elisabetta Menetti, l’anello simboleggia il legame e la fedeltà.45 Calvino precisa, nella conferenza sulla rapidità, che si tratta di un legame narrativo realizzato attraverso la 41 Ivi, p. 61. K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, Oxford, Claredon Press, 1992, p. 90. 43 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 39. 44 «Gli oggetti magici, e anche miracolosi, sono oggetti perduti, dispersi e ritrovati nell’infinito spazio narrativo dell’universo di finzione. Si trovano nelle leggende, nelle fiabe, nei miti, nelle novelle, nei racconti, nei romanzi in versi e in prosa» (E. Menetti, Oggetti magici, in Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura italiana, Roma, Carocci, 2008, p. 112.) 45 E. Menetti, Oggetti magici, in Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura italiana, cit., p. 116. 42 27 presenza dell’anello magico. In seguito lo scrittore generalizza l’idea dell’oggetto magico ed è convinto che questo ragionamento possa valere per qualsiasi oggetto in qualsiasi narrazione: «Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d’una forza speciale, diventa come il polo d’un campo magnetico, un nodo d’una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d’un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico»46 L’oggetto stabilisce quindi un legame tra le diverse vicende della storia e funge come il motore che spinge avanti la narrazione. Tale oggetto magico, che incoraggia il ritmo e la velocità della narrazione, è molto caratteristico per alcuni generi di fiction: le fiabe, i folktales, ecc. Anche in Il sentiero dei nidi di ragno vi è un oggetto che assume una funzione simile a quella degli oggetti magici, la pistola rubata. Questa pistola ha senz’altro un ruolo principale nella storia. La vera e propria azione del romanzo comincia quando Pin ruba la pistola di un tedesco mentre quello sta a letto con sua sorella. A causa del furto della pistola il ragazzino viene arrestato. In galera entra per la prima volta in contatto con veri partigiani reclusi. Dopo la sua evasione Pin ritorna al sentiero, dove aveva nascosto la pistola, e proprio lì incontra Cugino che lo introduce nel gruppo del Dritto. Pin si vanta della sua pistola presso Pelle dicendo che nessuno la potrà mai trovare perché è nascosta in un posto segreto. Si saprà poi dopo che Pelle ha cercato e trovato la pistola e l’ha ‘regalata’ alla sorella di Pin dicendo «cosí resta in famiglia»47. Dopo un litigio anche Pin ‘diserta’ e fugge al sentiero, dove non ritrova più la pistola. Il ragazzo torna a casa, recupera la pistola e ritorna al sentiero dove incontra di nuovo Cugino. Anche l’ultima azione del romanzo è legata alla pistola: Cugino, odiatore di donne, vuole andare dalla sorella di Pin per ragioni sessuali. Pin gli presta la pistola per proteggersi quando va in giro per il paese. Si vede che quasi ogni azione nel libro è legata alla presenza della pistola. Pin la considera un oggetto magico, cerca di proteggerla, nasconderla e ritrovarla. Anche in questo senso il romanzo assomiglia al genere della fiaba. Nelle fiabe vi è spesso un oggetto che si deve conquistare e proteggere con la vita. Questo oggetto può essere una chiave, un gioiello ma anche la donna amata, la figlia del re, ecc. Nel caso di Pin si tratta di una pistola P. 38 ed è proprio qua che riappare la componente realistica del romanzo: l’idea che un bambino possiede una pistola, suscita presso il lettore 46 47 Ivi, p. 41. I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 190. 28 un sentimento di paura, disgusto e incredulità. Quando Pin gioca con la pistola sembra che egli stesso si renda conto della linea sottilissima tra gioco e realtà48: «Pin la punta prima contro il tubo della grondaia, a bruciapelo sulla lamiera, poi contro un dito, un suo dito, e fa la faccia feroce tirando indietro la testa e dicendo tra i denti «la borsa o la vita», poi trova una scarpa vecchia e la punta contro la scarpa vecchia (…) È una cosa molto divertente (…) e una pistola, un oggetto cosí misterioso, quasi irreale (…) Ma a un certo punto Pin non resiste piú alla tentazione e si punta la pistola contro la tempia: è una cosa cha dà le vertigini. (…) Ora Pin ha giocato con la pistola vera, ha giocato abbastanza»49 Agli occhi di Pin anche il combattimento partigiano non è altro che un gioco serio.50 Giuseppe Bonura51 precisa che lo schema della fiaba come descritto da Vladimir Propp si ritrova nel tragitto di questo oggetto “magico”, visto che porta al protagonista compagnia e potere. d) Visibilità in Il sentiero dei nidi di ragno Nella quarta conferenza delle Lezioni americane Calvino si concentra sulla visibilità come valore fondamentale della letteratura. Il tema chiave di questa lezione è l’immaginazione. Lo scrittore tenta di descrivere il processo dell’immaginare analizzando i procedimenti da lui usati durante la sua attività di scrittore. A questo proposito egli parla soltanto delle sue opere fantastiche e esclude così, implicitamente, il suo primo romanzo. Si impongono comunque alcuni paragoni tra il processo di lavoro che descrive per le sue opere fantastiche e quello del suo primo romanzo, in particolare per quanto riguarda il momento creativo dell’ideazione del libro. Nella lezione sulla visibilità Calvino dichiara che alla base di ogni suo racconto fantastico stava un’immagine «carica di significato».52 Si è già accennato che per la scrittura de Il Sentiero dei nidi di ragno, egli è partito dalla sua esperienza personale ma a un certo punto ha cambiato rotta e ha cercato di adottare un punto di partenza più oggettivo. Non si può negare che l’esperienza personale dello scrittore sia stato cruciale per il romanzo, ma è lo stesso chiaro che Calvino abbia anche cercato di distanziarsi dall’esperienza che voleva raccontare. Nella prefazione del ’64 cerca di spiegare il processo di scrittura per l’elaborazione de Il sentiero dei nidi di ragno: 48 I. Lavergne, «Le fiabe sono vere», cit., p. 6. I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 45-46. 50 G. Bertone (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, Genova, Marietti, 1988, p. 22. 51 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, Milano, Mursia, 1972, p. 47. 52 I. Calvino, Lezioni americane Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99. 49 29 «partii da quel personaggio di monello, cioè da un elemento d’osservazione diretta della realtà, un modo di muoversi, di parlare, di tenere un rapporto con i grandi, e, per dargli un sostegno romanzesco, inventai la storia della sorella, della pistola rubata al tedesco»53 Si osserva che anche per il suo primo romanzo lo scrittore ha utilizzato il procedimento che descrive nella lezione sulla visibilità: è partito da un’immagine attorno a cui si è poi sviluppato il resto della narrazione. Si può considerare questa somiglianza con il processo di lavoro dei suoi libri fantastici, un’altra prova per il fatto che la componente fantastica è di grande rilievo ne Il sentiero dei nidi di ragno. Vi è un altro elemento importante ne Il sentiero dei nidi di ragno che diventerà un motivo ricorrente nelle sue opere successive, il ‘voyeurismo’. Marco Belpoliti54 ha individuato questa forma di ‘guardare’, esaminando le diverse forme di ‘vedere’, ‘guardare’, ‘visibilità’, ecc. che si ritrovano nell’intera opera calviniana. In Il sentiero dei nidi di ragno, Pin sembra molto appassionato, ma nello stesso tempo disgustato, dal sesso, essendo un’attività adulta che non riesce a capire. Secondo Lucia Re55 si tratta di un voyeurismo particolare: Pin guarda l’attività sessuale ma non riesce a vederla realmente. In questo senso si può parlare di ‘voyeurismo cieco’: ogni volta che guarda e cerca di capire l’atto sessuale, il ragazzo fallisce. Quanto più si sforzi a capire, tanto meno riesce effettivamente a capire. Lo spiare lo rende quindi cieco, nel senso figurato. Il voyeurismo di Pin è tra l’altro dovuto alla sua curiosità fanciullesca. Lui prova ad esempio ad osservare l’azione adulterina di Dritto e Giglia, la moglie del cuoco Mancino, e spesso spia anche la sorella mentre sta con diversi clienti: «Di là c’è la camera di sua sorella filtrata dalle fessure del tramezzo, fessure da farsi venire gli occhi strabici a girarli per vedere tutt’intorno. La spiegazione di tutte le cose dal mondo è lí dietro quel tramezzo; Pin ci ha passato ore e ore fin da bambino e ci ha fatto gli occhi come punte da spilli; tutto quel che succede là dentro lui lo sa, pure ancora la spiegazione del perché gli sfugge»56 Nei libri di Calvino i motivi del ‘vedere’ e del ‘guardare’ risultano spesso importanti. Come si è già detto, la lezione sulla visibilità è completamente dedicata al tema dell’immaginazione. Domenico Scarpa, che usa i termini fantasia e immaginazione come sinonimi, sostiene che per Calvino «la fantasia, dunque, è visibilità»57. Scarpa precisa: 53 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 15. M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. 12. 55 L. Re, Calvino and the Age of Neorealism: Fables of Estrangement, Stanford, Stanford university press, 1990, p. 278. 56 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, cit., p. 42. 57 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 122. 54 30 «Fantasia vuol dire pensare per immagini, capacità di tradurre in immagini gli stimoli che il mondo ci propone: per cui essa è innanzitutto sguardo, in particolare quello sguardo straniato che ci permette di vedere il mondo (esterno e interiore) diversamente dall’ordinario»58 Questa osservazione descrive perfettamente il punto di vista che Calvino usa ne Il Sentiero dei nidi di ragno. Con il personaggio di Pin, Calvino ha scelto un punto di vista, ossia uno sguardo, alienante che si ritroverà nella maggior parte dei suoi romanzi successivi. 58 Ibidem, corsivo suo. 31 2.2 Il punto di svolta: dominio graduale dell’impegno letterario e enfasi sul fantastico In 2.1.1 si è dimostrato che Il Sentiero dei nidi di ragno è stato concepito come un’opera impegnata. Anche se lo scrittore non ha optato di adottare un punto di vista personale o autobiografico, egli è indiscutibilmente stato spinto dalla propria esperienza durante la guerra partigiana. Nella seconda parte di questo capitolo si cercherà di evidenziare un cambiamento nell’intenzione dello scrittore a partire della stesura de I nostri antenati. Attraverso le citazioni tratte dalla prefazione de Il sentiero dei nidi di ragno, scritta diciassette anni dopo la pubblicazione del romanzo, è diventato chiaro che Calvino non approvava più le sue prese di posizione di allora. Dalla prima pubblicazione all’edizione del ’64 si osserva un cambiamento di poetica. Nel 1960 Calvino raccoglie la cosiddetta ‘trilogia araldica’ sotto il titolo I nostri antenati. Questa trilogia comprende Il visconte dimezzato pubblicato nel 1952, Il barone rampante uscito nel 1956 e Il cavaliere inesistente del 1959.59 Nelle Lezioni americane Calvino dichiara di considerare questi tre racconti le sue prime storie fantastiche.60 Lo scrittore sostiene di aver scritto queste storie in base a tre immagini, rivelate già dai titoli, che si erano formate nella sua immaginazione: «Per esempio, una di queste immagini è stata un uomo tagliato in due metà che continuano a vivere indipendentemente; un altro esempio poteva essere il ragazzo che s’arrampica su un albero e poi passa da un albero all’altro senza più scendere in terra; un’altra ancora un’armatura vuota che si muove e parla come ci fosse dentro qualcuno»61 Si tratta quindi di tre immagini irrealistiche e fantastiche. Tuttavia non sono frutti di una fantasia abbondante o esempi di escapismo, queste immagini dovevano trasmettere un significato sottointeso. Sono immagini che si presentano cariche di significato62 e perciò si possono interpretare come rappresentazioni allegoriche. In questo sottocapitolo ci si limiterà ad una delle tre storie: Il barone rampante. Lumeggiando il doppio senso di questa storia si cercherà di dimostrare che l’engagement che si riscontra ne Il barone rampante è di stampo completamente differente da quello costatato ne Il sentiero dei nidi di ragno. Tramite questi due romanzi, distanti da quasi dieci anni, si sarà in grado di illustrare il passaggio da engagement politico e sociale a engagement letterario e sociale. 59 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 65-67. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99. 61 Ibidem. 62 Ibidem. 60 32 2.2.1 Fiction e impegno in Il barone rampante Vent’anni fa, Cesare Garboli63 espresse la sua incredulità nel confronto di parecchi critici che sostenevano l’abisso incolmabile che si era formato tra il giovane Calvino de Il sentiero dei nidi di ragno e il Calvino ‘nuovo’. Secondo Garboli non si tratta di una rotazione di 180 gradi. Egli sostiene che il Calvino dell’ideologia di impegno politico e sociale non è tanto differente dal Calvino delle Lezioni americane.64 Una completa confutazione della sua tesi non è possibile ma è altresì impossibile negare la rottura che si è affermata, a proposito dell’engagement, tra lo scrittore de Il sentiero dei nidi di ragno e le opere successive. Il barone rampante è probabilmente il primo libro di Calvino in cui si riesce a individuare chiaramente questo cambiamento di poetica. Già nel suo primo romanzo si notava che Calvino non riusciva a prendere posizione nella polemica sulla Resistenza. Lo scrittore non voleva negare la Resistenza come tematica nel suo romanzo ma non voleva neanche esaltare la Resistenza tramite la sua letteratura e aiutare così il PCI a consolidare la sua posizione politica dominante. Quello che funzionava meglio per Calvino fu l’adozione di un punto di vista alienante verso la realtà. La tecnica del punto di vista straniante ritorna più dichiaratamente nelle sua opere successive. Nella nota aggiunta alla pubblicazione de I nostri antenati nel 1960, egli testimonia: «Io, prima, facevo dei racconti “neorealistici”, come si diceva allora. Cioè raccontavo delle storie successe non a me ma ad altri, o che immaginavo che fossero successe o potessero succedere, e questi altri erano gente, come si dice, “del popolo”, ma sempre un po’ degli irregolari, comunque persone curiose»65 Dall’inizio della sua carriera come scrittore, Calvino prediligeva i personaggi straordinari o, come precisa Claude Imberty, i personaggi eccentrici.66 Nel ciclo de I nostri antenati la propensione calviniana per questi personaggi eccentrici è ancora più esplicitamente presente. La differenza più flagrante in confronto a Il sentiero dei nidi di ragno sta nel fatto che Calvino si sia allontanato dalla crudele verità della realtà. Si è distanziato dai fatti sociopolitici e si è congedato dalla parte più estrema della sua coscienza politica per abbracciare un mondo più fantastico e meno mimetico. Nondimeno la realtà (storica) continua ad essere presente: ne Il barone rampante si trovano fatti veri, personaggi storici, ecc. Però Calvino manipola questa realtà, la contamina con degli elementi fantastici al fine di alleggerire la 63 C. Garboli, «Plutone nella rete», cit., p. 12-13. Ivi, cit., p. 12. 65 I. Calvino, I nostri antenati, Torino, Giulio Einaudi, 1960, p. 353. 66 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 32. 64 33 serietà della realtà. Nonostante la dominante componente fantastica, l’opera non si può interpretare come un esempio di letteratura escapista visto che trasmette, attraverso gli elementi fantastici, un messaggio prestabilito. Una parte della serietà realistica viene scambiata per una dimensione giocherellone che permette a Calvino di passare il suo messaggio in maniera più adeguata. Rocco Capozzi67 afferma che in Il barone rampante, Calvino cerca di allontanarsi dalla realtà e prova di « trasmettere il messaggio tramite la “leggerezza” della scrittura»68. Capozzi allude ai giochi linguistici, ai giochi di parole, al legame tra scienza, letteratura e al comico; tutte tecniche che Calvino approfondirà negli anni sessanta, dopo aver vissuto l’esperienza dell’avanguardia parigina strutturalista. Ne Il barone rampante si presentano già i primi esempi di questo modo di giocare con la lingua anche se questa nuova dimensione non è il cambiamento più rivelatore de Il barone rampante. La particolarità de Il barone rampante, entro certi limiti anche rintracciabile ne Il visconte dimezzato, è il fatto che Calvino pone più l’enfasi sulla dimensione fantastica nella sua storia. Come indica Capozzi: «la concretezza e pesantezza della realtà socio-politica e, in genere, la rappresentazione/mimesi del reale, vengono alleggerite per mezzo della dimensione fantastica»69 Anche se è molto presente il mondo fantastico in questo libro e lo schema della storia è quello della fiaba70 si ritrova sempre la presenza di un Calvino ideologicamente engagé che non ha mai rifiutato o negato la realtà.71 La differenza sta nel fatto che l’engagement del primo Calvino si è sviluppato in un engagement di stampo diverso. Ne Il sentiero dei nidi di ragno è determinante la situazione politica e sociale di allora: Calvino ha tematizzato un soggetto che concerneva il popolo d’Italia in un certo momento storico. Ne Il barone rampante il suo engagement non riguarda più un tema politico o storico benché lo scrittore passi in rassegna diversi eventi storici. Calvino non fugge la realtà ma usa il fantastico per mostrare una realtà più intensa e più vera. Allo scopo di raggiungere questo effetto, Calvino richiede dai suoi lettori una grande attenzione per scoprire i significati sottointesi che ha voluto integrare nella sua opera.72 In questo senso l’opera è stata qualificata dalla critica 67 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», Rivista di Studi italiani, 2003, 2, p. 79-103. 68 Ivi, p. 84. 69 Ivi, p. 85. 70 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 69. 71 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 92. 72 Ivi, cit., p. 98. 34 come allegorica73.74 Con la figura di Cosimo Piovasco di Rondò che vive una vita intera sugli alberi, Calvino ha tematizzato la relazione dialettica tra individualità e solidarietà e più implicitamente ancora, la posizione di Cosimo simboleggia il ruolo del poeta oppure dello scrittore nella società moderna: «Sempre pero sapendo che per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri, d’imporre testardamente a sé e agli altri quella sua incomoda singolarità e solitudine in tutte le ore e in tutti i momenti della sua vita, così come è vocazione del poeta, dell’esploratore, del rivoluzionario»75 In questo romanzo si parla quindi della letteratura, dello scrittore, della sua posizione nella società, ecc. L’engagement in questo libro è di stampo completamente diverso dall’engagement nel primo romanzo calviniano, si tratta qua di un engagement letterario. Si cercherà in seguito di esplicitare il legame allegorico e di rivelare la posizione di Calvino nel dibattito letterario. Si proverà a rintracciare alcuni restanti del suo impegno sociopolitico e indagarsi sul loro vero significato. Anche il setting del libro è completamente diverso da quello del primo romanzo. La scelta di collocare la storia nel Settecento è confortata da motivi tematici. Infine si analizzerà l’importanza della rapidità e della visibilità in questo romanzo. Per quanto riguarda la trama si riesce a ricapitolare questo libro in due frasi: All’età di dodici anni, Cosimo Piovasco di Rondò, figlio del Barone d’Ombrosa, rifiuta di mangiare il suo piatto di lumache e, inizialmente come atto di ribellione, decide di vivere sugli alberi per il resto della sua vita. Il fratello minore, Biagio, trascrive le vicende della vita del barone rampante, da quello che ha potuto vedere lui e da quello che gli è stato suggerito da Cosimo stesso.76 a) Impegno politico? Si vuole dimostrare che da I nostri antenati in poi, la tematica politica ha una rilevanza periferica in confronto alla tematica della letteratura in sé. Ne Il barone rampante non la situazione politica degli anni cinquanta ma quella del Settecento è presente nella narrazione. Alcuni critici hanno cercato di raccordare certi eventi settecenteschi alle polemiche degli 73 «Un testo allegorico consente due significati, e anzi due significati realizzati sistematicamente in tutti gli elementi rilevanti del testo. Nella tradizione esegetica questi due significati vengono designati come significato verbale (sensus litteralis, historia, verbum) e come significato in stretto senso allegorico (sensus allegoricus, sensus translatus)» (R. Ceserani, Guido allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 264, corsivo suo.) 74 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 36. 75 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 357, corsivo suo. 76 F. Di Carlo, Come leggere I nostri antenati di Italo Calvino, Milano, Mursia, 1978, p. 46-51. 35 anni cinquanta del ventesimo secolo. Secondo Imberty, la rivoluzione francese funge come metafora nel romanzo per criticare i comunisti degli anni cinquanta.77 Imberty si basa sul fatto biografico che nel 1956 Calvino si è distanziato dalle attività del PCI.78 Questa congettura si rivela leggermente rischiata visto che Calvino non cercava di criticare il comunismo in sé ma di condannare il meccanismo sottostante a questa ideologia. Durante la Resistenza, Calvino ha combattuto per la causa comunista. Quando il partito comunista è finalmente andato al potere, egli si è sentito tanto deluso da certi atteggiamenti e certe prese di posizione che ha deciso di distanziarsi dalla vita partitica attiva. Analogamente Cosimo si ribella contro i nobili durante la rivoluzione francese, malgrado il suo titolo di barone, ma dopo l’arrivo delle truppe francesi che avessero dovuto cambiare le cose, Cosimo si è reso conto che non ci sarebbe cambiato nulla. Calvino critica quindi, non il PCI, non la rivoluzione francese, ma il meccanismo sottostante dei movimenti di liberazione e il fatto che portano ineluttabilmente ad un risultato deludente. Il criticismo di questo tipo di meccanismo chiarisce e motiva la posizione periferica che sia Calvino sia Cosimo hanno scelto. Ne consegue che questa critica, che a prima vista sembrava una prova dell’engagement politico calviniano, si rivela però una spiegazione della posizione dello scrittore nella società ed è quindi un esempio di engagement letterario. a) Il setting fantastico La componente fantastica gioca un ruolo fondamentale in Il barone rampante. Tuttavia bisogna sottolineare che si tratta di un fantastico ponderato. Nell’introduzione di questa tesi, si è spiegato la differenza tra fantasia e immaginazione. Visto che tutti gli elementi fantastici usati da Calvino in questo libro sono guidati dalla ragione, si può concludere che per la stesura di questo romanzo, lo scrittore ha fatto appello alla sua immaginazione e non alla sua fantasia. Il grado di sensatezza nel romanzo dimostra che lo scrittore non ha reciso tutti i vincoli con la realtà. I legami con la realtà sono necessari per riuscire a trasmettere il suo messaggio. Si può considerare il fatto che Calvino non si distacci completamente dalla realtà, un indizio dell’intenzione impegnata dello scrittore. Ciò viene confermato da Leonardo Sciascia nella sua recensione de Il barone rampante del 1957. Egli valuta l’immaginazione di Calvino come molto libera, ma assolutamente non ‘disimpegnata’ e 77 78 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 37. Ibidem. 36 aggiunge che anche l’interpretazione opposta, accogliere Il barone rampante come una mera dichiarazione morale, non sia appropriato.79 Si tratta quindi di nuovo di una combinazione di elementi fantastici e realistici, come si era già attestato ne Il sentieri dei nidi di ragno, con questa differenza che ne Il barone rampante la componente fantastica prevale su quella realistica e l’impegno è di stampo diverso. In confronto all’ambientazione de Il sentiero dei nidi di ragno, il setting de Il barone rampante colpisce subito come molto fantastico. A partire dall’inizio del romanzo Calvino gioca con questo equilibrio-squilibrio tra fiction e realtà. Dall’inizio del libro Calvino annuncia il protagonista, il narratore, il periodo storico e l’evento attorno a cui si sviluppa l’intera trama. Il romanzo comincia con: «Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi»80. In questa prima frase Calvino introduce Cosimo come protagonista, rivela che la storia è collocata nel Settecento, fa subito parlare Biagio, il fratello di Cosimo, e annuncia che un cambiamento sta per arrivare. Il Settecento si dice anche il secolo dei Lumi; un secolo che si contraddistingue per la sua straordinarietà; un «gran secolo d’eccentrici»81 come diceva Calvino stesso. Nel Settecento azioni o persone eccentriche non furono qualcosa di anomalo o inconsueto. Il secolo dei Lumi è fondato sulla ratio; una ratio tanto elaborata che portava l’intellettuale alle idee più strane e alle concezioni di vita più stravaganti bensì ragionate che ci siano mai state: il Settecento dell’immaginazione. A prima vista Il barone rampante si presenta come una storia realistica. Dall’inizio Calvino ha cercato di offrire al romanzo una dimensione realistica: «un paesaggio e una natura, immaginari sí, ma descritti con precisione e nostalgia; una vicenda che si preoccupava di rendere giustificabile e verosimile perfino l’irrealtà della trovata iniziale»82 L’immagine di un ragazzo che si arrampica sugli alberi e decide di mai più scendere fu la sua trovata iniziale e aveva secondo lo scrittore bisogno di un quadro realistico. Calvino ha integrato la dimensione realistica tramite un incipit tradizionale. Come precisa Giugliana Adamo83 si tratta di un incipit-data che si interpreta, nella letteratura, come una garanzia di realtà e verosimiglianza.84 Questa sorta di incipit è tipica del genere del romanzo realistico. Il 79 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, cit., p. 135. I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 75. 81 Ivi, p. 358. 82 Ibidem. 83 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», Strumenti critici, 2003, 1, p. 1-27. 84 Ivi, p. 10. 80 37 fatto che Calvino usa l’incipit proprio del codice del romanzo realistico, per il suo romanzo fantastico, si può interpretare come un esempio di intertestualità85. Nella nota del 1960, Calvino allude implicitamente alla componente realistica del suo romanzo dicendo: «insomma, avevo finito per prender gusto al romanzo, nel senso piú tradizionale della parola»86. Il romanzo nel senso più tradizionale è indubbiamente il romanzo realistico. Calvino ricorre a questo tipo di incipit tradizionale con un’intenzione parodistica87 anche se una dimensione realistica gli serviva per mantenere un certo grado di serietà nella storia. 88 Si vedrà dopo che questa serietà risulta necessaria nell’ottica dell’engagement letterario: l’identificazione tra Calvino come scrittore e Cosimo come intellettuale e il paragone tra le loro posizioni nella società non possono essere pienamente valorizzati in una storia esclusivamente fantastica ma richiedono invece un certo grado di verosimiglianza. Tuttavia, si è già detto che la componente fantastica predomina su quella realistica. Ne Il barone rampante, e già ne Il visconte dimezzato, Calvino ha rotto completamente con l’ideologia e la corrente del neorealismo. Come testimonia nella prefazione de Il sentiero dei nidi di ragno, egli ha vanamente provato a scrivere una storia esclusivamente realistica. Durante il processo di scrittura saltava sempre fuori una dimensione fantastica che non poteva negare. Con la trilogia, I nostri antenati, Calvino dimostra di aver accettato completamente la sua propensione per il genere fantastico.89 Come era il caso ne Il sentiero dei nidi di ragno, anche in Il barone rampante la fiaba serva da modello per alcune vicende della narrazione. Un esempio molto chiaro è lo scontro tra Cosimo e il gatto selvatico. Cosimo, ancora ragazzo, vince il combattimento con il gatto selvatico come un colpo di fortuna. Egli fa prova di un grande coraggio e di un’immensa tenacia che lo portano alla vittoria inaspettata. Tale vittoria è un simbolo ricorrente della fiaba: l’eroe vive un momento di maturazione che gli dà la fiducia in se stesso. 90 Ad un certo punto durante il combattimento Cosimo si trova ad un bivio: può fare un salto fino a terra che, molto probabilmente, gli salverebbe la vita ma invece decide di tener duro e di non saltare. Sarà questa scelta a portargli la vittoria. Tramite la vittoria si conferma nella sua scelta esistenziale di non scendere mai più dagli alberi. 85 Intertestualità: «Il testo letterario farà riferimento non a una realtà materiale, concreta ed esterna al testo medesimo, ma ad altri testi» (A. Bernardelli, La narrazione, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1999, p. 110.) 86 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 358, corsivo suo. 87 Parodistica come aggettivo di parodia. Parodia è un «termine (…) designante un componimento letterario che contraffà con intento comico o satirico un’opera conosciuta» (Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, cit., p. 776.) 88 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 12. 89 G., Bertone, (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, cit., p. 21. 90 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 42. 38 b) Impegno letterario e la posizione dello scrittore Non vi sono dubbi che in questo romanzo possiamo ritrovare un’identificazione tra il protagonista del romanzo e lo scrittore. In questo libro si potrebbero indicare due protagonisti: Cosimo, attorno a cui si sviluppa la trama, e Biagio che narra le avventure di Cosimo. Biagio prova a dare una descrizione della vita straordinaria del fratello. Nella prima metà del libro Biagio non sembra aver difficoltà a realizzare il suo progetto ma nel corso del romanzo il narratore si rende conto che le avventure che sono state raccontate da Cosimo non sono tanto affidabili: «La storia che ora riferirò fu narrata da Cosimo in molte versioni differenti: mi terrò a quella piú ricca di particolari e meno illogica. Se pur è certo che mio fratello raccontando le sue avventure ci aggiungeva molto di sua testa, io, in mancanza d’altre fonti, cerco sempre di tenermi alla lettera di quel che lui diceva»91 Si tratta quindi di una fonte primaria assai dubbiosa e di un narratore che non mira alla verità. Il lettore sta davanti una storia che, inizialmente, si è presentata come verosimile (cfr. supra) e entro certi limiti anche oggettiva, ma che risulta ingannevole. La testimonianza è diventata finzione e benché Biagio se ne rendi conto, non decide di raccontare soltanto i fatti di cui lui è stato testimone ma sceglie di riferire le versioni più interessanti delle vicende.92 Cosimo e Biagio ricoprono un posizione completamente diversa nella narrazione. Cosimo, come conferma Calvino stesso93, è un essere solitario. Il barone ha, coscientemente, scelto di trascorrere la sua intera vita negli alberi. Lui ha scelto di vivere fuori dalla società: vive sugli alberi mentre la vera vita sociale si sviluppa per terra. Comunque si intromette nella vita sociale e si sente molto coinvolto nelle vicende sociali. Il ragionamento sottostante di Calvino è il fatto che «per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri»94. Ne consegue che solo letteralmente, Cosimo ricopre una posizione fuori della società. Il fratello Biagio mena una vita conforma alle aspettative della società. Conosce bene il suo posto nella società e sceglie uno stile di vita tradizionale. Letteralmente egli fa parte della società, però non si impegna nelle attività della società come Cosimo. Nel romanzo il ruolo di Biagio si limita a quello di osservatore: osserva le azione del suo fratello come osserva le attività nella società. Si potrebbe concludere che Cosimo vive fuori dalla società, in senso letterale, come Biagio ricopre una posizione fuori dalla società in senso 91 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 167-168. C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 40. 93 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 358. 94 Ivi, p. 357, corsivo suo. 92 39 figurato. Per quanto riguarda la domanda “con chi si identificava Calvino” non esiste una risposta univoca. Da un lato Calvino si avvicina al personaggio di Biagio in quanto anche lui è un osservatore ma dall’altro lato assomiglia piuttosto a Cosimo per via della posizione solitaria. Calvino stesso ha suggerito nell’introduzione della versione scolastica de Il barone rampante che Cosimo è una rappresentazione allegorica del poeta.95 Visto che nelle Lezioni americane Calvino equipara l’attività del poeta a quella dello scrittore, «Sono convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso dallo scrivere poesia»96, sembra giustificato interpretare la figura di Cosimo, non solo come rappresentazione allegorica del poeta ma anche dello scrittore. La parola chiave attorno a cui si stabilisce questo avvicinamento tra un uomo che vive negli alberi e uno scrittore è la distanza97. Ed è con questo termine che entra in scena la questione dell’engagement. Per Calvino lo scrittore deve distanziarsi dal mondo reale per poter mirare quel mondo.98 Si rifugia nel mondo antitetico della fantasia per osservare da lì il mondo reale. La posizione di Cosimo simboleggia quindi il punto di vista che lo scrittore deve appropriarsi per guardare la realtà: un punto di vista distante e straniante. Su quest’idea Calvino ritornerà parecchie volte nella sua carriera come scrittore, in particolare in una conferenza tenuta a New York nel 1983, The Written and the Unwritten World, in cui dice: «se dici che il tuo vero mondo è la pagina scritta, se solo là ti senti a tuo agio, perché vuoi staccartene, perché vuoi avventurarti in questo mondo vasto che non sei in grado di padroneggiare? La risposta è semplice: per scrivere. Perché sono uno scrittore. Quello che ci si aspetta da me è che mi guardi intorno e catturi delle rapide immagini di quel che succede, per poi tornare a chinarmi sulla mia scrivania e riprendere il lavoro. È per rimettere in moto la mia fabbrica di parole che devo estrarre nuovo combustibile dai pozzi del non scritto»99 Si tratta quindi implicitamente della relazione dialettica tra una posizione distante e l’attività dello scrivere: come Cosimo, anche lo scrittore ha bisogna di una posizione isolata e solitaria per raggiungere la prospettiva che lo aiuterà nella sua attività di scrittura. Il fatto che Calvino tematizzi l’attività dello scrivere, diventa evidente alla fine del libro quando parla allegoricamente della letteratura e della funzione dello scrittore: «Ombrosa non c’è piú. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c’era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d’inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si 95 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 37. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. 97 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 46. 98 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 38. 99 M. Barenghi (a cura), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, cit., p. 1867. 96 40 sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito»100 Il mondo del barone Cosimo non esiste più, rivela il narratore, ed è esistito soltanto per volontà dello scrittore. Quale è il valore di questa storia visto che si può a ridurre tutto questo mondo ad alcuni tratti di inchiostro, sembra chiedersi Calvino.101 È morto il protagonista Cosimo e con lui sparisce il mondo in cui viveva. La morte di Cosimo simboleggia quindi la necessità di Calvino di accomiatarsi dalla storia come scrittore e rappresenta la fine di questa storia come la fine di questo mondo. Così Calvino richiama l’attenzione del lettore sulla finzione di questa storia, di questo mondo, di Cosimo e esplicita la relazione problematica e offuscata tra il mondo dell’immaginazione e il mondo reale. Il barone rampante tematizza l’attività dello scrivere, la figura e la posizione dello scrittore e la relazione tra la componente fantastica e quella realistica nella letteratura. L’importanza delle questioni politiche è minima e quasi inesistente. Soprattutto la fine del romanzo mostra come l’interesse per le questioni morali e politiche, tanto presenti ne Il sentiero dei nidi di ragno, è stata sostituita con un interesse per i problemi e le questioni della letteratura.102 L’impegno politico si è trasformato in un impegno letterario che, a partire da Il barone rampante tornerà in ogni libro che Calvino scrive in vita sua. Il barone rampante segna dunque un momento di transizione nella sua attività come scrittore. Negli anni sessanta Calvino partecipa alle attività sperimentali dell’avanguardia parigina e si concentra sulle problematiche della letteratura. Nelle opere scritte in questo periodo l’impegno letterario si manifesta in maniera ancora più esplicita.103 c) Rapidità e Visibilità in Il barone rampante Gli elementi principali di questa opera sono quattro: il personaggio Cosimo, la componente fantastica, l’impegno letterario e le storie o i racconti di Cosimo. Per quanto riguarda il valore della rapidità in questo libro, soprattutto l’ultimo elemento è di grande rilievo. Come si è accennato prima, la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono maggiormente presenti in esempi di letteratura fantastica. Visto che in questo libro la 100 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 261. G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 17. 102 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 45. 103 G. Bertone, (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, cit., p. 25. 101 41 componente fantastica prevale sulla componente realistica, la caratteristica della rapidità dovrebbe esser molto presente in questo romanzo. La rapidità si ritrova innanzitutto nel susseguirsi delle avventure di Cosimo, raccontate da egli stesso o da Biagio, che fa pensare alla catena di storie di Sheherazade in Mille ed una notte. Quando Cosimo racconta una delle sue avventure, mette in rilievo le azioni dell’avventura e dà meno attenzione ai personaggi della storia.104 In questo modo si stimola il ritmo veloce del racconto. Nella lezione sulla rapidità, Calvino menziona l’esempio di Sheherazade e aggiunge:«È un segreto di ritmo, una cattura del tempo»105. Si tratta della stessa cattura del tempo nei racconti di Cosimo. Il ritmo svelto di cui parla Calvino, si attesta nelle storie raccontate da Cosimo ma non si ritrova nella cornice del romanzo. Il libro ha una struttura tradizionale del tipo inzio-mezzo-fine.106 La storia inizia con il rifiuto del piatto di lumache e la decisione di vivere negli alberi e mai più scendere. La parte centrale è costituita dalle vicende della vita di Cosimo e il libro finisce con la morte di Cosimo. Ogni avventura è strutturata come un racconto ed è caratterizzata da un ritmo veloce. Malgrado la rapidità dei racconti, la struttura sovrastante del romanzo è caratterizzata da un certa lentezza e in questo senso le avventure di Cosimo si potrebbero percepire come digressioni rallentanti. In ogni caso si tratta sempre di un’operazione sulla durata; una caratteristica inerente ad ogni narrazione, come precisa Calvino nella lezione sulla rapidità.107 Anche la visibilità gioca un ruolo rilevante ne Il barone rampante. Si è già rimarcato che Calvino mette la visibilità in relazione con l’immaginazione (cf. 2.1.1d). Nella sua lezione sulla visibilità egli cita l’esempio de Il barone rampante per illustrare come, alla base delle sue storie fantastiche, ci sta sempre un’immagine.108 Come ne Il sentiero dei nidi di ragno, anche in questo romanzo ci sono alcuni esempi di ‘voyeurismo’.109 Questa forma di visibilità riguarda soprattutto Biagio nel suo ruolo di osservatore: egli osserva le azioni di Cosimo per poi trascriverle, ma non interviene. Anche Cosimo si presenta alcune volte come osservatore ma nel corso del libro diventa piuttosto un uomo dell’azione. All’inizio del libro Cosimo si diverte, osservando la gente. La sua decisione di vivere negli alberi lo aveva messo in una posizione dove nessuno lo vedeva ma da dove egli vedeva tutto e tutti: 104 C. Imberty, «Il Calvino eccentrico», cit., p. 42. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 46. 106 G. Adamo, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», cit., p. 3. 107 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 43. 108 Ivi, p. 99. 109 M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. 12. 105 42 «Guardava tutto, e tutto era come niente. Tra i limoneti passava una donna con un cesto. Saliva un mulattiere per la china, reggendosi alla coda della mula. Non si videro tra loro; la donna, al rumore degli zoccoli ferrati, si voltò e si porse verso la strada, ma non fece in tempo. Si mise a cantare allora, ma il mulattiere passava già la svolta, tese l’orecchio, schioccò la frusta e alla mula disse: – Aah! – E tutto finí lí. Cosimo vedeva questo e quello»110 Già presto il suo carattere istintivo e impulsivo lo spinge a passare all’azione. Nel romanzo, diverse avventure iniziano con la vista di qualcosa; ad esempio quando Cosimo, facendo la guardia, vede nel cuore della notte il Cavalier Avvocato. Questa visione porterà alla scoperta del tradimento del Cavalier Avvocato e infine alla sua morte. Anche la volontà di Cosimo di ‘vedere’ il famoso ladro Gian dei Brughi è l’inizio di una grande avventura. Con le sue descrizioni dettagliate, Calvino spinge il lettore alla visualizzazione. Anche se nessuno ha mai visto un uomo che salta da un albero all’altro, mangia, si innamora e va a caccia negli alberi, ogni lettore è in grado di farsi un’immagine di Cosimo. Con la visibilità della sua scrittura, Calvino aiuta il lettore a visualizzarsi eventi fantastici e straordinari. 110 I. Calvino, I nostri antenati, cit., p. 84. 43 Capitolo 3: Rapidità e Visibilità come strumenti di analisi In questo terzo capitolo si cercherà di analizzare adeguatamente la seconda e la quarta lezione, rispettivamente Rapidità e Visibilità, cosicché si riesca di rintracciare questi due valori, in due opere calviniane: le Fiabe italiane e Le Cosmicomiche. Nel capitolo precedente si sono abbozzate le affinità di questi due valori con il genere fantastico. Questo legame diventerà ancora più chiaro e esplicito mediante l’analisi delle due lezioni e la loro applicazione alle opere sopraindicate. Per evitare ogni rischio di riduzionismo è fondamentale sottolineare la coesione interna delle Lezioni americane. Perciò isolare due lezioni in una totalità di cinque1 risulta un’operazione assai difficile. Di conseguenza ci si soffermerà talvolta per evidenziare la connessione con una lezione precedente, il preludio di un tema che verrà poi sviluppato in una lezione successiva, alcune tematiche ricorrenti, ecc. L’isolamento di queste due lezione sembra indirettamente concesso da Calvino stesso, dato che lo scrittore aveva l’intenzione di trattare ogni valore separatamente nell’arco di sei conferenze all’università di Harvard. Si tratta di cinque valori letterari e autonomi inglobati da quell’idea sottostante di conservazione per il prossimo millennio. Si farà però particolarmente attenzione a non offendere in nessun modo la cosiddetta «struttura ricorsiva delle Lezioni».2 Come si è detto parecchie volte prima, a Calvino non piaceva parlare di sé. Dal suo punto di vista l’opera doveva stare al centro dell’attenzione e non la personalità dello scrittore. In alcune interviste egli aveva precisato che tutto quello che è importante o necessario per la lettura e la comprensione delle sue opere stava nel testo stesso. William Weaver, il suo traduttore inglese, conferma che contrasta con la completezza e la perfezione dei libri calviniani la lacunosità di tutte le interviste rilasciate dallo scrittore.3 Nel primo capitolo si è parlato del fatto che le Lezioni americane siano state accolte come l’opera con il maggior grado di allusioni autobiografiche. Accanto ai rimandi alle proprie opere, Calvino usa spesso le visioni e le opere di altri scrittori per comunicare le proprie idee sulla letteratura. Egli parla spesso attraverso le voci dei suoi scrittori preferiti.4 1 Visto che la sesta lezione non è mai stata scritta, consideriamo le lezioni cinque in totale. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, Firenze, Firenze Atheneum, 2002, p. 125, corsivo suo. 3 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 21. 4 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 155. 2 44 Di conseguenza si deve tener presente il fatto che Calvino abbia preso minuziosamente in considerazione ogni brano e ogni scrittore citato, visto che sia quelle opere sia gli scrittori gli servivano da portavoci nelle sue Lezioni americane. 3.1 Rapidità Calvino comincia la sua apologia della rapidità con l’esempio di una leggenda di Carlo Magno. Passa in rassegna diverse versioni di questa leggenda e rivela ai lettori la sua versione preferita, quella molto compatta del romantico francese Barbey d’Aurevilly. Calvino usa la versione dello scrittore francese per illustrare la peculiarità del valore della rapidità. Due parametri segnano la sua interpretazione della rapidità: il ritmo e l’immaginazione.5 Il ritmo della narrazione, interpretabile come una sorta di cadenza, è elaborato tramite il susseguirsi degli avvenimenti narrati. L’austerità del racconto invece, stimola e dà libero corso all’immaginazione del lettore. Già all’inizio della lezione si afferma il legame tra rapidità e immaginazione. In questo modo viene annunciato la lezione sulla visibilità, visto che l’immaginazione costituisce la tematica principale di questa quarta lezione. Calvino illustra con la leggenda di Carlo Magno il processo di metamorfosi nella scrittura: le parole si susseguono con un tale ritmo che il lettore riesce a trasformarle in una successione di immagini. A questo punto entrano in scena la rapidità del ritmo ma anche la capacità dell’immaginazione. Il ritmo prediletto da Calvino, è strettamente legato all’oggetto magico, di cui si è già parlato a proposito de Il sentiero dei nidi di ragno. La successione delle vicende, realizzata dall’oggetto magico, assume l’apparenza di una catena. Si tratta quindi di un ritmo stabilito da una concatenazione che concede molto spazio all’immaginazione. La lezione inizia come un’apologia della rapidità, ma presto diventa chiaro che Calvino non si limita ad un’esaltazione della rapidità ma include nella sua lezione anche il valore opposto, l’indugio. Nonostante questa ambivalenza, è evidente che lo scrittore favorisce la rapidità però senza negare i piaceri dell’indugio. Calvino precisa: «Con questo non voglio dire che la rapidità sia un valore in sé: il tempo narrativo può essere anche ritardante, o ciclico, o immobile. In ogni caso il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo»6 5 6 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 123. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 43. 45 Si potrebbe argomentare che nel valore della rapidità, descritto come operazione sul tempo narrato, sono anche incluse, entro certi limiti, alcune tecniche dell’indugio. Nella sua raccomandazione della rapidità Calvino tollera unicamente le tecniche che promuovono o che influenzano perlomeno il ritmo svelto della narrazione. Dal punto di vista calviniano le uniche forme di indugio accettabili sono quelle funzionali.7 Nel genere della fiaba esistono due processi, quasi antitetici, sulla durata che sono entrambe stimolanti per il ritmo della fiaba. In primo luogo vi è la trascurabilità o la relatività di certi periodi di tempo. Quando una principessa viene imprigionata per sette anni, questo lungo periodo passivo di lamentazioni, tristezza, ecc. è di solito riportato con una singola frase nella fiaba. Il tempo narrante/narrativo prevale sul tempo narrato/reale, perché il ritmo della fiaba si nutre con il susseguirsi delle azioni. In secondo luogo vi è la ripetizione, una caratteristica spesso dovuta alla natura orale delle fiabe. A prima vista la ripetizione sembra essere una tecnica di effetto deleterio per il ritmo veloce di un racconto. Calvino invece, accosta la funzione della ripetizione nella fiaba a quella della rima nella poesia. Nella poesia sono di solito le rime ad elaborare la cadenza del poema, analogamente nel genere della fiaba le ripetizioni forniscono il ritmo svelto. Si può concludere che sia l’accelerazione del tempo, esempio perfetto di rapidità, sia la ripetizione, esempio di indugio, stimolano il ritmo della narrazione. Nella lezione sulla rapidità si distingue una struttura tripartita. Nelle prime due parti Calvino si concentra innanzitutto sul valore della rapidità benché si fermi, certe volte, sul valore dell’indugio. Nella terza parte cerca di enucleare il problema dell’indugio e di raggiungere un consenso. Piacentini individua una bipartizione nella struttura.8 Nella prima parte Calvino si concentra esclusivamente sulla letteratura folklorica.9 Lo scrittore si interroga essenzialmente sulle questioni stilistiche della rapidità e sul ritmo della letteratura tramite quattro esempi di letteratura cosiddetta folklorica. Innanzitutto Calvino tocca il proprio lavoro di trascrizione; le Fiabe italiane con cui riesce a illustrare l’economia espressiva della fiaba. Il secondo esempio riguarda la fiaba famosissima di Charles Perrault: La Belle au bois dormant. Calvino usa questo esempio per dimostrare la possibilità di fermare il tempo in una fiaba. In terzo luogo egli mette in risalto la relatività del tempo con un brano tratto da Rip Van Winkle di Washington Irving. E infine Calvino fa allusione alla tecnica, già citata nel 7 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 127. Ivi, p. 137. 9 Ivi, p. 136-137. 8 46 capitolo precedente, di Sheherazade e Le mille e una notte per illustrare le «operazioni sulla continuità e la discontinuità del tempo».10 La seconda parte è costituita, come indica Piacentini, da esempi di letteratura colta.11 Per facilitare il trapasso dalla letteratura folklorica alla letteratura colta, Calvino sceglie una novella del Decameron di Giovanni Boccaccio con cui illustra l’importanza della rapidità nell’arte del racconto orale. In seguito esprime la sua ammirazione per un passo di The English Mail-Coach di Thomas De Quincy e passa alla citazione di alcuni brani dello Zibaldone di Pensieri di Giacomo Leopardi, l’autore più ammirato e più citato da Calvino nelle Lezioni americane. Lo scittore chiude la fila di esempi di letteratura colta con il Saggiatore di Galileo Galilei. In questa seconda parte, Calvino abbandona il concetto di rapidità stilistica e si focalizza sulla sua seconda interpretazione di rapidità che introduce con queste parole: «la velocità di cui si parla è una velocità mentale».12 Calvino arriva a questo ragionamento deduttivo tramite la novella del Decameron in cui Boccaccio paragona la novella, un genere svelto e breve, al cavallo. Con il brano tratto da De Quincey che descrive una collisione, Calvino riesce ad evidenziare il legame tra la velocità fisica e la velocità mentale nella letteratura colta. Tramite i pensieri di Leopardi in cui collega la velocità allo stile poetico, Calvino ritorna sulla metafora del cavallo per la velocità mentale che è stata usata per la prima volta, a suo avviso, da Galileo Galilei. Visto che si proverà ad applicare la lezione sulla rapidità alle Fiabe italiane sarà di grande rilievo la prima parte della lezione che si concentra sugli aspetti stilistici della rapidità. Alla bipartizione di Piacentini si potrebbe aggiungere una terza parte. Come detto prima, in questa parte Calvino concede un po’ di spazio al valore opposto, l’indugio. Però in quest’ultima parte si nota anche un altro fenomeno. La parte finale della Rapidità è contrassegnata da immagini «di’ordine mitologico-letterario ovvero emblematico»13 accanto a nuovi esempi di scrittori noti come Laurence Sterne, Carlo Levi, Jorge Luis Borges, ecc. La prima immagine è quella di Salviati e Sagredo. In questi due personaggi del Dialogo sui massimi sistemi di Galileo Galilei, Calvino ritrova l’idea della rapidità mentale. Per Calvino i due personaggi sono la personificazione di due sfaccettature del temperamento di Galileo.14 10 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 46. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 137. 12 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 47. 13 M. Barenghi, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», cit., p. 36. 14 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 51. 11 47 Come si è sottolineato nell’introduzione di questo capitolo, Calvino usa spesso altri scrittori per parlare sé, di conseguenza si possono interpretare Salviati e Sagredo come i due lati del temperamento calviniano.15 Con Salviati e Sagredo lo scrittore introduce infatti la vera contemplazione del proprio temperamento. Più avanti Calvino proporrà le figure di Mercurio, Saturno e Vulcano per indicare certi aspetti del suo temperamento. Si tornerà su questo argomento in seguito. Nell’interpretazione di Calvino «Salviati è il ragionatore metodologicamente rigoroso, che procede lentamente e con prudenza; Sagredo è caratterizzato dal suo “velocissimo discorso”, da uno spirito più portato all’immaginazione»16 Da questa frase si deduce che Salviati personifica la ratio e Sagredo l’immaginazione. Questi due poli si avvicinano più facilmente a Calvino, come scrittore, che a Galileo, in quanto scienziato. Dai capitoli precedenti è diventato chiaro che le opere di Calvino oscillano sempre tra il polo della ragione e quello dell’immaginazione. Si giunge quindi alla conclusione che Calvino si serve della la coppia Salviati-Sagredo al fine di spiegare il proprio temperamento. Salviati in quanto ragionatore, agisce con estrema cura e attenzione e non precipita le cose ma procede lentamente mentre Sagredo è più impulsivo, immaginoso e procede con una grande velocità. Si attesta quindi la combinazione di rapidità e indugio. Se prima era chiaro che Calvino si sentiva più attratto dal concetto di rapidità, con questo binomio che funge inoltre come preludio al suo motto «Festina lente»17 che si traduce come affrettati lentamente, egli lo mette in dubbio. La connessione con la coppia Salviati-Sagredo è molto evidente. Calvino rivela quanto questo motto è stato importante per lui dalla sua giovinezza in poi. Tradizionalmente al motto è legata la coppia marina del delfino e dell’àncora, ma Calvino decide di sostituirla con un'altra coppia, secondo lui, più significativa, la coppia della farfalla e del granchio. Il fatto che lo scrittore assegni un’immagine al motto indica il suo bisogno di visualizzare i suoi pensieri.18 I due valori, rapidità e visibilità, sono quindi di nuovo congiunti. Vi è un motivo per cui Calvino preferisce l’immagine della farfalla e del granchio a quella del delfino e dell’àncora. L’accoppiamento della farfalla e del granchio provoca, secondo Calvino, una sensazione di armonia. Ed è proprio su questa armonia tra rapidità e indugio che Calvino tornerà alla fine 15 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 141. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 51. 17 Ivi, p. 55. 18 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 167. 16 48 della lezione, quando presenterà l’immagine del granchio in un altro contesto. Un idea molto ricorrente nelle opere e nei saggi calviniani è quella del potenziale, ossia dell’ipotetico. Tramite l’esempio di Jorge Luis Borges, uno scrittore molto ammirato da Calvino, accenna all’idea della letteratura potenziale su cui tornerà nella Visibilità. Borges compie un’operazione molto emblematica per il valore della rapidità: egli recensisce un libro fittizio. Il libro in questione non è mai stato scritto, ma a Borges sarebbe piaciuto di aver scritto questo romanzo. Da questo tipo di sintesi o concentrazione Calvino si sente attratto in modo tale che nel corso della sua vita cercherà di raggiungere un risultato simile: «mi limiterò a dirvi che sogno immense cosmologie, saghe ed epopee racchiuse nelle dimensioni d’un epigramma»19. L’armonia tra rapidità e indugio diventa ancora più evidente con l’esempio di Mercurio, Saturno e Vulcano. Tramite le caratteristiche che lungo la storia sono state associate a questi dei, Calvino prova di nuovo a parlare del proprio temperamento come scrittore. In un primo momento contrappone Mercurio, il dio della comunicazione che grazie alle ali ai piedi si muove tra i diversi mondi con un’estrema agilità, a Saturno, il dio «melanconico, contemplativo, solitario»20 spesso associato al temperamento degli artisti. Calvino confessa: «sono sempre stato anch’io un saturnino, qualsiasi maschera diversa abbia cercato d’indossare (…) sono un saturnino che sogna di essere mercuriale, e tutto ciò che scrivo risente di queste due spinte»21 Anche se ammette di essere un saturnino, lo scrittore introduce un altro dio a cui si sente probabilmente ancora più vicino, Vulcano. Questo dio sta con Mercurio in un rapporto ancora più antitetico che in quello di Mercurio e Saturno. Però, paradossalmente, Calvino individua in questa contrapposizione anche un senso di complementarità. Dall’unione di questi dei è scaturito un accordo armonico. Analogamente Calvino scrittore tenta di raggiungere una stessa sintonia combinando i valori della rapidità e dell’indugio. Vulcano, in quanto concentrazione, tenacia e disciplina, rappresenta la condizione necessaria per ottenere la rapidità, l’agilità e la sveltezza di Mercurio, esattamente come «il lavoro dello scrittore deve tener conto di tempi diversi: (…) un messaggio d’immediatezza ottenuto a forza d’aggiustamenti pazienti e meticolosi»22. Questo suo ragionamento diventa evidente leggendo la storia cinese con cui Calvino finisce la lezione. L’imperatore cinese chiede 19 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 58. Ivi, p. 59. 21 Ivi, p. 59-60. 22 Ivi, p. 61. 20 49 all’artista Chuang-Tzu di designare un granchio. L’artista risponde di aver bisogno di cinque anni e dopo di questo oltre cinque anni per mettere in atto questo impegno. Quando l’imperatore ritorna dopo dieci anni, Chuang-Tzu prende il pennello e disegna, in un istante, il granchio più bello che sia mai esistito. Qualche anno prima della stesura delle Lezioni americane, Calvino racconta la stessa storia in un’intervista con Weaver, e aggiunge: «I’m a slow starter. (…) But once I’ve started, then I can be quite fast. In other words, I write fast, but I have huge blank periods»23 Con le immagini della terza parte della lezione Calvino ha provato di lumeggiare un’idea fondamentale della sua attività come scrittore: l’idea che si deve fare prova di un’estrema maturità per arrivare ad un’armonia, o piuttosto un equilibrio tra rapidità e pazienza, ossia indugio.24 Un ultimo riferimento biografico che può spiegare perché Calvino abbia scelto di difendere la rapidità a e non l’indugio, è la sua propensione per le short stories. Quando scrive Calvino ha come scopo di caricare il suo testo di una particolare densità. 25 Lo scrittore è convinto che solo nel genere breve si riesca a suscitare appieno questa densità. Ribadisce la propria predilezione citando altri grandi scrittori di short stories. La sua preferenza per il genere breve e rapido si attesta in diverse sue opere: le Fiabe italiane, Le Cosmicomiche, Ti con zero e, volendo, anche i dieci inizi che si trovano in Se una notte d’inverno un viaggiatore. In conclusione segnaliamo che Cesare Garboli ha giustamente rimarcato una particolarità molto importante delle Lezioni Americane: «Si tratta infatti di lezioni che sono, puntualmente, una “mise en abyme”: Calvino vi parla con esattezza dell’esattezza, con rapidità della rapidità, con molteplicità della molteplicità, ecc. ecc.»26 Per quanto riguarda la lezione della rapidità Calvino è riuscito a integrare il ritmo veloce, che difende in questa lezione, nei passaggi da un’immagine ad all’altra: da Salviati-Sagredo al motto Festina lente alla coppia del granchio e della farfalla a Mercurio-Vulcano e così via. Queste immagini si dissolvono l’una nell’altra acquistando in questo modo un ritmo che le avvicina a delle metamorfosi, come sostiene Piacentini27. 23 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 24. A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 167. 25 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. 26 C. Garboli, «Plutone nella rete», cit., p. 12-13. 27 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 131. 24 50 3.2 Visibilità La natura visiva delle opere di Calvino è uno degli elementi principali che distingue Calvino da altri scrittori, benché alcuni critici abbiano considerato questa qualità una limitazione artistica.28 Visto che Calvino è stato chiamato uno degli autori più visuali della letteratura italiana29, non vi è alcun dubbio che questa lezione occupi una posizione fondamentale nella poetica calviniana. Secondo Michel Nota30 «la littérature est pour l’auteur [Calvino], on le sait également, un ouvroir d’images».31 Tale osservazione è rappresentativa per la presupposta importanza del valore della visibilità in Calvino. La lezione sulla visibilità viene annunciata nella seconda lezione, come si è detto prima, e anche nella terza lezione Esattezza. Calvino dedica il finale di Esattezza alla figura intrigante di Leonardo da Vinci. In quanto homo universalis, da Vinci si è dedicato alla pittura, la scultura, la filosofia, la scienza, ecc., ma anche all’arte della scrittura. Nelle Lezioni americane Calvino si riferisce a un momento specifico nella vita di Leonardo da Vinci, tramite cui riesce ad anticipare la tematica della Visibilità. In un certo momento della vita, Leonardo da Vinci ha avuto la visione di un mostro marino. Sul momento l’artista aveva designato il mostro. Dopo, gli era venuto il bisogno di trascrivere questa visione in parole. Malgrado tre tentativi, il pittore non riusciva a formulare una descrizione che ritenesse soddisfacente. Il non essere in grado di rendere con parole quello che si vede dettagliatamente nella mente, ossia nell’immaginazione, è la questione che viene trattata nella lezione sulla visibilità.32 Si è notato come, nelle Lezioni americane, Calvino presti tanta attenzione alla genesi delle sue opere. In particolare nella Visibilità, egli si concentra sul writing process in cui l’immaginazione ha un ruolo attivo.33 Calvino individua due processi immaginativi antitetici che caratterizzano l’ideazione e l’elaborazione delle sue opere narrative. Il primo trova il suo punto di partenza nella parola, da cui nasce poi l’immagine. Questo processo si ritrova ad esempio nella lettura di un’opera: le parole scritte nero su bianco spingono il lettore alla 28 S. Adler, Calvino. The writer as fablemaker, cit., p. 142. M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, cit., p. X. 30 M. Nota, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 181194. 31 Ivi, p. 181. 32 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 398. 33 J. Cannon, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali d’Italianistica, 1991, 9, p. 204. 29 51 visualizzazione. Il secondo processo d’immaginazione è quello caratteristico per la scrittura: un’immagine, nata nella mente dello scrittore, si presenta carica di significato, suscitando presso lo scrittore la necessità di tradurre quest’immagine in parole. Quest’ultimo processo si verifica già all’inizio della lezione, nel ragionamento di Dante sulla fantasia e il primo processo si reperisce nelle idee di Ignazio de Loyola.34 Nonostante il fatto che Calvino avvicini il primo processo alla lettura e il secondo processo alla scrittura, lo scrittore si è fatto guidare da questo primo processo, nella creazione de Le Cosmicomiche visto che la lettura di un enunciato scientifico sta alla base di ciascuna delle cosmicomiche. Le parole scientifiche evocavano presso Calvino un’immagine intrigante che lo scrittore ha cercato di tradurre in parole. Queste ultime parole stimolano a loro volta l’immaginazione del lettore finché anche lui o lei non riesca a formarsi un’immagine. Nell’analisi de Il barone rampante si è già discusso sul fatto che Calvino avesse prima in mente l’immagine di un «ragazzo che s’arrampica su un albero e poi passa da un albero all’altro senza più scendere in terra»35 che poi lo portò all’ispirazione per la stesura dell’intera opera. I due processi, apparentemente antitetici risultano entro certi limiti complementari. Calvino allude a un principio sovrastante e fondamentale che, in un certo senso, collega questi due processi: «dal momento in cui comincio a mettere nero su bianco, è la parola scritta che conta (…) Sarà la scrittura a guidare il racconto nella direzione in cui l’espressione verbale scorre più felicemente, e all’immaginazione visuale non resta che tenerla dietro»36 Nel momento in cui la scrittura prende il controllo, entra in scena quello che Calvino descrive come la «mia intenzione nell’ordinare e dare un senso allo sviluppo della storia».37 Questo momento cruciale si presenta sia nel primo sia nel secondo processo.38 Calvino segnala quindi il suo bisogno di limiti, regole e ordine. Una necessità che si riscontra maggiormente ne Le Cosmicomiche. Questa occorrenza di un incanalamento teorico non può che essere il risultato dell’influenza della littérature sous contraintes dell’OuLiPo, da cui Calvino è stato attratto.39 L’OuLiPo era un gruppo parigino di letterati e matematici che sperimentavano con la lingua e con le relazioni tra la letterature e la scienza.40 L’idea di ordine e di intenzionalità calviniana può, entro certi limiti, esser messa in relazione con 34 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 408. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 99. 36 Ivi, p. 100. 37 Ibidem. 38 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 419. 39 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 123. 40 Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», MLN, 1997, 1, p. 82. 35 52 alcune regole dell’OuLiPo, ma un’identificazione totale tra la poetica dell’OuLiPo e le idee di Calvino non corrisponderebbe alla realtà. Calvino voleva dimostrare che il suo modo di procedere non era guidato esclusivamente dall’ immaginazione o da libere associazioni ma che si trattava di un procedimento ragionato.41 In questa lezione Calvino cerca di individuare quali sono le fonti della dimensione visuale dell’immaginazione letteraria. Egli indica quattro elementi: «l’osservazione diretta del mondo reale, la trasfigurazione fantasmatica e onirica, il mondo figurativo trasmesso dalla cultura ai suoi vari livelli e un processo d’ astrazione, condensazione e interiorizzazione dell’esperienza sensibile»42. Nella formazione dell’immaginazione entrano quindi le immagini direttamente ricavate dalla realtà, quelle fornite dalla cultura e un’operazione di trasfigurazione o astrazione che si potrebbe interpretare come una forma di estraniazione. Nel capitolo precedente si è già riferito al punto di vista estraniante nelle opere di Calvino. L’estraniazione, ossia lo straniamento, è una componente molto caratteristica della narrativa fantastica calviniana. Già nella lezione sulla leggerezza viene toccato questo argomento. Michel Nota43 insiste nel suo saggio, sul parallelismo tra il mito di Perseo e la Medusa e il rapporto del poeta con il mondo. Egli sostiene che Calvino ha cercato di dimostrare che il poeta, ossia lo scrittore, deve rifiutare di guardare il mondo in maniera frontale, come anche Perseo fu costretto di evitare una visione diretta della Medusa. Bisogna guardare il mondo indirettamente e da una distanza significativa. Tale sguardo crea un effetto alienante che Calvino considera necessario nelle sue opere fantastiche in cui prova a rappresentare i mondi possibili, nati nell’immaginazione dello scrittore. Lo sguardo estraniante, che non è altro che un punto di vista diverso per guardare la realtà44, crea quindi questi mondi possibili nell’immaginazione dello scrittore: «è l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere. (…) La fantasia è una specie di macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, divertenti» 45 Poche pagine più avanti, Calvino precisa che questi mondi possibili dell’immaginazione si sono fusi in un unico mondo; il mondo del potenziale che lo scrittore considera uno dei tre mondi esistenti: 41 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 396, 426. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 106. 43 M. Nota, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», cit., p. 184-185. 44 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 400. 45 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 102. 42 53 «La fantasia dell’artista è un mondo di potenzialità che nessuna opera riuscirà a mettere in atto; quello di cui facciamo esperienza vivendo è un altro mondo, che risponde ad altre forme d’ordine e di disordine; gli strati di parole che s’accumulano sulle pagine come gli strati di colore sulla tela sono un altro mondo ancora, anch’esso infinito, ma più governabile, meno refrattario a una forma.»46 Accanto al mondo del potenziale, Calvino individua anche il mondo del reale (mondo non scritto) e il mondo delle parole (mondo scritto). Considerando questo passo, sembra giustificato che nel suo saggio del 2003, Belpoliti47 definisca il saggio calviniano The Written and the Unwritten World del ’83 una premessa alle Lezioni americane. Più corretto ancora sarebbe definirlo una prefazione della Visibilità. Nella conferenza del ‘83, Calvino sostiene che tra questi due mondi, anche se affini per alcuni aspetti, esiste un chiaro confine che segna la loro diversità. Nelle Lezioni americane Calvino aggiunge a questi due mondi separati un terzo mondo a se stante; il mondo del potenziale, ossia il mondo dell’immaginazione. Ciascun mondo è caratterizzato dalle proprie peculiarità. Il mondo del potenziale è formato innanzitutto dall’immaginazione, il mondo scritto è un mondo costituito da parole mentre il mondo non scritto è modellato sulla realtà. Calvino si accorge che il rapporto tra questi mondi si può descrivere come «indefinibile»48, ovvero «indecidibile»49. Egli cerca di illustrare il rapporto tra l’immaginazione del mondo potenziale, la letteratura del mondo scritto e la realtà del mondo non scritto tramite Le Chef-d’oeuvre inconnu di Honoré de Balzac. Calvino interpreta la storia come una parabola della letteratura fantastica. La storia è quella di Frenhofer, un pittore, che pensa di aver dipinto il quadro perfetto. La pittura è composta da un misto di colori in cui si intravede un piede femminile. Nella prima versione, due pittori colleghi riconoscono la magistralità del dipinto. Nella seconda versione, si rivela già un senso di incomprensione e si conclude che Frenhofer deve essere un uomo molto solitario; un mistico illuminato.50 Nella terza e ultima versione, non si porta rispetto all’opera di Frenhofer che ormai è considerato pazzo. Piacentini51 interpreta queste versioni come una parabola ordinata per gradi. Tra parola e realtà esiste un tramite: l’immagine. L’immagine deriva direttamente dalla realtà. La parola si base su questa immagine e diventa di conseguenza una rappresentazione al secondo livello: una rappresentazione della 46 Ivi, p. 109. M. Belpoliti, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p. 173. 48 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 109. 49 Ibidem. 50 Ivi, p. 108. 51 A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 453-461. 47 54 rappresentazione o come indica Piacentini: «La parola è un’immagine dell’immagine»52. Inoltre bisogna tener presente che la parola non potrà mai raggiungere l’immaginazione visiva come l’immagine non riuscirà mai a rappresentare la realtà in maniere esaustiva. Calvino precisa che i tre mondi si intersecano infinitamente ma non saranno mai mondi coincidenti. Nel primo capitolo si è accennato alla ragione morale e sociale per cui Calvino ha integrato la visibilità nel suo elenco di valori da salvare. Egli teme la perdita di una facoltà fondamentale, la capacità di «pensare per immagini»53, a causa dell’influenza schiacciante della nostra cultura visiva. Proprio per questo motivo Calvino propone una pedagogia dell’immaginazione. Secondo lui, è assolutamente necessario coltivare e stimolare la facoltà dell’immaginazione. Lo scrittore prova a ribadire il bisogno di una tale pedagogia parlando della propria infanzia. Usa quindi la sua infanzia come una sorta di exemplum. Egli racconta come da ragazzo, “leggeva” i comics54 americani del Corriere dei Piccoli, un settimanale per bambini.55 Non sapendo leggere, guardava i disegni e fabbricava nella propria mente una storia che poteva corrispondere a questi disegni. Lo scrittore cerca di dimostrare il plusvalore che questa attività gli ha apportato: «la lettura delle figure senza parole è stato certo per una scuola di fabulazione, di stilizzazione, di composizione dell’immagine»56 Durante la sua infanzia Calvino era affascinato da fumetti, questa attenzione si spostava durante l’adolescenza ad una nuova passione, il cinema. Calvino nota che l’impatto che i fumetti, o in generale il disegno, hanno avuto sopra di lui è stato più determinante di quello del cinema. La sua prima pubblicazione, come rivela nel intervista con Weaver, fu infatti un disegno, pubblicato all’età di undici anni.57 L’influenza del disegno e del fumetto colpisce soprattutto nell’opera che si esaminerà nel capitolo seguente, Le Cosmicomiche. Calvino chiude la lezione sulla visibilità in una maniera straordinaria. Dopo aver considerato e descritto minuziosamente i tre mondi e i loro limiti, lo scrittore rivela la sua predilezione per il mondo scritto: 52 Ivi, p. 455. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 103, corsivo suo. 54 Comic è il termine inglese per fumetto di cui la Bernardelli dice «Nel mondo comtemporaneo una delle principali forme del "racconto per immagini" è il popolare fumetto – composto da una commistione di scrittura e di immagini» (A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 12, corsivo suo.) 55 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 104. 56 Ivi, p. 105. 57 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 25. 53 55 «Comunque, tutte le «realtà» e le «fantasie» possono prendere forma solo attraverso la scrittura, nella quale esteriorità e interiorità, mondo e io, esperienza e fantasia appaiono composte della stessa materia verbale»58 Anche se Calvino poneva prima che il rapporto tra i tre mondi è indefinibile, qua si rivela che la scrittura occupa una posizione privilegiata nell’ottica calviniana, visto che secondo lo scrittore sia l’immaginazione e sia la realtà, si possono tradurre in parole.59 58 59 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 110. M. Belpoliti, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», cit., p. 172. 56 Capitolo 4 : Rapidità e Visibilità applicate a due opere calviniane In questo ultimo capitolo si analizzeranno i valori letterari, rapidità e visibilità, in due opere calviniane: Fiabe italiane e Le Cosmicomiche. Si tratta infatti di un’analisi retrospettiva: mediante la conoscenza acquisita attraverso la lettura e l’approfondimento delle due Lezioni americane si cercherà di rintracciare la realizzazione di entrambi i valori nelle opere sopracitate. Una doppia motivazione segna la scelta di queste due opere. In primo luogo si è chiesto in quale opera calviniana la rapidità e la visibilità, in quanto qualità letterarie, sono dichiaratamente presenti. Il primo criterio è quindi di natura intuitiva e si potrebbe considerare un criterio arbitrario. Tale arbitrarietà è in gran parte inevitabile visto che un’analisi retrospettiva sarebbe auspicabile per ogni opera calviniana. Rapidità e visibilità sono qualità che caratterizzano l’intera opera calviniana. Di conseguenza si è cercata l’opera che più si differisce dalle altre, per la presenza di una delle due qualità. In secondo luogo la scelta è stata facilitata dall’intervento di Calvino stesso. Parecchie volte nelle Lezioni americane lo scrittore cita le proprie opere, come illustrazioni di un certo valore. Nella lezione sulla rapidità egli accenna al lavoro di trascrizione delle Fiabe italiane e nel quarta lezione, Visibilità, Calvino parla del processo di immaginazione che stava alla base de Le Cosmicomiche. Si proverà a delineare i due valori nel processo di scrittura, nello stilo e nell’impostazione di queste opere. Ci si soffermerà anche sul loro impatto in quanto portatrici del valore individuato. 4.1 Fiabe italiane – Rapidità Per un periodo di due anni, dal 1956 al 1958, Calvino si è dedicato alla stesura delle Fiabe italiane.1 Questa stesura non era soltanto una questione di raccogliere le fiabe più belle in Italia ma si trattava di un lavoro molto più impegnativo. Come descrive Calvino stesso nella sua introduzione alle Fiabe italiane, era un «lavoro di “unificazione”, cioè di scegliere tra le varianti, tradurre dove c’è da tradurre, riscrivere il già scritto in italiano»2. 1 G. Bonura, Invito alla lettura di Calvino, cit., p. 58. M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane. Raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Mondadori, Milano, 1993, p. XI. 2 57 A Calvino non era stato assegnato il compito di raccogliere le fiabe disperse per l’Italia; quello era il compito di Giuseppe Cocchiara.3 L’incarico di Calvino si “limitava” alla selezione delle fiabe più interessanti e più rappresentate e alla riscrittura letteraria di quelle fiabe selezionate. Calvino ha cercato di provvedere la raccolta di una certa unità. Anche se il risultato è un insieme di racconti singolari, la lettura dell’opera fornisce un senso di unità. Dato che Calvino non si è limitato ad una mera traduzione ma si è impegnato nella realizzazione di un progetto più esteso, che risente dello stile tipico calviniano e della sua poetica molto riconoscibile, è giustificato secondo Sarah Cruso4 di parlare delle «fiabe di Calvino»5. Questa descrizione, adoperata già prima da Delio Cantimori6, premette di analizzare le Fiabe italiane come un’opera esplicitamente calviniana nonostante il fatto che siano stati narratori dispersi per tutta l’Italia a fornire il materiale narrativo. Essendo in gran parte una riscrittura, si riuscirà, più adeguatamente ancora, a individuare gli aspetti su cui Calvino si è concentrato e in particolare l’attenzione che ha prestato all’integrazione o alla conservazione del valore della rapidità, tramite mezzi stilistici come la contaminazione di diversi racconti, l’accelerazione del ritmo, l’omissione di dettagli considerati inutili, ecc. L’incarico di compilare una raccolta di duecento fiabe italiane, gli è stato affidato da Giulio Einaudi. Calvino pensava di non avere nessuna competenza in questa materia, ma accettò comunque la sfida: «Era per me – e me ne rendevo ben conto – un salto a freddo, come tuffarmi da un trampolino in un mare in cui da un secolo e mezzo si spinge solo gente che v’è attratto non dal piacere sportivo di nuotare tra onde insolite, ma da un richiamo del sangue (…) Invece io m’immergevo in questo mondo sottomarino disarmato d’ogni fiocina specialistica, sprovvisto d’occhiali dottrinari, neanche munito di quella bombola d’ossigeno che è l’entusiasmo»7 Calvino si è impegnato a fondo in questo progetto e nel corso di questi due anni si è appassionato al genere della fiaba.8 Dopo un periodo di esitazione in cui non si sentiva abbastanza esperto per condurre questo progetto a buon fine, Calvino ha dato prova di un vero e proprio «tour de force»9, come precisa Lavagetto. In un arco di tempo brevissimo, lo scrittore ha selezionato, adattato, ordinato, redatto, riletto e riscritto centinaia di fiabe al fine di arrivare a un totale di duecento fiabe chiare, belle e letterarie.10 Si potrebbe concludere 3 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 897. S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane, Roma, Carocci, 2007. 5 Ivi, p. 19, corsivo suo. 6 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXXVIII. 7 I. Calvino, Sulla Fiaba, Torino, Einaudi, 1988, p. 15-16. 8 Ivi, p. 16. 9 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XIV. 10 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 24. 4 58 che Calvino ha seguito l’esempio di Chuang-Tzu, (cf. 3.1), avendo dimostrato quella combinazione armoniosa di indugio e rapidità. Dopo un lungo periodo di studio, Calvino è passato alla realizzazione di questo progetto, si è impegnato intensivamente e ha lavorato ad alta velocità. Nell’introduzione Calvino sostiene che è stato una convinzione personale a spingerlo in direzione di questa attività di riscrittura: «È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quel qualcosa cui prima accennavo, quell’unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere»11 Questa battuta è stata interpretata e analizzata da vari studiosi. Ci sono diverse maniere in cui si può interpretare questa frase. Alcuni critici12 hanno riferito alla componente allegorica delle fiabe, indicando la morale della fiaba come la verità di cui Calvino parlava. Altri13 hanno interpretato questa frase con l’aiuto del resto del testo introduttivo. Con questa frase Calvino ha, probabilmente, voluto sottolineare i significati sottointesi racchiusi nelle fiabe14 che riferiscono, non al mondo inesistente dei palazzi e delle principesse, ma al mondo quotidiano e reale. Questi significati non sono sempre esplicitati sotto forma di una morale. Si tratta di significati che ritornano, leggermente mutati, in ogni fiaba, e cercano di dare «una spiegazione generale della vita»15. Calvino evidenzia quindi di nuovo il legame tra il mondo fantastico e quello reale. Egli non cerca di rompere ogni legame con la realtà ma prova sempre a stabilire e esplicitare la connessione tra questi due mondi apparentemente diversi. Infine la frase, «le fiabe sono vere», si può anche interpretare in maniera completamente diversa però molto rilevante alla luce della Rapidità. Calvino dice: le fiabe «sono il catalogo di destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che è appunto il farsi di un destino: la giovinezza»16 Dalle Lezioni americane, in particolare dalla lezione sulla rapidità, si sa che Calvino è stato attratto dal genere della fiaba innanzitutto per motivi stilistici. Alla luce di questa conoscenza, Lavagetto17 ritiene legittimo supporre che con la descrizione «catalogo di destini», Calvino intendesse un aspetto stilistico della fiaba. Secondo Lavagetto, lo scrittore 11 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 19, corsivo mio. Ad esempio JoAnn Cannon in Writer and Critic. 13 Ad esempio Dominico Scarpa in Italo Calvino. 14 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 898. 15 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 19, corsivo mio. 16 Ibidem. 17 M. Lavagetto, Dovuto a Calvino, Torino, Bollati Boringhieri, 2001, p. 38. 12 59 percepisce l’universo della fiaba come un’enciclopedia di funzioni, e ogni fiaba si caratterizza dalla maniera in cui queste funzioni vi sono presenti.18 Questa interpretazione sembra corrispondere al ragionamento della quinta lezione delle Lezioni americane, Molteplicità. Si può quindi concludere che la sua interesse per la fiaba era principalmente di natura formale e stilistica. Era attratto dall’economia, ossia dalla rapidità, della fiaba che considera una caratteristica intrinseca di questo genere. Nella Rapidità, Calvino parla dell’«economia espressiva»19 della fiaba. Con questo termine indica che tutto quello che viene nominato nella fiaba, ogni fatto narrativo, nome, luogo o dettaglio, ha una funzione rilevante e necessaria. Ed è proprio questa economia espressiva a cui Calvino mirava: «The folktales’ economy of expression is one of my stylistic ideals»20. È interessante chiedersi perché Giulio Einaudi abbia affidato questo incarico a Calvino. Probabilmente Einaudi si è fatto guidare dalle opere precedenti di Calvino. Prima del 1954, Calvino aveva pubblicato due opere in cui si sono osservati elementi fiabeschi. Si è già sufficientemente insistito sulla componente fiabesca ne Il sentiero dei nidi di ragno che Cesare Pavese ha descritto come «una favola di bosco»21. Anche ne Il visconte dimezzato, pubblicato solo tre anni prima delle Fiabe italiane, si trovano elementi fiabeschi. Di conseguenza la scelta per Calvino fu assai evidente. Prima delle Fiabe italiane, lo scrittore coltivava già una predilezione per certi elementi che sono stati descritti dalla critica come «fiabeschi». Nondimeno, l’esperienza di riscrittura delle fiabe ha sicuramente nutrito e rinforzato questo suo interesse, in particolare per quanto riguarda la rapidità come qualità stilistica. Questa impresa ha sicuramente marcato il resto della sua attività come scrittore. Secondo Scarpa, si rintraccia in quest’opera «un catalogo completo dei suoi libri a venire»22. Prima delle Fiabe italiane Calvino si limitava alle forme letterarie più tradizionali. Solo dopo questa esperienza, e soprattutto negli anni sessanta, Calvino si è immerso nel mondo dei short stories con Le Cosmicomiche, Ti con Zero, ecc. Lo scrittore è stato attratto dall’economia, dal ritmo e dalla logica delle fiabe ed ha provato, nel suo lavoro di riscrittura, a evidenziare questi aspetti, come si dimostrerà più avanti. Egli ha probabilmente individuato questi elementi di rapidità durante la lettura e lo studio delle diverse fiabe e ha di 18 Ivi, p. 38. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 44. 20 F. Ricci (a cura di), Calvino Revisited, cit., p. 30. 21 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 7. 22 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 125. 19 60 seguito elaborato questi elementi durante la riscrittura finché gli siano sembrati abbastanza valorizzati. Dopo due anni di esplorazione e di intenso studio nel mondo della fiaba, Calvino stesso si chiede se riuscirà mai a uscire da questa esperienza: «Ora, il viaggio tra le fiabe è finito, il libro è fatto, scrivo questa prefazione e ne son fuori: riuscirò a rimettere i piedi sulla terra?»23 Calvino annuncia quindi l’impatto di questa esperienza sulla scrittura delle sue opere successive. Lo scrittore non riuscirà mai ad accomiatarsi definitivamente dall’universo della fiaba. Secondo Lavagetto, il «rimettere i piedi sulla terra» è un’anticipazione del suo romanzo successivo, Il barone rampante, in cui Cosimo decide di stare nel suo proprio mondo e non più rimettere i piedi sulla terra.24 Le caratteristiche sopraccitate, che hanno colpito lo scrittore durante il suo studio delle fiabe, influiranno ancora sulla poetica presentata nelle Lezioni americane. In questo senso, la Cruso rimarca giustamente che il lavoro di scrittura è stata due anni di apprendistato poetico per Calvino.25 Le Fiabe italiane forniscono il materiale ideale per capire appieno alcune delle sue scelte di poetica, in particolare quelle concernente la rapidità, che sembrano avere i fondamenti in quest’opera. Per la Cruso, le qualità da conservare nel prossimo millennio, più dichiaratamente presenti nelle Fiabe italiane, sono la molteplicità e l’esattezza.26 Questi valori sono effettivamente presenti nelle Fiabe italiane, in particolare la molteplicità, come si è abbozzato prima. Comunque, tra gli elementi caratterizzanti della fiaba che sono particolarmente presenti nella riscrittura calviniana e hanno potuto influenzare lo scrittore durante la sua carriera, vi è sicuramente presente il valore della rapidità. Anche la Cruso sembra d’accordo a questo proposito. Passando in rassegna i cinque valori delle Lezioni americane applicati alle Fiabe italiane, lei descrive tre qualità come caratteristiche del genere della fiaba: «La rapidità è elemento fondante della fiaba (…) [la visibilità] È un attitudine specifica del fiabesco (…) È insito nella struttura della fiabe il carattere “molteplice”»27 Come accennato prima, la molteplicità nelle fiabe riguarda innanzitutto la composizione della fiaba e le funzioni come individuate da Vladimir Propp28. La visibilità è caratteristica della fiaba, essendo un genere 23 I. Calvino, Sulla Fiaba, cit., p. 18. M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XIV. 25 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 8. 26 Ivi, p. 46. 27 Ivi, p. 105-106, corsivo mio. 28 In Morfologia della fiaba Vladimir Propp individua 31 funzioni nella fiaba: «Per funzione intendiamo l’operato d’un personaggio determinato dal punto di vista del suo significante per lo svolgimento della vicenda» (A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 29) 24 61 completamente pervaso da elementi fantastici originati dall’immaginazione. La rapidità, infine, viene detto «elemento fondante», si tratta quindi di una caratteristica indispensabile della fiaba innanzitutto sul livello stilistico. Nella sua prefazione alle Fiabe italiane, Lavagetto29 individua quattro tipi di lettori. Fin qui ci si è comportati come il secondo tipo di lettore, che cerca di intravedere il ruolo delle Fiabe italiane nella carriera di Calvino come scrittore e di reperire quello che lo scrittore ha imparato o assimilato da questa esperienza per quanto riguarda la rapidità. Per capire il ruolo delle Fiabe italiane, si deve inoltre fare appello all’esperienza del terzo lettore che analizza i diversi cambiamenti, eseguiti da Calvino, rispetto alla fiaba originale. Calvino interviene parecchie volte in favore della rapidità. Si proverà in seguito di elencare alcuni degli interventi che si possono collegare alla lezione sulla rapidità come analizzata nel terzo capitolo. Nell’analisi della seconda lezione, Rapidità, si è evidenziato che l’interpretazione calviniana della rapidità è segnata da due elementi fondamentali: il ritmo e l’immaginazione. Il ritmo è legato al susseguirsi delle azioni e per l’immaginazione è fondamentale l’austerità del racconto. Tale sobrietà dà libero corso all’immaginazione dei lettori. Allo scopo di raggiungere quest’austerità, Calvino si permette di eliminare ogni parola, fatto narrativo o azione che considera ridondante ma anche di aggiungere elementi che favoriscono il ritmo veloce della fiaba. La maggior parte dei titoli delle fiabe, attribuiti da Calvino, non corrispondono a quelli delle fonti. Cristina Lavinio30 ha osservato che 74,1% dei titoli calviniani differiscono dai titoli originali. Ovviamente si deve tener conto di diverse gradazioni di cambiamenti. La studiosa aggiunge che i titoli calviniani sono generalmente più lunghi da quelli indicati dalle fonti.31 A prima vista un prolungamento dei titoli sembra andare contro il principio della rapidità. La Cruso ha dimostrato che Calvino cancella spesso degli elementi metatestuali dai titoli originali.32 Ad esempio il titolo della fiaba 51 La fola dèl Gob Tabagnein è stato ridotto da Calvino a Il gobbo Tabagnino.33 Per la Cruso i titoli cambiati si caratterizzano soprattutto dalla loro unicità. A suo avviso Calvino cerca di evidenziare nel titolo la peculiarità della fiaba.34 Ma la rielaborazione dei titoli risulta spesso 29 M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXI-XLVII. C. Lavinio, «La formazione del titolo nel passaggio del racconto dall’oralità alla scrittura», La Ricerca Folklorica, 1990, 21, p. 117. 31 Ivi, p. 118. 32 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61. 33 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 1107. 34 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61-62. 30 62 anche significante per quanto riguarda la rapidità. Calvino inserisce nel titolo i fatti più rilevanti della fiaba. I titoli sono quindi contrassegnati da un’estrema sinteticità informativa, ossia economia espressiva. Si riesce ad illustrare questa sinteticità confrontando alcuni titoli originali con le loro rielaborazioni calviniane: Titolo originale Titolo calviniano n.11) Margheritina La bambina venduta con le pere n.27) Una leggenda della Morte Il paese dove non si muore mai n.108) Giuseppe Ciùfolo Giuseppe Ciufolo che se non zappava suonava lo zufolo La sposa sirena n.132) Storia d’una sirena Nella fiaba 11, Calvino cancella il nome proprio dal titolo ma aggiunge l’azione iniziale della fiaba: una bambina nascosta in una corba di pere destinate per il re, si infila nel castello del re dove diventa poi serva, soprannominata Perina. Dal titolo originale della fiaba 27, Calvino conserva il tema della morte ma cancella l’elemento metatestuale. Il titolo calviniano indica di nuovo l’azione con cui la fiaba inizia: un giovane non vuole morire e decide di andare alla ricerca di un paese dove non si muore mai. La frase «il paese [ o posto] dove non si muore mai»35 racchiude l’essenza della fiaba e viene ripetuta nove volte nel corso del racconto. Per quanto riguarda la fiaba 108, Calvino aggiunge al titolo l’azione che caratterizza il protagonista e accenna, indirettamente, all’oggetto magico, la zappa, che porterà fortuna al protagonista. Dal titolo della fiaba 132, Calvino toglie di nuovo l’elemento metatestuale e aggiunge una parola chiave, «sposa», che insieme alla parola «sirena» sintetizza l’intera fiaba: la sposa di un marinaio, essendo stata infedele, viene buttata nel mare dove le sirene la salvano e la trasformano in una sirena, alla fine della fiaba la sirena si trasforma di nuovo in sposa e riunisce al marito. Si vede che Calvino cancella dai titoli, tutti gli elementi che non gli sembrano funzionali e aggiunge elementi funzionali e significativi in modo tale che riesce a racchiudere l’intera fiaba in una frase sola. Durante la stesura delle Fiabe italiane, Calvino sembra già coltivare un’ambizione che descrive trent’anni dopo nella lezione sulla rapidità: «Io vorrei mettere insieme una collezione di racconti d’una frase, o d’una sola riga, se possibile»36. 35 36 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 168. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 58. 63 Una seconda osservazione dei titoli rivela alcune similitudini tra i titoli delle fiabe e i titoli della trilogia araldica. Anche questi titoli (Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente) sono contrassegnati da un’estrema sinteticità e riferiscono l’azione principale della storia. Il fatto che Calvino avesse già pubblicato Il visconte dimezzato prima della sua attività come narratore di fiabe, può avere due significati: da un lato può darsi che Calvino sia sempre stato attratto dalla rapidità come valore letterario e dall’altro lato è probabile che, attraverso la riscrittura delle fiabe, si sia reso conto della sua propensione per la rapidità e influenzato dal genere della fiaba, abbia poi inventato gli altri due titoli. Anche le formule di aperture delle fiabe sono contrassegnate da una stessa rapidità. Di solito Calvino rivela spesso l’azione principale entro il primo paragrafo o a volte entro la prima frase come nella fiaba 27. La prima frase di questa fiaba svela l’azione attorno a cui si sviluppa l’intera fiaba: «Un giorno, un giovane disse: - A me questa storia che tutti devono morire mi piace poco: voglio andare a cercare il paese dove non si muore mai»37 La Cruso38 precisa che Calvino stimola il ritmo veloce della fiaba mettendo l’azione in primo piano. Parecchie volte lo scrittore cancella anche la tipica frase iniziale «c’era una volta». Secondo la Cruso, questa frase ha un carattere magico; introduce il lettore in un tempo e uno spazio fantastico e immaginario.39 Dato che lo scrittore non elimina questa espressione iniziale in maniera conseguente, è possibile che pure Calvino consideri la frase come magica. Di solito lo scrittore conserva tutti gli elementi della fiaba che ritiene funzionali per la comprensione e la bellezza della fiaba.40 Significherebbe che Calvino cancella la frase «c’era una volta» quando il trapasso dal mondo reale a quello immaginario è già evidenziato da altri elementi narrativi. Nelle fiabe 11, 27, 108 e 132, la famosa frase si attesta solo nell’ultima fiaba. Nella fiaba 132, Calvino ha effettivamente bisogno della frase magica per sottolineare che si tratta di una storia immaginaria. Nelle altre fiabe non occorre la frase visto che il tema della fiaba rivela la dimensione fantastica: un paese dove non si muore mai o una zappa che zappa da sé, ecc. Senza la frase magica, i lettori o gli ascoltatori della fiaba 132 potrebbero percepire la storia come reale: «C’era una volta una bella donna sposa, e suo marito faceva il marinaio. Questo marinaio navigava e stava lontano anni e anni, e mentr’era via un Re di quel paese si innamorò della sposa e tanto disse tanto fece che la sposa scappò via con lui. Il marinaio quando sbarcò trovò la casa vuota. Passò un po’ 37 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 168. S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 61. 39 Ivi, p. 71. 40 Ivi, p. 102. 38 64 di tempo, e quel Re si stancò della donna e la cacciò via. E lei, pentita, tornò dal marito, a inginocchiarsi davanti a lui e a chiedergli perdono»41 Calvino cerca la maniera più veloce per immergere il lettore nel mondo immaginario della fiaba e riduce la fiaba al mero funzionale. La prima esigenza per raggiungere la cosiddetta economia espressiva è la funzionalità. Di conseguenza ogni intervento calviniano in favore della rapidità e del ritmo è contrassegnato da questa funzionalità. Tre tecniche della rapidità sono particolarmente ricorrenti nelle Fiabe italiane: l’accelerazione, il discorso diretto e paradossalmente anche la ripetizione. Sia Lavagetto42 sia la Cruso43 hanno sottolineato l’importanza dell’accelerazione nelle fiabe di Calvino. Anche la relatività e la trascurabilità del tempo, come spiegate nel capitolo precedente, giocano un ruolo importante a questo proposito. Esistono tantissimi esempi di questa tecnica; ad esempio nella fiaba 27, Il paese dove non si muore mai, Calvino riesce a far passare centinaia di anni in solo quattro pagine. Il discorso diretto è molto frequente nei dialoghi delle fiabe, e ha come funzione di sintetizzare la narrazione.44 Anche le ripetizioni sono molto frequenti nelle Fiabe italiane. Si è osservato nel terzo capitolo che Calvino usa la ripetizione per suscitare la cadenza, ossia il ritmo veloce che porta avanti la narrazione ma evita le ripetizioni non funzionali. La fiaba 27 costituisce un bel esempio perché è impostata sulla tecnica della ripetizione. Il giovane cerca il paese dove non si muore mai e incontra tre vecchi con cui potrebbe sopravvivere rispettivamente cento, duecento e trecento anni, prima di scoprire il posto dove si non muore mai. Gli incontri con questi tre uomini si svolgono sempre nella stessa maniera e in questo modo Calvino riesce a suscitare il ritmo desiderato. Calvino cancella quindi tutti i restanti della trasmissione orale visto che non hanno nessuna funzione in una fiaba scritta45 e conserva le ripetizioni inserite come aiuto mnemotecnico e quelle che agiscono in favore del ritmo, come nella fiaba 27. 41 I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. 716. M. Lavagetto, Prefazione, in I. Calvino, Fiabe italiane, cit., p. XXXI. 43 S. Cruso, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane , cit., p. 88. 44 Ivi, p. 81. 45 Ivi, p. 75. 42 65 4.2 Le Cosmicomiche – Visibilità Le Cosmicomiche sono state pubblicate nel novembre del 1965. L’opera contiene dodici racconti, strutturati nella loro ordine di stesura ad eccezione di due racconti, I Dinosauri e La spirale, che si sono scambiati di posto visto che Calvino voleva chiudere l’opera con La spirale.46 I primi quattro racconti uscirono già un anno prima, nella rivista di Giambattista Vicari, Il Caffè, in un numero dedicato a Calvino.47 Il titolo, Le Cosmicomiche, è composto da due aggettivi: cosmico e comico. In un’intervista, di cui Calvino stesso preparò il testo di base, egli spiega il titolo: «Nell’elemento cosmico per me non entra tanto il richiamo dell’attualità «spaziale», quanto il tentativo di rimettermi in rapporto con qualcosa di molto più antico. Nell’uomo primitivo e nei classici il senso cosmico era l’atteggiamento più naturale; noi invece per affrontare le cose troppo grosse abbiamo bisogno d’uno schermo, d’un filtro, e questa è la funzione del comico»48 Il titolo rivela quindi un aspetto fondamentale dell’opera: Calvino usa il comico al fine di rendere l’universo più afferrabile e comprensibile. Alla luce della Visibilità si possono interpretare Le Cosmicomiche come una specie di visione, nel senso di «idea o concezione»49. Si tratta quindi di una visione comica dell’universo, ossia del cosmo. Per via della combinazione di una tematica cosmica e una visione comica, Le Cosmicomiche sono state avvicinate, dalla critica, alle Operette morali di Giacomo Leopardi.50 Calvino stesso rivela in Il Caffè, di esser stato ispirato tra l’altro da Leopardi.51 Ogni cosmicomica si presenta come la visualizzazione di un evento importante. Di solito si tratta di un evento cruciale attraverso cui si è effettuato il passaggio da un’era all’altra nella storia dell’universo.52 Questo momento cruciale è evocato all’inizio del racconto da una breve introduzione scientifica, tratta da un libro scientifico, che ha ispirato Calvino nella creazione del racconto. Come spiegato nel terzo capitolo, il brano scientifico evoca nell’immaginazione dello scrittore un’immagine a partire da cui inizia il processo creativo. Bertoni e Ferraro53 precisano che questo modo di procedere è basato sulla tecnica di inversione del procedimento mimetico: 46 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 94. Ibidem. 48 I. Calvino, Le Cosmicomiche, Milano, Oscar Mondadori, 2002, p. V, corsivo suo. 49 M. Cannella (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, cit., p. 2029. 50 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 908. 51 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 52 J. Cannon, Italo Calvino : Writer and Critic, cit., p. 49. 53 Bertoni, Roberto e Ferraro, Bruno, Calvino ludico. Riflessioni sul gioco in Calvino, Viareggio-Lucca, Mauro Barodi Editore, 2003. 47 66 «non indurre la narrativa dal mondo bensì far scaturire dei racconti di invenzione dalle tesi scientifiche citate in epigrafe a ciascuno di essi»54 In alcuni casi si tratta di fatti scientifici notori e divulgativi come ad esempio l’estinzione dei dinosauri, una fase nella teoria dell’evoluzione della specie o la teoria del Big Bang. Calvino reinterpreta queste tesi basilari della scienza che appartengono alla conoscenza collettiva dell’uomo, collocando gli eventi “cosmici” in un altro contesto e guardandoli da un altro punto di vista. Tale operazione si avvicina ad una delle soluzioni, indicate nella lezione sulla visibilità, per garantire la sopravivenza della letteratura fantastica nel Duemila, un millennio che, secondo Calvino, sarebbe dominato da una cultura visiva piena di immagini prefabbricati55: «Riciclare le immagini usate in un nuovo contesto che ne cambi il significato. Il post-modernism può essere considerato la tendenza a fare un uso ironico dell’immaginario dei mass media, oppure a immettere il gusto del meraviglioso ereditato dalla tradizione letteraria in meccanismi narrativi che ne accentuino l’estraneazione»56 Diversi critici hanno evidenziato sia il riuso di materiali con scopo parodico57 sia elementi postmoderni58 ne Le Cosmicomiche. Certi racconti sono basati su un fenomeno noto, altri invece sono ispirati a un fatto scientifico molto più astratto e sconosciuto, come ad esempio l’idea darwiniana che la distanza tra la terra e la luna si creò gradualmente o certe tesi della cibernetica, in entrambi i casi emerge la difficoltà di descrivere questi fenomeni. Sono eventi, concetti e fatti talmente astratti che concretizzarli comprensibilmente in forma letteraria risulta molto difficile. Calvino prova a usare immagini familiari, limpidi e quotidiani al fine di descrivere adeguatamente questi concetti scientifici. Un bel esempio si trova in Tutto in un punto, in cui Calvino descrive la situazione prima del Big Bang. In questa fase di “indistinzione”, lo scrittore immagina che tutto quello che sarebbe esistito nel futuro, potesse essere raggruppato in un solo punto: «Ogni punto d’ognuno di noi coincideva con ogni punto di ognuno degli altri in un punto unico che era quello in cui stavamo tutti»59. Ad un certo momento, l’energia in quel punto fu talmente grande che qualsiasi azione bastava per scatenare la grande esplosione, il Big Bang. Per rappresentare quel momento Calvino fa 54 Ivi, p. 35. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 107. 56 Ibidem. 57 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, Milano, Marcos y Marcos, 1994, p. 26. 58 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 87. 59 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 45. 55 67 ricorso a un’immagine tipicamente italiana: fare la pasta. Un personaggio femminile, la signora Ph(i)NKo, amata e ammirata da tutti, simboleggia quell’immensa fonte di energia. Quando lei suggerisce di voler fare delle tagliatelle per tutti, si libera una quantità di energia, che provoca il cosiddetto Big Bang: «Bastò che a un certo momento lei dicesse: – Ragazzi, avessi un po’ di spazio, come mi piacerebbe farvi le tagliatelle. – E in quel momento tutti pensammo allo spazio che avrebbero occupato le tonde braccia di lei muovendosi (…) pensammo allo spazio che avrebbero occupato la farina, e il grano per fare la farina, e i campi per coltivare il grano (…) allo spazio che ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a maturare il grano (…) e nello stesso tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si formava, nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)NKo pronunciava quelle parole: – … le tagliatelle, ve’, ragazzi! – il punto che conteneva lei e noi tutti s’espandeva»60 Anche ne La distanza della Luna, Calvino usa immagini familiari per descrivere la forma della luna, il suo odore e il latte lunare. Quest’ultimo viene ad esempio paragonato a una specie di ricotta. Capozzi61 ha sottolineato che la sottrazione di peso di cui Calvino parla nella lezione sulla leggerezza, si ritrova chiaramente ne Le Cosmicomiche. In effetti, usando immagini famigliari, Calvino riesce ad alleggerire il contenuto difficile e denso dell’evento cosmico. Si attesta quindi una combinazione di leggerezza e visibilità in queste immagini. Queste immagini familiari formano in parte il filtro di cui Calvino parla nell’intervista sopraccitata. Esse sono necessarie per poter «affrontare le cose troppo grosse». Costituiscono il filtro o lo schermo di cui l’«uomo primitivo» e i «classici» non avevano bisogno per mettersi «in rapporto con qualcosa di molto più antico». Calvino sottolinea la necessità di quelle immagini e dell’elemento comico per entrare in contatto con i sentimenti e gli eventi primigeni da cui l’uomo moderno è molto distante. In questo senso, molti critici hanno avvicinato i racconti cosmicomici al genere del mito. Secondo Rollo May62, uno psicoanalista americano, il mito è un modo di dare un significato a un mondo apparentemente insensato. In quanto racconto illustrativo, il mito cerca di stabilire un’unione tra la vita interiore dell’essere umano e il mondo che lo circonda: «funziona come veicolo di una serie di istruzioni fondamentali per la vita del singolo, sia in rapporto al mondo naturale che lo circonda»63 come fanno ad esempio i miti cosmogonici che spiegano l’origine del mondo64, «sia in relazione ai suoi simili con cui deve convivere»65. Anche se Le 60 Ivi, p. 49-50. R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 84-85. 62 R. May, The Cry for Myth, New York, Norton, 1991. 63 A. Bernardelli, La narrazione, cit., p. 9. 64 F. Decreus, Mythologie, vroeger en nu, Universiteit Gent, Vakgroep Latijn en Grieks, 2006-2007, Hoofdstuk 2: p. 5. 61 68 Cosmicomiche non sono miti in senso stretto, si avvicinano comunque a questo genere, visto che descrivono le origini di diversi fenomeni e eventi come il Big Bang, il primo segno, i colori nel mondo, ecc. Le Cosmicomiche sono definibili con un termine coniato da Kathryn Hume, «mythological fables»66, per via della componente comica e fantastica che Calvino cerca di integrare nei racconti. In Senza colori, la componente mitologica è chiaramente presente. Il racconto descrive il momento in cui il mondo grigio, si è trasformato in un mondo pieno di colori. Qfwfq e l’amata Ayl sono testimoni di questo momento evolutivo ma reagiscono in maniera completamente contraria. In questo racconto Calvino ha inoltre integrato un mito classico, quello di Orfeo e Euridice con cui esplicita il richiamo al mondo mitologico. Il ricorso a immagini quotidiane crea ne Le Cosmicomiche un grado di «familiarizzazione»67, che si rintraccia anche nella lingua impiegata e nell’atteggiamento della figura centrale, Qfwfq, in quanto narratore. In questo libro, la scrittura di Calvino coincide per molti aspetti con la lingua parlata.68 Si tratta di una lingua molto espressiva caratterizzata da parole quotidiane, interiezioni, formule allocutive ecc. Anche la componente visiva è rappresentata nella lingua attraverso le numerose descrizioni dettagliate. Mediante questa lingua, Calvino è riuscito a ridurre l’universo a dimensioni domestiche e quotidiane, come precisa Giuseppe Zaccaria.69 La cosiddetta familiarizzazione viene incoraggiata dalla maniera in cui Qfwfq racconta le sue esperienze. Calvino crea l’illusione che Qfwfq si rivolge ad un pubblico70 tramite alcune battute tipiche della lingua parlata come «m’intendete» o «capite», e altre che simulano una situazione di domanda-risposta come in Un segno nello spazio: «Insomma, per essere il primo segno che si faceva nell’universo, o almeno nel circuito della Via Lattea, devo dire che venne molto bene. Visibile? Sì, bravo, e chi ce li aveva gli occhi per vedere, a quei tempi là? Niente era mai stato visto da niente, nemmeno si poneva la questione.»71 Nel terzo capitolo ci si è brevemente arrestato sull’alinea finale della lezione Visibilità, in cui Calvino confronta i tre mondi individuati (il mondo reale, il mondo delle parole e il mondo del potenziale) e conclude che la scrittura è capace di racchiudere contemporaneamente elementi della realtà e parti della fantasia. Secondo Capozzi, si tratta di una fusione tra 65 Ibidem. K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, cit., p. 72. 67 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 29. 68 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 69 G. Zaccaria, Italo Calvino, in E. Malato (a cura di), Storia della letterature italiana, cit., p. 908. 70 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 86. 71 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 34. 66 69 diversi elementi che risulta in una scrittura riflessiva, autoriflessiva e fantastica come quella de Le Cosmicomiche.72 Avvicinare il finale della Visibilità a Le Cosmicomiche è innanzitutto possibile grazie al gioco cosmicomico tra realtà e immaginazione. Tramite questo gioco Calvino crea i mondi possibili, ossia il mondo del potenziale, di cui parla nella Visibilità. Ne Le Cosmicomiche riesce a rappresentare «ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere»73 come, ad esempio, in Senza colori, dove Calvino suggerisce la possibilità di mondo in cui non esistono i colori. In Quanto scommettiamo, la questione dei mondi possibili e del potenziale costituisce la tematica del racconto. Qfwfq e il Decano (k)yK fanno delle scommesse sulle vicende nel mondo. Scommettono ad esempio se gli Assiri avrebbero invaso la Mesopotamia o no, o se Arsenal avrebbe vinto la semifinale di calcio contro Real Madrid. Calvino cerca di dimostrare che esistono degli scenari alternativi che non sono mai diventati realtà ma che avrebbero potuto realizzarsi: «Scommettevamo sugli avvenimenti che sarebbero o non sarebbero avvenuti»74. Calvino riesce a inventare questi mondi possibili tramite il punto di vista di Qfwfq. Il successo de Le Cosmicomiche è innanzitutto dovuto a questa figura straordinaria, un essere indefinito che si profila sia come protagonista sia come narratore. Qfwfq sembra esser stato presente durante ogni cambiamento cosmico rilevante nella storia dell’universo. Il suo nome bizzarro è un palindromo ma anche una parola a specchio.75 Anche per quanto riguarda il nome del protagonista Calvino privilegia l’aspetto visibile, visto che il nome, Qfwfq, si legge facilmente ma risulta impossibile a pronunciare. Qfwfq è un personaggio che esiste unicamente su carta, vive per raccontare le sue esperienze. Milanini76 precisa giustamente che Qfwfq è un essere fatto di parole, che può sopravvivere esclusivamente nel mondo scritto. Si è già segnalato che ogni cosmicomica comincia con un brano scientifico in corsivo. La prima frase del vero racconto è la reazione di Qfwfq sull’enunciato scientifico. In I Dinosauri, il brano scientifico spiega l’estinzione dei dinosauri, su cui Qfwfq reagisce: «Forse furono in capaci di adattarsi ai grandi cambiamenti di clima e di vegetazione che ebbero luogo nel Cretaceo. Alla fine di quell’epoca erano tutti morti. Tutti tranne me, - precisò Qfwfq – perché anch’io, per un certo periodo, sono stato dinosauro»77 72 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 82. I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 102. 74 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 86. 75 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 36. 76 Ibidem. 77 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 97, corsivo suo. 73 70 L’enunciato scientifico e le brevi interruzioni in corsivo (come precisò Qfwfq) presenti all’inizio di ogni storia, rivelano la presenza di Calvino stesso come narratore extradiegetico.78 Nei racconti Qfwfq adotta sempre un’apparenza diversa, come quella di mollusco, anfibia, dinosauro, ecc. Tramite queste metamorfosi, Calvino riesce a parlare di periodi molto distanti anche se la narrazione è collocata nel presente.79 Si possono di conseguenza intravedere due Qfwfq; uno giovane e impulsivo che è il protagonista dei racconti e uno vecchio che narra le vicende della sua gioventù. Per la Hume, è la natura meditativa del vecchio Qfwfq narratore che dà alle esperienze del giovane Qfwfq un’aria mitologica.80 Qfwfq è caratterizzato come una creatura intelligente di cui non si sa però se sia umano o no. Da un lato Calvino allontana il personaggio dalla specie umana ma dall’altro lato Qfwfq sembra avere diversi sentimenti tipicamente umani come l’amore, la gelosia, l’invidia e la tristezza. Di conseguenza parecchi critici hanno studiato l’antropomorfismo ne Le Cosmicomiche. Nella lezione sulla visibilità, Calvino si sofferma un attimo su questo tema : «la scienza m’interessa proprio nel mio sforzo per uscire da una conoscenza antropomorfa; ma nello stesso tempo sono convinto che la nostra immaginazione non può essere che antropomorfa; da ciò la mia scommessa di rappresentare antropomorficamente un universo in cui l’uomo non è mai esistito, anzi dove sembra estremamente improbabile che l’uomo possa mai esistere»81 Calvino si interessa quindi alla scienza perché non è sempre incentrata sull’esistenza umana ma parla di un universo da cui l’uomo è in gran parte escluso. Secondo Scarpa, Calvino crede che esista «un cosmo non-umano con il quale la storia umana deve, attimo per attimo, realizzare una difficile convivenza e cercare un’ancor più difficile armonia»82. Calvino si rende conto dell’impossibilità di raccontare questo cosmo non-umano ed è obbligato di integrare delle immagini e delle percezioni umane visto che l’immaginazione e la conoscenza dell’uomo sono a priori umane e non riescono a trapassare questa dimensione.83 Nella lezione sulla visibilità, Calvino parla delle sue “letture” d’infanzia e più specificamente dei comics. Questa esperienza infantile è rintracciabile ne Le Cosmicomiche, particolarmente per quanto riguarda la componente antropomorfica dell’opera. Nei comics si ritrovano spesso personaggi non-umani che si comportano come se fossero esseri umani. Ad 78 C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 23. I. Lanslots, «Cognizioni e determinazioni calviniane», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 154. 80 K. Hume, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, cit., p. 65. 81 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 101. 82 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 95. 83 N. Turi, «Le Cosmicomiche e la metaletteratura», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 141. 79 71 esempio in Felix the Cat, un comic che Calvino “leggeva” da bambino nel Corriere dei Piccoli84, un gatto che vive fra gli uomini, si comporta in maniera umana. Calvino si è probabilmente ispirato a questo genere quando ha creato la figura Qfwfq. Le Cosmicomiche sono raccontate da Qfwfq in prima persona. Egli descrive, commenta e spiega quello che ha vissuto. Di nuovo Calvino ha optato per un punto di vista narrante straordinario come ne Il sentiero dei nidi di ragno in cui mira la realtà attraverso gli occhi di Pin o ne Il barone rampante dove Calvino fa parlare il fratello Biago e guarda la realtà attraverso gli occhi di Cosimo. Si vede che anche in questa opera, Calvino usa il punto di vista di Qfwfq al fine di creare un effetto straniante. Questa estraneazione non si limita all’uso del personaggio Qfwfq ma viene anche suscitato dalla combinazione di scienza e letteratura, come indica Milanini85. Iniziando ogni storia con una breve introduzione scientifica, Calvino suggerisce di seguire il tipico procedimento scientifico: partire da un fenomeno ignoto, spiegarlo e trasformare così il fenomeno ignoto in un fenomeno noto. Però usando un personaggio straordinario come Qfwfq, Calvino inversa questo procedimento. Lo scrittore guarda le cose quotidiane con gli occhi di Qfwfq, e rovescia così la prospettiva di modo che le cose normali sembrano anomali.86 Verso la fine della lezione Visibilità, Calvino indica i quattro elementi che secondo lui formano la parte visuale dell’immaginazione letteraria.87 Questi elementi son in gran parte rintracciabili nelle dodici storie de Le Cosmicomiche. Egli descrive il primo elemento come «l’osservazione diretta del mondo reale». Questa componente si avvicina alla maggiore fonte di ispirazione de Le Cosmicomiche, cioè la scienza. Uno dei compiti della scienza si costituisce nel cercare e nello spiegare dei fenomeni del mondo reale e oggettivo. La scienza lavora sulla realtà e studia anche quelle parti della realtà che non si possono vedere a occhio nudo, come i fenomeni cosmogonici. Il secondo elemento indicato da Calvino è «la trasfigurazione fantasmatica e onirica». Si tratta di una dimensione suscitata dalla presenza della figura Qfwfq e dalla sua identità ambigua. Per quanto riguarda l’identità umana di Qfwfq, Calvino lascia i suoi lettori nell’incertezza e apre così la via all’immaginazione. Scarpa conferma l’esistenza di una tale dimensione quando parla della «fantasia oniricoerotico-cosmologica»88 de Le Cosmicomiche. La trasfigurazione si ritrova nel filtro comico e 84 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 104. C. Milanini, L’umorismo cosmicomico, in L. Clerici e B. Falcetto (a cura di), Calvino e il comico, cit., p. 24. 86 Ibidem. 87 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 106. 88 D. Scarpa, Italo Calvino, cit., p. 94. 85 72 fantastico, di cui Calvino sottolinea la necessità, per mettersi in contatto con qualcosa di più grande, qualcosa di difficilmente afferrabile. Il terzo elemento, «il mondo figurativo trasmesso dalla cultura ai suoi vari livelli», si ritrova nelle immagini quotidiane che Calvino recupera. Lo scrittore fa appello alla conoscenza collettiva dell’uomo, alle immagini e ai concetti, come quello del Big Bang, che la cultura ci ha inculcato. Fa inoltre un ricorso a elementi che appartengono a diversi livelli della cultura come la mitologia e il genere del mito ma anche i comics. L’ultimo elemento a cui Calvino si riferisce è il «processo d’astrazione, condensazione e interiorizzazione dell’esperienza sensibile». Ne Le Cosmicomiche si possono individuare due tipi di «astrazione»; da un lato vi è l’astrazione nel senso di obiettività, raggiunta mediante le introduzioni scientifiche, e dall’altro lato si può interpretare l’astrazione come una forma di estraniazione, suscitata tramite il punto di vista narrante di Qfwfq. La «condensazione» ne Le Cosmicomiche consiste nel fatto che si tratta di short stories, l’unica forma, secondo Calvino, in cui si riesce a raggiungere quella particolare densità desiderata.89 Infine si trova anche una componente «interiorizzante» visto che Qfwfq racconta le sue storie a partire della propria esperienza. Le Cosmicomiche sono sempre state indicate nella critica come il grande punto di svolta nella carriera di Calvino. Da questa opera in poi i critici parlano di un «nuovo Calvino»90 e anche dell’«ultimo Calvino»91. Egli stesso si è sempre voluto difendere contro i critici che lo condannavano per aver sperimentato con la scrittura e la letteratura. Ne Le Cosmicomiche, Qfwfq sta sempre dalla parte dell’evoluzione, mentre vi è spesso anche un personaggio femminile che rifiuta di evolvere e si blocca in un momento di transizione evolutiva come in Senza colori e ne Lo zio acquatico. Come Qfwfq, anche Calvino ha sempre scelto di andare avanti, di evolvere, senza dimenticarsi delle esperienze del passato.92 Ne Le Cosmicomiche Calvino tematizza e visualizza questa scelta, come lo fa simbolicamente alla fine de Lo zio acquatico: «Tutti costoro avevano qualcosa, lo so, che li rendeva in qualche modo superiori a me, sublimi, e che rendeva me, in confronto a loro, mediocre. Eppure non mi sarei cambiato con nessuno di loro»93 89 I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 56. R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 79. 91 Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», cit., p. 81. 92 R. Capozzi, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», cit., p. 96-99. 93 I. Calvino, Le Cosmicomiche, cit., p. 83. 90 73 Conclusione Nelle Lezioni americane Calvino indica i valori letterari che a suo avviso andavano conservati nel millennio seguente. L’opera si presenta come un riepilogo delle sue contribuzioni saggistiche e sottolinea il ruolo della letteratura nella società attuale e in quella futura. Si è dimostrato nel primo capitolo che ogni valore promosso è dotato da un’interpretazione estetica e una motivazione etica. La combinazione di una dimensione estetica e una caratterizzazione etica è un procedimento che si ritrova in diverse opere precedenti come dimostrato nelle analisi de Il sentiero dei nidi di ragno e de Il barone rampante. Le qualità presentate dovevano ostacolare la decadenza della società e evitare la scomparsa della letteratura. Nella terza lezione Calvino critica la rapidità come caratteristica della cosiddetta meritocrazia odierna ed esalta una rapidità di stampo completamente diverso. Con la sua apologia dell’esattezza cerca di combattere la trascuratezza e la noncuranza nella lingua odierna e nella Visibilità propone una pedagogia dell’immagine al fine di affrontare la cultura attuale pervasa da immagini prefabbricate. Considerato le osservazioni e i commenti critici delle Lezioni americane si può concludere che Calvino è stato uno scrittore engagé fino alla sua ultima opera. Nel corso della sua attività di scrittore il suo engagement si è sviluppato da un engagement politico e sociale a un engagement letterario. Si è cercato di evidenziare questa evoluzione tramite l’analisi di due opere: Il sentiero dei nidi di ragno e Il barone rampante. Nelle analisi si è inoltre provato a dimostrare che il passaggio da engagement politico e sociale a engagement letterario è strettamente legato alla presenza di una componente realistica e di una componente fantastica. Il sentiero dei nidi di ragno è contrassegnato da una commistione di stili: lo stile realistico e quello fiabesco. La componente realistica si trova soprattutto nella tematica del libro, nel capitolo nono, nella serietà della trama, nel clima in cui il romanzo è stato scritto ecc. mentre la componente fiabesca è collegata alla figura di Pin e alla presenza di un oggetto magico, la pistola, che stimola la rapidità della narrazione. La visibilità de Il sentiero dei nidi di ragno si è individuato nel processo di creazione del libro e nel “voyeurismo” di Pin. Nonostante la presenza di elementi fiabeschi, il primo romanzo di Calvino è un bel esempio di impegno politico e sociale. Soprattutto gli elementi realistici esibiscono il carattere politico e sociale dell’opera. L’analisi de Il barone rampante 74 ha rilevato l’aumento graduale dell’impegno letterario e una maggiore presenza di elementi fantastici a partire da questa opera. Ne Il barone rampante Calvino sembra essersi definitivamente allontanato dall’impegno politico del suo periodo neorealista. Si è notato tramite un esempio arbitrario che gli elementi politici inseriti ne Il barone rampante non sono motivati da un impegno politico ma sottolineano invece l’evoluzione verso un impegno letterario. Il setting del libro ha dimostrato che Calvino non ha reciso tutti i vincoli con la realtà anche se il setting risulta senz’altro più fantastico da quello de Il sentiero dei nidi di ragno. Si è quindi costatato che in questo romanzo vi sono presenti sia elementi realistici, ad esempio l’incipit realistico, sia elementi fantastici, come il combattimento tra Cosimo e il gatto selvatico. Per via della maniera allegorica in cui Calvino parla dell’attività dello scrivere, della posizione e della funzione dello scrittore e della relazione tra realtà e immaginazione si può considerare il romanzo un esempio di impegno letterario. Nell’analisi si è inoltre indicata la presenza della rapidità tramite le avventure raccontate da Cosimo e si è segnalato un esempio di visibilità tramite il voyeurismo di Biagio e di Cosimo. In seguito si sono esaminate due Lezioni americane, Rapidità e Visibilità, al fine di applicarle a due opere calviniane. La lezione sulla rapidità si è divisa in tre parti. Nella prima parte Calvino si concentra soprattutto sui piaceri della rapidità nella letteratura folklorica. La seconda parte è dedicata alla velocità mentale analizzata tramite diversi esempi di letteratura colta. Nell’ultima parte entra in scena il valore dell’indugio. Si è insistito sul fatto che Calvino non escluda l’indugio dalla sua apologia della rapidità. La terza parte è inoltre contrassegnata da immagini simboliche interpretate da Calvino. Si è cercato di cogliere il significato delle tre parti, focalizzandosi soprattutto sulla prima e sulla terza parte. In seguito si è analizzata la lezione sulla visibilità. Per poter capire appieno questa lezione ci si è prima concentrato sul finale della lezione precedente, Esattezza. Visto che nella lezione Visibilità Calvino tratta il tema dell’immaginazione si è provato a descrivere i due processi immaginativi a cui Calvino ha fatto appello come scrittore e si è spiegata la dimensione visuale dell’immaginazione. In seguito si sono approfondite la questione del punto di vista straniante e l’idea calviniana dei mondi possibili. Si è inoltre provato a spiegare i tre mondi (il mondo del potenziale, il mondo scritto e il mondo non scritto) individuati da Calvino. In conclusione si è accennato all’importanza del fumetto per Calvino. 75 Nell’ultima parte del lavoro presente si è cercato di rintracciare il valore della rapidità nelle Fiabe italiane. La rapidità in quanto valore letterario è dichiaratamente presente in questa opera di riscrittura. Calvino dimostra di aver combinato i piaceri della rapidità e quelli dell’indugio visto che si è premesso un lungo periodo di studio prima di iniziare l’attività di riscrittura. Lo scrittore ha cercato di integrare e conservare nelle fiabe l’economia espressiva di cui parla nella Rapidità. Questa economia si è individuata sia nei titoli sia nelle frasi iniziali delle fiabe. Calvino ha inoltre tolto tutti gli elementi che riteneva inutili ed ha aggiunto degli elementi che gli sembravano funzionali se non indispensabili. Allo scopo di stimolare il ritmo della fiaba ha usato tre tecniche in particolare: l’accelerazione, il discorso diretto e la ripetizione. Questa esperienza di riscrittura ha avuto un impatto considerevole sulle opere successive di Calvino ed è probabilmente durante questo periodo che ha coltivato la sua passione per i short stories. Per quanto riguarda il valore della visibilità ci si è concentrato su Le Cosmicomiche. L’intera opera si può definire come una visione comica del cosmo. Ogni racconto è la visualizzazione di un evento cosmico. Per la creazione dell’opera Calvino ha fatto appello a uno dei processi immaginativi, come esposti nella lezione sulla visibilità. Al fine di descrivere gli eventi cosmici assai astratti lo scrittore usa delle immagini quotidiane come si è mostrato in Tutto in un punto. Ne Le Cosmicomiche lo scrittore rappresenta i cosiddetti mondi possibili attraverso il punto di vista straniante di Qfwfq e tematizza perfino il mondo del potenziale di cui parla nella Visibilità. Si ritrova anche l’influenza del fumetto sia nel personaggio Qfwfq, sia nella componente antropomorfica dell’opera. Infine si è riuscito a rintracciare ne Le Cosmicomiche i quattro elementi che formano la parte visuale dell’immaginazione letteraria. Dai risultati di questa analisi retrospettiva si può concludere che i due valori, rapidità e visibilità, come presentati nelle lezioni omonime sono effettivamente presenti in queste due opere calviniane e si possono anche ritrovare entro certi limiti ne Il sentiero dei nidi di ragno e ne Il barone rampante. Per poter concludere che questi valori caratterizzano l’intera opera calviniana converrebbero altri studi e altre analisi. Sarebbe ugualmente interessante di applicare gli altri valori (leggerezza, esattezza e molteplicità) a queste ed altre opere calviniane. Da questa analisi si può comunque concludere che la rapidità e la visibilità in quanto qualità letterarie sono strettamente legate alla dimensione fantastica delle opere esaminate. 76 Bibliografia Adamo, Giuliana, «Limina testuali nello sperimentalismo di Italo Calvino», Strumenti critici, 2003, 1, p. 1-27. Adler, Sara Maria, Calvino. The writer as fablemaker, Maryland USA, José Porrúa Turanzas, 1979. Anselmi, Gian Mario e Ruozzi, Gino (a cura), Oggetti della letteratura italiana, Roma, Carocci, 2008. Barenghi, Mario (a cura), Italo Calvino. Saggi 1945-1985, Milano, Arnoldo Mondadori, 1995. Barenghi, Mario, «Preliminari sull’identità di un Norton lecturer», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 27-42. Belpoliti, Marco, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996. Belpoliti, Marco, «Calvino e la polvere: una lettura delle “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p. 164-174. Bernardelli, Anna, La narrazione, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1999. Bertone, Giorgio (a cura di), Italo Calvino la letteratura, la scienza, la città, Genova, Marietti, 1988. Bertoni, Roberto e Ferraro, Bruno, Calvino ludico. Riflessioni sul gioco in Calvino, Viareggio-Lucca, Mauro Barodi, 2003. Bonura, Giuseppe, Invito alla lettura di Calvino, Milano, Mursia, 1972-1983. Botta, Anna, «Calvino and the Oulipo: An Italian Ghost in the Combinatory Machine?», MLN, 1997, 1, p.81-89. Bouriau, Christophe, Qu’est-ce que l’imagination ?, Paris, Librairie Philosophique J. Vrin, 2003. Burns, Jennifer, «Telling Tales about “Impegno”: Commitment and Hindsight in Vittorini and Calvino», The Modern Language Review, 2000, 4, p. 992-1006. Burns, Jennifer, Fragments of impegno, Leeds, Northern University Press, 2001. Calligaris, Contardo, Italo Calvino, Milano, Mursia, 1985. Calvino, Italo, I nostri antenati, Torino, Giulio Einaudi, 1960. Calvino, Italo, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Giulio Einaudi, 1964. 77 Calvino, Italo, Sulla Fiaba, Torino, Einaudi, 1988. Calvino, Italo, Fiabe italiane. Raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti, Milano, Arnoldo Mondadori, 1993. Calvino, Italo, Le Cosmicomiche, Milano, Oscar Mondadori, 2002. Calvino, Italo, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Oscar Mondadori, 2002. Cannella, Mario (a cura di), Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Bologna, Zanichelli, 2006. Cannon, JoAnn, Italo Calvino : Writer and Critic, Ravenna, Longo, 1981. Cannon, JoAnn, «Italian Postmodernism and Calvino’s “Lezioni americane”», Annali d’Italianistica, 1991, 9, p. 198-210. Capozzi, Rocco, «Leggerezza, scrittura e metamorfosi ne le Cosmicomiche vecchie e nuove», Rivista di Studi italiani, 2003, 2, p. 79-103. Ceserani, Remo, Guido allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999. Clerici, Luca e Falcetto, Bruno (a cura di), Calvino e il comico, Milano, Marcos y Marcos, 1994. Cruso, Sarah, Guida alla lettura di Italo Calvino Fiabe italiane, Roma, Carocci, 2007. De Caprio, Caterina e Olivieri, Ugo Maria (a cura di), Il fantastico e il visibile, Napoli, Libreria Dante e Descartes, 2000. Decreus, Freddy, Mythologie, vroeger en nu, Universiteit Gent, Vakgroep Latijn en Grieks, 2006-2007 (dispensa). De Vivo, Alberto, «Il valore della letteratura nelle Lezioni di Calvino», Italica, 1995, 1, p. 91-104. Di Carlo, Franco, Come leggere I nostri antenati di Italo Calvino, Milano, Mursia, 1978. Farina, Giulia e Dossi, Eugenia (a cura di), Enciclopedia della letteratura, Milano, Garzanti, 2000. Frisch, Craig, «Review: Six memos for the next millennium», MLN, 1989, 1, p. 259-263. Garboli, Cesare, «Plutone nella rete», L’Indice, 1988, 10, p. 12-13. Hume, Kathryn, Calvino’s Fictions : Cogito and Cosmos, Oxford, Claredon Press, 1992. 78 Imberty, Claude, «Il Calvino eccentrico», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 31-49. Krysinski, Wladimir, «Rereading the Memorable Memos or How to Read “Lezioni americane”», Rivista di Studi Italiani, 2003, 2, p. 176-184. Lanslots, Inge, «Cognizioni e determinazioni calviniane», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 147-162. Lauretis, Teresa, de «Narrative discourse in Calvino: Praxis or Poiesis», Publications of the Modern Language Association of America, 1975, 3, p. 414-425. Lavagetto, Mario, Dovuto a Calvino, Torino, Bollati Boringhieri, 2001. Lavergne, Isabelle, «Le fiabe sono vere», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 5-14. Lavinio, Cristina, «La formazione del titolo nel passaggio del racconto dall’oralità alla scrittura», La Ricerca Folklorica, 1990, 21, p. 115-120. Malato, Enrico (a cura di), Storia della letterature italiana, vol. IX Il Novecento, Roma, Salerno Editrice, 2000. May, Rollo, The Cry for Myth, New York, Norton, 1991. Nobili, Claudia Sebastiana, Il lavoro della scrittura, Milano, Sansoni, 1999. Nota, Michelle, «A propos de "Lezioni americane" d'Italo Calvino», Chroniques Italiennes, 2005, 75-76, p. 181-194. Petronio, Giuseppe, Racconto del Novecento letterario in Italia 1940-1990, Roma-Bari, Laterza & Figli, 1994. Piacentini, Adriano, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, Firenze, Firenze Atheneum, 2002. Re, Lucia, Calvino and the Age of Neorealism: Fables of Estrangement, Stanford, Stanford university press, 1990. Ricci, Franco (a cura di), Calvino Revisited, Toronto, Dovehouse Editions, 1989. Roda, Vittorio (a cura di), Manuale di italianistica, Bologna, Bononia University Press, 2005. Sanna, Manuela, Immaginazione, Napoli, Alfredo Guida, 2007. Scarpa, Domenico, Italo Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999. Turi, Nicola, «Le Cosmicomiche e la metaletteratura», Italies Narrativa, 2005, 27, p. 135146. 79 Van den Bossche, Bart e Musarra, Franco (a cura di), Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven, Peeters, 2004. Verhulst, Sabine, La «stanca fantasia. Studi leopardiani», Milano, Franco Angeli, 2005. 80