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Accordi bilaterali e regioni di frontiera

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Accordi bilaterali e regioni di frontiera
Accordi bilaterali e regioni di frontiera
Rapporto del Consiglio federale sugli effetti degli accordi bilaterali con
l’UE sulla politica di ordinamento territoriale nelle regioni di frontiera
(in adempimento dei postulati 99.3531 Hofmann e 99.3513 Ratti
del 7 ottobre 1999)
del 29 novembre 2002
___________________________________________________________________________
Indice
Compendio ……………………………………………………………………………………………………...3
1
Situazione iniziale ............................................................................................................ 5
2
Gli accordi bilaterali: contenuto e rilevanza per le regioni di frontiera...................... 6
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
3
Ricerca.................................................................................................................... 6
Appalti pubblici...................................................................................................... 6
Ostacoli tecnici al commercio ................................................................................ 6
Agricoltura ............................................................................................................. 7
Trasporto aereo....................................................................................................... 7
Circolazione delle persone ..................................................................................... 7
Trasporti terrestri.................................................................................................... 7
L’Accordo sulla circolazione delle persone.................................................................. 8
3.1
3.2
3.3
3.3.1
3.3.2
3.3.3
3.4
4
Presentazione dell’Accordo.................................................................................... 8
Osservatorio della libera circolazione delle persone.............................................. 9
Effetti nelle regioni di frontiera: conclusioni di uno studio speciale ................... 11
Introduzione, struttura dello studio ...................................................................... 11
Visione d’insieme dei risultati ............................................................................. 14
Possibili ripercussioni nelle singole regioni ........................................................ 17
Conclusioni........................................................................................................... 27
L’accordo sui trasporti terrestri ................................................................................... 29
4.1
4.2
Presentazione e contesto dell’Accordo................................................................. 29
Rapporto sul trasferimento del traffico 2002, monitoraggio delle misure di
accompagnamento ................................................................................................ 31
4.3
Studio di un caso concreto: la TTPCP nel quadro del progetto UE Desire.......... 32
4.4
Effetti nelle regioni di frontiera: risultati di uno studio speciale.......................... 33
4.4.1 Introduzione ......................................................................................................... 33
4.4.2 Possibili effetti nelle singole regioni.................................................................... 38
4.4.3 Sintesi dello studio speciale ................................................................................. 47
4.5
Conclusioni........................................................................................................... 49
5
Valutazione complessiva .............................................................................................. 50
Allegati
…………………………………………………………………………………………………….52
2
Compendio
Il 7 ottobre 1999 il Consigliere agli Stati Hofmann e il Consigliere nazionale Ratti hanno
inoltrato due postulati di tenore pressoché analogo con cui chiedevano un rapporto sugli
effetti degli accordi bilaterali con l’UE sulla politica di ordinamento territoriale dei Cantoni di
confine e della Confederazione.
Un Rapporto intermedio del 23 agosto 2000 giungeva alla conclusione che, se vi saranno
delle ripercussioni rilevanti, esse saranno d’attendersi segnatamente in conseguenza degli
Accordi sulla circolazione delle persone e sui trasporti terrestri, cosicché il rapporto principale
dovrà trattare essenzialmente questi due settori, assicurando allo stesso tempo il
coordinamento con altri rapporti e mandati (per esempio Rapporto sul trasferimento del
traffico, Osservatorio della libera circolazione delle persone).
Il presente Rapporto tratta in una prima parte principale l’Accordo sulla libera circolazione
delle persone. Ricordiamo che diversi studi effettuati nel 1999 erano giunti alla conclusione
che l’introduzione della libera circolazione delle persone avrebbe, in generale, comportato
solo un numero limitato di immigranti.
Inoltre, viene fatto riferimento a un rapporto, di cui il Consiglio federale ha preso atto l’11
settembre 2002, elaborato da un gruppo di lavoro interdipartimentale “Osservatorio della
libera circolazione delle persone”, e agli enunciati ivi contenuti di particolare interesse sotto
l’aspetto della politica di ordinamento del territorio nelle regioni di frontiera (mercato del
lavoro, alloggio, ambiente, trasporti).
Al centro della parte dedicata alla libera circolazione delle persone vengono illustrati i risultati
di uno studio speciale del PF di Losanna (Martin Schuler) dal titolo “Räumliche und regionale
Inzidenzen der Bilateralen Verträge auf die Bevölkerungsmobilität in den Grenzregionen Incidenze territoriali e regionali degli accordi bilaterali sulla mobilità della popolazione nelle
regioni di frontiera”. A titolo di modello di riferimento, nello studio viene dapprima valutato
quale sarebbe il pendolarismo per lavoro nelle regioni di frontiera se non esistesse la frontiera
e se le differenze salariali e del potere d’acquisto tra le nazioni fossero quasi paragonabili e
dipendessero soltanto dal grado di centralità. In seguito, mediante un procedimento
differenziato, vengono stimati singolarmente gli effetti a medio e lungo termine (10-20 anni)
previsti in virtù degli accordi bilaterali in 18 regioni di frontiera. Lo studio non si limita ai soli
effetti primari sul comportamento pendolare e migratorio ma considera anche un progressivo
mutamento della distribuzione dei posti di lavoro all’interno delle zone di frontiera in seguito
al graduale smantellamento dell’ostacolo istituzionale frontiera (ossia gli ostacoli a una
dislocazione dell’azienda oltre frontiera perdono d’importanza), con ulteriori conseguenze sul
comportamento delle forze lavoro in termini di mobilità. Infine, si assume che a più lungo
termine si modificherà anche la qualità delle regioni di frontiera in quanto tale.
I risultati dello studio confermano la supposizione che i timori di futuri massicci flussi
d’immigrazione e di pendolari in arrivo nelle regioni di frontiera sono per lo più infondati.
Dallo studio risulta piuttosto che è possibile una maggiore dislocazione di posti di lavoro oltre
frontiera, cosicché nella maggior parte delle regioni di frontiera è prevedibile piuttosto una
distensione che un boom.
Per quanto concerne l’Accordo sui trasporti terrestri, viene dapprima fatto riferimento alle
indicazioni del Rapporto sul trasferimento del traffico 2002 nonché ai risultati dello studio
concernente la TTPCP nell'ambito del progetto di ricerca UE Desire. Entrambi i rapporti
giungono alla conclusione che la tendenza all’aumento dei trasporti di merce su strada ha
potuto essere interrotta nel 2001 con l’introduzione di fatto dell’Accordo sui trasporti terrestri,
il che, dal punto di vista della politica d’ordinamento del territorio, va considerato come un
fatto complessivamente positivo anche per le regioni di frontiera.
Mediante uno studio speciale dal titolo “Räumliche Auswirkungen des bilateralen
Landverkehrsabkommens CH-EU auf die Grenzregionen der Schweiz - Ripercussioni sul
territorio dell’Accordo bilaterale sui trasporti terrestri CH – UE sulle regioni di frontiera della
Svizzera” eseguito dalla ditta Rapp SA si è cercato di valutare l’impatto nei 5 tratti di
frontiera svizzera più importanti sotto il profilo del trasporto merci. Lo studio si basa
sostanzialmente su interviste con rappresentanti degli attori privati e pubblici rilevanti (ramo
delle spedizioni, utenti di trasporti dell’industria e del commercio, ramo trasporti,
amministrazione federale delle dogane, servizi cantonali di pianificazione del territorio).
Lo studio giunge alla conclusione che non risulta nessun evidente nesso generale di causa ed
effetto tra l’Accordo sui trasporti terrestri e le trasformazioni rilevanti per l’ordinamento del
territorio. I problemi di traffico che si manifestano oggi e che si manifesteranno in futuro in
determinate regioni di frontiera sono dovuti al generale aumento del traffico e, di regola, non
possono essere imputati all’Accordo sui trasporti terrestri. Al contrario, in genere l’Accordo
esplica un effetto attenuante, soprattutto laddove è possibile mantenere e rafforzare
l’orientamento delle tendenze di sviluppo nella direzione auspicata. D’altronde, i progetti
d’infrastruttura per il traffico merci previsti o già in fase d’esecuzione nelle regioni di
frontiera sarebbero stati realizzati anche senza l’Accordo.
Riassumendo, si constata che le ripercussioni degli accordi bilaterali sulla politica di
ordinamento territoriale delle regioni di frontiera restano contenute. Nel settore dei trasporti,
gli effetti sono da considerare in prevalenza positivi, tenendo conto del fatto che la politica di
trasferimento dalla strada alla rotaia legata all’Accordo sui trasporti terrestri comporta
notevoli miglioramenti rispetto a uno sviluppo sfrenato in base alla tendenza attuale (nel
complesso minori emissioni, meno perdite di tempo, a più lunga scadenza meno consumo di
suolo ecc.). Lo stesso dicasi della libera circolazione delle persone, che, poiché determina
effetti nelle due direzioni e genera cambiamenti nella linea di condotta delle imprese, nella
maggior parte delle regioni di frontiera non comporterà nessuna pressione d’insediamento
straordinaria.
Nella misura in cui le frontiere perdono di fatto di importanza, la Confederazione e i Cantoni
sono chiamati a riflettere ancor più in termini di spazi transfrontalieri e a cercare soluzioni a
livello transfrontaliero per i problemi incombenti. Dato che i vantaggi legati al fattore
frontiera svaniscono sempre più, le regioni di frontiera devono valorizzare altri potenziali e
vantaggi al fine di ottimizzare le condizioni quadro per uno sviluppo economico positivo.
4
1
Situazione iniziale
Il 1° giugno 2002 sono entrati in vigore gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’Unione
europea. Il popolo svizzero aveva approvato gli accordi il 21 maggio 2000 con una
proporzione di suffragi di oltre 2:1.
Gli accordi sono di particolare rilevanza per i Cantoni e le regioni di frontiera a diretto e
stretto contatto con i vicini Paesi membri dell’UE. Nell’autunno del 1999, sono stati inoltrati
alle Camere federali due postulati di contenuto simile, che invitavano il Consiglio federale a
presentare un rapporto sugli effetti degli accordi bilaterali sulla politica di ordinamento
territoriale dei Cantoni e delle regioni di frontiera. Il 7 ottobre 1999 il Consigliere agli Stati
Hofmann e 26 cofirmatari hanno inoltrato il postulato 99.3531 Effetti degli accordi bilaterali
con l’UE sulla politica di ordinamento territoriale dei cantoni di confine e della
Confederazione (testo vedi Allegato 1). Sempre in data 7 ottobre 1999, il Consigliere
nazionale Ratti e 20 cofirmatari hanno depositato il postulato 99.3513 Accordi bilaterali e
regioni di frontiera di tenore pressoché analogo (testo vedi Allegato 2).
In data 1° dicembre 1999, il Consiglio federale si è dichiarato disposto ad accettare i postulati
a patto che la scadenza per la redazione di un rapporto sulle conseguenze spaziali degli
accordi bilaterali sia rinviata alla metà del 2002. Allo stesso tempo il Consiglio federale si è
detto disposto a presentare entro il 1° settembre 2000 un rapporto intermedio con una
descrizione schematica dei problemi.
L’8 dicembre 1999, il Consiglio degli Stati ha trasmesso in questo senso il postulato
Hofmann. Il Consiglio nazionale ha accolto il postulato Ratti, ripreso il 16 dicembre 1999 dal
Consigliere nazionale Robbiani, in data 24 marzo 2000.
Il Rapporto intermedio è stato licenziato il 23 agosto 2000 all’attenzione delle Camere
federali. Nel Rapporto intermedio viene evidenziato come, per le regioni di frontiera, tra i
sette accordi risultino di particolare rilevanza l’Accordo sulla circolazione delle persone e
l’Accordo sui trasporti terrestri.
Nel presente rapporto vengono dapprima presi ancora una volta brevemente in esame i cinque
accordi ai quali vengono attribuiti effetti scarsi o nulli sulle regioni di frontiera. Ai due
accordi più importanti sono dedicati i capitoli centrali del rapporto. Sia per l’Accordo sulla
circolazione delle persone sia per quello sui trasporti terresti è stato commissionato uno studio
speciale i cui risultati vengono esposti in modo approfondito nei relativi capitoli. In
conclusione vengono effettuate delle valutazioni di carattere globale.
5
2
Gli accordi bilaterali: contenuto e rilevanza per le regioni di
frontiera
2.1
Ricerca
L’Accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica prevede una partecipazione parificata
degli istituti di ricerca e delle imprese della Svizzera al quinto programma quadro di ricerca
dell’UE. In tal modo, alle ricercatrici e ai ricercatori svizzeri è data tra l’altro la possibilità di
lanciare un proprio progetto con un solo partner dell’UE o di dirigere un progetto. L’Accordo
è rilevante soprattutto per le scuole universitarie e per imprese innovative nel nostro Paese.
Non risulta una particolare rilevanza di quest’Accordo per la politica di ordinamento del
territorio.
Del resto, in seguito all’entrata in vigore ritardata, l’Accordo non produce comunque effetti
immediati dato che il V programma quadro di ricerca dell’UE dura dal 1998 al 2002. Per il VI
programma quadro di ricerca che durerà dal 2002 al 2006 la collaborazione con l’UE
dev’essere ridefinita, il che comunque, salvo un ulteriore ritardo, non dovrebbe comportare
particolari problemi.
2.2
Appalti pubblici
L’Accordo su alcuni aspetti relativi agli appalti pubblici amplia le convenzioni stipulate nel
quadro dell’OMC. In particolare, esso riguarda (a partire da determinati valori soglia) anche
gli acquisti dei Comuni e delle aziende pubbliche e concessionarie nei settori delle
telecomunicazioni, del trasporto ferroviario nonché dell’approvvigionamento idrico ed
energetico.
L’Accordo non va solo a vantaggio delle imprese industriali orientate all’esportazione, ma
anche delle aziende competitive del ramo edilizio e dei fornitori. Specialmente per le imprese
nelle regioni di frontiera si schiudono nuove opportunità, ma aumenta anche la pressione della
concorrenza. La liberalizzazione negli appalti pubblici comporta tendenzialmente un
maggiore traffico nelle zone di confine; per il resto, gli effetti sulla politica di ordinamento
territoriale dovrebbero essere modesti.
Rimane per il momento aperta la questione se sarà necessario effettuare particolari controlli al
fine di assicurare il rispetto delle normative sugli appalti pubblici sui due versanti della
frontiera e per garantire appieno i benefici della liberalizzazione.
2.3
Ostacoli tecnici al commercio
L’Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità
contribuisce all’incremento del commercio in numerose categorie di prodotti come le
macchine, i veicoli a motore, gli apparecchi elettrici, i prodotti medicinali ecc. L’eliminazione
dei doppi esami consente di risparmiare molto tempo e denaro.
6
Benché le regioni della Svizzera – a dipendenza della struttura economica – approfittino in
diversa misura dei vantaggi di quest’Accordo, non ne dovrebbero risultare conseguenze
particolari dal punto di vista della politica dell’ordinamento territoriale.
2.4
Agricoltura
L’Accordo sul commercio di prodotti agricoli facilita gli scambi in questo settore mediante lo
snellimento e lo smantellamento degli ostacoli non tariffari al commercio nonché la riduzione
o l’abrogazione dei dazi doganali per diversi prodotti. La reciproca apertura dei mercati
riguarda segnatamente prodotti in cui la Svizzera è tradizionalmente forte, come il formaggio,
la frutta e la verdura. Per il formaggio sarà introdotto il libero scambio dopo 5 anni
dall’entrata in vigore. La commercializzazione di prodotti biologici viene agevolata.
L’Accordo corrisponde agli obiettivi della nuova politica agricola svizzera. Esso contribuisce
a migliorare la competitività dell’agricoltura, a sviluppare una produzione sostenibile e a
ridurre gli interventi statali.
Sono improbabili effetti d’incidenza sull’ordinamento territoriale oltre quelli comunque
risultanti in seguito ai cambiamenti strutturali in atto nell’agricoltura. Tutt’al più, potrebbe
verificarsi una certa accelerazione dei fenomeni. Si dovrà verificare anche in avvenire in che
misura il progressivo cambiamento strutturale in atto nel settore agricolo esplicherà effetti
d’incidenza territoriale in determinate regioni.
2.5
Trasporto aereo
L’Accordo sul trasporto aereo disciplina, sulla base della reciprocità, l’accesso praticamente
indiscriminato delle compagnie aeree svizzere al mercato liberalizzato del trasporto aereo in
Europa. Le compagnie aeree domiciliate in Svizzera sono liberate da qualsiasi vincolo nella
determinazione delle tariffe e parificate alle concorrenti dell’UE nell’assegnazione dei diritti
d’atterraggio. Possono anche rilevare la maggioranza di altre compagnie aeree dell’UE.
L’Accordo sul trasporto aereo rafforza di per sé la posizione delle compagnie aeree svizzere,
il che potrebbe comportare tendenzialmente un aumento del traffico con conseguenti
ripercussioni anche sulle regioni di frontiera (specialmente inquinamento fonico
supplementare, diversi effetti secondari). La trasformazione della Swissair in Swiss,
soprattutto però il controverso Accordo internazionale con la Germania e la discussione sulla
ripartizione dei voli di avvicinamento e dei decolli per e da Zurigo, evidenziano nondimeno
come, per l’ordinamento del territorio, vi siano fattori assai più rilevanti degli accordi
bilaterali.
2.6
Circolazione delle persone
vedi capitolo 3
2.7
Trasporti terrestri
vedi capitolo 4
7
3
L’Accordo sulla circolazione delle persone
3.1
Presentazione dell’Accordo
Con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone viene introdotta la libera circolazione
delle persone tra la Svizzera e l’UE mediante l’apertura progressiva del mercato del lavoro.
Questo Accordo concerne sia i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi sia le persone che
non esercitano un’attività lucrativa ma dispongono di mezzi finanziari sufficienti.
I cittadini svizzeri possono avvalersi della libera circolazione delle persone all’interno
dell’Unione europea già due anni dopo l’entrata in vigore dell’Accordo. Per i cittadini
comunitari che esercitano un’attività lucrativa, il passaggio al regime di libera circolazione
delle persone avverrà a più tappe scaglionate sull’arco di 12 anni. In dettaglio, l’Accordo
prevede le tappe seguenti:
All’entrata in vigore dell’Accordo:
• Parità di trattamento della manodopera svizzera e di quella comunitaria già integrata nel
mercato del lavoro svizzero.
• Abolizione dello statuto di stagionale (con il nuovo regime saranno concessi permessi di
dimora di breve durata). Permessi di soggiorno di lunga durata (5 anni) e di breve durata
(fino a 1 anno), rinnovo del titolo di soggiorno in caso di posto di lavoro certo e revoca,
per i lavoratori stagionali, nonché per i dimoranti temporanei, dell’obbligo di lasciare la
Svizzera allo scadere del contratto di lavoro.
• Mobilità geografica e professionale delle lavoratrici e dei lavoratori già integrati nel
mercato del lavoro svizzero (diritto di cambiare luogo di residenza e posto di lavoro senza
precedente autorizzazione da parte dell’autorità).
• Ricongiungimento familiare.
• Rientro settimanale per i frontalieri e mobilità geografica nelle regioni di frontiera.
• Quote annue preferenziali per i cittadini UE nel quadro dei contingenti (15'000 permessi
di soggiorno di lunga durata e 115'500 permessi di soggiorno di breve durata).
Dopo 2 anni:
Soppressione del trattamento preferenziale accordato ai lavoratori indigeni nonché di qualsiasi
discriminazione circa i controlli delle condizioni salariali e delle altre condizioni di lavoro.
Dopo 5 anni:
Abolizione dei contingenti per i cittadini dell’UE. Abolizione delle zone di frontiera per
frontalieri. In caso di un massiccio afflusso di forze lavoro UE (superiore al 10 % rispetto alla
media dei 3 anni precedenti) la Svizzera può introdurre unilateralmente per un anno i
contingentamenti. Questo disciplinamento vale fino al dodicesimo anno.
Dopo 12 anni:
Passaggio alla libera circolazione delle persone in ossequio al diritto comunitario. Clausola di
salvaguardia consensuale.
Il diritto di libera circolazione delle persone è accompagnato dal mutuo riconoscimento dei
diplomi professionali, da regole di coordinamento dei sistemi di previdenza sociale nonché da
una limitata liberalizzazione del traffico di prestazione di servizi transfrontalieri di persone
fisiche (dipendenti e autonomi) fino a 90 giorni per anno civile.
Per quanto concerne l’acquisto di immobili, i cittadini comunitari che stabiliscono in Svizzera
la propria residenza verranno trattati alla stessa stregua di quelli svizzeri. Per tutti gli altri
restano esclusi l’acquisto di abitazioni di vacanze, l’acquisto di fondi a titolo di mero
8
investimento e la compravendita immobiliare. Chi ha diritto di dimora in Svizzera ma non vi
stabilisce la propria residenza principale gode degli stessi diritti degli svizzeri per quanto
concerne l’acquisto di una proprietà immobiliare ai fini dell’esercizio dell’attività
professionale. La nuova normativa ammette per i frontalieri la possibilità di acquistare senza
autorizzazione una residenza secondaria, non però un’abitazione di vacanza.
Per proteggere le lavoratrici e i lavoratori svizzeri da un’abusiva pressione sociale o salariale
il Consiglio federale e il Parlamento hanno deciso misure d’accompagnamento (conferimento
agevolato del carattere di obbligatorietà generale ai contratti collettivi di lavoro e,
sussidiariamente, determinazione di salari minimi laddove venissero costatati ripetuti abusi;
norme minime per lavoratori distaccati dall’UE in Svizzera).
Diversi studi attuati su mandato della Confederazione giungono alla conclusione, in base a
considerazioni teoriche e ricerche empiriche condotte nell’UE, che l’introduzione della libera
circolazione delle persone non comporterà un massiccio aumento dell’immigrazione,
segnatamente per quanto concerne la popolazione attiva. Il prof. Thomas Straubhaar
(Integration und Arbeitsmarkt, Collana UFSEL, Berna 1999) ritiene probabile un potenziale
di immigrazione (netto) di meno di 8000 cittadini dell’UE all’anno, costituito
prevalentemente da manodopera qualificata (a titolo di paragone: l’intera eccedenza
d’immigrazione della Svizzera tra il 1990 e il 2000 ammontava a mediamente 21'000 persone
all’anno).
Come già risulta dall'adozione delle misure di accompagnamento e dal dibattito che ha
preceduto la votazione popolare, l'Accordo sulla circolazione delle persone è uno degli
accordi bilaterali più sensibili. Risultano dunque molto importanti l’osservazione e il controllo
della libera circolazione. Un Gruppo di lavoro interdipartimentale ha realizzato, in risposta al
postulato 00.3088 Rennwald un rapporto “Osservatorio della libera circolazione delle
persone”. Diversi enunciati ivi contenuti di interesse anche per il presente Rapporto vengono
ripresi nel paragrafo 3.2.
L’incidenza dell’introduzione graduale della libera circolazione delle persone nelle regioni di
frontiera dipende da svariati elementi. Oltre a fattori generali come l’evoluzione complessiva
della crescita e della congiuntura, assumono un ruolo decisivo anche le peculiarità delle
singole regioni di frontiera sui due versanti del confine, nonché gli assunti relativi al
comportamento delle persone occupate e delle imprese sottoposte alle nuove condizioni. Al
fine di valutare tali ripercussioni è stato commissionato uno speciale studio le cui risultanze
figurano al paragrafo 3.3.
3.2
Osservatorio della libera circolazione delle persone
L’Accordo sulla libera circolazione delle persone è stato stipulato per una durata iniziale di
sette anni. Esso si prolunga a tempo indeterminato se non è disdetto da una delle parti
contraenti. In Svizzera il mantenimento verrà deciso dall’Assemblea federale tramite un atto
legislativo sottoposto a referendum facoltativo. Non da ultimo in vista di quest’importante
decisione è necessario disporre di informazioni complete sulle molteplici ripercussioni
dell’Accordo. Un Gruppo di lavoro interdipartimentale DFE-DFI-DFGP-DATEC ha
realizzato in risposta al postulato 00.3088 Rennwald un rapporto “Osservatorio della libera
circolazione delle persone”1.
1
Il rapporto è disponibile presso i Servizi del Parlamento.
9
Il rapporto tratta una serie di settori dei quali s’impone l’osservazione: il mercato del lavoro,
le condizioni di lavoro e i salari, la demografia, la formazione, il settore dell’alloggio,
l’ambiente, i trasporti, le assicurazioni sociali e l’assistenza sociale. Diversi settori sono di
particolare interesse nelle regioni di frontiera anche sotto l’aspetto della politica di
ordinamento del territorio.
D’importanza centrale sono senza dubbio i settori del mercato del lavoro, delle condizioni di
lavoro e della demografia, in cui, nell’ottica dell’impatto territoriale, risultano di interesse non
in primo luogo i salari e le condizioni sociali bensì soprattutto il comportamento migratorio e
pendolare, le evoluzioni sul mercato del lavoro, le trasformazioni demografiche e sociali ecc.
Anche se, come abbiamo detto, per la Svizzera nel suo complesso non si prevede una
massiccia immigrazione in virtù dell’Accordo sulla libera circolazione, a livello regionale le
ripercussioni possono tuttavia essere diverse. Già oggi vengono effettuati ampi rilevamenti
statistici nei settori del mercato del lavoro, delle condizioni di lavoro e della demografia da
parte dell’Ufficio federale di statistica (UST), del Segretariato di Stato dell’economia (seco)
nonché dell’Ufficio federale degli stranieri (UFDS). Il rapporto del gruppo interdipartimentale
illustra dettagliatamente come queste statistiche potrebbero essere sviluppate e integrate in
modo mirato per adempiere le esigenze d’informazione. È altresì fatta menzione di un
concetto di valutazione delle “Conseguenze della libera circolazione delle persone sul mercato
del lavoro svizzero” e dei passi necessari all’attuazione.
In merito al settore dell’alloggio il rapporto esprime il giudizio seguente:
Con l’introduzione della libera circolazione delle persone i problemi abitativi non subiscono
sostanzialmente cambiamenti sotto un profilo qualitativo. A livello quantitativo possono
invece verificarsi mutamenti che dovrebbero tuttavia poter essere rilevati dalle statistiche
esistenti e dalle ulteriori indagini previste. Non va comunque trascurato il fatto che la libera
circolazione delle persone viene introdotta su base reciproca e che a una maggiore domanda
di abitazioni da parte di cittadini stranieri si contrappone pertanto anche un maggior numero
di appartamenti lasciati vacanti da cittadini svizzeri.
Se tuttavia, contrariamente alle aspettative, dalla libera circolazione delle persone dovessero
scaturire problemi rilevanti per il settore abitativo, sarà possibile reagire a queste
problematiche nell’ambito di un programma di ricerca successivo attraverso la definizione di
priorità.
Nel febbraio del 2002, il Consiglio federale ha approvato il messaggio concernente la
promozione di un’offerta di alloggi a pigioni e prezzi moderati. In tale messaggio si rileva che
il mercato abitativo funziona sostanzialmente secondo il principio della domanda e
dell’offerta. L’attività pubblica dovrà unicamente integrare il mercato. Nella definizione delle
priorità dell’attività di promozione si tiene conto, nell’ambito dei mezzi a disposizione, del
fabbisogno, e dunque anche di un eventuale fabbisogno aggiuntivo generato dalla libera
circolazione delle persone, nelle singole regioni. La definizione di priorità avviene pertanto in
collaborazione con le autorità cantonali del settore.
Per quanto concerne l’ambiente, nel rapporto è espresso il convincimento che l’introduzione
della libera circolazione delle persone non comporterà un ulteriore impatto sostanziale per
l’ambiente. La libera circolazione delle persone non ha provocato nei Paesi dell’UE forti
flussi migratori che avrebbero potuto causare danni all’ambiente.
Nel settore dei trasporti è soprattutto la liberalizzazione della regolamentazione dei frontalieri
che potrebbe generare delle ripercussioni su trasporti privati e pubblici. Secondo il rapporto
del Gruppo di lavoro interdipartimentale, spetta al proposto organo di osservazione di
10
stabilire, in base alla statistica dell’impiego e dei rilevamenti quinquennali sul comportamento
relativo alla mobilità della popolazione residente in Svizzera e nell’ambito del traffico
viaggiatori transfrontaliero effettuati dall’UST e dall’ARE, se occorrono rilevamenti
supplementari o altri provvedimenti.
Riguardo all’aspetto strutturale dell’osservatorio della libera circolazione delle persone, il
rapporto giunge alla conclusione che la maggior parte degli Uffici è attrezzata per effettuare
con dati e rilevamenti propri la sorveglianza dell’impatto della libera circolazione delle
persone nel proprio settore. Si raccomanda la creazione di un organo di osservazione sotto
forma di un gruppo di lavoro interdipartimentale con la partecipazione dei Cantoni e
l’appoggio di un segretariato da aggregare al seco. Il gruppo di lavoro dovrà tra l’altro
provvedere allo scambio delle informazioni e redigere il rapporto annuale, se del caso anche
un’analisi con proposta al Consiglio federale.
3.3
Effetti nelle regioni di frontiera: conclusioni di uno studio speciale
3.3.1 Introduzione, struttura dello studio
Gli effetti dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone nelle singole regioni di
frontiera non sono facilmente prevedibili in virtù del gran numero di elementi in gioco. Oltre
a fattori di carattere generale come l’evoluzione complessiva della crescita e della congiuntura
sono determinanti le condizioni specifiche delle singole regioni di frontiera (posizione,
estensione, grado di urbanizzazione, struttura dei settori economici, specializzazione,
collegamenti, costi salariali e costo della vita ecc.) tanto al di qua come al di là del confine,
così come assunti relativi al comportamento sia delle persone impiegate sia delle imprese in
Svizzera e all’estero. Al fine di valutare gli effetti nelle varie regioni di frontiera è stato
commissionato uno studio speciale.
Questo studio del PF di Losanna (Martin Schuler, INTER-LADYT) dal titolo “Räumliche und
regionale Inzidenzen der Bilateralen Verträge auf die Bevölkerungsmobilität in den
Grenzregionen” tratta nei capitoli introduttivi diverse teorie della frontiera. In seguito, illustra
lo sviluppo del numero di frontalieri dal 1980, caratterizza i vari tratti di frontiera e presenta
quindi la quota di frontalieri nelle diverse regioni di frontiera. Prima di passare alla successiva
valutazione dell’evoluzione futura, viene stimato l’ipotetico pendolarismo lavorativo nel caso
di assenza di confini e se gli intrecci pendolari (come tra gli agglomerati svizzeri e la regione
circostante interna) dipendessero sostanzialmente da differenze del grado di urbanizzazione.
Questi valori servono da grandezza di riferimento per la stima dell’evoluzione futura dei
movimenti migratori e pendolari che vengono calcolati singolarmente per complessivamente
18 regioni di frontiera in un procedimento differenziato (per quattro gruppi con quattro
diverse combinazioni ciascuno nel comportamento pendolare/migratorio, nonché in tre fasi).
La delimitazione delle regioni è stata effettuata in base ai criteri della relativa omogeneità dei
tratti di frontiera e del riferimento ai centri. Benché nelle stime si operi con cifre dettagliate
non si tratta di calcoli scientifici esatti bensì di punti di riferimento per valutazioni qualitative.
Per la comprensione dell’evoluzione delle frontiere e delle regioni di frontiera si rimanda, con
riferimento agli studi di Remigio Ratti, a quattro approcci che possono essere considerati
anche alla stregua di una sequenza di fasi in relativa successione:
a)
la teoria “tradizionale” della frontiera come barriera
I confini generano effetti discriminanti. In virtù dell’organizzazione politica e istituzionale
degli Stati nazionali le regioni di frontiera sono in genere distanti dai centri e quindi
11
periferiche anche dal punto di vista economico. Le frontiere esplicano pertanto
prevalentemente effetti di freno e mantengono le regioni di frontiera in una situazione di
marginalità economica.
b)
La frontiera come filtro tra due sistemi
Lo sviluppo delle regioni di frontiera è considerato sotto l’aspetto della divisione
internazionale del lavoro. La rendita differenziale determina l’allocazione territoriale (per es.
insediamenti di imprese nella zona di frontiera per sfruttare la differenza tra il potere
d’acquisto e il costo della vita).
c)
La frontiera come zona di contatto
Con la globalizzazione dei mercati una posizione di frontiera può offrire, oltre ai vantaggi
della rendita differenziale tra due sistemi, reali vantaggi comparativi d’appartenenza a due
sistemi diversi. Ciò comporta il passaggio dal concetto d’economia di zone di frontiera a
quello di economia transfrontaliera, caratterizzata dalla cooperazione, dal coordinamento per
la riduzione dell’incertezza e dalla valorizzazione di competenze specifiche.
d)
La diminuzione dell’importanza della frontiera e i costi crescenti di collaborazione.
Negli anni Novanta, la frontiera come zona di contatto sembra nuovamente perdere di
attrattiva. Da un lato, in seguito alla diffusione dei moderni mezzi di comunicazione, i
vantaggi della zona di contatto si spostano sempre più dall’area di frontiera verso i centri di
orientamento internazionale del retroterra. La frontiera perde sempre più la funzione di ponte
tra sistemi tecnici, specie nel sistema dei trasporti e nella comunicazione (treni transitanti,
controlli doganali nel retroterra o abolizione degli stessi). Inoltre, sia i costi di non
collaborazione che di collaborazione risultano sempre più elevati: il mantenimento parallelo
di impianti d’infrastruttura, l’onere per la manutenzione di reti troppo piccole e il mancante o
oneroso coordinamento, risp. interventi bloccanti oltre frontiera gravano su queste regioni.
L’evoluzione dei frontalieri impiegati nel nostro Paese ha evidenziato in passato una forte
dipendenza dallo sviluppo congiunturale dell’economia. Nella seconda metà degli anni
Ottanta ha avuto luogo un incremento straordinario; da 112'000 pendolari in arrivo nel 1985
fino al numero record di 182'000 nel 1990. Il successivo indebolimento economico ha
comportato una riduzione a 142'000 unità nel 1997, mentre nel 2000 il numero di frontalieri al
lavoro in Svizzera è salito nuovamente a 156’000. L’andamento del numero di frontalieri tra
il 1990 e il 2000 non ha però seguito in tutte le regioni di frontiera la diminuzione dei posti di
lavoro. In effetti, mentre nella Svizzera orientale, nel Vallese e in Ticino si è registrata una
forte diminuzione, il numero di frontalieri nei Cantoni con grandi centri (Ginevra, Basilea
Città e Campagna, Vaud, anche Zurigo) è rimasto pressoché stabile. Con ciò, per la prima
volta nel dopoguerra, nei primi anni Novanta i frontalieri non hanno reagito come più
sensibile cuscinetto sociale. Le differenze economiche e istituzionali tra i cinque Stati
confinanti sono sempre stati considerevoli, e con ciò anche le differenze con i mercati del
lavoro regionali transfrontalieri.
Nello studio viene osservato come la qualità della frontiera sia in vari tratti molto diversa, e
ciò per vari motivi.
a)
Il confine come linea di demarcazione tra diversi sistemi salariali e di costo della vita
In confronto con i Paesi confinanti (salvo il Liechtenstein), e nonostante notevoli oscillazioni,
dal 1945 le differenze salariali sono sempre state positive per la Svizzera. La disparità rispetto
ai vari Stati confinanti è tuttavia diversa e ha conosciuto un’evoluzione differente: attualmente
moderatamente elevata nei confronti della Germania e dell’Austria, tuttora elevata nei
confronti della Francia e molto elevata nei confronti dell’Italia. Le differenze transnazionali si
manifestano nella mobilità transfrontaliera e nella politica delle imprese, dove non è
determinante solo la differenza di salario ma anche il livello salariale assoluto. Il secondo
elemento degli effetti di frontiera sono i costi della vita che possono variare
12
considerevolmente. Le differenze massime risultano tra le metropoli svizzere e una periferia
rurale in un Paese limitrofo a bassi salari.
b)
Centralità come espressione della forza economica
Ad eccezione del Liechtenstein, i flussi di frontalieri sono tutti positivi per la Svizzera, anche
se l’intensità del numero di frontalieri (stabilita in per cento delle persone che esercitano
un’attività lucrativa dei Comuni di provenienza a uguale distanza) varia secondo il Paese (F >
I > A > D).
c)
La frontiera come linea di divisione di differenti gradi di urbanità
Molte regioni di frontiera svizzere presentano una maggiore centralità rispetto alle regioni con
loro confinanti all’estero; in altre il rapporto è capovolto. Solo poche sono praticamente
equilibrate (la regione dell’Alto Reno argoviese, il Chablais, il Giura vodese, la Bassa
Engadina).
Per disporre di una grandezza di riferimento per le successive deduzioni, nello studio viene
dapprima valutato quale pendolarismo per lavoro si manifesterebbe nelle regioni di frontiera
in assenza di un confine e se le differenze di salario e potere d’acquisto tra le nazioni
sarebbero approssimativamente paragonabili e dipendenti unicamente dal grado di centralità
(cfr. la tabella 1 in Allegato). A tal fine viene determinata di volta in volta la disparità nel
grado di urbanità nelle zone sui due versanti della frontiera mediante una scala dall’1 al 10.
Anche se in questa valutazione si considera l’attuale distribuzione della popolazione
residente, la ripartizione dei posti di lavoro sarebbe però diversa.
Con questi presupposti i tragitti dei pendolari risulterebbero dipendenti dalla distanza e quindi
non verrebbero rafforzati o inibiti dal differenziale di frontiera. (Attualmente una disparità
salariale limitata, come per esempio tra la Svizzera e la Germania, sembra insufficiente per
attirare frontalieri nella misura esistente tra Comuni svizzeri con stessa distanza e disparità di
centralità simile, mentre i frontalieri provenienti da Comuni francesi e italiani vengono
mobilitati maggiormente di quanto corrisponda alla distanza). Sulla scorta di queste riflessioni
i flussi di pendolari transfrontalieri “senza frontiere” dovrebbero svolgersi in linea di massima
solo in funzione della disparità di centralità (quindi equilibrati con grado di centralità uguale o
simile).
Come secondo elemento, si assume che nelle regioni di frontiera urbanizzate la ripartizione
dei posti di lavoro sia determinata dall’esistenza delle frontiere. Nelle zone suburbane
oltreconfine di Basilea e Ginevra sono oggi insediati meno posti di lavoro che se questi spazi
non fossero divisi istituzionalmente. D’altra parte, nelle zone sub- e periurbane svizzere di
centri all’estero (Costanza, Como, Vorarlberg) vi sono oggi più posti di lavoro di regioni
paragonabili all’interno della Svizzera.
Tenendo conto di queste due ipotesi, in tutte le regioni si avrebbe un numero ridotto di
pendolari in arrivo, con la sola eccezione di Zurigo (+4000). A Basilea il numero di pendolari
in arrivo rimarrebbe pressoché invariato, poiché rispetto alla Germania oggi la frontiera
esplica un effetto piuttosto dissuasivo che incentivante e perché qui (a ripartizione immutata
dei posti di lavoro) la concentrazione sul nucleo dell’agglomerato è molto forte. Per Ginevra,
come pure per Losanna, il numero di pendolari in arrivo risulterebbe leggermente inferiore,
essendo oggi le differenze di salario e di costo della vita molto elevate; lo stesso vale per La
Chaux-de-Fonds, dove la differenza del grado di urbanità è particolarmente rilevante. Per tutte
le altre regioni si ritiene che il numero di pendolari in arrivo risulterebbe molto al di sotto
dell’attuale numero di frontalieri; questo vale specialmente per il Ticino e nelle aree
periferiche (Vallée de Joux, Ajoie, Bassa Engadina). A livello svizzero l’intensità del
pendolarismo in arrivo risulterebbe inferiore del 27% (114'000 anziché gli attuali 156'000).
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Per quanto concerne i pendolari in partenza dalla Svizzera, in assenza di frontiere si calcola
nel complesso un numero dieci volte maggiore rispetto a quello attuale (56'000 persone
attive). I basilesi e i ginevrini accetterebbero molto più frequentemente rispetto ad oggi i posti
di lavoro suburbani nelle regioni limitrofe francesi e tedesche; lo stesso varrebbe per i
turgoviesi rispetto al centro di Costanza o per il Ticino meridionale (Como, Varese e
soprattutto Milano). In Turgovia, nel Mendrisiotto, nell’Ajoie, nella regione dell’Alto Reno
argoviese, nella Valle del Reno sangallese e nella Bassa Engadina il bilancio dei pendolari
sarebbe addirittura negativo per la Svizzera. Per Werdenberg, che finora presenta
un’eccedenza di pendolari in partenza, la tendenza si indebolirebbe.
A livello svizzero, dal numero lievemente ridotto di pendolari in arrivo e dal massiccio
aumento dei pendolari in partenza risulterebbe pertanto un bilancio internazionale della
pendolarità ridotta da 150'700 a 58'000.
3.3.2 Visione d’insieme dei risultati
(cfr. la tabella 2 in allegato)
Sul piano metodologico, gli effetti degli accordi bilaterali sono scomposti in tre fasi che nella
prassi dovrebbero manifestarsi in sequenza temporale, anche se con sovrapposizioni. Le tre
fasi sono descritte come segue.
Fase 1: effetti sulla migrazione
Questa fase considera unicamente le migrazioni indotte di persone attive nella regione di
frontiera. Si tratta di migrazioni che finora non sono avvenute in virtù di ostacoli di frontiera
istituzionali e psichici: di svizzeri che desiderano domiciliarsi nelle regioni limitrofe all’estero
e di stranieri che desiderano stabilirsi in Svizzera. Tra questi, si opera una distinzione tra gli
attuali frontalieri (in entrambe le direzioni) e le persone attive che finora hanno lavorato nel
proprio Paese. Le migrazioni indotte sono da ricondurre a motivi familiari, di alloggio e di
ubicazione; esse vanno intese come reazione ai tragitti di lavoro oggi forzati e ubbidiscono
alla logica del mercato dell’alloggio per quanto concerne i prezzi fondiari e le pigioni, ma
anche in relazione alla grandezza dell’alloggio nonché alla disponibilità di terreni e alloggi.
Fase 2: effetti sulla distribuzione dei posti di lavoro
Questa fase presuppone variazioni nell’allocazione dei posti di lavoro nelle zone di frontiera.
Si tratta di posti di lavoro in Svizzera che vengono trasferiti nelle regioni limitrofe all’estero
ma anche del processo inverso. Siffatti trasferimenti dei posti di lavoro comportano a loro
volta modifiche nel comportamento pendolare. Lo spostamento di posti di lavoro all’interno
di una zona di frontiera può dipendere dalla diversa disponibilità di terreno o di superfici
commerciali, artigianali e per uffici come pure dalla vicinanza alla clientela o ad aziende.
Nella maggior parte delle regioni di frontiera sono decisive le considerazioni legate alla
posizione delle imprese che si insediano nell’una o nell’altra zona di frontiera – spesso in
entrambe – per essere presenti in due spazi economici o trarre vantaggio dal differenziale di
frontiera tra i due sistemi.
Fase 3: effetti generali sulla qualità delle zone di frontiera
L’avvicinamento istituzionale comporta tendenzialmente un progressivo allineamento delle
condizioni giuridiche, del costo della vita e dei livelli salariali. La qualità di una zona di
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frontiera, finora caratterizzata da barriere, filtri ed elementi di contatto, perde sempre più sia i
fattori di ostacolo che quelli motivanti legati alla frontiera. Si tratta di un processo in atto
indipendentemente dagli accordi bilaterali che inoltre sembra si stia rafforzando.
Teoricamente si potrebbe partire dal presupposto che dovrebbe risultare un comportamento
migratorio e pendolare in funzione della struttura d’urbanità. Probabilmente però le strutture
attuali evidenzieranno una considerevole persistenza nonostante l’allentamento delle funzioni
di frontiera. Questo dipende da vari motivi:
• gli accordi bilaterali non aboliscono affatto le funzioni di frontiera; molte barriere
istituzionali e psichiche perdureranno anche in futuro;
• sia le persone sia le imprese presentano anche in condizioni di elevata pressione in termini
di mobilità una notevole capacità di persistenza;
• le regioni di frontiera cercheranno di sviluppare strategie comuni per mantenere o
rafforzare la loro posizione anche in assenza dei maggiori ostacoli di frontiera.
Questa terza fase viene presentata nello studio meno dettagliatamente. Pur essendo anch’essa
regionalizzata, gli effetti della diminuzione del numero dei posti di lavoro sulle diverse forme
di mobilità sono quantificati soltanto nelle cifre finali.
Le fasi I e II, che si estendono complessivamente su un arco di tempo di circa 10-15 anni,
vengono esaminate per tutte le zone di frontiera nella combinazione di tutte le forme di
mobilità (cittadini nazionali posto di lavoro in Svizzera; pendolari in partenza; pendolari in
arrivo; cittadini stranieri con posto di lavoro all’estero; ciascuno con 4 possibili modelli di
comportamento per complessive 16 combinazioni di mobilità). I risultati per la Svizzera
risultano dall’addizione dei dati regionali.
Risultati della fase 1: migrazioni indotte
Complessivamente, supponendo che in tutte le zone rimanga lo stesso numero di posti di
lavoro, nella fase 1 risultano i movimenti migratori presentati qui di seguito. Va comunque
tenuto presente che si tratta di ordini di grandezza di valori di stima con ampio margine di
dispersione:
• 23'000 attuali frontalieri si trasferirebbero in Svizzera per ridurre così il proprio tragitto di
lavoro. In questo gruppo le due metropoli di Basilea e Ginevra sono le più rappresentate
quantitativamente, tuttavia si prevedono simili movimenti in tutte le regioni di frontiera;
• 17'000 svizzeri (o persone residenti in Svizzera) prenderebbero residenza all’estero
figurando così come nuovi frontalieri. Si tratta in prevalenza di svizzeri che emigrano per
ragioni inerenti alla qualità residenziale, di cui gran parte provenienti dalle metropoli;
• 3100 stranieri attivi si trasferirebbero in Svizzera, mantenendo tuttavia i loro attuali posti
di lavoro nella regione di frontiera all’estero;
• 300 attuali pendolari in partenza si trasferirebbero all’estero, mantenendovi l’attuale posto
di lavoro.
Complessivamente, dalle migrazioni indotte giusta la fase 1 risulta un saldo attivo dell’ordine
di grandezza di 9000 persone attive per la Svizzera (il che corrisponde a circa 13'000
persone).
Risultati della fase 2: migrazioni pendolari indotte
La nuova allocazione dei posti di lavoro induce movimenti pendolari e influenza a sua volta il
comportamento migratorio. Per la Svizzera nel suo complesso risultano, in base ai presupposti
dello studio, i seguenti ordini di grandezza:
• degli attuali circa 156'000 frontalieri stranieri, 25'000 accetterebbero un nuovo lavoro
all’estero e quindi non figurerebbero più nel calcolo dei frontalieri. Oltre a Basilea e
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Ginevra, questa categoria è presente soprattutto in Ticino. Altri 600 attuali frontalieri si
trasferirebbero in Svizzera per lavorare però all’estero;
• degli svizzeri che attualmente lavorano in Svizzera, sono circa 12'200 le persone che
potrebbero trovare un nuovo posto di lavoro all’estero mantenendo però la residenza in
Svizzera. La ripartizione territoriale di questa forma di mobilità è abbastanza uniforme.
Inoltre, altre 9'200 persone attive si trasferirebbero all’estero per assumere un (nuovo)
posto di lavoro;
• 4800 cittadini stranieri finora occupati all’estero si presenterebbero come nuovi frontalieri
in Svizzera. 12'200 non assumerebbero solo un lavoro in Svizzera ma prenderebbero
anche residenza nel nostro Paese in virtù della libera scelta del luogo di residenza;
• degli attuali (pochi) pendolari in partenza dalla Svizzera, si ritiene che 500 assumeranno
un nuovo lavoro in Svizzera e che altri 300 si trasferiranno all’estero, iniziando però a
lavorare in Svizzera.
In virtù dei processi descritti, il numero delle forze lavoro residenti nella zona di frontiera
svizzera aumenterebbe ancora leggermente di approssimativamente altre 3000 persone,
mentre all’estero risulterebbe una corrispondente diminuzione. Molto più incisivo risulta per
contro il cambiamento della ripartizione territoriale del numero di posti di lavoro; in Svizzera
si avrebbe una riduzione di circa 30'000 unità, all’estero un corrispondente aumento.
Dai movimenti paralleli e opposti potrebbe risultare una diminuzione del bilancio del
pendolarismo positivo per la Svizzera da oltre 150'000 (nel 2000) a circa 140'000 (alla fine
della fase 1) e all’ordine di grandezza di 110'000 al termine della fase 2 (forse attorno all’anno
2015). Il numero dei pendolari in arrivo in Svizzera (frontalieri) si ridurrebbe da 156'000
nell’anno 2000 a circa 150'000 al termine della fase 1 e a circa 130'000 al termine della fase 2.
Per contro, il numero di pendolari in partenza dalla Svizzera potrebbe aumentare da 5'300
(anno 2000) a circa 8'000 (fine della fase 1), rispettivamente 20'000 (fine della fase 2).
Risultati della fase 3: l’influsso sulla qualità delle regioni di frontiera
Nello studio si presume che a lungo termine le regioni di frontiera svizzere perderanno
ulteriormente gli specifici vantaggi legati alla loro posizione. Il sempre maggiore
allineamento dei costi della forza lavoro da entrambi i lati del confine comporta una
tendenziale scomparsa della qualità della differenziazione a corto raggio. L’allineamento delle
differenze salariali si manifesterà piuttosto nella diminuzione del livello svizzero che non in
un forte aumento dei salari all’estero. Ciononostante, anche un debole aumento all’estero
potrebbe alimentare la concorrenza con regioni extraeuropee.
Lo studio giunge alla conclusione che la parziale scomparsa delle funzioni di frontiera
potrebbe comportare a lungo termine una diminuzione degli occupati residenti nell’intera
regione di frontiera. Questo fenomeno potrebbe interessare circa 40’000 persone attive in
Svizzera e circa 20'000 persone attive all’estero. Per quanto concerne i posti di lavoro,
pressoché l’intera perdita andrebbe a scapito della parte svizzera e solo in scarsa misura delle
zone di frontiera all’estero. Questi processi comporterebbero un’ulteriore riduzione del
bilancio positivo del pendolarismo delle zone di frontiera svizzere a circa 90'000.
Rispetto al supposto ipotetico bilancio positivo della pendolarità di 58'000 (basato sulla
differenza del grado di urbanità), la parziale apertura delle frontiere costituirebbe ancora un
fattore chiaramente frenante.
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3.3.3 Possibili ripercussioni nelle singole regioni
Ginevra e il Genevois: internazionale in quanto transfrontaliera?
Le stime relative a uno sviluppo quantificabile dei flussi di mobilità nella regione di Ginevra
sono particolarmente difficili. Sembrano relativamente ben fondate le constatazioni che un
numero particolarmente elevato di frontalieri gradirebbe domiciliarsi a Ginevra; mentre,
dall’altro lato, è piuttosto consistente anche il potenziale di svizzeri e domiciliati a Ginevra
che preferirebbero abitare nella vicina Francia. Quale principale fattore esplicativo va
menzionata la differenziazione della struttura degli insediamenti, che attribuisce alla parte
svizzera il centro urbano, estese zone suburbane densamente edificate e relativamente poche
aree periurbane (peraltro limitate da misure di pianificazione territoriale), mentre alla regione
circostante francese accanto a centri secondari poco attrattivi un vasto retroterra rurale e
periurbano con al momento una pronunciata differenza dei prezzi fondiari. L’ostacolo
principale per il trasferimento a Ginevra è il mercato dell’alloggio prosciugato e caro; i fattori
limitanti per le partenze all’estero sono stati finora le barriere istituzionali, la scappatoia verso
il distretto di Nyon ed (eventualmente) i cattivi collegamenti con mezzi di trasporto pubblici
attraverso la frontiera. In futuro, questi tre fattori perderanno in parte la loro importanza.
L’agglomerato internazionale di Ginevra conta 550'000 abitanti, di cui 130'000 in territorio
francese. Le relazioni sono assai simili a quelle di Basilea, anche se il numero di pendolari in
arrivo a Ginevra è inferiore (la posizione di Basilea sul confine è ancora più immediata di
quella di Ginevra). Le stime ipotetiche per il comportamento dei pendolari senza frontiera
indicano un numero lievemente inferiore di pendolari in arrivo rispetto a quanto osservato
oggi (28’000), ma un numero di pendolari in partenza di circa 8000 persone. Se questa stima è
anche solo approssimativamente corretta, essa segnala una sottooccupazione di posti di lavoro
nel Pays de Gex e nell’Alta Savoia nonché il fatto che i posti di lavoro francesi non vengono
occupati da cittadini svizzeri in virtù della più bassa retribuzione. Questo vale anche per il
settore delle organizzazioni internazionali.
Il potenziale di persone attive che oggi abitano nel Cantone di Ginevra ma che vorrebbero
abitare nella vicina Francia è stimato a circa 12'000 persone. Si tratta di un contingente
relativamente grande e corrisponde a oltre il 40% di tutti i cittadini svizzeri che in base alle
previsioni si trasferiranno nelle regioni limitrofe d’oltrefrontiera nelle fasi I e II. Leggermente
inferiore (circa 11’000 persone attive) è il numero di stranieri che si trasferirebbero in
Svizzera. Come altrove, anche qui i due gruppi presentano distinte caratteristiche
demografiche ed economiche. Nella terza fase potrebbe verificarsi un trasferimento di posti di
lavoro nella regione circostante francese.
Losanna – non una città di frontiera, ma con frontalieri
L’agglomerato di Losanna si trova, sulla carta, a una distanza di sette chilometri dal confine,
tuttavia il Lemano isola con un successo l’Alta Savoia dal Cantone di Vaud: nessun
collegamento stradale per oltre 70 chilometri e solo un traghetto passeggeri per Evian-lesBains riducono i flussi del traffico e creano una distanza tuttora persistente. L’intensità dei
contatti tra Ginevra e il retroterra savoiardo è decisamente maggiore che non attraverso il
lago; d’altronde, anche le relazioni del Basso Vallese con le valli della Drance si sono
fortemente intensificate.
Il numero di pendolari che attraversa le frontiere e il lago è limitato per motivi inerenti allo
spazio naturale e alla tecnica di trasporti, ma anche la concorrenza di Ginevra limita
l’attrattiva di Losanna. La maggior parte dei pendolari proviene da Evian e dintorni e si reca
nella città di Losanna ma anche a Vevey-Montreux e nel Chablais.
Dopo un crollo nel 1990/92, il numero di pendolari è rimasto stabile. A medio termine,
l’apertura delle frontiere comporterà solo lievi cambiamenti rispetto alla situazione attuale,
salvo forse il domicilio di attuali frontalieri nell’agglomerato di Losanna. La costruzione del
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collegamento autostradale del Chablais potrebbe lievemente aumentare l’attrattiva,
segnatamente nella regione superiore del lago.
Anche per quanto riguarda i vantaggi legati alla posizione di Losanna e della sponda francese
del Lemano, le modifiche istituzionali non dovrebbero comportare conseguenze sostanziali.
Sul mercato del lavoro di Losanna, i frontalieri non costituiscono attualmente una grandezza
decisiva e non lo saranno nemmeno in futuro.
La Vallée de Joux – massima creazione di valore aggiunto nella più profonda periferia?
La Vallée de Joux / Vallorbe è, nel contesto Svizzero, una regione periferica, anche se dista
soltanto un’ora da Cointrin. Demograficamente la regione ristagna da 30 anni; il numero di
posti di lavoro ha subito una forte flessione prima del 1980, ma da allora è rimasto stabile
grazie a un maggiore ricorso a manodopera frontaliera. Queste forze lavoro abitano nel
retroterra rurale-turistico francese tra Morez e Pontarlier e sono relativamente ben radicate,
spesso in combinazione (stagionale) familiare o professionale con un’occupazione in Francia
(agricoltura in via di scomparsa, turismo, industria locale). La percentuale di donne frontaliere
è elevata. I posti di lavoro industriali nel retroterra francese sono fortemente diminuiti negli
scorsi anni; Morez rimane tuttavia un centro dell’industria degli occhiali.
Il segmento di posti di lavoro nella Vallée de Joux è ristretto, altamente specializzato e ad
elevato valore aggiunto (industria orologiera di altissima qualità, meccanica di precisione,
elettronica), mentre a Vallorbe è meno qualificata.
I flussi di frontalieri sono molto elevati se considerati in cifre assolute; in virtù del grado di
centralità molto ridotto e delle distanze cronologiche relativamente elevate dei tragitti
pendolari, in assenza della frontiera i movimenti pendolari dovrebbero risultare molto minori
e il bilancio pressoché equilibrato.
In una prima fase, l’apertura delle frontiere in base agli accordi bilaterali non produrrà in
sostanza nessun effetto sulle forze lavoro svizzere, poiché le condizioni d’alloggio nella valle
sono favorevoli. Come risulta da un’inchiesta svolta recentemente in valle su questo tema,
una piccola parte dei frontalieri stranieri potrebbe trasferirsi in Svizzera, poiché i tragitti
pendolari sono lunghi e il mercato dell’alloggio risulta meno teso anche in territorio elvetico.
La seconda fase assume che, in considerazione delle relazioni pendolari attualmente molto
unilaterali una parte dei posti di lavoro offerti nella regione di frontiera svizzera venga
trasferita nel retroterra francese, specialmente in considerazione del fatto che l’evoluzione
demografica vi è molto più favorevole e le combinazioni lucrative migliori. Nondimeno,
nonostante le strutture molto diseguali, gli effetti sembrano qualificabili come ridotti. L’alta
specializzazione delle imprese dovrebbe esplicare un effetto frenante sui cambiamenti.
Anche per la terza fase non sono previsti effetti considerevoli; le aziende a scarso valore
aggiunto potrebbero essere le più colpite. La Vallée de Joux ha mostrato in passato che la sua
industria ha saputo dapprima sopravvivere nell’isolamento e in seguito resistere ai
contraccolpi economici del settore grazie ai frontalieri. Si può quindi ritenere che esistano
sufficienti riserve e flessibilità per reagire anche all’apertura delle frontiere che, d’altronde,
non modifica sostanzialmente la situazione attuale.
Giura Neocastellano: catene di pendolari in direzione Sud
L’“Haut-Jura”, la regione di confine della Franca Contea con il Cantone di Neuchâtel e le
Franches-Montagnes, può essere considerata la regione più rurale in assoluto al confine con la
Svizzera. A parte Morteau, la regione non è (più) industrializzata, interessante per
l’agricoltura ma con pochi posti di lavoro e scarsamente attrezzata per il turismo.
La parziale industrializzazione della regione ha subito un trauma negli anni Settanta con la
conseguente chiusura di molte aziende la cui manodopera è stata quindi rilevata da aziende
svizzere che in precedenza avevano perso le loro forze lavoro straniere in seguito a una
migrazione di ritorno, mentre quelle svizzere preferivano pendolare o migrare verso
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l’Altopiano. La Chaux-de-Fonds/Le Locle ha registrato negli anni 1980 un notevole
incremento dei posti di lavoro nelle aziende industriali tradizionali e ancor più in quelle
nuove. Questo aumento è stato possibile in larga misura grazie ai frontalieri. La contrazione
dopo il 1990 rispecchiava più o meno la media svizzera; la ripresa dopo il 1997 risulta
superiore alla media. Recentemente è stato considerevolmente migliorato il collegamento
ferroviario da (Besançon)-Morteau alla Chaux-de-Fonds. Si tratta della prima offerta di
trasporti pubblici in questa regione.
Per lo sviluppo futuro dei flussi di pendolari transfrontalieri si assumono le seguenti
premesse: emigrazione insignificante di svizzeri attivi verso la Francia, essendo le condizioni
dell’alloggio nel Giura neocastellano favorevoli, un certo afflusso dal Giura francese e quindi
una leggera diminuzione del numero di frontalieri. A lungo termine la disparità strutturale tra
i due spazi parziali non cambierà e non è neppure probabile una sostanziale diminuzione dei
vantaggi di questa regione.
Ajoie-Giura-Belfort: scarsa influenza del più grande polo produttivo d’Europa
L’area di Belfort-Monbéliard è una regione di confine scarsamente presente nella coscienza
degli svizzeri. Ciò dipende da un lato dalla posizione periferica della parte svizzera, l’Ajoie, e
dall’altro dagli scarsi legami economici con questa regione e alla sua debole importanza
turistica, a prescindere dal fatto che gli agglomerati industriali di quest’area (Montbéliard,
Sochaux, Audincourt, Belfort) fanno parte dei più importanti poli produttivi dell’industria
automobilistica francese.
Lo scambio di pendolari tra l’Ajoie e la vicina regione urbana è altrettanto unilaterale che in
pressoché tutte le altre regioni di confine. Il numero dei frontalieri è aumentato soltanto negli
anni 70 e soprattutto 80; tra il 1990 e il 2000 il loro numero è sceso da 4300 a 3700 con una
flessione leggermente più debole rispetto alla media nazionale.
La principale meta dell’immigrazione pendolare è la località di frontiera Boncourt con la
maggiore industria del Cantone (tabacco). Due terzi dei frontalieri lavorano nella facilmente
raggiungibile Ajoie, ma dall’apertura della galleria di Les Rangiers il comprensorio di
pendolarità si è esteso a Delémont, per quanto per i trasporti pubblici non esistono più
collegamenti transfrontalieri da quando è stata soppressa la tratta ferroviaria tra Boncourt e
Belfort. A lungo termine è previsto un miglioramento dei collegamenti (collegamento
autostradale ininterrotto e allacciamento ferroviario al TGV tra una dozzina d’anni).
Il saldo attuale dei frontalieri dell’Ajoie è di +2000 unità, dal punto di vista della struttura
degli insediamenti dovrebbe invece risultare di circa – 1500. Occorre però considerare che la
regione industriale francese soffre da quasi 20 anni di una persistente flessione occupazionale,
cosicché anche in mutate condizioni di frontiera non dovrebbero verificarsi consistenti
fenomeni di flussi di pendolari in partenza. La migrazione pendolare verso la Svizzera perderà
di attrattiva se i vantaggi di frontiera non potranno essere mantenuti. Il potenziale di
immigrazione è di per sé elevato e il mercato dell’alloggio giurassiano ricettivo. Tutto
dipenderà dall’evoluzione dei posti di lavoro nella regione.
Agglomerato di Basilea, Regio e imprese multinazionali tra le frontiere
La regione di Basilea costituisce un esempio estremo di frazionamento politico di uno spazio
geografico naturale. La cooperazione transfrontaliera è da pressoché 40 anni un vero e proprio
programma politico; l’idea della Regio è stata una necessità storica e allo stesso tempo un atto
pionieristico. Essa ha potuto svilupparsi in un periodo in cui Basilea aveva uno straordinario
impatto economico, culturale e politico sulle regioni circostanti.
Il territorio della città di Basilea è completamente edificato dagli anni 1950 almeno e i vicini
Comuni di Basilea Campagna (Allschwil, Binningen, Münchenstein, Birsfelden) registrano
dal 1970 una stagnazione o addirittura una diminuzione della popolazione. L’agglomerato di
Basilea è transfrontaliero da cinquant’anni e da allora l’intensità dei flussi di frontalieri è
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costantemente aumentata, perfino nel corso degli anni 1990 (oltre ai Grigioni l’unica regione
della Svizzera).
La parte tedesca dell’agglomerato (da Eimeldingen a Rheinfelden) contava nel 1990 oltre
115'000 abitanti, quella francese circa 40'000, il che nell’insieme corrisponde al 30%
dell’agglomerato internazionale. I frontalieri in questa regione sono principalmente lavoratori
pendolari in un’area metropolitana dove il confine tra la Svizzera e la Francia ha un effetto
rafforzante mentre quello tra la Svizzera e la Germania un effetto inibente. Da un lato,
l’occupazione dei posti di lavoro nelle regioni limitrofe tedesche è più elevata rispetto
all’Alsazia; d’altra parte, la disparità salariale rispetto alla Francia è maggiore (circa un terzo)
che rispetto alla Germania (circa il 10%).
A differenza di Ginevra, Basilea dispone di un retroterra svizzero che si estende in profondità
nella zona periurbana. Lo sviluppo demografico da tempo contenuto nell’area basilese ha
finora limitato la pressione transfrontaliera per gli svizzeri. D’altra parte, il potenziale di
frontalieri che gradirebbero stabilirsi in Svizzera, è verosimilmente superiore rispetto alla
maggior parte delle altre regioni di frontiera (lunghi tragitti pendolari specialmente
dall’Alsazia, elevata quota di giovani occupati, mercato dell’alloggio meno teso rispetto a
Ginevra o Zurigo).
Per il futuro orientamento dei flussi di mobilità sarà decisiva la politica delle grandi imprese.
Essendo però i grandi gruppi chimici insediati da tempo sui due versanti del confine, per lo
sviluppo futuro saranno meno determinanti le qualità locali quanto quelle mondiali.
Attualmente, un quinto dei posti di lavoro nella regione di Basilea è occupato da frontalieri e i
pendolari in arrivo sono pressoché 100 volte più numerosi dei pendolari in partenza. In
considerazione della forte amalgamazione territoriale e degli sforzi delle imprese di trasporto
volti a creare linee diametrali transfrontaliere, esiste un potenziale d’aumento per ogni forma
di mobilità. Un tale processo porterà a flussi pendolari e migratori più equilibrati, tanto più
che le differenze economiche si sono già notevolmente assottigliate. Si può pertanto ritenere
che in futuro gli Svizzeri prenderanno più frequentemente domicilio nelle regioni vicine – per
abitarvi, tornare a lavorare in Svizzera come pendolari o trovare un’occupazione all’estero,
tanto più se consideriamo che un quarto degli abitanti che risiedono nella regione di Basilea
sono stranieri. Ancora più elevato potrebbe essere il numero degli attuali frontalieri che in
virtù della libera scelta del luogo di residenza vorrebbero trasferirsi nella zona centrale
dell’agglomerato. L’attuale saldo dei pendolari oltre frontiera, pari a 47’400 persone, per la
fine della fase II dovrebbe pertanto retrocedere ad approssimativamente 36’000. Nella terza
fase (sotto l’effetto del mutato vantaggio legato alla regione di frontiera) il bilancio del
pendolarismo dovrebbe ulteriormente equilibrarsi, dato che le regioni limitrofe offriranno
condizioni allettanti per dislocazioni aziendali da Basilea e per nuovi insediamenti.
L’Alto Reno – la regione di frontiera con la maggiore corrispondenza reciproca
L’omogeneità culturale delle due sponde del Reno tra Zurzach, Waldshut, Bad Säckingen e
Rheinfelden è maggiore rispetto agli altri tratti di frontiera: stessa storia fino al XVIII° secolo
(la Fricktal è diventata argoviese nel 1802), stessa religione (cattolica), simili condizioni di
territorio naturale almeno a basse quote, stesse strutture agricole storiche (zona di divisione
dell’eredità immobiliare). Le città renane si sono sviluppate lungo entrambe le sponde del
fiume e formano spesso un’unità insediativa benché le città del Baden siano decisamente più
importanti delle corrispondenti città svizzere, seppure in parte di origine più recente
(Rheinfelden, Wehr, Bad Säckingen, Thiengen). In nessun’altra regione di frontiera, ad
eccezione del Mendrisiotto, le distanze potenziali (e presumibilmente anche reali) per i
frontalieri sono così ridotte.
La regione dell’Alto Reno è fortemente industrializzata. Fino a pochi anni fa, predominavano
su entrambe le sponde del Reno grandi aziende chimiche e metallurgiche. Nel frattempo, sulla
sponda di Baden, alcune imprese dell’industria di base risalenti all’inizio del XX° secolo sono
20
state chiuse. Questa industrializzazione era avvenuta in larga misura con capitale svizzero e
ancora oggi la partecipazione di capitale svizzero è elevata in vari rami.
Nonostante le similitudini economiche, lo sviluppo nelle due regioni ha seguito un corso
diverso, in quanto la parte tedesca si è industrializzata e urbanizzata molto prima e molto più
intensamente. L’industrializzazione di questa regione era strettamente legata alla costruzione
delle centrali a piccolo salto. Il settore energetico gioca tuttora un ruolo molto importante
nella combinazione tra centrali ad acqua fluente sul Reno e centrali nucleari (Leibstadt,
Beznau) nonché le centrali di accumulazione mediante pompaggio della Foresta Nera.
Laufenburg è inoltre un nodo europeo del commercio dell’elettricità dove s’incrociano le
principali linee ad alta tensione del continente.
All’inizio del secolo, i movimenti pendolari erano contrari rispetto ai movimenti attuali. La
regione dell’Alto Reno del Baden era attorno al 1910 l’unica regione di frontiera svizzera con
un numero elevato di pendolari in partenza. Dopo il 1945, la situazione si è rapidamente
capovolta. Benché le grandi imprese svizzere a Grenzach, Rheinfelden, Wehr, Albbruck e
Waldshut contassero migliaia di occupati, i movimenti di pendolari iniziarono a rafforzarsi. I
grandi stabilimenti industriali della chimica basilese nel Sissler Feld vennero costruiti dopo il
1960: a Stein (AG), Kaisten e Münchwilen (Ciba) nonché Sisseln (Roche). A ciò si aggiunse
l’insediamento di piccole e medie imprese di altri rami a Rheinfelden, Möhlin, Frick,
Laufenburg, Klingnau-Döttingen e Zurzach.
La regione dell’Alto Reno ha conosciuto, negli anni ’80 e ancora recentemente, un incremento
di posti di lavoro; il periodo 1990/97 è però stato caratterizzato da una drastica riduzione del
numero dei frontalieri (da 11'000 a 8250 persone). La struttura industriale è oggi diversificata
e geograficamente decentrata (Rheinfelden, Möhlin, Stein, Frick, Sisseln, Laufenburg, Full,
Klingnau-Döttingen, Zurzach) con un indotto di pendolari che si estende fino a Brugg e
Baden.
Per quanto concerne l’evoluzione delle diverse forme di mobilità nei prossimi anni si parte dal
presupposto di una diminuzione dei movimenti attualmente molto asimmetrici: i cambiamenti
più importanti concerneranno presumibilmente i pendolari, con una diminuzione dei pendolari
in arrivo in Svizzera e un leggero aumento dei pendolari in partenza. Per contro, non si
prevedono migrazioni di rilievo essendo le distanze pendolari ridotte e le condizioni
dell’alloggio oggettivamente paragonabili, benché ancora diverse a seconda nel contesto
statale. Per quanto concerne lo sviluppo a medio termine dei posti di lavoro occorre
considerare che per le grandi imprese industriali sulle due rive del Reno la pressione della
concorrenza internazionale si intensificherà e che il fattore delle forze lavoro perderà di
importanza.
La posizione geografica di Sciaffusa ha bloccato il Baden meridionale?
L’estensione della Svizzera sulla riva destra del Reno nell’area di Sciaffusa, caratterizzata da
un complicato tracciato dei confini, costituisce un fattore chiave per l’impostazione delle
relazioni transfrontaliere tra la Germania e la Svizzera. Sciaffusa è costituito come Cantone e
ha un certo peso in Svizzera, e la città è la sola città importante, con la debita eccezione di
Basilea, situata nella zona ristretta di frontiera tra la Svizzera e la Germania. Nonostante le
ridotte dimensioni del Cantone è rimasta una chiara divisione economica in due parti: un
retroterra rurale (Klettgau, Hegau) e l’agglomerato: in città dominavano fino a poco tempo fa
alcune grandi industrie del settore della costruzione di macchine orientate all’esportazione. La
maggior parte dei frontalieri tedeschi lavorava in questi stabilimenti.
Dalla posizione delle aziende a Sciaffusa, “isolata” dalla regione rurale circostante, consegue
che nonostante la vicinanza al confine le distanze per i frontalieri siano relativamente elevate:
rispetto alla regione rurale-industriale del Klettgau, la scarsamente popolata Wutachtal, ma
anche nei confronti di Singen-Gottmadingen, che si trova a 20 km di distanza ed è
rapidamente raggiungibile in ferrovia. A Singen, sorta soltanto verso la fine del 19° secolo
21
presso un nodo ferroviario, la rapida crescita è avvenuta prevalentemente mediante capitale
svizzero. Anche Singen si è trovata confrontata negli ultimi anni con una riduzione dei posti
di lavoro, ma le ditte sono stabili e l’orientamento economico è ancora essenzialmente
industriale. La quota di frontalieri provenienti da Singen e diretti in Svizzera è del 3%
soltanto; la regione limitrofa in Svizzera è solo scarsamente popolata (Stein am Rhein,
Diessenhofen) e a Sciaffusa si trovano in parte le stesse aziende. La città di Singen è attrattiva
per la clientela svizzera.
Il relativo isolamento di Sciaffusa era accresciuto da un sistema di trasporti transfrontaliero
solo di recente migliorato (rete autostradale). Benché negli ultimi decenni diverse piccole
aziende si siano insediate nella regione di frontiera rurale (Neunkirch, Schleitheim), il tasso
percentuale di frontalieri rispetto alla popolazione attiva nella regione di frontiera tedesca
rimane esiguo (come menzionato, il 3% a Singen, attorno al 10% a Blumberg o Erzingen,
sensibilmente maggiore però a Jestetten e Büsingen, facenti parte dell’agglomerato di
Sciaffusa). Più recentemente un numero crescente di aziende si sono insediate nelle regioni
limitrofe tedesche.
In futuro, il saldo della pendolarità potrebbe dimezzarsi in seguito alla perdita d’attrattiva
della posizione di frontiera e alla crescente concorrenza da parte del mercato del lavoro
zurighese. Dal canto suo, Sciaffusa conoscerà uno sviluppo quale luogo di residenza, ma ciò
non in virtù degli effetti dello smantellamento delle frontiere, bensì tramite nuovi arrivi dalla
regione di Zurigo o nuovi arrivi dalla Germania orientati verso l’area zurighese.
Zurigo, la metropoli di frontiera all’interno
Zurigo è il centro economico della Svizzera e influenza lo sviluppo urbano dell’intero
comparto nordorientale del Paese da Coblenza a Lucerna e oltre, fino al Walensee, a San
Gallo e al Lago di Costanza. Contrariamente a Basilea o Ginevra, nell’ottica elvetica Zurigo
non è considerato un centro transfrontaliero.
Nondimeno, Zurigo svolge un ruolo reale nell’area di frontiera. In effetti, non solo il suo
territorio si spinge fino al confine, ma supera addirittura il Reno nel Rafzerfeld. La parte
settentrionale del Cantone (Weinland, Rafzerfeld) è l’unica rimasta rurale, ma è soggetta oggi
a una pressione di periurbanizzazione. Anche i vicini Comuni tedeschi si sono sviluppati solo
recentemente; per molto tempo non era emersa nessuna necessità di collaborazione, ma oggi
la questione del rumore causato dall’aviazione è assurta a conflitto internazionale.
Il numero di frontalieri verso il Cantone di Zurigo si aggira da tempo stabilmente attorno alle
3000 persone. Quantitativamente ciò corrisponde a poco più dello 0,5% delle persone
impiegate. Si potrebbe pertanto escludere Zurigo da quest’analisi. Occorre però ritenere che in
futuro l’evoluzione sarà diversa rispetto alla maggior parte delle altre regioni di frontiera del
Paese. A questa valutazione concorrono in primo luogo argomenti che non sono legati
direttamente allo smantellamento di ostacoli istituzionali. Prima di tutto, l’area di frontiera
tedesca è stata negli ultimi anni meglio collegata a Zurigo (collegamento ferroviario diretto da
Waldshut, potenziamento dei collegamenti stradali); in secondo luogo, i posti di lavoro si
concentrano sempre più a Nord di Zurigo (Glattal, Furttal) talché risultano meglio
raggiungibili e in terzo luogo la Foresta Nera meridionale è una regione di elevata qualità
paesaggistica.
Il comprensorio del mercato del lavoro metropolitano di Zurigo si estende potenzialmente
molto al di là del Reno. Per le forze lavoro a orientamento internazionale la barriera mentale
dovrebbe incidere meno che in altre regioni di frontiera, tanto più che questi gruppi
professionali dispongono di una maggiore flessibilità temporale dell’organizzazione del
lavoro. Si può quindi supporre che tutte le forme considerate di pendolarità e migrazione
aumenteranno; in considerazione della comunque non indifferente distanza, l’immigrazione di
attuali frontalieri; il trasferimento della residenza di svizzeri nel Klettgau, nella Foresta nera,
22
nell’Hegau nonché sull’Höri all’Untersee, come pure l’arrivo di cittadini tedeschi in questa
regione in vista di un’occupazione nella regione di Zurigo.
Costanza-Turgovia: regioni lacustri in trasformazione
Nello scorso decennio, il numero di frontalieri provenienti dalla vicina Germania e diretti
verso il Cantone Turgovia è scemato da oltre 6000 a meno di 3000, la più grande diminuzione
registrata in un Cantone svizzero.
Di per sé, il Cantone di Turgovia sembra più un Cantone interno che un Cantone di frontiera,
assomigliando anche in questo al Cantone di Vaud. A prescindere da Como, esso confina con
la più grande città in prossimità del confine Svizzero, Costanza. La differenza nel grado di
urbanità è notevole; di per sé, il bilancio della pendolarità dovrebbe essere inverso rispetto a
quello osservato attualmente (+2700 per la Turgovia). Va tuttavia tenuto presente che il Lago
di Costanza, fatta eccezione della cerniera di Costanza-Kreuzlingen, costituisce un’efficace
barriera al pendolarismo.
La diminuzione del pendolarismo in arrivo nel passato è un’espressione della crisi delle
imprese di costruzione di macchine a Kreuzlingen e Arbon, tuttavia, essa esprime anche
l’avvicinamento alle premesse relative alla struttura degli insediamenti. Costanza e soprattutto
la sua università attirano un certo numero (circa 300) di pendolari svizzeri (e studenti). Se
Costanza fosse svizzera, i Comuni del Bodanico e la costa dorsale del lago presenterebbero
oggi un carattere marcatamente più periurbano. Invece, le regioni del Lago di Costanza e
dell’Untersee risultano leggermente svantaggiate dal punto di vista economico. Il processo
iniziato con la recessione del 1973/76, si è ulteriormente accentuato negli anni ‘90. Nel settore
terziario, le maggiori istituzioni sono le cliniche e gli istituti cantonali (Münsterlingen e altri)
nonché alcune aziende private nei settori dell’istruzione e della sanità.
V’è da ritenere che in futuro in questa regione il bilancio dei pendolari risulterà più
equilibrato, dato che il mercato del lavoro di Costanza dovrebbe risultare più attraente per gli
svizzeri dal punto di vista finanziario rispetto ad ora. Inoltre, la Turgovia rurale potrebbe
risultare interessante per i cittadini tedeschi come luogo di residenza. Anche l’autostrada, che
verrà ultimata presumibilmente verso il 2010, incrementerà le relazioni di scambio,
prevedibilmente anche oltre Turgovia fin verso l’area di Zurigo.
La Valle del Reno sangallese –al confine con un gagliardo Vorarlberg
La più grande valle alpina con decorso da Sud a Nord è divisa politicamente dal Reno. Stessa
topografia, struttura degli insediamenti simile (anche se maggiormente densificata nella parte
orientale), struttura storica e, fino ad ora, anche economica paragonabile – in pressoché
nessun altro tratto di frontiera si trovano zone più simili al di qua e al di là della frontiera
(fatta eccezione per la Valle del Reno argoviese). Le differenze a livello di strutture degli
insediamenti risultano tuttalpiù nell’orientamento verso un centro: nella parte svizzera verso
la vicina città di San Gallo e verso la più distante area di Zurigo; nella parte del Vorarlberg, il
centro è di per sé la catena urbana Bregenz-Lustenau-Dornbirn-Feldkirch con Bregenz
capoluogo del Land. Nel confronto interno in Austria, questa regione risulta altamente
urbanizzata ed economicamente forte.
Lo Stato federale del Vorarlberg sfrutta questa posizione di forza attuando una politica
federale attiva che talvolta si differenza nettamente da “Vienna”. La cooperazione
transfrontaliera interregionale nell’area del Lago di Costanza è uno degli obiettivi principali
del Vorarlberg in cui ha assunto un ruolo pioniere. In tal modo, la posizione del Land si è
rafforzata anche nei confronti della Svizzera e le animosità storiche appaiono oggi superate.
I movimenti dei frontalieri negli anni 1990 sono diminuiti in modo nettamente superiore alla
media. Ciò dipende da un lato dalla struttura della Valle del Reno sangallese, tuttora a
carattere fortemente industriale, che ha accusato duramente i colpi della crisi economica
23
(segnatamente l’Unterrheintal). La diminuzione del numero dei frontalieri rispecchia però
anche il (relativo) rafforzamento dell’economia del Vorarlberg.
Se non esistessero effetti di frontiera, il flusso dei pendolari dovrebbe, di per sé, muoversi in
senso inverso. Si può ritenere che la disparità oggi ancora sensibile tra Ovest e Est continuerà
ad assottigliarsi. Nondimeno, non vi sono da aspettarsi consistenti migrazioni attraverso la
frontiera, dato che le attuali distanze di pendolarità non sono eccessive e le condizioni
d’alloggio risultano paragonabili e vantaggiose.
Il modello del Principato del Liechtenstein: la sola inversione dei flussi di pendolari
svizzeri
L’agglomerato di Vaduz-Buchs è il più piccolo dei sei agglomerati transfrontalieri della
Svizzera e l’unico con flussi di pendolari in direzione inversa. A circa 1000 pendolari in
arrivo nei distretti di Werdenberg e Sargans si contrappongono 2200 pendolari in partenza.
Questa situazione rispecchia l’eccezionale attrattiva del mercato del lavoro del Liechtenstein:
prestazioni di servizio finanziarie specializzate con un elevato livello retributivo e la presenza
di alcune grandi e competitive imprese industriali (Balzers, Eschen). Inoltre, le condizioni di
lavoro e sociali sono simili a quelle svizzere.
Dopo un lungo periodo di libera circolazione delle persone tra la Svizzera e il Principato, il
Principato ha denunciato nel 1981 con uno scambio di note la libera circolazione delle
persone tra la Svizzera e il Liechtenstein. Da allora, per i cittadini Svizzeri esiste un diritto
all’elezione del domicilio e all’assunzione di un posto di lavoro nel Liechtenstein solo nel
settore delle istituzioni pubbliche (settore della formazione, ospedali). I cittadini del
Liechtenstein che intendono domiciliarsi in Svizzera, sono esclusi dal contingente ma sono
soggetti alla priorità degli indigeni se non possono dedurre una pretesa giuridica dallo
scambio di note.
La piazza del Liechtenstein approfitta più della sua indipendenza statale e politico-economica
che non della sua particolare posizione geostrategica. Ancora molto povero negli anni 1930, il
Liechtenstein è diventato, nel giro di due generazioni, uno dei Paesi più ricchi. Le prospettive
a lungo termine dipendono tuttavia in larga misura dall’evoluzione della piazza finanziaria.
Gli accordi bilaterali riguardano le relazioni tra la Svizzera e il Liechtenstein nella misura in
cui la Convenzione tra la Svizzera e gli Stati dell’AELS entrata in vigore il 1° giugno 2002,
contiene un protocollo proprio per il Liechtenstein. Il protocollo per il Liechtenstein prevede
un piano a due fasi per altri negoziati sulla circolazione delle persone tra la Svizzera e il
Liechtenstein. A un anno dall’entrata in vigore dell'accordo AELS, verrà applicato ai cittadini
del Liechtenstein in Svizzera l’Accordo sulla libera circolazione e ai cittadini svizzeri nel
Liechtenstein la soluzione speciale SEE. Entro due o al più tardi tre anni dall’entrata in vigore
dell'accordo AELS sarà disciplinata l’ammissione all’elezione del domicilio e all’impiego nel
rispettivo altro Stato contraente. Anche nel quadro dello SEE il Principato del Liechtenstein
ha negoziato una soluzione particolare che limita l’elezione del domicilio di cittadini di Stati
dello SEE a 56 persone l’anno.
Le previsioni riguardanti il futuro sviluppo si basano su flussi di mobilità leggermente
modificati: un’ulteriore concentrazione dei posti di lavoro a Vaduz e in altri Comuni del
Liechtenstein e un leggere aumento del pendolarismo in arrivo dalla Svizzera e dal
Vorarlberg.
Bassa Engadina-Valle dell’Inn/Val Müstair-Val Venosta: un’apertura ritardata e timida
delle frontiere
Fino a circa 20 anni fa, il pendolarismo lavorativo oltre confine tra la valle superiore dell’Inn
e la Bassa Engadina come pure tra la Val Venosta e la Valle di Monastero era un fenomeno
pressoché sconosciuto. Nel 2000, si contavano circa 370 forze lavoro pendolari provenienti
dalla zona di frontiera dell’Austria e circa 200 dalla regione limitrofa dell’Alto Adige e diretti
24
verso la Svizzera. La maggior parte dei pendolari proviene dai villaggi limitrofi situati nelle
immediate vicinanze del confine e lavora nel settore turistico, nel commercio di frontiera, nel
settore sanitario nonché nell’edilizia. L’insediamento di piccole aziende del settore
costruzione di macchine è molto recente. La percentuale delle donne frontaliere supera
largamente il 50%.
L’evoluzione futura dipende in primo luogo dal caso particolare di Samnaun, la cui zona
extradoganale viene disciplinata indipendentemente dagli accordi bilaterali. In questa località
è probabile una persistenza del pendolarismo in arrivo in considerazione dell’importanza
turistica della località. Anche altrove non dovrebbero verificarsi sostanziali cambiamenti in
seguito a migrazioni. Nell’edilizia il potenziale sembra più limitato rispetto agli anni ’90
(Galleria della Vereina).
Alta Engadina / Valtellina / Chiavenna: dall’integrazione politica all’integrazione
economica
La situazione topografica e geopolitica dell’Alta Engadina è unica: una regione turistica
d’importanza mondiale tra le metropoli di Milano, Monaco e Zurigo a massima altezza sul
livello del mare nelle Alpi (1800m), di ridotta estensione, con due valichi verso l’Italia, di cui
parte delle valli oltremontane ancora appartengono alla Svizzera (Val di Poschiavo, Val
Bregaglia), non però i piccoli centri ad esse appartenenti (Tirano, Chiavenna). La distanza per
il pendolarismo diurno verso l’area di St. Moritz è relativamente grande, mentre quella verso
le località svizzere immediatamente sul confine solo di pochi minuti.
In questa regione lavorano circa 3000 frontalieri, molti di essi verosimilmente con un
comportamento in termini di mobilità paragonabile a quello degli stagionali. In assenza degli
effetti di frontiera, la Val di Poschiavo e la Val Bregaglia si orienterebbero presumibilmente
verso i mercati del lavoro della Valtellina e di Chiavenna, questi però sussidiariamente verso
l’Alta Engadina; il bilancio della pendolarità rimarrebbe chiaramente positivo per il comparto
svizzero.
Gli effetti degli accordi bilaterali sul comportamento migratorio degli svizzeri dovrebbe
essere minimo. Per contro v’è d’attendersi che un certo numero di frontalieri si trasferiranno
in Engadina perlomeno a titolo stagionale (come pure persone attive che finora non
lavoravano in Svizzera).
Lugano, la terza piazza finanziaria della Svizzera, la prima milanese
La metropoli ticinese oscilla nella propria considerazione tra la sensazione di svolgere un
ruolo di dipendenza politica e marginalità culturale e la consapevolezza del ruolo di partner di
due grandi poli, Zurigo e Milano, a cui offre servizi irrinunciabili nei settori della finanza, del
turismo e della cultura.
Benché Lugano e Locarno si trovino in prossimità della frontiera non si tratta di città di
frontiera poiché il loro retroterra italiano, diversamente dal Mendrisiotto, è meno densamente
popolato e il comprensorio è limitato dai laghi insubrici. La disparità tra città e campagna era
quindi un tempo molto marcata oltre frontiera e risulta ancor oggi dominante. Oggi però
Lugano non viene più alimentata solo da frontalieri provenienti dalla regione di Porlezza e
Luino ma anche dall’area di Varese-Como.
Il numero di frontalieri in Ticino ha subito un forte calo negli anni Novanta. La struttura dei
rami economici e la qualifica dei posti di lavoro nell’area luganese risulta piuttosto
differenziata (settore finanziario, settore alberghiero, sanità ed edilizia) rispetto al
Mendrisiotto (in prevalenza stabilimenti di produzione). I movimenti migratori degli svizzeri
oltre frontiera dovrebbero rimanere contenuti. Per contro, sussiste certamente un interesse da
parte dei frontalieri di stabilirsi in Ticino – un interesse al quale tuttavia la situazione critica
dell’alloggio e le elevate pigioni pongono un drastico freno. Nondimeno, si può ritenere che,
25
al termine delle tre fasi di adattamento, il bilancio della pendolarità risulterà forse del 40% più
equilibrato rispetto a oggi.
Mendrisiotto: anche in futuro una regione particolare sul versante meridionale delle
Alpi?
Il Ticino meridionale presenta per molti aspetti una costellazione di frontiera estrema: non
solo sussiste una disparità salariale relativamente grande tra i comparti parziali svizzero e
italiano, ma si tratta altresì della regione con i salari più bassi in assoluto nel settore
industriale (in prevalenza lavoro femminile). Inoltre, il rapporto della struttura degli
insediamenti è assolutamente squilibrato: il piccolo distretto con meno di 50'000 abitanti è
circondato da due agglomerati di media grandezza (Como, Varese), che a loro volta possono
essere attribuiti all’area metropolitana milanese.
Metà di tutti i posti di lavoro nel Mendrisiotto sono occupati da frontalieri, tant’è vero che
molti posti sono stati creati unicamente in considerazione della loro disponibilità. Inoltre, il
mercato del lavoro è fortemente segmentato in funzione dei rami economici, delle attività e
delle retribuzioni.
In assenza della frontiera, lo sviluppo negli ultimi decenni avrebbe imboccato una direzione
completamente diversa. La regione sarebbe il retroterra periurbano di una città dell’Italia
settentrionale ai piedi delle Alpi, paragonabile a Biella o Brescia, benché situata sulla via del
Gottardo. Chiasso non sarebbe diventata la più tipica città di frontiera del Paese e non avrebbe
subito negli scorsi anni i contraccolpi della perdita d’importanza dell’immediata funzione di
confine. Nel frattempo, numerose attività legate tradizionalmente alla posizione di frontiera
sono state trasferite nei centri (Lugano, Milano o Zurigo) o sono scomparse: stazione di
manovra, imprese di trasporto, banche e assicurazioni, turismo di transito e di frontiera.
L’attuale situazione del mercato del lavoro è caratterizzata da imprese industriali sulla base di
forze lavoro a buon mercato e l’inserimento in un territorio diviso a livello istituzionale ed
economico. Quest’orientamento non è scevro da problemi, anche se la posizione lungo l’asse
Nord-Sud nel triangolo urbano Como-Lugano-Varese e in prossimità di Milano è comunque
interessante, segnatamente sotto l’aspetto delle previste linee di trasporto (ferrovia fino
all’aeroporto di Malpensa; collegamento trasversale Varese-Como, difficilmente però per il
futuro asse veloce del Gottardo).
Se la frontiera non esistesse, il saldo della pendolarità per il Mendrisiotto rispetto alla vicina
regione insubrica sarebbe negativo – in realtà, esso presenta un’eccedenza di 15'000 unità. Gli
effetti degli accordi bilaterali potrebbero risultare sensibili: con scarse ripercussioni sulla
migrazione e la pendolarità degli svizzeri, ma con notevole influenza sugli attuali frontalieri
che in parte potrebbero trasferirsi in Svizzera (anche se sussiste il limite di un mercato
dell’alloggio poco ricettivo) e in parte abbandonare i loro posti di lavoro male retribuiti. I
vantaggi della regione per imprese con manodopera non qualificata molto probabilmente si
assottiglieranno. Per contro, si può ritenere che la regione presenti un certo potenziale per
prestazioni di servizio qualificate basate sulla persistenza di effetti positivi della frontiera
come zona di contatto: nel settore della formazione e nella ricerca, nella logistica e
indubbiamente anche in futuro del settore finanziario. Alcune delle imprese industriali
specializzate dovrebbero rimanere competitive anche in futuro. Per contro, l’edilizia e il
settore dei trasporti potrebbero risentire del calo dell’attività industriale.
Ciò potrebbe comportare una sensibile riduzione dell’attuale numero di posti di lavoro. Il
bilancio positivo dei pendolari attualmente estremamente elevato dovrebbe ridursi
drasticamente a non più di 5000 unità, con però un crescente numero di pendolari in partenza.
26
Alto Vallese-Valle d’Ossola: La galleria ferroviaria come collegamento tra due mondi
Tra il 1991 e il 1998 il numero dei frontalieri verso il Vallese si è dimezzato. Nell’Alto
Vallese sono particolarmente attraenti i centri in valle, soprattutto Visp e Briga, oltre che
(prima del 2000) Gondo. La struttura del pendolari in arrivo in questa regione presenta
pertanto caratteristiche molto specifiche: essi si muovono in ferrovia, sono orientati alle
imprese industriali e di conseguenza prevalgono gli uomini. Ben 500 persone provengono da
Domodossola, di cui oltre 300 uomini, e altre 150 da Varzo al portale Sud della galleria del
Sempione.
L’ulteriore evoluzione del numero dei frontalieri dipende quindi dal futuro delle grandi
imprese del Vallese, in particolare della Lonza a Visp, dove il livello salariale (per una
regione periferica) è relativamente elevato e quindi interessante per i pendolari in arrivo anche
in presenza di tendenze di adattamento oltre la frontiera. La massiccia fluttuazione della
consistenza di frontalieri nel passato lascia ritenere che le forze lavoro indigene siano al
beneficio di una certa protezione sociale. Il mercato del lavoro dell’Alto Vallese non presenta
vere e proprie caratteristiche di regione di frontiera.
L’apertura in virtù degli accordi bilaterali non dovrebbe comportare migrazioni di rilievo – le
differenze culturali risultano qui particolarmente marcate, trattandosi dell’unica regione di
frontiera con barriera linguistica (se si eccettua quella, invero impropria, tra Basilea e
l’Alsazia). L’ulteriore sviluppo dipenderà pertanto dalla resistenza delle grandi imprese
industriali, che tuttavia non dipende in modo rilevante dalla questione dei frontalieri, bensì
dalla situazione di concorrenza internazionale.
3.4
Conclusioni
Nella discussione sugli effetti degli accordi bilaterali si parte generalmente dal presupposto
che il numero dei frontalieri in Svizzera (segnatamente nelle regioni di frontiera) aumenterà in
quanto diverse restrizioni saranno gradualmente soppresse. Queste considerazioni sono
unilaterali, in quanto considerano soltanto le forze lavoro e non le imprese, e non sono
pertanto in grado di cogliere appieno il fenomeno.
A prescindere dal fatto che l’occupazione di frontalieri (perlomeno di segmenti parziali in
determinate regioni) è in larga misura dipendente dalla congiuntura, non sono tenute in
considerazione le conseguenze degli accordi bilaterali per l’allocazione dei posti di lavoro.
Quanto più vengono eliminati gli ostacoli istituzionali al confine, tanto meno essi
costituiscono un fattore limitativo nella scelta dell’ubicazione, ossia tanto più aumenterà il
peso di elementi come la disponibilità e il prezzo del terreno, di superfici commerciali e
artigianali e a uso ufficio, la vicinanza alla clientela, la possibilità della presenza in due spazi
economici ecc. A più lungo termine, la qualità della zona di frontiera, caratterizzata
originariamente da barriere, filtri ed elementi di contatto, perde sempre più tanto i fattori
inibenti quanto quelli motivanti della frontiera. Questo processo è in atto indipendentemente
dagli accordi bilaterali e sembra rafforzarsi. Esso dovrebbe alla fine ripercuotersi sulle
considerazioni di fondo delle imprese per quanto concerne l'ubicazione.
Lo sviluppo futuro dell’economia svizzera e quindi anche delle regioni di frontiera nel nostro
Paese dipende da numerosi fattori. Sostanzialmente, gli accordi bilaterali contribuiscono al
rafforzamento dell’economia del nostro Paese e alla sua affermazione nel contesto della
concorrenza globalizzata. Nell’ottica attuale, i timori che le zone di frontiera vengano
sommerse dall’arrivo di nuove forze lavoro e si trovino quindi confrontate con problemi
particolari in seguito a questi accordi e soprattutto alla graduale introduzione della libera
27
circolazione delle persone, appaiono in larga misura infondate. Anche se a breve e media
scadenza v’è da attendersi un certo aumento delle forze lavoro complessive abitanti nelle
regioni di frontiera svizzere; per quanto concerne i posti di lavoro è più probabile invece una
riduzione e una dislocazione verso le regioni limitrofe all’estero. Di conseguenza, dovrebbe
diminuire anche il saldo dei pendolari. Se le ipotesi formulate nello studio risultano corrette,
si può ritenere che a più lungo termine nelle regioni di frontiera (da entrambe le parti del
confine) diminuiranno lievemente sia la popolazione attiva sia il numero di posti di lavoro;
questo perché il fattore "posizione di frontiera" perderà sempre più la sua importanza. Ma
questo processo non dipende dagli accordi bilaterali.
Per quanto riguarda le singole regioni, si prevede a medio e lungo termine un aumento dei
frontalieri soltanto nella regione di Zurigo e in misura molto modesta per Werdenberg. In
riferimento alla popolazione attiva residente, lo studio prevede fino al 2010 nella maggior
parte delle regioni un certo aumento (eccezioni: Losanna e Chablais costante, Ginevra e
Werdenberg lieve diminuzione), e entro il 2020 per la maggior parte delle regioni una
diminuzione più o meno marcata. Nella misura in cui le previsioni dello studio si
avvereranno, a media e lunga scadenza nella maggior parte delle regioni potrebbe verificarsi –
senza considerare lo sviluppo interno – una certa riduzione dei posti di lavoro. Anche se
queste cifre presentano un largo margine d’incertezza, in base alle previsioni attuali non
s’impongono misure specifiche per l’assorbimento e la moderazione di eventuali
immigrazioni (semmai misure d’incentivazione) in virtù dell’Accordo sulla libera
circolazione delle persone. Siccome, come evidenziato, l’evoluzione viene strettamente
osservata, si può, se necessario, reagire con tempestività.
28
4
L’accordo sui trasporti terrestri
4.1
Presentazione e contesto dell’Accordo
L’Accordo sul trasporto di merci e di passeggeri su strada e per ferrovia prevede una politica
dei trasporti coordinata tra la Svizzera e l’UE i cui capisaldi sono la mobilità sostenibile, la
tutela dell’ambiente, la comparabilità delle condizioni e l'evitare del traffico di aggiramento.
L’Accordo disciplina l’apertura progressiva e reciproca del mercato del trasporto di merci e di
passeggeri su strada e per ferrovia tra la Svizzera e l’Unione europea. Esso prevede una fase
di transizione e un regime definitivo dal 2005, al più tardi dal 2008. Benché, come gli altri
accordi bilaterali, l’Accordo sui trasporti terrestri sia entrato formalmente in vigore soltanto il
1° giugno 2002, la sua attuazione è iniziata di fatto già il 1° gennaio 2001 con l’introduzione,
da parte della Svizzera, di numerosi elementi essenziali.
Il limite di peso vigente nel nostro Paese per autocarri è stato aumentato dal 1° gennaio 2001
a 34 tonnellate e verrà portato nel 2005 a 40 tonnellate. Parallelamente, viene introdotta
gradualmente la tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni (TTPCP). Se, fino al
2001 si pagavano al massimo 50 franchi per attraversare la Svizzera con un camion di 28
tonnellate, con l’introduzione della TTPCP questa tassa è stata aumentata a 172 franchi in
media (a dipendenza dalla categoria di emissioni nocive del veicolo) per il transito con un
veicolo di 34t. Dal 2005, per il transito con un veicolo da 40t si pagheranno in media quasi
300 franchi, prima di raggiungere con l’apertura della galleria di base del Lötschberg
(presumibilmente nel 2007), ma al più tardi dall’1.1.2008, il valore massimo concertato di
325 franchi.
Durante la fase di transizione, all’UE è concesso un contingente annuo per veicoli da 40t (per
il 2001 e il 2002, 300'000 corse l’anno, per il biennio 2003-2004, 400'000 corse l’anno).
Inoltre, per il traffico di transito è applicata una tariffa ridotta per 220'000 corse con veicoli
vuoti o con carico leggero l’anno. La Svizzera ha la possibilità di concedere gli stessi
contingenti alle ditte di trasporto svizzere.
Quale contropartita, l’Accordo dischiude ai trasportatori svizzeri nuove libertà e opportunità
di mercato nell’UE e le aziende ferroviarie svizzere ottengono l’accesso alla rete ferroviaria
comunitaria.
L’Accordo bilaterale sui trasporti terrestri (ATT) ha permesso di introdurre la TTPCP decisa
dal popolo svizzero in accordo con l’UE e senza timore di ritorsioni. La soluzione negoziata
permette di sfruttare in misura sostanziale la maggiore produttività degli autocarri di 40t
(maggiore quantità di trasporto per corsa grazie al maggiore carico utile e alla migliore
utilizzazione delle capacità) e di contribuire al finanziamento dei grandi progetti ferroviari
(segnatamente la NTFA e Ferrovia 2000).
Le possibili ripercussioni dell’Accordo sui trasporti terrestri sui trasporti stradali e ferroviari
in Svizzera sono stati oggetto nel 1999 di uno studio SST (Ecoplan: Die verkehrlichen
Auswirkungen des bilateralen Landverkehrsabkommens zwischen der Schweiz und der
Europäischen Union auf den Strassen- und Schienengüterverkehr; Rapporto SST 2/99).
Queste indagini hanno portato alle seguenti previsioni: nel traffico interno e nel traffico di
importazione/esportazione, l’aumento del limite di peso con parallela introduzione della
TTPCP genera un effetto di produttività, cosicché la prestazione chilometrica (misurata in
29
veicoli-chilometro) diminuisce sensibilmente nel confronto con lo scenario di base (limite di
28 t senza TTPCP), con una riduzione più marcata nel traffico di importazione/esportazione
rispetto al traffico interno. Per il traffico di transito si prevede che l’ATT comporterà
soprattutto il riassorbimento in Svizzera delle corse di aggiramento attraverso la Francia e
l’Austria a causa del peso. Per l’intero traffico merci su strada attraverso le Alpi lo studio
prevede che mediante l’introduzione della TTPCP e le misure ferroviarie la tendenza di
crescita potrà essere frenata e, dal 2005, ridotta. Sfruttando appieno il potenziale di
trasferimento su rotaia, il numero di veicoli merci su strada attraverso le Alpi potrà essere
drasticamente ridotto a partire dall’ultimazione della prima galleria NFTA.
Il trasferimento dalla strada alla ferrovia del traffico transalpino per il trasporto di merci
attraverso la Svizzera previsto dall’articolo costituzionale sulla protezione delle Alpi (art. 84
Cost.) può essere conseguito a tappe mediante l’Accordo sui trasporti terrestri, la TTPCP,
l’ammodernamento della ferrovia (segnatamente NFTA), la riforma delle ferrovie come pure
le misure collaterali giusta la legge sul trasferimento del traffico. In base alla legge sul
trasferimento del traffico (Legge federale dell’8 ottobre 1999 concernente il trasferimento su
ferrovia del traffico merci pesante attraverso le Alpi; RS 740.1), l’obiettivo da conseguire è di
650'000 veicoli transalpini annui attraverso la Svizzera. Questo obiettivo va raggiunto al più
tardi entro due anni dall’apertura della galleria di base del Lötschberg, il che permetterà di
ridurre il traffico merci pesante su strada attraverso le Alpi di circa la metà rispetto all’anno
2000. Quale obiettivo intermedio, per il biennio successivo all’entrata in vigore dell’Accordo
sui trasporti terrestri, la legge sul trasferimento del traffico formula una stabilizzazione del
traffico merci al livello del 2000 (ossia 1,4 milioni di corse).
Giusta la legge sul trasferimento del traffico, il Consiglio federale a scadenza biennale
presenta alle competenti commissioni parlamentari un rapporto sul trasferimento del traffico.
Il primo rapporto sul trasferimento del traffico è stato pubblicato il 27 marzo 2002; le sue
indicazioni e constatazioni sono naturalmente di grande importanza anche per le regioni di
frontiera. Il Rapporto sul trasferimento del traffico 2002 verrà esaminato più a fondo nel
paragrafo 4.2.
Va ricordato a questo proposito anche l’Osservatorio permanente del traffico istituito giusta
l’articolo 45 dell’Accordo sui trasporti terrestri. L’Osservatorio trasmette annualmente al
Comitato misto dei trasporti terrestri una relazione sull’andamento del traffico nella regione
alpina e può essere incaricato di preparare relazioni speciali in riferimento alle misure di
protezione.
Come abbiamo esposto, l’Accordo sui trasporti terrestri ovviamente non riguarda solo il
traffico di transito attraverso le Alpi, anche se l’interesse politico si concentra in prevalenza su
questo punto, bensì anche altri flussi del traffico. Uno studio di un caso concernente la
TTPCP nel quadro del progetto di ricerca UE Desire individua prime tendenze al riguardo;
cfr. il paragrafo 4.3.
Per il presente rapporto è stato commissionato uno studio speciale che esamina le previste
ripercussioni dell’Accordo sulle singole regioni di frontiera. I risultati di questo studio
vengono presentati nel paragrafo 4.4.
30
4.2
Rapporto sul trasferimento del traffico 2002, monitoraggio delle misure
di accompagnamento
Il primo rapporto del Consiglio federale giusta la legge sul trasferimento del traffico della
primavera 2002 prende in esame l’anno 2001, anno in cui è stata inaugurata la nuova politica
svizzera in materia di trasporti in relazione all’Accordo sui trasporti terrestri. Per
l’accompagnamento e il pilotaggio delle misure accessorie nonché per l’elaborazione del
rapporto sul trasferimento del traffico è stata istituita un’organizzazione di progetto autonoma
della Confederazione (Monitoraggio delle misure di accompagnamento, MMA).
Il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla legge sul trasferimento del traffico viene
verificato in base al traffico pesante rimanente su strada. L’obiettivo intermedio per il primo
anno era quello di innescare un’inversione di tendenza della crescita del traffico merci su
strada attraverso le Alpi.
Il primo obiettivo intermedio è stato raggiunto. Si è riusciti infatti a frenare la crescita del
traffico merci su strada attraverso le Alpi, anche a prescindere dalla chiusura della galleria
stradale del San Gottardo. Nel 2001 è risultato un aumento del tre per cento soltanto rispetto
alla crescita media del 7-8% registrata negli anni precedenti. Si è così conseguita l’auspicata
inversione di tendenza. In termini reali, in seguito alla chiusura del traforo stradale del San
Gottardo per due mesi, il traffico pesante è diminuito addirittura del 2,4%.
Per quanto concerne la rotaia, è stata registrata nel 2001 una crescita in tutti e tre i settori
dell’offerta ferroviaria: nel traffico combinato non accompagnato (TCnA) dell’1,7%, nel
traffico a carri completi del 5% e nell’autostrada viaggiante del 5,5%. Rispetto al bilancio
oltremodo positivo dell’anno precedente, il 2001 è stato però caratterizzato da un
rallentamento della crescita.
Vari fattori hanno contribuito nell’anno d’avvio a questo sviluppo:
• il riassorbimento del traffico pesante riversatosi sui Paesi limitrofi è rimasto nettamente
inferiore alle aspettative;
• la situazione congiunturale era straordinariamente debole, soprattutto nel secondo
semestre, il che ha inciso sullo sviluppo del traffico merci in generale (strada e rotaia).
• con l’innalzamento generale del limite di peso, la produttività della strada ha registrato un
netto aumento che non è stato possibile sfruttare pienamente con la TTPCP, il cui importo
è ancora ridotto. I veicoli stradali più grandi per il trasporto merci (autotreni,
autoarticolati) sono risultati in netto aumento, mentre è calato il numero di veicoli più
piccoli (autocarri);
• le misure d’accompagnamento hanno determinato un’ulteriore – seppur debole – crescita
del traffico merci su rotaia durante il periodo in esame: questa evoluzione contenuta è da
ricondurre alla qualità tuttora insufficiente dal trasporto ferroviario delle merci a livello
internazionale, ma anche al rallentamento congiunturale che in generale si ripercuote in
modo più marcato sulle merci trasportate tradizionalmente su rotaia (per esempio
l’acciaio).
I primi successi conseguiti nel 2001, anno di introduzione delle misure, sono incoraggianti.
Nei prossimi anni, tuttavia, il processo di trasferimento dalla strada alla rotaia entrerà in una
delicata fase di transizione fintanto che, nel 2005, si potrà aumentare l’aliquota della TTPCP.
Anche in futuro bisognerà incitare i potenziali clienti a optare per il trasporto combinato. Per
le decisioni e gli investimenti riguardanti la conversione dal trasporto su strada al trasporto su
rotaia è fondamentale una politica di trasferimento affidabile e durevole. Come esposto, il
31
traffico merci su strada va stabilizzato entro la fine del 2002 al livello del 2000 (1,4 milioni di
veicoli in transito attraverso le Alpi). Tutte le misure e le attività previste dovranno quindi
puntare a quest’obiettivo di stabilizzazione. Nel Rapporto sul trasferimento si precisa che il
Consiglio federale ha adottato a questo fine un piano d’azione volto a ottimizzare e
completare le attuali misure di trasferimento e che prevede provvedimenti supplementari
nell’ambito della strada e della rotaia. Le priorità del catalogo di provvedimenti articolato in
16 punti sono il miglioramento della qualità nel traffico merci ferroviario internazionale,
l’intensificazione dei controlli del traffico pesante nonché un aumento delle ordinazioni nel
trasporto combinato e di contributi federali ai terminali e ai binari di raccordo. Inoltre
dovranno essere progressivamente eliminate le carenze di capacità della rete ferroviaria. Le
ferrovie stesse dispongono ancora di un margine di ottimizzazione dell’esercizio che va
sfruttato.
Se mediante tutti questi provvedimenti si riuscirà a proseguire lungo la via imboccata e a
raggiungere l’auspicato trasferimento del traffico merci pesante attraverso le Alpi,
possibilmente fino al dimezzamento delle corse rispetto al 2000, l’incidenza sarà ovviamente
notevole anche per le regioni di frontiera. Specialmente per le aree di frontiera di Chiasso e
Basilea, dove transita la maggior parte del traffico merci attraverso le Alpi, l’Accordo sui
trasporti terrestri e le misure connesse determinerebbero alla fine una sostanziale riduzione
dei carichi.
4.3
Studio di un caso concreto: la TTPCP nel quadro del progetto UE Desire
L’introduzione della TTPCP è oggetto di uno studio nel quadro del progetto di ricerca Desire
(DESigns for Interurban Road pricing schemes in Europe), il progetto prioritario di ricerca
della CE nel settore del Road Pricing interurbano per veicoli pesanti. A questo progetto, che
fa parte del 5° programma quadro di ricerca CE, partecipano complessivamente 17 partner.
Tra i dieci studi riferiti a specifici Paesi elaborati in tale contesto, quello svizzero assume una
particolare importanza, anche perché le aliquote relativamente elevate della tassa lasciano
presumere un impatto chiaramente verificabile sul traffico e perché l’orientamento in funzione
del principio di causalità ha carattere di modello.
Per la determinazione dell’evoluzione del traffico si fa capo, come per il monitoraggio del
traffico merci transalpino, ai contatori elettronici del traffico LVC (long vehicle counters).
D’interesse sono segnatamente le classi di lunghezza 4 (veicoli di oltre 12,5m) e 3 (veicoli tra
6 e 12,5m). I veicoli della classe di lunghezza 4 sono quasi esclusivamente, quelli della classe
di lunghezza 3 prevalentemente soggetti alla TTPCP.
Da una prima analisi (Balmer Ueli, Ergebnisse der Fallstudie LSVA des EU-Projekts Desire,
Strasse und Verkehr N. 11/2001) per i mesi da gennaio a luglio sono emersi i seguenti
risultati: mentre per entrambe le classi di lunghezza tra il 1997 e il 2000 il traffico è
costantemente aumentato con una crescita media del 6% nella classe 4 e di circa il 5% nella
classe 3, dopo l’introduzione della TTPCP si è registrato nel periodo di paragone del 2001
un’evidente riduzione dell’ordine di grandezza del 4%.
Questo risultato provvisorio esigeva un’analisi più precisa. In particolare, si trattava di
esaminare se era influenzato da un cambiamento nella scelta del percorso, sia con la
deviazione oltrefrontiera lungo il confine sia con il trasferimento su itinerari alternativi più
brevi sulla rete stradale inferiore. È stata accertata con sicurezza una diminuzione del traffico
pesante sul lato svizzero della frontiera tra Basilea e Coblenza. Questa diminuzione dovrebbe
32
essere in larga misura imputabile a un trasferimento del traffico sulla rete stradale a Nord del
Reno. Sono possibili anche effetti di dislocazione sulla riva meridionale del Lemano, nella
Valle del Reno e in Ticino. In relazione al volume complessivo del traffico, tuttavia, tali
effetti non sono rilevanti. All’interno, presso alcuni punti di rilevamento è probabile una
deviazione su percorsi alternativi; al fine non diminuire la rilevanza dello studio, questi punti
sono stati esclusi dalla valutazione complessiva.
Quale prima conclusione dai risultati della ricerca così rettificati si constata che, nei primi
sette mesi dalla sua introduzione, la TTPCP non solo ha determinato un’inversione di
tendenza nel traffico merci su strada, ma ha comportato addirittura - a livello nazionale – una
leggere diminuzione della prestazione chilometrica. Rispetto all’evoluzione tendenziale risulta
per questo periodo una riduzione dell’8% circa. Poiché non è stato possibile individuare un
indizio di un importante trasferimento su rotaia, così come non è stato possibile stabilire una
significativa traslazione a veicoli utilitari più leggeri non soggetti alla TTPCP, e considerando
che la situazione congiunturale nel primo semestre 2001 si presentava ancora lievemente
positiva, la mutata prestazione chilometrica è ricondotta soprattutto a un incremento
dell’efficienza nel settore dei trasporti su strada. Al conseguimento di questo risultato
dovrebbero aver contribuito essenzialmente il miglioramento della logistica e un più elevato
grado di utilizzazione della capacità dei veicoli. Parimenti, con la TTPCP è stata incentivata la
tendenza all’impiego di veicoli con un minore tasso di emissioni.
Questi sviluppi costatabili a livello nazionale sono evidentemente importanti anche per le
regioni di frontiera.
4.4
Effetti nelle regioni di frontiera: risultati di uno studio speciale
4.4.1 Introduzione
Per meglio valutare le ripercussioni dell’Accordo sui trasporti terrestri nelle singole regioni di
frontiera è stato commissionato un rapporto d’esperti dal titolo “Räumliche Auswirkungen
des bilateralen Landverkehrsabkommens CH – EU auf die Grenzregionen der Schweiz“,
redatto dalla Rapp AG, Ingenieure + Planer. In considerazione della complessità della
tematica, dell’incertezza dell’evoluzione futura e dell’interazione tra i numerosi fattori non
era il caso di prendere in esame con meticolosità scientifica tutti gli scenari possibili e
immaginabili. È stato invece scelto un approccio pragmatico e comprensibile per la politica
con un rapporto costi-benefici sostenibile. La ricerca è quindi stata incentrata su un’analisi
qualitativa, rispettivamente sulla considerazione delle esperienze e valutazioni risultanti dalla
pratica, segnatamente anche la valutazione da parte di rappresentanti competenti dei gruppi
rilevanti di attori/interessati. Per quanto riguarda i dati, non sono stati effettuati rilevamenti
primari ma ci si è basati sul materiale esistente.
In una prima fase dell’analisi sono stati identificati e sistematizzati i campi d’impatto
d’incidenza territoriale sulla base dei dettami e dei dati chiave dell’ATT. Questa tappa
d‘esecuzione era indispensabile per dedurre relazioni di causa ed effetto (catene). Il punto di
partenza per l’identificazione degli effetti territoriali è costituito dalla formulazione di una
risposta alle seguenti domande principali.
• Quale evoluzione del traffico è causato dall’ATT in generale e specialmente nelle regioni
di frontiera?
• Quali trasferimenti del traffico risultano in virtù dell’ATT (ripartizione modale,
spostamento spaziale di corse su strada, spostamento territoriale di punti di trasbordo)?
33
•
Quali cambiamenti d’incidenza territoriale sono probabili o s’imporranno in virtù
dell’evoluzione e del trasferimento del traffico in generale e specialmente nelle regioni di
frontiera?
Per quanto riguarda l’evoluzione del traffico occorre distinguere tra prestazione chilometrica
(veicoli-chilometro) e prestazione di traffico (tonnellate-chilometro). Sulla scorta del graduale
aumento del peso ammissibile del veicolo a 40 t le due grandezze di misura non si
svilupperanno necessariamente nella stessa direzione e con le stesse esigenze territoriali in
tutte le regioni.
L’evoluzione e il trasferimento dei trasporti hanno effetti relativi a infrastruttura
(costruzione/ampliamento, smantellamento/decostruzione, cambiamento dell’utilizzazione,
manutenzione), emissioni, sicurezza del traffico ed economia (posti di lavoro, investimenti,
consumi). Tutte queste conseguenze presentano una relazione territoriale più o meno
delimitabile. Per quanto concerne gli effetti a livello di infrastrutture si tratta per esempio dei
terminal previsti nel traffico combinato, del previsto o discusso ampliamento di impianti
doganali per il traffico merci su strada, delle trasformazioni delle superfici di deposito degli
utenti di trasporti dell’industria e del commercio, di misure costruttive in relazione
all’esecuzione della TTPCP e alla gestione del traffico o di infrastruttura supplementare per il
rafforzamento dei controlli degli autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada
(veicoli merci pesanti, VMP). Gli effetti territoriali rilevanti in relazione all’infrastruttura
(“hardware”) vanno distinti dagli altri effetti (per es. effetti sull’economia, la sicurezza o
l’ambiente). Per quanto concerne l’incidenza territoriale occorre inoltre differenziare tra
effetti primari ed effetti secondari, dove un effetto primario sarebbe per esempio
l’ampliamento di un impianto doganale, un effetto secondario i cambiamenti o gli spostamenti
delle emissioni in seguito all’esercizio di tale impianto). L’indagine si è concentrata sulla
previsione degli effetti territoriali primari riferiti all’infrastruttura. Gli effetti secondari hanno
potuto essere valutati solo a titolo complementare e in modo più generico e qualitativo
(indicazioni di tendenza).
34
Mesures
routières
(avec incidences
sur le
Misure
strada
(d’incidenza
sul traffico)
t fi )
Aumento del
limite di peso
28 Æ 34 Æ 40t
+ contingenti 40t
TTPCP
Con aumento
graduale e
tariffa
differenziata
secondo le
classi di
emissione
Eliminazione
completa del
trasbordo al
confine/nella zona
di frontiera di 10km
per rispetto/
sfruttamento di
limiti diversi entro il
2005 (soppres. zona
di frontiera di 10km)
Riduzione/
minimizzazione di
corse a
vuoto o a
sottocarico
e distanze
in CH
Grande
cabotaggio
Teoricamente
migliore
sfruttamento
delle corse di
ritorno
Parco
autocarri
rinnovato
(maggiore
quota di
veicoli da
40t più
ecologici)
Riduzione relativa
dell’inquinamento ambientale
Parte delle
corse
vengono
meno in
seguito alla
soppressione
dell’alleggeri
mento e alla
TTPCP
Misure rotaia + misure
d’accompagnamento
Misure
d’infrastruttura
(NFTA,
potenz. delle
capacità di
trasbordo
TCnA)
Riassorbi
mento
del
traffico
di
aggiram.
della CH
Aumento
delle corse
attraverso
la CH
Aumento
efficienza/
produttività
dell’esercizio
(riforma delle
ferrovie con
accesso alla
rete)
Ferrovia/TC più attraenti
rispetto alla strada (più
rapidi e vantaggiosi);
maggiore realizzazione
di norme tecniche e del
diritto del lavoro su
strada
Incentivazione del
trasferimento del
traffico dalla strada
alla rotaia/TC
Ev. spostamento
della posizione di
punti di trasbordo
per la distribuzione
capillare all’interno
del Paese
(ubicazioni
ottimizzate)
Saldo ?
Figura 1: rappresentazione delle catene di causa ed effetto in seguito all’introduzione
dell’ATT (effetti nel confronto della situazione senza ATT)
35
Per valutare gli effetti dell’ATT sulle regioni di frontiera occorre contrapporre due situazioni.
La domanda a cui occorre dare una risposta è: quali effetti territoriali non si verificherebbero
in assenza dell’ATT? Lo scenario di base (senza ATT) è caratterizzato dalle seguenti
condizioni quadro a livello di politica dei trasporti:
• limite di 28t
• tassa forfettaria sul traffico pesante
• nessuna misura d’accompagnamento nel settore dei trasporti su strada
• riforma ferroviaria con accesso alla rete, FTP (finanziamento dell’infrastruttura dei
trasporti pubblici)
Si presuppone quindi che la riforma delle ferrovie e gli investimenti nella rete ferroviaria
giusta il decreto sull’ammodernamento delle ferrovie saranno attuati con o senza ATT, ossia
che l’ATT non è causa diretta di queste trasformazioni.
Come orizzonte d’osservazione è stato scelto per motivi pratici un periodo relativamente
limitato di 5 anni, ossia un’osservazione fino al 2008. Entro quell’anno sarà conclusa anche la
fase transitoria e l’ATT sarà pienamente in vigore.
In relazione all’effetto del traffico come causa di effetti territoriali, in riferimento alla stimata
crescita del traffico si fa una differenza tra traffico interno, traffico bilaterale di una regione
con regioni esterne e traffico di transito attraverso una regione. Il traffico di transito cerca la
via più breve e più conveniente attraverso la Svizzera. La particolare esposizione di singole
regioni di frontiera risulta dunque segnatamente dalla capacità dell’infrastruttura esistente e
progettata nonché dallo sviluppo di rapporti di traffico tra grandi centri nell’Italia del Nord e
grandi centri in Germania, Francia e negli Stati del Benelux.
I campi d’incidenza individuati sono stati valutati qualitativamente tramite considerazioni
fondate sulla pratica (significato relativo). A tale scopo sono stati effettuate interviste con
attori rilevanti (spedizionieri, risp. operatori di logistica dei trasporti, utenti di trasporti
dell’industria e del commercio, settore dei trasporti, Amministrazione federale delle dogane,
uffici cantonali della pianificazione del territorio). Gli attori dell’economia sono riuniti a
livello nazionale in organizzazioni mantello che a loro volta sono articolate in diverse
organizzazioni territoriali. Sono stati considerati interlocutori rilevanti le seguenti
organizzazioni e i seguenti uffici:
• ramo spedizioni e logistica: Associazione svizzera delle imprese di spedizione e di
logistica (SPEDLOGSWISS), organizzata in 11 sezioni regionali
• utenti di trasporti dell’industria e del commercio2: Swiss Shippers‘ Council (SSC),
organizzato in 4 sezioni regionali
• Ramo trasporti: Associazione svizzera dei trasportatori stradali (ASTAG), organizzata in
18 sezioni regionali
• Amministrazione federale delle dogane (AFD), organizzata in 4 circondari con
complessivamente 39 uffici doganali principali.
• Pianificazione del territorio (singoli uffici cantonali della pianificazione del territorio).
In considerazione della struttura organizzativa territoriale degli attori menzionati e dei
principali Cantoni, risultano per ogni regione 4-6 interviste.
2
Per utenti di trasporti dell’industria e del commercio s’intendono tutte le imprese aventi esigenze di trasporto
di merci. I trasporti di queste imprese possono essere organizzati e attuati con personale proprio o tramite un
incaricato dei trasporti (spedizioniere, impresa di trasporto).
36
È risultato opportuno scegliere per le regioni di frontiera unità maggiori rispetto all’analisi
della circolazione delle persone. La definizione delle regioni di frontiera da prendere in esame
è avvenuta sulla base dell’importanza degli effetti primari rilevanti previsti. Gli effetti
maggiori sono da attendersi laddove negli scorsi anni è stato osservato ed è prevedibile per un
prossimo futuro il maggiore traffico merci transfrontaliero su strada.
Sulla scorta dei rilevamenti del traffico merci degli anni 1993 e 1998 è possibile, mediante il
raggruppamento territoriale di singoli valichi in settori di frontiera, classificare come rilevanti
i seguenti settori di frontiera, anche se da allora le condizioni quadro e presumibilmente anche
il traffico hanno subito considerevoli mutamenti:
•
Regione A: Svizzera Nordoccidentale tra i valichi di Bienne-Benken fino a Laufenburg
•
Regione B: Sciaffusa/Lago di Costanza Ovest/Unterland zurighese tra i valichi di
frontiera di Coblenza fino a Kreuzlingen
•
Regione C: Lago di Costanza Est/Valle del Reno sangallese tra i valichi di frontiera di
Romanshorn fino a Schaanwald
•
Regione D: Ticino meridionale con i valichi di frontiera di Chiasso, Ponte Faloppia,
Brusata, Stabio-Confine, Ligornetto, Arzo, Brusino, Arogno, Ponte Tresa, Fornasette,
Dirinella, Madonna di Ponte e Camedo
•
Regione E: Ginevra/Vaud occidentale tra i valichi di Hermance fino a Vallorbe.
La questione della definizione dell’estensione verso l’interno di una regione di frontiera non
può trovare una risposta univoca. Per ragioni statistiche, le regioni di frontiera sono state
definite da un lato in base ai confini di distretto per una fascia della larghezza di circa 10-20
km dal confine nazionale, dall’altro secondo le regioni contemplate dalla statistica del
commercio esterno dell’AFD. Determinanti per la delimitazione verso l’interno sono altresì i
“confini” geografici naturali come per esempio catene montuose o confini economici come i
comprensori di agglomerati. In definitiva, comunque, per la valutazione degli effetti
territoriali non è indispensabile una definizione esatta delle regioni di frontiera.
Breve ritratto delle regioni di frontiera considerate
Il volume e la crescita del traffico interno e bilaterale nelle regioni dipende, oltre che dalla
situazione congiunturale generale, rispettivamente dalla domanda, dalle relative attività
economiche, dall’intensità delle importazioni e delle esportazioni con l’UE, dalla struttura dei
settori economici e dalla relativa forza/dallo sviluppo dei singoli rami, dal numero di posti di
lavoro ecc. Quale base di dati per un profilo del carattere delle regioni di frontiera possono
essere assunti diversi valori di riferimento statistici. Per attribuire alle regioni di frontiera
considerate un profilo di massima del carattere si è fatto ricorso alle seguenti fonti statistiche:
• Rapp AG: Grenzquerender Strassengüterverkehr 1998, mandato SST n. 317
• Statistica del commercio esterno
• Statistica della superficie
37
In base ai parametri indicati da queste fonti, le regioni di frontiera considerate possono essere
descritte come segue:
Indicatori statistici
Traffico
merci su
strada (n.
veicoli,
(GQGV/
TMTF 98)3
Economia
(merci che
passano la
frontiera
secondo la
statistica
del
commercio
esterno
AFD 2001)
Tot.
VMP/anno in
transito alla
frontiera
- in entrata
- in uscita
Merci
esportate in
1000 t
Valore delle
merci
esportate in
1000 fr
Merci
importate in
1000 t
Valore delle
merci
importate in
1000 fr
Utilizzazio- Quota della
ne/struttura sup. area
del
industriale
territorio
(CH: 0,5%)
Quota della
superficie
trasporti
(CH: 2,2 %)
Tabella 3:
Regioni di frontiera
CHNO
SH /
ZH Unterland / Lago
di Costanza
Ovest
2‘067‘843 1‘283‘224
SG Valle
Ticino
GE /
del Reno/ meridiona- Vaud
Lago di
le
occidentale
Costanza
Est
588‘932 1‘421‘055
447‘524
986‘477
1’081‘366
1’309‘600
644‘254
638‘970
796‘943
302‘194
286‘738
1'043‘204
730‘773
690‘282
203‘669
238‘576
208‘948
949‘120
29'438‘316
4'900‘327
9'212‘904
5'484‘952
2'379‘781
2'745‘527
435‘653
2'876‘279
20'367‘585
6'009‘963
6'574‘890
875‘833
8'794‘114
1,8 %
1%
1,1 %
0,7 %
0,5 %
4,8 %
4,7 %
3,5 %
2,4 %
3,5 %
1'085‘070 20'090‘661
Indicatori selezionati delle regioni di frontiera considerate
4.4.2 Possibili effetti nelle singole regioni
Regione di frontiera A: Svizzera Nordoccidentale (CHNO)
Importanza dell’ATT e delle sue componenti: nel confronto con gli altri accordi parziali,
all’Accordo sui trasporti terrestri, in relazione alla Svizzera Nordoccidentale, viene attribuita
grande importanza, se non l’importanza maggiore tra gli accordi bilaterali per quanto
3
Le cifre s’intendono senza furgoni, ossia solo autocarri, autoarticolati e autotreni
38
concerne l’incidenza territoriale. Ciò deriva soprattutto dal fatto che la regione presenta una
forte attività economica con elevate esigenze di trasporto (forte settore commerciale e
industriale) e si trova lungo un asse di transito internazionale principale del traffico
transalpino. Ciò è suffragato dai dati statistici relativi al numero di VMP transfrontalieri e alla
quota di superficie del traffico e industriale nonché l’importanza relativa di singoli
rami/gruppi merceologici ad alta intensità di trasporto.
Gli esperti intervistati sono del parere che, per la CHNO, l’aumento di peso della TTPCP sia
la più importante tra tutte le componenti dell’ATT. Secondo le persone intervistate, tuttavia,
l’aumento di peso avrà un ruolo solo per il traffico in transito attraverso la regione di
frontiera, in quanto all’interno della zona di 10 km il traffico export/import e interno già
poteva avvantaggiarsi del limite di 40t. Alla TTPCP è attestato un effetto in direzione di un
migliore sfruttamento della capacità dei veicoli e dell’ottimizzazione della logistica. La
maggior parte degli intervistati ritiene che la composizione del “traffico di transito” da/verso
l’Altopiano e le destinazioni europee cambierà nel senso di VMP più pesanti.
Opportunità e rischi: per la regione sono considerati un’opportunità il rafforzamento
generale della logistica e la diversificazione/riorganizzazione nel ramo dei trasporti e della
logistica, con una tendenza verso meno imprese di maggiori dimensioni e offerenti in settori
nicchia come per esempio il servizio espresso. Quest’ultimo elemento verrà influenzato,
rispettivamente rafforzato anche dalla libera circolazione delle persone e quindi dalla prevista
maggiore regionalizzazione del settore dei trasporti e della logistica. Come opportunità, e nel
contempo rischio, è considerato il cambiamento di utilizzazione dei punti di trasbordo
eventualmente trasferiti dalla zona di 10 km nell’Altopiano per la distribuzione locale
(decentramento in seguito a ottimizzazioni dell'ubicazione) e l’esaurimento della necessità di
siffatti posti nella regione di frontiera. Lo svantaggio economico risiede nella perdita del
trasbordo di merci a vantaggio dell’Altopiano, l’opportunità nel cambiamento
dell’utilizzazione delle superfici di trasbordo a scopi logistici (piattaforme di trasporto uni- bio multimodali) o ampliamenti/nuovi insediamenti aziendali. Se a conti fatti da ciò risulterà un
guadagno o una perdita di posti di lavoro per la CHNO, è difficile da valutare e dipenderà
dagli investimenti, rispettivamente dall’integrazione progressiva del ramo dei trasporti e della
spedizione nel settore della logistica. Il fatto che la regione di frontiera della CHNO si
trasformi sempre più da “portale d’ingresso in Svizzera” in regione di transito (maggiore
quota di traffico di transito e traffico di importazione/esportazione da e per l’Altopiano) va
valutato negativamente, perlomeno dal punto di vista dell’economia regionale.
Evoluzione del traffico: l’aumento del traffico e la possibilità di farvi fronte nella regione di
frontiera CHNO dipende, a giudizio della maggior parte degli intervistati, in primo luogo
dall’ulteriore sviluppo dell’economia. I partner del colloquio partono generalmente dal
presupposto della persistente tendenza all’aumento del traffico merci su strada. La maggio
parte degli intervistati ritiene che il numero delle corse in transito attraverso la regione di
frontiera da e per l’Altopiano o destinazioni più remote (traffico di transito e di
importazione/esportazione) aumenterà. La maggior parte degli intervistati concorda inoltre sul
fatto che lo sviluppo del traffico transalpino attraverso la CHNO dipenderà essenzialmente dal
futuro regime al Gottardo e dai valichi alpini alternativi.
Trasferimento del traffico: la maggior parte degli intervistati ritiene che i trasferimenti del
traffico sulla strada si verificheranno soprattutto ad ampio raggio (per esempio dai porti del
Mare del Nord o dalla Germania verso l’Italia settentrionale o l’area metropolitana di Zurigo).
A corto raggio, la maggior parte ritiene poco realistica la prospettiva di corse di aggiramento
allo scopo di evitare la TTPCP, poiché la perdita di tempo che tali corse comporterebbe
supererebbe i risparmi, relativamente ridotti, in termini di TTPCP. Trasferimenti nel corto
39
raggio potrebbero verificarsi nella scelta del valico di frontiera se ne risultasse un guadagno di
tempo. Per quanto concerne i trasferimenti intermodali del traffico si ritiene che i porti del
Reno assumeranno in futuro più merce liquida con un incremento del trasporto verso i
depositi nell’Altopiano per ferrovia anziché VMP. Un maggiore trasferimento del trasporto
merci su strada al trasporto combinato o al solo trasporto ferroviario di merci è unanimemente
approvato e auspicato, pur ritenendo le relative possibilità ridotte ed efficaci solo a lungo
termine (l’armonizzazione dei sistemi, gli adattamenti a livello d’infrastruttura e le
ottimizzazioni d’esercizio richiedono molto più tempo di quanto generalmente si ritiene;
determinate relazioni sono ancora inesistenti; i tempi di percorrenza e la flessibilità vanno
decisamente migliorati). Le capacità ridotte nel traffico merci su strada attraverso le Alpi in
seguito al dosaggio al Gottardo e la generale diminuzione di capacità della strada vengono
considerati un’opportunità per il trasporto combinato (il flusso delle merci si sposta dove
scorre meglio).
Necessità di adattamento territoriale: dal punto di vista delle infrastrutture, nella CHNO le
ripercussioni dell’ATT saranno esigue. Gli attuali progetti importanti concernenti
infrastrutture dei trasporti riguardano in prevalenza una nuova utilizzazione o un
cambiamento di utilizzazione di superfici esistenti. I motivi per questi progetti sono di varia
natura, in gran parte estranea all’ATT. Nel traffico di autobus turistici sembra delinearsi un
ulteriore fabbisogno di posteggi, essendo i già limitati posti disponibili utilizzati anche da
imprese di autobus alsaziane e del Baden. La possibilità del cabotaggio acuirà questa carenza
di posto. Si tratta comunque di un numero modesto di posti di salita e discesa e della relativa
infrastruttura (tettoia, servizi). La maggior parte degli intervistati intravede una generale
necessità supplementare o di miglioramenti in relazione all’infrastruttura dei trasporti e alla
gestione del traffico (organizzazione, gestione, processi) in considerazione della tendenziale
crescita prevista. Anche questa necessità non è imputabile all’ATT.
Conclusioni: nella CHNO prevalgono gli svantaggi connessi con un ulteriore aumento del
traffico (sovraccarico del traffico/code e quindi maggiore perdita di tempo, maggiori
emissioni, più elevato rischio d’incidenti, maggiore fabbisogno di spazio). Senza ATT questi
rischi risulterebbero tuttavia ancora maggiori, perché senza la TTPCP non esisterebbero
incentivi di carattere politico-normativo per un’ottimizzazione dello sfruttamento della
capacità dei VMP, rispettivamente della logistica dei trasporti su strada e/o di trasferire le
merci su rotaia.
Soltanto lo sviluppo a lungo termine consentirà di verificare se sarà possibile eliminare le
strettoie e aumentare le capacità all’interno degli spazi utili esistenti mediante cambiamenti di
utilizzazione e misure di carattere organizzativo. Sistemi intelligenti di gestione e
canalizzazione del traffico nonché il cambiamento di utilizzazione di superfici industriali,
artigianali, commerciali e del traffico esistenti potranno sicuramente procrastinare ancora per
qualche anno il tracollo del traffico. Il dilemma, rispettivamente il circolo vizioso risiede però
nel fatto che le ottimizzazioni volte a ridurre i tempi d’attesa o al migliore scorrimento del
traffico attirano automaticamente nuovo traffico. Ciò significherebbe che i tempi d’attesa alla
dogana di Basilea/Weil-autostrada, rispettivamente l’ingorgo non cambierebbero in modo
duraturo. Una possibilità è ravvisata nel privilegiare il traffico di importazione/esportazione
nel quadro di una selezione sul previsto ampliamento provvisorio dell’impianto doganale.
Regione di frontiera B: Cantone
Costanza/Unterland zurighese
Sciaffusa/comparto
ovest
del
Lago
di
Importanza dell’ATT e delle sue componenti: i partner intervistati attribuiscono all’ATT
un’importanza generale e territoriale relativamente elevata per quanto concerne la loro
40
regione. Nella regione di Sciaffusa il settore dei trasporti e delle spedizioni è fortemente
ancorato. La regione è considerata portale d’accesso all’area metropolitana di Zurigo, che
tuttavia non fa più parte del corridoio di 10km per autocarri di 40t di peso complessivo.
Pertanto nella regione venivano effettuati numerosi trasbordi da autocarri pesanti da 40t ad
autocarri più leggeri da 28t.
Sono considerate componenti più importanti dell’ATT l’aumento del limite di peso per gli
autocarri a 34t, e in seguito a 40t, nonché l’immediata concessione dei relativi contingenti.
Anche se tale limite di peso era già stato concesso in virtù della zona vicina alla frontiera di
10km, si ritiene che soprattutto l’approvvigionamento dell’area metropolitana di Zurigo e
Baden comporterà grandi cambiamenti a tale riguardo.
Opportunità e rischi dell’ATT: a dipendenza del partner intervistato, le opportunità e i
rischi dell’ATT sono valutati diversamente. L’aumento al limite delle 40t viene da un lato
considerato un’opportunità poiché sarà così possibile rifornire l’area metropolitana di Zurigo
e Baden direttamente con autocarri da 40t; d’altra parte, per i trasportatori nel Cantone di
Sciaffusa ciò comporta un rischio, poiché finora erano loro ad occuparsi del proseguimento
del trasporto delle merci dalla zona di 10km in direzione dell’area metropolitana di
Zurigo/Baden, nonché verso il resto della Svizzera. A questo proposito essi temono addirittura
una pressione sui prezzi ancora maggiore da parte dei trasportatori stranieri con cui
difficilmente le imprese svizzere potranno competere a causa del maggiore livello salariale.
Gli intervistati considerano un’indubbia opportunità la migliore utilizzazione delle capacità
degli autocarri. Se finora era consentito viaggiare al massimo con 28t su veicoli già
immatricolati per 40t, in futuro sarà possibile sfruttare l’intero limite di peso, il che può
comportare un riduzione del numero di corse. In questo contesto sono state menzionate anche
le forniture al punto franco Embraport a Embrach che possono avvenire direttamente dalla
dogana di Thayngen anziché con una deviazione passando dalla dogana di Rafz-Solgen.
Un problema specifico locale è costituito dai trasporti di ghiaia nel Rafzerfeld. Da parte dei
“Comuni della ghiaia” situati nell’Unterland zurighese si avanzano timori relativi a un
massiccio aumento del trasporto di ghiaia e materiale di ripiena con veicoli da 40 tonnellate
(anche dalle zone vicine alla frontiera all’estero) in seguito all’attuazione degli ATT. La
questione è oggetto di indagine approfondita in uno studio separato e non viene qui
ulteriormente trattata.
Evoluzione del traffico: in generale si reputa lo sviluppo del trasporto merci strettamente
correlato alla situazione congiunturale in Svizzera. Dall’introduzione della TTPCP il traffico
merci, dopo una crescita pluriennale del numero di corse con VMP di fino al 10%-15%
l’anno, sarebbe rimasto costante. Gli intervistati non possono tuttavia rispondere in modo
concludente alla domanda se i fattori d’influenza vanno ricercati nella TTPCP, nella
situazione al Gottardo o nella debole situazione economica. Perciò sono diverse anche le
previsioni concernenti l’evoluzione del traffico. Il volume complessivo, rispettivamente il
tonnellaggio totale si svilupperà a loro giudizio parallelamente alla congiuntura, tuttavia la
diminuzione del numero di corse in virtù del maggiore limite di peso dovrebbe compensare
quest’incremento. Per quanto concerne il traffico di transito si ritiene che con la ripresa
economica tornerà ad aumentare (specialmente autocarri da 40t sull’asse Stoccarda – Milano).
Con l’apertura del tratto autostradale nel Knonauer Amt quest’asse di transito diverrà più
attraente e potrebbe comportare un aumento del traffico nella regione di frontiera di
Sciaffusa/comparto ovest del Bodanico. Per gli intervistati è difficile valutare in che misura la
maggiore TTPCP saprà compensare l’attrattiva di questo corridoio, in quanto entro
l’ultimazione di questo tratto anche l’Austria e la Germania introdurranno una tassa sul
traffico pesante.
41
Trasferimento del traffico: a giudizio degli intervistati, l’aumento del limite di peso risulterà
interessante soprattutto per il traffico con l’estero (traffico import/export e di transito), mentre
nel traffico interno si ritiene che la domanda di corse da 40t sarà piuttosto contenuta.
Nella regione di frontiera di Sciaffusa si osserva un aumento del traffico merci presso la
dogana di Coblenza nonché sulla strada del Reno tedesca. Ciò potrebbe dipendere dalla
TTPCP, che per le forniture nella regione di Baden/Zurigo risulta così meno onerosa.
Per quanto concerne il trasferimento intermodale del traffico, i trasportatori criticano il fatto
che le corse verso il terminale del trasporto combinato di Singen (D) non sono esenti da
TTPCP come le corse verso i terminali combinati in Svizzera.
Per promuovere il trasferimento del trasporto merci su ferrovia, gli spedizionieri si aspettano
che le ferrovie compiano enormi sforzi segnatamente per quanto concerne la velocità e la
puntualità dei loro trasporti. Specialmente con la produzione “Just in time” si fa presto a
perdere la fiducia nelle ferrovie se le forniture giungono a destinazione in ritardo. Anche la
cooperazione tra le imprese ferroviarie lascerebbe a desiderare.
Necessità di adattamento territoriale: gli intervistati sono del parere che, per quanto
concerne le infrastrutture, le conseguenze dell’ATT sulle superfici e i capannoni adibiti al
magazzinaggio rimarranno contenute. Le superfici di deposito utilizzate finora per il trasbordo
da 40t a 28t tonnellate vengono già oggi in parte usate per altri scopi di deposito. In
considerazione della posizione di frontiera con l’UE, i nuovi magazzini vengono costruiti
piuttosto in Germania che in Svizzera.
Gli intervistati reputano tuttavia molto importante l’ampliamento della dogana di Thayngen. È
considerato importante anche l’ampliamento della A4 da Flurlingen a Andelfingen a una
cosiddetta “mini-autostrada” come raccordo all’A1, che sarà determinante soprattutto per
l’accesso all’area metropolitana di Zurigo e, in futuro, per il transito verso il Gottardo.
In relazione alle misure d’accompagnamento dell’ATT è in costruzione presso la stazione
merci di Sciaffusa un centro di controllo del traffico pesante in cui avverranno i controlli degli
autocarri. Come infrastruttura può essere utilizzata parte della stazione merci in disuso.
Per quanto concerne i trasporti su rotaia viene menzionata la necessità di realizzare il doppio
binario sulla tratta Eglisau-Neuhausen. Migliorando le frequenze dei treni e le lunghezze dei
blocchi, si tratta anche qui di aumentare le capacità nel trasporto merci su rotaia.
Conclusione: nella regione di frontiera Sciaffusa/comparto Est del Lago di
Costanza/Unterland zurighese gli intervistati considerano le ripercussioni dell’ATT in
relazione alla cessazione del trasbordo da 40t a 28t, un problema che però gli operatori del
settore hanno già affrontato, destinando le superfici di deposito ad altre utilizzazioni. Più
grave è considerato invece il problema del congestionamento alle dogane (soprattutto
Thayngen), che si inasprirà ulteriormente quando il traffico di 40t sceglierà la via diretta verso
l’area metropolitana di Zurigo/Baden attraverso Sciaffusa e quando in futuro utilizzerà questa
tratta anche come asse di transito Stoccarda – Milano. Oltre all’ampliamento dell’area di sosta
occorre pertanto ridurre i tempi d’attesa al confine e accelerare lo sdoganamento. L’attuale
situazione, che a detta dei trasportatori comporta talvolta fino a 2 –3 ore per il passaggio della
frontiera, va migliorata con misure di personale e costruttive.
Regione di frontiera C: regione Valle del Reno sangallese/Lago di Costanza Est
Importanza dell’ATT e delle sue componenti: i partner intervistati della regione della Valle
del Reno sangallese/Lago di Costanza Est attribuiscono all’ATT un’importanza media rispetto
agli altri accordi parziali. In generale costatano che l’importanza delle regioni di frontiera
diminuirà, da una parte in seguito alla “perdita” del privilegio delle 40t nella zona di 10km,
d’altra parte anche in virtù della semplificazione delle operazioni in dogana (modello
42
doganale 90). Poiché la regione di San Gallo/Valle del Reno non è situata lungo l’asse di
transito principale Nord-Sud o Est-Ovest, non sono previste grandi ripercussioni a livello
locale.
Tra le singole componenti dell’ATT, gli intervistati attribuiscono la massima importanza
all’aumento del limite di peso per gli autocarri a 40t. Questo limite era finora già consentito
all’interno della zona di 10km che copre l’intera area della Valle del Reno. L’estensione di
questa zona a tutta la Svizzera consente agli autotrasportatori locali di fornire direttamente i
trasporti pesanti, senza necessità di trasbordo nella zona di 10km.
Opportunità e rischi dell’ATT: i partner intervistati ravvedono una grande opportunità
nell’aumento del limite di peso a 40t. È così possibile l’invio diretto di merci al destinatario,
rispettivamente il ritiro senza necessità di trasbordo alla frontiera. Si tratta di un grande
vantaggio specialmente per il settore dei trasporti internazionali, mente si ritiene che per i
trasporti locali all’interno del Paese la domanda di corse da 40t sarà pressoché nulla e che a
livello nazionale tale domanda sarà moderata. Con il graduale aumento della tariffa della
TTPCP si attribuisce una certa opportunità anche al trasporto merci su ferrovia, fermo
restando che le imprese di spedizione hanno elevate esigenze nei confronti delle ferrovie,
segnatamente in relazione alla velocità di una spedizione e al Tracking & Tracing
(rintracciamento della spedizione).
I partner valutano rischiosa la scomparsa del trasbordo da 40t a 28t; va però detto che le
imprese interessate si sono già adeguate e utilizzeranno diversamente le superfici di deposito.
Gli intervistati hanno fatto notare che, lo sviluppo del sistema di ecopunti e il pedaggio per gli
autocarri in Austria suscita una certa apprensione nella popolazione che teme che il traffico
VMP potrebbe spostarsi dal Passo del Brennero in direzione del San Bernardino, anche se il
rischio viene reputato piuttosto ridotto (la strada del San Bernardino e i tempi d’attesa alle
dogane vengono ritenuti poco attraenti).
Evoluzione del traffico: nell’attuale situazione congiunturale i partner intervistati prevedono
per la regione di San Gallo/Valle del Reno un’evoluzione del traffico da costante a "in leggera
diminuzione" per quanto concerne il numero di corse e da costante a "in leggero aumento" in
riferimento alle tonnellate-chilometro. A loro giudizio, il limite delle 40t si ripercuoterà
soprattutto a livello di importazioni/esportazioni, mentre per quanto concerne i trasporti
interni a largo raggio non sono previsti grandi cambiamenti, poiché in seguito alla produzione
“just-in-time” vengono trasportati carichi piuttosto ridotti. In caso di una prossima ripresa
economica tutti gli intervistati prevedono un aumento di entrambi i fattori.
Trasferimento del traffico: gli intervistati non prevedono trasferimenti territoriali del
traffico nella regione di San Gallo/Valle del Reno. In caso di ripresa economica pronosticano
tuttavia un aumento del traffico, senza grandi spostamenti dei flussi del traffico.
Non si ritiene probabile che verranno effettuate corse di aggiramento o scelte scorciatoie in
seguito alla TTPCP. Per l’entrata/uscita è decisiva la situazione alla dogana presso cui si
effettua lo sdoganamento.
Per quanto concerne il trasferimento intermodale del traffico (ripartizione modale) si
menziona il progetto di utilizzare lo scalo merci di Wolfurt (Austria) come terminale del
trasporto combinato con possibilità di disbrigo delle operazioni doganali svizzere sul posto. Il
terminale del trasporto combinato di Schwarzenbach/Wil è già costruzione.
Necessità di adattamento territoriale: a giudizio degli intervistati, dal punto di vista delle
infrastrutture l’ATT non avrà ripercussioni degne di rilevo nella regione di San Gallo/Valle
del Reno. Il cambiamento di utilizzazione delle superfici di trasbordo è già in atto e
43
l’ampliamento dell’area d’attesa presso la dogana di Schaanwald era già stato progettato
prima dell’ATT.
Conclusione: l’impatto territoriale dell’ATT non è ritenuto dagli intervistati molto rilevante
nella regione della Valle del Reno sangallese/Lago di Costanza Est. A loro giudizio,
l’aumento del limite a 40t non creerà maggiore traffico, per il quale è invece determinante la
situazione economica generale. Con la ripresa economica essi prevedono maggiori prestazioni
di trasporto che però possono essere assorbite numericamente con i più grandi autocarri da
40t.
Gli intervistati non ritengono probabile un ripiegamento del traffico di autocarri da 40t
dall’autostrada del Brennero sull’itinerario del San Bernardino, poiché un maggiore traffico di
transito comporterebbe necessariamente anche maggiori code alle dogane, riducendo pertanto
l’attrattiva di questo percorso. Ma anche per il traffico di transito Est-Ovest la regione di San
Gallo/Valle del Reno non appare attrattiva, poiché la Svizzera viene aggirata piuttosto da
Nord attraverso la Germania. È però difficile dire in che misura ciò sarà ancora il caso dopo
l’introduzione del pedaggio per autocarri in Germania.
Anche il cambiamento di utilizzazione dei posti di trasbordo è già avvenuta. A questo
riguardo non sono necessari interventi.
Regione di frontiera D: Ticino meridionale
Importanza dell’ATT e delle sue componenti: i partner intervistati attribuiscono all’ATT
una grande, se non la maggiore importanza nel confronto con gli altri accordi parziali. Viene
altresì sottolineata l’importanza del Cantone Ticino come asse Nord-Sud nel contesto europeo
e l’importanza economica dell’Italia settentrionale (Lombardia) che presenta un enorme
potenziale.
L’aumento del limite di peso a 40t è considerato dai partner intervistati la componente
principale. L’accesso alla professione e la formazione di consulenti per la sicurezza dei
trasporti di merci pericolose non comportano effetti territoriali. Si teme nondimeno che la
formazione e l’ammissione, attuati in Svizzera con grande professionalità, siano praticate
all’estero con minore rigore, cosicché i trasportatori stranieri si troverebbero confrontati con
costi meno elevati rispetto ai trasportatori svizzeri.
Opportunità e rischi dell’ATT: tutti i partner intervistati ritengono che l’ATT comporti più
rischi che opportunità. Non intravedono una grande utilità nell’aumento del limite di peso per
il settore dei trasporti locale poiché il fabbisogno di un maggior peso sussiste solo in un
ambito ristretto. I partner intervistati temono invece un enorme aumento del traffico di
transito in quanto la Svizzera non dovrà più essere aggirata via Brennero o Fréjus a causa del
peso, ma offrirà la via più diretta e, come spesso viene sostenuto, anche più vantaggiosa
attraverso il Gottardo, nonostante l’aumento della TTPCP. Il congestionamento del traffico al
Gottardo è considerato problematico soprattutto per il traffico interno, poiché per queste corse
esso comporta perdite relativamente maggiori che per un viaggio di transito. Nel quadro del
sistema di dosaggio alla galleria del Gottardo occorrono pertanto misure speciali per la
riduzione dei tempi d’attesa per trasporti da e per il Ticino meridionale.
I partner intervistati considerano un’opportunità dell’ATT soprattutto l'obbligo di
razionalizzare le corse, segnatamente in relazione all’aumento della TTPCP. I viaggi vanno
pianificati sempre più accuratamente, occorre aumentare lo sfruttamento delle capacità e
evitare per quanto possibile le corse con veicoli vuoti. Come ulteriore opportunità viene
menzionato il fatto che soprattutto l’aumento della TTPCP potrebbe determinare una certa
coercizione a una sana politica dei trasporti o perfino a una riconsiderazione dei luoghi di
44
produzione. Eventualmente potrebbe tornare a essere più vantaggioso produrre in prossimità
del consumatore che trasportare la merce su lunghe distanze.
Evoluzione del traffico: tutti gli intervistati prevedono nella loro regione di frontiera un
consistente aumento del traffico, segnatamente in caso di ripresa economica. Ciò potrebbe
comportare svantaggi per il traffico interno Ticino/Svizzera tedesca. La dogana cerca di
minimizzare la situazione di congestionamento al confine mediante uno sdoganamento
semplificato ed elettronico, il che però comporta un aumento dell’attrattiva e quindi una
nuova crescita del traffico che si trasferisce dagli assi di transito attorno alla Svizzera sull’asse
del Gottardo. Si tratta di un dilemma di fondo con il quale si trovano confrontati tutti i valichi
di frontiera sovraccarichi.
In generale tutti gli intervistati prevedono un aumento del numero di corse nel traffico di
transito e una stagnazione nel traffico interno, di import e di export. L’aumento del limite di
peso nazionale non riuscirà, a loro avviso, a compensare il numero delle corse.
Trasferimento del traffico: trasferimenti del traffico sulla strada sono previsti dagli
intervistati soprattutto a largo raggio; ossia si aspettano uno spostamento del traffico degli assi
di transito Fréjus e Brennero al Gottardo. Gli aggiramenti a corto raggio (per esempio entrata
in Svizzera solo a Camedo anziché a Chiasso) non sono previsti.
In relazione alla realizzazione della NFTA, tutti i partner intervistati auspicano un
trasferimento del trasporto merci su ferrovia. Secondo le imprese di trasporto, il trasporto
combinato risulterebbe vantaggioso a partire da circa 700 km, secondo altre indicazioni (per
esempio il Cantone Ticino) sarebbe promettente già a partire dai 400 km. Il traffico interno si
troverebbe comunque in un intervallo di distanza critico, per il quale, secondo i partner
intervistati, solo le imprese di trasporto maggiori possono negoziare condizioni vantaggiose
con le ferrovie.
Desta preoccupazione anche il mancato potenziamento delle tratte di raccordo alla NFTA.
Mediante la costruzione delle gallerie di base del Gottardo e del Ceneri la capacità su queste
tratte viene aumentata, ma essa mancherà sulle tratte di raccordo e tra le due gallerie. Si teme
pertanto che le strettoie su queste tratte “vecchie” comprometteranno l’intera capacità della
NFTA. Anche il collegamento alla rete ferroviaria italiana dovrà essere migliorato, soprattutto
per quanto concerne la capacità delle tratte ma anche riguardo al loro stato.
Grandi speranze suscita l’idea del centro logistico di Chiasso stazione. Si tratta di un piano
che prevede di utilizzare i binari di manovra della stazione di Chiasso per il trasporto
combinato e per sdoganamenti speciali, eventualmente con la realizzazione di una via
d’accesso diretta dall’Italia.
Necessità di adattamento territoriale (in riferimento all’infrastruttura): gli intervistati
ravvedono la maggiore necessità di adattamento territoriale nell’ampliamento della rete di
raccordo della NFTA, soprattutto al fine di trasferire il traffico merci di transito su rotaia in
modo da alleggerire il Gottardo (vedi anche il punto precedente). Da parte
dell’Amministrazione federale delle dogane vengono menzionati diversi progetti per il
miglioramento del disbrigo delle operazioni doganali.
In relazione all’attuazione delle misure d’accompagnamento per il conseguimento
dell’obiettivo del trasferimento dalla strada alla rotaia è previsto a Sigirino (a Nord di
Lugano) un “Centro Controllo Traffico Pesante” che potrebbe essere realizzato in 2 – 3 anni.
Conclusione: per i partner della regione Ticino meridionale intervistati, l’ATT costituisce più
un rischio che un’opportunità, poiché si teme che con l’aumento del peso a 40t l’asse di
transito attraverso il Gottardo diventerà più interessante. A questo proposito si ricorda che il
45
traffico di transito non ha alcuna importanza economica per la regione di frontiera Ticino
meridionale.
La politica di trasferimento trova il consenso di tutti gli intervistati, che però evidenziano
anche talune carenze. Da un lato non è ancora stabilito il potenziamento delle tratte di accesso
alle due gallerie di base NFTA, d’altra parte il traffico ferroviario transfrontaliero funziona
ancora male. In particolare si costata che la fornitura della merce entro il termine – un criterio
di assoluta priorità – non funziona ancora in modo ottimale.
In base alla previsione di un aumento del traffico di transito, gli intervistati ritengono che gli
effetti maggiori dell’ATT si manifesteranno soprattutto alle dogane e sull’autostrada. Anche
le colonne al Gottardo influiscono sulla regione di frontiera del Ticino meridionale poiché
interessano i trasporti interni verso la Svizzera settentrionale.
La situazione alla frontiera è giudicata dagli intervistati nel contempo positiva e negativa. Da
un lato, le dogane cercano di aumentare le capacità dei valichi di frontiera mediante la
semplificazione dello sdoganamento e di ridurre così i tempi d’attesa, d’altra parte, la
riduzione dei tempi d’attesa attira traffico supplementare il che vanifica gli sforzi di
ottimizzazione.
Sulla scorta dei colloqui avuti nel quadro di questo studio, la regione del Ticino meridionale
sembra nutrire i maggiori timori sugli effetti dell’ATT in virtù della vicinanza al Gottardo e
del fatto che all’estremità meridionale dell’asse Nord-Sud attraverso la Svizzera esiste
un’unica dogana d’entrata e uscita, mentre a Nord il traffico si ripartisce su più dogane. In
questa regione di frontiera, l’evoluzione del traffico dovrà pertanto essere osservata da vicino,
segnatamente per quanto concerne le corse di transito.
Regione di confine E: Ginevra/Vaud occidentale
Importanza dell’ATT e delle sue componenti: rispetto agli altri accordi parziali, gli
intervistati non attribuiscono all’ATT una particolare importanza. Il settore dei trasporti non si
attende praticamente nessun cambiamento, dato che l’intero Cantone di Ginevra e la città di
Yverdon si trovano già nella zona di 10km e la sola Losanna non poteva finora essere
raggiunta con autocarri da 40t. Maggiori preoccupazioni desta la guerra dei prezzi con gli
autotrasportatori all’estero che operano a costi minori del 30%.
All’interno dell’ATT, gli intervistati reputano l’aumento del peso a 40t la componente più
importante per la regione, specialmente per il traffico in direzione Nord (Basilea) o Est
(Thayngen, St. Margarethen), dato che gli autocarri pesanti non dovranno più fare la
deviazione attraverso la Francia. Nel complesso però non si prevede un forte aumento di
veicoli da 40t poiché nella regione non esistono grandi centri industriali che potrebbero
manifestare una domanda di siffatti veicoli.
Opportunità e rischi dell’ATT: oltre alla possibilità di compiere viaggi in direzione
Nord/Est con autocarri da 40t, si valuta positivamente anche la possibilità dei trasporti diretti
con autocarri da 40t a Losanna, benché anche qui si ritiene che il fabbisogno sarà limitato.
Pure i rischi sono ritenuti da tutti gli intervistati esigui, poiché non si prevede un maggiore
traffico di transito con veicoli da 40t da Ginevra a Basilea, rispettivamente GinevraThayngen/St.Margarethen. A giudizio degli intervistati, per i trasporti intraeuropei in
direzione Est-Ovest la Svizzera sarà aggirata anche in futuro attraverso Germania/Francia
orientale o Austria/Italia, benché a lungo termine l’itinerario attraverso la Svizzera potrebbe
diventare interessante in seguito a un possibile aumento del traffico sull’autostrada francese
del Reno-Rodano o all’introduzione del pedaggio per autocarri in Austria e Germania.
Evoluzione del traffico: in generale, se la situazione economica rimane immutata, gli
intervistati non prevedono grandi cambiamenti a. A livello locale, potrebbe aumentare
46
lievemente il numero di autocarri da 40t presso la dogana di Vallorbe (trasporti verso
Losanna), d’altra parte, questa crescita potrebbe essere compensata dall’aumento del limite di
peso nell’intera regione di frontiera.
Gli intervistati della regione Ginevra/Vaud occidentale ritengono altresì che la TTPCP frenerà
la crescita del traffico e che quindi non ci si dovrà aspettare elevati tassi di crescita, ma
piuttosto stagnazione o diminuzione.
Trasferimento del traffico: i partner intervistati non prevedono spostamenti su strada
(deviazioni/scorciatoie) nella regione di Ginevra/Vaud occidentale. Non si ritengono probabili
nemmeno cambiamenti in relazione alle ubicazioni dei posti di trasbordo e alla distribuzione.
Secondo gli intervistati, con l’aumento della tariffa TTPCP il trasporto combinato su rotaia
potrebbe diventare più attraente. D’interesse è anche il collegamento ferroviario tra Ginevra
Cornavin - Eaux-Vives – Annemasse, la cui realizzazione è prevista nel 2007. Un possibile
scenario a questo proposito sarebbe lo svolgimento del traffico merci dalla Francia lungo
questo nuovo collegamento, mentre il traffico viaggiatori a lunga distanza si svolgerebbe
attraverso la linea Bellegarde - Cornavin.
Possibili maggiori influenze per la regione di Ginevra/Vaud occidentale vengono individuate
dagli intervistati in relazione alla galleria del Monte Bianco e alla galleria del Gottardo. Se in
futuro presso questi trafori dovessero verificarsi blocchi o contingentamenti, aumenterebbe
anche il traffico nella regione di Ginevra/Vaud occidentale con utilizzo, per esempio,
dell’itinerario Vallorbe-Gran San Bernardo come percorso d’aggiramento del Monte Bianco.
Necessità di adattamento territoriale (in riferimento all’infrastruttura): ad eccezione di
alcuni impianti doganali non sono previsti adattamenti territoriali. I pochi posti di trasbordo
40t->28t vengono già utilizzati altrimenti, mentre per quanto concerne il trasporto combinato
è in corso l’ampliamento del punto franco di Chavornay. Anche la vicina dogana di Vallorbe
viene ampliata nel limite del possibile sulla superficie a disposizione. Altri adattamenti non
sono previsti.
Conclusioni: tra tutte le regioni intervistate, i partner intervistati prevedono i minori effetti
territoriali dell’ATT per la regione di Ginevra/Vaud occidentale. Da un lato, con la zona di
10km la regione è già ben accessibile agli autocarri da 40t, d’altra parte, essa non si trova
lungo l’asse di transito Nord-Sud, ma lungo quella meno importante Est-Ovest sulla quale al
momento le corse di transito attraverso la Svizzera sono pressoché inesistenti. Con
l’introduzione del pedaggio per gli autocarri in Austria e Germania, nei prossimi anni il
percorso dall’Europa sudoccidentale all’Europa nordorientale potrebbe diventare più
interessante (specie con l’estensione dell’UE a Est); d’altra parte, l’aumento dell’aliquota
della TTPCP ne riduce nuovamente l’attrattiva. Questi effetti dovranno essere analizzati più
avanti nel tempo.
4.4.3 Sintesi dello studio speciale
In generale, si constata che non sussiste, risp. che è difficile da valutare una relazione di causa
ed effetto diretta ed evidente tra l’ATT e i cambiamenti rilevanti per l’ordinamento del
territorio. Sono troppe le variabili che entrano in gioco nel trasporto merci.
I diversi progetti d’infrastruttura per il trasporto merci previsti o in fase di realizzazione nelle
regioni di frontiera sarebbero stati realizzati anche senza ATT, poiché risalgono in parte a
parecchi anni prima, dipendono dal generale aumento del traffico (sviluppo tendenziale) o
47
sono stati determinati da decisioni di politica o strategia aziendale. Un aumento del traffico
(prestazione di trasporto) è d’attendersi con o senza ATT.
Dipendono invece direttamente da un aumento del limite di peso nazionale gli eventuali
dislocamenti territoriali di posti di trasbordo dalla zona di 10km vicina alla frontiera verso
l’interno del Paese, in zone interessanti dal punto di vista della strategia del traffico. Ciò non
dovrebbe tuttavia comportare nuove urbanizzazioni di superfici, bensì piuttosto il
cambiamento di utilizzazione di superfici esistenti all’interno delle zone industriali, artigianali
e commerciali. Le regioni di frontiera potrebbero così maggiormente essere degradate a zone
di transito. D’altra, parte le superfici non più adibite al trasbordo non rimarranno inutilizzate,
bensì destinate a un’utilizzazione migliore, ossia a maggiore valore aggiunto, ad esempio
costruendo un capannone di deposito o un edificio amministrativo con funzioni logistiche.
Siccome le regioni di frontiera dispongono già oggi di una zona di 10 km vicina alla frontiera
più o meno continua per trasporti di 40t, nonché in parte di zone radiali di 30km per trasporti
su strada di 40/44t nel traffico combinato, poco o nulla cambierà con l’ATT all’interno delle
regioni di frontiera.
L’introduzione della TTPCP non comporta effetti rilevanti per l’ordinamento del territorio
nelle regioni di frontiera dovuti ad adattamenti delle infrastrutture: gli impianti di enforcement
della TTPCP si trovano in posizione arretrata rispetto alle frontiere, piuttosto all’interno del
Paese (per es. Belchen) e le infrastrutture per il pagamento della TTPCP alla frontiera
(terminali TTPCP, punti di pagamento in cabine sopraelevate ecc.) hanno potuto essere
sistemate all’interno delle esistenti superfici degli impianti doganali. Grazie a una migliore
logistica è stato possibile aumentare lo sfruttamento della capacità degli autocarri, mentre le
flotte di autocarri sono state in parte rinnovate con veicoli a emissioni ridotte. Eventualmente
potrebbero verificarsi spostamenti del traffico a corto raggio, in quanto il trasporto stradale
cerca di minimizzare i tragitti soggetti alla TTPCP. Si può ad esempio ritenere che i VMP
provenienti dalla direzione degli Stati del Benelux e dalla Germania e diretti verso l’area
metropolitana di Zurigo entreranno in Svizzera più frequentemente attraverso Sciaffusa
anziché da Basilea. Il margine di manovra, rispettivamente l’incentivazione di siffatti
spostamenti del traffico a corto raggio risultano tuttavia limitati per motivi tecnico-doganali e
in virtù del maggiore costo in termini di tempo.
Il grande cabotaggio nel traffico merci su strada (trasporto di merci nella corsa di ritorno
all’interno del territorio della parte contraente) non dovrebbe produrre effetti di rilievo
sull’ordinamento del territorio nelle regioni di frontiera. Per il carico e lo scarico merci nelle
regioni di frontiera possono essere utilizzati i punti di trasbordo già esistenti all’interno della
zona di 10km che in termini di superficie dovrebbero essere sufficienti per il fabbisogno a
medio termine. I vantaggi risultanti dal grande cabotaggio vanno praticamente a beneficio
delle sole imprese di trasporto straniere. Per le imprese di trasporto svizzere rimangono solo
vantaggi sulla carta poiché a causa dei più elevati costi nel confronto con la concorrenza
straniera le imprese svizzere praticamente non effettuano siffatte corse di cabotaggio.
Anche i progetti d’incidenza territoriale collegati a riforma delle ferrovie (separazione
infrastruttura – trasporti, accesso alla rete), NFTA, misure d’accompagnamento e
promovimento del trasporto combinato possono essere ricondotti solo in parte all’ATT (nella
misura in cui i contributi pubblici all’investimento hanno reso possibile o modificato un
progetto oppure ne hanno accelerato l’attuazione). Progetti come la trasformazione o
l’ampliamento di terminali del trasporto combinato o stazioni di manovra sono da ricondurre
in ampia misura a decisioni strategico-aziendali dell’economia privata.
48
Il problema principale che si delinea è l’aumento generale del traffico e gli effetti negativi
sull’economia e l’ambiente (perdite di tempo, emissioni, rischi di incidenti) in seguito alla
crescente diminuzione delle riserve di capacità delle infrastrutture. Tuttavia, perlomeno nelle
regioni di frontiera, questi rischi sussisterebbero e aumenterebbero anche in assenza
dell’ATT, poiché tendenzialmente lo sviluppo si muove in direzione di una sempre maggiore
divisione del lavoro (sfruttamento dei vantaggi comparativi legati al luogo di produzione dei
beni) nonché di spedizioni più leggere/più piccole e quindi più frequenti (specialmente nel
traffico a collettame), con più sdoganamenti.
L’ATT è considerato positivo nella misura in cui evita in parte inutili corse di VMP e
aumenta lo spostamento delle capacità dei veicoli. I problemi risultanti (indirettamente)
dall’ATT non sono d’importanza nazionale o di grandi regioni ma presentano tutt’al più una
dimensione localmente circoscritta e di modesta entità.
4.5
Conclusioni
Le prestazioni chilometriche nell’intero traffico merci su strada e nelle sue singole
componenti (trasporto interno; trasporti import/export; traffico di transito) sono costantemente
aumentate nel passato e aumenterebbero indubbiamente anche in futuro in assenza di una
diversa politica dei trasporti. Le regioni di frontiera e segnatamente le aree presso i grandi assi
di entrata e uscita sono particolarmente interessate da quest’evoluzione. Con l’Accordo sui
trasporti terrestri si è riusciti a introdurre una nuova politica in materia di trasporti senza
dover temere ritorsioni da parte dell’UE. Con l’Accordo e le misure connesse come la
TTPCP, il limite delle 40 tonnellate, la modernizzazione della ferrovia (NFTA), la riforma
delle ferrovie e altre misure d’accompagnamento sussistono un incentivo e l’opportunità di
trasferire in misura maggiore il traffico su rotaia e di effettuare i trasporti su strada in modo
più efficiente e quindi tendenzialmente più rispettoso dell’ambiente.
Attualmente però (2001-2005) la Svizzera si trova in una difficile fase di transizione, poiché
la TTPCP non raggiunge ancora la sua aliquota massima e perché, di fatto, con
l’autorizzazione di contingenti (non del tutto sfruttati) il limite delle 40t è già stato introdotto.
L’incentivazione al trasferimento non è quindi ancora sufficiente per essere considerata in
sufficiente misura un’opzione concorrenziale.
Oggi si tratta di promuovere celermente le misure menzionate nel Rapporto sul trasferimento
al fine di incentivare il trasferimento nel traffico merci transalpino come pure (laddove risulti
vantaggioso) il trasferimento di altri flussi di merci su rotaia. L’effetto cumulativo comporterà
alleggerimenti segnatamente anche nelle regioni di frontiera.
I problemi di traffico che si manifestano oggi e che si prevedono in futuro in singole regioni
di frontiera sono dovuti al generale aumento del traffico e di regola non sono riconducibili
all’Accordo sui trasporti terrestri. Al contrario, con l’Accordo sui trasporti terrestri essi
vengono per lo più mitigati, specialmente se sarà possibile anche in futuro dirigere
maggiormente le tendenze di sviluppo nel senso auspicato. D’altronde, i progetti
d’infrastruttura progettati o già in fase di realizzazione nelle regioni di frontiera e destinati al
traffico merci sarebbero stati realizzati anche senza l’Accordo.
49
5
Valutazione complessiva
Sulla scorta degli sviluppi oggi prevedibili, e in base a diversi studi, le questioni sollevate nei
postulati possono essere evase come segue:
1. Quali effetti avranno gli accordi bilaterali con l’UE sulla politica di ordinamento
territoriale dei Cantoni di frontiera?
Gli accordi bilaterali contribuiscono al rafforzamento della nostra economia e migliorano la
competitività delle nostre imprese sui mercati sempre più globalizzati. Questo vale per la
Svizzera nel suo complesso e, in generale, anche per le regioni di frontiera. L’attuazione degli
accordi emancipa tendenzialmente queste regioni dalla loro situazione di frontiera, il che
comporta vantaggi e svantaggi. Gli ostacoli, le barriere allo sviluppo e gli effetti negativi
dovuti alla situazione di frontiera vengono tendenzialmente rimossi, con conseguenti nuove
opportunità. D’altra parte, vanno però anche persi gradualmente i vantaggi specifici legati alla
posizione in vicinanza del confine (ossia all’interfaccia tra sistemi diversi) che in parte hanno
comportato lo sviluppo di una specifica struttura dei settori economici (imprese di trasporto,
di magazzinaggio e di spedizione, turismo di transito e di frontiera ma anche industria a bassi
salari) e che quindi hanno favorito l’insediamento di determinati posti di lavoro. Dato che in
virtù degli accordi non risulteranno solo cambiamenti nel comportamento delle forze lavoro
bensì – cosa spesso non sufficientemente considerata – anche reazioni leggermente differite
nel tempo da parte delle imprese, i timori che in futuro nelle regioni di frontiera possano
verificarsi in misura massiccia immigrazioni e flussi di pendolari in arrivo risultano in larga
misura ingiustificati. È anzi probabile che i posti di lavoro saranno in maggiore misura
dislocati oltre frontiera (e in parte verso l’interno del Paese), cosicché nella maggior parte
delle regioni di frontiera si può prevedere piuttosto una distensione che un boom. Gli accordi
bilaterali di per sé hanno effetti solo limitati; essi accelerano evoluzioni già in atto e dovute a
mutamenti tecnologici, a trasformazioni sui mercati (tra l’altro come conseguenza della
globalizzazione) e agli indirizzi strategici della politica nazionale e internazionale
(liberalizzazioni, Accordi OMC ecc.).
Gli effetti degli accordi bilaterali sulla politica di ordinamento territoriale nelle regioni di
frontiera rimangono contenuti. Nel settore dei trasporti essi vanno indubbiamente valutati in
prevalenza positivamente, poiché la politica di trasferimento dalla strada alla rotaia abbinata
all’Accordo sui trasporti terrestri comporta considerevoli miglioramenti rispetto a uno
sfrenato sviluppo (complessivamente meno emissioni, minore perdita di tempo, a più lungo
termine minore consumo di suolo ecc.). Anche la libera circolazione delle persone, che si
manifesta nelle due direzioni e che comporta pure cambiamenti nella linea di condotta delle
imprese, non dovrebbe causare una pressione d’insediamento straordinaria nella maggior
parte delle regioni di frontiera. A breve termine sono possibili determinate tensioni, tuttavia le
prospettive congiunturali e di sviluppo generali del nostro Paese non danno adito, in sostanza,
al timore di grandi situazioni di boom o di ulteriori strettoie.
2. Quali conclusioni trae il Consiglio federale per la sua propria politica d’ordinamento
del territorio (Linee guida per l’ordinamento del territorio svizzero)?
La strategia “Integrazione della Svizzera in Europa” con i suoi elementi “Guardare verso
l’esterno; Cooperazione delle regioni e delle città di frontiera; Partecipazione all’ordinamento
del territorio europeo”, stabilita nelle Linee guida per l’ordinamento del territorio svizzero si
rivela sempre più importante, e le sue motivazioni vengono rafforzate dagli accordi bilaterali.
Di ciò si dovrà tenere conto in sede di revisione delle Linee guida.
50
In futuro si dovrà maggiormente considerare l’aspetto dell’analisi transfrontaliera e – per
quanto possibile e utile – anche del coordinamento delle politiche con i vicini e
dell’attuazione coordinata nelle singole politiche settoriali. La nuova concezione della politica
regionale della Confederazione attualmente in elaborazione, ad esempio, attribuisce una
grande importanza al promovimento della collaborazione a livello di grandi aree e
specialmente anche alla cooperazione transfrontaliera. Anche nell’ambito dei piani settoriali,
è ormai inevitabile un approccio transfrontaliero. Per i problemi particolari che sono
direttamente o indirettamente in relazione agli accordi bilaterali e che riguardano le regioni di
frontiera (per esempio la gestione del traffico sugli assi di transito) occorre adottare soluzioni
particolari.
3. Come vanno considerate le prospettive aperte dagli accordi bilaterali in vista delle
strategie di sviluppo, della pianificazione del territorio e della politica sull’ordinamento
del territorio?
Nella misura in cui le frontiere perdono di fatto la loro importanza, i Cantoni sono chiamati a
riflettere ancor più in termini di spazi transfrontalieri e cercare soluzioni a livello
transfrontaliero per i problemi incombenti. I piani direttori vanno ulteriormente sviluppati
tenendo conto in misura ancora maggiore degli aspetti transfrontalieri (rispettivamente anche
in considerazione della tendenziale caduta delle frontiere) e valutati dalla Confederazione
anche sotto quest’ottica. La pianificazione del traffico, come pure la pianificazione di altre
grandi infrastrutture, va concertata e coordinata con i Paesi vicini in sedi adatte, affinché ne
risulti un insieme ben strutturato ed efficiente e possano essere evitati errori d’investimento.
Dato che i vantaggi legati al fattore frontiera tendono a svanire sempre più, occorre che le
regioni di frontiera valorizzino altri potenziali e vantaggi legati alla posizione, al fine di
ottimizzare le condizioni quadro per uno sviluppo economico positivo. Specialmente per le
regioni di frontiera più deboli e periferiche, con centri piccoli, potrebbe essere molto utile
elaborare linee direttrici e strategie di sviluppo, d’intesa con i vicini d’oltreconfine.
Nel quadro dei programmi Interreg dell’UE, sono oggi disponibili strumenti ideali per il
promovimento di siffatte collaborazioni. Una partecipazione di interlocutori Svizzeri non è
solo possibile ma sollecitata da parte dell’UE. Con l’estensione delle possibilità
d’applicazione nel quadro di Interreg III (oltre alla collaudata cooperazione transfrontaliera
viene promossa anche la cooperazione transnazionale in spazi più ampi nonché la
cooperazione interregionale; RS 616.9) ne possono trarre vantaggio non solo le regioni di
frontiera in senso stretto bensì praticamente tutte le regioni del nostro Paese. Ora si tratta di
utilizzare in modo opportuno i crediti stanziati a tal fine dalle Camere federali.
Lo stesso scopo è perseguito dalla Convenzione quadro di Madrid del 21 maggio 1980 sulla
cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali del Consiglio d’Europa
(RS 0.131.1), con Protocollo aggiuntivo e il Protocollo n. 2, a cui la Svizzera e i Paesi vicini
hanno aderito, nonché dall’Accordo di Karlsruhe del 23 gennaio 1996 fra il Consiglio federale
e i Governi di Francia, Germania, e del Gran Ducato di Lussemburgo sulla cooperazione
transfrontaliera fra le collettività territoriali e enti pubblici locali, applicato ai Cantoni Soletta,
Basilea Città, Basilea Campagna, Argovia, Giura e dal 9 settembre 2002 anche Sciaffusa.
Questi strumenti del diritto internazionale pubblico (ulteriori estensioni sono in discussione)
facilitano a livello regionale la cooperazione transfrontaliera in tutti i settori e quindi anche
nell’ambito dello sviluppo territoriale.
51
Allegati
52
Tabella 1
Regioni di frontiera, carattere economico e flussi di pendolari attuali e ipotetici
Zona di frontiera Zona di frontiera
svizzera
all'estero
Zona di front. svizzera
Carattere economico
e della struttura degli
insediamenti
Ginevra-Nyon
Gex-Annemasse
Metropoli di frontiera
Losanna
Evian
Centro riparato dal lago
La Vallée
Morez-Mouthe
Periferia ind. alt. spec.
Giura NE - Fr--M. Morteau-Maîche
Regione periferica ind.
Ajoie
Montbéliard-Belfort
Regione perif.-rurale
Regione di Basilea Mulhouse-Lörrach
Metropoli di frontiera
V. del Reno argov. Rheinfelden-Waldshut Grandi imprese su base energ.
Sciaffusa
Stühlingen-Singen
Agglom. ind. di media centralità
(Zurigo)
(Waldshut-Costanza)
Metropoli
Turgovia
Costanza
Reg. ind.-rurale di bassa centralità
V. del Reno sang. Bregenz-Dornbirn
Regione ind. di bassa centralità
Werdenberg
Vaduz-Feldkirch
Regione ind. di bassa centralità
Bassa Eng./V. Mon. Pfunds-Glurns
Regione turistica periferica
Alta Engadina
Tirano-Chiavenna
Reg. turistica di rinom. mondiale
Lugano-Locarno
Milano
Edge-City di Milano
Mendrisiotto
Como-Varese
Regione ind. di bassa centralità
Briga-Sempione
Domodossola
Turismo + periferia ind.
Chablais
Vallorcine-Evian
Turismo + periferia ind.
altre regioni con frontalieri (in genere pos. interna)
Svizzera
Zona di frontiera all'estero
Carattere economico
e della struttura degli
insediamenti
Area suburbana
Turismo + periferia ind.
Turismo + periferia ind.
Periferia rurale
Centri urbani
Aera ind.-suburbana
Grandi aziende su base energ.
Area periferica rurale-ind.
Regione rur.-ind.-tur in espans.
Agglom. ind. di media centralità
Regione ind. di bassa centralità
Piazza finanziaria di rinom. mond.
Regione turistica periferica
Turismo + periferia ind.
Metropoli
Cintura ind. della metropoli
Turismo + periferia ind.
Turismo + periferia ind.
Grado urbanità
N. fr.
CH ES Diff per CH
CH-E 2000
10
9
2
5
3
10
5
6
10
5
5
4
1
6
8
5
4
4
5
7
5
2
1
6
7
6
4
6
7
6
7
2
3
10
7
3
4
5
3
4
0
4
-3
3
-1
2
4
-2
-1
-3
-1
3
-2
-2
1
0
0
35'000
2'000
2000
4000
2000
48000
6000
4000
3000
3000
4000
1000
500
3000
15000
15000
500
1000
7000
107
98
9
156'000
N. fr.
per ES
2000
(CF90)
300
0
0
100
0
600
200
100
200
300
300
2200
0
200
300
400
0
0
100
Bilancio
pendolari
2000
N. fr.
N. fr.
Bilancio
per CH
per ES pendolari
ip. 2000
ip. 2000 ip. 2000
se nessun confine
a cond. ceteris paribus
34'700
2'000
2'000
3'900
2'000
47'400
5'800
3'900
2'800
2'700
3'700
-1'200
500
2'800
14'700
14'600
500
1'000
6'900
28000
1500
500
2600
500
47000
3000
2600
7000
1500
2500
1000
200
1800
6000
4000
300
600
3400
8000
400
400
500
2000
13000
4000
1300
1000
5000
3000
2000
300
500
5000
7000
200
500
1900
20000
1100
100
2100
-1500
34000
-1000
1300
6000
-3500
-500
-1000
-100
1300
1000
-3000
100
100
1500
5'300 150'700
114000
56000
58000
Fonte: Schuler Martin (PF Losanna, INTER-LADYT), Räumliche und regionale Inzidenzen der Bilateralen Verträge auf die Bevölkerungsmobilität in den
Grenzregionen, 2002.
Tutte le cifre costituiscono ordini di grandezza
Il grado di urbanità per la zona di frontiera svizzera e all'estero è stabilito secondo una scala da 1 a 10. Le tre colonne indicano la direzione
dei flussi di pendolarità in assenza di frontiere e se il movimento pendolare fosse causato unicamente dall'urbanità (cfr. paragrafo 3.3.1).
Tabella 2
Riorientamento territoriale dei flussi migratori e dei pendolari nelle zone di frontiera in virtù degli accordi bilaterali
Situazione di partenza
Situazione nel 2000
N. front. N. front.
Zona di frontiera
per CH
Fasi I e II: effetti sui flussi dei pendolari
Fase III: effetti sui vantaggi legati alla posizione
e sulla ripartizione dei posti di lavoro
per posti di lavoro nella regione di frontiera
Situazione dopo le fasi I e II
PL
per est. in zona fr.
N. front.
N. front.
per CH
per est.
CH
2000
Ginevra-Nyon
2000
2000
2010
2010
PL
Situazione dopo la fase III
Bilancio
in zona fr. pendolari
Pend. a. N. front. N. front.
2010/
CH
CH
2000
2010
2010
(%)
per CH
2020
per est.
2020
PL
Bilancio
in zona fr. Pendolari
Pend. a.
2020/
CH
CH
2000
2020
2020
(%)
35'000
300
254'700
31'300
3800
246'500
27'500
89.4
29'200
6000
232'000
23'200
83.4
Losanna
2'000
0
132'000
1'700
200
131'500
1'500
85.0
1'600
300
131'000
1'300
80.0
La Vallée
2000
0
8'000
1'550
0
7'700
1'550
77.5
1'252
50
7'000
1'200
62.5
Giura NE - Fr.-M.
4000
100
33'900
3'100
200
33'400
2'900
77.5
2'500
200
30'500
2'300
62.5
Ajoie
2000
0
22'000
1'250
600
20'800
650
62.5
900
600
18'500
300
45.0
Regione di Basilea
48000
600
287'400
41'400
4900
281'400
36'200
85.6
38'500
6600
275'000
31'900
80.2
Valle del Reno argoviese
6000
200
45'800
4'700
800
44'200
3'900
78.3
3'200
800
41'000
2'400
53.3
Sciaffusa
4000
100
43'900
3'200
600
42'700
2'600
80.0
2'300
500
40'000
1'800
57.5
(Zurigo)
3000
200
2'800
3'300
700
2'900
2'600
110.0
6'000
500
6'000
5'500
200.0
Turgovia
3000
300
27'700
2'600
1200
26'800
1'400
86.7
1'900
1200
24'500
700
63.3
Valle del Reno sangallese
4000
300
53'700
3'100
600
52'700
2'500
77.5
2'600
600
49'400
2'000
65.0
Werdenberg
1000
2200
23'800
1'100
2300
23'300
-1'200
110.0
1'100
2400
22'200
-1'300
110.0
500
0
5'500
250
0
5'300
250
50.0
150
50
5'200
100
30.0
3000
200
16'800
2'500
400
1'700
2'100
83.3
2'300
250
18'000
2'500
76.7
Lugano-Locarno
15000
300
104'700
11'800
1300
102'800
10'500
78.7
9'000
1200
90'000
7'800
60.0
Mendrisiotto
15000
400
39'600
10'100
1800
3'500
8'300
67.3
7'000
2000
26'000
5'000
46.7
500
0
20'500
350
0
20'400
350
70.0
300
50
20'000
250
60.0
Chablais
1000
0
21'000
800
200
20'600
600
80.0
700
100
20'400
600
70.0
(altre regioni)
7000
100
6'900
5'700
500
6'300
5'200
81.4
4'500
600
7'300
3'900
64.3
20'100 1'121'300
109'400
83.0 115'000
24'000
1'064'000
91'450
73.7
Bassa Engadina/V. Monast.
Alta Engadina-Valtellina
Briga-Sempione
Svizzera
156'000
5'300 1150`700
129'800
Fonte: Schuler Martin (PF Losanna, INTER-LADYT), Räumliche und regionale Inzidenzen der Bilateralen Verträge auf die Bevölkerungsmobilität in den Grenzregionen, 2002.
Tutte le cifre costituiscono ordini di grandezza. Spiegazioni al paragrafo 3.3.2.
99.3531 - Postulat.Hofmann Hans
Auswirkungen der bilateralen Verträge mit der EU auf die Raumordnungspolitik der
Grenzkantone und des Bundes
Eingereichter Text
Der Bundesrat wird beauftragt, bis zum 1. September 2000 einen ersten Bericht vorzulegen, der die folgenden
Fragen beantwortet:
1. Welches sind die raumordnungspolitischen Auswirkungen der bilateralen Verträge mit der EU auf die
Grenzkantone?
2. Welche Konsequenzen zieht der Bundesrat daraus für seine eigene Raumordnungspolitik (Grundzüge der
Raumordnung Schweiz)?
3. Wie sind die mit den bilateralen Verträgen verbundenen Öffnungen im Hinblick auf die
Entwicklungsvorstellungen, die Raumordnungs- und Bodenpolitik zu beurteilen?
Mitunterzeichnende
Respini Renzo - Aeby Pierre - Beerli Christine - Bieri Peter - Bisig Hans - Büttiker Rolf - Cavadini Jean - Cottier
Anton - Hess Hans - Inderkum Hansheiri - Jenny This - Leumann-Würsch Helen - Maissen Theo - Martin
Jacques - Marty Dick - Merz Hans-Rudolf - Paupe Pierre - Plattner Gian-Reto - Reimann Maximilian - Saudan
Françoise - Schüle Kurt - Schweiger Rolf - Seiler Bernhard - Spoerry Vreni - Uhlmann Hans - Zimmerli Ulrich
(26)
Begründung
Die Umsetzung der bilateralen Abkommen mit der EU wird erhebliche räumliche Auswirkungen haben, die
indessen je nach Grenzkanton unterschiedlich ausfallen werden. Die in einer Übergangsphase zu erwartende
Zunahme des Schwerverkehrs dürfte beispielsweise die Bereitstellung von Stau- und Warteräumen sowie ein
gezieltes Verkehrsmanagement erforderlich machen. Auch die Veränderungen beim Status der Grenzgänger
dürften Auswirkungen auf den regionalen Pendlerverkehr und die Wohnungsmärkte haben.
Die möglichen Probleme und Aufgaben sollten rechtzeitig festgestellt und gemeinsam mit den betroffenen
Kantonen gelöst werden. Bei der Erarbeitung von Entwicklungsstrategien ist eine Vernetzung der Grenzregionen
anzustreben. Dabei kommt der überregionalen, grenzüberschreitenden und internationalen Zusammenarbeit
grosse Bedeutung zu (vgl. auch Europäisches Raumentwicklungskonzept, Eurek).
Es ist unerlässlich, dass der Bundesrat möglichst rasch nach einer allfälligen Referendumsabstimmung einen
zusammenfassenden Bericht vorlegt, damit die nötigen Massnahmen eingeleitet werden können.
Erklärung des Bundesrates 01.12.1999
Der Bundesrat ist bereit, das Postulat unter der Bedingung entgegenzunehmen, dass der Termin für die
Erarbeitung eines Berichtes über die räumlichen Auswirkungen der bilateralen Verträge auf Mitte 2002
verschoben wird. Einerseits muss die Ratifikation dieser Verträge abgewartet werden, bevor deren räumliche
Auswirkungen untersucht werden können, andererseits ist es mit Blick auf die knappen Kapazitäten innerhalb
der Bundesverwaltung nicht möglich, den gewünschten Bericht bis zum 1. September 2000 zu erarbeiten.
Chronologie
08.12.1999 SR Annahme.
99.3513 – Postulato Ratti Remigio
Accordi bilaterali e regioni di frontiera
Testo del postulato
Invito il Consiglio federale a presentare, entro il 1° settembre del 2000, un primo rapporto in merito
alle questioni seguenti:
1. Quali conseguenze comportano gli accordi bilaterali con l'UE per lo sviluppo economico e la politica
d'ordinamento del territorio dei cantoni di frontiera?
2. Quali conclusioni ne trae il Consiglio federale per la sua propria politica d'ordinamento del territorio
(Linee guida per l'ordinamento del territorio svizzero)?
3. Come vanno considerate le prospettive aperte dagli accordi bilaterali negli ambiti relativi alle
strategie di sviluppo, alla pianificazione del territorio e alla politica sull'ordinamento del territorio?
Cofirmatari
Bonny Jean-Pierre - Comby Bernard - Donati Franco - Dupraz John - Eggly Jacques-Simon - Eymann
Christoph - Fankhauser Angeline - Florio Marguerite - Gadient Brigitta M. - Baumann J. Alexander Lachat François - Maitre Jean-Philippe - Meyer Thérèse - Mühlemann Ernst - Pelli Fulvio Rechsteiner Rudolf - Schmid Odilo - Semadeni Silva Anita - Vogel Daniel - Gysin Remo (20)
Motivazione
La conclusione e l'attuazione degli accordi bilaterali con l'UE avranno conseguenze rilevanti sulla
nostra pianificazione del territorio nonché sulla politica d'ordinamento del territorio non soltanto a
livello cantonale e sovraregionale, bensì anche a livello della collaborazione transfrontaliera con le
regioni o addirittura con i paesi limitrofi. Le varie implicazioni per altro non coinvolgono tutte le
regioni di frontiera nella medesima misura e vanno valutate differentemente a seconda delle prospettive
strategiche a corto, medio e lungo termine.
Conseguentemente nel periodo di transizione occorrerà contare su un aumento del traffico pesante,
circostanza questa che renderà necessario l'adeguamento delle infrastrutture e l'adozione di misure
speciali nell'ambito della gestione del traffico. Inoltre va ripensata in chiave critica anche la rete viaria
del traffico transfrontaliero (segnatamente la situazione alla frontiera ticinese e ginevrina).
Per di più la libera circolazione delle persone inciderà sull'afflusso della mano d'opera e sul mercato del
lavoro di quelle regioni che da sempre contano rilevanti quote di frontalieri. L'attrattività di queste
regioni ne risulterà modificata sia per quanto concerne il mercato dell'alloggio sia riguardo lo sviluppo
economico.
Infine, sul piano degli scenari inerenti allo sviluppo delle regioni di frontiera, è necessario collegare
queste regioni con quelle limitrofe; le strategie di sviluppo vanno fissate ai livelli superiori della
collaborazione transfrontaliera con le regioni limitrofe, se non addirittura sovranazionale, come
previsto, per esempio, dal modello di sviluppo dello spazio comunitario (SDEC).
È indispensabile che la Confederazione e i cantoni maggiormente interessati possano individuare per
tempo le implicazioni più importanti degli accordi sulla loro politica strutturale e sull'ordinamento del
territorio e siano messi in condizione di affrontare le nuove sfide con strumenti adeguati.
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