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Il ritardo nel pagamento degli oneri di urbanizzazione tra
Giurisprudenza
Amministrativa
Oneri di urbanizzazione
Il ritardo nel pagamento
degli oneri di urbanizzazione
tra garanzie e sanzioni
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 21 novembre 2014, n. 5734 – Pres. Torsello – Est. Lotti – Comune di Collegno c. Coop. Pietro Nenni a r.l.
L’esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l’Amministrazione comunale il dovere di chiedere
l’adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo all’art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario)
di natura sanzionatoria, come è quella in esame.
In presenza di una fideiussione rilasciata a garanzia del pagamento degli oneri di urbanizzazione, ed in particolare nel caso in cui essa contenga un obbligo di reintegrare la stessa, qualora essa fosse stata utilizzata in
tutto o in parte a seguito di eventuali inadempienze e sanzioni, il rilevante ritardo con cui il Comune agisce
per riscuotere le somme a titolo di oneri di urbanizzazione dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il loro carattere automatico, scaturente dal disposto di cui all’art. 3, L. n. 47/1985 cit.,
impedisce tuttavia l’applicazione delle sanzioni massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Appare compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore della norma e con i principi costituzionali
di buona fede che ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la riscossione della sanzione soltanto nella limitata
misura di cui alla lett. a), mentre le maggiori sanzioni sono da ritenersi illegittime, poiché verosimilmente,
escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe ottenuto la somma e non avrebbe potuto quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme
T.A.R. Molise, 29 gennaio 2010, n. 116; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 21 maggio 2008, n. 4856, T.A.R. Basilicata 23 gennaio 2006, n. 4; T.A.R. Lazio, Latina, 13 novembre 2006, n. 1660; T.A.R. Lombardia-Brescia, Sez. I, 22 ottobre 2009, n. 1760.
Difforme
Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 731; T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 21 luglio 2009, n. 4405; T.A.R.
Lombardia-Milano, Sez. IV, 6 febbraio 2014, n. 389.
Fatto
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte,
Sez. I, con la sentenza 19 novembre 2003, n. 1601 ha
accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato Cooperativa Pietro Nenni a r.l. in Liquidazione Coatta Amministrativa per l’annullamento del provvedimento dell’Ufficio Edilizia Privata del Comune di Collegno in data 26 aprile 1993, prot. n. 12145, avente ad oggetto
“applicazione penale dell’importo di L. 496.620.000 per
ritardato versamento della seconda e terza rata del contributo per oneri di urbanizzazione, nonché mancato
versamento della quarta rata nei termini previsti”, con
il quale la ricorrente è stata invitata a versare detta penale presso la Tesoreria Comunale nel termine di trenta
giorni dalla notificazione dell’atto, nonché di ogni altro
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atto presupposto, preordinato o conseguente, tra cui il
provvedimento 24 marzo 1993, n. 267, menzionato nella nota precedente.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente e pregiudizialmente, che:
- La censura di incompetenza era infondata, poiché i
provvedimenti impugnati devono considerarsi atti di
stretta gestione amministrativa, come tali di competenza dei dirigenti anche prima delle innovazioni legislative di cui agli artt. 6 L. 15 maggio 1997, n. 127 e 2 L.
16 giugno 1998, n. 191;
- La previsione convenzionale (art. 13, lett. c) di una
sanzione inferiore al limite minimo di legge è da ritenersi illegittima proprio per l’espressa inderogabilità del
limite stesso; la previsione illegittima è contenuta in un
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Amministrativa
atto avente carattere contrattuale, per cui, in quanto
contraria alla norma imperativa di cui all’art. 3, comma
1, L. 28 febbraio 1985, n. 47, deve considerarsi radicalmente nulla ex art. 1418, comma 1, c.c. e sostituita di
diritto dall’art. 3, comma 2, L. 28 febbraio 1985, n. 47
che, nell’ambito della Regione Piemonte, costituiva l’unica norma regolatrice della fattispecie, secondo il paradigma di cui all’art. 1419, comma 2, c.c.;
- L’art. 4 della convenzione edilizia stabilisce che “il
nuovo insediamento graviterà sull’adiacente piano di
zona 167, già dotato di tutte le necessarie infrastrutture”, non implica in alcun modo né che dette opere siano sovrabbondanti e sufficienti a servire anche il nuovo
insediamento, né, per conseguenza, che il Comune non
avrebbe titolo a pretendere alcun contributo per un’urbanizzazione che già esisterebbe.
Il TAR accoglieva il ricorso, invece, sul presupposto
che il ricorrente in primo grado aveva adempiuto alla
clausola della convenzione edilizia che la obbligava a
fornire una polizza fideiussoria di importo pari al totale
delle ultime tre rate degli oneri di urbanizzazione, ossia
quelle sulle quali si è verificato il ritardo di pagamento
che ha dato luogo all’irrogazione delle sanzioni; pertanto, il Comune, avendo preteso la garanzia, avrebbe dovuto escuterla tempestivamente prima di provvedere in
via sanzionatoria nei confronti del debitore principale.
Il Comune appellante contestava la sentenza del TAR,
deducendo, quali motivi d’appello, l’insussistenza dell’onere del Comune di Collegno della previa escussione
della polizza fideiussoria, l’erronea, contraddittoria e/o
illogica motivazione della sentenza di primo grado.
Con l’appello in esame, si chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado.
Si costituiva il controinteressato chiedendo il rigetto
dell’appello.
All’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 la causa veniva
trattenuta in decisione.
Diritto
Rileva il Collegio che, secondo il maggioritario orientamento seguito da questo Consiglio, l’esistenza di una garanzia fideiussoria non comporta per l’Amministrazione
comunale il dovere di chiedere l’adempimento al fideiussore prima di poter irrogare le sanzioni per omesso
o ritardato pagamento dei contributi concessori; tale
dovere non può farsi discendere neanche dal richiamo
all’art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole
obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle
(anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Consiglio di Stato, sez.
IV, 19 novembre 2012, n. 5818; Consiglio di Stato, sez.
IV, 30 luglio 2012, n. 4320; Consiglio di Stato, sez. V,
24 marzo 2005, n. 1250; Consiglio di Stato, sez. V, 11
novembre 2005, n. 6345; Consiglio di Stato, sez. V, 16
luglio 2007, n. 4025).
Peraltro, il Collegio osserva che sussiste tuttora un diverso orientamento, seguito dai TAR e da una parte di
questo Consiglio, secondo cui le previsioni legislative di
sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri conces-
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sori si giustificano con la necessità, per l’ente locale, di
disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso
l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione; la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione tempestivamente si pone, pertanto, in contrasto con l’esigenza di una
celere acquisizione della disponibilità delle somme e determina nel contempo un ingiustificato aggravamento
della posizione del debitore.
Per questo secondo orientamento, tale scelta del Comune finirebbe per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un
onere finanziario (costo della polizza) per una finalità
(certezza di tempi nella disponibilità della somma) che
l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione
della disposizione normativa, abbandona per perseguire,
nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una
consistente maggior somma) a danno del privato, il
quale presumibilmente non adempie nei termini per
temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia
soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 32).
Pertanto, la sanzione scaturente dalla applicazione dell’art. 3, l. n. 47 del 1985, è regolata da tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e in particolare dal principio secondo il quale il creditore ha il
dovere di cooperare con il debitore per il puntuale
adempimento dell’obbligazione (cfr., cit. Consiglio di
Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 32 e Consiglio di Stato, sez. I, 17 maggio 2013, n. 11663).
Nel caso di specie, alla data dell’emanazione del provvedimento impugnato del Comune di Collegno (26
aprile 1993), la quarta rata risultava scaduta da oltre
420 giorni; con detto provvedimento del 26 aprile
1993, dunque ad oltre un anno dalla scadenza della
quarta rata, il Comune di Collegno ha intimato alla
concessionaria il pagamento della somma complessiva
di L. 496.620.000 a titolo di penale per il ritardo nel
versamento della seconda, terza e quarta rata; peraltro,
la seconda e terza rata sono state versate in data
14.2.1992, con un ritardo di circa un anno rispetto alle
scadenze predeterminate.
Alla scadenza dei singoli termini previsti per il versamento dei ratei dovuti (seconda e terza rata pagati in ritardo), non era seguita alcuna iniziativa da parte del
Comune appellante né nei confronti della Reale Mutua
Assicurazioni, che aveva rilasciato la polizza fideiussoria
n. 1013, in favore dell’odierno appellato, in data
12.7.1988, né nei confronti dell’odierna appellata.
Rileva il Collegio, che nel caso di specie si deve applicare la sanzione di cui all’art. 3 della l. 28 febbraio
1985, n.47, la quale prevede che “Il mancato versamento, nei termini di legge (…) comporta: a) l’aumento del
contributo in misura pari al 20 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni; b) l’aumento del contributo in misura
pari al 50 per cento quando, superato il termine di cui
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alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi
sessanta giorni; c) l’aumento del contributo in misura
pari al 100 per cento quando, superato il termine di cui
alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi
sessanta giorni”.
Pertanto, è evidente, da un lato, che la sanzione di cui
all’art. 3 della l. 28 febbraio 1985, n.47 costituisce conseguenza automatica del ritardato pagamento.
Tuttavia, dall’altro, e in specifico nel caso in esame, valorizzando il principio di leale collaborazione tra cittadino e Comune, che ha valenza pubblicistica e rientra
nell’ambito dei principi di imparzialità di cui all’art. 97
Cost., è evidente che il Comune avrebbe dovuto comunque attivarsi prontamente per escutere il fideiussore, atteso che la fideiussione conteneva anche un obbligo di reintegrare la stessa, qualora essa fosse stata utilizzata in tutto o in parte a seguito di eventuali inadempienze e sanzioni (art. 5 della polizza) e atteso che la
stessa non condizionava affatto il pagamento del debito
garantito alla previa escussione del contraente.
Infatti, in relazione alla particolarità della fattispecie, si
ritiene contrario al dovere di correttezza (che civilisticamente è riconducibile nella fattispecie normativa di cui
all’art. 1175 c.c. e pubblicisticamente rientra nell’ambito del principio onnicomprensivo di imparzialità di cui
al citato art. 97 Cost.) il comportamento dell’Amministrazione comunale che si sia avvalsa del disposto dell’art. 3 l. n. 47-1985, pur in presenza di polizza fideiussoria prodotta dal titolare all’atto del rilascio della concessione edilizia e agendo con notevole ritardo per ottenere il pagamento della sanzione per l’intero (lett. c) dell’art. 3 l. 47-85 cit.).
Tanto più, come già detto, che le previsioni legislative
di sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori si giustificano con la necessità, per l’ente locale,
di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione.
Il ritardo con cui il Comune ha proceduto alla richiesta
di pagamento e l’assenza di qualsivoglia tentativo di
escussione della fideiussione, comportano, all’evidenza,
una violazione del dovere di correttezza che avrebbe dovuto improntare il comportamento dell’Amministrazione comunale, in considerazione del fatto che l’Amministrazione non è un soggetto che agisce per massimizzare
il suo profitto (il che potrebbe giustificare l’opzione di
applicare soltanto le sanzioni per massimizzare gli introiti), ma è un soggetto che agisce per realizzare nel
modo migliore possibile un interesse pubblico che le è
stato affidato dalla legge e che consiste, appunto, nella
celere realizzazione delle opere di urbanizzazione (e,
quindi, nella pronta disponibilità delle somme ad esse
relative).
Pertanto, in presenza di una fideiussione, come quella
descritta, il rilevante ritardo (come quello di specie)
con cui il Comune agisce per riscuotere le somme a titolo di oneri di urbanizzazione dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il loro
carattere automatico, scaturente dal disposto di cui all’art. 3 l. 47-85 cit., impedisce tuttavia l’applicazione
delle sanzioni massime (lett. b e c dell’anzidetto art. 3).
Conseguentemente, nel caso in esame, appare compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore della norma e con i principi costituzionali di buona fede
che ispirano i rapporti tra cittadino e P.A. la riscossione
della sanzione soltanto nella limitata misura di cui alla
lett. a), mentre le maggiori sanzioni sono da ritenersi illegittime, poiché verosimilmente, escutendo la fideiussione, il Comune avrebbe ottenuto la somma e non
avrebbe potuto quindi applicare alcuna ulteriore sanzione.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello può essere accolto soltanto in parte, nei
sensi sopra precisati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve ritenersi che la sanzione sia escutibile soltanto nel minimo, indicato dalla lett. a) dell’art. 3 l. 47-85.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono
essere compensate, sussistendo il riferito contrasto giurisprudenziale sul thema decidendum.
IL COMMENTO
di Alberto Di Mario (*)
Resta aperta la querelle giurisprudenziale sui rapporti tra garanzia e sanzioni per il ritardo nel pagamento degli oneri di urbanizzazione. La sentenza in commento si apprezza perché supera l’orientamento secondo il quale la mancata escussione della garanzia può escludere in toto le sanzioni. Permangono opinioni diverse in merito all’applicazione delle sanzioni per i ritardi superiori
al primo. La sentenza in commento rappresenta lo sforzo della Quinta Sezione del Consiglio di
Stato di rifondare il suo classico orientamento più favorevole al privato.
(*) N.d.R.: il presente contributo è stato sottoposto, in forma anonima, al vaglio del Comitato di Valutazione.
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Giurisprudenza
Amministrativa
Il fatto
Il caso sottoposto all’esame del giudice è quello
di una cooperativa edilizia che aveva stipulato con
il Comune una convenzione in forza della quale
aveva ottenuto, oltre alla concessione del diritto di
superficie su un’area pubblica per l’edificazione di
un certo numero di alloggi da assegnare ai propri
soci, anche la rateazione degli oneri di urbanizzazione. Avendo la cooperativa pagato le prime due
rate con un ritardo di oltre 200 giorni e non avendo pagato la terza rata dopo 420 giorni dalla scadenza del termine, il Comune ha applicato una
sanzione pari al 100% degli importi scaduti.
La sentenza di primo grado aveva sostenuto che,
non avendo il Comune compiuto, dopo un mero
riscontro contabile del mancato pagamento della
rata, quanto era necessario perché avesse luogo l’adempimento dell’obbligazione, a sensi dell’art.
1206 c.c., la cooperativa non era tenuta al pagamento delle sanzioni in argomento.
La sentenza il commento modifica in parte le
conclusioni di primo grado, impegnandosi in un
tentativo di rifondazione della tesi più favorevole
al privato.
Vediamo lo stato dell’arte in materia.
L’inadempimento all’obbligo di pagamento
degli oneri di urbanizzazione e del costo
di costruzione
Il ritardato od omesso versamento del contributo
per il rilascio della concessione edilizia, degli oneri
di urbanizzazione, del costo di costruzione e del
contributo per il rilascio di concessione relativa ad
opere o impianti non destinati alla residenza comporta, a partire dalla L. n. 47/1985, l’applicazione
di una sanzione pecuniaria.
Secondo l’art. 42 del d.P.R. n. 380/2001 il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione comporta: a) l’aumento del contributo in misura pari al 10% qualora il versamento
del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l’aumento del contributo in misura pari al
20% quando, superato il termine di cui alla lettera
a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l’aumento del contributo in misura pari al
40% quando, superato il termine di cui alla lettera
b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Rispetto al testo del precedente art.3 della L. n.
47/1985 la misura dell’aumento è stata poi attenuata nei casi delle lett. b) e c) dall’art. 27, comma
17, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
Il rilascio di garanzie a favore del Comune è prevista per il caso di realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma 2,
d.P.R. n. 380/2001), per il pagamento della quota
di contributo relativa al costo di costruzione, in
quanto corrisposta in corso d’opera non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione
(art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380/2001), nel caso di
permesso di costruire convenzionato per le opere
di urbanizzazione realizzate direttamente (art. 28
del d.P.R. n. 380/2001).
A sua volta l’art. 47 della L. n. 457 del 1978 ha
previsto che gli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria sono rateizzati in non più di quattro rate semestrali e che i concessionari sono tenuti a
prestare ai comuni opportune garanzie secondo le
modalità previste dall’art. 13 della L. 3 gennaio
1978, n. 1 (fidejussione bancaria e polizze cauzionali).
I rapporti tra fideiussione e sanzioni
pecuniarie
La presenza sia di una garanzia per l’adempimento dell’obbligazione sia di sanzioni pecuniarie per il
caso di inadempimento, pone il problema di chiarire il rapporto tra le due obbligazioni pecuniarie.
La giurisprudenza afferma la loro autonomia. La
Cassazione ha infatti chiarito che “la fideiussione
prestata per il pagamento degli oneri di urbanizzazione conseguenti al rilascio della concessione edilizia non si estende, ai sensi dell’art. 1942 c.c., al
pagamento della sanzione amministrativa posta
dall’art. 3 l. 28.2.1985 n. 47, direttamente a carico
del concessionario in caso di ritardato od omesso
versamento del contributo afferente alla concessione, stante il difetto di accessorietà della seconda rispetto ai primi (1)”.
Per quanto riguarda le sanzioni, esse in primo
luogo sono commisurate alla durata del ritardo nel
pagamento e quindi sono volte a garantire gli interessi dell’amministrazione per tutta la durata della
mora.
(1) Cass., Sez. I, 12 giugno 2001, n. 7885; T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20 luglio 2012, n. 2043.
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Giurisprudenza
Amministrativa
In secondo luogo si deve parlare di una pluralità
di sanzioni e non di una sola in quanto, ai sensi
del comma 3 dell’art. 42 del TU Edilizia.
Norme speciali riguardano anche la riscossione
del capitale, che non può avvenire prima del decorso di 240 giorni dal ritardo.
Il mancato coordinamento tra sanzione per il ritardo ed escussione della garanzia o tra i due strumenti, ha aperto un’ampia querelle che ancora divide la giurisprudenza e di cui la sentenza in commento è l’ultimo approdo. Vediamo le varie tesi.
La tesi dell’esistenza di un obbligo
civilistico di preventiva escussione
della fideiussione che inciderebbe
sull’esistenza dell’inadempimento
sanzionabile
Tale orientamento che ha il suo leading case nella sentenza del Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1995,
n. 1001, secondo la quale è illegittima l’applicazione della sanzione per ritardato pagamento della
quota di contributo, commisurata al costo di costruzione con riguardo al rilascio di concessione
edilizia in sanatoria, ex art. 3 della L. n. 47/1985,
quando il pagamento è garantito da fideiussione
bancaria.
Secondo la Corte “il diritto di garanzia …, limitando anche il danno per la stessa Società, avrebbe
consentito [al Comune], attraverso l’intervento fideiussorio della Banca, il pronto soddisfacimento
del proprio credito”.
L’obbligo di tempestiva soddisfazione delle ragioni creditorie dell’amministrazione sia giustificherebbe l’obbligo di escussione delle garanzie del credito sia impedirebbe la stessa configurabilità dell’inadempimento del debitore.
La sentenza infatti afferma, in primo luogo, che
“la norma dell’art. 3 non vieta che il Comune,
ispirandosi al principio di imparzialità dell’azione
amministrativa e alla regola della correttezza invocata dall’appellante ed a prescindere dalla natura
giuridica della sanzione in argomento, tenesse avvertita la Società delle conseguenze cui andava incontro col ritardato pagamento della rata e che si
adoperasse nella direzione di non aggravare la posizione debitoria della Società, ai sensi dell’art. 1227
secondo comma del Codice civile”.
In secondo luogo si afferma l’esistenza di una vera e propria mora del creditore in quanto la mancata escussione della fideiussione comporterebbe una
responsabilità dell’ente creditore per non aver fatto
quanto era necessario perché avesse luogo l’adem-
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pimento dell’obbligazione, ai sensi dell’art. 1206
c.c., per cui la Società non è tenuta al pagamento
della sanzione in argomento, avendo apprestato la
dovuta garanzia per il tempestivo pagamento degli
oneri della concessione edilizia.
Le conclusioni sono per questo orientamento
trancianti: “una siffatta obbligazione di garanzia infatti esclude che il Comune possa far ricorso all’art.
3 della legge suindicata a danno del debitore senza
esercitare il diritto di garanzia che gli avrebbe consentito, attraverso l’intervento fideiussorio della
banca, il pronto soddisfacimento del proprio credito”.
Tale orientamento è stato ribadito dalla quinta
Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n.
32 del 10 gennaio 2003, che ha fatto leva sull’esistenza di un dovere di protezione del creditore,
qualificabile come vera e propria obbligazione accessoria di natura civilistica in capo al creditore,
tale da incidere sull’esercizio della funzione sanzionatoria.
Anche questa sentenza, facendo leva sul fatto
che il tempestivo conseguimento delle risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione a carico
dell’Amministrazione comunale avrebbe anche
evitato un consistente aggravamento della posizione debitoria della Società appellante, afferma che
ritenere di potersi avvalere del disposto dell’art. 3
della L. n. 47/1985 a distanza di tempo, dopo un’inerzia che poteva essere significativa della volontà
di non procedere nella pretesa di applicare l’art. 3
della L. n. 47/1985, non è, oggettivamente, corrispondente ad un comportamento secondo buona
fede. Si concreta in base alle considerazioni che
precedono la violazione del dovere di correttezza di
cui all’art. 1175 c.c. e si mostra la fondatezza della
censura qui esaminata anche con riguardo al richiamo effettuato all’art. 1227, comma 2, c.c. che
pone a carico del creditore i danni che avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
La tesi della facoltatività dell’escussione
della fideiussione e dell’autonomia
della sanzione
La giurisprudenza più recente ha evidenziato
l’infondatezza della tesi che argomentando dalle disposizioni di principio in materia di obbligazioni,
pone a carico del creditore obblighi di azione, e si
è orientata verso un’applicazione letterale della
norma in termini di automatico obbligo sanziona-
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Giurisprudenza
Amministrativa
ve rilevare che detto dovere di diligenza non risulta in alcun modo attenuato dalla prestazione della
fideiussione, in quanto tale strumento giuridico
non è oggettivamente diretto ad agevolare l’adempimento del debitore, bensì a costituire un’ulteriore garanzia personale in favore e nell’esclusivo interesse del creditore (5).
Altre pronunce fanno leva sull’estraneità degli
obblighi di correttezza e buona fede all’ambito sanzionatorio (6).
Per quanto riguarda l’affidamento del privato, si
afferma che esso non potrebbe derivare dalla mera
inerzia dell’ente pubblico ma solo da un eventuale
comportamento positivo di quest’ultimo tale da
configurare una qualche responsabilità da contatto (7).
Si giunge così ad affermare che l’amministrazione da un lato è libera di escutere la garanzia, dall’altra è vincolata ad applicare le sanzioni previste
dalla legge.
torio governato dalla disciplina pubblicistica di riferimento (2).
Alcune pronunce fanno leva sui caratteri propri
della fideiussione, che sarebbe identica nel diritto
pubblico e nel diritto privato. Si afferma così che
la prestazione di garanzie reali o personali, infatti,
in caso di rateizzazione del contributo di concessione, è obbligatoriamente richiesta dalla legge (art.
47, L. n. 457 del 1978) e si colloca nell’interesse
esclusivo dell’amministrazione. Trovano, perciò,
piena applicazione i principi civilistici in materia
di fidejussione e cioè solidarietà ai sensi dell’art.
1944 c.c., autonomia delle azioni verso i vari coobbligati e responsabilità principale del soggetto garantito rispetto a quella accessoria del garante (c.d.
solidarietà diseguale) (3). Del pari si sostiene che
in materia di obbligazioni “portable” quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che
esonera dalla costituzione in mora del debitore, il
creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l’esistenza di apposita clausola in tal senso
(che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione (4).
Altre pronunce hanno scandagliato il rapporto
tra inadempimento e garanzia escludendo anche
sotto questo punto di vista alcun effetto della seconda sul primo. Si afferma così che il debitore dal
tenere un comportamento contrattuale diligente
nell’estinguere tempestivamente il proprio debito
“portabile” presso il domicilio del creditore, senza
che il medesimo possa pertanto giovarsi del mero
comportamento inerte tenuto dall’amministrazione. Sotto altro profilo della stessa questione, si de-
La versione più attenta dell’orientamento più favorevole al privato, al quale si rifà la sentenza in
commento, evidenzia che l’alternatività tra sanzione e fideiussione o contratto autonomo di garanzia,
è un falso problema.
Infatti sia l’escussione delle garanzie che l’applicazione delle sanzioni presuppongono l’esistenza di
un inadempimento.
Finché il termine per il pagamento non spira,
l’obbligato principale non può essere ritenuto in ri-
(2) Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1084 e 10 agosto 2007, n. 4419; Sez. V, 16 luglio 2007, n. 4025 e 11 novembre 2005, n. 6345.
(3) T.A.R. Veneto-Venezia, Sez. II, 21 ottobre 2005, n. 3727;
T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. I, 6 novembre 2000, n. 3494; T.A.R.
Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 31 gennaio 2013, n. 305;
T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 21 luglio 2009, n. 4405;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sentenza 6 febbraio 2014 n.
389; Cons. Stato, Sez. V, 16 luglio 2007, n. 4025; Sez. IV, 10
agosto 2007, n. 4419; Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 17 febbraio 2014, n. 731.
(4) T.A.R. Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 31 gennaio
2013, n. 305; T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 21 luglio 2009,
n. 4405; T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 6 febbraio
2014, n. 389; Cons. Stato, Sez. V, 16 luglio 2007, n. 4025; Sez.
IV, 10 agosto 2007 n. 4419; Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 17
febbraio 2014, n. 731.
(5) Cons. Stato, Sez. V, 16 luglio 2007, n. 4025; Sez. V, 24
marzo 2005, n. 1250; T.A.R. Lombardia-Brescia, 11 settembre
2009, n. 1688; T.A.R. Campania-Salerno, Sez. II, 14 aprile
2008, n. 721; T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 12 mag-
gio 2004, n. 645; T.A.R. Abruzzo-Pescara, 19 giugno 2003 n.
586.
(6) L’obbligo di collaborazione di cui all’art. 1227 c.c. deve
ritenersi estraneo all’ambito sanzionatorio amministrativo:
T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 6 settembre
2013, n. 598, richiamo all’art. 1227 c.c., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche
a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio
2012, n. 4320; Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2005, n. 1250;
Id., 11 novembre 2005, n. 6345; Id., 16 luglio 2007, n. 4025;
Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5818): T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 6 settembre 2013, n.
598.
(7) A diverse conclusioni potrebbe forse pervenirsi in presenza di inadempimenti a loro volta imputabili al Comune, idonei a configurare a carico di esso una responsabilità da “contatto sociale qualificato” ovvero di natura precontrattuale: ma
trattasi di evenienza nemmeno prospettata dall’odierna appellante, e che pertanto non è necessario qui approfondire (Cons.
Stato, Sez. IV, sentenza 19 novembre 2012, n. 5818).
320
La tesi secondo la quale la mancata
escussione della garanzia condiziona
la scelta della sanzione da applicare
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Giurisprudenza
Amministrativa
l’esercizio della potestà sanzionatoria alternativa
prevista per i ritardi superiori al minimo.
Le pronunce antecedenti la sentenza in commento riprendono la tesi dell’esistenza di obblighi
di correttezza di fonte civilistica, già visti, per affermare che, una volta verificatosi l’inadempimento
dell’obbligato, e quindi realizzatasi la legittimazione del Comune a chiedere il pagamento direttamente al fideiussore “a prima richiesta”, l’ulteriore
ritardo non è più imputabile al debitore principale,
ma al Comune medesimo (10).
tardo o inadempiente né il Comune potrebbe agire
nei suoi confronti o nei confronti del garante.
Per quanto riguarda le garanzie la giurisprudenza
ha chiarito che sia la fideiussione che la garanzia a
prima richiesta può essere esercitata solo dopo la
scadenza del termine di adempimento (8).
Si è avuto modo di precisare, più in particolare,
che la cosiddetta assicurazione fideiussoria, o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale, è una
figura intermedia tra il versamento cauzionale e la
fideiussione ed è caratterizzata dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazioni, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo, si badi bene,
in caso di inadempimento della prestazione a lui
dovuta dal terzo.
L’obbligo di garanzia scatta solo in caso di inadempimento del debitore principale, atteso che ciò
attiene alla causa di garanzia personale (ben diversa ed ulteriore rispetto a quella meramente assicurativa), che permane anche nel contratto di polizza
fideiussoria.
La mancanza dell’onere di preventiva escussione
del debitore non è incompatibile con la necessità
dell’inadempimento da parte di quest’ultimo, atteso che, nel caso di obbligazioni pecuniarie, si applica il principio “dies interpellat pro homine”, con la
conseguenza che la mera scadenza del termine senza necessità di alcuna richiesta - rende il debitore in ritardo e, al contempo, legittima il creditore
ad agire direttamente nei confronti del garante.
Ciò comporta evidentemente che un sia pur limitato ritardo nella riscossione, ove il debitore
principale non rispetti il termine previsto per il pagamento, è inevitabile, anche se il Comune chieda
immediatamente l’adempimento al garante (e questo provveda).
Ad identica conclusione si deve giungere per
l’applicazione della sanzione, che presuppone anch’essa il ritardo colpevole del debitore.
Da ciò consegue che la sanzione prevista per il
mancato pagamento entro 120 giorni, di cui all’art.
42, comma 2, lett. A), d.P.R. n. 380/2001, risulta
comunque applicabile (9), quand’anche il Comune
intenda escutere immediatamente la garanzia.
Secondo questo orientamento la mancata escussione immediata della garanzia impedirebbe invece
Con la sentenza in commento, la quinta Sezione
del Consiglio di Stato, ribadisce il suo storico
orientamento in materia di esercizio del potere
sanzionatorio dopo un notevole lasso di tempo,
confermando quanto rilievo abbia la tradizione
nell’attività di interpretazione.
Nuovo, invece, è lo sforzo argomentativo nella
parte in cui si afferma che il ritardo nell’applicare
la sanzione e l’assenza di qualsivoglia tentativo di
escussione della fideiussione, comportano, oltre la
ormai “classica” violazione del dovere di correttezza
ex art. 1175 c.c., soprattutto la violazione del principio di imparzialità dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost.
La sentenza opera innovativamente lo sforzo di
porre l’obbligo di riscuotere tempestivamente il
credito e le sanzioni al di fuori della struttura del
rapporto obbligatorio.
La tesi riprende riflessioni dottrinali relative alle
obbligazioni pecuniarie pubbliche del privato verso
l’amministrazione, per le quali si afferma che, coerentemente al carattere dell’obbligazione di non essere disponibile da parte del creditore, il creditore
stesso, cioè l’amministrazione, è altresì giuridicamente tenuto - non però sul piano del rapporto obbligatorio - ad adoperarsi nel modo più efficace per
l’effettiva riscossione (11).
Esempi di questo obbligo di riscossione tempestiva, posto al di fuori degli obblighi contrattuali, vi
sono anche nella giurisprudenza contabile, che ritiene fonte di responsabilità la riscossione tardiva
dei depositi cauzionali e delle garanzie (12).
(8) Cass., sentenza n. 6757 del 2001.
(9) T.A.R. Molise, sentenza 29 gennaio 2010, n. 116: di conseguenza non risultano applicabili e quindi non possono essere
stati violati i doveri di correttezza e di buona fede che impongono al creditore, ex artt. 1175, 1375 e 1227, comma 2, c.c., di
adoperarsi al fine di non aggravare la posizione del debitore.
(10) T.A.R. Molise cit.
(11) G. Falcon, voce Obbligazioni pubbliche, in Enc. giur.
(12) Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Regionale per
l’Emilia-Romagna sentenza 1762/02/r del 1° luglio 2002: Non
possono, quindi, sussistere dubbi sul potere-dovere dell’Ufficio
di procedere immediatamente all’incameramento delle cauzio-
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La novità della sentenza in commento: le
peculiarità delle obbligazioni pubbliche
321
Giurisprudenza
Amministrativa
Secondo la sentenza in commento, l’esistenza di
questo presunto obbligo di escussione tempestiva
trova il proprio fondamento nell’interesse pubblico
alla celere realizzazione delle opere di urbanizzazione (e, quindi, nella pronta disponibilità delle somme ad esse relative).
La violazione di questo obbligo costituirebbe anche una scorrettezza nei confronti del privato che
potrebbe essere sanzionata proprio sul versante dell’esercizio della funzione, con la perdita del potere
di infliggere sanzioni ulteriori, quando il ritardo del
privato si accompagni a quello dell’amministrazione, come il gatto e la volpe.
In sostanza la sentenza implicitamente richiama
la distinzione tra la posizione dell’amministrazione
“parte” del rapporto obbligatorio, dall’amministrazione “autorità”, che interviene a tutela di un interesse pubblico proprio, che si realizza solo mediatamente attraverso l’adempimento dell’obbligazione (13) e che giustificherebbe il superamento della
tradizionale posizione di inattività del creditore
con la previsione di obblighi di azione di natura
pubblicistica, sanzionabili a livello di esercizio della funzione pubblica sanzionatoria, che, nel campo
delle obbligazioni pecuniarie pubbliche, svolge la
funzione principale di tutelare l’interesse economico del creditore.
La tesi richiama alla mente anche tutto il dibattito in materia di rapporto amministrativo (14),
nel quale è ormai acquisito che il procedimento è
fonte di obblighi ulteriori rispetto a quelli previsti
dalla legge.
E non è casuale il richiamo al dovere di imparzialità dell’amministrazione, che in dottrina è ritenuto il fondamento del carattere solidaristico e collaborativo della relazione tra privato ed amministrazione e può costituire il fondamento di doveri
di informazione che vanno al di là di quanto
espressamente previsto dalla legge (15).
Il dovere di escussione tempestiva della fideiussione verrebbe quindi ad affiancarsi ad altri doveri
Il tentativo di rifondazione dell’obbligo di escussione tempestiva della fideiussione si presta però
ad alcuni rilievi critici.
In primo luogo mi pare dubbio il presupposto del
ragionamento, cioè che l’amministrazione avrebbe
la disponibilità dei tempi di applicazione della sanzione e che, applicandola ai ritardi superiori al primo pur avendo in mano una garanzia, eserciti un
potere discrezionale di determinare il momento
sanzionatorio, tenendo conto solo del suo interesse
patrimoniale (17).
Se torniamo all’art. 42, comma 2, d.P.R. n.
380/2001, rileviamo che la misura della sanzione è
connessa alla durata del ritardo nel pagamento da
parte del privato (18). Ci troviamo di fronte ad
una condotta illecita a carattere continuativo rispetto alla quale l’obbligo sanzionatorio sorge al
momento dell’adempimento del privato od alla
scadenza del termine ultimo di 240 giorni. Si tratta
in sostanza di una disciplina legale della mora del
debitore.
Questa interpretazione trova conforto anche nel
successivo comma 5, secondo il quale “decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del comma
ni così prestate: il fatto che a ciò non si sia proceduto - determinando un ritardo di quasi quattro anni nel recupero di quanto spettante all’Amministrazione - non può non essere addebitato alla grave negligenza dei funzionari su cui incombeva l’obbligo di provvedere o di vigilare in merito.
(13) M.S. Giannini, Le obbligazioni pubbliche, Roma, 1964.
In merito alla distinzione tra sanzione e risarcimento: F. Benvenuti, Autotutela, in Enc. dir., IV, 1959, 537 e Le sanzioni come
mezzo dell’azione amministrativa, in Atti del XXVI Convegno di
Varenna, Milano, 1982, 33.
(14) M. Protto, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008.
(15) F. Saitta, Del dovere del cittadino di informare la P.A. e
delle sue implicazioni, in F. Manganaro-A. Romano-Tassone, I
nuovi diritti di cittadinanza: il diritto all’informazione, Torino,
2005.
(16) F. Merusi, Buona fede ed affidamento nel diritto pubblico, Milano, 2001.
(17) Su questo dilemma E. Boscolo-M. Mainetti, Sanzioni
per mancato pagamento degli oneri concessori e condotta dell’amministrazione, in questa Rivista, 2000, 6, 667.
(18) T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 19 novembre 1996,
n. 1657: il sistema sanzionatorio previsto dall’art. 3 della L. n.
47 del 1985 per il tardivo pagamento del contributo o delle singole rate è in sé compiuto, nel senso che assorbe gli interessi
previsti dal codice civile a carico del debitore che non adempie
alla scadenza l’obbligazione pecuniaria (artt. 1218 e 1224 c.c.).
322
procedimentali praeter ed ultra legali già riconosciuti dalla giurisprudenza.
È il caso in particolare dei limiti temporali all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ed alla
revoca di atti illegittimi, nei quali casi si è già affermato l’esistenza di un onere di azione tempestiva; oppure dei comportamenti della pubblica amministrazione idonei a generare l’affidamento del
cittadino, quali informazioni, promesse, convenzioni preliminari (16).
A questi casi si aggiungerebbe quindi quello secondo il quale la mancata escussione tempestiva di
una garanzia impedisce di applicare al debitore le
sanzioni per ritardi eccessivi.
Per una ricostruzione della norma
come di favore per il privato
Urbanistica e appalti 3/2015
Giurisprudenza
Amministrativa
2, il comune provvede alla riscossione coattiva del
complessivo credito nei modi previsti dall’articolo
43”.
La norma stabilisce una presunzione legale del
carattere non definitivo dell’inadempimento fino
al decorso di 240 giorni di ritardo (19), che impone
all’amministrazione creditrice di attendere l’adempimento fino alla scadenza di tale termine prima di
riscuotere il capitale, incidendo fortemente sui suoi
diritti creditori. In sostanza le impedisce di qualificare il termine per il versamento degli oneri concessori o delle dilazioni di pagamento come essenziale e di provvedere alla riscossione anticipata del
capitale.
La lettera della legge spinge quindi a ritenere
che in realtà la garanzia, prevista solo per il mancato pagamento del capitale, cioè per l’inadempimento definitivo, può essere escussa solo dopo la
scadenza del termine di 240 giorni, piuttosto che
ritenere necessario la sua escussione immediata (20).
Alla luce del particolare sistema previsto dalla
norma, che, se da un lato rafforza con la sanzione i
diritti creditori dell’amministrazione, dall’altro la
limita nei poteri di riscossione, sembra più fondato
sostenere l’inesistenza di un onere di preventiva
escussione della fideiussione al verificarsi della mora.
Diverso è il caso in cui la riscossione coattiva
del credito avvenga ben oltre il termine di 240
giorni di mora legale previsto dalla norma, in
quanto in tal caso, sebbene il capitale produca interessi e di conseguenza gli interessi economici dell’amministrazione siano tutelati, si pone correttamente quel problema di ritardo colposo nella riscossione e nella realizzazione delle opere che può
fondare una responsabilità dell’amministrazione,
secondo l’ottica sposata dalla sentenza in commento.
(19) Sulla distinzione da ritardo e inadempimento definitivo:
C.M. Bianca, Diritto civile, vol. 5, Milano, 1997, 82.
(20) T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21 luglio
2009, n. 4405.
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