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L`Occidente e l`!slam, tra dialogo e conflitto

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L`Occidente e l`!slam, tra dialogo e conflitto
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L'Occidente e l'!slam, tra dialogo e conflitto
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CULTURA
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CENNI STORICIsuu'ISLAM
L'islamismo è attualmente la religione di circa un miliardo di persone,ed il
più grande stato islamico è l'Indonesia. L'appartenenzaall'Islam comporta un
.insieme di credenzee pratiche religiose specifiche, la comunanza di alcuni elementi di una cultura e di una civiltà ed una determinata identità politica o comunitaria. Questo ci consentedi affermare che l'Islam è nello stessotempo una religione, una cultura ed una comunità. La tradizione islamica è caratterizzatada una
profonda continuità storica, ma presentaun'enorme varietà di manifestazioni.
Le origini
La religione islamica fu rivelata al profeta Maometto intorno al 600 dall'arcangelo Gabriele, che gli trasfusela vera parola di Dio. L'intera rivelazione fu raccolta nel Corano, compilato dopo la morte di Maometto, avvenuta nel 632.
Maometto era nato alla Mecca, città dell'Arabia occidentale, esempiotipico
dell'eterogeneasocietà del tempo, caratterizzatadalla compresenzadi politeisti,
cristiani, ebrei e di monoteisti che non appartenevanoad alcuna comunità reli-
gIosa.
In questa realtà inevitabilmente lacerata da conflitti, Maometto portò una
riaffermazione in lingua araba dell'esistenzadi un unico Dio onnipotente, Allah,
creatore dell'universo; un Dio che esigevabuone azioni e buoni pensieri dalle sue
creature, e che le avrebbe giudicate nel giorno del giudizio ricompensandole o
punendole per l'eternità.
L'espansionearabo,.islamicanel Medio Oriente si verificò subito dopo la
morte del Profeta: nel 641 furono conquistate la Siria, la Palestinae l'Egitto, mentre nel 656 l'Iran.
Le conquiste arabe non comportarono, tuttavia, un'islamizzazioneimmediata del Medio Oriente, che si realizzòinvece tra il X e l'XI secolo.
J
I fond4menti
Il Corano definl i precetti della nuova religione e divennero forme distintive
dei mussulmani i cinque pilastri dell'Islam: la professionedi fede nell'unico Dio,
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Maurizio CALAMO
la preghiera, le elemosine, il pellegrinaggio alla Mecca, l'osservanzadel digiuno di
ramadan.
Il Corano fissò anche la legislazionerelativa alla famiglia, ratificando il clan
patriarcale preesistente,controbilanciando il divorzio e la successioneereditaria,
che favorivano i maschi, con un insegnamento etico che prescrivevarispetto e
considerazione del prossimo e riaffermava il pieno valore della donna come essere umano.
La dottrina religiosadivenne ben presto oggetto di analisida parte di studiosi
e discepoli che finirono, nell'immensa varietà del mondo mussulmano, per dare
vita a varie fazioni politiche.
Distinzioni ancor oggi presenti, come quella tra i sunniti' e gli sciiti.
I sunniti, in particolare, elaborarono una serie di orientamenti del vivere
quotidiano, giungendo ad un codice di comportamento del buon mussulmano,
la c:d. shari'a, la "Legge", caratterizzato dal rispetto dei precetti teologici. Tali
comportamenti erano però accompagnati da un ideale-di moderazione e dalla
sollecitazio~e a vivere nel mondo senza esserschiavi, tenendo semprepresente
la vita a venire.
All'esterno dell'area sunnita, quale prima sfida all'lslam normativo, si formò
la shi'a ("partito"), cui aderirono coloro che sostenevanole rivendicazioni di All,
genero ~ Maometto, e dei suoi discendenti, unici califfi legittimi. Gli appartenenti a tale fazione, detti "sciiti", attribuirono grandissimo rilievo alla guida spirituale, l"'imam", ritenuto di natura divina ed espressionedi Allah.
Ancora oggi l'imam studia il Corano per comprenderne il significato apparente e quello nascosto,e gli sciiti sono tuttora in attesa del Dodicesimo imam
nasco~to,figura emblematica e mitica dell'interiorizzazione sciita.
Se quindi gli sciiti ritengono che la vera religione consista nella fedeltà alla
"imam", si sentono delusi dal mondo, ne avvertono la corruzione, aspettano il
ritorno del messiaed anelano la redenzione, i sunniti accettano la vita di questo
mondo, considerato terreno dell~Jdisciplina religiosa.
Attualmente circa il 90% dei mussulmani sono sunniti e il 10% sono sciiti, anche se questi ultimi sono la grande maggioranzain.Iran (50%), in Iraq e in
Libano.
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CULTURA
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Il XX secolo e l'esperienza del11ran
La prima guerra mondiale portò alla nascita di'un nuovo sistema politico di
Stati nazionali di tipo laico anche nel Medio Oriente. Il nazionalismo divenne dottrina quasi universale della lotta politica contro il dominio coloniale. Tuttavia 1'1slam conservò la sua importanza come base della società civile e della religiosità
privata, continuando
cosl a costituire, implicitamente,
il reale fondamento dell'i-
dentità nazionale.
Il tratro più rilevante dell'lslam moderno è la circostanza di esserediventato
il punto di riferimento
di una serie di movimenti di opposizione che propugnano
il rovesciamento degli Stati laici e la loro sostituzione con Stati islamici. I primi di
questi movimenti
si formarono
negli anni trenta e quaranta, crescendo notevol-
mente negli anni settanta, e propugnarono un ritorno all'unione tra Stato e società
realizzata da Maometto ed una piena adesione ai principi del Corano ed agli insegnamenti del Profeta.
L'obiettivo oggi è quello di creare una solidarietà sociale e di costruire un'autentica comunità musulmana basata sulla fratellanza e sulla giustizia; a tal fine,
sino ai giorni nostri, si sono moltiplicati
i gruppi religiosi, le scuole, le istituzioni
di beneficenza, le cooperative. L'intento, dunque, è quello di una reislamizzazione
globale della società e la creazione di un' economia, di una giustizia e di un' amministrazione islamiche.
La caratteristica saliente di questi movimenti è pertanto la spinta arovescia~
re i governi esistenti; al riguardo "tipica" è stata l'esperienza dell'Iran.
La rivoluzione
l'ultimo
in Iran del 1978/79, uno degli episodi più importanti
del-
quarto del secolo scorso, ha avuto ripercussioni sul piano internazionale
che ancor oggi non mancano di produrre effetti.
Lo Scià Reza Pahlavi, salito al trono nel 1941, aveva dovuto fronteggiare
subito il clero sciita ed in particolare Khomeini che, per la sua avversione al sistema monarchico, fu ben presto inviato in esilio.
Dall'Iraq
il religioso iniziò una furiosa campagna contro il monarca, impo-
stata sui principi dell'lslam e sulla denigrazione dello Scià.
A seguito delle violente manifestazioni e scontri in tutto il Paese,lo Scià fu
costretto all'esilio il 16 gennaio 1979, e Khomeini rientrò in Iran il successivo 31
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gennaio.
L'Iran, come sancito anche in un referendum, divenne una Repubblica Islamica; tuttavia da quel momento non ci fu più spazio per tutte quelle forze democratiche, socialistee di ispirazione etnica che tanto avevanocontribuito al successo della rivoluzione.
Il nuovo assettocostituzionale del Paeseinstauravauna particolare ed originale forma di diarchia nella quale accantoad una forma di potere di tipo tradizionale rappresentatadal Presidentedella Repubblica e dal Parlamento, si accompagnava un parallelo potere di ispirazione religiosa,presieduto da una "Guida Supremi' e coadiuvato dal "Consiglio dei Guardiani". A tali ultime caricheera, ed è tuttora, demandato l'effettivo eserciziodei principali poteri della Repubblica Islamica, con un ruolo poco più che d'esercizioe di gestione per le cariche istituzionali
del Presidentee del Parlamento.
Quale oggi la situazione in Iran?
Le recenti elezioni del febbraio 2004 hanno segnatola sconfitta dei "riformatori" eletti nel 2000; si è trattato però di una sconfitta annunciata, dopo l~ cancellazione di 2500 candidati riformisti ad opera del Consiglio dei Guardiani.
LE RAGIONIDELCONFLI1TO
Estremismoefondamentalismo
La brevestoria appenatracciata consentedi ritenere che tra i fondamenti dell'Islam non vi sia la spietataviolenza terrorista che tanto invade i mass-mediae che
tanto~ a ragione, colpisce la nostra anima. Se il rischio può esserequello di giungere a pericolose forme di razzismo e di discriminazione, è necessarionon avere
paura della diversità, ma anzi conoscerla per capirla. Ogni volta che si nega la
conoscenzae l'ascolto, si afferma l'estremismo e il fondamentalismo.
Interroghiamoci, allora, sul significato di questi termini.
Per estremismointendiamo le manifestazioni-specialmente quelle attinenti alla sferapolitièa -più illiberali del massimalismo,del radicalismo e dell'intransigenza,spessoaccompagnatedall'eversionee dalla violenza, sia quest'ultima pale-
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CULTURA
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se o clandestina.
Più difficile è circoscrivere il concetto di fonclamentalismo, il quale rispecchia complesseradici sociali, politiche, economiche, culturali e, naturalmente, religiose,ma non è di per sésinonimo di intolleranza, violenzao sopraffazione,anche
se viene soventeed impropriamente assimilato a queste ultime. Il fondamentalismo che trae origine da un testo sacrocostituisce un programma di azione sociopolitica in sensolato e si propone come guida per la vita spirituale dei credenti. In
tutte le sue manifestazioni, il fondamentalismo si confronta con la sfera dei non
credenti, senzaperò mirare allo scontro violento o all'imposizione del proprio
credo.
Quando il fondamentalismo d~generain forme d'intolleranza e d'imposizione sarebbecomunque preferibile parlare di radicalismo'religioso.Va infine tenuto presenteche la religione può esserevissutae praticata come fede, cioè come rapporto soggettivo della creatura (il credente) con il Creatore, oppure come ideologia. Nel secondo caso, si verifica lo straripamento della sfera religiosa in quella
politica. Ne deriva l'esigenza di distinguere nettamente il fondamentalismo, o
meglio il radicalismo religioso, dal semplice estremismopolitico.
Possiamoinfine parlare di estremismoo di fondamentalismo "degenerativo",
caratterizzatodal ricorso di numerosi gruppi subnazionali-talvolta appoggiatida
Stati sostenitori-alla cosiddetta"guerraasimmetrica",che nella sostanzapunta allo
sfruttamento dei punti deboli di un avversariopiù potente, come macroscopicamente dimostrato dai noti fatti dell'Il settembre200l. Tale estremismoe fondamentalismo degenerativocostitUiscela grande minacciaalla sicurezzanazionale.
Quando si discorre di fondamentalismo si pensa sempre ai musulmani, e
questo può rappresentareun grave errore di prospettiva storica, poiché il fondamentalismo è nato tra i cristiani protestanti statunitensi nel 1898.
Esiste anche un fondamentalismo ebraico e indù, e c'è infine, nel nostro
Occidente, un fondamentalismo di tipo laico, vera e propria indisponibilità a giudicare la serietàdelle ragioni religiose.Anch'essoè una forma di fondan1entalismo
e di fanatismo, perché rientra nel concetto di fondamentalismo la chiusura totale
alle ragioni degli altri.
Sono movimenti a caratterefondamentalista quelli che procedono al reclu-
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tamento degli adepti facendo leva sui sentimenti di frustrazione, di odio, di inimicizia, ossia,in ultima analisi, sulla non-conoscenza.
Il radicalismo religioso, anch'essooccasionalmenteriscontrabile in numerose professionifideistiche e praticato solo da estremisti,è invece una degenerazione
del fondamentalismo e spessocomporta iniziative violente e sopraffazioni in nome
della religione. Il radicalismo islamico, indiscutibilmente espressioneminoritaria
di quella religione, costituisce la maggiore minaccia a livello di estremismopolitico-confessionale.
Al di là dei fattori spirituali e culturali, sia l'attivismo islamico moderato,
sia il radicalismo islamico, pur nella loro sostanzialedicotomia, costituiscono in
ragguardevole misura, una reazione ad una serie di problemi materiali contingenti, fra cui si distinguono e continueranno a distinguersi gli aspetti deleteri
dell'andamento economico, sociale e demografico di diversi Paesimusulmani,
la corruzione dilagante negli apparati statali, la conseguente crisi di legittimità
governativa e la frustrazione sempre crescente della popolazione giovanile. La
scelta, in particolare, di strumenti non convenzionali per istituire governi confessionali nei singoli Stati musulmani e per respingere allo stessotempo l'inquinamento occidentale incrementa l'aggressività delle numerose aggregazioni
radicali o radicalizzanti e ne allarga la sfera di azione al di là dei confini del
mondo tradizionalmente islamico.
In questo contesto incide pesantementea livello psicologico, coinvolgendo
emotivamente anche i moderati, il noto, annoso e irrisolto conflitto israelo-palestinese. Nel 1947 è emanata dall'ONU la prima, e fondamentale, risoluzione, la
numero 181, con cui si stabilisce la divisione del territorio della Palestina:Stato
ebraico da una parte e Stato palestinesedall'altra.
Le vicende che si sono succedute,ed il pensierova alla Guerra dei SeiGiorni del 1967 e a quella del Kipur del 1973, hanno certamentemessoin moto il fondamentalismo islamico dando il via alla islamizzazionedella questione palestinese
e facendo crescerei movimenti radicali, quali Hezbollah e Hamas.
In particolare, la Guerra dei Sei Giorni ha rappresentatoun motore per il
fondamentalismo islamico poiché l'aspetto religioso è diventato ideologicamente
l'unica alternativa in grado di unire i palestinesie gli arabi, unico elemento di
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CULTURA
identità forte rispetto ai diversi nazionalismi.
Il conflitto ebraico-palestineseha un rilievo maggiore anche a causadella
mancata mediazione dell'Europa, che anzi in molti casi ha sostenuto la causa
nazionalepalestinese.
Al-Qaida e lattentato dell']] settembre200]
In tempi più recenti l'attenzione si è maggiormente concentratasulla rete di
"al-Qaidà'. Al riguardo sappiamo che, oltre ad avereuna propria struttura gerarchica ed operativa, essafunge da elemento di raccordo finanziario, logistico e operativo per una serie di formazioni semiautonome o indipendenti presenti in ogni
continente. Cellule o elementi appartenentia questarete operano in circa 60 Paesi
non solo islamici, ma anche occidentali. Lo smantellamento dell'Emirato Islamico dell'Mghanistan (dove al-Qaida verosimilmente aveva stabilito una sorta di
quartiere generalepresso il regime dei Taleban), a seguito dell'intervento militare
americano, ne ha sicuramente ridotto, ma non annullato le capacitàe le potenzialità. In ogni caso,anche sedovessescomparire in quanto tale, al-Qaida ha tracciato un modello organizzativo multidimensionale con fini politico-confessionali
riproducibile o adattabile secondo le esigenze.A prescinderedall'apporto finanziario iniziale del ben noto Osama bin Laden e dalle capacità imprenditoriali da
lui fattivamente messea disposizione, l'attivismo radicale islamico, sia a livello
locale che internazionale, gode comunque di finanziamenti occulti provenienti da
fonti private. La situazione è poi aggravatadal fatto che, per considerazioniinerenti ad interessi di sicurezzainterna, le monarchie conservatriciislamiche tentano incautamente di tenere a bada i propri sudditi radicali contribuendo al finanziamento delle attività dei medesimi all'estero, anche se non necessariamenteo
direttamente quelle violente. La stessaconsiderazionevale per la consuetudine, di
promettere risarcimenti ai familiari di coloro che muoiono per la fede, eufemismo
per attivisti violenti e, in particolare, per attentatori suicidi che di regola colpiscono vittime inermi.
C'è poi la tendenzaad imitare il fanatismo dei radicali islamici da parte di
elementi estremistid'impostazione laica, anche se culturalmente appartenenti alla
stessafede, come si evince nel caso degli attentati suicidi dei palestinesidella Bri-
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Maurizio CALAMO
gata Martiri di al-Aqsa, da non confondersi con le formazioni radicali islamiche
quali Hamas o Jihad Islamica Palestinese.
In questi casi,siamo di fronte ad una situazione in cui sono sfruttati in chiave radicale i precetti dell'lslam.
I tragici fatti dell'undici settembre2001 hanno, inoltre, mostrato un terrorismo diverso da quello "solito" palestinesepoiché, pur riproponendone gli elementi fondamentali, quali, ad esempio, l'antimperialismo americano o l'opposizione alla mondializzazione,quanto verificatosi ha spezzatoogni collegamehto con
questioni di tipo territoriale, locale o nazionale. L'undici settembreha fatto prendere coscienzaagli occidentali dell'internazionalizzazionedella questione islamica.
In quest'ambito, poi, si è ribaltato il rapporto tra islamismo e modernità, che è l'elemento culturale di fondo che si pone alla riflessione dell'Occidente. È possibile
che sia avvenuta un'islamizzazionedella modernità, e Bin Laden l'ha dimostrato,
sia rispetto al metodo e alla logistica che usa,sia nel profondo rapporto che c'è tra
islamismo e cultura moderna. Elemento che sinora era mancato totalmente al terrorismo palestineseiniziato negli anni settanta.
Il terrorismo attuale ha una vasta penetrazione,va al di là dellocalismo, e
pone il nodo dei rapporti tra modernità e Islam, a partire da categorieproprie e
non importate dall'Occidente.
Non bisogna accettareperò la teorizzazionedello scontro di civiltà: l'islamismo radicale ha cambiato metodo di approccio sttategico e pone all'Occidente il
problema di una sua nuova collocazione, di un rapporto diverso nei confronti del
Terzo e del Quarto mondo.
L'Occidente
A questo punto dobbiamo chiedercise vi sia una qualche responsabilitàdell'Europa e dell'Occidente per non averfar tutto il possibile, e di continuare a non
farlo, per rasserenareil mondo mussulmano.
Non possiamo non pensarealla recenteguerra, portata contro l'Iraq.
L'lslam ha alle sue spalle rapporti contraddittori con l'Occidente. Fra il Settecento e il Novecento, i Paesi arabi hanno subito una forte attrazione verso il
mondo occidentale, interessati dalla potenza militare e tecnologica che quel
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CULTURA
mondo rappresentava.Al contempo, sono tuttavia rimasti profondamente con-
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vinti che la loro cultura, dal punto di vista spirituale, religioso -ma anche artistico, letterario, estetico -fosse infinitamente superiore a quella occidentale. L'intento era semplicementequello di cercaredi capire il segretodella potenza occidentale.
L'lslam è invece una religione che favorisceprofondamente la realpolitik, la
politica di potere e la politica di forza. È proprio per questo che il mondo musulmano è rimasto affascinato dall'occidente e, allo stessotempo, anche profondamente deluso da esso. Si aspettavache la cultura e la tecnologia occidentali l'avrebbero riportato (l'lslam) al ruolo di civiltà-guida che ha avuto per molti secoli,
tra il Medioevo e l'età moderna, invece tutto ciò non si è realizzato.
I musulmani si sono cosi resi conto che il mondo occidentale li ha usati per
i suoi fini -ultimo in ordine di tempo quello dell'energia petrolifera -e questo ha
generato un contraccolpo, una caduta delle illusioni, ha provocato il nasceredi
frustrazioni, di rancori, che sono evidentementealla basedello sviluppo dei movimenti fondamentalisti.
Il petrolio, non dimentichiamolo, ha molto penalizzato il mondo arabo, pur
arricchendolo. L'Iraq è un grande produttore di petrolio ed è uno dei paesichiave
della produzione petrolifera di quell'area chiamata "area del Golfo". L'Iraq ha poi
una situazione geograficache determina un collegamento con altre aree estrattive,
come quella del Mar Caspio e dell'Asia centrale. Non si deve dimenticare, allora,
che l'Europa come la Cina dipendono per 1'80% delle importazioni petrolifere dal
Golfo, mentre gli Stati Uniti dipendono soltanto per il 12%.
Ciò ha indotto qualcuno a ritenere che la guerra statunitensein un territorio di questo generesia indirettamente anche un episodio di guerra non certo militare, ma economica, finanziaria e industriale anche nei confronti dell'Europa e
della Cina.
Il discorsoè reciproco. Molti paesimusulmani e arabi sono interessatial rapporto con l'Europa, e gli Stati Uniti hanno la preoccupazionedi poter venire isolati, temono che i Paesieuropei, alcuni Paesiasiatici come l'Iran, l'India o la Cina
finiscano col favorire un rapporto con l'Europa piuttosto che con loro.
Per il mondo arabo anche questo conflitto può apparire quindi "provocato"
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Maurizio CALAMO
dall'Occidente per esclusivi fini economici, commerciali e di politica estera, e
comunque un conflitto "subito".
La "delusione" islamica verso l'Occidente continua senza,d'altra parte, che
l'Occidente sia riuscito a proporre sistemi-democratici credibili ed adattabili alle
esigenzeislamiche.
IL DIALOGO NECESSARIO
La seco/4rizzazione
del novecento
L'Occidente e l'Europa in particolare devono accettare il confronto con il
mondo islamico, senzaforme di "fondamentalism~)aico" o di "neo-colonialismo".
Certamente è forte oggi l'attenzione per il fenomeriQreligioso islamico (purtroppo anche per i drammatici eventi terroristici verificatis~ ma anche per le altre religioni e per i profondi valori che esserappresentano. \.
Questo sembraessereun'inversione di tendenzaris~etto alla forte secolariz\
zazione del novecento.
\.
Il secolo scorso aveva,infatti, fatto forza sulla laicità è sui nazionalismi, ma
si è trattato di un modello che è entrato in crisi già negli ultimi decenni.
In America Latina si è sviluppata la teologia della liberazione, che ha fatto
del cristianesimo un elemento per la rivoluzione sociale, e in Europa Giovanni
Paolo II, eletto Papa nel 1978, ha riaffermato la grande valenzadel cristianesimo
e dei suoi valori, facendo del cristianesimostessouna baseper la resistenzaal potere comunista in Polonia. In Israele,nello stessoperiodo si era verificata una ripresa dei partiti religiosi.
Nel guardare un po' a ritroso questi avvenimenti, che sono già storia pur se
ancora vicini, sembra quasi che anche la ripresa dei convincimenti religiosi abbia
finito per acuire le divergenzee quindi i conflitti.
Infatti, non v'è dubbio che le religioni monoteiste finiscano inevitabilmente
per avere una deriva integralista, forse proprio per la pretesaesclusivisticadella
verità che tutte le accomuna.
L'impegno comune, dell'Occidente e del mondo arabo, deve esserequindi
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CULTURA
imperniato sulla necessitàdi conoscere,per capire quello che uniscee per non farsi
prendere troppo da quello che divide.
Già nel Novecento i mondi religiosi hanno compreso di non poter vivere a
prescindere dall'esistenzadegli altri. La Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano
II, conclusosi nel 1965, parlava esplicitamente di dialogo con ebrei, musulmani e
con le religioni orientali. Ancora prima del Concilio, in Italia il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, avevapromosso dal 1955 incontri tra gli esponenti di comunità religiose. Per La Pira, il Mediterraneo doveva essereil "lago del dialogo", ed
occorrevaporre in relazionediretta la pace con il dialogo tra le religioni, e la guerra come possibile conseguenzadi forze religiose in contrasto. Giovanni Paolo II,
pur portatore di un forte messaggiodi identità cristiana, ha sorpresotutti nel 1986
visitando, primo Papa,la sinagogadi Roma, e poi, sempre nel 1986, organizzando l'incontro tra le religioni ad Assisi. Lì si è affermato con forza che il dialogo non
ha di mira l'unificazione delle religioni, né l'identificazione di una verità comune.
Il dialogo è convivenza, è conoscenza,non deve mirare a convertire ma a trasformare.
L'iniziativa italiana durante il semestre
europeo
Oggi tante sono le iniziative sia religiose che laiche a favore della costruzione di un costruttivo dialogo, a fronte di una cultura che sempre più contrappone
l'integralismo ed il terrorismo di alcuni al pregiudizio e alla chiusura totale di chi
si sente,a ragione, minacciato.
Tra questeiniziative, di eccezionalerilevanzaè stata quella assuntadal nostro
Paesenell'ambito delle attività svolte in occasionedella presidenzaitaliana dell'Unione Europea. In particolare il Ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, ha promosso, a livello di Conferenza dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea, un
Convegno dal titolo "11dialogo interreligioso, quale fattore di coesionesociale in
Europa e strumento di pacenell'areamediterraneà', svoltosia Roma ad ottobre del
2003.
Il Ministro Pisanu non è nuovo a questasensibilità poiché già nel 1973, era
stato tra i fondatori dell'Associazione dei parlamentari euro-arabi che tanto ha
contribuito a favorire il dialogo tra il Cristianesimo e l'Islam.
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Mau~io CALAMO
Nel suo interevento di apertura dei lavori del citato convegno, il Ministro
Giuseppe Pisanuha evidenziato come la mobilità umana sia ormai uno dei tratti
salienti della globalizzazione,visto che "... oggi un abitante della terra su trentacinque e un immigrato, uno straniero".
Per noi la vicinanza con l'Islam si è fatta maggioreproprio a seguito dell'immigrazione, anche se dobbiamo constatarecome in Europa l'immigrazione faccia
ormai paura. Eppure, proprio in sensoopposto va il messaggiodel convegno:l'Europa del Terzo millennio deve essereaperta al mondo, strutturarsi come "società
apertà', richiamando le sue migliori tradizioni culturali e religiose,e la sua concezione laica dello stato democratico.
Il dialogo è un cammino difficile, fatto di passaggidiversificati, ma che a
vario titolo interessanotutti, almeno gli uomini di buona volontà. La politica deve
fare la sua strada, favorendo l'integrazione degli immigrati e la convivenzacon le
nostre culture.
Ha detto, al riguardo, il Ministro Pisanuche «.. .10Stato democratico deve
aprire agli immigrati la porta a due ante dei diritti e dei doveri" pur mantenendo
il diritto di esigerel'adesione ai suoi ordinamenti civili e politici. L'impegno alla
ricerca e al dialogo deve esserecondiviso ad accettato da tutti, nel rispetto delle
leggi del vivere democratico. Sul punto il Ministro Pisanuè semprestato fermo e
chiaro. Ricordiamo l'intervista rilasciataal giornalista Magdi Allam pubblicata nel
2003: ".. .dinanzi al terrorismo islamico la risposta non può essereche ferma. Una
guerra da sferrare con tutti i mezzi di prevenzionee contrasto di cui disponiamo,
cominciando da un obiettivo cruciale ed ambizioso: liberare le moscheed'Italia...
dai predicatori della violenza, dai reclutatori della violenza, dai reclutatori della
guerra santae dagli agenti di interessistranieri nel nostro Paese".
Per tutto quello che non è terrorismo, il dialogo interreligioso, con particolare riferimento a quello fra le tre grandi religioni monoteistiche, può e deve essere, almeno nel medio periodo, la strada per nuovi rapporti e pacifiche convivenze.
Ebrei, cristiani e musulmani da millenni intrecciano le loro vicende nel Mediterraneo e, come già intuiva Giorgio La Pira, occorre promuovere la riunificazione
dei "tre rami della famiglia di Abramo".
Il Ministro Pisanu 'ha inoltre evidenziato come "... una società aperta è
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CULTURA
chiusa unicamente agli intolleranti. È aperta al maggior numero possibile di identità, al maggior numero possibile di tradizioni. È chiusa, pena la dissoluzione,soltanto alla inciviltà dei violenti che rifiutano le regole dello Stato di diritto e non
riconoscono i valori della tolleranza, dell'antirazzismo e della solidarietà".
A conclusione della Conferenzasono statelanciate a livello europeodue proposte, la "carta europeaper il dialogo interreligioso" e il "Porum europeo per il dialogo interreligioso tra i governi europei e le religioni".
L'impegno europeo
La cultura del dialogo porterà i suoi frutti in Europa, e per questo l'Unione
Europea è chiamata a svolgere un ruolo difficile, ma necessario,anche perché in
Europa, non dimentichiamolo, ci sono 17 milioni di musulmani.
Il dialogo interreligioso trova un suo spazionella dichiarazione n.ll del Trattato Europeo di Arnsterdam che sancisce:"L'Unione Europea rispetta e non pregiudica lo statUsdi cui godono, in virtù del diritto nazionale,le Chiese e le Associazioni o Comunità religiose negli Stati membri. L'Unione Europearispetta altresi lo status delle organizzazionifilosofiche e non confessionali".
Anche l'Islam d'Europa deve esserefautore di un dialogo liberale per riuscire ad integrarsi in Europa e con l'Europa; deve essereun Islam liberale e moderato poiché qualsiasiforma di fanatismo o di radicalismo religioso è in contrasto con
la tradizione liberale religiosadell'Europa ed in tal casoil dialogo è destinato al fallimento.
La lezione dell'Il settembre 2001 dimostra che l'estremismo religioso è
anche ispiratore di terrorismo e violenza. I musulmani devono attraverso il dialogo e l'accettazionedella modernità, rinunciare agli arcaismi ed agii atteggiamenti
di chiusura che sono fonte di malintesi storici e di allontanamento fra culture, se
non addirittura di scontri fra civiltà.
L'Islam devevivere la propria essenzaspirituale con la modestia dell'affermazione e con la tolleranza, altrimenti il rischio della "fobià' dell'lslam e del rifiuto
totale dello stessoIslam è inevitabile.
All'Europa spetta il compito di operare una scelta precisa in favore di un
Islam moderno che non imponga e non ci imponga i suoi valori e le sue esigenze
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MaurizioCALAMO
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in antitesi dei valori umanistici e di tolleranzadell'Europa.
L'immagine dell'lslam oggi nel mondo è cosl negativache tutti i responsabili musulmani devono impegnarsiper ritrovare i ricchi valori che hanno dato lustro
alla civiltà umanistica dell'lslam.
La Commissione europea ha da tempo riconosciuto l'importanza del dialogo con le Comunità religiose in Europa ed il PresidenteProdi organizzaregolarmente incontri con gruppi di lavoro europei nonché con altri gruppi rappresentati a Bruxelles.
!-,Europa deve garantire sempre due importanti condizioni. lnnanzitutto
deve1ii1pegnarsiper costruire una societàbasatasu pari diritti ed opportunità e poi
deve mirare a realizzareuna societàfondata sul rispetto da parte di tutti coloro che
la compongono di valori primari quali i diritti umani, l'eguaglianzafra uomini e
donne e le libertà fondamentali, previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
-La
Carta stessafornisce la basenecessariaper promuovere l'integrazione ed
il dialogo in Europa, a livello sociale,culturale e religioso.
La Carta custodiscel'impegno dell'Unione al rispetto delle diversità, siano
esseculturali, religioseo linguistiche. Secondola Carta ognuno ha diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, la propria coscienzae la propria religione.
È cosl necessarioriaffermare l'impegno alla tolleranza ed al rispetto delle
diversità, con la conseguentecondanna dei principi opposti di intolleranza e del
fanatismo. La Carta infatti ripudia il razzismoe la xenofobia in quanto diametralmente opposti a tutto ciò per cui l'Europa si batte in termini di dignità umana,
cittadinanza, comprensione e rispetto reciproci.
In questo momento di grande timore di estremismoe di fondamentalismo è
importante incoraggiarel'interazione fra culture e religioni diverseall'interno della
nostra società,e questo ancor più nel casodelle comunità di immigrati nell'Unione sulle quali l'opinione pubblica tende semprepiù a far ricaderela colpa del senso
di insicurezzache molti cittadini europei attualmente provano.
L'integrazione degli immigrati costituisce forse la più grande sfida della
politica comune in materia di asilo e immigrazione. Un'integrazione ben riuscita
giova sia agli immigrati che alle societàche li ospitano, mentre un'integrazione non
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CULTURA
riuscita può portare all'emarginazione, all'alienazione, alla discriminazione ed al
conflitto religioso.
Gli Stati membri dell'Unione devono quindi assumereun ruolo gUida nell'elaborazione di politiche di integrazione, per quanto la collaborazione alla definizione di tali politiche dovrebbe coinvolgere la società civile e le sue organizzazioni, ivi compresequelle degli immigrati stessi.
Perchéquesto si realizzi occorre promuovere il dialogo e quello interreligioso, in particolare per prediligere i temi dell'etica morale e quelli della teologia.
Occorre guardare al futuro piuttosto che evocare di continuo i conflitti passati,
ponendo sempre la persona umana al centro dell'attenzione per difenderne la
dignità, per garantirne la libertà nelle espressionireligiose ed insegnarea tutti il
rispetto per quelle degli altri.
L'esperienza
francese
La cultura del dialogo ha prodotto positivi risultati già in Francia dove dal
2003 è operante la Consulta francesedel culto musulmano, organo rappresentativo e interlocutore pressoi Pubblici poteri. Tale organizzazione (che conta cinque
milioni di musulmani, in rapprese~tanzadi 62 nazionalità) è nata a seguito dell'emanazione di due leggi organiche, che hanno consentito ai musulmani e all'immigrazione musulmana di organizzarsi.
La prima legge, che risale al 1975, ha consentito all'immigrazione di raggrupparsi riunendo le famiglie, e ciò ha dato origine ad una secondae terza generazione di giovani musulmani nati in Francia. La legge del 1981 ha consentito ai
musulmani francesi e non di organizzarsi in associazionie quindi di costruire
moscheee luoghi di culto. È riconosciuto il diritto a decidere in maniera partecipativa le questioni legatealle cariche religiose,alla formazione dei religiosi, ai cimiteri musulmani, ai luoghi di culto ed alle feste religiose.
L'esperienzafrancesedeve far riflettere circa l'opportunità di creare istanze
rappresentativedel culto musulmano attraverso processisimili.
L'impegnoitaliano
Qual è il dialogo possibile in Italia?
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Maurizio CALAMO
Oggi in Italia ci sono un milione di mussulmani provenienti dall'Mrica, dall'Europa e dall'Asia, distribuiti tra gruppi di confraternite, gruppi mistici (Coreis
e Ami), gruppi delle moschee (Ucoii e Fratelli mussulmani), gruppi degli Stati
arabi e quelli radicali (Istituto culturale di viale Janner, UMI e Partito islamico). A
questi dobbiamo aggiungereanche i diecimila italiani "convertiti".
Questi dati danno tuttavia contezzadel fenomeno che non può certo definirsi come irrilevante nello svolgimento della vita del Paese,ed anzi recenti fatti di
cronacaanche giudiziaria ci inducono ad osservarecon molta attenzione, al fine di
elaborare possibili itinerari di reciproco confronto e dialogo.
Al riguardo il Ministro dell'Interno Pisanu ha espressoin maniera chiara e
lungimirante il suo pensiero:".. .l'Italia deve realizzaredue obiettivi, il primo dialogare costruttivamente con la stragrandemaggioranzadei musulmani pacifici, ed
il secondo isolare gli estremisti e piegarli alla ragione con le buone o con le cattive maniere...". Occorre poi definire una nuova disciplina normativa sulla libertà
di religione per ".. .gettare le basigiuridiche per il riconoscimento di un islam italiano e per garantire al meglio il normale svolgimento delle pratiche religiose.Ma
l'islam dovrà riconosceree rispettare i nostri ordinamenti, la laicità dello Stato, il
valore insostituibile delle istituzioni democratiche".
Occorre pertanto sostenereforme di convivenzapacifica con il milione di
musulmani oggi presenti in Italia, nella serenaconsapevolezza
che solo 50 mila frequentano abitualmente le moscheee solo una parte di essiè espostaalla predicazione estremista.Perquesto il Ministro dell'Interno pensaalla "... costituzione di
una consulta islamica presso il Ministero dell'Interno, che non avrà la pretesa di
rappresentaredemocraticamente tutti i musulmani italiani, ma potrà dare voce ai
loro problemi ed alle loro esigenze,anche in materie di pratiche religioseche fanno
parte del loro abituale costume di vita (luoghi di culto dignitosi e sicuri, macellazione, assistenzareligiosa negli ospedali, aree di sepoltura nei cimiteri) ".
È l'impegno sereno e moderato per la costruzione di un "islam italiano",
compatibile con le nostre leggi e i nostri valori, inteso come dovere essenzialmente morale da consegnarealle generazionifuture, libere, almeno loro, dal pregiudizio e dall'intolleranza.
Rispettare le grandi tradizioni religiose, coglierne la spiritualità, non vuoI
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CULTURA
dire, per l'Italia e per l'Europa, perderela propria identità cristiana, ma anzi significa far crescereil rispetto per la cultura, per il pensiero e per il pluralismo, nella
serena convinzione che tutto ciò è una riserva non da poco per il futuro del
mondo.
La diversità non è mai un ostacolo,anzi rinunciare alla diversità significa rendere tutto uguale, scambiabile e quindi sradicato. Pluralismo non significa mai
assenzadi convinzioni vere, né estraneità.
Ma per questo è necessariopraticare a tutti i livelli l'arte del dialogo.
È l'arte della profondità spirituale, del confronto con i problemi odierni, ma
è anche l'arte dell'incontro umano.
Non a casoe in maniera profonda Vinicio de Moraes scrive "caro amico, la
vita è l'arte dell'incontro".
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