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Transfer pricing e distacco di personale

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Transfer pricing e distacco di personale
Studio Associato Servizi Professionali Integrati
Member Crowe Horwath International
Transfer pricing e distacco di personale: rilevante solo il costo del personale
del Dott. Michele Ghiringhelli e della Dott.ssa Roberta De Pirro
Nell’ambito dei gruppi di imprese di grandi dimensioni sempre più spesso si verifica che vengano costituite
delle sedi secondarie in Paesi diversi rispetto a quello di residenza della casa madre, al fine di gestire meglio
il livello di globalizzazione dei mercati.
Per ottenere una più efficiente ed efficace gestione del proprio personale dipendente, molto spesso dette
imprese distaccano alcuni dei loro dipendenti presso le sedi di consociate estere del gruppo.
Al ricorrere di tali fattispecie, occorre, verificare la rilevanza della predetta transazione ai fini della disciplina
dei prezzi di trasferimento di cui all’articolo 110, comma 7 del D.P.R. n. 197/1986 e, nello specifico, se
l’eventuale mark up applicato dalla società distaccante a quella distaccataria sia o meno rilevante ai fini della
stessa.
1. Premessa
Sempre più spesso nell’ambito dei gruppi di imprese di grandi dimensioni vengono costituite delle sedi
secondarie in Paesi diversi rispetto a quello di residenza della casa madre, al fine di gestire efficacemente il
livello di globalizzazione dei mercati.
Tale articolazione aziendale di sovente determina l’esigenza di trasferire del personale specializzato presso
varie sedi, per periodi più o meno lunghi, avvalendosi dell’istituto del distacco di personale.
La riferita continua internazionalizzazione delle imprese nazionali richiede, però, al management aziendale,
impiegato nella predisposizione strategica dei piani di assegnazione dei propri dipendenti presso le
consociate estere del gruppo, di gestire correttamente il processo del riaddebito infragruppo dei costi
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connessi al distacco transazionale del personale dipendente, anche ai fini dell’applicazione della disciplina
dei prezzi di trasferimento di cui all’articolo 110, comma 7, del D.P.R. n. 917/1986.
2. Inquadramento giuridico del distacco di personale
L’istituto del distacco del personale, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico, si configura quando un
datore di lavoro (il Distaccante) nel legittimo esercizio dei suoi poteri direttivi e, con il consenso del
dipendente (il Distaccato), pone il dipendente stesso a disposizione di un terzo soggetto (il Distaccatario) a
favore del quale il dipendente presta la propria attività.
Il rapporto di lavoro originario tra distaccante e distaccatario resta in essere, ma viene modificata la modalità
di esecuzione dell’obbligazione di lavoro gravante sul dipendente. Pertanto, nel caso di distacco di un
lavoratore italiano all’estero continua ad intercorrere il rapporto di lavoro tra distaccante e distaccatario, ma
quest’ultimo presta la propria opera a favore del distaccatario estero.
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Secondo la normativa vigente, il distacco si caratterizza per due requisiti:
la temporaneità, e
l’interesse del distaccante.
Per temporaneità si deve intendere che il distacco non può essere a tempo indeterminato, ma può durare
fino a quando permane l’interesse del distaccante.
Più complesso è, invece, l’inquadramento dell’interesse del distaccante.
Secondo quanto chiarito dal Ministero del Lavoro, nella Circolare n. 3 del 15 gennaio 2004, anche sulla
scorta della consolidata giurisprudenza già anteriore al D.Lgs. n. 267/2003, l’interesse del distaccante deve
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Cfr. A. Circi, M. Mattioli e A. Trabucchi “Distacco transnazionale di personale: dipendenti italiani presso consociate estere”, in Corriere
Tributario n. 46/1999, pag. 3448.
Cfr. Art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
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essere interpretato in senso ampio, potendo il distacco essere legittimato da qualsiasi interesse di natura
produttiva, commerciale ed amministrativa del distaccante, a condizione che tale interesse non coincida con
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il mero prestito di mano d’opera.
Inoltre, come osservato, l’interesse del distaccante deve permanere per tutta la durata del distacco, in quanto
è un elemento fondante.
La mancanza del requisito dell’interesse del distaccante, ovvero - il che è lo stesso - l’esistenza del solo
interesse del distaccatario a ricevere la prestazione del distaccato, e l’esaurirsi dell’interesse del distaccante
esclusivamente nel “prezzo” del distacco (fosse pure tale prezzo limitato al solo rimborso dei costi)
configurerebbe il distacco come illecito, assoggettandolo al medesimo regime giuridico della
somministrazione irregolare di mano d’opera.
Ciò detto, nell’ambito dei gruppi d’impresa, il distacco potrebbe trovare la sua giustificazione nell’interesse
specifico organizzativo, operativo o di business di una consociata (sia nazionale sia estera) in conseguenza
del quale la capogruppo (o un’altra consociata) procede a distaccare del proprio personale presso la
consociata medesima. Nel caso di distacco da parte della capogruppo, questa soddisfa il proprio interesse di
razionalizzare e trovare un equilibrio nell’ambito di tutte le consociate.
Gli oneri relativi al trattamento economico e normativo del distaccato restano a carico del distaccante, che
rimane responsabile nei confronti del proprio lavoratore; mentre il distaccatario diviene (con)titolare del
potere direttivo del distaccato, pur non essendo questo un suo dipendente: una sorta di “delega” del potere
direttivo del datore di lavoro distaccante all’impresa distaccataria.
L’istituto non prevede l’obbligo di rimborso del costo sostenuto per il distaccato (in quanto il distacco viene
posto in essere principalmente nell’interesse del distaccante). Tuttavia, qualora tale rimborso sia previsto
l’importo da rimborsare non può superare quanto effettivamente sostenuto dal datore di lavoro per il proprio
dipendente.
Inoltre, nella specifica ipotesi in cui sia previsto un rimborso superiore (ad esempio, per effetto
dell’applicazione di un mark up al costo del distaccato) non si sarebbe più in presenza di un distacco, ma di
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una somministrazione, beninteso irregolare, in quanto necessariamente mancante dei requisiti soggettivi,
formali e sostanziali, richiesti dalla legge.
3. Trattamento ai fini IRES del distacco di personale: cenni
Come accennato, in genere avviene che nell’ambito dei distacchi di personale operati da parte di una società
residente nel territorio dello Stato verso una consociata estera, la prima riaddebiti a quest’ultima il costo
relativo al dipendente distaccato.
Tale operazione risulta essere neutrale ai fini fiscali in capo alla distaccante, in quanto:
i costi sostenuti per il personale distaccato sono deducibili dal reddito d’impresa;
il ricavo derivante dal riaddebito degli stessi alla distaccataria, rileva ai fini della base imponibile
IRES.
Al verificarsi dell’ipotesi in cui la distaccante non riaddebiti il costo del personale alla distaccataria
l’Amministrazione finanziaria potrebbe eccepire l’inerenza dei costi del personale distaccato e, pertanto,
disconoscere la loro deducibilità dal reddito d’impresa.
Nel caso di distacco di personale estero in Italia presso una società distaccataria residente, si rileva, inoltre,
che la somma rimborsata da quest’ultima alla società distaccante non residente costituisce un costo
deducibile in quanto inerente alla propria attività d’impresa e, imponibile in Italia in capo al soggetto
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distaccante non residente soltanto nel caso in cui esso ivi disponga di una stabile organizzazione.
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Tale ultima attività per il diritto interno è regolata da norme specifiche e fortemente limitative.
Nel caso della somministrazione l’interesse per il somministratore è quello di realizzare un guadagno a fronte del “prestito” di
manodopera.
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Cfr. S. Battistini “Il riaddebito intercompany del costo del personale distaccato all’estero: disciplina interna e internazionale” in Il Fisco
n. 46/2008, pag. 1-8236; G. Bertorello “La disciplina fiscale del distacco del personale all’estero” in Il Fisco n. 37/2001, pag. 1-12111.
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4. Trattamento ai fini della disciplina dei prezzi di trasferimento del distacco di personale
Tanto detto, sotto un profilo operativo, un problema di deducibilità, ai fini IRES, del costo in capo alla società
distaccataria residente potrebbe presentarsi nell’ipotesi in cui entrambe le società coinvolte nel distacco
appartengano al medesimo gruppo societario.
In tal caso, si renderebbe applicabile la disciplina dei prezzi di trasferimento secondo cui “i componenti del
reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o
indirettamente controllano l’impresa o ne sono controllate, o che sono controllate dalla stessa società che
controlla l’impresa nazionale, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei
beni ricevuti, determinato a norma del comma 2 (che richiama l’art. 9 del medesimo decreto) se ne deriva
aumento del reddito” (articolo 110, comma 7 del D.P.R. n. 917/1986).
Tale disposizione costituisce, com’è noto, una deroga la principio in base al quale, nel sistema di imposizione
sul reddito, questo viene determinato sulla base dei corrispettivi pattuiti dalle parti della singola transazione
commerciale.
Infatti, nelle ipotesi in cui detti corrispettivi dovessero risultare non allineati al mercato e possano essere
manipolati a danno dell’erario italiano - come nel caso di transazioni infragruppo - gli stessi sono sostituiti, per
volontà di legge, dal “valore normale” dei beni o dei servizi oggetto dello scambio, qualora tale sostituzione
ricada, in concreto, a vantaggio dell’erario medesimo.
Pertanto, deve ritenersi che la disciplina dettata dal riferito articolo 110, comma 7 del D.P.R. n. 917/1986,
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come affermato anche dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità , rappresenti una
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“clausola antielusiva” in linea con i principi comunitari dettati in materia di abuso del diritto , finalizzata ad
evitare che all’interno del gruppo di società siano effettuati trasferimenti di utili mediante l’applicazione di
prezzi inferiori o superiori al valore normale dei beni ceduti, per sottrarli all’imposizione fiscale in Italia a
favore di tassazioni inferiori, o comunque di situazioni che rendano fiscalmente conveniente l’imputazione di
utili ad articolazioni del gruppo diverse da quelle nazionali.
Da quanto detto si evince, quindi, che il profilo più complesso, in ordine alla concreta applicazione della
disposizione di esame, sia proprio rappresentato dalla corretta identificazione del “valore normale”, al quale
l’Amministrazione finanziaria deve ancorare la determinazione del componente di reddito di impresa, dato dal
corrispettivo derivante dalla cessione di beni o servizi effettuata tra società appartenenti allo stesso gruppo.
Anche nel caso specifico del distacco di personale tra società appartenenti al medesimo gruppo societario, il
principale timore dell’Amministrazione finanziaria è sempre lo stesso: una manipolazione dei costi in maniera
artificiosa, al fine di ottimizzare il carico fiscale del gruppo sottraendo materia imponibile all’erario italiano.
Al fine di poter identificare quale sia la metodologia più corretta per la determinazione del valore normale
attribuibile alla riferita transazione intercompany (il distacco di personale), occorre in primo luogo individuare
quale sia la fattispecie alla quale il distacco di personale possa essere assimilato.
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Parte della dottrina commercialistico-tributaristica ritiene che il distacco di personale dovrebbe essere
qualificato come un “servizio di permettere”, in quanto la distaccante assume un’obbligazione di permettere
che il proprio dipendente presti le proprie mansioni lavorative in favore di un terzo soggetto (la distaccataria).
In questo caso, secondo quanto previsto dalla Circolare n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980 - ai fini della
corretta determinazione del valore normale occorre fare riferimento all’articolo 9, comma 3, del D.P.R.
n. 917/1986 che stabilisce che “Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato
per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di
commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquistati o prestati, e, in
mancanza nel tempo e nel luogo più prossimi […]”.
Nella predetta circolare é stata, infatti, esaminata soltanto la questione con generico riferimento ai servizi di
tipo amministrativo e finanziario, senza alcun riferimento specifico alla fattispecie del distacco del personale.
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Cfr. ex multis, Corte di Cassazione, Sentenze nn. 22023/06; 11226/07; 11949/12.
Tale norma risulta, infatti, conforme alle linee guida fissate dall’articolo 9 del modello di convenzione fiscale OCSE.
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Cfr. G. Bertorello “La disciplina fiscale del distacco del personale all’estero” in Il fisco n. 37/2001, pag. 12111; A. Stesuri “Gruppi
d’impresa: il distacco di personale” in Amministrazione e Finanza n. 17/2000, pag. 15.
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Per quel che attiene i servizi amministrativi, finanziari, tecnici e commerciali, prestati all’interno di gruppi
societari, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, in sede di verifica ai fini della deducibilità di tali costi,
si deve comprovare:
Che il servizio sia stato effettivamente prestato e se ha conferito un vantaggio economico al
prestatore dello stesso;
Gli accordi tra le parti per l’addebito relativo al servizio;
Che il corrispettivo rispecchi il principio del valore normale, secondo una delle metodologie indicate
dalla prassi in materia di prezzi di trasferimento. Nel caso di servizi, qualora non sia applicabile il
metodo del confronto dei prezzi (interno ed esterno), la metodologia ritenuta più appropriata è quella
del c.d. “cost plus mark up”, ovvero dei costi sostenuti per la realizzazione del servizio maggiorati di
un adeguato mark up.
Inoltre, anche la successiva Risoluzione n. 99/E del 30 aprile 1997, ha precisato che i corrispettivi conseguiti
dalla casa madre sono qualificati come ricavi per le prestazioni di servizi e, quindi, riconducibili nel reddito
d’impresa, anche nel caso in cui siano conseguiti a fronte del rimborso delle spese sostenute dal personale
dipendente esterno per lo svolgimento delle sue funzioni.
Pertanto, qualora il distacco sia qualificato come servizio le regole sui prezzi di trasferimento imporrebbero
che il corrispettivo di tale servizio fosse pari al costo sostenuto (nel nostro caso per il dipendente distaccato)
maggiorato di un congruo mar kup.
L’applicazione di tale maggiorazione contrasterebbe, però, con la natura propria del distacco che, in quanto
tale, prevede che il distaccante, nel caso in cui sia previsto negli accordi con il distaccatario, possa avere
diritto al solo rimborso dei costi sostenuti per il distaccato.
Inoltre, qualora il distacco fosse qualificato come un servizio, la mancata previsione di un guadagno per il
distaccante (rappresentato dal mar kup) potrebbe essere oggetto di contestazione da parte
dell’Amministrazione finanziaria in quanto tale società presterebbe un’attività senza ricevere alcun vantaggio
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economico (salvo quello indiretto ravvisabile nell’interesse al distacco).
Da quanto sopra, nel caso in cui una società appartenente a un gruppo multinazionale metta a disposizione
l’attività lavorativa di un proprio dipendente a favore di una consociata non residente in relazione ad un
interesse proprio non di natura economica (quindi, si configurerebbe la fattispecie del distacco di personale),
si potrebbe concludere che ai fini dei prezzi di trasferimento:
quest’attività sia considerata come una transazione residuale;
il valore normale della prestazione possa coincidere con il costo del dipendente distaccato,
pena, nel caso in cui sia applicato un mark up, che possa ravvisarsi un’illegittima prestazione di prestito di
mano d’opera.
Appare opportuno, infine, precisare che nel caso in cui tra due società sussista un contratto di service e a tal
fine la società che eroga il servizio trasferisca presso la destinataria del servizio medesimo uno o più
dipendenti, tale trasferimento impropriamente costituirebbe un distacco, trattandosi, in senso tecnico, semmai
di una trasferta, non accompagnata dall’attribuzione, all’impresa destinataria del servizio, di un potere
direttivo sul personale assegnato.
In tal caso, ovviamente, sarebbe legittimamente previsto, un mark up, e la disciplina fiscale sui prezzi di
trasferimento sarebbe lecitamente applicabile allo stesso.
Pubblicato su Il fisco n. 35 del 22 settembre 2014 pag. 3472
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La qualificazione del distacco come servizio determinerebbe la responsabilità del distaccante del buon esito dell’attività prestata;
mentre, si è visto che con il distacco il distaccato entra nella sfera funzionale del distaccatario e solo quest’ultimo è responsabile
dell’attività prestata.
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