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Zerbato aprile2015 web - Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato

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Zerbato aprile2015 web - Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato
Laboratorio educativo
Numero0115
primavera 2
Primavera 2015
“Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core”.
Giacomo Leopardi
(1798-1837)
Numero 1, primavera 2015
Stampa e progetto grafico: Laboratorio educativo
Il giornalino dello Zerbato
Direttore editoriale: Alexa DELLANTONIO – Rocco GIRELLI
Direttore responsabile: Vittorio ZAMBALDO
Segreteria di redazione: Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato
Redazione: Alexa Dellantonio – Rocco Girelli
Indirizzo: Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato
Via Massalongo, 8 – 37039 Tregnago – VR
Repertorio Fotografico: Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato
Direzione e Redazione: Tel. 045 7808222 – Fax. 045 7809108
Registrazione: Tribunale di Verona
buona lettura!
Impaginazione e Stampa: Tipografia Centrale s.n.c. - Colognola ai Colli - VR
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SAVERIO LOPES:
QUADRO DI UNA VITA RURALE
Gli anni di studio a Modica
sono stati duri ma allo stesso tempo fu un periodo ricco di scoperte e avventure,
dopo un breve tempo dove
andavo avanti e indietro
a piedi da Scicli a Modica
mio padre si rese forse conto che per me era davvero
troppo pesante questo ritmo quindi decise di affittare
un appartamento a Modica dove dividevo le spese con
altri tre ragazzi del mio paese: Bartolomeo che chiamavamo Bartolillo, Salvatore e Giovanni. Un appartamento
spartano con le pareti alte, lo affittava un maresciallo
dei Carabinieri. La mattina andavamo a scuola e quando si tornava a casa si studiava e spesso la sera uscivamo e andavamo a passeggiare in centro… Che senso
di libertà che si respirava, non è che facessimo chissà
cosa, anche perché non avevamo soldi, ricordo che mia
madre mi dava ogni settimana tre uova che dovevo ge4
stirmi nei giorni a venire, eravamo bravi ragazzi e quelli
erano gli anni più belli, più curiosi e forse più ribelli.
Andavamo spesso da un pasticcere a prendere una granita o un cannolo oppure i ferringozzi (tipici savoiardi
siciliani). Ogni tanto capitava che marinavo la scuola…
ma non mi andò sempre bene perché una volta mandarono una lettera a mio padre e me ne disse di tutti i
colori, mi sentii in colpa visti i sacrifici che faceva per
mandarmi a studiare quindi cercai di comportarmi meglio e di non commettere più bravate…
Poi un brutto giorno accadde che Bartolomeo mise incinta la sua ragazza e quindi dovette abbandonare l’appartamento e si arruolò nell’esercito per potersi sposare. Anche io avevo una simpatia, si chiamava Angela,
ma fu un amore giovane, lei dopo poco mi fece capire
che aveva aveva voglia di accasarsi ma io non ero intenzionato vista la giovane età… dopo poco conobbe un
ragazzo che faceva il fotografo e si sposarono. Nonostante questi piccoli eventi mi diplomai e fui promosso
a pieni voti. Valutai poi l’idea di proseguire gli studi e di
iscrivermi all’università però avevo da fare anche il servizio militare. Mi diressi così alla volta di Vercelli perché
ero curioso di vedere come girava il mondo fuori dalla
mia Sicilia. Appena giunto al nord pensai: “Addio bel
sole d’amore!”, l’aria era fosca e mi mancò da subito
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l’azzurro e il verde della Sicilia, inoltre non ero lì per una
vacanza quindi vi lascio immaginare il mio stato d’animo.
Arrivato in caserma mi sentivo solo e l’impatto non fu
dei migliori poiché ebbi un momento di tensione con
un ragazzo di Milano che mi prese di mira poiché ero
del Sud… Si chiamava Franco, in seguito, dopo questo
inizio traballante io e Franco diventammo grandissimi
amici, un’amicizia che proseguii nel tempo anche con la
sua famiglia.
Dopo un po’ di tempo alla caserma di Vercelli mi spedirono a Milano e lì mi misero a occuparmi di telegrafia e
in seguito fui mandato anche in Francia per una ventina
di giorni e dovevo occuparmi di fare sezioni di edifici.
Ma della mia vita da qui in poi vi racconterò nel prossimo numero.
Saverio
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BORGO ATTILIA:
UNA VITA FELICE
L’uomo che sposai si chiamava Massimo, un bel ragazzo impiegato al comune
di Verona, educato, buono
e dai modi gentili. Lui si dichiarò apertamente dicendomi che ero l’unica donna della sua vita e che mi
avrebbe sempre voluto accanto, dopo aver frequentato casa mia per un periodo
decidemmo di convolare. Mi sposai in bianco con due
damigelle, gli invitati erano davvero molti per l’epoca e
il ricevimento si fece all’Hotel Brusco a Caldiero dove
festeggiammo con tante portate e balli. Fu un matrimonio splendido e andammo in viaggio di nozze a Roma e
a Napoli, fu un giro meraviglioso. Appena sposati in un
primo momento andammo ad abitare al Porto San Pancrazio e dopo qualche tempo ci trasferimmo accanto ai
miei genitori a Colognola ai Colli. Una bella casina calda
e accogliente. Io in quel periodo lavoravo nel negozio di
generi alimentari dei miei, ma amavo anche stare in casa
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e occuparmi di mio marito, mi piaceva cucinare e inventare sempre nuovi piatti ma il manicaretto che mi riusciva
meglio era il baccalà alla vicentina… aaaahhh il baccalà
…che no l’è bon se no te lo fà!
Dopo circa un anno arrivò il nostro primo figliolo… una
splendida bimba che ho partorito a casa con l’aiuto della
Flora, l’ostetrica più brava del mondo! Quella creatura
la chiamai Chiara Stella, un nome che aveva scelto mia
nonna, nel corso del tempo ebbi altri quattro splendidi
bambini: Marina che prese questo nome perché mi accorsi di aspettarla al mare, Elisabetta in onore della regina inglese, Nicola come lo Zar di Russia e Maria Grazia
perché quel parto non fu facile ed ero a rischio quindi
pregai Maria che mi facesse la grazia e che andasse
tutto bene… Nomi importanti per le persone più speciali
della mia vita!
Come potete immaginare con questa squadra di pargoli
dovetti abbandonare il lavoro nel negozio di generi alimentari, il lavoro in casa mi occupava dalla mattina alla
sera. La mia era una famiglia splendida, ogni tanto mio
marito ci portava fuori per fare una gita o andare a mangiare una pizza, e andavamo sempre a fare le vacanze, la
maggior parte delle volte a Caorle dove prendevamo un
appartamento e stavamo lì per un mese ogni anno, eravamo un bel gruppo di amici e passavamo le giornate tra
mare e relax, la sera cucinavamo insieme e spesso por8
tavamo i bambini in sala giochi; le vacanze a Caorle le
ricordo con un affetto particolare ma siamo stati anche
a Livorno dove avevamo i parenti e anche a Savona e
stavamo sempre molto bene. Io inoltre adoravo nuotare
ed ero anche molto brava quindi facevo lunghe nuotate
ogni volta che si andava al mare e quando eravamo a
casa andavo spessissimo alle terme di Giunone a Caldiero. Ero proprio sportiva, anche lo sci mi piaceva molto
e infatti durante le vacanze invernali andavamo a Bosco
per fare la settimana bianca. Ero una donna molto attiva
e sono sempre stata molto curiosa, mi piaceva molto
leggere, soprattutto libri gialli: rimanere appesa sul filo
con storie ricche di adrenalina, poi facevo enigmistica,
lavoravo a maglia, ricamavo e pensate che una volta mi
lanciai anche con il paracadute a Boscomantico! Intanto
i miei ragazzi crescevano bene perché in casa si viveva
in maniera serena e positiva. Mio marito spesso viaggiava... sia per lavoro che per passione e io quando potevo
lo accompagnavo.
Abbiamo visitato moltissimi luoghi e conosciuto altrettanta gente, siamo stati in Austria a Innsbruck, in Spagna a Barcellona e a Madrid, poi a Vienna e a Parigi... la
città che più mi è entrata nel cuore piena di colori profumi e gente bellissima, la città secondo me più bella del
mondo... e lo dico con cognizione perché viaggiai molto
anche fuori dall’Europa. Andammo anche a New York.
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Fu una bella vacanza ma trovai la città troppo caotica,
forse rimasi lì troppo poco tempo per capirla e viverla come si doveva, andammo anche a Tokyo e ad Adis
Abeba. Seguivo mio marito ovunque e mi piaceva... ma
il rientro a casa, alle nostre radici era sempre la cosa più
bella ed emozionante.
Spesso andavamo a ballare insieme, ballavamo di tutto
e poi amavo l’opera, quante volte siamo stati in Arena!!!
La mia opera preferita era la Madama Butterfly, più che
un’opera era una poesia, delicata e commovente, ebbi
addirittura la fortuna di vedere una Madama interpretata
da Beniamino Gigli e la splendida e unica Maria Callas:
fenomenale!
La mia è stata una vita splendida e appagante, i miei figli
mi hanno regalato tanti nipoti meravigliosi e sono diventata anche bisnonna.
Non nego che perdere il mio Massimo fu uno dei dolori
più grandi e strazianti, se ne andò una notte nel sonno,
sereno. Ma, purtroppo, anche questo fa parte della vita.
Grazie al mio carattere tenacie e positivo cerco di vedere
tutte le cose più belle che la vita mi ha donato.
Attilia
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ROBERTO DOSSO:
LA MIA VITA DAL 1967
Anni fa scrissi sul Giornalino
dello Zerbato la mia storia d’infanzia, ora, da qualche tempo
ho deciso di narrare la mia vita
adulta scrivendo la mia biografia
su un quaderno… visto che ovviamente non si può riassumere
in qualche pagina sarà riportata
fedelmente a puntate.
…Durante la settimana come vi dicevo stavamo a Verona
per il lavoro e quando ci vedevamo io e Mariuccia andavamo al cinema e le portavo spesso piccoli regalini, ricordo
un piccolo pensiero che apprezzò molto, una scatola di
cerini con all’interno scritte parole dolci e affettuose.
Ogni domenica tornavo sempre a San Giovanni Ilarione
dalla mia Mariuccia, e sempre con torta e pacchetto di
sigarette.
All’arrivo dei primi caldi la famiglia del Conte Rizzardi, dove
lavorava Mariuccia a servizio, si trasferiva in campagna a
Rivalunga di Santa Maria di Zevio, quindi, per andare a tro11
varla andavo in bicicletta fino a Cadidavid e da lì avevo un
passaggio in macchina fino a Rivalunga, guidava Carlo, la
nuova fiamma di Genoveffa, l’amica e collega di Mariuccia.
Una domenica ricordo di aver portato con me mio padre
Arnaldo per ufficializzare il fidanzamento. Fu davvero una
bella giornata! Ricordo in un caldo luglio, ero al lavoro e
ricevetti la telefonata di Mariuccia che mi chiedeva se la
stessa sera saremmo potuti andare a vedere l’opera in
Arena. Poco dopo ci incontrammo in Piazza Bra, comperai tre biglietti e occupammo i nostri posti nell’anfiteatro.
L’opera in scena era la Cavalleria Rusticana, interessante,
bellissima ma anche molto corta, quindi alla fine dell’opera
seguì un balletto di danzatori russi a spada sguainata. Fu
davvero una bella serata.
Terminata l’estate la vita riprese come prima, riuscivamo a
vederci una o due volte alla settimana per andare al cinema e la domenica a San Giovanni Ilarione, in settembre mi
telefonò la collega di Mariuccia per dirmi che l’8 era la nascita della Madonna e lì nel vicentino questa era una festa
molto sentita, quindi prontamente acquistai un bel mazzo
di fiori in corso Milano e lo feci spedire accompagnato da
uno splendido biglietto in portineria di casa Rizzardi dove
lavorava: Mariuccia ne gioì e ne fu entusiasta e mi diede
qualche bacio in più del solito.
L’inverno passò monotono come al solito finché a giugno
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del 1968 Luigina, la sorella di Mariuccia decise di andare
al mare a Jesolo con i suoi figli e Mariuccia li accompagnò. Durante quelle domeniche io e il mio futuro cognato Luigi andavamo a trovarle, prendevamo il treno fino a
Mestre e poi la corriera fino a Jesolo… che bei ricordi, la
giornata con loro in spiaggia era meravigliosa e poi a sera
tornavamo a Verona, fu durante una di queste Domeniche
che durante una passeggiata con Mariuccia le chiesi di
sposarmi e di costruire una famiglia insieme… lei accettò
abbracciandomi forte!
Terminate le vacanze estive andammo dal suo parroco e
stabilimmo insieme che il matrimonio sarebbe stato Domenica 29 Settembre. Durante quel periodo mi detti da
fare per trovare una casa adatta a noi due… e trovai un
appartamentino di due locali più servizi in un condominio
di fronte alla chiesa dei SS. Angeli Custodi in zona Stadio a Verona. In attesa delle nozze procurai la camera da
letto, la sala da pranzo con cucinino e portammo tutti gli
inviti agli ospiti per il fatidico giorno… e finalmente arrivò il
grande giorno… ma vi farò attendere il prossimo numero
per raccontarvi come andò!
Roberto Dosso
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GUGOLE ALBINO:
VI PARLO DI ME
Nasco nella calda estate
del ‘22 a San Bortolo, era
il 19 agosto, i miei genitori
avevano molte terre che lavoravano, io avevo tre fratelli e due sorelle. Se penso alla mia mamma sorrido,
era buona ma a volte troppo
istintiva e spesso nervosa,
la accompagnavo sempre
nei prati mentre andava a
pascolare perché aveva molta paura dei cani pastore e
anche se a volte non mi andava proprio alla fine cedevo
e mi facevo convincere ad accompagnarla.
Il mio papà non lo ricordo benissimo, mi mandava al
pascolo con i miei fratelli, eravamo davvero bravi perché riuscivamo a gestire anche trenta mucche insieme.
Vivevamo in una casa di corte molto grande, d’estate
c’erano tante anitre che razzolavano in corte, avevamo
conigli, avevamo la scrofa che faceva i maialini e quando raggiungevano i dieci chili li portavamo al mercato
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a Badia per venderli, erano così belli… io non ho mai
avuto il coraggio di ucciderli. Il mio animo forse è sempre stato troppo gentile per il contesto un po’ ruvido
nel quale vivevo, spesso capitava che i miei fratelli mi
prendessero in giro e io mi impermalosivo, non fu sempre facile il nostro rapporto, mi sentivo un po’ inferiore a
loro visto che ero più timido e chiuso di carattere.
Non ho mai amato sprecare parole in discorsi inutili e ho
sempre ritenuto che fosse molto meglio stare soli che
male accompagnati.
Studiai fino alla quarta elementare, mi piaceva studiare,
ero intonato e andavo bene in tutte le materie, le comprendevo bene da subito, mi sarebbe piaciuto molto
proseguire gli studi mentre i miei mi volevano mandare
prete e chissà se quella sarebbe stata la mia strada...
ma non fu quello il mio destino. Di quale furono le mie
scelte e le mie esperienze ve ne parlerò nel prossimo
numero!
Albino
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ANNA CUNEGO:
LA MIA STORIA DI VITA
Sono nata il 7 maggio del
1927 a San Rocco, mio
papà era originario di Sprea
e mia mamma di San Rocco, eravamo una famiglia
numerosa, avevo 3 sorelle e
2 fratelli io ero la terza.
Alcuni anni prima che nascessi, nel ’24, i miei andarono in Francia per lavoro,
tornarono a San Rocco nel
‘26 e quando avevo 7 mesi traslocarono in Val Squaranto alla Cabina, una società privata di 18 soci dove
mio papà prese il posto come guardiano e si occupava
di “dare la luce” a Roverè, Velo, S. Mauro, Val di Porro, Cerro, Boscochiesanuova e tutte le varie contrade e
contradine annesse alla zona. Era una cascata di acqua
a dare la forza ad un mulino in contrada Cantero e creava
così tutta l’energia che serviva per dare la luce. L’acqua
sul monte, si accumulava in una vasca deposito e da lì
veniva intubata e passava proprio alla cabina, dove noi
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abitavamo, ricordo che mio padre dormiva sempre con
un occhio aperto e un orecchio sveglio, si trattava di un
lavoro molto duro e a volte estenuante, spesso pieno di
rischi, mi ricordo in particolare di una notte dove ci fu
una grande alluvione, era il ’53 ed ero sposata con un
figlio piccolo, il progno era straripato e scappammo di
corsa da casa nostra. La forza dell’acqua mi trascinò
quasi via fortunatamente due uomini mi aiutarono sostenendomi …ci salvammo per miracolo! Un’altra volta
accadde che mio padre staccando una valvola prese
una scossa così grande e terribile che fece saltare tutte le linee dei paesi vicini e subito vennero i medici a
visitarlo, arrivarono anche i Carabinieri per accertare le
cause e capirono in seguito che la causa era da attribuire al fatto che la sera prima mio padre indossava
zoccoli di legno, quindi isolanti, mentre la mattina aveva
indossato un tipo di scarpe che quindi non lo protessero: che spavento, ricordo ancora mio padre a terra che
vacillava.
Quando c’era un guasto bisognava passare la linea per
trovare da dove partiva il malfunzionamento, era stremante perché poteva capitare di dover passare ore e
ore all’addiaccio un lavoro duro, soprattutto d’inverno.
Mio padre era davvero un grande uomo, durante il giorno costruiva le sgalmare e gli zoccoli e riforniva tutte le
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botteghe della zona, pensate che in un giorno riusciva a
confezionarne anche 24 paia, usava legno di faggio che
era molto duro, lo recuperava in una contrada vicino
casa nostra. Mia mamma invece era casalinga, aveva
molto da fare tra la casa e noi figli, faceva anche qualche lavoro di sartoria, è da lei che noi sorelle abbiamo
imparato il mestiere. I nostri genitori sono riusciti a farci
studiare tutti fino alla quinta elementare e ogni giorno
facevamo quaranta minuti di camminata per giungere a
scuola al Cerro, ricordo che per non rovinare le scarpe
facevamo il tragitto con le sgalmare e poi quando stavamo per arrivare a scuola le nascondevamo e ci mettevamo le scarpe. Mi piaceva davvero molto andare a
scuola, ero portata per lo studio, sono sempre stata
promossa con buoni voti!
La casa dove abitavamo era piccolina ma calda, aveva
la cantina e una stalla dove tenevamo le pecore, le capre e una mucca che ci davano latte e quindi formaggio
e burro, avevamo anche galline conigli e un maiale, la
classica piccola fattoria di quel tempo; erano i miei genitori a occuparsi della stalla, e noi ragazzini li aiutavamo: mungevamo e andavamo fuori con le pecore così
ci guadagnavamo un uovo a testa che puntualmente
andavamo a vendere e con il guadagno, seppur misero, ci compravamo quello che volevamo, per lo più ca18
ramelle e liquirizie. La mia infanzia fu serena e anche
se il lavoro veniva sempre al primo posto i miei non ci
fecero mai mancare la parte più giocosa, spesso poi
portando le pecore al pascolo incontravamo i ragazzini
delle contrade vicine e si giocava. I miei giochi preferiti
erano lo scianco, la soga, le picie, il quadro, il cerchio
e ovviamente il nascondino… ma per questo numero ci
fermiamo qua, vi aspetto per proseguire il racconto nel
numero estivo.
Anna
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GUGOLE SIRO:
VITA DI MONTAGNA
Nasco nel novembre del 1927 a
San Bortolo da una umile famiglia di contadini, nella mia casa
vivevamo in 12: i miei genitori,
io con due sorelle e un fratello
e i miei zii che avevano anche
loro altri quattro figli, non si può
certo dire che ci annoiassimo,
avevamo inoltre tanti animali: un
maiale, una ventina di mucche
e pecore. Quanto mi piaceva
andare a pascolarle, era un momento meraviglioso perché era
lì che con tutti gli altri bambini delle contrade circostanti ci riunivano a giocare. Mio papà faceva molte cose tra cui lavorare nei
campi e il falegname, un lavoro che appresi da subito anch’io e
che mi dava molta soddisfazione. Frequentai la scuola elementare fino alla quarta, erano tempi duri, il mio maestro dovette
partire per il fronte e da lì non fece mai più ritorno. Le pressioni
in paese erano molto forti perché il clima era davvero pesante
per il fatto che moltissimi partigiani venivano da noi in montagna
a nascondersi quindi tutta la popolazione era presa di mira dai
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tedeschi. Ricordo bene che nel luglio del ’44 uccisero cinque
miei compaesani, fu una giornata tragica. Avevo 16 anni e c’era
poco da stare sereni, i tedeschi bruciavano tutto e tutti, è anche vero che non abbiamo vissuto la miseria come in città ma
il livello di paura e violenza che abbiamo vissuto e subìto non è
paragonabile. Io e mio fratello, in quel periodo del terrore, siamo
rimasti nascosti nel bosco per sei mesi! Tutti i ragazzi che come
noi si nascondevano venivano chiamati “sbandati”. Io ero nascosto con un amico e mio fratello con un altro amico, abbiamo
scelto di non stare insieme così se uno dei due fosse stato ucciso almeno rimaneva l’altro ad occuparsi della famiglia, pensate
che patimenti. In quei mesi costruivamo gerle e ceste in vimini
e mia mamma ci portava ogni giorno il pasto. Questa guerra ci
ha coinvolti tutti, è stata molto più cruda della prima che forse
è stata più tattica invece la seconda ha coinvolto tutta la popolazione. Il 25 aprile me lo ricorderò finché vivrò: ero nel bosco e
quella notte i partigiani uccisero tutti i fascisti… Poi seppi che
qualche giorno prima, il 20 aprile avevano bombardato le città
e avevano sganciato quattro bombe anche a S. Bortolo ma per
fortuna nessuno morì. In quel 25 aprile da casa corsero a dirmi
che la guerra era finita, mi sentii da subito leggero e mi pervase
una meravigliosa sensazione di tranquillità. Finalmente potevo
riprendere la mia vita normale… Ma di questo ve ne parlerò nel
prossimo numero.
A presto. Siro.
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L’Angolo del Cantastorie
Operai morti traforando il Sempione
Fanciullo, che dal treno guardi quel finestrino, le maestose vie del paesaggio alpino, ammiri i ponti gli archi il superbo traforo nuova grande vittoria dell’umano
lavoro, sappi nello scordare che questa via ferrata fu qua e là dal sangue degli
operai macchiata. Furon più di ottanta prodi lavoratori, braccia di ferro, petti
di bronzo, audaci cuori, avean mogli e figli e non li vider più. La storia li dimentica, non obliarli tu. Abbi un pensier d’amore per questi oscuri eroi che giacquero
travolti per fare strada a noi, lascia cadere un fiore sulla tomba dei forti, levati
il cappello per salutarli morti.
Giovanni Soli
(Ringraziamo Anna che ricorda questa toccante poesia
imparata quando aveva dieci anni e mai scordata)
•—•—•—•—•—•—•—•—•—•
…èrimo siori e gnanca lo saveimo…
andaimo a spigolar par campi e bine
magnàimo el codeghin fredo, la sera,
par far più parte…
ma a i cantarini dela stela
ghe regalavamo el salado…
…gavea ‘na giachetina roersà
e el tabar vecio usà da me papà,
magnava la polenta drento el late
col cuciaro sbuso…
ma mi robava le fassine in stala
par darghe un fià de caldo ai più pitochi…
spacava el giasso nel cadin, l’inverno,
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par lavarme
e par scaldarme i piè, me mama
la me metea le bronse ne le sgiàvare…
e pur me nono, a sera,
‘l spartea el vin grinto con la corte…
èrimo siori e gnanca lo savèimo…
…adesso che in scarsela
me bala ‘na palanca in più,
me vardo intorno
e sento d’éssar solo…
adesso son pitoco
e me ne incorzo.
Gian Paolo Feriani
L’angolo della Ricetta
LA TORTA PASQUALINA
Questa torta salata dell’antica tradizione genovese si prepara stendendo sfoglie sottilissime di
un impasto fatto di farina, acqua e olio di mandorla. Si usa prepararla soprattutto a Pasqua: le
sfoglie, secondo la ricetta tradizionale dovrebbero essere 33 come gli anni di Cristo e per la
farcitura si usano le bietole perché, in questo
periodo dell’anno, erano a buon mercato e tutti potevano permettersele.
Ingredienti:
PER IL RIPIENO:
• 10 Uova
• mezzo bicchiere Olio extravergine
d’oliva
• 1 kg Bietole o spinaci
• 500 ricotta
• 130 parmigiano reggiano
• mezza cipolla
•maggiorana
• pepe q.b.
• sale q.b.
• noce moscata
PER LE SFOGLIE:
•
•
•
•
Olio 35 ml
Acqua 350 ml circa
Sale 3 g
Farina 00 600 gr
Preparazione:
Per la pasta: disporre la farina a fontana e creare un buco nel
centro della fontana dove versare un pizzico di sale e mezzo
cucchiaio d’olio extravergine d’oliva. Iniziare ad impastare la
farina aggiungendo via via dell’acqua fino ad ottenere un composto molto morbido che acquisirà elasticità man mano che
la lavorerete con le mani poi riponete l’impasto in una ciotola
e copritela con un canovaccio; lasciatela riposare per circa
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un quarto d’ora. Nel frattempo preparate il ripieno: tritate le
bietole già cotte e ben strizzate. Versate in un tegame mezzo
bicchiere scarso di olio extravergine d’oliva ed unitevi la cipolla
tritata. Fate imbiondire la cipolla, quindi unitevi la maggiorana tritata. Togliete il tegame dal fuoco ed unitevi le bietole, il
sale, il pepe ed due uova. In una ciotola amalgamate la ricotta,
sale, pepe, due uova, il formaggio grattugiato, dovrà risultare
un composto nè troppo molle nè troppo denso ovvero della
consistenza di una crema densa. Riprendete l’impasto e dividetelo in 10 parti uguali, spolverateli con la farina. Prendete
uno stampo e oliatelo per bene. Stendete un pezzo d’impasto
di diametro superiore a quello dello stampo scelto ed in modo
tale che fuoriesca un po’ dai bordi. Adagiate il primo strato
di pasta nello stampo ed ungetelo con dell’olio extravergine
d’oliva; proseguite in questo modo con altri tre pezzi d’impasto. Collocato il quarto strato di pasta nello stampo, distribuitevi dentro il composto a base di bietole livellandolo con
una spatola. Distribuite, ora, sopra la bietola il composto di
ricotta livellandolo. Create, ora quattro buche nel composto di
ricotta e fatevi scivolare dentro sei uova sgusciate cercando di
non romperle. Chiudete stendendo gli ultimi pezzi di impasto
in modo tale da avere delle sfoglie molto sottili oliando ciascuna sfoglia prima di sovrapporvi la successiva. Messo l’ultimo
foglio, che non va oleato arrotolate la pasta in eccedenza su di
se creando un bordo che farete aderire bene al bordo interno
dello stampo e che schiaccerete coi denti di una forchetta e
ungerete d’olio. Infornate a 180°C per circa 50 minuti o fino a
doratura completa della torta.
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AUGURI
Buon Compleanno!
COMPLEANNI DI APRILE
06 Aprile 08 Aprile
10 Aprile
13 Aprile
13 Aprile
16 Aprile
21 Aprile
23 Aprile
23 Aprile
23 Aprile
28 Aprile
ALFONSO ERIDANI
anni 93
CARMELA ZANDONÁ
anni 73
MARIO GRISIanni
70
ANNA TURRIanni
86
MARISA BELLINIanni
83
CLARA BERZACOLA
anni 82
LIDOVINA BUSSINELLO
anni 98
FRANCA FASOLIanni
90
VIRGILIO COSTIanni
87
ADELE BERTOLDI
anni 84
ALICE TOMMASIanni
92
COMPLEANNI DI MAGGIO
03 MaggioIVA ROSAanni
85
06 Maggio
VITTORIA SCAMUFFA
anni 90
07 Maggio
CLEMENTINA BOCCHI
anni 95
07 Maggio
ANNA CUNEGO
anni 88
07 Maggio
IDILLA ANNA CORSI
anni 84
09 Maggio
LUIGINO PELOSO
anni 68
11 Maggio
LUIGI RAIMONDI
anni 83
18 Maggio
EMMA MEZZANOTTE
anni 66
20 Maggio
ROBERTO DOSSO
anni 72
21 Maggio
ENELA FIORINI
anni 93
30 Maggio
GIOVANNA DALL’ORA
anni 87
31 Maggio
MARIA VIVIANI
anni 93
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L’ANGOLO DEL GRAMMOFONO
Canzone di Giancarlo Bigazzi e Enrico Polito portata al successo da Massimo Ranieri. Vince il cantagiro nel 1969 spuntandola di soli 3 voti su “Viso d’angelo” dei Camaleonti.
Presenti in quella stessa edizione altri capolavori come “Acqua
azzurra, acqua chiara” di Battisti, “Tutta mia la città” dell’Equipe 84, e “Pensiero d’amore” di Mal.
Zerbato
LE NOSTRE
FOTO
RE
MB
E
C
I
D
5
li
u
a
b
e
foni
o
m
m
gra
COME LE ROSE
Rose rosse per te
ho comprato stasera
e il tuo cuore lo sa
cosa voglio da te
D’amore non si muore
e non mi so spiegare
perche’ muoio per te
da quando ti ho lasciato
sarà perché ho sbagliato
ma io vivo di te
e ormai non c’e’ piu’ strada
che non mi porti indietro
amore sai perché
nel cuore del mio cuore
non ho altro che te
Forse in amore le rose
non si usano più
ma questi fiori sapranno
parlarti di me
Rose rosse per te
ho comprato stasera
26
e il tuo cuore lo sa
cosa voglio da te
D’amore non si muore
ma chi si sente solo
non sa vivere piu’
con l’ultima speranza
stasera ho comprato
rose rosse per te
la strada dei ricordi
e’ sempre la piu’ lunga
amore sai perche’
nel cuore del mio cuore
non ho altro che te
Forse in amore le rose
non si usano piu’
ma questi fiori sapranno
parlarti di me
Rose rosse per te
ho comprato stasera
e il tuo cuore lo sa
cosa voglio da te.
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