I SILURI DEL MAS 15 DEL COMANDANTE RIZZO AFFONDANO LA
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I SILURI DEL MAS 15 DEL COMANDANTE RIZZO AFFONDANO LA
Santo Stefano 10 GIUGNO 1918/L’IMPRESA DI PREMUDA (DALMAZIA) I SILURI DEL MAS 15 DEL COMANDANTE RIZZO AFFONDANO LA GRANDE CORAZZATA DELLA MARINA AUSTRIACA L a “Szent István” (nella storiografia italiana nota anche come “Santo Stefano”) era la quarta unità della potente nuovissima classe “Viribus Unitis” della K.u.K. (Kaiserlich-und-Königlich) Kriegsmarine (Imperiale e Regia Marina da Guerra austro-ungarica), che comprendeva le corazzate gemelle “Viribus Unitis”, “Prinz Eugen” e “Tegetthoff “. Commissionata al cantiere navale fiumano “Danubius” in virtù di un compromesso con la classe politica ungherese (Fiume apparteneva allora alla parte ungherese della duplice monarchia austro-ungarica), la corazzata fu costruita a partire dal 1912 e ultimata due anni ni dopo. Durante il varo, avvenuto il 17 gennnaio 1914, una catena d’ancora colpì due ue operai del cantiere, uccidendone uno. La costruzione dell’unità richiese notevooli investimenti per il cantiere, non adeeguatamente attrezzato per la costruzione ne di navi di questa stazza. In un apposito bacino la “Szent nt István” venne in seguito dotata degli li armamenti necessari, ed allo scoppioo della Prima guerra mondiale fu trasferiita nell’arsenale militare di Pola per esseere ultimata. Entrò in servizio soltanto il 17 novembre 1915, con 17 mesi di ritardo sul programma originario. Il nome, in onore di Santo Stefano d’Ungheria, venne attribuito alla nave solamente il 13 dicembre 1915. Nel corso della guerra la “Santo Stefano” ricoprì un ruolo molto marginale e rimase spesso alla fonda nella base di Pola. Le prime operazioni risalgono ai mesi di novembre e dicembre 1915, quando la corazzata effettuò diverse uscite di prova, saggiando la potenza del suo armamento nel canale di Fasana (appena fuori Pola, vicino alle isole Brioni). Il 23 dicembre la nave fu ufficialmente attribuita alla 1a Squadriglia e il 10 febbraio successivo ripeté l’uscita con le corazzate gemelle. Eccetto un paio di esercitazioni effettuate in mare in marzo (nell’Adriatico) e in agosto (nel canale di Fasana), per tutto il 1916 la “Santo Stefano” rimase ancorata a Pola, senza che le ripetute incursioni aeree italiane potessero rappresentare un pericolo per la possente corazzata. Il nuovo imperatore Carlo I d’Austria, succeduto a Francesco Giuseppe, visitò la corazzata il 15 dicembre 1916, mentre il 12 dicembre 1917 fu la volta dell’imperatore Guglielmo II di Germania. Per tutto il 1917 la nave proseguì 160 PAGINE DI STORIA nella propria solita routine, tra uscite per esercitazioni e attacchi aerei italiani. Nel 1918, prima dell’affondamento nei pressi dell’isola di Premuda, in Dalmazia, uscì una sola volta dalla munitissima rada di Pola, quando, assieme alla “Viribus Unitis”, si diresse verso l’isoletta di San Giovanni in Pelago (a sud di Rovigno) per le ultime prove di tiro. L’impresa di Premuda Durante la Prima guerra mondiale lo scontro tra la flotta austriaca e quella italiana aveva come pri ncipale teatro il mare Adriatico. Gli austriaci, con le basi principali di Pola e Trieste, con porti ben muniti e una costa, quella dalmata, difficilmente accessibile per la sua conformazione geografica, erano praticamente inattaccabili. Gli italiani, dal canto loro, avevano creato un forte sbarramento nello stretto Otranto-Corfù dis- seminato di torpedini e con un immenso sipario sottomarino costituito da una rete d’acciaio lunga 66 km e profonda 50 metri, volta ad impedire qualsiasi uscita dall’Adriatico di unità della K.u.K. Kriegsmarine. Il 27 febbraio 1918 il Capo di Stato Maggiore della Marina austro-ungarica contramammiraglio Nikolaus Horthy (futuro dittatore dell’Ungheria) decide di organizzare un forzamento in grande stile con la distruzione degli sbarramenti italiani sullo stretto di Otranto. Per un’azione radicale, più incisiva e su più ondate, vengono mobilitati grandi mezzi: dai sottomarini alle potenti corazzate in rada a Pola. Numerosi mezzi insidiosi erano in agguato, pronti a fermare le unità italiane o alleate che avessero tentato di uscire per azioni di contrasto da Brindisi o Valona: in tale eventualità anche le corazzate sarebbero intervenute. Si pensa addirittu- ra alle riprese cinematografiche, tanta è negli austriaci la sicurezza della vittoria. Alle ore 22.15 del 9 giugno 1918 il gruppo (una delle numerose ondate previste dall’ammiraglio Horthy), comprendente le grandi corazzate “Santo Stefano” e “Tegetthof”, salpa da Pola e prende il mare. Da Ancona, nel pomeriggio dello stesso giorno erano usciti in missione i Mas 15 e 21, comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo e dal guardiamarina di complemento Giuseppe Aonzo. Già sulla via del rientro, verso le 3.15 del 10 giugno, dopo una lunga ed infruttuosa ricognizione, mentre si trovava di fronte all’isola di Premuda, Rizzo nota una grossa colonna di fumo proveniente da nord: era quello delle corazzate austriache. I due Mas invertono immediatamente la rotta dirigendo sul nemico a bassa velocità per evitare i “baffi” bianchi che li avrebbero fatti scoprire. Si era in pros- A sinistra: il monumento a Luigi Rizzo sul lungomare di Milazzo, sua città natale. Sotto: gli equipaggi dei Mas 15 e 21 di Rizzo e Aonzo, protagonisti dell’impresa di Premuda, in una foto ricordo scattata al loro rientro ad Ancona. In basso: carta dell’alto Adriatico con indicata la posizione dell’isola di Premuda, luogo dell’attacco dei Mas alle corazzate della flotta austriaca. Nella pagina accanto, in alto: nelle acque dalmate dell’isola di Premuda, i due siluri del Mas 15 di Rizzo centrano la “Santo Stefano”. La grande corazzata austriaca, colpita intorno alle 3:30, affonderà poco dopo le 6:00 del mattino del 10 giugno 1918. Sotto: lo stemma e la bandiera della Regia Marina da Guerra italiana. Qui a sinistra: la corazzata “Szent István” (“Santo Stefano”) della K.u.K. Kriegsmarine (Imperiale e Regia Marina da Guerra austro-ungarica), alla fonda nel porto di Pola. simità dell’alba, la vigilanza sarebbe stata meno attenta dopo la tensione della notte. Giunti all’altezza di Premuda, di fronte all’isolotto di Lutrošnjak, i Mas avvistano la squadra navale austro-ungarica. Ma i barchini devono avvicinarsi il più possibile agli obiettivi perché i loro siluri, tarati ad 1 metro e mezzo di profondità, siano efficaci. La manovra riesce, col favore dell’oscurità e grazie ad un varco apertosi fortuitamente nello schermo protettivo delle grandi navi: Rizzo punta la “Santo Stefano”, Aonzo la gemella “Tegetthof”. Alle 3.30 circa la “Santo Stefano”, che stava procedendo ad una velocità di 14 nodi, viene colpita dal lato di tribordo dai due siluri del Mas 15 lanciati da Rizzo da una distanza di 600 metri, mentre uno solo dei siluri del Mas 21 colpisce la “Tegetthoff”, senza però esplodere. Il primo siluro di Rizzo centra la “Santo Stefano” tra il primo e il secondo fumaiolo, mentre il secondo la colpisce all’altezza di quello di poppa. Tra nuvole di fumo e di acqua, la corazzata comincia ad imbarcare grandi quantità d’acqua e a sviluppare incendi nella zona caldaie. Nel tentativo di porla in salvo (due caldaie erano ancora funzionanti), il comandante Heinrich Seitz modifica la rotta, puntando alla velocità di 4,5 nodi verso l’isola di Melada. La “Tegetthoff” prende poi la corazzata colpita in traino, ma per il pericolo di rovesciamento le funi devono essere sciolte. Alle 6.05 la “Santo Stefano” inizia a rovesciarsi, e nel giro di sette minuti scompare tra i flutti. La tragedia, che paga un tributo di vite umane relativamente modesto (4 ufficiali e 85 marinai, grazie al fatto che tutti i marinai della Marina austriaca dovevano imparare a nuotare prima di entrare in servizio), viene fotografata da www.storiadetrieste.it www.ilmercatino.it A sinistra: il capitano di corvetta Luigi Rizzo, comandante del Mas 15. Qui sotto: tavola raffigurante il Mas 15 di Rizzo. Il vate Gabriele d’Annunzio diede una sua personalissima interpretazione della sigla MAS delle motosiluranti della Regia Marina italiana: “Memento Audere Semper” (Ricordati di osare sempre). bordo della impotente sorella. Nel frattempo, le navi scorta austriache si erano gettate alla caccia dei piccoli assalitori, i quali, manovrando al limite delle possibilità dei loro mezzi e con una buona dose di fortuna, riescono a disimpegnarsi. Alle 7.30 i due Mas vittoriosi, con la bandiera nera al picco, venivano avvistati dal faro di Ancona. Il successo della missione è clamoroso: un piccolo barchino aveva affondato la più potente corazzata dell’Impero austro-ungarico. Il contraccolpo psicologico dell’azione di Premuda avrà ripercussioni morali talmente forti da impedire nel corso della Grande Guerra qualsiasi altra operazione navale alla monarchia mitteleuropea. Tale fu la portata, che l’anniversario dell’impresa sarà scelto nel 1939 per celebrare la festa della Marina Militare italiana. Oggi, il Mas 15 di Rizzo è conservato nel Sacrario del Museo Vittoriano di Roma, mentre il relitto sommerso della “Santo Stefano” è ancora lì dove si adagiò novantadue anni fa, sottoposto alla attenta tutela del governo della Repubblica di Croazia. Il racconto di Rizzo Con queste parole il comandante Rizzo descriverà poi la grande impresa: «Potevano essere le tre: era ancora notte, ma non più completamente buio. Avevamo il rampino a mare ed incrociavamo sperando di incocciare qualcosa, ma inutilmente... A lento moto, il tempo non passava mai, sicché per far venire presto l’alba, mi mettevo di tanto in tanto al timone. Tutto il canale di Lutrošnjak era stato rampinato: nulla. Non ci rimaneva ormai altro da fare che salpare il rampino e ripiegare sul punto A dove avevamo lasciato le due torpediniere. Così decido: consegno il timone a Gori e gli indico la rotta per il punto A. Prendo un salvagente avvoltolato come cuscino e mi sdraio sul ponte, con la faccia alle stelle. La notte è rugiadosa e mi sento intorpidito: col lieve rullio, le stelle corrono da un capo all’altro del bordo: ed io le inseguo metodicamente, mezzo assopito... Quand’ecco, a dritta, al nord, lontano sull’orizzonte, delle nuvole di fumo! Dalla parte di Pola? Ma allora non possono essere nostre unità: ad ogni modo è da escludere che siano le nostre torpediniere, perché quelle debbono trovarsi a ponente, verso la nostra prora. E poi sono troppo guardinghe e fumo non ne fanno. Dunque i fumi sono nemici. Subito mi viene il dubbio che dalla stazione di vedetta di Gruica abbiano potuto scorgere i Mas: avranno dato l’allarme a Lussino, ed ecco che hanno inviato dei cacciatorpediniere per darmi la caccia. Chiamo Gori e gli mostro il fumo che si fa sempre più manifesto, che si avvicina… Noi stiamo navigando verso il largo e probabilmente chi viene alla nostra ricerca ancora non ci ha scorti, ma io sono impaziente di appurare di che si tratta. Perciò accosto a dritta e dirigo verso il fumo. Noi siamo pronti a tutto: del resto, anche se tentassimo di sottrarci a tutta forza, non potendo sviluppare più di venti miglia, una volta avvistati saremmo inseguiti, cannoneggiati, affondati... Meglio approfittare della luce ancora incerta e se possibile farsi sotto ed attaccare... A piccolo moto, seguito dal Mas 21, dirigo incontro al fumo, prendendo la rotta di collisione... Aguzzo lo sguardo ed intravedo le soprastrutture di grosse navi, forse un PAGINE DI STORIA 161 A sinistra: il varo della corazzata “Szent István” (“Santo Stefano”) ai Cantieri Danubius di Fiume il 17 gennaio 1914. Completata a Pola, entrerà in servizio il 17 novembre 1915. Qui sotto: un bel modellino della corazzata austriaca e, nella foto piccola, il dettaglio delle torri da 305mm della parte poppiera. In basso, nel riquadro: la bandiera della Marina da Guerra austro-ungarica. Nella foto piccola sotto: a Venezia, Luigi Rizzo viene decorato con la medaglia d’oro al valor militare per l’eroica impresa di Premuda (la seconda dopo quella conferitagli per l’affondamento della corazzata “Wien” nel porto di Trieste). Qui sopra, alcuni degli armamenti della corazzata “Santo Stefano”. Dall’alto: le poderose torri prodiere da 305mm; le granate da 305 e da 150mm; il deposito e la camera di lancio dei siluri. Nella pagina accanto. Nelle foto a sinistra, dall’alto, le fasi del drammatico affondamento della “Santo Stefano” nelle acque di Premuda. A destra, dall’alto: i marinai si gettano in acqua in cerca di salvezza; l’equipaggio della corazzata “Tegetthoff” saluta la “Santo Stefano” che affonda; il relitto della corazzata austriaca sul fondo del mare, di fronte alle coste dell’isola di Premuda. «SZENT ISTVÁN» La nave corazzata da battaglia “Szent István“ (in italiano “Santo Stefano”), quarta ed ultima della nuovissima classe Viribus Unitis della Kriegsmarine (l’Imperiale e Regia Marina austro-ungarica), venne impostata al Cantiere Danubius di Fiume il 29 gennaio 1912. Alla classe Viribus Unitis appartenevano anche la “Viribus Unitis” (varata il 24 giugno 1911), La “Tegethoff” (21 marzo 1912), e la “Prinz Eugen” (il 30 novembre 1912). Scesa in mare il 17 gennaio 1914, la “Santo Stefano” entrò in servizio il 17 novembre 1915. Venne affondata il 10 giugno 1918 nei pressi dell’isola di Premuda dal Mas 15 di Luigi Rizzo. Queste le sue caratteristiche: dislocamento 20.000 t; lunghezza 152,18 m; larghezza 27,3 m; pescaggio massimo 8,6 m. Propulsione: 12 caldaie Babcock & Wilcox dotate di 4 turbine a vapore (26.400 hp). Velocità 20,4 nodi; autonomia 7.800 km a 10 nodi. Equipaggio: permanente effettivo 1.087 uomini; di complemento: 4.200 uomini. Armamento artiglieria: 12 cannoni da 305mm; 12 cannoni da 150mm; 18 cannoni da 70mm; 4 mitragliatrici da 88mm; 20 cannoncini da 37mm; 4 tubi lanciasiluri da 533mm. Corazzatura in acciaio al nickel cromo da 150 a 350 mm. 162 PAGINE DI STORIA convoglio? Ma quelle sono corazzate, e tutt’intorno delle siluranti! Attento Gori! Avvertire Mas 21 che abbiamo di prua una divisione navale, certamente nemica... Il cuore mi dà un tuffo: c’è da fare buona caccia stamane... Avvicinando il nemico mi accorsi dell’esattezza dell’ipotesi, trattandosi di due grosse navi scortate da otto o dieci cacciatorpediniere che le proteggevano di prora, di poppa e sui fianchi. Decisi di eseguire il lancio alla minima distanza possibile e perciò diressi in modo da portarmi all’attacco passando fra i due caccia che fiancheggiavano la prima nave a una distanza di non oltre 300 metri. I due siluri colpivano la nave, scoppiavano quello di dritta fra il primo e il secondo ciminiere, e quello di sinistra fra il ciminiere poppiere e la poppa, sollevando due grandi nuvole di acqua e fumo nerastro. I siluri, essendo preparati per l’attacco contro siluranti, erano regolati a metri 1,5. La nave non eseguì alcuna manovra per evitare i siluri…». La medaglia d’oro A riconoscimento dell’eroismo dimostrato in azione, il capitano Luigi Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, ma in seguito al suo rifiuto (Rizzo era di ideali repubblicani) l’onorificenza venne commutata in una medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: «Comandante di una sezione di piccole siluranti in perlustrazione nelle acque della Dalmazia, avvistava una poderosa forza navale nemica, composta di due corazzate e numerosi cacciatorpediniere e senza esitare, noncurante del grande rischio, dirigeva immediatamente con la sezione all’attacco. Attraversava con incredibile audacia e somma perizia marinaresca la linea fortissima delle scorte e lanciava due siluri contro una delle corazzate nemiche colpendola ripetutamente in modo da affondarla. Liberavasi con grande abilità dal cerchio di cacciatorpediniere che da ogni lato gli sbarrava il cammino e inseguito e cannoneggiato da uno di essi, con il lancio di una bomba di profondità lo faceva desistere dall’inseguimento, danneggiandolo gravemente. Costa Dalmata, notte sul 10 giugno 1918». Fra le tante note curiose è da segnalare che quello della “Santo Stefano” è uno dei soli tre affondamenti filmati di corazzate (primo caso nella storia), assieme a quelli dell’inglese “Barham” e della statunitense “Arizona”. Nel 1939, l’anniversario dell’affondamento viene scelto per celebrare la festa della Marina Militare italiana. Spostata al 4 dicembre (giorno di Santa Barbara) nel periodo 1950-1964, tornerà in seguito ad essere celebrata il 10 giugno. Il capitano Luigi Rizzo fu l’unico italiano ad essere decorato con due medaglie d’oro nel corso della Prima guerra mondiale (la prima gli era stata conferita per l’affondamento della corazzata “Wien” nel porto di Trieste. www.storiadetrieste.it www.ilmercatino.it Qui sotto: Luigi Rizzo, pluridecorato, in divisa da ammiraglio. In basso: il suo Mas 15 esposto a Roma, al Museo del Vittoriano. LUIGI RIZZO La storia dietro la festa della Marina 10 giugno, festa della Marina militare italiana. La scelta di questa data richiede una piccola nota storica. Dicembre 1917: dopo la disfatta di Caporetto l’esercito si difende arroccato disperatamente lungo il Piave. Il morale del Paese è a terra. Arrivano in quel momento alcune azioni della Marina che lo risollevano. Protagonisti sono i nuovi barchini motosiluranti, i Motoscafi Anti Sommergibili, i MAS, sigla che d’Annunzio interpreta a suo modo in “Memento Audere Semper” (Ricordati di osare sempre). L’Italia ne ha ben 400. Sono unità geniali, una tattica di guerra per mare assolutamente innovativa. In pratica la flotta austriaca evita di farsi vedere. Non si deve pensare a macchine perfette, i Mas ovviamente non lo erano. Avevano sì dei motori silenziati, ma… insomma… non certo tanto silenziosi da non essere uditi. Luigi Rizzo riesce ad entrare nel porto di Trieste controllato dagli austriaci e il 10 dicembre del 1917 affonda la corazzata Wien, ancorata nel vallone di Muggia. Non si tratta di un colpo di fortuna: Rizzo studiava attentamente ogni azione. Era riuscito già alcune volte ad entrare nel porto di Trieste la notte, aveva persino preso una pietra dal molo a testimonianza della sfida alle difese austriache. Poi venne la beffa maggiore: Buccari, il 10 gennaio 1918. A bordo dei Mas, Luigi Rizzo, Gabriele d’Annunzio e Costanzo Ciano superano le difese austriache percorrendo tutta la profonda baia, lasciano delle bandierine italiane e un messaggio del poeta dentro alcune bottiglie, e beffano di nuovo gli austriaci ritornando sani e salvi alla base. Il 10 giugno del 1918 la situazione italiana è ancora molto grave. Gli austriaci premono per sfondare sul Piave. Organizzano anche un attacco navale, con l’obiettivo di attanagliare la flotta italiana. Infatti, l’ammiraglio Horty, al comando della flotta austriaca, aveva preparato un piano con due gruppi di attacco costituiti dagli “esploratori”, belle unità, moderne per l’epoca, di 3500 tonnellate, che avrebbero dovuto attaccare lo sbarramento del canale d’Otranto e Otranto stessa proprio per stanare le forze italiane. Le unità maggiori della flotta austriaca erano già state predisposte nel basso Adriatico pronte per accerchiarle qualo- ra fossero uscite. Ma sempre Rizzo, in missione con due Mas, sorprende vicino all’isola di Premuda la corazzata austriaca “Santo Stefano”, la colpisce con due siluri e la affonda. Blocca così l’attacco della Kriegsmarine. Gli austriaci hanno, pronto con la sua macchina, un cineoperatore per testimoniare il successo della trappola che stanno preparando per la flotta italiana. Invece quel cameraman si trova a riprendere il successo dell’attacco italiano, con le clamorose agghiaccianti immagini della “Santo Stefano” che affonda… inesorabilmente… con i marinai che si buttano a mare nel tentativo di salvarsi… provano anche a prenderla a rimorchio ma la velocità con cui si inclinava li fa desistere… in quell’immagine del filmato c’è il ribaltamento della “Santo Stefano”… gli austriaci si tolgono il cappello… per omaggio… Rizzo diventò ammiraglio, ottenne la seconda medaglia d’oro e anche il titolo di conte di Grado e Premuda. Ma forse il riconoscimento più alto è il fatto che, in ricordo dell’impresa di Premuda, il 10 giugno di ogni anno si celebra la “Festa della Marina militare italiana”. FINE Luigi Rizzo, ammiraglio italiano (Milazzo, 8 ottobre 1887 – Roma, 27 giugno 1951). Ammesso nel 1907 all’Accademia navale di Livorno nel 1912 fu promosso sottotenente di vascello. Nel Primo conflitto mondiale fu destinato alla difesa marittima di Grado dove, agli ordini dell’ammiraglio Cagni, per il suo coraggio ottenne una medaglia d’argento al valor militare. Nominato tenente di vascello, fu destinato ai Mas, ove si distinse in maniera eccezionale, silurando e affondando al comando del Mas 9 la corazzata Wien nella rada di Trieste (10 dicembre 1917) e, al comando del Mas 15, la grande corazzata Szent István al largo di Premuda (10 giugno 1918). Oltre alle due medaglie d’oro per tali azioni, Rizzo fu decorato di quattro medaglie d’argento per altri episodi di valore (partecipò tra l’altro con d’Annunzio alla beffa di Buccari, 11 febbraio 1918). Passato in servizio permanente, promosso capitano di fregata (giugno 1918), nel 1919 fu eletto deputato di Fiume. Presidente di varie associazioni e società marittime, nel 1932 fu promosso contrammiraglio e creato conte di Grado e di Premuda; dall’inizio del 1937 presiedette il Lloyd Triestino e dal ’41 al ’43 i Cantieri riuniti dell’Adriatico. Richiamato nel 1940, fu poi deportato dai nazisti per la sua opposizione al regime. Nel 1951 divenne vicepresidente della compagnia di navigazione Tirrenia. Morì a Roma nel 1951, dopo un’operazione per un tumore al polmone eseguita dall’amico professor Raffaele Paolucci, che durante la Grande Guerra era stato protagonista, con Raffaele Rossetti, dell’affondamento a Pola della corazzata austriaca Viribus Unitis. PAGINE DI STORIA 163