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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa occidentale
IL CENTRO E LA BARBAGIA LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa occidentale 83 84 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Note L A C O S TA O C C I D E N TA L E La Costa occidentale All’improvviso il verde della macchia mediterranea è interrotto da una nuvola rosa. Non sono i fiori di cisto, ma i quattromila fenicotteri che eleggono lo stagno di Sale Porcus e gli altri specchi d’acqua della costa occidentale della Sardegna ad abituale dimora invernale, quando il maestrale soffia sul Golfo del Leone. Con i suoi stagni di acqua dolce, le lagune di acqua salmastra, le barene e le dune costiere, la regione intorno a Oristano rappresenta una delle più importanti zone umide d’Europa. Artefici di questo ecosistema prezioso sono le acque del fiume Tirso e il maestrale. Soffiando violento da occidente, il vento ha fatto accumulare nei secoli alte dune di sabbia che hanno ostacolato il deflusso delle acque. La pianura che si stende intorno all’ultimo tratto del fiume era un tempo infestata dalla zanzara anofele. Solo nel XX secolo, grazie soprattutto alle bonifiche degli anni Trenta e alla campagna Rockefeller contro la malaria, è stato possibile coltivare senza rischi la campagna fertilissima dove si producono primizie destinate ai mercati del continente. Anche la Vernaccia, il vino più rinomato della Sardegna, proviene dalle basse viti che si estendono alle spalle delle spiagge del Sinis. La ricchezza di questa costa ha da sempre attirato le navi degli stranieri, a iniziare dai Fenici che vi trovarono attracchi sicuri come Sulki e Tharros ma anche ricche possibilità commerciali grazie all’ossidiana estratta dalle miniere di monte Arci. Anche i Romani e gli Spagnoli hanno lasciato un’impronta inconfondibile a Bosa e trasformato Alghero in un angolo di terra catalana in Sardegna. 85 La dimensione quasi familiare delle spiagge e dei centri balneari ben si sposa con le dune di sabbia ombreggiate da folte pinete o con le distese di chicchi di quarzo traslucidi dove crescono i gigli selvatici. Ci sono anche tratti impervi e rocciosi, raggiungibili soltanto dal mare o tramite lunghe passeggiate. Sentieri ben segnalati in parchi naturali, spiagge che ricordano quelle dei mari tropicali, rovine puniche e cattedrali romaniche, città fortificate e specialità eno-gastronomiche. La costa occidentale della Sardegna soddisfa le esigenze più diverse, da quelle di chi vuole riposare su una spiaggia, e ha solo l’imbarazzo della scelta tra Is Arenas, Is Arutas e Bosa Marina, a quelle di chi predilige la scoperta della tradizione e ricerca vini e specialità gastronomiche locali (dalla Vernaccia alla bottarga) senza disdegnare i musei della civiltà materiale, come il piccolo gioiello di Santu Lussurgiu. Le distanze relativamente brevi tra i centri e i dislivelli minimi, specialmente nel Sinis e nel Campidano di Oristano, ne fanno una meta ideale per i cicloturisti. Innumerevoli anche i percorsi per gli amanti del trekking e quelli che preferiscono muoversi in sella a un cavallo, partendo dal centro equestre di Ala Birdi. ALGHERO Nei primi anni del 1100, la nobile famiglia genovese dei Doria decise di fondare due piazzeforti in terra sarda. Nacquero così Castelgenovese (oggi Castelsardo) e Alghero. A causa della grande quantità di alghe depositate dal mare, la città prese il nome di Alquerium - s’Alighera in sardo e l’Alquer in catalano. Nel 1353, dopo una brevissima parentesi di 86 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA dominio pisano, la città venne conquistata dalle truppe aragonesi e, da allora, Alghero è sempre stata la più spagnola tra le città sarde. Il centro storico è compreso all’interno dell’antico borgo fortificato e il turismo, insieme con l’artigianato - soprattutto del corallo - è il motore principale dell’economia cittadina. Nonostante le gravi distruzioni provocate dai bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale, il cuore della città è ancora in larga parte integro e può essere tranquillamente visitato a piedi. Le strade che arrivano da Bosa e da Sassari portano al limite delle antiche mura. Conviene lasciare l’automobile all’esterno e iniziare la visita a piedi, iniziando da una passeggiata lungo l’antica cerchia delle mura e delle torri. Il dialetto algherese è strettamente legato al catalano e, dal 1970, le targhe che indicano il nome di piazze e strade sono bilingui: italiane e catalane. La visita è particolarmente suggestiva di sera alla luce rosata dei lampioni. PORTA A TERRA Piazza Porta a Terra. Di origine trecentesca sorge isolata perché in questa zona buona parte delle fortificazioni verso terra è stata abbattuta e sostituita dal tracciato dell’odierna via Sassari.Un tempo era L A C O S TA O C C I D E N TA L E nota come Torre degli Ebrei, a causa del contributo della comunità ebraica cittadina allo sforzo militare del re Pietro III, ed era uno dei due ingressi della cinta muraria alla città. La porta era anche munita di un ponte levatoio che poggiava sulla grande arcata gotica, trasformata oggi in monumento ai caduti. Il piano terreno, chiuso da una volta in pietra, è un piccolo centro per mostre. TORRE DELL’ESPERÒ REAL Piazza Sulis. Sulla piazza, centro della vita cittadina di Alghero, è la mole imponente della 87 torre dell’Esperò Real (il nome significa Torre dello Sperone Reale), costruita nella prima metà del XVI secolo in sostituzione di una struttura militare più antica. Alta 23 m, la torre ha un interno molto interessante, composto da ampi ambienti sovrapposti, collegati da una scala elicoidale. Il lungomaree il Forte de la Magdalena La passeggiata a mare diviene, sul far della sera, una meta piacevole e frequentata. Partendo da sud, al lungomare Dante seguono i lungomare 88 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Cristoforo Colombo e Marco Polo, lungo i quali sorgono una serie di antichi bastioni fortificati (torre di San Giacomo, bastione del Mirador, torre de la Polvorera, torre de Castilla) che conducono fino al porto. Non lontano dalla scalinata che porta all’antica Porta a Mare, sorge l’imponente mole del Forte de la Magdalena, importante fortificazione di epoca spagnola, sulle cui mura una lapide ricorda lo sbarco di Garibaldi il 14 agosto del 1855. PALAZZO D’ALBIS PIAZZA CIVICA (PLAÇA DE LA DRESSANA) Di origine cinquecentesca, con finestre a bifore, il palazzo, chiamato anche palazzo de Ferrera, è uno dei rari esempi di architettura civile catalana. È celebre per aver ospitato, nell’ottobre del 1541, l’imperatore Carlo V, di passaggio per Alghero con la sua flotta sulla via per Algeri. La tradizione narra che, dal balcone, il re abbia definito la città “Bonita, por mi fé, y bien assentada” (“Bella, in fede mia, e ben solida”) e abbia apostrofato gli algheresi con la lusinghiera frase “Estade todos caballeros”. Il passaggio del monarca si concluse con un’imponente requisizione di bestiame, necessario alle truppe spagnole, e con il macello delle bestie al termine di una estemporanea corrida avvenuta proprio sulla piazza. CATTEDRALE DI SANTA MARIA Sulla piccola piazzetta Duomo si apre il portale della Cattedrale di Alghero, edificata nel XIV secolo e che assunse l’attuale aspetto intorno alla metà del ’500. Lo stile architettonico è tardogotico di ispirazione catalana e la L A C O S TA O C C I D E N TA L E struttura è sormontata da un campanile ottagonale della stessa epoca. Nell’interno si nota una differenza sensibile tra la struttura del corpo centrale (tardo rinascimentale) e le forme del presbiterio gotico cinquecentesco. MUSEO DIOCESANO D’ARTE SACRA La raccolta comprende numerosi oggetti, dipinti, marmi, gioielli, paramenti sacri e sculture di scuola catalana. VIA PRINCIPE UMBERTO Partendo dalla Cattedrale, questa stretta via fu uno degli assi principali dell’antica città murata: qui si incontrano le facciate della Casa Doria (XVI secolo), del Palazzo della Curia e, su piazza Vittorio Emanuele II, dell’ottocentesco Teatro Civico sabaudo. CHIESA E CHIOSTRO DI SAN FRANCESCO Forse la chiesa di San Francesco è il più significativo monumento catalano di tutta la Sardegna. Edificata alla fine del Trecento e poi in parte ricostruita a causa di un crollo nei primi del ’600, la chiesa mostra le diverse fasi costruttive. Il campanile è in stile gotico, con corpo esagonale su base quadrata. La cupola, rivestita di piastrelle policrome, è diventata il simbolo della città. L’interno, a tre navate in arenaria bianca, ospita ancora alcuni altari lignei d’epoca barocca e, sotto la gotica volta stellata del presbiterio, un altare settecentesco. Tra le opere vanno segnalate le statue del Cristo Morto e del Cristo alla Colonna. Dalla chiesa, attraverso la sacrestia, si può accedere al chiostro, in arenaria, costruito in diversi periodi. La parte bassa è di origine trecentesca mentre quella superiore venne aggiunta nel ’700. Le ventidue colonne sono a due ordini sovrapposti con basi circolari o 89 poligonali e capitelli scolpiti. D’estate, il chiostro diventa scenario di concerti e manifestazioni culturali dell’Estate Musicale Internazionale di Alghero. Negli altri mesi le varie manifestazioni e le mostre si tengono invece nell’antico refettorio del convento. LE SPIAGGE Il porto di Alghero non fu mai molto importante, a causa della sua posizione e della conformazione delle basse coste. Senza inquinamento o grandi strutture industriali, quindi, il mare è di casa in città e gli stabilimenti si susseguono appena al di fuori del centro storico cittadino. La spiaggia più famosa di Alghero è la spiaggia delle Bombarde, una striscia di sabbia bianca su un mare dall’acqua trasparente. Piacevole anche la spiaggia del Lazzaretto che deve il nome alla presenza, ai tempi della peste, di un lazzaretto. Nelle belle giornate, davanti alle spiagge si staglia la sagoma verticale del promontorio di Capo Caccia. Dintorni: a pochi chilometri il centro di Fertilia, porticciolo turistico. Di fianco corre il canale di sbocco dello stagno di Calich dove si allevano anguille, orate e muggini. In zona si possono ancora vedere le 13 arcate del ponte romano dell’antico centro di Carbia, collegato con Portus Nympharum, l’odierna baia di Porto Conte. Di lì in pochi minuti si raggiunge il Nuraghe Palmavera. PORTO TORRES Il principale porto della Sardegna settentrionale, nell’interno del Golfo dell’Asinara, fu in passato una fiorente colonia romana, col nome di Turris Libisonis. 90 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA I commerci con la città di Kàralis transitavano lungo la principale via dell’isola, mentre gli stretti rapporti della colonia con Roma sono testimoniati dai mosaici rinvenuti nel Foro delle Corporazioni di Ostia. Dopo un declino che cominciò nel Medioevo, Porto Torres crebbe nell’Ottocento divenendo il porto di Sassari - e con l’industrializzazione nel Novecento. In città si trova la basilica di San Gavino, una delle chiese romaniche più importanti della Sardegna, edificata in stile pisano nel 1111. Da notare il portale sulla facciata nord, con i suoi bassorilievi quattrocenteschi e il vicino portale in stile gotico con influenze catalane. All’interno vi sono una cripta che dà accesso a una zona di resti di epoca romana, le statue settecentesche dei martiri Gavino, Proto e Gianuario e varie iscrizioni di epoca altomedievale. L’area archeologica delle Terme Centrali offre una visione abbastanza fedele di un quartiere dell’antica città romana, mentre nell’Antiquarium Turritano sono esposti i reperti provenienti dagli scavi archeologici. Non lontano vi è infine il cosiddetto Ponte Romano che, con le sue sette arcate, scavalca in 135 m la foce del Rio Mannu. Dintorni: non lontano vi è uno dei siti più interessanti della Sardegna antica: il santuario prenuragico di Monte d’Accoddi. Da Porto Torres seguire la SS131 in direzione di Sassari: poco oltre il bivio per Platamona (al km 222,300) una strada sterrata conduce all’ingresso dell’area archeologica. Unico esempio di altare megalitico conosciuto in tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, la costruzione risale all’Età del rame (24501850 a.C.) e ha una forma a tronco di piramide con base trapezoidale sorretta da mura di blocchi di pietra. Sul lato sud una rampa sale alla sommità, a una decina di metri d’altezza, mentre la base misura 30 m per 38. Attorno alla mole dell’altare si trovano numerose fondamenta di capanne, delle tavole sacrificali e alcuni menhir abbattuti. Un gruppo di domus de janas (non facili da raggiungere) faceva parte del complesso. I materiali scavati nella zona - soprattutto ceramiche - sono conservati nel Museo Nazionale di Sassari. STINTINO Salendo in direzione del Capo Falcone, si raggiunge Stintino (dal sardo L A C O S TA O C C I D E N TA L E “s’isthintinu”, cioè il budello, nome tradizionale dello stretto fiordo su cui sorse il paese di pescatori). Oggi centro di vacanze, Stintino fu importante per le sue tonnare. Ogni estate si organizza al porto una esposizione sulle tradizioni legate alla pesca del tonno. Mentre il Museo della Tonnara espone una raccolta di documenti, oggetti, foto e modellini che riproduce il ciclo di vita del tonno e illustra la vita della tonnara. I due porti - Portu Mannu e Portu Minori sono attrezzati per il turismo nautico. A nord la strada prosegue lungo la costa fino a raggiungere Capo Falcone, con la torre nel punto più alto e le due fortificazioni spagnole della Pelosa e dell’Isola Piana. ASINARA Chiusa al pubblico fino a poco tempo fa, a causa della presenza del carcere di massima sicurezza di Fornelli, l’Asinara fa parte del Parco Nazionale del Gennargentu, di recente istituzione. Lunga poco meno di 18 km e larga al massimo 6, l’isola culmina nella punta della Scomunica a 408 m di quota e rappresenta un ambiente naturale unico nel Mediterraneo occidentale per la presenza di specie 91 animali rare o in via di estinzione. Le sue coste integre e le pochissime strade realizzate sui 50 kmq dell’Asinara la rendono un rifugio ideale per rapaci, uccelli marini, mufloni e cinghiali. Sopravvive ancora un branco di asinelli bianchi, la presenza dei quali ha certamente dato in passato il nome all’isola. Tra le rocce vulcaniche sopravvive ancora un piccolo bosco di lecci e, tra la bassa vegetazione mediterranea, meta di appassionati e studiosi del settore, sono presenti varie rarità botaniche. La splendida isola è oggi visitabile con gite organizzate. 92 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA ARGENTIERA Molti luoghi, in Sardegna, riconducono alla storia delle antiche miniere. All’Argentiera, non lontana dal moderno borgo di Palmadula, Romani e Pisani si dedicarono a lungo all’estrazione del prezioso minerale che avrebbe dato il nome alla zona. Affacciati sul mare, da dove provenivano navi e barche da carico necessarie al trasferimento e al commercio del minerale, gli stabilimenti minerari ottocenteschi sono imponenti, con le loro costruzioni in legno e in muratura. Negli ultimi anni una serie di restauri e rifacimenti (non ancora portati a termine) ha cambiato il colpo d’occhio sul complesso minerario, che resta tuttavia uno dei più affascinanti esempi di archeologia industriale che è possibile visitare in Sardegna. Durante l’estate la baia è frequentata dai bagnanti che qui più che altrove trovano tranquillità e acque cristalline. CAPO CACCIA Altissimo sul mare, il promontorio di Capo Caccia è sormontato da un faro, e dall’alto delle scogliere il panorama verso Alghero è eccezionale. Negli anfratti della vertiginosa scogliera nidificano i piccioni selvatici, i rondoni, i falchi pellegrini e i gabbiani reali. Sul versante occidentale del promontorio al largo del quale si trova la sagoma rocciosa dell’isola Foradada - una ripida scala scende verso l’ingresso della Grotta di Nettuno. I 656 gradini (che scendono per 110 m di dislivello) della Escala del Cabirol - la Scala del Capriolo - conducono alla grotta, raggiungibile anche in barca in 3 ore partendo da Alghero, oppure in 20 minuti partendo da Cala Dragunara (Porto Conte). MONTELEONE ROCCA DORIA Arroccato sulla cima dell’altura di Su Monte (421 m), il piccolo paese di Monteleone Rocca Doria vive giorni tranquilli nella memoria di un passato nobile e bellicoso. Sull’altura, i Doria edificarono nel XIII secolo una fortificazione che nel 1436, dopo tre anni di feroce assedio, venne completamente L A C O S TA O C C I D E N TA L E distrutta dalle truppe coalizzate di Aragona, Sassari, Bosa e Alghero. Allora gli abitanti emigrarono e fondarono il borgo di Villanova Monteleone. I pochi rimasti vissero sull’alto della loro rupe, da cui lo sguardo spazia sul lago artificiale del Temo e sulla piana della Nurra. Il paese fu escluso dallo sviluppo della regione, tanto che negli anni Cinquanta gli abitanti tentarono di risollevarne le finanze mettendo in vendita l’intero paese. In 93 alto, tra le case, la piccola parrocchiale di Santo Stefano del XIII secolo. MACOMER Edificata su un gradino di antiche rocce vulcaniche, Macomer è uno dei nodi commerciali più importanti della Sardegna dell’interno. Cresciuto attorno alle vie di comunicazione - la Carlo Felice e la ferrovia - il paese deve la sua fortuna all’agricoltura, all’allevamento, ai formaggi e alle piccole industrie, 94 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA e conserva qualche traccia interessante del passato. La parrocchiale di San Pantaleo è un esempio di architettura gotica secentesca chiara ispirazione spagnola. Sul piazzale della piccola chiesa di Santa Croce, la sera del 17 gennaio in occasione della festadi “Sa Tuva”, in onore di Sant’Antonio Abate viene acceso un grande falò. Dintorni: non lontano dal centro, a poca distanza dalla strada Carlo Felice, una breve passeggiata porta fino al Nuraghe Santa Barbara, dalla mole imponente che sovrasta una serie di torri minori e di bastioni. SEDILO La roccia dell’altopiano di Abbasanta è stata la materia prima usata dagli abitanti di Sedilo: le vecchie case del paese sono caratteristiche di un’edilizia che, oramai, va scomparendo. Il centro del paese non presenta particolari motivi di interesse, a parte la chiesa di San Giovanni Battista. Sedilo è però famosa in tutta la Sardegna per il grande santuario di Santu Antine (San Costantino, paladino del Cristianesimo, molto venerato nell’isola). La chiesa sorge su un’altura che domina lo specchio del lago Omodeo e, all’interno del suo recinto - dove si trovano le cumbessias destinate ai pellegrini sono state sistemate anche numerose L A C O S TA O C C I D E N TA L E sculture di epoca nuragica, tra cui la cosiddetta “perda fitta”, monolito che, secondo la leggenda, altro non sarebbe che il corpo di una donna trasformata in pietra a causa della sua irriverenza nei confronti del santo patrono. Nello spazio antistante al santuario si svolge “S’ardia”, la spericolata cavalcata che conclude la festa che dal 5 all’8 luglio viene celebrata per ricordare la vittoria di Costantino su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio del 312. Le pareti interne della chiesa sono ricoperte da un’enorme quantità di ex voto. GHILARZA Al centro del paese si trova una tozza e incompiuta torre aragonese, ma 95 Ghilarza è particolarmente noto per essere il paese in cui visse Antonio Gramsci. Una piccola porta che si affaccia su corso Umberto dà accesso alla casa di Gramsci, dove ha sede un centro studi e dove sono esposti materiali storici sulla figura del dirigente comunista ucciso dalle carceri del regime fascista. Al secondo piano vi è una piccola stanza da letto, spoglia e tranquilla, che fu quella in cui visse Gramsci dal 1898 fino al 1908. Dintorni: non lontano da Ghilarza, seguendo la strada per Nuoro, si può ammirare la bella chiesa di San Pietro di Zuri, spostata insieme al villaggio omonimo nella posizione attuale in seguito all’allagamento artificiale che ha dato origine al lago Omodeo nel 1923. La chiesa ricostruita risaliva al 1291 ed era stata commissionata dal giudice Mariano d’Arborea all’architetto Anselmo da Como: l’architettura è di stile romanico, anche se in alcuni particolari si intravede già la transizione verso il gotico. ABBASANTA Il piccolo paese, con il suo centro dove ancora si incontrano le vecchie case della tradizione fatte di pietra basaltica scura, ruota attorno alla ottocentesca chiesa parrocchiale di Santa Cristina, ispirata a imponenti forme architettoniche rinascimentali. Al centro di una regione dove è molto sviluppata l’agricoltura, Abbasanta deve la sua importanza alla posizione rispetto alle principali vie di comunicazione, antiche e moderne, che attraversano il centro dell’isola. Non lontano da Abbasanta vi sono due dei siti di rilevante interesse archeologico dell’isola: il Nuraghe Losa e il complesso nuragico di Santa Cristina (p 137). Per raggiungere il Nuraghe 96 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Losa, seguire la Carlo Felice in direzione di Cagliari fino a che, in corrispondenza del km 123, un bivio sulla destra conduce all’ingresso dell’area archeologica recintata. Insieme ai monumenti di Barumini e Torralba, questo complesso nuragico è uno dei più importanti della Sardegna immediatamente precedente al periodo punico. Al centro della imponente struttura è un mastio che risale al II millennio a.C., mentre il bastione e l’antemurale sono posteriori e ultima in termini di tempo è la cinta esterna, edificata nel VII secolo a.C. All’interno del nuraghe sono accessibili tre ambienti coperti in cui si possono osservare ancora numerose nicchie che servivano come ripostiglio e una scala a spirale che sale al piano superiore, coronato da un terrazzo. Attorno alla struttura principale si possono vedere le basi di una serie di costruzioni che vanno dall’Età del Bronzo fino al periodo altomedievale. Interessante, infine, la breve visita al piccolo antiquarium edificato a un centinaio di metri di distanza dal nuraghe: qui sono esposte planimetrie e immagini di una serie di monumenti di epoca nuragica della zona. BOSA Dominata dal castello dei malaspina, Bosa si stende, con le sue case dai L A C O S TA O C C I D E N TA L E colori pastello, sulla riva destra del fiume Temo, l’unico navigabile della Sardegna, un paio di chilometri prima della foce. Le origini della città risalgono ai Fenici, anche se il centro era più arretrato, sulla riva sinistra. In epoca medievale, per sfuggire alle incursioni piratesche, il borgo si spostò alle pendici del colle di Serravalle cercando la protezione dei Malaspina. Dichiarata dagli Spagnoli città reale, Bosa ha sempre mantenuto stretti contatti con la Penisola iberica. Il suo fascino è indiscutibile, con i fabbricati di Sas Conzas che si specchiano nelle acque calme del fiume e il quartiere di Sa Costa tutto stradine e scalinate dove ancora qualche donna siede sull’uscio a lavorare il filet. Il suo mare è stato dichiarato dalle associazioni ambientaliste tra i più puliti d’Italia. 97 CATTEDRALE Via De Gasperi. Dedicata all’Immacolata, è stata ristrutturata nell’Ottocento in tardo stile barocco piemontese di cui conserva tutta la maestosità. All’interno la statua policroma della Madonna col Bambino di scuola catalana, risalente al XVI secolo. Ai lati dell’altare due leoni di marmo che uccidono i dragoni. Gli altari laterali hanno decorazioni in marmi policromi. CORSO VITTORIO EMANUELE II La via principale di Bosa, dal fondo lastricato in pietra, corre parallela al fiume. Su di essa si affacciano palazzetti signorili e i negozi degli artigiani orafi che lavorano la filigrana d’oro e il corallo. 98 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA PINACOTECA CIVICA Casa Deriu rappresenta un esempio di abitazione bosana del secolo scorso trasformata in uno spazio espositivo. Al primo piano sono raccolti i prodotti (dolci, vino, pane) della tradizione insieme a foto d’epoca in bianco e nero. Al secondo piano si può visitare la ricostruzione dell’appartamento signorile con parquet in ulivo, soffitti a volta decorati, piastrelle in maiolica di Ravenna e tende a filet. L’ultimo piano ospita la Pinacoteca Civica con la raccolta Melkiorre Melis, artista bosano, uno dei principali promotori delle arti applicate del Novecento in Sardegna. Le opere in mostra coprono un arco di 70 anni con opere grafiche, dipinti a olio, ceramiche, manifesti. Interessanti i lavori d’influenza araba prodotti dal Melis nel decennio in cui diresse la Scuola Musulmana di Arti e Mestieri a Tripoli. CASTELLO MALASPINA Costruito nel 1112 dai marchesi di Malaspina dello Spino Secco, ha un aspetto imponente nonostante restino solo le torri e il muro di cinta. Ampliato e ricostruito nel ’300, racchiude una superficie di diecimila metri quadrati. Del castello vero e proprio rimangono in piedi solo alcuni muri nell’angolo nord-est del recinto, ai piedi della Torre maestra. Costruita in blocchi di trachite ocra chiaro agli inizi del Trecento, è oggi in fase di ristrutturazione. All’interno delle mura l’unica costruzione rimasta in piedi è la chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos, costruita nel Trecento e restaurata nel 1974-75. Al suo interno è stato ritrovato un ciclo di affreschi di scuola catalana, uno dei pochi rimasti in Sardegna. Dai bastioni della torre, la vista spazia sulla chiesa di San Pietro, la bassa valle del Temo e i tetti rossi di Sa Costa. Piacevole la discesa verso il centro attraverso la ripida scalinata in pietra lungo i pochi resti della cinta che un tempo proteggeva a est tutto l’abitato. SAS CONZAS Sulla riva sinistra del fiume Temo, questi grandi magazzini erano un tempo adibiti alla concia e alla lavorazione delle pelli. Caduti in disuso con la crisi del settore, aspettano da anni una risistemazione. Per ora ospitano un piccolo ristorante affacciato sul fiume. Il punto migliore di osservazione è dal Lungotemo De Gasperi, una passeggiata ornata di palme dove i pescatori ormeggiano le proprie imbarcazioni. L A C O S TA O C C I D E N TA L E SAN PIETRO Circa un chilometro a est sulla sponda sinistra del Temo, sorge la ex cattedrale di San Pietro, una delle più interessanti opere romaniche sarde. In trachite rossa, è stata costruita nella seconda metà dell’XI secolo, mentre l’abside, il campanile e le murature laterali vennero aggiunti nel secolo successivo. La facciata unisce elementi romanici a elementi gotici importati dai monaci cistercensi. Sull’architrave del portale, una singolare Madonna col Bambino e i santi Pietro, Paolo e Costantino. L’interno, a tre navate, è difficilmente visitabile. Dintorni: Bosa Marina, a poco più di due chilometri dal centro, ha una bella spiaggia riparata, con sabbia scura. La rocciosa isola Rossa è collegata alla terraferma da un lungo molo di protezione. Nella Torre aragonese, aperta in luglio e agosto, vengono allestite esposizioni temporanee. La costa tra Bosa e Alghero è una delle più spettacolari della Sardegna. Un’escursione interessante è quella sul Trenino verde da Bosa Marina a Macomer costeggiando la spiaggia di Pedras Nieddas (Pietre Nere) prima di risalire la valletta del Rio Abba Mala verso Modolo, Tresnuraghes e Sindia. 99 SANTU LUSSURGIU A 500 metri di altitudine, sul versante orientale del Montiferru, Santu Lussurgiu si stende ad anfiteatro sul bordo di un cratere vulcanico circondato da uliveti. Interessante il centro storico con strade in salita e piccole piazzette su cui si affacciano belle case in pietra a più piani, intonacate con colori vivaci dal rosso vinaccia al giallo zafferano. Alcune hanno architravi decorate e balconi in ferro battuto. In via Roma, in una casa padronale del XVIII secolo, si aprono le 11 stanze del Museo della Tecnologia contadina, realizzato dal Centro di Cultura Popolare e visitabile su appuntamento. Artefice della raccolta “Su mastru Salis”, Maestro Salis, che in venti anni ha raccolto più di 2000 oggetti appartenuti alla civiltà e alla tradizione del paese. Visitare il museo con la sua guida, o con quella dei volontari che lo aiutano, è come fare un viaggio a ritroso nel tempo. Sala dopo sala riemergono oggetti usati quotidianamente dai contadini, dai pastori e dai carbonai che lavoravano ai piedi del Montiferru. Particolarmente interessanti la sezione della filatura e della tessitura, la cucina e la sezione dei mestieri con un insolito ellissografo. Interessante anche la stanza del vino con una gualchiera, lo strumento 100 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA preindustriale utilizzato per ammorbidire e infeltrire il tessuto. Nel territorio di Santu Lussurgiu ne funzionavano più di quaranta. Nella parte alta del paese si trova la chiesa di Santa Maria degli Angeli, che conserva al suo interno un bell’altare di legno intagliato. In paese esistono ancora artigiani specializzati nella fabbricazione dei coltelli o nei finimenti per cavalli (morse, selle e stivali di cuoio). A Carnevale la strada di fronte al museo, chiamata “Sa Carrela ’e Nanti”, è teatro di una sfrenata corsa a pariglia di cavalli guidati da cavalieri in costume. Dintorni: a pochi chilometri c’è un bosco di pini, lecci e querce che circonda il paesino di San Leonardo de Siete Fuentes, famoso per la presenza di sette sorgenti dalle acque radioattive e diuretiche che sgorgano da sette fontanelle a temperatura costante di 11 gradi. I sette ruscelli attraversano un boschetto meta di scampagnate domenicali. Al centro dell’abitato si trova la piccola chiesa di San Leonardo appartenuta ai Cavalieri di Malta. In trachite scura, è stata costruita nel XII secolo ma l’aspetto attuale romanico-gotico è dovuto a una ristrutturazione del secolo successivo. L’interno, a navata unica, conserva le insegne della Congregazione. Di fronte alla chiesa c’è una piccola biblioteca comunale. All’inizio di giugno, San Leonardo ospita una fiera di cavalli da sella. CUGLIERI Sul versante occidentale del Montiferru, in posizione panoramica sul mare, Cuglieri è un grosso borgo agricolo e pastorale a 500 m d’altitudine. Il paese si stende ai piedi della imponente chiesa di Santa Maria della Neve, dalla facciata settecentesca affiancata da due campanili. Si L A C O S TA O C C I D E N TA L E 101 raggiunge con una bella passeggiata in salita che dalla via principale si snoda tra vicoli e scalinate strette tra alte case in pietra. Dal piazzale del Colle Barodus, davanti alla chiesa, la vista spazia dai tetti rossi del paese alla costa tra Santa Caterina di Pittinuri e Porto Alabe. Santa Caterina di Pittinuri E una località balneare sorta intorno alla caletta di sassi bianchi, chiusa da una scogliera calcarea dominata dalla Torre del Pozzo, costruita dagli Spagnoli. Questo tratto di costa è molto panoramico con promontori calcarei e spiagge di sabbia e sassi bianchi. Il punto più famoso è S’Archittu, un grande arco scavato nella scogliera dalla forza delle acque. Una strada sterrata, che parte dalla statale 292 tra Santa Caterina di Pittinuri e S’Archittu, porta alle rovine della città punico-romana di Cornus dove, nel 215 a. C., si combatté l’ultima battaglia tra i Romani e i Sardo-punici guidati da Amsicora. Nel IX secolo la città venne abbandonata a causa delle continue incursioni saracene e gli abitanti si spostarono in collina fondando una nuova cittadina, Curulis Nova, l’attuale Cuglieri. La strada termina poco prima dell’insediamento paleo-cristiano di Columbaris, mentre l’acropoli di Cornus sorge sul colle a sud-ovest. La zona archeologica sembra abbandonata, ma si possono individuare alcuni sarcofagi e i resti di una basilica a tre navate probabilmente risalenti al VI secolo. CABRAS A pochi chilometri da Oristano, Cabras è un paese dalle case a un piano che ha conservato l’impianto antico. Sorge ai bordi dello stagno, esteso per 2.000 ha, che è il più grande stagno di acqua dolce della Sardegna e comunica col mare attraverso una serie di canali. La presenza contempo- 102 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA ranea di acqua dolce e salata attira falchi di palude e folaghe, polli sultani e falchi pellegrini. Le acque sono ricche di anguille e muggini. Un tempo sullo stagno si andava a pesca con imbarcazioni dalla forma appuntita, is fassonis, costruite con erbe palustri essiccate al sole, avvalendosi della stessa tecnica usata dai Fenici. Sempre ai Fenici sembra risalire sa merca: i muggini vengono avvolti in erbe lacustri e lasciati a macerare in acqua salata. Dintorni: al limite settentrionale del golfo di Oristano c’è la Laguna di Mistras. Separata dal mare da due cordoni litorali, inserita nelle zone umide di importanza internazionale previste dalla convenzione di Ramsar, rappresenta l’habitat ideale per fenicotteri rosa, cormorani, aironi cinerini e falchi pescatori. Ricco di avifauna anche il vicino stagno Mar ’e Pontis, dove visitare la Peschiera Pontis, un’antica costruzione per la itticoltura, con chiuse e lavorieri. SAN SALVATORE Le bianche case dei pellegrini, le cumbessias, circondano la chiesa campestre di San Salvatore. Esse vengono abitate per nove giorni all’anno, a cavallo tra agosto e settembre, in occasione della novena per la festa del santo. La grande piazza centrale è stata utilizzata negli anni Sessanta del Novecento come set dei film western all’italiana. La chiesa è sorta alla fine del XVII secolo nell’area di un santuario pagano di origine nuragica, incentrato sul culto delle acque e ricostruito nel VI secolo come chiesa sotterranea. Attraverso una scala nella navata sinistra si scende all’ipogeo formato da sei vani: due rettangolari ai lati di un corridoio che conduce a un atrio circolare con un pozzo intorno al quale sono disposte tre camere. L’ipogeo è parzialmente scavato nella roccia; i soffitti a botte sono in arenaria e mattoni. Sulle pareti si sono conservati diversi graffiti di animali (elefante, pantera e pavone) e di divinità (Ercole che lotta con il leone Nemeo, Marte e Venere con un piccolo Eros alato). Interessanti le scritte arabe che parlano di Allah e Maometto, nonché le numerose raffigurazioni di navi, che gli studiosi ritengono potessero essere L A C O S TA O C C I D E N TA L E 103 dei probabili ex voto. Le lettere latine RVF intrecciate come in un monogramma e ripetute più volte sembrano derivare dalla lingua fenicia e significare “guarire, salvare, dare salute”. Il primo sabato di settembre si celebra la festa di San Salvatore con la corsa degli Scalzi in ricordo dell’impresa di alcuni giovani che, dopo avere abbandonato il villaggio per sfuggire ai Saraceni, ritornarono per mettere in salvo la statua del santo. Appena fuori dell’abitato, in direzione est, ci sono le rovine delle terme romane di Domu ’e Cubas. SAN GIOVANNI DI SINIS Al limitare della penisola del Sinis, vi è una località balneare un tempo famosa per le caratteristiche baracche dei pescatori costruite in legno e giunco. Oggi ne rimangono solo alcune: il gruppo più numeroso è a oriente della statale, poco distante dagli scavi di Tharros. All’ingresso del paese sorge la chiesa paleocristiana di San Giovanni, insieme a San Saturnino di Cagliari, più antica della Sardegna. Risale infatti al V secolo, anche se gran parte dell’aspetto attuale è dovuto a interventi del IX e X secolo. L’interno a tre navate coperte da volte a botte è suggestivo. Dintorni: a poca distanza c’è l’Oasi Torre ’e Seu del WWF che conserva una delle ultime macchie spontanee di palme nane rimaste nella zona. Si raggiunge con una strada sterrata che parte dalla periferia settentrionale di San Giovanni di Sinis. Dal cancello si prosegue a piedi fino al mare e a Torre ’e Seu costruita dagli Spagnoli. NELLA TERRA DELLA VERNACCIA La campagna a nord di Oristano è una delle più fertili di tutta l’isola, un’oasi di viti, aranci e olivi. La coltivazione dei mandarini risale al Trecento e all’opera dei monaci camaldolesi che avevano un grande convento a Bonacardo. Ben più antica la coltivazione della vite: a Tharros (pp 132-3) sono stati ritrovati vasi vinari, anfore, bicchieri. La Vernaccia di Oristano è il vino più famoso della Sardegna e viene prodotta nei comuni di San Vero Milis, Cabras, Zeddiani, Narbolia, Riola, Baratili. È un vino forte, con gradazione alcolica di almeno 15 gradi e un invecchiamento minimo di 3 anni in barrique di rovere. Piacevole una gita nella zona di produzione, magari fermandosi per degustazioni e acquisti nella Cantina sociale della Vernaccia. Molto belli i portali settecenteschi che segnavano l’accesso ai fondi. THARROS La città di tharros venne fondata dai Fenici intorno al 730 a.C. sul promontorio di Capo San Marco, che offriva ancoraggi sicuri in qualsiasi condizio- 104 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA ne atmosferica alle navi che arrivavano cariche di merci da tutto il Mediterraneo. Già nel VI e V secolo a.C. Tharros era diventata un fiorente centro portuale e l’espansione continuò anche con i Romani, dal 238 d.C. Dell’antica città sono stati riportati fino a oggi alla luce i tre quinti. L’area archeologica, sospesa tra i due mari, è una delle più affascinanti del Mediterraneo. Una visita nella parte meridionale porta alla città punica e romana con le abitazioni, le terme e i santuari; più a nord, permette di visitare il tophet, le capanne nuragiche del villaggio Murru Mannu e la cinta muraria di età romana. ORISTANO Al limite settentrionale del Campidano, tra la foce del Tirso e lo stagno di Santa Giusta, Oristano è il centro più importante della Sardegna occidentale. La sua origine risale al 1070, e all’abbandono della ricca e potente Tharros, troppo esposta alle incursioni dei pirati. Il periodo tra il 1100 e il 1400 vede una città guidata da sovrani illuminati come Mariano IV e la figlia Eleonora che arrivarono a controllare quasi tutta l’isola. Al centro di una pianura fertilissima e di un sistema di stagni che producono grandi quantità di pesce, è diventato capoluogo di provincia solo nel 1974. Il centro storico, corrispondente ai quartieri all’interno delle mura, ormai abbattute, è piccolo e facile da girare a piedi, anche perché in buona parte isola pedonale. CATTEDRALE Dedicata alla Beata Vergine Assunta, venne realizzata nel 1228 per volere di Mariano di Torres con l’apporto di maestranze lombarde. Ricostruita completamente nel XVII secolo in stile barocco, si presenta oggi come un mix di diversi elementi. Dell’epoca giudicale rimangono il campanile ottagonale, staccato dal corpo centrale sul sagrato, con cupola a cipolla e maioliche dai colori brillanti, e anche i battenti in bronzo e la Cappella del Rimedio dalla balaustra in marmo con bassorilievi pisani raffiguranti Daniele nella fossa dei leoni. Importante anche il coro in stile rinascimentale sardo dietro l’altare maggiore. Ricco e vario il Tesoro del Duomo, conservato nell’aula Capitolare: argenterie, paramenti sacri e antichi codici miniati si possono ammirare su richiesta. La piazza del Duomo è chiusa dal Palazzo Arcivescovile e dal Seminario Tridentino. TORRE DI MARIANO II Chiamata anche torre di San Cristoforo o Porta Manna, è una torre in blocchi di arenaria fatta erigere nel 1291 dal giudice Mariano II che allora guidava il Giudicato d’Arborea ed è, insieme allatorre opposta di Portixedda, l’unica traccia dell’antica cerchia muraria. Sovrastata da una grande campana del 1430, è aperta sul lato interno. Ai suoi piedi si stende piazza Roma, il punto più animato della città, con negozi alla moda e bar all’aperto. L A C O S TA O C C I D E N TA L E CORSO UMBERTO Chiamato via Dritta, è l’isola pedonale, salotto buono di Oristano, con edifici imponenti come il Palazzo Siviera, un tempo sede del marchese d’Acrisia, che termina con una cupola, e Palazzo Falchi, risalente agli anni 20. Vi si concentrano le vetrine dei negozi più eleganti e al tramonto diventa teatro del quotidiano rito del passeggio. PIAZZA ELEONORA D’ARBOREA Alberata, irregolare e lunga, è dedicata alla giudichessa che promulgò la famosa Carta de Logu. Sulla piazza si affacciano il Palazzo Carta, il Palazzo Mameli, il Palazzo Corrias e il Palazzo Comunale, un tempo convento degli Scolopi, che ingloba la chiesa di San Vincenzo, a pianta ottagonale. Al centro la statua di Eleonora d’Arborea, realizzata nell’Ottocento. 105 CHIESA DI SAN FRANCESCO In stile neoclassico, venne costruita sui resti di una chiesa gotica, completamente distrutta all’inizio dell’800. La facciata è a sei colonne con capitelli ionici. All’interno una delle più interessanti sculture in legno di tutta l’isola: il Crocefisso policromo detto “di Nicodemo”, opera di ignoto autore catalano della fine del XIV secolo. Interessante anche San Francesco che riceve le stimmate, opera del pittore cagliaritano Pietro Cavaro, sistemata nella Sacrestia. SANTA CHIARA In stile gotico, la chiesa di Santa Chiara risale al XIV secolo. Lineare la facciata in conci di arenaria con sobrio rosone centrale e piccolo campanile a vela. All’interno sono interessanti le mensole in stile gotico in legno intagliato con figure di animali. 106 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA L A C O S TA O C C I D E N TA L E 107 108 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA ANTIQUARIUM ARBORENSE All’interno del neoclassico Palazzo Parpaglia, il museo ospita diverse collezioni archeologiche provenienti dagli scavi di Tharros, una pinacoteca e una sezione dedicata alla città all’epoca dei Giudicati. Nella pinacoteca sono da segnalare il retablo di San Martino (XV secolo) attribuito alla scuola del pittore catalano Ramon de Mur. Del retablo di Cristo (1533), opera della scuola di Pietro Cavaro, si sono conservate solo nove tavole. Il retablo della Madonna dei Consiglieri (1565), opera del cagliaritano Antioco Mainas, rappresenta i consiglieri della città di Oristano inginocchiati intorno alla Madonna. Della ricca collezione archeologica sono da notare gli oltre duemila raschiatoi in ossidiana del periodo neolitico, i fermacapelli in osso, le anforette provenienti dalla Grecia e dall’Etruria, vetri e lucerne romani. Tutti i reperti fanno parte della Collezione Efisio Pischedda cui si affiancano collezioni minori (Pau, Carta, Sanna-Delogu). Tra i pezzi più importanti una maschera in terracotta, scarabei in diaspro verde e gioielli con incisioni di epoca romana. I CAVALIERI DELLA STELLA La Sartiglia si tiene l’ultima domenica di Carnevale e il Martedì Grasso secondo un rituale secolare. Fu introdotta probabilmente nel 1350 da Mariano II per festeggiare le sue nozze. Il 2 febbraio viene scelto il capocorda, su Componidori, che, il giorno della gara, viene vestito da un gruppo di ragazze in costume. Gli viene cucita addosso una camicia bianca, il volto viene avvolto con bende e coperto con una maschera femminile, in testa gli vengono posti un velo da sposa e un cilindro nero. Così bardato guida il L A C O S TA O C C I D E N TA L E corteo di cavalieri, trombettieri e tamburini che attraversa la città fino alla piazza della giostra. A un segnale convenuto si lancia al galoppo per la via che costeggia l’Arcivescovado e la Cattedrale. Nella corsa il capocorda deve infilare la spada nel foro al centro di una stella appesa a un filo. Se ci riesce il raccolto dell’anno sarà abbondante. SANTA GIUSTA Sulle sponde dello stagno omonimo, è un borgo agricolo che sorge sui resti della città romana di Ottona. Su un rilievo all’ingresso del paese si trova la Cattedrale di Santa Giusta, gioiello dell’architettura romanico-pisana che risente di influssi arabi e lombardi. Costruita nella prima metà del XII secolo, presenta una facciata slanciata, il cui effetto risulta amplificato dalla scalinata, con triplice arcata, che inquadra il portale e una finestra a trifora. Nell’interno, a tre navate, le colonne hanno stili e forme divesi perché provengono dai resti delle vicine città romane di Neapolis, Tharros e Othoca. Dal sagrato si gode 109 una bella vista sullo stagno, uno dei più pescosi dell’isola, solcato ancora da is fassonis, le lunghe imbarcazioni di falasco, di lontana origine fenicia; durante la sagra di Santa Giusta gareggiano in una spettacolare regata. La specialità locale è la bottarga, costituita da uova di muggine essiccate. ARBOREA Al centro di una piana bonificata in epoca fascista, Arborea è sorta nel 1930 con il nome di Mussolinia. Immerso nel verde dei campi, il paese ha la tipica struttura regolare degli insediamenti recenti. Gli edifici pubblici (la scuola, la parrocchia, l’albergo e il palazzo del Comune) si affacciano su piazza Maria Ausiliatrice, da cui partono le vie principali che seguono uno sviluppo ortogonale. I viali sono alberati, le case a due piani in stile neogotico sono circondate dal verde. Nel Palazzo 110 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA L A C O S TA O C C I D E N TA L E 111 112 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Comunale si trova la Collezione Civica Archeologica: una raccolta di reperti archeologici, provenienti dalla necropoli romana di S’Ungroni. A circa 9 km si trova il borgo di pescatori di Marceddi sui bordi dello stagno, dominato dalla cinquecentesca Torrevecchia. FORDONGIANUS Nella bella valle del Tirso, l’antica Forum Traiani è la più importante città romana dell’interno, avamposto fortificato contro le popolazioni barbaricine. Le case del centro sono in pietra rossa e grigia. Una delle meglio conservate è casa Madeddu, l’antica “casa aragonese” del primo ’600, con portali e finestre in stile catalano. Sulla stessa via, la cinquecentesca parrocchiale di San Pietro Apostolo in trachite rossa, quasi interamente rifatta in epoca moderna. In riva al fiume ci sono le Terme Romane, oggi visitabili dopo un lungo restauro. La piscina rettangolare raccoglie ancor oggi l’acqua calda (a una temperatura di circa 50 gradi) proveniente dalle sorgenti termali e utilizzata dalle donne del paese per il bucato. All’interno un porticato e belle L A C O S TA O C C I D E N TA L E 113 sale con pavimento a mosaico. A pochi chilometri dal paese sorge la chiesetta campestre di San Lussorio, costruita dai monaci Vittorini verso il 1100 su una cripta Paleocristiana. PAULILÀTINO Circondata da oliveti e boschi di sughere, questa borgata agricola sorge ai margini dell’altopiano basaltico di Abbasanta. Le case sono in pietra scura, con portali in stile aragonese e balconcini in ferro battuto. Scura anche la parrocchiale di San Teodoro del XVII secolo in stile gotico-aragonese, con un rosone dai vetri colorati e campanile a cipolla. Nel Palazzo Atzori è aperto un Museo etnografico che raccoglie oggetti di uso quotidiano e utensili domestici tipici della zona. Dintorni: a 4 km dal centro, sulla superstrada 131, deviando si arriva al villaggio nuragico di Santa Cristina. Un muro a secco delimita la zona 114 LA SARDEGNA ZONA PER ZONA archeologica costituita da un tempio a pozzo dedicato al culto della dea madre risalente al I millennio a.C. Il pozzo, a imboccatura trapezoidale, è in ottimo stato di conservazione. Una scala dagli ampi gradini scende alla camera a volta. Poco distante sorge un recinto che doveva servire come sala di riunione. La sacralità del luogo è sopravvissuta nei secoli, tanto che in epoca cristiana venne edificata una chiesa dedicata a Santa Cristina. Come nell’antichità, i devoti continuano ad affluire alla chiesetta circondata da un villaggio di muristenes, le case dei novenanti, in occasione della festa della santa che si celebra la seconda domenica di maggio. A destra della chiesa, nel bosco di ulivi, si apre un’altra area archeologica che comprende un piccolo nuraghe ben conservato e due capanne in pietra, dalla pianta rettangolare. La meglio conservata è lunga quattordici metri e alta due. ÀLES Alle falde orientali di Monte Arci, è il centro principale della Marmilla. Nella parte alta del borgo sorge la Cattedrale di San Pietro, costruita nel 1686 dal genovese Domenico Spotorno che utilizzò per la costruzione i ruderi di L A C O S TA O C C I D E N TA L E una preesistente chiesa del XII secolo. Due campanili con cupole in ceramica chiudono la facciata. L’interno, in stile barocco, ha una sagrestia arredata con mobili intagliati e un raro crocifisso del Trecento. Nell’Archivio capitolare si trovano raffinate opere di oreficeria. Sulla stessa piazza si affacciano il Palazzo vescovile, il Seminario e l’Oratorio della Madonna del Rosario. Àles è il paese natale di Antonio Gramsci (1891-1937), come ricordano il monumento di Giò Pomodoro e la targa apposta sulla sua casa natale. Dintorni: il paese è il punto di partenza per salire ai panoramici 115 torrioni di Trebina Longa e Trebina Lada, le cime più alte di Monte Arci, punte residue dell’antico cratere. Lungo i sentieri si possono notare le schegge di ossidiana, il prezioso vetro naturale che, ridotto in sottilissime lastre, serviva per la fabbricazione di punte di frecce, lance e raschiatoi. L’ossidiana di Monte Arci non riforniva soltanto la Sardegna ma, tra il VI e il III millennio a.C., veniva esportata in tutto il Mediterraneo.