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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa occidentale

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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa occidentale
IL CENTRO E LA BARBAGIA
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
La Costa occidentale
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Note
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
La Costa
occidentale
All’improvviso il verde della macchia
mediterranea è interrotto da una
nuvola rosa. Non sono i fiori di cisto,
ma i quattromila fenicotteri che
eleggono lo stagno di Sale Porcus e gli
altri specchi d’acqua della costa
occidentale della Sardegna ad abituale
dimora invernale, quando il maestrale
soffia sul Golfo del Leone.
Con i suoi stagni di acqua dolce, le
lagune di acqua salmastra, le barene e
le dune costiere, la regione intorno a
Oristano rappresenta una delle più
importanti zone umide d’Europa.
Artefici di questo ecosistema prezioso
sono le acque del fiume Tirso e il
maestrale. Soffiando violento da
occidente, il vento ha fatto accumulare
nei secoli alte dune di sabbia che
hanno ostacolato il deflusso delle
acque. La pianura che si stende intorno
all’ultimo tratto del fiume era un
tempo infestata dalla zanzara anofele.
Solo nel XX secolo, grazie soprattutto
alle bonifiche degli anni Trenta e alla
campagna Rockefeller contro la
malaria, è stato possibile coltivare
senza rischi la campagna fertilissima
dove si producono primizie destinate
ai mercati del continente. Anche la
Vernaccia, il vino più rinomato della
Sardegna, proviene dalle basse viti che
si estendono alle spalle delle spiagge
del Sinis. La ricchezza di questa costa
ha da sempre attirato le navi degli
stranieri, a iniziare dai Fenici che vi
trovarono attracchi sicuri come Sulki e
Tharros ma anche ricche possibilità
commerciali grazie all’ossidiana
estratta dalle miniere di monte Arci.
Anche i Romani e gli Spagnoli hanno
lasciato un’impronta inconfondibile a
Bosa e trasformato Alghero in un
angolo di terra catalana in Sardegna.
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La dimensione quasi familiare delle
spiagge e dei centri balneari ben si
sposa con le dune di sabbia ombreggiate da folte pinete o con le distese di
chicchi di quarzo traslucidi dove
crescono i gigli selvatici. Ci sono anche
tratti impervi e rocciosi, raggiungibili
soltanto dal mare o tramite lunghe
passeggiate.
Sentieri ben segnalati in parchi
naturali, spiagge che ricordano quelle
dei mari tropicali, rovine puniche e
cattedrali romaniche, città fortificate e
specialità eno-gastronomiche. La costa
occidentale della Sardegna soddisfa le
esigenze più diverse, da quelle di chi
vuole riposare su una spiaggia, e ha
solo l’imbarazzo della scelta tra Is
Arenas, Is Arutas e Bosa Marina, a
quelle di chi predilige la scoperta della
tradizione e ricerca vini e specialità
gastronomiche locali (dalla Vernaccia
alla bottarga) senza disdegnare i musei
della civiltà materiale, come il piccolo
gioiello di Santu Lussurgiu.
Le distanze relativamente brevi tra i
centri e i dislivelli minimi, specialmente nel Sinis e nel Campidano di
Oristano, ne fanno una meta ideale per
i cicloturisti. Innumerevoli anche i
percorsi per gli amanti del trekking e
quelli che preferiscono muoversi in
sella a un cavallo, partendo dal centro
equestre di Ala Birdi.
ALGHERO
Nei primi anni del 1100,
la nobile famiglia
genovese dei Doria
decise di fondare due
piazzeforti in terra
sarda. Nacquero così
Castelgenovese (oggi
Castelsardo) e Alghero. A
causa della grande quantità di alghe
depositate dal mare, la città prese il
nome di Alquerium - s’Alighera in
sardo e l’Alquer in catalano. Nel 1353,
dopo una brevissima parentesi di
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
dominio pisano, la città venne
conquistata dalle truppe aragonesi e,
da allora, Alghero è sempre stata la più
spagnola tra le città sarde. Il centro
storico è compreso all’interno dell’antico borgo fortificato e il turismo,
insieme con l’artigianato - soprattutto
del corallo - è il motore principale
dell’economia cittadina.
Nonostante le gravi distruzioni
provocate dai bombardamenti alleati
della Seconda guerra mondiale, il
cuore della città è ancora in larga parte
integro e può essere tranquillamente
visitato a piedi. Le strade che arrivano
da Bosa e da Sassari portano al limite
delle antiche mura. Conviene lasciare
l’automobile all’esterno e iniziare la
visita a piedi, iniziando da una
passeggiata lungo l’antica cerchia delle
mura e delle torri. Il dialetto algherese
è strettamente legato al catalano e, dal
1970, le targhe che indicano il nome di
piazze e strade sono bilingui: italiane e
catalane. La visita è particolarmente
suggestiva di sera alla luce rosata dei
lampioni.
PORTA A TERRA
Piazza Porta a Terra. Di origine
trecentesca sorge isolata perché in
questa zona buona parte delle
fortificazioni verso terra è stata
abbattuta e sostituita dal tracciato
dell’odierna via Sassari.Un tempo era
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
nota come Torre degli Ebrei, a causa
del contributo della comunità ebraica
cittadina allo sforzo militare del re
Pietro III, ed era uno dei due ingressi
della cinta muraria alla città. La
porta era anche munita di un
ponte levatoio che poggiava
sulla grande arcata gotica,
trasformata oggi in
monumento ai caduti. Il
piano terreno, chiuso da
una volta in pietra, è un
piccolo centro per mostre.
TORRE DELL’ESPERÒ REAL
Piazza Sulis.
Sulla piazza, centro della vita cittadina
di Alghero, è la mole imponente della
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torre dell’Esperò Real (il nome
significa Torre dello Sperone Reale),
costruita nella prima metà del XVI
secolo in sostituzione di una
struttura militare più
antica. Alta 23 m, la
torre ha un interno
molto interessante,
composto da ampi
ambienti sovrapposti,
collegati da una scala
elicoidale.
Il lungomaree il Forte de la Magdalena
La passeggiata a mare diviene, sul far
della sera, una meta piacevole e
frequentata. Partendo da sud, al
lungomare Dante seguono i lungomare
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Cristoforo Colombo e Marco Polo,
lungo i quali sorgono una serie di
antichi bastioni fortificati (torre di San
Giacomo, bastione del Mirador, torre
de la Polvorera, torre de Castilla) che
conducono fino al porto. Non lontano
dalla scalinata che porta all’antica
Porta a Mare, sorge l’imponente mole
del Forte de la Magdalena, importante
fortificazione di epoca spagnola, sulle
cui mura una lapide ricorda lo sbarco
di Garibaldi il 14 agosto del 1855.
PALAZZO D’ALBIS PIAZZA CIVICA (PLAÇA
DE LA DRESSANA)
Di origine cinquecentesca, con finestre
a bifore, il palazzo, chiamato anche
palazzo de Ferrera, è uno dei rari
esempi di architettura civile catalana. È
celebre per aver ospitato, nell’ottobre
del 1541, l’imperatore Carlo V, di
passaggio per Alghero con la sua flotta
sulla via per Algeri. La tradizione
narra che, dal balcone, il re abbia
definito la città “Bonita, por mi fé, y
bien assentada” (“Bella, in fede mia, e
ben solida”) e abbia apostrofato gli
algheresi con la lusinghiera frase
“Estade todos caballeros”. Il passaggio
del monarca si concluse con un’imponente requisizione di bestiame,
necessario alle truppe spagnole, e con
il macello delle bestie al termine di
una estemporanea corrida avvenuta
proprio sulla piazza.
CATTEDRALE DI SANTA MARIA
Sulla piccola piazzetta Duomo si apre il
portale della Cattedrale di Alghero,
edificata nel XIV secolo e che assunse
l’attuale aspetto intorno alla metà del
’500. Lo stile architettonico è tardogotico di ispirazione catalana e la
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
struttura è sormontata da un campanile
ottagonale della stessa epoca. Nell’interno si nota una differenza sensibile tra la
struttura del corpo centrale (tardo
rinascimentale) e le forme del presbiterio gotico cinquecentesco.
MUSEO DIOCESANO D’ARTE SACRA
La raccolta comprende numerosi
oggetti, dipinti, marmi, gioielli,
paramenti sacri e sculture di scuola
catalana.
VIA PRINCIPE UMBERTO
Partendo dalla Cattedrale, questa
stretta via fu uno degli assi
principali dell’antica città murata:
qui si incontrano le facciate della
Casa Doria (XVI secolo), del
Palazzo della Curia e, su piazza
Vittorio Emanuele II,
dell’ottocentesco Teatro Civico
sabaudo.
CHIESA E CHIOSTRO DI SAN
FRANCESCO
Forse la chiesa di San Francesco è il
più significativo monumento catalano
di tutta la Sardegna. Edificata alla fine
del Trecento e poi in parte ricostruita a
causa di un crollo nei primi del ’600, la
chiesa mostra le diverse fasi
costruttive.
Il campanile è in stile gotico, con
corpo esagonale su base quadrata. La
cupola, rivestita di piastrelle
policrome, è diventata il simbolo della
città. L’interno, a tre navate in arenaria
bianca, ospita ancora alcuni altari
lignei d’epoca barocca e, sotto la gotica
volta stellata del presbiterio, un altare
settecentesco. Tra le opere vanno
segnalate le statue del Cristo Morto e
del Cristo alla Colonna. Dalla chiesa,
attraverso la sacrestia, si può accedere
al chiostro, in arenaria, costruito in
diversi periodi. La parte bassa è di
origine trecentesca mentre quella
superiore venne aggiunta nel ’700. Le
ventidue colonne sono a due ordini
sovrapposti con basi circolari o
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poligonali e capitelli scolpiti. D’estate,
il chiostro diventa scenario di concerti
e manifestazioni culturali dell’Estate
Musicale Internazionale di Alghero.
Negli altri mesi le varie manifestazioni
e le mostre si tengono invece nell’antico refettorio del convento.
LE SPIAGGE
Il porto di Alghero non fu mai molto
importante, a causa della sua posizione
e della conformazione delle basse
coste. Senza inquinamento o grandi
strutture industriali, quindi, il mare è
di casa in città e gli stabilimenti si
susseguono appena al di
fuori del centro storico
cittadino. La spiaggia
più famosa di
Alghero è la
spiaggia delle
Bombarde,
una striscia
di sabbia
bianca su un mare
dall’acqua trasparente. Piacevole anche
la spiaggia del Lazzaretto che deve il
nome alla presenza, ai tempi della
peste, di un lazzaretto. Nelle belle
giornate, davanti alle spiagge si staglia
la sagoma verticale del promontorio di
Capo Caccia.
Dintorni: a pochi chilometri il centro
di Fertilia, porticciolo turistico. Di
fianco corre il canale di sbocco dello
stagno di Calich dove si allevano
anguille, orate e muggini. In zona si
possono ancora vedere le 13 arcate del
ponte romano dell’antico centro di
Carbia, collegato con Portus
Nympharum, l’odierna baia di Porto
Conte. Di lì in pochi minuti si
raggiunge il Nuraghe Palmavera.
PORTO TORRES
Il principale porto della Sardegna
settentrionale, nell’interno del Golfo
dell’Asinara, fu in passato una fiorente
colonia romana, col nome di Turris
Libisonis.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
I commerci con la città di Kàralis
transitavano lungo la principale via
dell’isola, mentre gli stretti rapporti
della colonia con Roma sono testimoniati dai mosaici rinvenuti nel Foro
delle Corporazioni di Ostia. Dopo un
declino che cominciò nel Medioevo,
Porto Torres crebbe nell’Ottocento divenendo il porto di Sassari - e con
l’industrializzazione nel Novecento. In
città si trova la basilica di San Gavino,
una delle chiese romaniche più
importanti della Sardegna, edificata in
stile pisano nel 1111. Da notare il
portale sulla facciata nord, con i suoi
bassorilievi quattrocenteschi e il vicino
portale in stile gotico con influenze
catalane. All’interno vi sono una cripta
che dà accesso a una zona di resti di
epoca romana, le statue
settecentesche dei
martiri Gavino,
Proto e Gianuario e
varie iscrizioni di
epoca
altomedievale.
L’area archeologica
delle Terme Centrali offre una visione
abbastanza fedele di un quartiere
dell’antica città romana, mentre
nell’Antiquarium Turritano sono
esposti i reperti provenienti dagli scavi
archeologici. Non lontano vi è infine il
cosiddetto Ponte Romano che, con le
sue sette arcate, scavalca in 135 m la
foce del Rio Mannu.
Dintorni: non lontano vi è uno dei siti
più interessanti della Sardegna antica:
il santuario prenuragico di Monte
d’Accoddi. Da Porto Torres seguire la
SS131 in direzione di Sassari: poco
oltre il bivio per Platamona (al km
222,300)
una strada sterrata conduce all’ingresso dell’area archeologica.
Unico esempio di altare megalitico
conosciuto in tutto il bacino del
Mediterraneo occidentale, la costruzione risale all’Età del rame (24501850 a.C.) e ha una forma a tronco di
piramide con base trapezoidale
sorretta da mura di blocchi di pietra.
Sul lato sud una rampa sale alla
sommità, a una decina di metri
d’altezza, mentre la base misura
30 m per 38. Attorno alla
mole dell’altare si trovano
numerose fondamenta di
capanne, delle tavole
sacrificali e alcuni menhir
abbattuti. Un gruppo di
domus de janas (non facili
da raggiungere) faceva parte
del complesso. I materiali scavati nella
zona - soprattutto ceramiche - sono
conservati nel Museo Nazionale di
Sassari.
STINTINO
Salendo in direzione del Capo Falcone,
si raggiunge Stintino (dal sardo
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
“s’isthintinu”, cioè il budello,
nome tradizionale dello
stretto fiordo su cui sorse il
paese di pescatori). Oggi
centro di vacanze, Stintino
fu importante per le sue
tonnare. Ogni estate si
organizza al porto una
esposizione sulle tradizioni
legate alla pesca del tonno.
Mentre il Museo della
Tonnara espone una raccolta di
documenti, oggetti, foto e modellini
che riproduce il ciclo di vita del tonno
e illustra la vita della tonnara. I due
porti - Portu Mannu e Portu Minori sono attrezzati per il turismo nautico.
A nord la strada prosegue lungo la
costa fino a raggiungere Capo Falcone,
con la torre nel punto più alto e le due
fortificazioni spagnole della Pelosa e
dell’Isola Piana.
ASINARA
Chiusa al pubblico fino a poco tempo
fa, a causa della presenza del carcere di
massima sicurezza di Fornelli,
l’Asinara fa parte del Parco Nazionale
del Gennargentu, di recente istituzione. Lunga poco meno di 18 km e larga
al massimo 6, l’isola culmina nella
punta della Scomunica a 408 m di
quota e rappresenta un ambiente
naturale unico nel Mediterraneo
occidentale per la presenza di specie
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animali rare o in via di estinzione. Le
sue coste integre e le pochissime
strade realizzate sui 50 kmq
dell’Asinara la rendono un rifugio
ideale per rapaci, uccelli marini,
mufloni e cinghiali. Sopravvive
ancora un branco di asinelli
bianchi, la presenza dei quali ha
certamente dato in passato il
nome all’isola. Tra le rocce
vulcaniche sopravvive ancora
un piccolo bosco di lecci e, tra
la bassa vegetazione mediterranea,
meta di appassionati e studiosi del
settore, sono presenti varie rarità
botaniche. La splendida isola è oggi
visitabile con gite organizzate.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ARGENTIERA
Molti luoghi, in Sardegna,
riconducono alla storia delle antiche
miniere. All’Argentiera, non lontana
dal moderno borgo di Palmadula,
Romani e Pisani si dedicarono a lungo
all’estrazione del prezioso minerale che
avrebbe dato il nome alla zona.
Affacciati sul mare, da dove provenivano navi e barche da carico necessarie al
trasferimento e al commercio del
minerale, gli stabilimenti minerari
ottocenteschi sono imponenti, con le
loro costruzioni in legno e in
muratura. Negli ultimi anni una serie
di restauri e rifacimenti (non ancora
portati a termine) ha cambiato il colpo
d’occhio sul complesso minerario, che
resta tuttavia uno dei più affascinanti
esempi di archeologia industriale che è
possibile visitare in Sardegna. Durante
l’estate la baia è frequentata dai
bagnanti che qui più che altrove
trovano tranquillità e acque cristalline.
CAPO CACCIA
Altissimo sul mare,
il promontorio di Capo Caccia è
sormontato da un faro, e dall’alto delle
scogliere il panorama verso Alghero è
eccezionale. Negli anfratti della
vertiginosa scogliera nidificano i
piccioni selvatici, i rondoni, i falchi
pellegrini e i gabbiani reali. Sul
versante occidentale del promontorio al largo del quale si trova la sagoma
rocciosa dell’isola Foradada - una
ripida scala scende verso l’ingresso
della Grotta di Nettuno. I 656 gradini
(che scendono per 110 m di dislivello)
della Escala del Cabirol - la Scala del
Capriolo - conducono alla grotta,
raggiungibile anche in barca in 3 ore
partendo da Alghero, oppure in 20
minuti partendo da Cala Dragunara
(Porto Conte).
MONTELEONE ROCCA
DORIA
Arroccato sulla cima dell’altura di Su
Monte (421 m), il piccolo paese di
Monteleone Rocca Doria vive giorni
tranquilli nella memoria di un passato
nobile e bellicoso. Sull’altura, i Doria
edificarono nel XIII
secolo una
fortificazione che
nel 1436, dopo tre
anni di feroce
assedio, venne
completamente
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distrutta dalle truppe coalizzate di
Aragona, Sassari, Bosa e Alghero.
Allora gli abitanti emigrarono e
fondarono il borgo di Villanova
Monteleone. I pochi rimasti vissero
sull’alto della loro rupe, da cui lo
sguardo spazia sul lago artificiale del
Temo e sulla piana della Nurra. Il
paese fu escluso dallo sviluppo della
regione, tanto che negli anni Cinquanta gli abitanti
tentarono di
risollevarne
le finanze
mettendo
in vendita
l’intero
paese. In
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alto, tra le case, la piccola parrocchiale
di Santo Stefano del XIII secolo.
MACOMER
Edificata su un gradino di antiche
rocce vulcaniche, Macomer è uno dei
nodi commerciali più importanti della
Sardegna dell’interno. Cresciuto
attorno alle vie di comunicazione - la Carlo Felice e la
ferrovia - il paese deve
la sua fortuna
all’agricoltura,
all’allevamento, ai
formaggi e alle
piccole industrie,
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
e conserva qualche traccia interessante
del passato. La parrocchiale di San
Pantaleo è un esempio di architettura
gotica secentesca chiara ispirazione
spagnola. Sul piazzale della piccola
chiesa di Santa Croce, la sera del 17
gennaio in occasione della festadi “Sa
Tuva”, in onore di Sant’Antonio Abate
viene acceso un grande falò.
Dintorni: non lontano dal centro, a
poca distanza dalla strada Carlo Felice,
una breve passeggiata porta fino
al Nuraghe Santa
Barbara, dalla
mole imponente che sovrasta
una serie di torri
minori e di bastioni.
SEDILO
La roccia dell’altopiano di Abbasanta è
stata la materia prima usata dagli
abitanti di Sedilo: le vecchie case del
paese sono caratteristiche di un’edilizia
che, oramai, va scomparendo. Il centro
del paese non presenta particolari
motivi di interesse, a parte la chiesa di
San Giovanni Battista. Sedilo è però
famosa in tutta la Sardegna per il
grande santuario di Santu Antine (San
Costantino, paladino del Cristianesimo, molto venerato nell’isola). La
chiesa sorge su un’altura che domina lo
specchio del lago Omodeo e, all’interno del suo recinto - dove si trovano le
cumbessias destinate ai pellegrini sono state sistemate anche numerose
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sculture di epoca nuragica, tra cui la
cosiddetta “perda fitta”, monolito che,
secondo la leggenda, altro non sarebbe
che il corpo di una donna trasformata
in pietra a causa della sua irriverenza
nei confronti del santo patrono. Nello
spazio antistante al santuario si svolge
“S’ardia”, la spericolata cavalcata che
conclude la festa che dal 5 all’8 luglio
viene celebrata per ricordare la vittoria
di Costantino su Massenzio nella
battaglia di Ponte Milvio del 312. Le
pareti interne della chiesa sono ricoperte
da un’enorme quantità di ex voto.
GHILARZA
Al centro del paese si trova una tozza e
incompiuta torre aragonese, ma
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Ghilarza è particolarmente noto per
essere il paese in cui visse Antonio
Gramsci. Una piccola porta che si
affaccia su corso Umberto dà accesso
alla casa di Gramsci, dove ha sede un
centro studi e dove sono esposti
materiali storici sulla figura del
dirigente comunista ucciso dalle carceri
del regime fascista. Al secondo piano vi
è una piccola stanza da letto, spoglia e
tranquilla, che fu quella in cui visse
Gramsci dal 1898 fino al 1908.
Dintorni: non lontano da Ghilarza,
seguendo la strada per Nuoro, si può
ammirare la bella chiesa di San Pietro
di Zuri, spostata insieme al villaggio
omonimo nella posizione attuale in
seguito all’allagamento artificiale che
ha dato origine al lago Omodeo nel
1923. La chiesa ricostruita risaliva al
1291 ed era stata commissionata dal
giudice Mariano d’Arborea all’architetto Anselmo da Como: l’architettura è
di stile romanico, anche se in alcuni
particolari si intravede già la transizione verso il gotico.
ABBASANTA
Il piccolo paese, con il suo centro dove
ancora si incontrano le vecchie case
della tradizione fatte di pietra basaltica
scura, ruota attorno alla ottocentesca
chiesa parrocchiale di Santa Cristina,
ispirata a
imponenti
forme
architettoniche
rinascimentali.
Al centro di
una regione
dove è molto sviluppata l’agricoltura,
Abbasanta deve la sua importanza alla
posizione rispetto alle principali vie di
comunicazione, antiche e moderne,
che attraversano il centro dell’isola.
Non lontano da Abbasanta vi sono due
dei siti di rilevante interesse archeologico dell’isola: il Nuraghe Losa e il
complesso nuragico di Santa Cristina
(p 137). Per raggiungere il Nuraghe
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Losa, seguire la Carlo Felice in
direzione di Cagliari fino a che, in
corrispondenza del km 123, un bivio
sulla destra conduce all’ingresso
dell’area archeologica
recintata. Insieme ai
monumenti di
Barumini e Torralba,
questo complesso
nuragico è uno dei più importanti
della Sardegna immediatamente
precedente al periodo punico. Al
centro della imponente struttura è un
mastio che risale al II millennio a.C.,
mentre il bastione e l’antemurale sono
posteriori e ultima in termini di tempo
è la cinta esterna, edificata nel VII
secolo a.C.
All’interno del nuraghe sono accessibili tre ambienti coperti in cui si possono
osservare ancora numerose nicchie che
servivano come ripostiglio e una scala
a spirale che sale al piano superiore,
coronato da un terrazzo. Attorno alla
struttura principale si possono vedere
le basi di una serie di costruzioni che vanno
dall’Età del
Bronzo fino al
periodo
altomedievale. Interessante, infine, la
breve visita al piccolo antiquarium
edificato a un centinaio di metri di
distanza dal nuraghe: qui sono esposte
planimetrie e immagini di una serie di
monumenti di epoca nuragica della
zona.
BOSA
Dominata dal castello dei malaspina,
Bosa si stende, con le sue case dai
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
colori pastello, sulla riva destra del
fiume Temo, l’unico navigabile della
Sardegna, un paio di chilometri prima
della foce. Le origini della città
risalgono ai Fenici, anche se il centro
era più arretrato, sulla riva sinistra. In
epoca medievale, per sfuggire alle
incursioni piratesche, il borgo si spostò
alle pendici del colle di Serravalle
cercando la protezione dei Malaspina.
Dichiarata dagli Spagnoli città reale,
Bosa ha sempre mantenuto stretti
contatti con la Penisola iberica. Il suo
fascino è indiscutibile, con i fabbricati
di Sas Conzas che si specchiano nelle
acque calme del fiume e il quartiere di
Sa Costa tutto stradine e scalinate dove
ancora qualche donna siede sull’uscio
a lavorare il filet. Il suo mare è stato
dichiarato dalle associazioni
ambientaliste tra i più puliti d’Italia.
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CATTEDRALE
Via De Gasperi.
Dedicata all’Immacolata,
è stata ristrutturata nell’Ottocento in
tardo stile barocco piemontese di cui
conserva tutta la maestosità. All’interno la statua policroma della Madonna
col Bambino di scuola catalana,
risalente al XVI secolo. Ai lati dell’altare due leoni di marmo che uccidono i
dragoni. Gli altari laterali hanno
decorazioni
in marmi policromi.
CORSO VITTORIO EMANUELE II
La via principale di Bosa, dal fondo
lastricato in pietra, corre parallela al
fiume. Su di essa si affacciano
palazzetti signorili e i negozi degli
artigiani orafi che lavorano la filigrana
d’oro e il corallo.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
PINACOTECA CIVICA
Casa Deriu rappresenta un esempio di
abitazione bosana del secolo scorso
trasformata in uno spazio espositivo.
Al primo piano sono raccolti i prodotti
(dolci, vino, pane) della tradizione
insieme a foto d’epoca in bianco e nero.
Al secondo piano si può visitare la
ricostruzione dell’appartamento
signorile con parquet in ulivo, soffitti a
volta decorati, piastrelle in maiolica di
Ravenna e tende
a filet. L’ultimo
piano ospita la
Pinacoteca
Civica con la
raccolta
Melkiorre Melis,
artista bosano,
uno dei principali promotori
delle arti
applicate del
Novecento in
Sardegna. Le
opere in mostra
coprono un arco
di 70 anni con opere grafiche, dipinti a
olio, ceramiche, manifesti. Interessanti
i lavori d’influenza araba prodotti dal
Melis nel decennio in cui diresse la
Scuola Musulmana di Arti e Mestieri a
Tripoli.
CASTELLO MALASPINA
Costruito nel 1112 dai marchesi di
Malaspina dello Spino Secco, ha un
aspetto imponente nonostante restino
solo le torri e il muro di cinta.
Ampliato e ricostruito nel ’300,
racchiude una superficie di diecimila
metri quadrati. Del castello vero e
proprio rimangono in piedi solo alcuni
muri nell’angolo nord-est del recinto,
ai piedi della Torre maestra. Costruita
in blocchi di trachite ocra chiaro agli
inizi del Trecento, è oggi in fase di
ristrutturazione. All’interno delle
mura l’unica costruzione rimasta in
piedi è la chiesa di Nostra Signora di
Regnos Altos, costruita nel Trecento e
restaurata nel 1974-75. Al suo interno
è stato ritrovato un ciclo di affreschi di
scuola catalana, uno dei pochi rimasti
in Sardegna. Dai bastioni della torre, la
vista spazia sulla chiesa di San Pietro,
la bassa valle del Temo e i tetti rossi di
Sa Costa. Piacevole la discesa verso il
centro attraverso la ripida scalinata in
pietra lungo i pochi resti della cinta
che un tempo proteggeva a est tutto
l’abitato.
SAS CONZAS
Sulla riva
sinistra del
fiume Temo,
questi grandi
magazzini erano
un tempo
adibiti alla
concia e alla
lavorazione
delle pelli.
Caduti in disuso
con la crisi del
settore, aspettano da anni una
risistemazione. Per ora ospitano un
piccolo ristorante affacciato sul fiume.
Il punto migliore di osservazione è dal
Lungotemo De Gasperi, una passeggiata ornata di palme dove i pescatori
ormeggiano le proprie imbarcazioni.
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
SAN PIETRO
Circa un chilometro a est sulla sponda
sinistra del Temo, sorge la ex cattedrale di San Pietro, una delle più interessanti opere romaniche sarde. In
trachite rossa, è stata costruita nella
seconda metà dell’XI secolo, mentre
l’abside, il campanile e le murature
laterali vennero aggiunti nel secolo
successivo. La facciata unisce elementi
romanici a elementi gotici importati
dai monaci cistercensi. Sull’architrave
del portale, una singolare Madonna col
Bambino e i santi Pietro, Paolo e
Costantino. L’interno, a tre navate, è
difficilmente visitabile.
Dintorni: Bosa Marina, a poco più di
due chilometri dal centro, ha una bella
spiaggia riparata, con sabbia scura. La
rocciosa isola Rossa è collegata alla
terraferma da un lungo molo di
protezione. Nella Torre aragonese,
aperta in luglio e agosto, vengono
allestite esposizioni temporanee. La
costa tra Bosa e Alghero è una delle
più spettacolari della Sardegna.
Un’escursione interessante è quella sul
Trenino verde da Bosa Marina a
Macomer costeggiando la spiaggia di
Pedras Nieddas (Pietre Nere) prima di
risalire la valletta del Rio Abba Mala
verso Modolo, Tresnuraghes e Sindia.
99
SANTU LUSSURGIU
A 500 metri di altitudine, sul versante
orientale del Montiferru, Santu
Lussurgiu si stende ad anfiteatro sul
bordo di un cratere vulcanico circondato da uliveti. Interessante il centro
storico con strade in salita e piccole
piazzette su cui si affacciano belle case
in pietra a più piani, intonacate con
colori vivaci dal rosso vinaccia al giallo
zafferano. Alcune hanno architravi
decorate e balconi in ferro battuto. In
via Roma, in una casa padronale del
XVIII secolo, si aprono le 11 stanze del
Museo della Tecnologia contadina,
realizzato dal Centro di Cultura
Popolare e visitabile su appuntamento.
Artefice della raccolta “Su mastru
Salis”, Maestro Salis, che in venti anni
ha raccolto più di 2000 oggetti
appartenuti alla civiltà e alla tradizione
del paese. Visitare il museo con la sua
guida, o con quella dei volontari che lo
aiutano, è come fare un viaggio a
ritroso nel tempo. Sala dopo sala
riemergono oggetti usati quotidianamente dai contadini, dai pastori e dai
carbonai che lavoravano ai piedi del
Montiferru. Particolarmente interessanti la sezione della filatura e della
tessitura, la cucina e la sezione dei
mestieri con un insolito ellissografo.
Interessante anche la stanza del vino
con una gualchiera, lo strumento
100
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
preindustriale utilizzato per ammorbidire e infeltrire il tessuto. Nel territorio
di Santu Lussurgiu ne funzionavano
più di quaranta. Nella parte alta del
paese si trova la chiesa di Santa Maria
degli Angeli, che conserva al suo
interno un bell’altare di legno intagliato. In paese esistono ancora artigiani
specializzati nella fabbricazione dei
coltelli o nei finimenti per cavalli
(morse, selle e stivali di cuoio). A
Carnevale la strada di fronte al museo,
chiamata “Sa Carrela ’e Nanti”, è teatro
di una sfrenata corsa a pariglia di
cavalli guidati da cavalieri in costume.
Dintorni: a pochi chilometri c’è un
bosco di pini, lecci e querce che
circonda il paesino di San Leonardo de
Siete Fuentes, famoso per la presenza
di sette sorgenti dalle acque radioattive e diuretiche che sgorgano da sette
fontanelle a temperatura costante di
11 gradi. I sette ruscelli attraversano
un boschetto meta di scampagnate
domenicali. Al centro dell’abitato si
trova la piccola chiesa di San
Leonardo appartenuta ai Cavalieri di
Malta. In trachite scura, è stata
costruita nel XII secolo ma l’aspetto
attuale romanico-gotico è dovuto a
una ristrutturazione del secolo
successivo. L’interno, a navata unica,
conserva le insegne della Congregazione. Di fronte alla chiesa c’è una piccola
biblioteca comunale. All’inizio di
giugno, San Leonardo ospita una fiera
di cavalli da sella.
CUGLIERI
Sul versante occidentale del
Montiferru, in posizione panoramica
sul mare, Cuglieri è un grosso borgo
agricolo e pastorale a 500 m d’altitudine. Il paese si stende ai piedi della
imponente chiesa di Santa Maria della
Neve, dalla facciata settecentesca
affiancata da due campanili. Si
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
101
raggiunge con una bella passeggiata in
salita che dalla via principale si snoda
tra vicoli e scalinate strette tra alte case
in pietra. Dal piazzale del Colle
Barodus, davanti alla chiesa, la vista
spazia dai tetti rossi del paese alla
costa tra Santa Caterina di Pittinuri e
Porto Alabe.
Santa Caterina di Pittinuri
E una località balneare sorta intorno
alla caletta di sassi bianchi, chiusa da
una scogliera calcarea dominata dalla
Torre del Pozzo, costruita dagli
Spagnoli. Questo tratto di costa è
molto panoramico con promontori
calcarei e spiagge di sabbia e sassi
bianchi. Il punto più famoso è
S’Archittu, un grande arco scavato
nella scogliera dalla forza delle acque.
Una strada sterrata, che parte dalla
statale 292 tra Santa Caterina di
Pittinuri e S’Archittu, porta alle rovine
della città punico-romana di Cornus
dove, nel 215 a. C., si combatté l’ultima
battaglia tra i Romani e i Sardo-punici
guidati da Amsicora. Nel IX secolo la
città venne abbandonata a causa delle
continue incursioni saracene e gli
abitanti si spostarono in collina
fondando una nuova cittadina, Curulis
Nova, l’attuale Cuglieri. La strada
termina poco prima dell’insediamento
paleo-cristiano di Columbaris, mentre
l’acropoli di Cornus sorge sul colle a
sud-ovest. La zona archeologica
sembra abbandonata, ma si possono
individuare alcuni sarcofagi e i resti di
una basilica a tre navate probabilmente
risalenti al VI secolo.
CABRAS
A pochi chilometri da Oristano,
Cabras è un paese dalle case a un
piano che ha conservato l’impianto
antico. Sorge ai bordi dello stagno,
esteso per 2.000 ha, che è il più grande
stagno di acqua dolce della Sardegna e
comunica col mare attraverso una
serie di canali. La presenza contempo-
102
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ranea di acqua dolce e salata attira
falchi di palude e folaghe, polli sultani
e falchi pellegrini. Le acque sono
ricche di anguille e muggini. Un tempo
sullo stagno si andava a pesca con
imbarcazioni dalla forma appuntita, is
fassonis, costruite con erbe palustri
essiccate al sole, avvalendosi della
stessa tecnica usata dai Fenici. Sempre
ai Fenici sembra risalire sa merca: i
muggini vengono avvolti
in erbe lacustri e lasciati
a macerare in acqua
salata.
Dintorni: al limite
settentrionale del golfo di Oristano c’è
la Laguna di Mistras. Separata dal
mare da due cordoni litorali, inserita
nelle zone umide di importanza
internazionale previste dalla convenzione di Ramsar, rappresenta l’habitat
ideale per fenicotteri rosa, cormorani,
aironi cinerini e falchi pescatori. Ricco
di avifauna anche il vicino stagno Mar
’e Pontis, dove visitare la Peschiera
Pontis, un’antica costruzione per la
itticoltura, con chiuse e lavorieri.
SAN SALVATORE
Le bianche case dei pellegrini, le
cumbessias, circondano la chiesa
campestre di San Salvatore. Esse
vengono abitate per nove giorni
all’anno, a cavallo tra agosto e settembre, in occasione della novena per la
festa del santo. La grande piazza
centrale è stata utilizzata negli anni
Sessanta del Novecento come set dei
film western all’italiana. La chiesa è
sorta alla fine del XVII secolo nell’area
di un santuario pagano di origine
nuragica, incentrato sul
culto delle acque e
ricostruito nel VI
secolo come chiesa
sotterranea. Attraverso una scala nella navata sinistra si
scende all’ipogeo formato da sei vani:
due rettangolari ai lati di un corridoio
che conduce a un atrio circolare con
un pozzo intorno al quale sono
disposte tre camere. L’ipogeo è
parzialmente scavato nella roccia; i
soffitti a botte sono in arenaria e
mattoni. Sulle pareti si sono conservati
diversi graffiti di animali (elefante,
pantera e pavone) e di divinità (Ercole
che lotta con il leone Nemeo, Marte e
Venere con un piccolo Eros alato).
Interessanti le scritte arabe che parlano
di Allah e Maometto, nonché le
numerose raffigurazioni di navi, che
gli studiosi ritengono potessero essere
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
103
dei probabili ex voto. Le lettere latine
RVF intrecciate come in un monogramma e ripetute più volte sembrano
derivare dalla lingua fenicia e significare “guarire, salvare, dare salute”. Il
primo sabato di settembre si celebra la
festa di San Salvatore con la corsa degli
Scalzi in ricordo dell’impresa di alcuni
giovani che, dopo avere abbandonato il
villaggio per sfuggire ai Saraceni,
ritornarono per mettere in salvo la
statua del santo. Appena fuori
dell’abitato, in direzione est, ci sono le
rovine delle terme romane di Domu ’e
Cubas.
SAN GIOVANNI DI SINIS
Al limitare della penisola del Sinis, vi è
una località balneare un tempo famosa
per le caratteristiche baracche dei
pescatori costruite in legno e giunco.
Oggi ne rimangono solo alcune: il
gruppo più numeroso è a oriente della
statale, poco distante dagli scavi di
Tharros. All’ingresso del paese sorge la
chiesa paleocristiana di San Giovanni,
insieme a San Saturnino di Cagliari,
più antica della Sardegna. Risale infatti
al V secolo, anche se gran parte
dell’aspetto attuale è dovuto a interventi del IX e X secolo. L’interno a tre
navate coperte da volte a botte è
suggestivo.
Dintorni: a poca distanza c’è l’Oasi
Torre ’e Seu del WWF che conserva
una delle ultime macchie spontanee di
palme nane rimaste nella zona. Si
raggiunge con una strada sterrata che
parte dalla periferia settentrionale di
San Giovanni di Sinis. Dal cancello si
prosegue a piedi fino al mare e a Torre
’e Seu costruita dagli Spagnoli.
NELLA TERRA DELLA VERNACCIA
La campagna a nord di Oristano è una
delle più fertili di tutta l’isola, un’oasi
di viti, aranci e olivi. La coltivazione
dei mandarini risale al Trecento e
all’opera dei monaci camaldolesi che
avevano un grande convento a
Bonacardo. Ben più antica la coltivazione della vite: a Tharros (pp 132-3)
sono stati ritrovati vasi vinari, anfore,
bicchieri. La Vernaccia di Oristano è il
vino più famoso della Sardegna e viene
prodotta nei comuni di San Vero Milis,
Cabras, Zeddiani, Narbolia, Riola,
Baratili. È un vino forte, con gradazione alcolica di almeno 15 gradi e un
invecchiamento minimo di 3 anni in
barrique di rovere. Piacevole una gita
nella zona di produzione, magari
fermandosi per degustazioni e acquisti
nella Cantina sociale della Vernaccia.
Molto belli i portali settecenteschi che
segnavano l’accesso ai fondi.
THARROS
La città di tharros venne fondata dai
Fenici intorno al 730 a.C. sul promontorio di Capo San Marco, che offriva
ancoraggi sicuri in qualsiasi condizio-
104
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ne atmosferica alle navi
che arrivavano cariche di
merci da tutto il
Mediterraneo. Già nel
VI e V secolo a.C.
Tharros era diventata
un fiorente centro
portuale e l’espansione
continuò anche con i
Romani, dal 238 d.C. Dell’antica città
sono stati riportati fino a oggi alla luce
i tre quinti. L’area archeologica,
sospesa tra i due mari, è una delle più
affascinanti del Mediterraneo. Una
visita nella parte meridionale porta
alla città punica e romana con le
abitazioni, le terme e i santuari; più a
nord, permette di visitare il tophet, le
capanne nuragiche del villaggio Murru
Mannu e la cinta muraria di età
romana.
ORISTANO
Al limite settentrionale del Campidano,
tra la foce del Tirso
e lo stagno di
Santa Giusta,
Oristano è il
centro più
importante della
Sardegna occidentale. La sua
origine risale al
1070, e
all’abbandono
della ricca e
potente
Tharros, troppo
esposta alle incursioni dei pirati. Il
periodo tra il 1100 e il 1400 vede una
città guidata da sovrani illuminati
come Mariano IV e la figlia Eleonora
che arrivarono a controllare quasi tutta
l’isola. Al centro di una pianura
fertilissima e di un sistema di stagni
che producono grandi quantità di
pesce, è diventato capoluogo di
provincia solo nel 1974. Il centro
storico, corrispondente ai quartieri
all’interno delle mura, ormai abbattute,
è piccolo e facile da girare a piedi,
anche perché in buona parte isola
pedonale.
CATTEDRALE
Dedicata alla Beata Vergine Assunta,
venne realizzata nel 1228 per volere di
Mariano di Torres con l’apporto di
maestranze lombarde. Ricostruita
completamente nel XVII secolo in stile
barocco, si presenta oggi come un mix
di diversi elementi. Dell’epoca
giudicale rimangono il campanile
ottagonale, staccato dal corpo centrale
sul sagrato, con cupola a cipolla e
maioliche dai colori brillanti, e anche i
battenti in bronzo e la Cappella del
Rimedio dalla balaustra in marmo con
bassorilievi pisani raffiguranti Daniele
nella fossa dei leoni. Importante anche
il coro in stile rinascimentale sardo
dietro l’altare maggiore. Ricco e vario il
Tesoro del Duomo, conservato
nell’aula Capitolare: argenterie,
paramenti sacri e antichi codici
miniati si possono ammirare su
richiesta. La piazza del Duomo è
chiusa dal Palazzo Arcivescovile e dal
Seminario Tridentino.
TORRE DI MARIANO II
Chiamata anche torre di San
Cristoforo o Porta Manna, è una torre
in blocchi di arenaria fatta erigere nel
1291 dal giudice Mariano II che allora
guidava il Giudicato d’Arborea ed è,
insieme allatorre opposta di
Portixedda, l’unica
traccia dell’antica
cerchia muraria.
Sovrastata da una
grande campana
del 1430, è aperta
sul lato interno. Ai
suoi piedi si stende
piazza Roma, il
punto più animato
della città, con
negozi alla moda e
bar all’aperto.
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
CORSO UMBERTO
Chiamato via Dritta, è l’isola pedonale,
salotto buono di Oristano, con edifici
imponenti come il Palazzo Siviera, un
tempo sede del marchese d’Acrisia, che
termina con una cupola, e Palazzo
Falchi, risalente agli anni 20. Vi si
concentrano le vetrine dei negozi più
eleganti e al tramonto diventa teatro
del quotidiano rito del passeggio.
PIAZZA ELEONORA D’ARBOREA
Alberata, irregolare e lunga, è dedicata
alla giudichessa che promulgò la
famosa Carta de Logu. Sulla piazza si
affacciano il Palazzo Carta, il Palazzo
Mameli, il Palazzo Corrias e il Palazzo
Comunale, un tempo convento degli
Scolopi, che ingloba la chiesa di San
Vincenzo, a pianta ottagonale. Al
centro la statua di Eleonora d’Arborea,
realizzata nell’Ottocento.
105
CHIESA DI SAN FRANCESCO
In stile neoclassico, venne costruita sui
resti di una chiesa gotica, completamente distrutta all’inizio dell’800. La
facciata è a sei colonne con capitelli
ionici. All’interno una delle più
interessanti sculture in legno di tutta
l’isola: il Crocefisso policromo detto
“di Nicodemo”, opera di ignoto autore
catalano della fine del XIV secolo.
Interessante anche San Francesco che
riceve le stimmate, opera del pittore
cagliaritano Pietro Cavaro, sistemata
nella Sacrestia.
SANTA CHIARA
In stile gotico, la chiesa di Santa
Chiara risale al XIV secolo. Lineare la
facciata in conci di arenaria con sobrio
rosone centrale e piccolo campanile a
vela. All’interno sono interessanti le
mensole in stile gotico in legno
intagliato con figure di animali.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ANTIQUARIUM ARBORENSE
All’interno del neoclassico Palazzo
Parpaglia, il museo ospita diverse
collezioni archeologiche provenienti
dagli scavi di Tharros, una pinacoteca
e una sezione dedicata alla città
all’epoca dei Giudicati. Nella pinacoteca sono da segnalare il retablo di San
Martino (XV secolo) attribuito alla
scuola del pittore catalano Ramon de
Mur. Del retablo di Cristo (1533),
opera della scuola di Pietro Cavaro, si
sono conservate solo nove tavole. Il
retablo della Madonna dei Consiglieri
(1565), opera del cagliaritano Antioco
Mainas, rappresenta i consiglieri della
città di Oristano inginocchiati intorno
alla Madonna. Della ricca collezione
archeologica sono da notare gli oltre
duemila raschiatoi in ossidiana del
periodo neolitico, i fermacapelli in
osso, le anforette provenienti dalla
Grecia e dall’Etruria, vetri e lucerne
romani. Tutti i reperti fanno parte
della Collezione Efisio Pischedda cui si
affiancano collezioni minori (Pau,
Carta, Sanna-Delogu). Tra i pezzi più
importanti una maschera in terracotta,
scarabei in diaspro verde e gioielli con
incisioni di epoca romana.
I CAVALIERI DELLA STELLA
La Sartiglia si tiene l’ultima domenica
di Carnevale e il Martedì Grasso
secondo un rituale secolare. Fu
introdotta probabilmente nel 1350 da
Mariano II per festeggiare le sue nozze.
Il 2 febbraio viene scelto il capocorda,
su Componidori, che, il giorno della
gara, viene vestito da un gruppo di
ragazze in costume. Gli viene cucita
addosso una camicia bianca, il volto
viene avvolto con bende e coperto con
una maschera femminile, in testa gli
vengono posti un velo da sposa e un
cilindro nero. Così bardato guida il
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
corteo di cavalieri, trombettieri e
tamburini che attraversa la città fino
alla piazza della giostra. A un segnale
convenuto si lancia al galoppo per la
via che costeggia l’Arcivescovado e la
Cattedrale. Nella corsa il capocorda
deve infilare la spada nel foro al centro
di una stella appesa a un filo. Se ci
riesce il raccolto dell’anno sarà
abbondante.
SANTA GIUSTA
Sulle sponde dello stagno omonimo, è
un borgo agricolo che sorge sui resti
della città romana di Ottona. Su un
rilievo all’ingresso del paese si trova la
Cattedrale di Santa Giusta, gioiello
dell’architettura romanico-pisana che
risente di influssi arabi e lombardi.
Costruita nella prima metà del XII
secolo, presenta una facciata slanciata,
il cui effetto risulta amplificato dalla
scalinata, con triplice arcata, che
inquadra il portale e una finestra a
trifora. Nell’interno, a tre navate, le
colonne hanno stili e forme divesi
perché provengono dai resti delle
vicine città romane di Neapolis,
Tharros e Othoca. Dal sagrato si gode
109
una bella vista sullo stagno, uno dei
più pescosi dell’isola, solcato ancora da
is fassonis, le lunghe imbarcazioni di
falasco, di lontana origine fenicia;
durante la sagra di Santa Giusta
gareggiano in una spettacolare regata.
La specialità locale è la bottarga,
costituita da uova di muggine
essiccate.
ARBOREA
Al centro di una piana
bonificata in epoca
fascista, Arborea è
sorta nel 1930 con il
nome di
Mussolinia.
Immerso nel verde
dei campi, il paese
ha la tipica struttura
regolare degli insediamenti recenti. Gli
edifici pubblici (la scuola, la parrocchia, l’albergo e il palazzo del Comune) si affacciano su piazza Maria
Ausiliatrice, da cui partono le vie
principali che seguono uno sviluppo
ortogonale. I viali sono alberati, le case
a due piani in stile neogotico sono
circondate dal verde. Nel Palazzo
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Comunale si trova la Collezione Civica
Archeologica: una raccolta di reperti
archeologici, provenienti dalla
necropoli romana di S’Ungroni. A
circa 9 km si trova il borgo di pescatori
di Marceddi sui bordi dello stagno,
dominato dalla cinquecentesca
Torrevecchia.
FORDONGIANUS
Nella bella valle del Tirso, l’antica
Forum Traiani è la più importante città
romana dell’interno, avamposto
fortificato contro le popolazioni
barbaricine. Le case del centro sono in
pietra rossa e grigia. Una delle meglio
conservate è casa Madeddu, l’antica
“casa aragonese” del primo ’600, con
portali e finestre in stile catalano. Sulla
stessa via, la cinquecentesca parrocchiale di San Pietro Apostolo in
trachite rossa, quasi interamente rifatta
in epoca moderna. In riva al fiume ci
sono le Terme Romane, oggi visitabili
dopo un lungo
restauro. La
piscina
rettangolare
raccoglie
ancor oggi
l’acqua calda
(a una
temperatura di circa 50 gradi)
proveniente dalle sorgenti termali e
utilizzata dalle donne del paese per il
bucato. All’interno un porticato e belle
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
113
sale con pavimento a mosaico. A pochi
chilometri dal paese sorge la chiesetta
campestre di San Lussorio, costruita
dai monaci Vittorini verso il 1100 su
una cripta Paleocristiana.
PAULILÀTINO
Circondata
da oliveti e
boschi di
sughere,
questa
borgata
agricola
sorge ai margini dell’altopiano
basaltico di Abbasanta. Le case sono in
pietra scura, con portali in stile
aragonese e balconcini in ferro battuto.
Scura anche la parrocchiale di San
Teodoro del XVII secolo in stile
gotico-aragonese, con un rosone dai
vetri colorati e campanile a cipolla. Nel
Palazzo Atzori è aperto un Museo
etnografico che raccoglie oggetti di uso
quotidiano e utensili domestici tipici
della zona.
Dintorni: a 4 km dal centro, sulla
superstrada 131, deviando si arriva al
villaggio nuragico di Santa Cristina.
Un muro a secco delimita la zona
114
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
archeologica costituita da un tempio a
pozzo dedicato al culto della dea
madre risalente al I millennio a.C. Il
pozzo, a imboccatura trapezoidale, è in
ottimo stato di conservazione. Una
scala dagli ampi gradini scende alla
camera a volta. Poco distante sorge un
recinto che doveva servire come sala di
riunione. La sacralità del luogo è
sopravvissuta nei secoli, tanto che in
epoca cristiana venne edificata una
chiesa dedicata a Santa Cristina. Come
nell’antichità, i devoti continuano ad
affluire alla chiesetta circondata da un
villaggio di muristenes, le case dei
novenanti, in occasione della festa
della santa che si celebra la seconda
domenica di maggio. A destra della
chiesa, nel bosco di ulivi, si apre
un’altra area archeologica che comprende un piccolo nuraghe ben
conservato e due capanne in pietra,
dalla pianta rettangolare. La meglio
conservata è lunga quattordici metri e
alta due.
ÀLES
Alle falde orientali di Monte Arci, è il
centro principale della Marmilla. Nella
parte alta del borgo sorge la Cattedrale
di San Pietro, costruita nel 1686 dal
genovese Domenico Spotorno che
utilizzò per la costruzione i ruderi di
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una preesistente chiesa del XII secolo.
Due campanili con cupole in ceramica
chiudono la facciata. L’interno, in stile
barocco, ha una sagrestia arredata con
mobili intagliati e un raro crocifisso
del Trecento. Nell’Archivio capitolare si
trovano raffinate opere di oreficeria.
Sulla stessa piazza si affacciano il
Palazzo vescovile, il Seminario e
l’Oratorio della Madonna del Rosario.
Àles è il paese natale di Antonio
Gramsci (1891-1937), come ricordano
il monumento di Giò Pomodoro e la
targa apposta sulla sua casa natale.
Dintorni: il paese è il punto di
partenza per salire ai panoramici
115
torrioni di Trebina Longa e Trebina
Lada, le cime più alte di Monte Arci,
punte residue dell’antico cratere.
Lungo i sentieri si possono notare le
schegge di ossidiana, il prezioso vetro
naturale che, ridotto in sottilissime
lastre, serviva per la fabbricazione di punte di frecce,
lance e raschiatoi.
L’ossidiana di Monte Arci
non riforniva soltanto la
Sardegna ma, tra il VI e il
III millennio a.C., veniva
esportata in tutto il
Mediterraneo.
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