1. Le università americane in Italia e la didattica dell`italiano L2
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1. Le università americane in Italia e la didattica dell`italiano L2
1. Le università americane in Italia e la didattica dell’italiano L2 La nascita dei programmi universitari nordamericani in Italia risale, quale fenomeno sistematico e non limitato a singole istituzioni private, al secondo dopoguerra. Prima di questo periodo è possibile menzionare la nascita di strutture che si caratterizzano per l’ampio spessore culturale delle proposte educative e per l’esiguo numero di studenti ospitati. Tra queste vi è l’American Academy of Rome, risalente alla fine dell’Ottocento, e lo Smith College di Firenze, nato nel 1931. Tra il 1945 e il 1979 si assiste alla nascita di ben 34 istituzioni. Nel 1978 i rappresentanti di una serie di programmi universitari statunitensi provenienti in larga misura da Roma e Firenze decidono di unirsi nell’AACUPI (Association of American College and University Programs in Italy), grazie anche al sostegno economico proveniente dall’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma e dall’International Communication Agency. Nel 2012 l’AACUPI conta, nell’elenco ufficiale visionabile sul proprio sito 2, 139 istituzioni riconosciute. Tre queste soltanto quattro sono quelle autorizzate dal governo americano a rilasciare un titolo di laurea equipollente a quello statunitense: la John Cabot University, la St. John’s University e l’American University of Rome, con sede a Roma, e la Johns Hopkins University – School of Advanced International Studies, con sede a Bologna 3. Tutti gli altri centri d’istruzione offrono per lo più programmi di scambio per gli studenti delle proprie università madri negli Stati Uniti. Tali programmi variano, in genere, dai sei ai dodici mesi e ruotano attorno all’approfondimento degli aspetti culturali caratterizzanti il nostro paese, quali l’arte, la storia antica, l’architettura, la letteratura. Non si tratta di qualcosa di nuovo: l’Italia ha attirato studiosi e personaggi di spicco provenienti dagli Stati Uniti ben prima del XX secolo, ma ciò che stupisce sono piuttosto le proporzioni che tale fenomeno ha assunto fin dalla fine degli anni ’70, quando i primi studenti nordamericani ottengono i visti per usufruire di un soggiorno di ricerca nel nostro paese. Secondo i dati forniti da uno studio AACUPI del 2008 2 AACUPI (12/11/2012). Member Institutions as of November 12, 2012. http://www.aacupi.org/members/frames/members-frameset.htm (data di consultazione: 16/11/2012) 3 Missione diplomatica degli Stati Uniti d’America in Italia. College, Università e Programmi di Ricerca Americani in Italia. http://italian.italy.usembassy.gov/italian/studiareusa/college.html (data di consultazione: 16/11/2012) 9 (Liberanome, 2008:8) 4 in tale anno il numero degli studenti nordamericani in Italia ammontava a circa 20.000 l’anno, di cui 10.500 concentrati soltanto nelle aree di Roma e Lazio. Se si prendono in considerazione i dati riportati nella tabella 1, il trend di crescita appare ancora più sorprendente: fino all’anno 2000 il totale del numero dei programmi di studio ammontava a 76. Nell’arco di 11 anni, dal 2001 al 2012, se ne sono aggiunti altri 63, portando il totale quasi al doppio. Liberanome (2008: 132) attribuisce questo successo in parte al processo di accelerata globalizzazione e internazionalizzazione degli studi e della ricerca innescatosi in seguito agli attacchi dell’11 settembre. Fin dalla sua fondazione, appariva chiaro ai membri dell’AACUPI che la situazione creatasi in Italia per mezzo di tali programmi accademici era alquanto inconsueta. Gli unici modelli che potessero essere presi come riferimento di tali college erano le università coloniali, come quella britannica di Ceylon. L’obiettivo, come gli stessi rappresentanti specificarono, non era quello di imporre il sistema educativo nordamericano in Italia, bensì quello di soddisfare una pura curiosità intellettuale che traeva le sue radici dalla riconoscenza che i cittadini americani nutrivano nei confronti del nostro paese. L’associazione poneva anche le basi per andare a ricoprire il ruolo di organismo di controllo degli standard didattici dei propri membri, ruolo che escludeva fin da subito di affidare a una istituzione esterna. Tabella 1. Sviluppo cronologico dei programmi universitari USA 5 Anno di Fondazione dei Programmi Universitari Numero programmi 2001-2012 1990-2000 1979-1989 1969-1979 1945-1969 Fino al 1945 TOTALE 63 25 14 19 15 3 139 4 Lo studio a cui si fa riferimento è la versione aggiornata nel 2008 degli atti di un convegno tenutosi a Firenze nel 2000, dal titolo “Educating in Paradise” 5 Liberanome, 2000. I dati relativi al periodo 2000-2012 sono stati completati sulla base dei dati presenti sul sito dell’associazione. 10 Nonostante si tratti di cifre risalenti ormai all’anno 2000, è sicuramente interessante considerare le tipologie di materie insegnate. Come dimostrano i dati della tabella 2, la lingua e cultura italiana ricopre il 51% del totale dei corsi. E’ inoltre significativo, seppure non ai fini del presente studio, notare l’affermarsi del settore educativo di stampo economico e sociale (nella tabella riportato con la dicitura “Economia e Social Sciences”), poiché questo, a differenza degli altri, non è appannaggio esclusivo dell’università in Italia, ponendosi quindi in concorrenza con le istituzioni accademiche d’oltralpe. Non sorprende, invece, la presenza di campi tradizionali quali architettura, storia dell’arte e studi classici. Tabella 2. Tipologia di materie insegnate Diffusione delle materie Architettura Arte e storia dell’arte Economia e Social Sciences Lingua e cultura italiana Studi classici Altro N. di università % su totale 23 43 26 32 60 36 37 13 15 51 18 21 Vi è da aggiungere che, al di là della materia studiata, la frequenza di un corso di italiano è, se non obbligatoria, fortemente consigliata in tutti i programmi accademici. La maggior parte delle istituzioni si affidano, per l’erogazione di tali corsi, ad aziende private esterne. Una minoranza, rappresentata dalle università maggiori e con programmi di laurea completi, possiede invece un corpo docente interno. Un discorso a parte andrebbe fatto a proposito dell’autonomia che esse hanno nella creazione dei curricula e dei sillabi. Un’autonomia che appare limitata, sia nel caso delle università decentrate, sia nel caso di quelle indipendenti, le quali si trovano comunque a che fare con programmi di scambio da gestire e accordi con università statunitensi non dotate di una sede in Italia. Per il momento è interessante rilevare come sia aumentata la richiesta di lingua italiana da parte del mondo americano nel suo complesso. L’italiano è la lingua parlata da una nutrita minoranza etnica negli Stati Uniti, oltre ad essere vista come la lingua 11 indiscussa dell’arte, della musica, della moda, della cucina. Secondo i dati della Modern Language Association 6, dal 1998 al 2009 il numero di studenti di italiano nelle università americane è cresciuto del 60%. La nostra lingua si mantiene così al quarto posto dopo lo spagnolo, il francese e il tedesco. Anche il numero dei diplomi rilasciati e dei corsi nei licei è in costante aumento, grazie anche al contributo dei finanziamenti pubblici provenienti sia dal governo americano sia da quello italiano. 6 Ambasciata d’Italia a Washington (13/07/2011). La lingua italiana negli USA e il programma AP. http://www.ambwashingtondc.esteri.it/Ambasciata_Washington/Menu/I_rapporti_bilaterali/La+lingua+it aliana+negli+USA+e+il+programma+AP/ (Data di consultazione: 17/11/2012) 12