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La-truffa-dello-ius-soli-v-1.3

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La-truffa-dello-ius-soli-v-1.3
Mattia Butta
La truffa dello ius soli
www.butta.org
© 2012 - Mattia Butta
versione 1.3
Per commenti e suggerimenti di errori scrivete a [email protected]
Indice
1. Introduzione....................................................................................................... 6
2. Alcuni miti da sfatare........................................................................................ 9
3. Un po' di numeri.............................................................................................. 13
4. E la questione potrebbe chiudersi anche qui............................................... 24
5. Cittadinanza con l'oroscopo...........................................................................28
6. Razzismo........................................................................................................... 36
7. Quali problemi?................................................................................................ 39
8. Solo un anno.................................................................................................... 43
9. Che fine fa lo ius sanguinis?........................................................................... 47
10. E allora buttati nel lago anche tu................................................................ 55
11. I requisiti......................................................................................................... 65
12. Mi viene un dubbio....................................................................................... 72
13. La mia proposta............................................................................................. 78
Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91....................................................... 82
1. Introduzione
Truffa è una parola grossa, lo so. Però se uno ti vende un rasoio elettrico e dentro
la scatola trovi reggigomiti ergonomico hai qualche ragione di pensare che sia una
truffa.
Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo sul tema della cittadinanza è
proprio questo. Si sta cercando di “vendere” una proposta di cambiamento
camuffandola con mezze verità, bugie e argomentazioni demenziali. La si introduce e
la si sostiene con argomentazioni illogiche che crollano alla prima verifica. Tutto
questo per introdurre nell'ordinamento giuridico italiano lo ius soli, ossia il principio
per cui è italiano chi nasce sul suolo italiano. Il tutto accompagnato da una drastica
riduzione dei requisiti per l'attribuzione della cittadinanza anche a chi non è nato in
italia. Insomma, un passaporto italiano non lo si nega a nessuno.
Le argomentazioni a sostegno di questa campagna rimangono però in superficie.
Fateci caso: i sostenitori dello ius soli non propongono mai ragionamenti complessi,
lanciano solo slogan. Iniziano le loro frasi con “è assurdo che...”, e a furia di ripetere
“è assurdo che...” la gente si convince che ciò è veramente assurdo. È la politica
basata sugli assiomi: non hai bisogno di dimostrare che la tua proposta è giusta e
ragionevole, ti basta dire che è assurdo che non sia approvata. Più numerosa sarà la
gente che lo ripeterà in coro e meno avrai bisogno di dare spiegazioni e di
convincere qualcuno della bontà della tua riforma.
Il sen. napolitano, ricevendo alcuni giovani di origine straniera che avevano
ricevuto la cittadinanza italiana, il 23 novembre 2011 ha affermato che non dare la
cittadinanza italiani ai figli di immigrati nati in italia “è un'autentica follia, un'assurdità”1.
Follia, già. Basta dire che uno è matto e il problema è risolto. È matto, punto. Non
devo dare spiegazioni a un matto. Si fa così quando non si è in grado di sostenere
una tesi, quando non si hanno argomenti per spiegare la bontà della proposta. Se
davvero lo ius soli fosse una cosa sensata ci sarebbero numerosi e plausibili motivi
per sostenerlo. Basterebbe tirarli fuori e confrontarsi su di essi. Invece si preferisce
risolvere il dibattito politico dando del matto a chi sostiene l'idea opposta. Manca
1
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/11/22/visualizza_new.html_15737842.html
6
La truffa dello ius soli
solo un “c'ho ragione io cica cica bum, e tu non sei più mio amico” e il campionario di
infantilismo da scuola elementare è completo.
Il confronto politico su una proposta di riforma non si fa dando del matto
all'avversario. E nemmeno basando le proposte di legge su frasi che incominciano
con “è assurdo che...” ripetute all'infinito per farle diventare assiomi non più
contestabili. Le riforme si fanno discutendo di argomentazioni concrete, basate su
motivazioni logiche e razionali.
Al contrario, stiamo assistendo a una campagna a favore dello ius soli in cui
vengono prodotti film e videoclip con musiche accattivanti e storie commoventi per
solleticare i sentimenti; così diventa facile trovare consenso attorno a un'emozione. Si
racconta la storia del povero Amir, figlio di immigrati, uguale agli altri ma diverso
dagli altri nei diritti. Storie strappalacrime scelte apposta per far man bassa nella
pancia emotiva degli spettatori.
Non potendo sostenere lo ius soli con argomentazioni razionali si basano sul
marketing pubblicitario, quello con il quale – se sei bravo a suscitare emozioni –
riesci a vendere il ghiaccio agli eschimesi.
Fare le leggi basandosi sulle emozioni è però molto pericoloso. Le leggi devono
essere fatte a mente fredda, costruite su motivazioni razionali e senza seguire alcuna
onda emotiva.
In questo testo analizzeremo la tematica dello ius soli basandoci su
argomentazioni concrete. Ragioneremo, guarderemo i fatti, e se diremo che una
soluzione è sbagliata non diremo che è folle ma spiegheremo il motivo. Vedremo
perché lo ius soli è un sistema stupido. Smonteremo uno per uno gli slogan lanciati
per sostenerlo e ci renderemo conto delle palesi falsità dette a suo supporto.
Analizzeremo le proposte di legge che intendono riformare in questa direzione la
normativa sulla cittadinanza e capiremo le fallacie sulle quali si basano.
Questo è il metodo che si usa qui: non ci basiamo sugli slogan e gli assiomi ma sui
dati di fatto. Alcuni sostengono che la legge italiana sulla cittadinanza è
estremamente restrittiva rispetto alla normativa degli altri paesi europei. Qui non si
ripetono frasi fatte a pappagallo, ma si guardano i fatti. E allora andremo a vedere se
è vero che le leggi degli altri paesi europei sono più permissive di quella italiana.
Se avete voglia di ragionare e informarvi proseguite pure. Se invece siete abituati
ad argomentare le vostre tesi dando del matto all'altro fermatevi qui.
Una precisazione: non dovrebbe essere nemmeno necessario farla, ma so che
molti non sono abituati a pensare e riflettere sulle cose che leggono se non per
schieramenti. Per cui, se tu sei contro lo ius soli sei per definizione razzista. Fa niente
se, nello spiegare perché sei contrario allo ius soli, poni delle motivazioni razionali e
che non hanno nulla a che spartire con il razzismo. O sei a favore dello ius soli o sei
razzista. Siccome so già che qualcuno mi iscriverà di diritto alla classe dei razzisti mi
tocca precisare io stesso sono uno straniero. So cosa vuol dire scontrarsi con la
7
1. Introduzione
burocrazia ottusa dei servizi per gli stranieri, so cosa vuol dire andare in una agenzia
immobiliare e sentirsi rispondere “mi spiace ma questo appartamento non lo affittiamo a
stranieri”. So persino cosa vuol dire essere osservati per la strada per il fatto di essere
diversi (mi è pure capitato che un bambino si mettesse a piangere nel vedermi, non
aveva mai incontrato un caucasico).
Nella mia vita da studente ho avuto coinquilini da quattro continenti, dal
nigeriano al vietnamita, dal boliviano al finlandese. Penso che la definizione di
razzista davvero non si adatti a chi vive nella stessa casa, condividendone ovviamente
anche i servizi igienici, con gente di ogni razza possibile. Quindi se volete contestare
quello che leggerete in questo testo vi chiedo la cortesia di basarvi su dati concreti
senza risolvere la questione con un “dici così perché sei razzista”. Perché direste una
stupidaggine. Grazie.
8
2. Alcuni miti da sfatare
Nella campagna di promozione dello ius soli si sentono dire in continuazione frasi
ad effetto, slogan ripetuti in rotazione continua come “è assurdo che un bambino nato e
cresciuto in italia non possa avere la cittadinanza italiana” o “è impensabile che una persona nata
in italia per avere la cittadinanza italia si debba aspettare di compiere i 18 anni solo perché è nato
da genitori stranieri”.
Queste frasi o sono appositamente vaghe o sono semplicemente false, e
basterebbe informarsi sull'attuale legislazione per capirlo. Ma vengono ripetute come
mantra per farle entrare nella testa della gente e creare facile consenso.
In realtà le cose stanno in un modo molto diverso. Prendiamo la legge n.91 del 5
febbraio 1992 che ora regola la cittadinanza italiana. Essa distingue due casi: nel
primo si dice che è cittadino italiano chi nasce da un cittadino italiano. Il così detto
ius sanguinis, ossia: è italiano il figlio di un italiano.
Il secondo caso invece regola l'attribuzione della cittadinanza italiana a uno
straniero. Se oggi un cittadino straniero vuole la cittadinanza italiana può ottenerla se
ha vissuto almeno dieci anni in italia. Facile, ti trasferisci in italia, ci vivi per dieci anni
dopodiché se non hai commesso reati e hai fatto il bravo puoi ottenere la
cittadinanza italiana. Si chiama naturalizzazione, perché la legge presuppone che se
vivi almeno dieci anni in italia hai assorbito la lingua, gli usi e i malcostumi del paese
al punto tale da poterti sentire italiano. Ti sei naturalizzato.
Attenzione però, dieci anni sono il periodo per chi non può usufruire di nessuna
scappatoia. Ci sono infatti diverse categorie di stranieri che possono ottenere la
cittadinanza italiana molto prima dei dieci anni. Ad esempio coloro che sono
cittadini di un altro paese aderente all'Unione Europea. Essi, con la legge
attualmente in vigore, possono diventare cittadini italiani dopo solo quattro anni.
Stiamo parlando di 439 milioni di persone, dalla Finlandia alla Grecia, dalla Romania
al Portogallo che possono trasferirsi in italia senza bisogno di particolari
autorizzazioni (essendo cittadini U.E.) e che dopo quattro anni possono già fare
richiesta di cittadinanza italiana.
9
2. Alcuni miti da sfatare
Ci sono poi altri casi numericamente meno importanti come gli apolidi che
possono ottenere la cittadinanza dopo cinque anni o coloro che hanno lavorato per
lo Stato (anche all'estero) per almeno cinque anni.
Per la grande maggioranza dei casi si avrà a che fare con uno straniero cittadino
europeo al quale sono richiesti quattro anni e un cittadino non europeo al quale sono
richiesti dieci anni di residenza in italia per provare di essersi naturalizzato.
Ma cosa succede quando un cittadino straniero diventa italiano per
naturalizzazione? In quel momento egli è italiano, e automaticamente trasmette la
cittadinanza italiana ai figli minorenni (se conviventi).
Facciamo un esempio. Carlos è un cittadino peruviano; nel 1998 lascia il Perù con
la moglie Ana e si trasferisce a Bergamo. Trova una casa, lavora, e nel 2005 nasce il
primo figlio Jorge. Nel frattempo Carlos e Ana imparano l'italiano, frequentano la
parrocchia del paesino e Carlos impara persino due parole di bergamasco sentite di
continuo dai colleghi sul posto di lavoro. Arriva il 2008 e sono ormai dieci anni che
Carlos abita a Bergamo, così presenta domanda di cittadinanza. Carte, certificati,
bolli e contro timbri e nel 2009 arriva l'agognato decreto: Carlos e Ana prestano
giuramento e diventano cittadini italiani. Il piccolo Jorge ha solo quattro anni, ma
siccome i genitori hanno acquisito la cittadinanza italiana per naturalizzazione
automaticamente diventa italiano. Ancora va all'asilo e probabilmente non capisce
nemmeno cos'è un passaporto, però è già cittadino italiano.
Un altro esempio. Christine e Juan sono due cittadini filippini e hanno un figlio,
Epifanio nato nel 1995. Due anni dopo la nascita di Epifanio, il padre Juan perde il
lavoro e contatta un suo amico a Milano per sapere se c'è opportunità di lavoro da
quelle parti. Juan è particolarmente fortunato perché riesce a trovare un posto di
lavoro: prende moglie e figlio e parte per Milano. Siamo nel 1997. Il piccolo Epifanio
non è quindi nato in italia come Jorge, è nato a Manila e in italia ci arriva all'età di
due anni. Ma cresce a Milano, va all'asilo milanese, respira la salubre aria dei navigli e
fa la stessa vita degli altri bambini italiani. Arriva il 2007, e sono passati ormai dieci
anni da quando Juan si trasferì con la moglie e il piccolo Epifanio dalle Filippine a
Milano. Così Juan presenta domanda per ottenere la cittadinanza italiana: certificati,
file, bolli, fotocopie autenticate e finalmente arriva il decreto: Juan è cittadino
italiano, e con lui il figlio Epifanio, che in questo caso riceve la cittadinanza italiana
all'età di 12 anni.
Terzo e ultimo esempio: Gheorghe è un cittadino rumeno che lascia Timisoara e
si trasferisce a Torino nel 2007. Appena arrivato nella città piemontese conosce
Mary, cittadina statunitense anch'ella appena arriva a Torino. Colpo di fulmine: si
innamorano e decidono di sposarsi. Nel 2009 celebrano il loro matrimonio e giusto
un anno dopo, nel 2010, nasce il piccolo John. Nel 2011 sono passati quattro anni da
quando Gheorghe e Mary arrivarono in italia: Mary non può richiedere la
cittadinanza italiana, perché ella deve vivere almeno dieci anni in italia per dimostrare
10
La truffa dello ius soli
di essersi naturalizzata. Ma Gheorghe è un cittadino europeo, quindi può già
ottenerla, perché a lui bastano quattro anni di residenza in italia. Timbri, carte e
certificati e nel 2012 arriva il decreto: Gheorghe è cittadino italiano, e con lui il
piccolo John, che essendo nato nel 2010 ha solo due anni. Ma ha già ottenuto la
cittadinanza italiana.
Questi sono solo tre esempi di come un bambino nato (in italia o all'estero) da
genitori stranieri, può ricevere la cittadinanza italiana ben prima del compimento dei
diciotto anni di età: Jorge a quattro anni, Epifanio a dodici anni e John a due anni.
La frase ripetuta di continuo per cui “è impensabile che una persona nata in italia per
avere la cittadinanza italia si debba aspettare di compiere i 18 anni solo perché è nato da genitori
stranieri” è quindi una falsità. Di qui non si scappa.
Ma perché la dicono? Si sono inventati la storiella di sana pianta? No, un fondo di
verità c'è, solo che viene storpiato fino a far apparire le cose in modo molto diverso
da quello che sono realmente.
C'è infatti un'ulteriore via per acquisire la cittadinanza italiana. I ragazzi nati in
italia e che hanno sempre vissuto in italia hanno diritto ad avere la cittadinanza
italiana al compimento del diciottesimo anno di età, indipendentemente dai genitori.
Esempio: il signor Suk-kyu, cittadino coreano, si trasferisce a Bologna con la moglie,
e nella città emiliana nasce il piccolo Tae-gyu il quale va all'asilo, alle elementari e poi
alle medie e alle superiori sempre a Bologna. Il signor Suk-kyu però non chiede la
cittadinanza italiana, preferisce rimanere coreano, perché pensa che un giorno
tornerà in Corea a godersi la pensione. E poi gli italiani gli stanno anche antipatici:
delle volte lo chiamano muso giallo ed egli davvero non vuole avere in tasca lo stesso
passaporto di quella gentaglia. Il figlio Tae-gyu però non la pensa allo stesso modo:
egli è nato ed è cresciuto in a Bologna e si sente bolognese. Così raggiunta la
maggiore età diventa responsabile di sé stesso e chiede la cittadinanza italiana.
È vero, deve aspettare i diciotto anni per diventare italiano, ma non è certo colpa
dello stato. La legge gli consentirebbe di diventare italiano molto prima, così come è
successo per Jorge o per Epifanio. Se il padre non ha voluto diventare italiano (e così
trasferirgli la cittadinanza quando faceva le scuole medie) se la prenda col padre, non
con lo stato. L'opportunità di diventare italiano c'era, se non l'hai sfruttata non è
certo colpa della legge.
Sono scelte che ognuno fa nella propria vita. Può decidere di prendere la
cittadinanza italiana e trasferirla al figlio oppure può decidere di non prenderla e
lasciare che poi il figlio scelga cosa fare della sua vita quando diventa maggiorenne.
La legge ti offre entrambe le opzioni, ognuno scelga quella che più preferisce.
Ma sia chiaro, quando si dice che un bambino nato in italia da genitori stranieri
deve aspettare i 18 anni per ottenere la cittadinanza italiana si dice una falsità. Quella
è una strada per ottenerla, ma non l'unica. Un bambino, nato in italia o all'estero da
genitori stranieri può ottenere la cittadinanza italiana molto prima dei 18 anni.
11
2. Alcuni miti da sfatare
Gran parte della propaganda attorno al movimento per lo ius soli è basata su
questa favoletta dei 18 anni che in realtà è solo una mezza verità raccontata male e,
guarda caso, piena di omissioni sugli altri metodi per ottenere la cittadinanza italiana.
Sfatato questo mito già crolla metà dell'impalcatura su cui il movimento per lo ius
soli aveva basato le proprie argomentazioni. Ma c'è dell'altro da smontare, e vedrete
che alla fine non rimane in piedi quasi niente.
12
3. Un po' di numeri
Nel capitolo precedente abbiamo visto che i figli di stranieri nati in italia non
devono necessariamente aspettare di compiere i 18 anni d'età per ottenere la
cittadinanza italiana. Possono ottenerla insieme ai genitori quando essi ottengono la
cittadinanza per naturalizzazione.
Ci si chiede allora quanto è facile ottenere la cittadinanza per naturalizzazione.
Perché è evidente che se la legge consente questa strada ma poi nella realtà nessuno
riesce a percorrerla allora rimane solo una finta opportunità.
In questo caso i sostenitori dello ius soli si cimentano in giochi di prestigio
numerici. Innanzitutto vediamo quanti sono gli stranieri residenti in italia: nel 2010
sono stati superati i 4 milioni e mezzo di stranieri, mentre nel 2003 si era arrivati
appena due milioni. Si nota quindi che la presenza di immigrati è fortemente salita a
partire dai primi anni del 2000. Se negli anni '90 gli immigrati crescevano piuttosto
lentamente ora si toccano i 350 mila stranieri in più all'anno (Figura 1).
Di fronte a queste cifre i sostenitori dello ius soli pongono i dati delle acquisizione
di cittadinanza italiana che sembrano essere irrisori. Nel 2010 ad esempio gli stranieri
residenti in italia erano 4 235 059, mentre solo 65 938 sono state le persone che
hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Un'inezia – dicono – perciò bisogna allargare
le maglie della legge e dare la cittadinanza con più facilità, perché evidentemente la
legge non funziona, visto che a fronte di oltre quattro milioni di stranieri sono meno
di settanta mila coloro che riescono ad ottenere la cittadinanza italiana.
In realtà dietro questi numeri c'è un trucco, e anche piuttosto maldestro. I numeri
sono giusti, davvero gli immigrati nel 2010 erano circa 4,2 milioni e davvero coloro
che hanno ottenuto la cittadinanza italiana erano circa 66 mila; quello che è sbagliato
è comparare questi due dati.
Coloro che ricevono la cittadinanza italiana oggi sono gli stranieri che sono già in
italia da almeno dieci anni, anzi facciamo dodici, visto che la procedura per ottenerla,
tra raccolta dei documenti, inoltro, approvazione ed emanazione del decreto richiede
molto tempo. Quindi non ha il benché minimo senso comparare il totale di stranieri
13
3. Un po' di numeri
in italia del 2010 con coloro che ricevono la cittadinanza nel 2010. Dovrai andare a
vedere gli stranieri residenti in italia dodici anni fa, ossia nel 1998, per vedere quanti
di essi, nel frattempo, sono riusciti ad ottenere la cittadinanza. In altre parole, devi
comparare i dati con un ritardo di dodici anni per avere un paragone sensato.
4.500.000
4.000.000
3.500.000
3.000.000
2.500.000
2.000.000
1.500.000
1.000.000
500.000
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
0
1992
Popolazione straniera residente in italia
5.000.000
Figura 1: Popolazione straniera residente in italia al 31 dicembre. Fonte: anni dal 1992 al 2006
Ministero dell'Interno - “1 Rapporto sugli immigrati in italia” - Dicembre 2007; da 2007 al 2010 Istat
- “La popolazione straniera residente in italia”.
Così come non ha senso comparare il totale degli stranieri con il parziale delle
cittadinanze attribuite in un solo anno. Se prendi il numero di cittadini stranieri che
ottengono la cittadinanza italiana in un anno, dovrai compararlo con il numero ci
cittadini stranieri giunti in italia in un anno. Quindi il numero di coloro che hanno
ottenuto la cittadinanza italiana nel 2010 va paragonato agli stranieri arrivati nel 1998,
non al totale degli stranieri residenti in italia nel 1998. Non puoi paragonare un
flusso con un totale: lo insegnano fin dalle elementari quando parlano di mele, pere e
addizioni. Il tasso annuale di cittadinanze concesse deve essere comparato col tasso
annuale di nuovi cittadini stranieri residenti in italia.
Facciamo quindi questo paragone: andiamo a calcolare di quante unità crescevano
gli stranieri residenti in italia ogni anno alla fine degli anni '90.
Dal 1 Gennaio 1994 al 31 Dicembre 1998 i permessi di soggiorno sono passati da
649 mila a 1 milione e 91 mila, con un'incremento di 442 mila unità 2. Ciò significa
che nei cinque anni dal 1994 al 1998 i permessi di soggiorno sono aumentati di circa
2
http://demo.istat.it/altridati/permessi/index.html
14
La truffa dello ius soli
88,4 mila unità all'anno, un ritmo ben lontano dai 300-350 mila all'anno con cui
aumentano ora. Questi saranno coloro che dopo dieci anni avranno i requisiti per
ottenere la cittadinanza italiana.
Nel fare questo calcolo abbiamo adottato una stima cautelativa; alcuni stranieri
arrivati nel 1998 ad esempio potrebbero aver lasciato l'italia prima di compiere i dieci
anni necessari a ottenere la cittadinanza italiana. Essi sono considerati nel computo
dei “nuovi stranieri” arrivati nel 1998 anche se non avendo i requisiti per ottenere la
cittadinanza non andrebbero contati. Ma lasciamoli pure lì a ingrossare le fila,
tenendo presente dunque che in realtà coloro che sono arrivati in italia nel 1998 e ci
sono rimasti ininterrottamente fino al 2008 sarebbero di meno.
Ora dobbiamo paragonarli a coloro che hanno ricevuto la cittadinanza italiana
dopo dodici anni. Ma attenzione, bisogna contare solo coloro che hanno ottenuto la
cittadinanza italiana per residenza. Nel totale dei 66 mila “nuovi italiani” del 2010
sono infatti contati sia coloro che hanno ricevuto la cittadinanza per aver abitato in
italia per dieci anni, sia coloro che sono diventati italiani per matrimonio. Questi
ultimi possono ricevere la cittadinanza in tempi molto più brevi (due anni se vivono
in italia, tre anni se vivono all'estero, art. 5 della legge 91/1992). Bisogna quindi
considerare solo coloro che ricevono la cittadinanza per l'art. 9 della legge 91/1992,
ossia coloro che maturano i requisiti per residenza.
Su questo faccio notare una dichiarazione di Andrea Sarubbi uno dei sostenitori
più convinti dello ius soli, tanto da aver presentato in parlamento la proposta di legge
di cui tanto si discute.
Il 23 Settembre 2011 scrive un articolo sul suo blog 3 in merito ai dati appena
rilasciati dall'Istat sugli stranieri residenti in italia. Nell'analizzare il numero di
cittadinanze concesse agli immigrati Andrea Sarubbi scrive:
Eppure, le acquisizioni di cittadinanza rimangono numericamente ridicole: appena
65.938, in crescita rispetto al 2009 (+11,1%) ma – senza nulla togliere alle coppie
miste, ci mancherebbe – sono per la maggior parte cittadinanze per matrimonio, mentre le
cittadinanze per naturalizzazione sono la solita goccia nel mare.
Una goccia nel mare dice. Per Sarubbi la maggior parte delle cittadinanze concesse
agli stranieri sono per matrimonio. Prendiamo nota delle definizioni quantitative
usate da Sarubbi: “la maggior parte” e “la solita goccia nel mare”.
Numeri? No, usa solo queste definizioni, che però sono abbastanza chiare. Una
goccia nel mare è una goccia nel mare, oh bella!
Bene, allora andiamo a vedere i numeri per capire se davvero la maggior parte di
quei 66 mila nuovi italiani ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al matrimonio. I
3
15
http://www.andreasarubbi.it/?p=6644
3. Un po' di numeri
dati ci vengono forniti direttamente dal Ministero dell'Interno, che li pubblica sul
proprio sito4. Nel 2010 gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana con
l'art. 9 (ossia per residenza) sono stati 21.630 mentre per l'art. 5 (cioè per
matrimonio) solo 18.593, per un totale di 40.223. Si presume che i restanti 25.715
nuovi italiani per arrivare ai 65.938 dichiarati dall'Istat hanno ricevuto la cittadinanza
tramite altri articoli della legge 91/1992. Ad esempio per adozione (art. 3); sono circa
4 mila bambini all'anno5. Poi ci sono gli stranieri nati in italia che diventano italiani
una volta raggiunta la maggiore età (art. 4). Infine ci sono i figli degli stranieri che
ottengono la cittadinanza italiana perché il padre la riceve per residenza. L'art. 14
infatti dice che i figli minorenni di coloro che ricevono la cittadinanza italiana (ad
esempio dopo dieci anni di residenza) diventano essi stessi italiani. Per cui un
cittadino boliviano arriva in italia nel 1998, nel 2005 gli nasce un figlio e nel 2008,
passati dieci anni, presenta domanda per diventare cittadino italiano. Al padre la
cittadinanza viene concessa per art. 9 (residenza di almeno 10 anni in italia) e al figlio
viene concessa per art. 14 (figlio di una persona che acquista cittadinanza italiana).
Sono quei bambini figli di stranieri che ricevono la cittadinanza ben prima dei 18
anni e che per molti sostenitori dello ius soli non esistono.
Purtroppo non vengono forniti i dati suddivisi per queste categorie. Quindi
dobbiamo accontentarci di sapere che in totale i bambini stranieri adottati (art. 3),
coloro che sono nati in italia e raggiungono i 18 anni (art. 4) e i figli degli stranieri
che si naturalizzano (art. 14) fanno in totale 25.715 nuovi cittadini italiani nel 2010.
I numeri sembrano essere plausibili. Infatti, tolte le 4 mila adozioni rimangono
quasi 22 mila nuovi cittadini. Quanti saranno coloro che sono diventati italiani
perché nati in italia e hanno raggiunto la maggiore età? Pochi, considerando che sono
nati in italia circa 19 anni fa, ossia nel 1991 quando gli stranieri in italia erano un
decimo di quelli che vi risiedono ora. Possiamo stimare che per ogni adulto che
diventa italiano ci sia più o meno un figlio che diventa italiano con lui, considerando
una tipica famiglia composta da due genitori e due figli. Quindi spannometricamente
i conti tornano.
4
5
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/cittadinanza/sottotema008.html
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione per le Adozioni Internazionali - “Coppie e
Bambini
nelle
adozioni
internazionali”,
2010.
http://www.commissioneadozioni.it/media/68239/prereport_adozioni2010.pdf
16
La truffa dello ius soli
Matrimonio
Art. 5
18 593
Residenza
Art. 9
21 630
Artt. 3, 4, 14
25 715
Altro
(adozione, nascita in italia e raggiungimento
18 anni, figli di naturalizzati...)
TOTALE
65 938
Tabella 1: Cittadinanze italiane concesse nel 2010
Questo per dare una panoramica numerica delle varie strade percorse dagli
stranieri per ottenere la cittadinanza italiana.
Ora torniamo alle dichiarazioni di Sarubbi, secondo cui delle quasi 66 mila
cittadinanze concesse per la maggior parte sono cittadinanze da matrimonio. In
realtà sono solo 18.593 le cittadinanze da matrimonio ossia il 28,2% del totale.
Mentre le cittadinanze per naturalizzazione, che sia essa per residenza, per adozione,
o che riguardi i figli degli immigrati naturalizzati, o nati in italia e divenuti
maggiorenni in totale coprono il restante 71,2%. Comprendere come faccia il 28,2%
ad essere la maggior parte mi risulta un po' difficile.
Ma consideriamo anche solo gli adulti che diventano italiani per residenza,
mettiamo da parte i loro figli per un momento. Ebbene, anche solo coloro che
ricevono la cittadinanza per residenza (art. 9) sono più di coloro che la ricevono per
matrimonio (art. 5), 21.630 contro 18.593.
Ora, uno può anche cercare di far passare l'idea che il 71,2% del totale sia una
goccia nel mare. E qualcuno probabilmente ci crederebbe anche. Dopo tutto basta
che la goccia sia molto grande e il mare non troppo esteso.
Ma che le cittadinanze da matrimonio siano la maggior parte proprio no. Questa è
una bufala. E lo è sia se si considerano tutte le 66 mila cittadinanze citate da Sarubbi,
sia se si considerano solo quelle per matrimonio e per residenza. In ogni caso le
cittadinanze per matrimonio sono la parte minore, fintanto che 18.593 < 21.630 in
N.
E vabbe', dirà qualcuno, sarà un caso. Magari negli anni precedenti le cittadinanze
per naturalizzazione erano due o tre mila e sono esplose di colpo nel 2010 e Sarubbi
non se ne è accorto.
Attenzione, nel suo articolo egli descrive le cittadinanze per naturalizzazione come
“la solita goccia nel mare”, non una goccia nel mare, bensì la solita. Andiamo allora a
vedere i numeri delle cittadinanze concesse a cittadini stranieri negli anni precedenti
(Dal 2008 al 20106, dal 2003 al 20087)
6
7
17
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/21/0808_cittadinanza_griglia
_2008-2010.pdf
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/15/0244_cittadinanza_a_ott
obre_2008.pdf
3. Un po' di numeri
35.000
30.000
25.000
20.000
15.000
Matrimonio
Residenza
10.000
5.000
0
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
Figura 2: Cittadinanze italiane concesse per residenza e matrimonio dal 2003 al 2010. Fonte Ministero
dell'Interno
Vediamo che le cittadinanze concesse per residenza seguono un andamento
crescente già negli anni precedenti al 2010, e che hanno superato le cittadinanze per
matrimonio già nel 2009. E tutto questo senza contare le altre cittadinanze per
naturalizzazione, in primo luogo i figli di questi immigrati che ricevono la
cittadinanza per residenza.
Contando anche solo i genitori già dal 2009 la maggior parte dei nuovi cittadini
italiani non sono per matrimonio. Definire poi i nuovi cittadini per naturalizzazione
una goccia nel mare è una corbelleria.
E questi sono i numeri: sarebbe bello capire perché Andrea Sarubbi dica l'esatto
opposto nel suo blog.
Malafede? No, non ci credo. Magari dal 2009 ad oggi non ha avuto tempo di
andare sul sito del Ministero dell'Interno, cliccare su Cittadinanza e successivamente
su Statistiche e leggersi i dati sulle cittadinanze concesse anno per anno.
Possiamo capire che non abbia avuto il tempo per documentarsi, dopo tutto tra
una diretta twitter su #opencamera e un dibattito televisivo rimane ben poco tempo
da dedicare allo studio. Resta però aperta una questione: una persona che non si
documenta nemmeno su questi numeri basilari nel tema della cittadinanza è davvero
titolato a parlare da esperto in materia? Davvero è opportuno che la legge sulla
cittadinanza venga scritta da un parlamentare che non sa nemmeno quante sono le
cittadinanze concesse per naturalizzazione? Pensiamoci.
Nel frattempo torniamo al problema che ci siamo posti all'inizio: le cittadinanze
per naturalizzazione sono tante o poche rispetto agli immigrati?
18
La truffa dello ius soli
Bene, abbiamo visto che nel quinquennio 1994-1998 i permessi di soggiorno
crescevano ad un ritmo di circa 88,4 mila all'anno. Ora andiamo a paragonare questi
dati con le cittadinanze italiane concesse passati dodici anni, ossia nel quinquennio
2006-2010 (Tabella 2).
2006
2007
2008
2009
2010
Totale
5 615
6 857
14 534
22 962
21 630
71 598
Tabella 2: Cittadinanze italiane concesse per residenza dal 2006 al 2010
Nel quinquennio 2006-2010 sono state concesse 71 598 cittadinanze italiane per
residenza, che corrispondono a una media di 14, 3 mila all'anno.
Perciò, a fronte di un flusso medio di 88,4 mila permessi di soggiorno in più
all'anno abbiamo, dopo dodici anni un flusso medio di 14,3 mila persone che
acquisiscono la cittadinanza italiana per residenza. Possiamo quindi dire che le
persone straniere che ricevono la cittadinanza dopo aver vissuto per dieci anni
consecutivi in italia sono il 16%.
[Teniamo presente che nel computo degli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza per
naturalizzazione ci sono anche coloro che hanno dovuto aspettare meno di dieci anni per
poter presentare domanda, come i cittadini di uno stato membro della Unione Europea, per i
quali bastano quattro anni di residenza continuativa in italia;
tuttavia non sono
numericamente molto rilevanti (nel 2010 hanno ottenuto la cittadinanza giusto 1.359 rumeni e
317 polacchi su un totale di 21.630 naturalizzazioni per residenza). Spannometricamente li
compensiamo con coloro che sono arrivati dodici anni prima ma che poi hanno lasciato l'italia
prima di maturare i requisiti per chiedere la cittadinanza.]
Poi possiamo discutere se il 16% di immigrati che ricevono la cittadinanza per
residenza è tanto o poco, ma di sicuro siamo ben lontani da quei numeri sparati
senza senso, come quando si paragonano 65 mila cittadinanze con 4 milioni e mezzo
di stranieri. C'è un ordine di grandezza di differenza.
Ci sarebbe da fare un commento sul fatto che le cittadinanze concesse (65.938 nel
2010) siano state definite da Sarubbi “numericamente ridicole”. Ora, non so cosa intenda
Sarubbi per numericamente ridicolo; non esiste – a quanto mi risulta – una scala di
ridicolosità su cui misurare in modo univoco se sono ridicole o meno. Ognuno è poi
libero di definire numericamente ridicolo quello che vuole. Però, il dubbio che
vengano considerate numericamente ridicole per l'insensato accostamento “66 mila
cittadinanze concesse vs. 4 milioni e mezzo di stranieri” viene.
E allora usiamo lo stesso criterio: paragoniamo il numero di cittadinanze concesse
con il numero di immigrati residenti in altri paesi come la Germania, che viene
descritta come luminoso esempio da imitare nelle politiche di immigrazione e
integrazione: nel 2010 gli stranieri erano quasi 7,2 milioni e coloro che hanno
19
3. Un po' di numeri
ricevuto la cittadinanza per naturalizzazione 101,6 mila 8. Fatte le proporzioni siamo
sugli stessi livelli.
Quelle 66 mila cittadinanze per naturalizzazione in l'italia non sono assolutamente
numericamente ridicole (a meno che non si considerino ridicole anche le 101,6 mila
cittadinanze per naturalizzazione tedesche). Certo che se uno si aspetta di trovarsi un
milione di nuove cittadinanze rilasciate per naturalizzazione ogni anno ovvio che poi
le considerare numericamente ridicole.
Ora, torniamo invece al criterio corretto con cui bisogna valutare il tasso di
naturalizzazione, ossia riferendoci al flusso di stranieri in entrata dodici anni prima.
Abbiamo detto che a spanne un 16% di essi dopo dodici anni riceve la cittadinanza
italiana. Qualcuno ora potrebbe chiedersi che fine ha fatto il restante 84% di stranieri
arrivati nel 1998 e che nel frattempo non ha ricevuto la cittadinanza italiana. Viene
istintivo pensare a un Ministero dell'Interno implacabile che boccia l'80% e passa
delle domande di naturalizzazione presentate. In realtà la situazione è ben diversa, e
lo possiamo vedere dai dati che ci fornisce lo stesso Ministero dell'Interno9.
Nel 2010 sono state approvate 21.630 domande di cittadinanza per
naturalizzazione, a fronte di sole 1.166 domande respinte. Ci sono poi le istanze
inammissibili, che sono state 72010.
E lo stesso trend si può osservare negli anni precedenti 11; già dal 2006 la
percentuale di domande inammissibili o respinte è molto piccola.
2003
2004
2005
2006
2007
Accolte
2 124
1 948
7 412
5 615
6 857
Respinte
1 801
1 056
829
243
63
305
427
1 166
17
62
56
149
332
385
485
720
Inammissibili
2008
2009
2010
14 534 22 962 21 630
Tabella 3: Domande di acquisizione di cittadinanza italiana per residenza accolte, respinte e inammissibili dal
2003 al 2010.
Le domande analizzate dal Ministero dunque sono quasi sempre accolte. E allora
dove sta l'inghippo? Forse che gli stranieri non presentano domanda di cittadinanza
benché ne abbiano i requisiti?
8
http://www.destatis.de/jetspeed/portal/cms/Sites/destatis/Internet/EN/Content/Statistics/Bevoe
lkerung/MigrationIntegration/Eingebuergerte/Tabellen/Content75/EinbuergerungenEinbuerger
ungsquote,templateId=renderPrint.psml
9 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/cittadinanza/sottotema008.html
10 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/21/0149_Power_point_cittad
inanza.ppt
11 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/15/0244_cittadinanza_a_ott
obre_2008.pdf
20
La truffa dello ius soli
In realtà le domande le presentano, solo che il Ministero fa una fatica boia a
smaltirle, tanto che dichiara di avere ancora 112.490 domande in itinere al 31
Dicembre 2010 (contando solo le domande di cittadinanza per residenza, escludendo
quelle per matrimonio). Infatti basta guardare quante domande vengono “inserite” e
quante vengono “definite” ogni anno dal 2003 al 2008 (per il 2009 e il 2010 non
vengono forniti questi dati).
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Inserite
9 149
10 841
10 240
13 232
25 261
32 026
Definite
3 942
3 066
8 297
6 007
7 252
15 224
- 5 207
-7 775
-1 943
-7 225
-18 009
- 16 802
Differenza
Tabella 4: Domande di acquisizione di cittadinanza italiana inserite e definite dal 2003 al 2008.
Nei soli sei anni considerati, dal 2003 al 2008, le pratiche non definite cumulate
sono circa 57 mila. Quindi, non soltanto analizzano le pratiche presentate negli anni
precedenti ma addirittura ogni anno si accumulano nuove istanze alla coda.
Sembra che il Ministero dell'Interno non riesca a smaltire le pratiche, il che
evidenzia che non è la legge sulla cittadinanza ad essere sbagliata, poiché quando le
pratiche vengono esaminate vengono quasi sempre accolte. Il problema è piuttosto
che il Ministero non riesce ad esaminarle, presumibilmente per carenza di strutture e
personale.
La soluzione al problema allora non è cambiare la legge ma investire più fondi
nell'amministrazione dello stato che si occupa di analizzare le istanze di cittadinanza.
Già oggi l'art. 3 del DPR 362 del 1994 prevede che il Ministero dell'Interno abbia
730 giorni a disposizione per decidere se concedere o meno la cittadinanza. Sono
troppi? Dimezziamoli pure, 365 giorni sono più che sufficienti in uno stato civile per
consentire di analizzare una pratica.
Qualunque sia il termine però, ciò che importa è che lo stato si faccia carico del
suo dovere e lo rispetti. Perché è facile scrivere un decreto in cui si dice che la
domanda di cittadinanza deve trovare accoglimento o rifiuto entro un certo numero
di giorni, mentre è più difficile stanziare i fondi affinché l'amministrazione dello stato
lo rispetti. Il problema non è la legge, che già ora stabilisce un termine (per quanto
molto elevato), il problema è la sua applicazione pratica. E allora se vogliamo
risolvere il problema non dobbiamo cambiare la legge, dobbiamo fare funzionare
quella che già c'è, senza obbligare uno straniero a dover fare un ricorso al T.A.R. (con
i relativi dispendi di denaro, tempo ed energia) perché il Ministero dell'Interno non
rispetta il limite di 730 giorni.
21
3. Un po' di numeri
Infine completano il quadro coloro che la domanda di cittadinanza non la
presentano proprio. E questo per i più disparati motivi: ci sono gli stranieri che
sposano un cittadino italiano ma non vogliono la cittadinanza italiana poiché
perderebbero la loro cittadinanza originaria. Altri semplicemente non sono
interessati alla cittadinanza italiana perché pianificano di tornare al loro paese da
anziani. Queste persone hanno come scopo quello di completare la propria vita
lavorativa in italia, maturare la pensione e poi tornare al proprio paese. Secondo i
sostenitori dello ius soli queste persone non esistono, perché dànno per scontato che
tutti vogliano rimanere per sempre in italia, e lo dicono osservando che i flussi di
stranieri in uscita sono bassi. Anche qui, è un paragone che non ha senso perché
non ha senso cercare di descrivere un fenomeno che accadrà in futuro coi flussi di
abbandono dell'italia di oggi. Stiamo parlando di un fenomeno recente: una gran
fetta di stranieri è arrivata negli ultimi dieci anni. Per poter vedere questi stranieri
tornare nei loro paesi bisogna aspettare che maturino la pensione; ma questo accadrà
solo tra lustri. È un fenomeno con costanti di tempo molto lunghe, per cui non ha
senso cercare di quantificarlo osservando il numero di stranieri che abbandonano
l'italia in questo momento come fanno i sostenitori dello ius soli.
Tolti coloro che non presentano domanda per ottenere la cittadinanza italiana
rimangono coloro che la domanda non la presentano perché non ne hanno i
requisiti. Ci sono coloro che non hanno i requisiti per reddito insufficiente o per
precedenti penali. E qui non è che si possa discutere molto (anche se a dire il vero
sembra assurdo che si chieda l'assenza di precedenti penali per diventare italiano:
cosa rende più italiano che un po' di propensione al reato? Un precedente penale
dovrebbe essere punto di merito piuttosto che causa ostativa per ottenere la
cittadinanza italiana).
Per molti il problema riguarda il requisito della residenza. Il caso più comune è
quello di coloro che non vantano i dieci anni di residenza continuativi a causa di
disguidi burocratici. Delle volte si dimenticano di fare il cambio di residenza quando
traslocano in un altro Comune, così che dal Comune di origine vengano cancellati
per irreperibilità. In questo caso però non possono reclamare niente: se vai in un
paese devi informarti sui doveri che la legge ti impone, e se non ottemperi al dovere
di comunicare al Comune dove abiti poi non puoi lagnarti se quando rivendichi un
diritto (di cittadinanza) lo stato ti fa presente che non puoi ottenerlo perché non hai
rispettato un tuo dovere.
Altre volte invece è tutta colpa dello stato: capita infatti che nel trasferirsi da un
Comune all'altro i topi si mangino le pratiche così che lo straniero venga tolto
dall'anagrafe della popolazione residente nel primo Comune ma non venga iscritto
nel secondo Comune.
In altri casi invece i Comuni cancellavano dall'anagrafe gli stranieri che al posto di
presentare il permesso di soggiorno rinnovato presentavano la ricevuta che veniva
22
La truffa dello ius soli
loro rilasciata quando facevano domanda di rinnovo. Di certo non era colpa degli
stranieri se lo stato ci mette un anno a rinnovare il permesso di soggiorno. Eppure
molti Comuni non accettavano le ricevute di presentazione della domanda di rinnovo
cancellando gli stranieri dall'anagrafe. Questo problema è stato risolto quando, nel
2006, una circolare del Ministero dell'Interno 12 ha stabilito che anche la ricevuta era
sufficiente per l'iscrizione all'anagrafe in quanto i diritti dello straniero cessano solo
nel momento in cui il permesso di soggiorno non è rinnovato o viene revocato,
mentre durante l'attesa del rinnovo continua a godere di tutti i diritti. Quindi ora la
ricevuta della richiesta di rinnovo basta; nel frattempo però tanti stranieri negli anni
precedenti sono stati cancellati dall'anagrafe risultando così non più residenti. A quel
punto si interrompe, anche se solo burocraticamente, la continuità di residenza, e
riparte da capo il conteggio dei 10 anni di residenza continuativa. Questo inghippo,
ora risolto, continuerà ad avere effetti nel futuro ancora per qualche anno.
In tutti questi casi però il problema non è la legge sulla cittadinanza, bensì la sua
applicazione. Si vogliono risolvere queste assurdità burocratiche? Sono il primo a
metterci la firma. Basta fare una legge per cui il requisito di 10 anni di residenza si
intende dimostrabile non solo tramite registrazione anagrafica in Comune ma anche
con altri elementi, come un contratto di lavoro, senza lasciare alcun dubbio
interpretativo. Così che lo straniero non debba fare ricorsi – che poi perde – in
quanto gli viene negata la cittadinanza a causa dei topi che si sono mangiati la pratica
mentre viaggiava da un Comune all'altro. O si può approvare una legge secondo cui
se la registrazione anagrafica si è interrotta a causa dello stato e non per colpa dello
straniero questo non interrompe la continuità della residenza.
Si può fare, e si risolvono i problemi di applicazione della legge senza abbassare
necessariamente gli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza italiana.
12 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/servizi/legislazione/_circolari/dip
_affari_interni/circolare_n._42_del_17_novembre_2006.html
23
4. E la questione potrebbe chiudersi anche qui
Siccome non possono ragionare sulla sensatezza di una legge (non avrebbero
strumenti per farlo) i promotori dello ius soli propongono riflessioni sugli svantaggi
che uno straniero ha nel vivere in italia. Spiegano cioè quali sono i problemi che uno
straniero deve affrontare in quanto tale in modo da convincere l'opinione pubblica
della necessita di una via d'accesso semplificata alla cittadinanza.
In effetti vivere in un paese straniero non è sempre semplice. Lo possono intuire
tutti quelli che vedono quotidianamente le lunghe code di stranieri davanti alle
questure per un timbro. Lo capiscono un po' meglio coloro che parlano con gli
stranieri che ti raccontano di impiegati delle questure maleducati, strafottenti e
irrispettosi della persona che hanno davanti allo sportello solo perché è straniera
(quante storie mi sono state riferite!). Lo comprendono in pieno coloro che, come
me, sono stranieri. Ho fatto anche io le code all'alba davanti all'ufficio della polizia
per stranieri, facendo a botte per poter entrare all'apertura delle porte solo per
cambiare un indirizzo sul “permesso di soggiorno”. Sono passato anch'io in quei
corridoi tra mafiosetti ucraini che spacciavano i bigliettini per la coda e poliziotti che
urlavano con la mascella in fuori e il petto gonfiato a stranieri appena arrivati che
non capivano nulla di quelle strane parole. Mi sono trovato anche io davanti a
impiegati che quando chiedi “mi scusi, non capisco, può parlare inglese?” nemmeno ti
ascoltano e continuano come se tu non avessi detto nulla.
Ma non per questo ho preteso la cittadinanza del paese che mi ospitava. Quando
mi sono trovato davanti il senatore della mia città (e ministro degli esteri) Karel
Schwarzenberg gli ho chiesto cosa potesse fare il governo per fornire dei servizi
dignitosi agli stranieri (per la cronaca, alzò le spalle e disse che, vabbe', i servizi per gli
immigrati sono così in tutto il mondo, di che mi lamentavo? Non so se poteva
rispondermi in un modo più demenziale).
C'è un problema, è vero: i servizi che lo stato offre ai cittadini stranieri sono
indegni di un paese civile. Uno straniero vive la condizione di umiliazione tra la coda
infinita davanti alla questura e l'impiegato strafottente allo sportello. Il rinnovo di un
24
La truffa dello ius soli
permesso di soggiorno può chiedere tempi lunghissimi (la media è di circa 10 mesi 13)
anche se la legge prescrive che debba essere rinnovato entro venti giorni (art. 5,
comma 9, del decreto legislativo n. 286 del 1998). Le domande stesse per la richiesta
di cittadinanza procedono con tempi biblici e tra mille ostacoli burocratici.
Quindi, dicono i promotori dello ius soli, è meglio dare la cittadinanza facile. Così
diventano tutti italiani e la coda alla questura non la devono più fare.
Questo è un modo tipicamente italiano di risolvere i problemi: nasconderli sotto il
tappeto. Non ci sono posti sufficienti nelle carceri per ospitare tutti i condannati alla
reclusione? Vivono in condizioni disumane? Non si risolve il problema costruendo
nuove carceri e rendendo le condizioni di vita dentro ad esse dignitose. Troppa
fatica. Ogni tanto si aprono le porte delle prigioni e si fa uscire un po' di gente.
Problema risolto in due minuti netti.
Gli studenti sono asini e hanno troppe insufficienze? Si inventa il concetto di “6
rosso”: sarebbe un'insufficienza però facciamo finta che sia un sei altrimenti
dovremmo bocciare troppa gente.
Per i servizi agli stranieri funziona nello stesso modo: lo stato non è in grado di
fornire servizi efficienti, rapidi e dignitosi agli stranieri? Non si migliorano i servizi
per gli stranieri, si risolve il problema eliminando gli stranieri (nel senso che li si
rende non più stranieri dando loro la cittadinanza italiana, mica che li si accoppa).
Io invece penso che se il problema è la lunghissima coda fuori dalla questura la
soluzione è ampliare gli orari di apertura degli uffici. Se il problema è l'impiegato allo
sportello che tratta lo straniero come pezza da piedi la soluzione è licenziare
quell'impiegato e assumere persone opportunamente addestrate al rispetto delle
persone, e che magari sappiano parlare diverse lingue straniere in modo che anche
coloro che sono appena arrivati siano agevolati nello svolgere le pratiche. Se il
problema è che il permesso di soggiorno ci mette un anno per essere rinnovato la
soluzione è spendere due euro per assumere nuovo personale per smaltire la pila di
pratiche arretrate. Se il problema è che gli uffici delle questure non funzionano
perché manca la carta per le fotocopie la soluzione è … comprare la carta delle
fotocopie. Niente di più logico.
Certo, è molto più semplice fare come propongono i sostenitori dello ius soli. Dai
la cittadinanza a chiunque passa per strada e in un due secondi ti sei liberato del
problema. Non devi fare la fatica di assumere nuovo personale, non devi prenderti la
premura di mettere allo sportello gente che parla lingue straniere, non devi investire
denaro per carta e fotocopiatrici. Ovvio che è più semplice. Ma non è la soluzione
del problema, bensì la certificazione di una sconfitta. Significa ammettere che non si
è stati capaci nemmeno di allestire dei servizi decenti per dei cittadini stranieri.
13 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/01/immigrazione-permessirinnovo.shtml
25
4. E la questione potrebbe chiudersi anche qui
Qualcuno dice che uno Stato, così come un qualsiasi altro gruppo di persone,
debba puntare in alto se vuole progredire. Se c'è un ideale da portare avanti, questo è
l'idea che uno Stato debba essere in grado di fornire servizi efficienti e dignitosi per
gli stranieri. L'idea che in uno Stato debba essere normale ottenere il rinnovo del
permesso di soggiorno in due settimane o ricevere la cittadinanza, in presenza di tutti
i presupposti, in tre mesi. L'obiettivo che uno Stato si deve porre è quello di
funzionare bene, affinché nessuno senta il bisogno di doversi inventare questa storia
della cittadinanza facile per evitare una coda in Questura.
I sostenitori dello ius soli parlano di un ideale, ma hanno scelto quello sbagliato.
Essi pensano che si deve puntare a uno Stato in cui si diventa facilmente cittadini per
non tribolare. Io invece penso che si deve puntare a uno Stato in cui si possa vivere
bene anche da stranieri.
E che l'ambizione dei sostenitori dello ius soli sia sbagliata lo si vede proprio da
questo punto. Lo Stato ha il dovere di fare tutto ciò che è in suo potere per
consentire a uno straniero di vivere bene. Non deve dirgli “se vuoi risolvere i tuoi
problemi fatti la cittadinanza italiana”, deve consentirgli di rimanere straniero se lo vuole.
La vittoria dello Stato sarà quando un cittadino straniero non sentirà l'esigenza di
domandare la cittadinanza italiana, perché significherà che allora lo Stato sarà stato in
grado di fornire servizi a livello da paese civile.
Di solito si dà per scontato che tutti gli stranieri vogliano la cittadinanza italiana.
Non è sempre così, e questo per i più svariati motivi. Ci sono persone che vivono in
italia perché hanno deciso di passarvi un periodo più o meno lungo, ad esempio per
lavoro. Essi non vogliono la cittadinanza italiana perché poi già sanno che
ritorneranno al loro paese. Però nel frattempo devono fare la fila alla Questura e
sottostare a tutte le farraginose e inefficienti procedure riservate agli stranieri.
Un'altra categoria è quella di coloro che sposano una persona italiana. Facciamo
un esempio: una donna giapponese sposa un uomo italiano. Ella ha diritto di vivere
in italia perché deve vivere col marito, ma non vuole la cittadinanza italiana. La legge
giapponese infatti prevede che se acquisisce un'altra cittadinanza deve rinunciare a
quella giapponese, ed ella proprio non vuole perdere il passaporto giapponese. Vive
in italia, ma non si sente italiana, e non la si può biasimare. Non è certo un suo
dovere sentirsi italiana: vive in italia perché ama il marito non necessariamente perché
ama l'italia. Non la si può certo obbligare a integrarsi e diventare italiana. Eppure
anch'ella dovrà rivolgersi alla questura, fare file e ottenere periodici timbri.
Anche assumendo che venga data la cittadinanza a tutti gli stranieri che ne fanno
richiesta rimarranno sempre queste due categorie di persone che vivono in italia ma
che non vogliono la cittadinanza italiana. E lo Stato ha il dovere di offrire loro servizi
efficienti e dignitosi.
Il problema dell'efficienza dello Stato verso gli stranieri è un problema che deve
comunque essere risolto, a prescindere da qualsiasi discorso sulla cittadinanza facile.
26
La truffa dello ius soli
Proporre, come fanno queste persone, di risolvere il problema stampando
passaporti italiani da distribuire un tanto al kg oltre ad essere l'ammissione di un
fallimento ha l'effetto di far credere che il problema sia scomparso, mentre ci
saranno sempre cittadini stranieri che dovranno scontrarsi con la burocrazia italiana.
Anche per questo la vera soluzione al problema non è regalare passaporti, ma
investire e migliorare i servizi agli stranieri, affinché chiunque si senta a suo agio in
italia già da straniero.
E a quel punto non sarebbe nemmeno necessario proseguire il discorso. Nel
momento in cui lo Stato riesce a fare in modo che uno straniero possa vivere senza
problemi in italia da straniero la questione della cittadinanza potrebbe chiudersi
anche qui. Problema risolto.
Non serve nemmeno una legge nuova, basta quella che c'è già. Si tratta solo di
applicarla, e basterebbero direttive e stanziamenti opportuni da parte del Governo. E
la volontà di farlo ovviamente.
27
5. Cittadinanza con l'oroscopo
Nel capitolo precedente abbiamo visto come in realtà non sia necessario riformare
l'intera legge sulla cittadinanza per risolvere i problemi, veri, dei cittadini stranieri e
gli ostacoli nel percorso per ottenere la cittadinanza.
Tuttavia i sostenitori dello ius soli hanno scelto la strada opposta, propongono
cioè di stravolgere la legge per rendere molto più semplice l'acquisizione della
cittadinanza italiana da parte di stranieri.
Vediamo allora di analizzare queste proposte e di capire perché sono fallaci. Alla
Camera dei deputati è stata presentata il 30 Luglio 2009 una proposta di legge
(n.2670) da Andrea Sarubbi e Fabio Granata, mentre una vasta rete di associazioni,
dall'ARCI alle ACLI e alla CGIL con il sostegno di noti periodici come Famiglia
Cristiana hanno lanciato la campagna l'Italia sono anch'io che consiste nella raccolta di
firme per una proposta di legge di iniziativa popolare da presentare al parlamento.
Entrambe le proposte di legge vanno nella direzione dello ius soli, ossia nel
principio per cui chi nasce in italia riceve automaticamente la cittadinanza italiana. Le
condizioni che però pongono queste due proposte di legge sono leggermente
differenti. Nel caso della proposta di legge Sarubbi-Granata riceve la cittadinanza
italiana alla nascita colui che nasce in italia quando almeno un genitore vive in italia
legalmente da cinque anni, mentre la proposta di legge di iniziativa popolare abbassa
questo termina a un anno. Ciò significa che uno straniero arriva in italia, dopo un
anno nasce suo figlio ed il piccolo è già italiano.
Prima di analizzare i motivi per cui questo meccanismo è illogico chiediamoci se
davvero lo ius soli è una soluzione al problema che viene evidenziato. I promotori
dello ius soli dipingono una situazione che è molto comune in tanti paesi d'italia:
basta entrare in una scuola e si trovano bambini o ragazzi figli di stranieri che sono
nati in italia, sono cresciuti in italia, studiano in italia... Sono in tutto simili ai loro
coetanei figli di italiani, parlano la stessa lingua, giocano assieme a pallone sullo
stesso campo e hanno gli stessi interessi. Delle volte non sanno nemmeno nulla del
paese d'origine dei genitori. Però non hanno la cittadinanza italiana, benché siano nei
28
La truffa dello ius soli
fatti italiani come i loro amici figli di italiani. Perciò, dicono, bisogna introdurre lo ius
soli: chi nasce in italia è italiano.
Sì, ma fermi un attimo. Facciamo un passo indietro: cosa abbiamo detto prima?
Abbiamo detto che questi bambini e ragazzi sono italiani di fatto perché hanno
vissuto in italia. Ciò che li rende italiani è stato l'andare a scuola in italia, il
frequentare coetanei italiani, giocare sullo stesso campo di pallone e parlare la stessa
lingua. Il loro essere italiani deriva quindi da un processo di assorbimento della
lingua, della cultura, degli usi e malcostumi italiani che si sviluppa nella loro infanzia
e adolescenza. Ma questo cosa c'entra con il luogo dove si è nati? Nulla.
Un bambino può assorbire lingua, cultura, usi e malcostumi italiani se cresce in
italia, indifferentemente dal luogo in cui è nato.
Facciamo un esempio. Jorge e Tomas sono due fratelli, figli di genitori messicani.
Jorge nasce in Messico nel 2005; l'anno successivo i genitori decidono di trasferirsi a
Firenze, così Jorge arriva in italia all'età di un anno, quando ancora non parla e si
regge a malapena in piedi. Nel 2008 compie tre anni e inizia a frequentare l'asilo;
passa le giornate tra bimbi italiani inizia a parlare italiano. Arriva il 2011, Jorge ha sei
anni, ed è ora di andare a scuola; così inizia il suo percorso scolastico in cui
continuerà ad integrarsi sempre di più con i coetanei e a formarsi come italiano. Ma
nel 2011 nasce Tomas, il suo fratellino. Sono ormai cinque anni che la famiglia vive a
Firenze. Così Tomas riceve la cittadinanza italiana. Non parla una parola di italiano
(ovviamente, visto che al massimo è capace di fare uè uè). Però riceve la cittadinanza
italiana, mentre il fratello Jorge che si è fatto cinque anni in italia no. Questo perché
Jorge è nato in Messico e Tomas in italia. Che logica ha tutto questo? Nessuna.
Infatti il criterio per cui per decidere se dare o meno la cittadinanza si controlla dove
un bambino è nato non risponde al problema che i sostenitori dello ius soli
evidenziano quando parlano di questi bambini che sono italiani di fatto ma non sulla
carta. Il luogo di nascita con quei bambini non c'entra proprio niente. Così come
l'essere capace di suonare l'armonica a bocca non ti rende più magro o più grasso.
Quei bambini sono italiani di fatto perché hanno vissuto in italia, non perché sono
nati in italia. La differenza tra nascere in un luogo e vivere in un luogo spero sia
chiara a tutti.
Non per i sostenitori dello ius soli, che forse non hanno mai messo la testa oltre a
Vipiteno, se non per le ferie estive. C'è chi passa tutta la vita nel proprio paesino
dove la gente nasce, cresce e muore. Già quando si sposano e mettono su casa nel
comune a 5 km di distanza si pongono domande esistenziali se sono oggionesi o
moltenesi. Quando invece uno mette il naso fuori di casa si accorge che non tutto il
mondo è stanziale. Non necessariamente la gente che si trasferisce in un altro paese
poi vi rimane per tutta la vita. Senza nemmeno pensarci troppo a lungo mi vengono
in mente queste persone che ho conosciuto: una ragazza ceca nata in Cina e tornata
in Boemia dopo due anni, una ragazza veneta nata in Nigeria dove lavorava il padre
29
5. Cittadinanza con l'oroscopo
ma poi cresciuta in italia, un mio ex-studente brasiliano nato a Tolosa ma poi
cresciuto in Brasile, un altro ex-studente statunitense nato a Londra ma cresciuto a
Nuova York, un mio amico ceco che ha avuto il suo secondo figlio mentre si trovava
temporaneamente per un lavoro di due anni a Tokyo...
Capita, la gente gira il mondo, si trova a fare un figlio in un paese e poi cambia
paese.
Se volete possiamo affrontare la questione da un punto di vista statistico. Ponete
di avere una vasca di palline colorate, come quelle che si trovano nei grandi negozi di
arredamento svedese a buon mercato dove puoi infilare il figlio per tenerlo buono
mentre cerchi un libreria o un mobile per il soggiorno. Poniamo che la vasca abbia
10 mila palline: 2 mila rosse, 2 mila gialle, 2 mila blu, 2 mila verdi e 2 mila bianche.
Tutte mischiate assieme. Vieni bendato, e ti viene chiesto di estrarre una pallina a
caso senza poter vedere di che colore sono le palline nella vasca. Giri e mescoli un
po' le palline ed estrai una pallina rossa. Ora ti chiedo: di che colore sono le palline?
Rosse, mi dirai, immaginando una vasca piena di 10 mila palline rosse. Ma guardando
la vasca ti accorgerai che le palline sono di tanti colori. Capisci che allora dedurre il
colore delle palline avendone estratta solo una era una sciocchezza. Dovevi estrarne
un po' di più; estraendone 5 avresti la possibilità di pescare per caso una pallina
rossa, una gialla, una blu, una verde e una bianca. Ma dovresti essere molto fortunato
a scegliere 5 palline di cinque colori diversi con solo 5 tentativi a disposizione. Può
capitarti di pescare due palline rosse e nessuna blu. Così ancora non sapresti che
nella vasca ci sono anche palline blu. Se invece estrai 100 palline, sarà davvero
difficile che nemmeno una pallina estratta sia blu. Ricapitolando: più palline estraggo
e più potrò farmi un'idea chiara della situazione.
Per un bambino e la cittadinanza è la stessa cosa. Nei primi diciotto anni di vita un
ragazzo vive circa 6 575 giorni; ebbene, di questi 6 575 giorni per decidere la sua
cittadinanza con lo ius soli si pesca il giorno numero 1, quello in cui è nato. E perché
non il giorno 2 150, il giorno 3 410 o il giorno 5 102? Cosa rende il giorno 1 più
significativo del giorno 3 410? Nulla, tanto più che al giorno 3 410 il ragazzo sarà già
in grado di intendere e volere, di parlare, di fare ragionamenti e specialmente di
assorbire cultura, usi, costumi e malcostumi di ciò che lo circonda. Mentre al giorno
1 è solo un neonato: che sia circondato da infermiere che gli parlano in italiano o in
portoghese non cambia nulla (tanto più che quando ci si rivolge a un bambino nel
suo giorno 1 di solito gli adulti si limitano a fare pepepepe....bubububu...papapap! e questi
suoni vanno bene in tutte le lingue).
E allora, perché mai dovrebbe avere una qualsivoglia influenza su di un bambino il
luogo in cui nasce? Sembra quasi che per i sostenitori dello ius soli sul territorio della
Repubblica ci sia un misterioso campo di forza che infonde italianità al bambino, una
sorta di influsso mistico che ti avvolge alla nascita se sei in italia. Ovviamente
l'influsso mistico di italianità finisce al confine con Chiasso.
30
La truffa dello ius soli
Scienziati e divulgatori scientifici hanno speso decenni a spiegare che l'astrologia è
una bufala. Ora al posto della data di nascita vogliono sostituire il luogo di nascita.
Invece di dire che chi è nato in un giorno in cui Giove era ascendente Capricorno
poi sarà una persona estroversa, ti vengono a dire che chi è nato in un luogo che
appartiene all'italia allora è italiano. Suvvia, chi crede allo ius soli non è molto diverso
da chi crede all'oroscopo.
Per rimarcare l'irrazionalità dello ius soli basta ripetere le parole stesse dei suoi
sostenitori: è assurdo – dicono – che un bambino nato e cresciuto in italia non sia italiano.
Bene, ripetete la frase evidenziando “e cresciuto”. Non solo “nato” in italia, ma “nato e
cresciuto”. Lo dicono essi stessi, sono due le condizioni: 1) essere nato e 2) essere
cresciuto in italia. Poi però propongono un sistema per cui danno la cittadinanza alla
nascita, quando solo la condizione 1) – essere nato in italia – è verificata. La
condizione 2) ? Vabbe', chi se ne frega.
Le due proposte di legge introducono una nuova condizione: invece di richiedere
che il bambino sia cresciuto in italia, si impone come condizione che i genitori
abbiano vissuto un certo numero di anni in italia (per il duo Sarubbi-Granata cinque
anni, mentre per la proposta di legge di iniziativa popolare un solo anno). Quindi, i
genitori hanno vissuto in italia, e invece di diventare italiani essi, diventa italiano il
figlio. La cultura, la lingua gli usi e i malcostumi li hanno assorbiti i genitori, però la
cittadinanza la prende il figlio. Qual è la logica dietro a questo meccanismo? Mistero
della fede.
Ora, di leggi stupide ce ne sono tante, una più una meno. Onestà intellettuale però
vorrebbe che una proposta di legge venisse illustrata per quello che è veramente. I
sostenitori dello ius soli non dovrebbero propagandare la propria proposta di legge
dicendo “è assurdo che un bambino nato e cresciuto in italia non sia italiano”, perché essi non
stanno proponendo di dare la cittadinanza a un bambino nato e cresciuto in italia.
Essi stanno proponendo di dare la cittadinanza a un bambino nato in italia da
genitori che hanno vissuto cinque anni in italia. Quindi dovrebbero dire “è assurdo che
un bambino nato in italia non sia italiano se i suoi genitori hanno vissuto in italia cinque anni”.
Non si tratta di sottigliezze ma di fuorviare l'opinione pubblica con un argomento,
e poi passare sotto banco una proposta di legge che dice tutt'altro. Non volete
chiamarla truffa? Scegliete voi la parola più adatta.
L'unica spiegazione che danno a questo astruso meccanismo è persino più fallace.
Se una coppia di genitori vive cinque anni (o un anno, per l'altra proposta di legge) in
italia e poi nasce un figlio si dà per scontato che la coppia è ormai stabile in italia e il
bambino per forza di cose crescerà in italia. Il meccanismo è fallace perché pretende
di prevedere il futuro. Il fatto che due genitori abbiano vissuto un certo numero di
anni in italia non implica che in italia ci staranno davvero. Si potrebbe dire che
maggiore è il numero di anni che una persona passa in un paese e maggiore è la
probabilità che quella persona rimanga in quel paese. Ad esempio, la proposta di
31
5. Cittadinanza con l'oroscopo
legge di iniziativa popolare propone che la cittadinanza italiana sia data ai figli di chi
vive in italia da un solo anno. Viene difficile credere che una persona rimanga per
sempre in italia perché ci ha vissuto un anno. Già se alzi il termine a cinque anni la
cosa potrebbe sembrare più ragionevole. Ma in realtà la logica non funziona in sé,
che il termine sia un anno o cinque. Perché predire il futuro è un'attività che si riserva
ai cialtroni che si spacciano per cartomanti sulle televisioni locali. E lo ribadisco, non
è una questione di statistica: se io raccolgo delle informazioni su degli eventi accaduti
fino ad oggi posso fare una statistica fino ad oggi. Ma non posso dire nulla sul
futuro. Facciamo un esempio, così il concetto diventa più chiaro. Prendiamo le
statistiche degli immigrati in un paese a caso, facciamo l'Islanda: facciamo il conto di
quanti stranieri arrivano e di quanti se ne vanno ogni anno dal 1980 al 2010, e per
ogni straniero prendiamo nota di quanti anni ha vissuto in Islanda. Così magari
osserviamo che per chi ha vissuto in Islanda un anno la percentuale che se ne va è
del 10%, mentre tra chi ha vissuto cinque anni in Islanda abbandona il paese solo il
3%; infine questa percentuale si abbassa allo 0.5% tra chi ha vissuto in Islanda
almeno 20 anni (sono numeri di fantasia, è solo per spiegare il concetto).
La deduzione che se ne fa è che più è lungo il tempo che uno straniero passa in
Islanda e più è probabile che ci rimarrà in pianta stabile. Ma ciò non è vero. L'unica
cosa che possiamo dire guardando quei dati è che più a lungo uno straniero ha vissuto
in Islanda e più è probabile che ci sia rimasto in pianta stabile. Avete notato la
differenza? Sono verbi al passato. Perché la statistica non prevede il futuro, la
statistica fa una cosa diversa: prende un sistema (l'insieme degli stranieri in Islanda
dal 1980 al 2010) calcola alcuni parametri (il tasso di coloro che se ne vanno e di
coloro che restano) e descrive macroscopicamente un fenomeno in quel sistema.
Si può parlare di probabilità solo se il sistema che consideriamo è uguale a quello
su cui abbiamo costruito la statistica. Ad esempio: considero le lavatrici prodotte
dalla “Spingifondi Elettrodomestici S.p.A” nel mese di Maggio, e scopro al controllo
di qualità prima dell'immissione sul mercato che il 7% delle lavatrici non funziona.
Da questa statistica posso dedurre che il 7% delle lavatrici prodotte dalla
“Spingifondi Elettrodomestici S.p.A” nel mese di Giugno sarà probabilmente guasto,
solo se nulla cambia nel processo produttivo dell'azienda. I fornitori della lamiera e
del motore sono uguali, gli stampi sono uguali, gli operai sono gli stessi e dedicano
ad ogni lavatrice la stessa cura e lo stesso impegno nell'assemblarla e così via. Ovvio
che se il direttore della Spingifondi Elettrodomestici S.p.A. taglia il personale e
impone nel contempo di produrre lo stesso numero di lavatrici la situazione cambia:
ogni operaio potrà dedicare meno tempo ad ogni lavatrice e probabilmente il tasso di
lavatrici guaste nel mese di Giugno salirà, ad esempio invece di essere il 7% sarà
l'11%. A quel punto la statistica che avevamo fatto a Maggio non serve più a nulla,
perché sono cambiate le condizioni di lavoro. Il sistema a cui ci riferiamo è diverso,
quindi la statistica che avevamo fatto sull'altro sistema non vale più.
32
La truffa dello ius soli
Lo stesso per il sistema “Stranieri in Islanda dal 1980 al 2010”: le statistiche che
abbiamo fatto dal 1980 al 2010 ci dicono qualcosa solo sul quel periodo (così come il
tasso di lavatrici guaste a Maggio ci dice qualcosa solo sulle lavatrici prodotte con il
processo produttivo usato a Maggio). L'immigrazione in Islanda sarà sicuramente
diversa dal 2010 in poi, perché è impensabile che si riproducano le stesse condizioni
economiche, politiche e sociali che si sono verificate in Islanda dal 1980 al 2010.
L'immigrazione in Islanda dal 2010 in poi sarà una cosa diversa, e proprio per questo
le statistiche fatte sul passato non dicono su quello che succederà in futuro. Volete
un esempio concreto? Bene, in Spagna si è registrato un forte flusso migratorio
entrante durante gli anni 2000: il numero di stranieri in Spagna è cresciuto da un solo
milione nel 2000 a 5,7 milioni nel 2010. Già verso il 2009 però la crescita di stranieri
rallentava a causa della crisi economica che ha colpito la Spagna molto duramente.
Fino a quando il flusso migratorio è diventato negativo: nel 2011 sono giunti 417.523
stranieri mentre nello stesso anno ne sono fuggiti 445.130 14. Ciò significa che sono di
più gli stranieri che abbandonano la Spagna che quelli che vi giungono. Qualcuno
avrebbe mai detto che si sarebbe arrivati ad avere più stranieri che lasciano la Spagna
di quelli che vi giungono? Magari due o tre anni fa, quando la crisi diventò evidente
qualcuno con un po' di acume avrebbe previsto questo scenario. Ma torniamo
indietro al 2005: ti do i dati sull'immigrazione in Spagna dal 1995 a 2005, vedi che il
numero di stranieri si impenna crescendo di 500 – 600 mila unità all'anno: da cosa
avresti potuto dedurre che dopo sei anni il numero di stranieri avrebbe iniziato a
calare? Avresti dovuto prevedere la crisi, ma le statistiche sull'immigrazione fino al
2005 questa informazione non te la danno. Perché le statistiche parlano del passato,
non del futuro. Prendendo in mano le statistiche fino al 2005 avresti dedotto che l'X
% di stranieri resta in Spagna più a lungo di 10 anni. Ma avresti fatto un errore nel
dedurre che, vista la statistica, il Sig. Vojtěch, cittadino straniero abitante in Spagna
dal 2002, sarebbe rimasto in Spagna fino al 2012 con probabilità dell'X%. Perché poi
arriva la crisi e la tua deduzione del futuro basata su una statistica del passato va a
farsi benedire.
Torniamo all'italia: abbiamo un paese che è arrivato al punto da dare due calci nel
sedere al primo ministro e commissariare il governo con una squadra di salvataggio
per le emergenze. E questo perché si è stati così vicini al precipizio che c'era il rischio
concreto di non avere i soldi per pagare gli stipendi. Un paese con un debito
pubblico gigantesco come l'italia è un sistema vulnerabile: se capita che il governo,
per un qualsiasi motivo, non riusce a piazzare il debito sul mercato (e non accorre
alcun fondo d'emergenza a rastrellare il BTP invenduti) il paese fallisce. Negli ultimi
anni abbiamo visto che anche gli stati falliscono, dall'Argentina alla Grecia (tenuta in
vita artificialmente). L'italia di certo non se la passa molto meglio. In Grecia è già
lotta per la sopravvivenza, a quando in italia?
14 http://www.elmundo.es/elmundo/2012/01/16/espana/1326706537.html
33
5. Cittadinanza con l'oroscopo
A questo aggiungiamo che il paese si sta tirando martellate sulle appendici pendule
da decenni con parlamenti che pensano di più alle persone con cui il primo ministro
giace la notte (per attaccarlo o per difenderlo, fa lo stesso) invece di lavorare per
favorire il benessere economico del paese. L'economia va a rotoli, le aziende
chiudono una dopo l'altra. Dove sarà l'italia tra dieci anni, e tra venti?
Gli italiani andavano in Argentina un secolo fa, perché lì avevano migliori
prospettive di vita rispetto all'italia, dove facevano la fame. Passati alcuni decenni le
sorti si sono ribaltate: in italia si sta molto meglio che in Argentina. E in futuro?
Troppo spesso la gente non si rende conto che nel giro di poco tempo la situazione
economica di un paese può cambiare radicalmente. L'italia è ricca da cinquant'anni, e
niente fa presupporre che lo resti in futuro. Tanto più che ora i cambiamenti sono
sempre più rapidi. Come sarà il mondo tra vent'anni? Quali saranno i paesi ricchi e
quali i paesi poveri? Dove andranno dunque gli immigrati a cercare fortuna?
L'immigrazione è un fenomeno dinamico, con diverse costanti di tempo. Ho visto
orde di giovani italiani ed europei che sono emigrati verso Londra negli anni d'oro
dei primi 2000, poi quando è arrivata la crisi hanno preso e sono tornati in italia (o
negli altri paesi d'origine) al terzo mese in cui non lavoravano perché gli mancavano
quelle 500 sterline per pagare l'alloggio. Ovvio, per loro tornare a casa è
relativamente facile. Prenotano un volo low cost la sera e la mattina dopo sono già a
tavola dalla mamma per farsi sfamare da lei. Chi viene invece da un paese lontano
mediterà molto più a lungo un cambiamento di paese. Più probabilmente cercherà
fortuna in un'altra zona. Se non trova lavoro in italia si sposterà in Germania.
Chi ha passato un deserto o fatto una traversata in mare, chi è scappato da una
guerra di certo non si arrende alla prima difficoltà, come il giovane architetto di belle
speranze che appena gli affari vanno male a Londra torna dalla mamma. In questo
caso il flusso migratorio è più lento, non hai orde di giovani che cambiano paese ogni
tre anni a seconda di come tira il vento (cinque anni fa “tutti in Spagna! lì c'è il lavoro per
i giovani! W Zapatero!” e ora tutti che scappano dalla Spagna dove la disoccupazione
giovanile è mostruosa). Sono fenomeni di migrazione più lenta, ma esistono. Perché
anche uno che ha fatto la guerra, per quanto forte e determinato sia, alla fine deve
mangiare, e fare quella cosa chiamata lavorare per guadagnare dei soldi. Può resistere
un po' ma non all'infinito.
C'è poi un altro punto importante: quello di coloro che già a priori si pongono
l'obiettivo di una immigrazione a tempo. Ho conosciuto badanti moldave che sono
andate in italia lasciando marito e figli in Moldavia. Non hanno certo intenzione di
restare in italia a vita. Il loro scopo è guadagnare quanto più possibile durante gli anni
in italia (riducendo al minimo le spese con una vita che definire parsimoniosa è un
eufemismo) e mandare alla famiglia gran parte dello stipendio con cui poi si
costruiscono la casa. Basta parlare con la gente per scoprire queste storie. Molti
sostenitori dello ius soli dicono che questa categoria di immigrati non esiste, che gli
34
La truffa dello ius soli
immigrati sono destinati a rimanere in italia per sempre. E lo dicono basandosi sui
numeri degli stranieri che lasciano l'italia oggi. Ma questa è una sciocchezza e
l'abbiamo già visto nel capitolo 3. Gran parte degli immigrati residenti ora in italia
sono arrivati negli ultimi dieci anni: se dal 2000 al 2010 gli stranieri in italia sono
passati da 1,5 a 4,5 milioni, ossia 3 milioni dei 4,5 milioni di stranieri in italia, il 67%
del totale, sono arrivati negli ultimi dieci anni. Costoro lasceranno eventualmente il
paese dopo aver maturato un diritto previdenziale che di certo non si ottiene in dieci
anni. Queste persone torneranno al loro paese a godersi la pensione? Lo vedremo tra
qualche lustro. Di certo rispondere di no, come fanno i sostenitori dello ius soli,
basandosi sugli stranieri che abbandonano l'italia ora non ha senso, perché essi
lasciano l'italia per altri motivi. Significa prendere i numeri di un fenomeno e usarli
per descrivere un altro fenomeno.
All'ombra di queste domande diventa evidente che prendere i dati
dell'immigrazione oggi e pensare di fare previsioni sul futuro è senza senso. Puoi
prendere degli economisti, metterli insieme con dei sociologi e chiedere loro di fare
delle previsioni sul futuro. Poi però non arrabbiatevi se le previsioni sono azzeccate
come quelle di chi vi ha consigliato di investire in azioni Parmalat o in bond
argentini, ché si sa un'azienda come la Parmalat o uno stato mica possono fallire. Puoi
sbizzarrirti come vuoi nelle previsioni, ma non rimangono niente più di previsioni.
Quello che non puoi fare è usare le statistiche del fenomeno immigrazione oggi e
usarle per fare delle previsioni sul futuro. Dire che siccome oggi gli immigrati
tendono a restare in italia una volta arrivaticisi perciò se uno ci resta cinque anni
significa che ci resta tutta la vita è una baggianata. Perché non sai come girerà la
ruota tra dieci anni. E attenzione, non è solo un azzardo, è proprio una cosa senza
senso. Prendere delle statistiche di un processo in evoluzione e non stabilizzato per
fare delle previsioni significa non aver capito cos'è la statistica (no, non è fare due
conticini e costruire il grafico a torta col foglio di calcolo). Perciò fate tutte le
previsioni che volete, ma non cercate di giustificarle con le statistiche.
Affermare che siccome una persona ha vissuto cinque anni in italia allora rimarrà
in pianta stabile in italia significa fare le previsioni del futuro. Niente a che vedere
con una logica razionale che dovrebbe stare alla base di ogni legge (dico dovrebbe
perché poi le leggi idiote le approvano comunque).
35
6. Razzismo
Quando facevo le elementari capitò che la maestra ci insegnò il significato della
parola “egoista”. Se non ricordo male tutto derivava da una lettura del sussidiario che
parlava dell'egoismo. Così la maestra ci spiegò che derivava dalla parola latina ego e
tutte quelle cose lì. Da quel giorno divenne la parola preferita dei miei compagni di
classe. Ogni qual volta rispondevi di no a una richiesta ti dicevano “allora sei egoista”.
Ad esempio: ti chiedevano il pastello blu, tu dicevi no perché serviva anche a te e
loro “egoista!”. Ti chiedevano un pezzo di merenda, tu dicevi di no perché bastava a
malapena per te e loro “egoista!”. Era la parola magica, il jolly da usare per ottenere
qualsiasi cosa. O rispondi di sì o sei “egoista!”. Anche se la richiesta è assurda.
Quando si parla di legge sulla cittadinanza la parola magica invece è razzista. O sei
a favore dello ius soli oppure sei razzista. È la carta che giocano quando sono alle
strette di argomenti a supporto della loro tesi. Non sanno cosa risponderti di fronte
a ragionamenti razionali e la buttano in caciara, ti accusano di razzismo perché così
loro diventano i buoni e tu il cattivo. In questo modo sei tu che ti devi difendere e
loro passano all'attacco. Poi fa niente se quello che hai detto non è per nulla razzista.
A loro basta dire che lo sei e tu dovrai perdere del tempo a dimostrare di non esserlo,
perché non puoi dire “lasciamo perdere il razzismo un attimo”, suonerebbe come una
conferma del fatto che tu sia razzista.
In questo testo l'assurdità dello ius soli è dimostrata senza mezza parola che
potesse anche solo velatamente essere considerata razzista. A questo però spiego
perché i veri razzisti sono proprio coloro che sostengono lo ius soli, e in generale la
cittadinanza facile. Sì, i razzisti sono loro. Razzisti di prima qualità. Certo, non se ne
rendono conto, e in cuor loro pensano di essere antirazzisti, ma proprio questo li
rende razzisti della peggior specie, perché inconsapevoli del loro animo razzista.
Forse vi starete domandando perché definisco i sostenitori della cittadinanza
semplice dei razzisti. Fate bene attenzione a quello che dicono: dobbiamo concedere la
cittadinanza italiana agli stranieri, è ingiusto che non abbiano la cittadinanza italiana, hanno
anche loro diritto di essere italiani come noi...
36
La truffa dello ius soli
In tutto questo c'è sottinteso un velo di superiorità italiana; il concetto che passa
implicitamente da questi discorsi è che la cittadinanza italiana va concessa perché è
migliore delle altre: ma cosa te ne stai lì col tuo lurido passaporto marocchino, prendi un
passaporto italiano, guarda che bello che è! Diventa un italiano come noi!
E a questo punto il tizio avrebbe anche qualche argomento per dirti che egli è
orgoglioso del suo passaporto marocchino, mica vuole un passaporto italiano.
Vorrebbe poter vivere in italia da marocchino con dignità. Vorrebbe non avere la
necessità di fingersi italiano per poter vivere dignitosamente in italia.
Quest'idea non passa nemmeno nel cervello dei sostenitori dello ius soli, perché
per loro ovvio: essere italiano è meglio che essere marocchino, nigeriano o albanese.
Perciò è ovvio che essi desiderino diventare italiani.
Ripensate a questo concetto quando li sentirete parlare: dobbiamo concedere la
cittadinanza! Come se fosse una cosa preziosa che con grande magnanimità
concediamo a quei pezzenti di stranieri. Se non è razzismo questo.
Qualcuno mi dirà che però è vero: un albanese vede quasi sempre un passaporto
italiano come un miraggio, un qualcosa per cui farebbe qualsiasi cosa, mentre magari
maledice di avere in tasca un passaporto albanese. Ma perché pensa questo?
Semplice, con un passaporto italiano puoi vivere in un qualsiasi paese dell'Unione
Europea e puoi entrare in molti paesi di tutto il mondo senza bisogno di un visto.
Senza girarci troppo attorno, un passaporto italiano rispetto a un passaporto
albanese è più “di lusso”. Al contempo quando facciamo queste riflessioni sulla
cittadinanza mai pensiamo a stranieri come cittadini statunitensi. Abbiamo sempre in
mente lo straniero povero, non lo straniero ricco come interessato alla cittadinanza
italiana. Perché mai un cittadino americano, con in tasca il passaporto più di lusso a
cui possa ambire, dovrebbe chiedere la cittadinanza italiana? Si vede bene allora che
nel sentimento comune c'è una scala di importanza tra le cittadinanze, dove quella
italiana viene un po' dopo quella di stati più potenti come gli Stati Uniti Americani,
ma si piazza di gran lunga sopra tutti quei paesi che vengono considerati di serie B.
Per quanto la convenienza di avere un passaporto italiano piuttosto che albanese
sia del tutto innegabile, osservo in questo comportamento una velatura razzista
molto subdola. Dall'utilità burocratica di una cittadinanza piuttosto che un altra si è
passati a dare per scontato che sia meglio essere italiani che albanesi, marocchini,
cingalesi...
Questo atteggiamento è talmente diffuso che non si fa nemmeno nulla per
combatterlo, lo si considera quasi scontato, tanto da non percepirlo nemmeno come
razzista: è ovvio che un cingalese voglia diventare italiano, noi siamo il meglio, chi
non vorrebbe un passaporto di serie A come quello italiano quando ha solo un
passaporto di serie B come quello cingalese.
La vera battaglia contro il razzismo non è quella per cui si promuovono a una
cittadinanza di serie A tutti quelli che hanno una cittadinanza di serie B. Questo, al
37
6. Razzismo
contrario, è vero razzismo perché ammette, giustifica e legittima la classificazione
delle cittadinanze. La vera battaglia contro il razzismo consiste nell'abbattimento del
concetto di cittadinanza “di lusso” e cittadinanza “da pezzente”. Il razzismo sarà
sconfitto non quando renderemo tutti italiani, ma quando non ci sarà più nemmeno
il concetto per cui una cittadinanza è migliore di un'altra, quando uno straniero non
avrà bisogno del passaporto italiano per sentirsi di serie A.
Non è utopia: dagli Stati Uniti Americani al Giappone ho conosciuto persone che
hanno vissuto per decenni (talvolta anche più di cinquant'anni) in quei paesi con un
permesso di soggiorno permanente, senza mai prendere la cittadinanza. Potevano
vivere e lavorare in quel paese senza problemi, e dal momento che non si
identificavano come cittadini di quel paese non hanno mai fatto richiesta di
cittadinanza. Si può fare, basta volerlo.
E si può fare partendo dal compito più semplice: smetterla di considerare lo
straniero come un cittadino di second'ordine che sicuramente ambisce alla
cittadinanza italiana. Smetterla di considerare la concessione della cittadinanza come
una preziosissimo dono che viene elargito con grande magnanimità a questi pezzenti,
ché se non ci fossimo noi chissà che fine farebbero.
Perché questo è il vero razzismo.
38
7. Quali problemi?
Nella campagna per l'approvazione dello ius soli vengono spesso ripetuti slogan
sul fatto che questi poveri bambini, nonostante siano nati e cresciuti in italia
rimangono stranieri, e quindi esclusi dai diritti che hanno i loro coetanei figli di
italiani. Ma quali sono, all'atto pratico, i problemi che deve affrontare il figlio di uno
straniero?
La campagna l'italia sono anch'io, che raccoglie le firme per la proposta di legge di
iniziativa popolare, ha provato a fare qualche esempio15. Gran parte dei problemi
derivanti dalla condizione di straniero sono di ordine burocratico, come ad esempio
la difficoltà nel recarsi all'estero (ad esempio per una gita scolastica) durante il
periodo in cui viene rinnovato il permesso di soggiorno, periodo che può essere
molto lungo.
Ma dei problemi burocratici abbiamo già parlato nel capitolo 4. La soluzione non
consiste nel dare la cittadinanza a chiunque la chieda; se il problema è la burocrazia
che rende difficile la vita agli stranieri la soluzione è investire sull'apparato
amministrativo, comprare fotocopiatrici, assumere nuovo personale, ampliare gli
orari di apertura degli uffici e infine fare in modo che il permesso di soggiorno ti sia
rinnovato nel giro di qualche settimana.
Una volta che abbiamo tolto dal tavolo i problemi burocratici (che non sono un
motivo valido per dare la cittadinanza) rimane ben poco. Tra i problemi citati da
l'italia sono anch'io rimane l'impossibilità di praticare sport agonistico. Tuttavia
abbiamo visto nel capitolo 2. che un figlio di immigrati può ottenere la cittadinanza
ben prima dei diciotto anni. Se è nato in italia, significa che i genitori alla sua nascita
erano già in italia. Alla peggio dopo altri dieci anni possono ottenere la cittadinanza.
Consideriamo pure due anni per l'iter burocratico: nel peggiore dei casi il bambini
potrà ricevere la cittadinanza all'età di 12 anni. Che problemi ha un bambino
nell'essere straniero nei suoi primi 12 anni di vita? Dopodiché, fosse anche
impossibile per il bambino fare sport agonistico fino ai 18 anni non cade il mondo.
15 http://www.litaliasonoanchio.it/fileadmin/materiali_italiaanchio/pdf/Gli_ostacoli_per_i_minori_n
on_italiani_-_Litaliasonoanchio.pdf
39
7. Quali problemi?
Mi dispiace per lui, ma non si cambia una legge sull'immigrazione distribuendo
passaporti un tanto al kg perché altrimenti il figlio dell'immigrato non può fare la
gara di salto con l'asta. Il deputato Francesco Boccia nell'agosto 2011 è persino
arrivato a presentare un'interpellanza urgente (n. 2/01182) al Governo in cui
perorava il caso di tale Eusebio Haliti, giovane con cittadinanza albanese residente in
italia che vanta primati invidiabili nell'atletica leggera ma che non potrà partecipare ai
Giochi olimpici del 2012 a Londra perché ancora non ha ottenuto la cittadinanza
italiana. E da questo singolo caso Boccia chiede al Governo di intervenire per evitare
queste che egli chiama discriminazioni, ricordando le proposte di legge presentate
sull'argomento dal suo gruppo parlamentare. Come dire, dobbiamo cambiare la legge
per vincere una medaglia in più ai prossimi Giochi olimpici. Perché mica si tratta di
far gareggiare o meno il tal velocista: egli infatti ha dichiarato che potrebbe
gareggiare rappresentando l'Albania – che probabilmente ha tutto l'interesse ad avere
un campione del genere nella propria rappresentativa – ma che preferisce gareggiare
per l'italia (Dall’Albania, come fanno sempre per le gare internazionali, mi hanno già chiamato.
Ma ho detto che non voglio partecipare con la bandiera albanese. Io non disconosco le mie origini,
ma ormai mi sento italiano e vorrei correre per il mio Paese)16. Quindi il Parlamento italiano
dovrebbe cambiare la legge sulla cittadinanza per i capricci nazionalistici di un atleta
o per i desideri di un deputato o dei tifosi di vincere una medaglia in più ai Giochi
olimpici. Magari potremmo far scrivere le leggi direttamente dal comitato di
redazione della Gazzetta dello Sport, perché no?
L'italia è un paese, per quanto se ne dica, che ha una larghissima tolleranza verso
gli stranieri. L'istruzione è gratuita per tutti, e basta fare un giro nelle scuole italiane
per rendersi conto che il diritto all'istruzione è garantito anche agli stranieri.
L'assistenza sanitaria in italia è garantita a tutti: negli ospedali italiani vengono curati
tutti, compresi i clandestini e persino gratuitamente. Uno straniero può aprire
un'impresa (o forse non leggiamo tutti gli anni la solita notizia del boom di nuove
aziende aperte da stranieri?). Uno straniero può comprare un'abitazione, e guardate
che non è mica una cosa scontata: conosco molti stranieri che per comprare casa in
Repubblica Ceca fino a pochi anni fa hanno dovuto aprire una sorta di s.r.l. fittizia e
comprare la propria abitazione a nome dell'azienda.
La legge italiana consente di fatto una vastissima gamma di diritti agli stranieri. Di
cos'altro necessita un bambino straniero di meno di 12 anni? Di certo non si pone il
problema del diritto di voto a quell'età, così come a 12 non avrà necessità di essere
cittadino italiano per fare un concorso di geometra in Comune.
Alcuni sollevano discorsi secondo cui un bambino si farebbe problemi di identità
per il fatto di essere straniero. Viene da chiedersi se davvero il fatto di custodire nel
16 http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/sport/2011/22-settembre2011/velocista-frenato-burocraziala-storia-albanese-bisceglie-1901606522383.shtml
40
La truffa dello ius soli
cassetto in alto del comò un passaporto italiano risolva i problemi di identità del
bambino. I problemi di identità se li fa per il fatto di sentire una lingua a casa e di
sentirne un'altra fuori casa. E lo stesso per comportamenti, tradizioni, modi di fare. I
problemi di identità se li fa per il fatto di avere il colore della pelle, la forma degli
occhi, o altri tratti somatici diversi, o magari solo per un nome strano. Questi
problemi di identità se li porrà comunque, a prescindere dall'avere un passaporto
italiano o meno.
Ma non c'è niente di male in questo. Il figlio di genitori stranieri assorbirà per
forza di cosa culture diverse, dentro e fuori casa. Ne farà un miscuglio, cercherà di
prendere ciò che più gli aggrada da una o dall'altra identità, o magari rifiuterà del
tutto un'identità per tenersi solo l'altra. Sarà una decisione che farà crescendo e
capendo a cosa è più affine. Mentre cresce però è normale che si ponga domande
come “ma io cosa sono”? Sono le stesse domande che si pongono i figli di genitori con
diverse nazionalità, e la cosa in sé non è sbagliata. Bisogna lasciare al ragazzo la
libertà di crearsi la propria identità, e garantire ai genitori la facoltà di trasmettere al
figlio la propria cultura.
Coloro che invece citano la ricerca di una identità al fine di giustificare lo ius soli
vedono questo come un problema: perché mai un bambino dovrebbe porsi problemi di
identità? Te lo dico io: sei italiano! Guarda ti do anche il passaporto. Essere italiano è la cosa più
bella del mondo. Quindi tu devi desiderare di essere italiano.
Mi sembra la stessa stupida ignoranza di quegli insegnanti che, ancora oggi,
dicono ai genitori di scolari stranieri di non parlare la loro lingua a casa per evitare di
confonderli, ché poi non imparano bene l'italiano. Sorvoliamo pure sull'ignoranza di questi
insegnanti non consapevoli che un bambino possa crescere perfettamente bilingue in
modo del tutto naturale. Questi insegnanti dimostrano tutto il loro razzismo nel
considerare la lingua italiana come predominante, mentre la lingua e la cultura
d'origine non ha ragione di rimanere nemmeno come traccia nello scolaro straniero.
Anzi, prima se ne disfa e meglio è.
Dire che si dà un passaporto italiano alla nascita in modo che il bambino non si
ponga problemi d'identità contiene il medesimo subdolo razzismo (per quanto
inconsapevole). Le questioni sull'identità il bambino se le deve porre: avere due
culture e due lingue diverse da cui attingere è una risorsa non un ostacolo. Pensare
che siano un problema e pensare che si risolvano dando un passaporto italiano oltre
che stupido (non è certo per quel libretto dalla copertina color vinaccia che uno non
si pone più domande) è sintomo di boriosità italica, di presunta supremazia per cui il
ragazzo non si deve nemmeno chiedere cos'è, te lo diciamo noi, sei italiano! Eia eia
alala.
Ci sono poi quelli per cui dare la cittadinanza serve per combattere il razzismo.
Già me lo immagino il ragazzo dai tratti somatici stranieri che viene aggredito da un
gruppo di fascistelli che lo bastonano e gli gridano sporco negro. Il ragazzo tira fuori il
41
7. Quali problemi?
passaporto italiano e puff... i fascistelli smettono di bastonarlo. Oh, scusaci tanto fratello,
non lo sapevamo che eri italiano come noi, potevi dircelo prima. Andiamo a farci una birra?
No, dico, pensate veramente che chi aggredisce o insulta qualcuno perché è di
un'altra razza cambi atteggiamento perché quella persona ha un passaporto italiano?
Ricordo il servizio che Marco Berry fece alle Iene qualche anno fa in cui
mandarono con telecamera nascosta due ragazzi italiani, uno nero e l'altro bianco, ad
iscriversi ad una palestra gestita da un famoso ex-pugile. A quello nero viene risposto
che non accettano iscrizioni perché la palestra è piena, mentre successivamente per
l'italiano bianco la palestra non è più piena e viene accettata la sua iscrizione. Sono
andati a chiedere spiegazioni hanno detto che loro accettavano solo italiani, e quando
il ragazzo nero ha estratto il passaporto italiano hanno detto che accettavano solo
italiani veri. A lui il passaporto l'hanno dato ed evidentemente la cosa non è servita a
combattere il razzismo nei suoi confronti. Perché in effetti credere che un libricino
nella tasca di una persona possa cambiare l'atteggiamento di chi con quella persona si
relaziona è abbastanza infantile. Ma questa è gente per cui non solo non bisogna dire
negro, ma neanche nero, bensì bisogna dire diversamente pigmentato. E mi sembra
normale che gente dal pensiero così limitato possa credere ai poteri magici
antirazzismo di un libricino.
Alla fine, usando solo un briciolo di onestà intellettuale ci si accorge che tolte le
difficoltà burocratiche (che non sono un buon motivo per regalare cittadinanze) la
vita per gli stranieri in italia non è poi così difficile come viene descritta, e ci si
accorge che i problemi – esistenti – come razzismo, intolleranza e integrazione non
si risolvono certo consegnando agli stranieri un libricino dai poteri magici. Per cui lo
ius soli si rivela per quello che è: una legge inutile e inefficace.
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8. Solo un anno
Abbiamo visto che con l'attuale legge sulla cittadinanza un ragazzo nato in italia
da cittadini stranieri può diventare italiano ben prima dei 18 anni di età. I sostenitori
dello ius soli però continuano a ripetere solamente la storiella dei 18 anni. Quella
descritta dalla legge 91 del 1992 all'art. 4, comma 2 dove dice:
Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al
raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la
cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
Il meccanismo è semplice: nasci in italia, ci vivi fino ai 18 anni e quando diventi
maggiorenne diventi italiano. Se ti garba. Ma no, i sostenitori dello ius soli contestano
anche questo. Cosa c'è che non va? Tenetevi forte: il termine di un anno.
Sì, secondo queste persone un anno è troppo poco. Mi sono sentito dire anche
“ma non ti rendi conto? Un solo anno di tempo! E se uno si dimentica di fare domanda entro un
anno?”
Si badi bene, non è solo tema di conversazione da bar. Questo problema è stato
sollevato anche in spazi pubblici. L'ARCI ha persino realizzato un grazioso video 17
nel quale si racconta la storia di un tale Davide, nato a Pavia, che ripercorre la sua
vita, dall'orsacchiotto con cui dormiva da bambino al patentino del motorino per poi
arrivare alla maggiore età e dichiarare: “dopo 18 anni ho solo 12 mesi per dimostrare di
essere italiano”. Solo 12 mesi, dice. Come se fossero pochi.
La tecnica è consolidata: ti raccontano qualcosa di normale dicendoti che è
un'ingiustizia, e tu finisci per credere che è veramente un'ingiustizia. Non ti fermi a
pensare ehy, calma, ma siamo sicuri che sia davvero un'ingiustizia?
Proviamo a rifletterci allora: davvero 12 mesi sono un termine troppo breve per
fare richiesta di cittadinanza una volta compiuti i 18 anni?
17
http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_08/arci-italiano-coppola_627d0172-2180-11e1-97f3fb4c853f7d5d.shtml
43
8. Solo un anno
Di certo possiamo escludere il problema di trovare un pomeriggio libero per
recarsi all'apposito ufficio e presentare la domanda. A 18 anni i giovani sono per la
maggior parte ancora studenti, e di pomeriggi liberi a disposizione ne hanno quanti
ne vogliono (oltre a intere giornate libere durante i mesi estivi). Davvero non
riescono a trovare qualche ora a disposizione per compilare la domanda e portarla in
Prefettura?
Così come non si può addurre come scusa il fatto di non poter depositare la
domanda trovandosi temporaneamente fuori città. Se il termine fosse 30 giorni si
potrebbe anche capire: può capitare di stare lontano da casa per un mese, vuoi per
una lunga vacanza, per una malattia, per assistere un parente lontano che ne ha
necessità... Se mi trovo a 800 km di distanza posso anche avere qualche problema a
tornare nel mio luogo di residenza per andare in Prefettura e fare domanda di
cittadinanza. Ma è del tutto improbabile che questa condizione duri
ininterrottamente per un anno intero; se in un anno non passi mai dal luogo dove
risiedi significa che non ci risiedi affatto.
Un'altra motivazione (e sto facendo davvero salti mortali per trovarne) potrebbe
essere questa: il neomaggiorenne ha bisogno di tempo per riflettere. Si mette allo
specchio e si chiede: ma io, cosa sono? Posso dire di essere italiano? Qual è la mia identità?
Sono riflessioni importanti, ci mancherebbe altro. Ma magari potrebbe anche
metterci un po' meno di 12 mesi per farle. Potrebbero iniziare queste lunghe sedute
di psicanalisi e domande esistenziali davanti allo specchio un po' prima dei 18 anni,
così che arrivati alla maggiore età sappiano già se vogliono essere italiani o meno.
Qualcuno potrebbe addirittura fare un'app per smartphone che ti consenta di
deciderti un cicinin più alla svelta di 12 mesi: tipo un questionario in cui
periodicamente rispondi a domande e il telefono dopo un po' di dà il responso, “sì sei
italiano, fa' domanda di cittadinanza”.
Anche se poi, in realtà, qui stiamo parlando di persone che reclamano a gran voce
la cittadinanza italiana; fanno video, riempiono forum, mobilitano associazioni.
Dovrebbero essere davanti all'ufficio della Prefettura il giorno dopo il diciottesimo
compleanno per presentare la domanda di cittadinanza, senza farsi troppe paranoie
sulla propria identità.
A ben pensarci l'unico motivo per cui 12 mesi possano essere considerati un
termine troppo breve è la dimenticanza: ops, sono passati 12 mesi e mi sono dimenticato di
fare domanda di cittadinanza, che disdetta!
Proporrei di usare lo stesso criterio per tutte le altre scadenza che ognuno di noi
affronta nella vita di tutti i giorni. Mi sono dimenticato di pagare le tasse/il bollo
auto/la bolletta del gas. Ma non è colpa mia, mi avete dato solo 30 giorni di tempo!
Mi sono dimenticato di presentare domanda di iscrizione all'Università. Ma non è
colpa mia, da quando ho passato la maturità ho avuto solo 50 giorni di tempo per
portare il diploma alla segreteria dell'Università e fare domanda di iscrizione! Ho
44
La truffa dello ius soli
portato in ritardo la domanda di partecipazione al concorso come ragioniere al
catasto. Ma non è colpa mia, avevo solo due mesi di tempo!
Si potrebbe continuare all'infinito. La vita è fatta di scadenze, e diventare adulti
significa anche imparare a rispettarle, prendendosi le proprie responsabilità. Quando
sono diventato maggiorenne c'era ancora il servizio militare obbligatorio; ogni anno
dovevo mandare al distretto militare una raccomandata per richiedere il rinvio del
servizio di leva per motivi di studio. Qualora me ne fossi dimenticato mi sarebbe
toccato partire per il CAR. Lo sapevo e mi preoccupavo di mandare la domanda
entro la scadenza. Qualora me ne fossi dimenticato non avrei potuto certo allargare
le braccia e dire: ma vabbe', avevo solo 60 giorni di tempo, dai... cerchiamo di essere un po'
flessibili. Mi avrebbero direttamente denunciato per diserzione!
Perciò chiedo: qual è la cosa giusta da fare? Educare un ragazzo a prendersi le
proprie responsabilità, insegnargli a rispettare il propri doveri e informarsi sui propri
diritti e seguire le procedure prescritte dalla legge? Oppure livellare verso il basso,
eliminare le scadenze, togliere le regole, rassegnarsi all'incapacità di rispettarle e al
menefreghismo verso le procedure perché tanto poi si può sempre scaricare la colpa
sulla regola piuttosto che verso sé stesso che non l'ha rispettata?
Per me vale la prima opzione, per i sostenitori dello ius soli evidentemente la
seconda. Non sia mai che si educhi a rispettare le regole e le scadenze, meglio
eliminare le scadenze.
Ripensiamoci bene ora, è davvero così rigida una scadenza di un anno? In realtà
un anno è una delle scadenze più generose che la burocrazia italiana offre. Pur
impegnandomi non sono riuscito a trovare un altro termine così lungo tra le
numerose scadenze che ho dovuto rispettare durante la mia vita da maggiorenne.
Provateci anche voi e fatemi sapere.
Vale però la pena di fare una riflessione: perché mai un neomaggiorenne si
dovrebbe dimenticare di fare domanda di cittadinanza italiana entro quell'anno che la
legge gli mette a disposizione? Di solito un ragazzo appena compiuti diciotto anni si
fionda in una scuola guida e si iscrive al corso per ottenere la patente di guida. Alcuni
hanno talmente tanta fretta che si iscrivono addirittura un mese prima di diventare
maggiorenni. In questo caso non fanno passare un anno inutilmente, appena
possono fanno di tutto per ottenere la patente. Nel caso della richiesta di
cittadinanza invece no, si dimenticano, l'idea non gli passa nemmeno per la testa. Poi
passano i 12 mesi e il termine è scaduto. Ora, perché mai un ragazzo non si
dimentica mai di fare la patente quando ha diciotto anni ma si dimentica di richiedere
la cittadinanza italiana?
Propongo una risposta: la patente di guida gli serve di più della cittadinanza. Gli
serve perché è stanco di girare col motorino mentre guidando l'automobile può fare
viaggi lontano, può uscire il sabato sera portando con sé gli amici e può appartarsi
con la morosa e puciare il biscotto...
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8. Solo un anno
Ovvio che appena diventa maggiorenne si precipita a richiedere la patente. Mentre
la cittadinanza... be', ma la cittadinanza a che gli serve? A votare forse, ma un
diciottenne pensa a tutto tranne che a votare (il più delle volte se chiedi a un ragazzo
di quell'età come la pensa in politica ti dice che non si interessa di quelle cose, che
sono tutti uguali, che rubano tutti...). Ha vissuto per diciotto anni come straniero.
Continua ad andare a scuola il giorno dopo aver compiuto diciotto anni così come
andava a scuola da minorenne. Potrà andare a farsi medicare al Pronto Soccorso
dopo aver compiuto i diciotto anni come già faceva prima dei diciotto anni.
Alla fine ci si accorge che queste dimenticanze sono la più evidente dimostrazione
che un giovane, anche diciottenne tutto sommato non vive così male in italia.
Altrimenti, se avesse così grosse difficoltà nel vivere da straniero farebbe domanda il
giorno dopo il diciottesimo compleanno.
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9. Che fine fa lo ius sanguinis?
Una delle tecniche più abusate per sostenere lo ius soli consiste nel citare gli
assurdi generati dallo ius sanguinis. Per l'attuale legge sulla cittadinanza infatti è
italiano chi nasce da almeno un genitore italiano, qualsiasi sia il luogo di nascita. Così
succede che un ragazzo australiano o argentino ancora conservi la cittadinanza
italiana perché ha un nonno che è emigrato dall'italia. Quel ragazzo è italiano a tutti
gli effetti benché non parli una parola di italiano e a malapena saprebbe trovare
Venezia su una cartina geografica.
Mentre si nega il passaporto italiano al figlio del marocchino nato e cresciuto in
italia e che l'italiano di sicuro lo parla meglio del suo coetaneo australiano nipote di
emigrati italiani. Assurdo – dicono – perciò bisogna approvare lo ius soli.
In realtà la fallacia del ragionamento è a livello prima infanzia. Più o meno siamo
al livello del piccolo Pierino che viene colto dalla mamma a fare una marachella e per
discolparsi dice: ma l'ha fatto anche Luigino! In realtà non si discolpa, si limita
soltanto a trovare un altro colpevole. Ma se ciò che ha fatto è sbagliato rimane
sbagliato.
Ora, se mi vuoi proporre lo ius soli come legge giusta sulla cittadinanza mi devi
dimostrare che la tua proposta di legge è giusta di per sé. Puntare il dito sulle pecche
dello ius sanguinis non rende lo ius soli più giusto: se è una corbelleria rimane una
corbelleria.
Qualcuno si è esercitato anche nell'ideare un nuovo slogan. Dopo tutto i
sostenitori dello ius soli non sanno fare altro: creare slogan vuoti e demenziali che
però vengono ripetuti come mantra fino a farli diventare verità incontestabili. In
questo caso sono riusciti a dire che sia lo ius sanguinis che lo ius soli non vanno
bene. Lo ius sanguinis perché genera i discendenti di italiani all'estero che hanno il
passaporto italiano benché non lo siano di fatto, lo ius soli perché dà la cittadinanza a
una persona che poi può andarsene dall'italia il giorno dopo essere nata e non
tornarci più. Allora tirano fuori lo slogan: bisogna superare lo ius soli e lo ius
sanguinis per approdare allo ius culturae!
47
9. Che fine fa lo ius sanguinis?
Lo ius culturae, che trovata! Dare la cittadinanza italiana a chi ha assorbito la
cultura italiana. Ma tu guarda che novità! Non ci aveva mai pensato mai nessuno
prima.
Probabilmente a coloro che tirano fuori questo slogan manca un dizionario. Lo
ius culturae esiste già in italia, e si chiama naturalizzazione. È previsto già dalla legge
attualmente in vigore che quando un cittadino straniero passa un determinato
periodo di tempo in italia si presume che abbia assorbito lingua, cultura, usi e
malcostumi italici al punto da poter dire di essere italiano. Tutto già previsto dall'art.
9 della legge n.91 del 1992. Più facile di così!
In realtà il trucchetto è quello di inventarsi questa finta novità, battezzarla con un
nome nuovo (lo ius culturae... senti come suona all'avanguardia!) e poi cercare di
usare questo concetto per venderti sotto banco un banalissimo ius soli.
Ogni legge, inevitabilmente, porta con sé degli spigoli. Per quanto il legislatore si
possa impegnare ci sarà sempre un modo, più o meno complesso, per aggirare la
legge. Per quanto ci si sforzi di scrivere una legge “giusta” ci saranno sempre dei casi
che, pur rispettando quella legge, risulteranno assurdi.
Ciò nonostante le leggi si continuano a fare. Qualcuno continua a prendersi la
responsabilità di decidere quale legge sia giusto approvare, ben consapevole dei limiti
che essa avrà. Il fatto che una legge sia aggirabile non è un “libera tutti” che autorizza
ad approvare delle leggi demenziali perché tanto anche le altre leggi hanno dei difetti. Sì, ogni
legge ha dei difetti, però ci son quelle demenziali e quelle che i difetti li minimizzano
all'inevitabile. Si mette tutto sulla bilancia e si cerca di valutare quale legge sia
migliore.
A mio modo di vedere sono due i livelli che devono essere analizzati per valutare
la bontà della legge: la sua ratio e le statistiche dei casi assurdi.
Il primo punto è chiaro: le motivazioni che hanno portato alla costruzione di
quella legge devono essere sensate. Ci deve essere un principio logico da cui nasce la
legge. Ad esempio, il codice penale vieta di somministrare alcolici ai minori di 16
anni perché si vuole tutelare la salute dei giovani il cui corpo non è ancora totalmente
sviluppato per tollerare bevande alcoliche. In questo caso la motivazione alla base
della legge è logica e convincente, anche se tutti sappiamo bene che al minore basterà
dare la stecca a un maggiorenne per farsi comprare dell'alcool (mi capitò giusto a
Cracovia di vedere delle ragazzine allungare delle banconote a un senza tetto che poi
entrò nella bottega a comprare degli alcolici per esse). La legge ha dei buchi in cui
fallisce nel suo intento? Certo, ma la logica che c'è alla sua base (tutelare la salute dei
giovani) è sensata. Poniamo invece di avere uno Stato un po' bizzarro in cui il
presidente si sveglia la mattina e decide di vietare la vendita di tutti gli alcoolici sul
territorio nazionale perché il medico gli ha ordinato di astenersi dall'alcool a causa di
problemi al fegato. Una cosa del tipo: se non posso bere io che sono il presidente
allora non può bere alcoolici nessuno!
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La truffa dello ius soli
È del tutto evidente che una motivazione del genere è assurda. Anche in questo
caso ci saranno mille modi di “bucare” la legge: si svilupperanno mercati di
contrabbando, ci si ingegnerà per distillare la grappa nel seminterrato... Ma la legge
non è demenziale perché c'è chi la aggira facendo il contrabbando. La legge è
demenziale perché si basa su un capriccio di chi l'ha imposta.
Venendo alla cittadinanza, quali sono le motivazioni per cui si decide di dare la
cittadinanza italiana secondo lo ius sanguinis o lo ius soli? Su cosa si basano questi
principi?
Per lo ius sanguinis è italiano il figlio di almeno un genitore italiano. Questo
principio si basa sul fatto che un genitore trasmetta ai proprio figli la sua lingua, la
sua cultura, i suoi costumi, i suoi difetti. Un bambino crea la propria identità a partire
dall'educazione che riceve dai genitori, dalle cose che gli vietano e gli consento di
fare, dai principi che gli trasmettono... Poi capita che un figlio si ribelli, capita che un
padre svizzero trapiantato in Inghilterra imponga con severità al figlio di parlargli
francese anziché in inglese e che per tutta risposta il figlio rigetti il forte spirito
identitario del padre (diventando in compenso uno dei più grandi matematici del
secolo scorso). Mi è capitato di vedere peruviani trapiantati in Giappone che si
rassegnano a parlare in giapponese ai figli, perché impegnarsi nel crescere un figlio
bilingue è troppa fatica. Ciò nonostante ho visto genitori italiani che hanno avuto
figli misti all'estero e che si danno da fare per sviluppare il loro lato italiano. Ho
incontrato ragazzi figli di polacchi emigrati in Colorado che ogni sabato mattina che
Dio mandava in terra andavano alla scuola di polacco. Perché è istintivo che un
genitore cerchi di trasmettere ai figli qualcosa di sé (probabilmente perché abbiamo
un po' tutti la presunzione di pensare che quello che siamo, e che vogliamo
trasmettere ai figli, sia il meglio in assoluto). Il meccanismo talvolta si inceppa con
genitori che non si curano di trasmettere la propria lingua, cultura, identità ai figli?
Certamente, ma il principio che sta alla base dello ius sanguinis è logico. Se l'uomo
fosse un animale che partorisce i figli e dopo averli svezzati li abbandona non
sarebbe così. Ma siccome l'uomo ha questo vizio di crescere un figlio e trasmettergli
del suo il principio su cui si basa lo ius sanguinis è basato su una ratio logica.
Lo stesso non si può dire dello ius soli. Lo abbiamo già visto nel capitolo 5.:
pensare che il luogo di nascita influisca sull'identità del nascituro è come credere
all'influenza di Giove o Saturno al momento della nascita. Per cercare di dare una
parvenza di logicità allo ius soli si sono inventati questo bizzarro meccanismo per cui
si dà la cittadinanza italiana al bambino che nasce in italia a condizione che il genitore
abiti in italia da almeno un anno (proposta di legge di iniziativa popolare) o cinque
anni (proposta di legge Sarubbi-Granata). Ma anche in questo caso manca una base
logica: se il genitore è in italia da un certo numero di anni la cultura, la lingua e i
costumi italiani li avrà assorbiti il genitore (che però rimane senza cittadinanza) non il
figlio (che invece la ottiene). Se il genitore si è integrato a tal punto da sentirsi italiano
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9. Che fine fa lo ius sanguinis?
faccia la domanda di naturalizzazione: diventerà italiano e trasmetterà la sua
cittadinanza ai figli, così come già ora la legge consente di fare.
Lo ius soli non è demenziale solamente perché dopo essere nato uno può vivere
da tutt'altra parte del mondo. Lo ius soli è demenziale ancora prima di arrivare a quel
livello; è demenziale già nel momento in cui si analizza la base logica del principio. A
meno che non crediate nell'astrologia, s'intende.
C'è poi un secondo livello da analizzare, quello che riguarda la consistenza
numerica di quanto la legge presenti casi assurdi. Abbiamo già detto che ogni legge
prevede casi che sembrano del tutto illogici al sentire comune, benché rispettosi della
legge. Proviamo a dare una consistenza numerica a questi buchi sia per lo ius soli che
per lo ius sanguinis.
Nel caso dello ius soli si tratta di analizzare quanto sia grande la percentuale di
stranieri che lasciano l'italia dopo averci passato uno o cinque anni (a seconda delle
diverse proposte di legge), ossia coloro che darebbero vita a un figlio di cittadinanza
italiana che poi vivrebbe altrove e quindi non sarebbe italiano di fatto. Purtroppo
non sono riuscito a trovare dati sugli stranieri che lasciano l'italia raggruppati per
durata di permanenza. L'Istat fornisce solo i dati aggregati, da cui si ricava che nel
2010 a fronte di 424 mila immigrati entrati in italia ne sono usciti circa 96 mila
(sommando i circa 33 mila cancellati per emigrazione e i circa 63 mila cancellati per
irreperibilità, che si sono dimenticati di cancellarsi dall'anagrafe) 18. Ciò significa che
gli stranieri che lasciano l'italia sono il 22,6% circa rispetto agli stranieri che la
abbandonano. Nel 2009 invece a fronte di 407 mila immigrati entranti hanno lasciato
l'italia quasi 76 mila stranieri: in questo caso gli stranieri che hanno lasciato l'italia
sono il 18,7% rispetto a quanti entrano.
Purtroppo abbiamo i dati solo sul totale, non sappiamo cioè quanti dei 96 mila
stranieri scomparsi nel 2010 abbiano lasciato l'italia dopo un anno o dopo cinque
anni e quanti invece prima. Certo che se il limite per lo ius soli fosse fissato, come
ipotizzato dalla proposta di legge di iniziativa popolare a un solo anno (lo ripeto
perché so che sembra assurdo, ma è così: questa gente considera stanziale una
persona che vive in italia da un anno) verrebbe difficile credere che tutti quei 96 mila
stranieri erano persone arrivate l'anno prima. Ci sarà qualcuno che se ne è andato
dopo sei mesi come qualcuno che se ne è andato dopo tre anni o dopo sei anni.
In mancanza dei dati suddivisi per anni di permanenza non sappiamo quanti
sarebbero i bambini nati in italia e italiani per ius soli che però crescerebbero altrove
in quanto i genitori dopo la loro nascita lasciano l'italia.
Rimane però questa impressionante porta girevole dell'immigrazione per cui c'è
uno straniero che lascia l'italia ogni cinque che vi entrano. Così, giusto per dare
18 http://www.istat.it/it/archivio/39726
50
La truffa dello ius soli
un'idea dell'ordine di grandezza, non stiamo parlando di un 1% o di un 2%, ma di un
20%.
Passiamo ora allo ius sanguinis che invece genera casi assurdi come il classico
brasiliano con in tasca il passaporto italiano solo perché aveva un nonno italiano,
benché non parli nemmeno una parola di italiano. Più o meno abbiamo incontrato
tutti uno di questi brasiliani furbetti che si ricordano di essere italiani solo quando si
tratta di usare il passaporto italiano per recarsi negli Stati Uniti Americani senza visto.
C'è della gente che li odia proprio questi brasiliani furbetti, forse per la sfacciataggine
con cui si bullano della loro furbata.
Guardando i numeri però ci si accorge che la percezione di questo fenomeno è
ampiamente enfatizzata: in realtà i brasiliani furbetti sono molti di meno di quello
che solitamente si pensa.
Cerchiamo di quantificare il fenomeno dando qualche numero. Innanzitutto
vogliamo capire quanti sono i discendenti di italiani in Brasile; su questo le fonti sono
discordanti: il sito dell'Ambasciata italiana a Brasilia dice che sono 25 milioni 19, un
documento del Ministero degli Esteri spara invece un totale di circa 30 milioni di
Brasiliani di origine italiana20. Altre fonti21 parlano di una cifra attorno dai 22 ai 25
milioni. Giusto per metterci nella condizione più cautelativa stiamo bassi e
consideriamo solo (si fa per dire) 20 milioni di brasiliani discendenti da immigrati
italiani. Non tutti però hanno conservato la cittadinanza; infatti il Ministero
dell'Interno ci dice che cittadini italiani in Brasile sono solo 268 mila 22. Ciò significa
che solo l'1,3 % dei discendenti italiani in Brasile ha la cittadinanza italiana. E siamo
stati bassi nel considerare in 20 milioni gli oriundi italiani in Brasile; se avessimo
usato la stima di 25 milioni avremmo ottenuto un 1,1 %. La percentuale è poi
destinata a scendere ulteriormente se ai 268 mila cittadini italiani che abitano in
Brasile sottraiamo gli italiani che sono nati in italia e poi sono emigrati in Brasile,
visto che di certo non possono rientrare nella categoria dei Brasiliani furbetti.
E per quanto riguarda gli altri stati? Secondo l'inattendibile wikipedia
considerando solo gli undici paesi che hanno ricevuto la maggiore immigrazione
dall'italia (Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Francia, Perù,
Venezuela, Uruguay e Stati Uniti d'America) si contano 74 milioni di persone con
origini italiane23. Sono troppi, dite che non sono così tanti? Va bene, vi concedo uno
sconto: facciamo 60 milioni, vi sta bene? E vada per i 60 milioni. Ebbene, i cittadini
italiani residenti in questi paesi, sono solo 2,2 milioni circa 24. Significa che solo il
19 http://www.ambbrasilia.esteri.it/Ambasciata_Brasilia/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione
_politica/Storia/
20 http://www.esteri.it/MAE/pdf_paesi/AMERICA/Brasile.pdf
21 http://www.consultanazionaleemigrazione.it/itestero/Gli_italiani_in_Brasile.pdf
22 http://infoaire.interno.it/statistiche2009/stat_americam_circ.html
23 http://en.wikipedia.org/wiki/Italian_diaspora#Italian_ancestry_by_country
24 http://infoaire.interno.it/statistiche2009/stat_ripartizioni.html
51
9. Che fine fa lo ius sanguinis?
3,6% dei discendenti di italiani in realtà ha conservato la cittadinanza italiana. E
considerate che nel calcolo abbiamo considerato tutti gli italiani residenti in quei
paesi, non solo i discendenti di immigrati italiani ma anche coloro che sono nati in
italia e che poi si sono trasferiti in quei paesi. Di certo per paesi come la Francia, gli
Stati Uniti d'America o il Canada sono ancora molti gli italiani che vi immigrano oggi
e che non dovrebbero rientrare nel computo dei discendenti. Difficile però
scorporarli numericamente. Per quello che vogliamo capire però la mezza virgola
non è così importante, basta capire l'ordine di grandezza del fenomeno, ed abbiamo
visto che si attesta attorno a qualche unità percentuale. Quando si parla di un
pronipote di emigrato italiano che grazie all'antenato gira il mondo con passaporto
italiano senza parlare una parola d'italiano si descrive un fenomeno minoritario tra i
discendenti di emigrati italiani.
Perciò quando i sostenitori dello ius soli tirano fuori dal cilindro la storia del
brasiliano furbetto per giustificare lo ius soli oltre a cadere nella fallacia della
marachella ingigantiscono un fenomeno che nella realtà dei fatti è estremamente
limitato. Agitano lo spettro del brasiliano furbetto per parlare alla pancia degli italiani
e creare facile consenso. Tecnica che va bene per un dibattito televisivo in cui si deve
strappare un applauso dal pubblico guardando in camera, o che va bene per un
dibattito in una sede dell'ARCI per farsi gridare un “bravo! giusto!” da qualcuno già
convinto che cerca solo qualche tesi facile da ripetere al bar per suffragare quello che
già di suo pensa. Ma è un discorso che crolla alla verifica dei fatti, quella che
facciamo qui.
Nella realtà dei fatti così come l'identità nazionale si annacqua generazione dopo
generazione così anche la cittadinanza prima o poi si perde. Vale l'esempio di quel
mio studente brasiliano nato da una madre che possiede la cittadinanza italiana
essendo nipote di un emigrato italiano. Egli però non è cittadino italiano, benché
nato da madre – almeno sulla carta – italiana. Come mai? È presto detto. Quando
nacque i genitori si trovavano a Tolosa, e per questioni logistiche non hanno potuto
registrarne la nascita al consolato (cosa di per sé non semplice, vista la quantità di
scartoffie, timbri, contro timbri e apostille). Tornati in Brasile poi non hanno più
potuto registrarlo perché bisognava farlo al consolato italiano del luogo dove il figlio
era nato. Così rimase senza cittadinanza italiana.
Ed è così, prima o poi la cittadinanza generazione dopo generazione si perde; una
volta per problemi logistici, una volta perché il genitore si arrende dopo aver fatto
cinque viaggi a vuoto al consolato che apre solo due volte a settimana (ma solo la
mattina!) e ti trovi una coda inverosimile davanti all'unico sportello. Quando poi
queste persone cercano di riacquistare la cittadinanza italiana facendone istanza le
rappresentanze diplomatiche italiane sembrano fare tutto il possibile per mettere loro
i bastoni tra le ruote. Spesso i sostenitori dello ius soli descrivono come una
passeggiata il meccanismo con cui un brasiliano o un argentino possa ottenere la
52
La truffa dello ius soli
cittadinanza italiana solo perché ha un nonno italiano. In realtà basta parlare con un
qualsiasi brasiliano dal nonno italiano che ha provato questa strada per sentirsi dire
che ottenere un passaporto italiano con questa procedura è come vincere un terno
secco al lotto. Già riuscire a presentare domanda è un'impresa, tra una coda
chilometrica e un impiegato che va a prendersi un caffè ogni cinque minuti.
Vedersela poi approvata è roba da segnarsi con un gomito, se nel frattempo la pratica
non è stata ingoiata da qualche roditore del consolato, dopo aver passato qualche
anno su una pila a prendere polvere con altre pratiche.
A pensar male si direbbe che ci sia un boicottaggio nei confronti dei discendenti
di italiani all'estero per scoraggiarli dal presentare domanda di cittadinanza, che –
ricordiamolo – rimane un loro diritto (fintanto che l'attuale legge resta in vigore). Ma
siccome non vogliamo pensar male ci limitiamo a osservare che gli uffici consolari
non danno propriamente il 101% in questo servizio.
Resta però ancora un punto da chiarire. I sostenitori dello ius soli utilizzano la
storia del brasiliano furbetto per giustificare lo ius soli: come è mai possibile che il
brasiliano furbetto abbia il passaporto italiano e il figlio di un albanese nato in italia
no? Usando la fallacia della marachella cercano di venderti lo ius soli, ma si
dimenticano di una cosa. Con la tua proposta di legge hai sistemato il figlio
dell'albanese che nasce sul sacro territorio italico, ma che fine fa il brasiliano
furbetto? In altre parole, che fine fa lo ius sanguinis?
Curiosamente nessuna delle proposte di legge prevede modifiche all'attuale
meccanismo che porta il discendente di un italiano emigrato in Brasile, in Argentina
o in Australia a ricevere la cittadinanza italiana per ius sanguinis. Eppure è strano,
perché in ogni dibattito televisivo in cui si discute di questa questione viene ripetuta
la storia del brasiliano (o dell'argentino, australiano …) con il passaporto italiano
benché non italiano di fatto. Ma nonostante questo meccanismo venga così tanto
criticato non si muove nemmeno una virgola per cambiarlo. Si introduce lo ius soli
come contrapposizione allo ius sanguinis ma nel momento in cui si mette mano alla
legge ci si ricorda solo di introdurre lo ius soli, mentre il tanto vituperato ius
sanguinis rimane lì così com'era prima.
Peccato, perché ci sono tanti italiani all'estero che si domandano che ne sarà dei
loro figli nati oltre confine. Le schiere di giovani che in questi anni sono partiti e
tutt'ora partono si pongono l'interrogativo: non è che questi vogliono togliermi il
diritto di trasmettere la mia cittadinanza a mio figlio?
Parlano del brasiliano furbetto che di italiano ha solo un bisnonno, ma non è che
poi con questa scusa tolgono la cittadinanza a tutti i figli di italiani nati all'estero,
anche per coloro che invece hanno ben saldi i rapporti con il paese d'origine?
53
9. Che fine fa lo ius sanguinis?
Purtroppo i sostenitori dello ius soli non si pronunciano su questa questione. Si
limitano a criticare strumentalmente lo ius sanguinis, ma poi non avanzano nessuna
proposta di riforma.
Per questo rivolgo qui, pubblicamente, la domanda a tutti coloro che pongono la
questione dello ius soli nel dibattito politico, e lo fanno adoperando la storiella del
brasiliano-finto-italiano: ditemi, che ne è dello ius sanguinis? Che proponete? Volete
togliere la facoltà ai cittadini italiani all'estero di trasmettere la loro cittadinanza ai
figlio? Con che criteri?
Domande chiare che esigono una risposta, ma non mi aspetto di riceverne (di
oneste almeno). C'è un motivo del tutto evidente per cui i politici che propongono lo
ius soli non affrontano questa questione: non è dimenticanza, svicolano
intenzionalmente. Provate a pensare cosa succederebbe se proponessero di abolire lo
ius sanguinis, in modo che i cittadini italiani all'estero non possano più trasmettere la
loro cittadinanza ai figli nati non in italia. Qualsiasi partito che appoggiasse una legge
del genere vedrebbe i suoi voti nei collegi esteri precipitare a picco. Sarebbe
facilissimo andare dagli italiani all'estero e dire loro qualcosa del tipo: non votare chi
proibisce a tuo figlio il diritto di essere italiano! Ti hanno tradito, non vogliono che tuo figlio sia
italiano, ma vogliono il tuo voto! Tu non votarli!
Abbiamo già visto come i voti degli italiani all'estero furono decisivi nelle elezioni
politiche del 2006 per l'affermazione al Senato di una maggioranza a favore di
Romano Prodi (che invece non avrebbe avuto la maggioranza contando solo i seggi
attribuiti in italia). Quale partito sarebbe così masochista da buttare al vento il bacino
di voti degli italiani all'estero?
Parlano dei principi, fanno i bei discorsi nei dibattiti televisivi e nelle tavole
rotonde, poi però all'atto pratico si dimenticano di tradurli in legge per non perdere
voti. Ovviamente il concetto di coerenza è stato messo nell'ultimo baule nascosto in
fondo alla cantina.
Il comportamento dei politici che sostengono lo ius soli non cambia in sé la bontà
o la stupidità dei concetti di cui stiamo trattando. Lo ius soli è demenziale per tutte le
motivazioni che abbiamo qui elencato, a prescindere che esso sia proposto da grandi
statisti o da omuncoli che stendono le loro proposte stando attenti a non perdere
troppi voti. Ma questo ci dice di che pasta sono queste persone con cui abbiamo a
che fare, e quale sia la loro onestà intellettuale.
In effetti a pensarci bene si potrebbe anche estendere il discorso: ma se lo ius
sanguinis non lo toccano per paura di perdere i voti degli italiani all'estero non è che
sotto sotto propongono lo ius soli per guadagnarsi una vagonata di voti facili da
coloro a cui vogliono regalare la cittadinanza?
54
10. E allora buttati nel lago anche tu
È stata la colonna sonora della mia infanzia. Spesso se i miei genitori mi
proibivano qualcosa ricorrevo allo stratagemma dell'amichetto “uffa.. però Pieraugusto
lo fa... perché io no?”; essi mi rispondevano “Allora se Pieraugusto si butta nel lago ti butti
anche tu?”. Dicevano così perché abitavo in riva al Lario; i bambini cresciuti vicino a
un ponte si saranno sentiti dire la stessa cosa con il ponte al posto del lago;
probabilmente i bambini più sfortunati che sono cresciuti in posti come Milano si
saranno sentiti parlare di un cavalcavia, ma il concetto è poi sempre lo stesso.
Già arrivati all'età di otto-nove anni si smetteva di giustificarsi coi genitori tirando
in ballo l'amichetto, perché ormai si aveva appreso che le cose si fanno o non si
fanno perché sono giuste o sbagliate, non perché le fa anche qualcun altro. Già a
quell'età il concetto di pecoronismo era stato assorbito, ed era chiaro che fare una
cosa solo perché la fanno anche gli altri è stupido.
Ciò nonostante oggigiorno mi trovo davanti a persone che hanno ben più di ottonove anni e che tirano ancora fuori lo stratagemma dell'amichetto per giustificare le
loro proposte politiche. In questo caso l'amichetto è diventato un paese straniero: e
pensare che negli Stati Uniti Americani lo ius soli è un principio così scontato!
Quindi dobbiamo adottare lo ius soli perché esso è usato anche da Pieraugusto,
pardon, dagli Stati Uniti Americani. La cosa curiosa è che poi molti di quelli che se
ne escono con questa frase sono persone che combattono duramente la pena di
morte. Sarebbe divertente dire loro: e pensare che in molti degli Stati Uniti Americani il
concetto che venga condannato a morte chi ha commesso un omicidio è così scontato! Allora che
facciamo? Adottiamo la pena di morte anche noi perché lo fanno anche gli Stati Uniti
Americani? Se si buttano nel lago loro ci buttiamo anche noi?
Già qui il discorso potrebbe essere chiuso: abbiamo il dovere di adottare leggi che
sono giuste in sé, non perché lo fanno anche gli altri.
Nonostante questo, non chiudo l'argomento qui, perché c'è qualche altro dato
interessante da riportare. Spesso infatti mi sono sentito dire che la legge italiana sulla
cittadinanza è una delle più rigide in Europa. Abbiamo visto che, fosse anche vero,
ciò non significherebbe nulla di per sé: se la nostra legge è buona significa che è il
55
10. E allora buttati nel lago anche tu
resto dell'Europa che ci deve imitare, non che noi dobbiamo livellarci verso il basso.
Ma, giusto per uno scrupolo, controlliamo se è proprio vero che la legge italiana sulla
cittadinanza è una delle più rigide in Europa.
Innanzitutto, perché vale la pena di fare un paragone in Europa? Spesso i
sostenitori dello ius soli fanno il paragone con gli Stati Uniti Americani, dove lo ius
soli è lunga tradizione. L'assunto è che gli Stati Uniti Americani hanno adottato lo ius
soli sulla base del fatto che sono un paese di forte immigrazione, perciò nel
momento in cui anche l'italia diventa oggetto di un elevato flusso di immigrati è
tenuta a modificare la sua legge in direzione dello ius soli. In altre parole: siccome
anche l'italia è divenuta negli ultimi lustri un paese di immigrazione è tenuta a fare
come gli altri paesi di tradizionale immigrazione. Questo assunto è già di per sé
fallace: l'italia può decidere di sua spontanea volontà di migrare verso lo ius soli, se
ritiene che questo sistema sia migliore. Non è certo l'arrivo di milioni di immigrati
che può obbligarla a fare questa scelta a seguito di loro pretese di cittadinanza.
Questo per il principio base della democrazia secondo cui il potere di fare le leggi è
attribuito ai cittadini di un paese tramite i loro rappresentanti eletti nelle assemblee
legislative. Se non hai diritto di voto non puoi imporre a uno Stato di cambiare le sue
leggi secondo i tuoi desideri. Un immigrato, ma anche cento, mille o dieci milioni di
immigrati che non hanno la cittadinanza italiana possono chiedere, gentilmente, se
quella legge può essere cambiata, ma se il Parlamento risponde di no a quel punto
non possono avanzare alcun diritto. E se a qualcuno venisse in mente che questo
principio sia classificabile come “brutto, razzista, cattivo e pure peloso” rimando
direttamente all'art. 1 comma secondo della Costituzione italiana (“La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”). L'italia può
considerare l'opportunità di cambiare la propria legge sulla cittadinanza adottando lo
ius soli, ma non ha alcun dovere di farlo per il fatto che sul territorio italiano ci siano
milioni di stranieri. Possono anche entrare in italia trenta milioni di cittadini stranieri,
ma anche in trenta milioni non possono avanzare alcun diritto alla modifica della
legge italiana.
Negli Stati Uniti Americani la cittadinanza segue il principio dello ius soli perché
non è mai esistito un popolo americano prima della colonizzazione. C'era un enorme
continente libero, un po' di gente ci si è trasferita (taluni un po' “forzati”) e un nuovo
paese nel tempo è stato fondato dal nulla. Se qualcuno potesse rivendicare lo ius
sanguinis quelli sarebbero i nativi americani; ma tolti loro nessuno può pretendere
ius sanguinis di un popolo creato dal nulla. L'unica cosa che accomuna i cittadini
statunitensi è il luogo per cui, in una maniera o nell'altra, si sono trovati ad abitare;
per questo è naturale parlare di ius soli. Sarebbe davvero bizzarro se gli Stati Uniti
Americani rivendicassero uno ius sanguinis in un paese che non è nemmeno il loro:
arrivano, scacciano i legittimi proprietari e se ne appropriano a tal punto da dire che
sono loro il vero popolo di quel paese e che quindi la cittadinanza deve seguire il loro
56
La truffa dello ius soli
sangue. Lo ius soli negli Stati Uniti Americani corrisponde a quel minimo di
educazione per cui ok, il paese non è mio... almeno faccio finta di non esagerare e farla proprio
da padrone al 100%; facciamo che oltre ad essere il mio paese è il paese un po' di tutti e morta lì.
La situazione è totalmente diversa nei paesi europei perché, al contrario degli Stati
Uniti Americani, in questo caso abbiamo un territorio che già appartiene a un popolo
e degli immigrati che vogliono stabilircisi. Non è che gli immigrati arrivano su un
vasto territorio vuoto e fondano un paese dal nulla. Arrivano dove c'è già un padrone
di casa (che – per il momento – non è ancora finito nelle riserve). Fossero anche
decine di milioni di immigrati, il padrone di casa già c'è.
Compreso che il paragone con gli Stati Uniti Americani è privo di qualsivoglia
logica storica e che non è certo l'immigrazione a imporre all'italia di cambiare la
propria legge sulla cittadinanza, torniamo al paragone con gli altri paesi europei. Lo
ripeto, il paragone non è necessario, perché se anche tutti gli altri paesi europei
fossero così stolti da applicare il principio dello ius soli non dobbiamo “buttarci nel
lago” anche noi. Tuttavia possiamo dare un'occhiata a quello che succede nel resto
dei paesi europei per due motivi. Il primo riguarda la classica frase “eppure nel resto
d'Europa...”, “non succede in nessun altro paese d'Europa...”; la si sente in merito alle più
disparate tematiche, poi si scopre che è una frase fatta senza alcun riscontro. Al
massimo si basa sul paragone con tre o quattro Stati europei, scelti accuratamente tra
quelli con cui puoi sostenere la tua tesi. Tanto poi nessuno andrà mai a verificare per
tutti i paesi europei come funziona, ripeterà a pappagallo che funziona così “in tutta
Europa” e la gente ci crederà. Nel caso specifico della cittadinanza ho sentito dire più
volte che la legge italiana sulla cittadinanza è una delle più dure in Europa e che il
fatto di non avere lo ius soli rappresenta un anacronismo imperdonabile. Poi però si
scopre che “in tutta Europa” per quelle persone significa Germania e Gran Bretagna;
una concezione un po' restrittiva di “in tutta Europa”. Vale la pena allora andare a
controllare paese per paese dove c'è lo ius soli, con che condizioni, e dove invece
non c'è.
Il secondo motivo per cui il confronto con gli altri paesi europei ha senso è che i
cittadini di uno Stato appartenente all'Unione Europea detengono, oltre alla
cittadinanza del proprio Stato anche la cittadinanza dell'Unione Europea. Essa
attribuisce loro una vasta gamma di diritti come il diritto di vivere e soggiornare in
un qualsiasi altro Stato dell'Unione Europea senza dover chiedere alcun visto né di
residenza né di lavoro (è un loro diritto). Tolti i diritti elettorali un cittadino europeo
che si trasferisce in un altro paese europeo è trattato quasi come un cittadino di
quello stato. Ogni stato, ovviamente, ha il diritto di espellere un cittadino europeo in
caso di particolari reati, o anche solo nel caso in cui non possa dimostrare di avere i
mezzi per sostenersi. Tuttavia nel momento in cui uno Stato europeo concede la
cittadinanza a un immigrato, gli dà anche il diritto di vivere in italia o in un qualsiasi
57
10. E allora buttati nel lago anche tu
altro paese dell'Unione Europea. Guardare cosa succede negli altri paesi europei ha
quindi un suo senso.
A questo scopo ho compilato la tabella 5 in cui, per ogni paese dell'Unione
Europea, ho riportato la presenza o meno dello ius soli nella legge che in quel paese
regola la cittadinanza. Visto che talvolta i termini vengono confusi (spesso
appositamente) è meglio specificare cosa intendo in questa tabella per ius soli. Ho
considerato come ius soli il meccanismo per cui un bambino nato nel territorio di
uno Stato riceve la cittadinanza di quello stato benché i genitori siano stranieri, al
momento della nascita e sotto particolari condizioni dettate dalla legge. Non si parla
quindi di ius soli americano, quello per cui un bambino riceve la cittadinanza
statunitense se nasce negli Stati Uniti Americani (anche se la madre passava di lì per
sbaglio in quel momento). Considero come ius soli proprio il meccanismo che la
proposta di legge Sarubbi-Granata e la proposta di legge di iniziativa popolare
vorrebbero introdurre in italia, ossia dare la cittadinanza italiana a figli di coloro che
risiedono in italia (da cinque anni per la proposta di legge Sarubbi-Granata e da un
anno per la proposta di legge di iniziativa popolare).
Non viene considerato ius soli il meccanismo per cui viene data la cittadinanza di
un paese a un bambino nato in quel paese in casi molto particolari, come ad esempio
quando i genitori sono apolidi o quando non trasmettono la propria cittadinanza al
figlio perché questo non è previsto dalla legge del loro paese. In questo caso viene
praticamente sempre data la cittadinanza al bambino nato in quel paese per evitare
che il bambino rimanga senza cittadinanza. Al pari non considero ius soli il principio
per cui viene data la cittadinanza a un infante ritrovato sul territorio dello stato senza
genitori o del quale i genitori non siano noti. Anche in questo caso viene quasi
sempre data la cittadinanza del paese in cui viene ritrovato perché non si può certo
lasciare quel bambino senza cittadinanza.
Un po' più complesso è il caso del doppio ius soli, che consiste nell'attribuire la
cittadinanza di quel paese non ai figli degli immigrati ma ai figli di chi in quel paese è
a sua volta già nato. In alcuni casi le condizioni sono addirittura più restrittive, come
per i Paesi Bassi in cui si arriva fino a nonni che al momento della nascita del
genitore devono avere la residenza nei Paesi Bassi. Oltre a non essere ius soli come
inteso precedentemente (ossia residenza per i nati in quel paese da immigrati) le
condizioni sono così restrittive che rendono questi casi poco realistici. Se il genitore
è nato in quel paese e vi si trova ancora quando fa un figlio si può sperare (a meno
che non faccia un figlio a sedici anni) che abbia anche avuto il tempo per
naturalizzarsi.
Chiarito questo analizziamo la tabella 5; insieme all'indicazione sulla presenza o
meno dello ius soli nella colonna centrale sono riportate nella colonna di destra le
condizioni imposte dalla legge. Il caso più permissivo è quello del Regno Unito, che
concede la cittadinanza ai figli degli immigrati che sono residenti stabilmente nel
58
La truffa dello ius soli
paese, senza specificare da quanti anni. In tutti gli altri casi il genitore deve essere
legalmente residente in quel paese da un certo numero di anni: 3 per l'Irlanda, 5 per
Grecia, Belgio e Portogallo, 8 per la Germania.
Innanzitutto notiamo che il termine brevissimo di un solo anno di residenza
inserito nella proposta di legge di iniziativa popolare, tolto il Regno Unito, farebbe
dell'italia il paese con lo ius soli più permissivo in Europa. E, in effetti, pensare che
uno sia stabilmente residente in un paese dopo averci vissuto solo un anno è una
plateale stupidaggine (almeno dicano chiaramente che è una sanatoria, invece di
raccontare la favoletta per cui una persona dopo un anno è stabilmente residente e
inserita nel tessuto sociale al punto che il figlio debba essere italiano).
Spesso viene citata la Germania come esempio di ius soli da imitare, ma è utile
evidenziare che la legge tedesca prevede un periodo di residenza (otto anni) per lo
ius soli che equivale al periodo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza
tedesca per naturalizzazione. Quindi se anche non ci fosse lo ius soli dopo otto anni
di residenza in Germania il genitore potrebbe comunque ottenere la cittadinanza
tedesca per naturalizzazione e trasmetterla al figlio per ius sanguinis.
Dopodiché ci accorgiamo della cosa più importante: i paesi europei che adottano
lo ius soli sono tutti lì. Belgio, Germania, Grecia, Irlanda, Portogallo e Regno Unito.
Tutti gli altri paesi Europei non prevedono nella propria legge il meccanismo dello
ius soli per i figli degli immigrati, mentre si basano principalmente sullo ius sanguinis.
La favoletta per cui la legge italiana sulla cittadinanza è la più severa d'Europa
perché non prevede lo ius soli è una falsità. Tolti quei pochi paesi menzionati in
precedenza nel resto d'Europa lo ius soli non esiste.
E lo ripeto, non che sia questa la cosa più importante, ma quando un sostenitore
dello ius soli è alla canna del gas e non sapendo che pesci prendere si attacca alla
storia per cui “in tutta Europa è così” gli si risponde che no, in tutta Europa non è così.
Nemmeno sul piano, del tutto secondario, del conformismo tra stati lo ius soli vince.
Lo ius soli perde su tutti i fronti.
IUS SOLI
Austria
No
Belgio
Sì
Bulgaria
No
Cipro
No?
Danimarca
No
59
Condizioni
Se un genitore è nato in Belgio o vi ha
vissuto stabilmente almeno 5 anni negli
ultimi 10 anni
10. E allora buttati nel lago anche tu
Estonia
No
Finlandia
No
Francia
Quasi no
Un genitore deve essere nato in Francia
Germania
Sì
Un genitore deve essere residente in
Germania da 8 anni
Grecia
Sì
I genitori devono essere residenti in Grecia
da 5 anni (nel caso non siano ancora
residenti da cinque anni al momento della
nascita possono comunque richiedere la
cittadinanza per il figlio al compimento dei 5
anni di residenza).
Irlanda
Sì
Un genitore deve essere residente in Irlanda
da almeno 3 anni cumulati negli ultimi 4
anni
Italia
No
Lettonia
No
Lituania
No
Lussemburgo
Quasi no
Un genitore
Lussemburgo
Malta
Praticamente no
Un genitore deve essere un cittadino
Maltese emigrato o una persona nata a
Malta ed emigrato prima dell'indipendenza.
Paesi Bassi
Praticamente no
Il genitore deve avere la residenza nei Paesi
Bassi e deve essere nato a sua volta da un
genitore che aveva al momento della nascita
la residenza nei paesi bassi
Polonia
No
Portogallo
Sì
Se almeno un genitore ha vissuto in
Portogallo per 5 anni
Regno Unito
Sì
La legge richiede che un genitore sia solo
residente stabilmente nel Regno Unito
(legalmente) senza specificare da quanti
anni.
deve
essere
nato
in
60
La truffa dello ius soli
Rep. Ceca
No
Romania
No
Slovacchia
No
Slovenia
No
Spagna
No
Svezia
No
Ungheria
No
Ma i nati sul territorio spagnolo possono
ottenere la cittadinanza per naturalizzazione
con un solo anno di residenza.
Tabella 5: Ius soli nei paesi dell'Unione Europea
Nota metodologica: per compilare questa tabella mi sono rifatto alle leggi sulla
cittadinanza dei paesi europei reperite su internet. Ho cercato, per quanto possibile
sempre il testo ufficiale e aggiornato della legge su siti istituzionali o comunque
accademici. Ciò non toglie che ci possa essere qualche errore, sia dovuto a una fonte
non aggiornata sia dovuto al fatto che il più delle volte non ho potuto consultare il
testo nella lingua originale ma mi sono dovuto basare sulla traduzione in una lingua a
me comprensibile (spero mi si perdoni di non parlare tutte le lingue ufficiali dei paesi
Europei). Tranne qualche raro caso la traduzione era sempre fornita per puro scopo
informativo e senza carattere di ufficialità. Potrebbero esserci quindi degli errori di
interpretazione. Nel caso me ne scuso anticipatamente. In particolare in due casi
sono rimasto nel dubbio. Per la Lituania dalla lettura della legge sembrerebbe che lo
ius soli non sia presente, tuttavia altre fonti non ufficiali fanno menzione dello ius
soli, benché non ne abbia trovata traccia nella legge. Il secondo caso dubbio è quello
di Cipro, dove non ho trovato una traduzione della legge e mi sono dovuto basare su
di un saggio accademico sulla cittadinanza cipriota.
Di seguito sono riportati in tabella 6 i riferimenti legislativi su cui mi sono basato
e gli indirizzi internet dove ottenere i testi delle leggi.
Austria
Staatsbürgerschaftsgesetz del 1985 e successive modifiche
http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/AT%20Nationality%20Act
%201985%20%28consolidated%20version%20as%20by%20Law
%2037%202006%29.pdf
http://www.austria.org/austrians/citizens/citizenship
61
10. E allora buttati nel lago anche tu
Belgio
Ministero degli esteri del Belgio
http://diplomatie.belgium.be/en/services/services_abroad/nationality/
Bulgaria
Legge sulla cittadinanza della Bulgaria del 1968, modificata nel
1979, 1986 e 1989.
http://www.legislationline.org/documents/action/popup/id/6198
Cipro
http://www.law.ed.ac.uk/citmodes/files/cyprus.pdf
Danimarca
Testo consolidato della legge sulla cittadinanza danese (n. 422 del
7 Giugno 2004)
www.nyidanmark.dk/NR/rdonlyres/52136BD4-FA62-4818-AABB5709AABAC6A6/0/consolidation_act_no_422_7_june_2004.pdf
Estonia
Legge sulla cittadinanza del 19 Gennaio 1995 e successive
modifiche
http://www.legaltext.ee/text/en/X40001K6.htm
Finlandia
Legge sulla cittadinanza n. 359 del 1 Giugno 2003
http://www.finlex.fi/en/laki/kaannokset/2003/en20030359
Francia
Codice civile francese
http://195.83.177.9/code/liste.phtml?lang=uk&c=22&r=215
Germania
Legge sulla cittadinanza tedesca del 22 Luglio 1913 e successive
modifiche (quella sullo ius soli è entrata in vigore nel 2000)
http://www.bmi.bund.de/SharedDocs/Gesetzestexte/EN/Staatsangehoerig
keitsgesetz_englisch.pdf?__blob=publicationFile
Grecia
Codice della cittadinanza greca – Legge n. 3284 del 2004
modificata dalla legge n. 3838 del 2010
http://www.athenspe.net/features/greeces-new-law-on-citizenship-andvoting-rights-of-migrants/
Irlanda
Legge sulla cittadinanza e nazionalità irlandese n. 26 del 1956,
modificata dalla legge n. 23 del 1986, dalla legge 9 del 1994, dalla
legge n. 15 del 2001 e dalla legge n. 38 del 2004.
http://www.inis.gov.ie/en/INIS/consolidationINCA.pdf/Files/consolidationIN
CA.pdf
Italia
Vedi Appendice
62
La truffa dello ius soli
Lettonia
Legge sulla cittadinanza del 22 Agosto 1994, modificata con leggi
del 15 Marzo 1995, del 6 Febbraio 1997 e del 22 Giugno 1998
http://unpan1.un.org/intradoc/groups/public/documents/UNTC/UNPAN018
407.pdf
Lituania
Legge sulla cittadinanza lituana del 17 Settembre 2002 n. IX1078, modificata dalla legge del 15 Luglio 2008 n. X-1709
http://www3.lrs.lt/pls/inter2/dokpaieska.showdoc_e?p_id=326111
Lussemburgo
Legge del 23 Ottobre 2008
http://www.mj.public.lu/nationalite/nat_lux_2009_EN.pdf
Malta
Legge sulla cittadinanza maltese n. 188 del 21 Settembre 1964,
modificata dalla legge n. 2 del 1970, dalla legge n. 31 del 1972,
dalla legge n. 58 del 1974, dalla legge n. 31 del 1975, dalla legge
n. 9 del 1977, dalla legge n. 13 del 1983, dalla legge n. 24 del
1989, dalla legge n. 4 del 2000 e dalla legge n. 10 del 2007.
http://www.mfa.gov.mt/Library/Citizenship%20Forms%20and
%20Templates/chapt188.pdf
La legge, in merito alla cittadinanza dei bambini nati a Malta fa
riferimento ai soggetti di cui all'articolo 44.4 “a” e “b” della
costituzione maltese
Paesi Bassi
Legge sulla cittadinanza dei Paesi bassi
http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/NL%20Netherlands
%20Nationality%20Act%20(consolidated%202010,%20English).pdf
Polonia
Legge sulla cittadinanza polacca del 1962 modificata nel 2007
http://www.cklawoffice.eu/polish-citizenship-law.html#3
Portogallo
Legge sulla cittadinanza portoghese n. 37 del 3 Ottobre 1981 e
successive modifiche
http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/POR%20Law
%2037%2081%20as%20consolidated%20by%20Law
%202%2006%20(English).pdf
Regno Unito
Legge sulla nazionalità britannica del 1981 e successive
modifiche
http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1981/61#commentary-c1682821
Rep. Ceca
63
Legge sull'acquisto e la perdita della cittadinanza ceca n. 40 del
10. E allora buttati nel lago anche tu
1993 e successive modifiche
http://portal.gov.cz/wps/portal/_s.155/701/.cmd/ad/.c/313/.ce/10821/.p/841
1?PC_8411_p=3&PC_8411_l=40/1993&PC_8411_ps=10#10821
Romania
Legge n. 21 del 1991 sulla cittadinanza rumena ripubblicato nella
Gazzetta ufficiale rumena n. 576/13 dell'Agosto 2010
http://cetatenie.just.ro/LinkClick.aspx?fileticket=i6NdjVsgDnc
%3d&tabid=42&mid=405
Slovacchia
Legge sulla nazionalità della Repubblica Slovacca n. 40 del 1993
modificata dalla legge n. 70 del 1997, dalla legge n. 515 del 2003,
dalla legge n. 36 del 2005, dalla legge n. 264 del 2005 e dalle
legge n. 344 del 2007
http://www.minv.sk/?statne-obcianstvo-1&subor=21104
Slovenia
Legge sulla cittadinanza slovena del 1999 e successive modifiche
http://www.unhcr.org/refworld/country,,NATLEGBOD,,SVN,4562d8b62,3ae
6b59118,0.html
Spagna
Codice civile spagnolo
http://civil.udg.es/normacivil/estatal/cc/1t1.htm
Svezia
Legge sulla cittadinanza svedese 2001:82
http://www.sweden.gov.se/sb/d/3926/a/29191
Ungheria
Legge sulla cittadinanza Ungherese del 1993 modificata nel 2010
http://www.mfa.gov.hu/kulkepviselet/los_angeles/en/en_allampolgarsagi_t
orveny/
Tabella 6: Fonti legislative sullo ius soli nei paesi dell'Unione Europea
64
11. I requisiti
Lo ius soli, come abbiamo visto, non ha alcuna base razionale. Si tratta di una
scommessa sul futuro: se un bambino nasce in italia probabilmente vivrà in italia; ma
non ha nulla a che vedere con un processo di integrazione. E non potrebbe essere
altrimenti, visto che si dà la cittadinanza a un bambino appena nato non si può
pretendere che già dimostri di essere italiano.
Ci si potrebbe aspettare allora che chi propone lo ius soli imponga dei requisiti ai
genitori: va bene, volete dare la cittadinanza ai figli di coloro che vivono da almeno
cinque anni in italia? Ma basta vivere cinque anni in italia o bisogna anche essersi
integrati un pochettino? Sorprendentemente la proposta di legge Sarubbi-Granata
richiede solo il requisito della residenza: uno straniero abita in italia da cinque anni,
dà alla luce un figlio in italia e questo è italiano anche se i genitori in quei cinque anni
non hanno imparato l'italiano e non si sono integrati nella società italiana. Hanno
solo abitato in italia, ma nessuno controlla se in questo periodo di tempo oltre a
viverci in italia hanno cercato di diventare almeno un po' italiani.
Lo ius soli temperato come lo chiamano essi (ossia lo ius soli solo se il genitore
vive nel paese da un certo periodo) non è visto come un'anticamera dello ius
sanguinis ossia: il genitore non ha ancora ottenuto la cittadinanza perché il suo
processo di integrazione non è ancora finito, però si è sforzato di diventare un po'
italiano e nel frattempo che il genitore diventa italiano a tutti gli effetti io inizio a dare
la cittadinanza al figlio.
No, in questo caso la cittadinanza italiana viene data anche a figli di coloro che in
quei cinque anni non hanno fatto nulla per integrarsi. I figli cresceranno in famiglie
totalmente straniere, perciò la cittadinanza viene data loro sulla fiducia, incrociando
le dita e sperando che i genitori restino in italia e magari li mandino a una scuola
dove imparino l'italiano: la cittadinanza-scommessa.
Piccola nota: sì, è possibile vivere cinque anni in un paese e non impararne la
lingua. Posso citare molti casi di persone che non hanno mai imparato la lingua del
paese dove abitavano benché ci abbiano vissuto tanti anni. Succede a persone che
frequentano principalmente connazionali e fanno lavori che non richiedono
65
11. I requisiti
competenze linguistiche (dal programmatore che lavora in inglese, al manovale che
lavora per una cooperativa gestita da un suo connazionale).
Probabilmente qualcuno si ricorda dell'incendio di Berlino avvenuto nell'agosto
2005 in un palazzo di immigrati dove molti perirono perché non capivano le
istruzioni che venivano loro date dai vigili del fuoco 25. Successe perché non
parlavano tedesco benché vivessero in Germania. Questo capita spesso quando gli
stranieri invece di distribuirsi uniformemente nel tessuto sociale si concentrano in
comunità grandi abbastanza da offrire tutto quello che una persona ha bisogno,
dall'abitazione al lavoro. Io stesso ho conosciuto dei vietnamiti che abitavano da
lustri a Praga e non parlavano che due parole in ceco: lavoravano nelle attività
commerciali della cittadella vietnamita alla periferia di Praga, dove c'è di tutto, il
parrucchiere, il ristorante, il negozio di detersivi o di cibo vietnamita per vietnamiti
(ancora mi domando che necessità ci fosse di un detersivo vietnamita, forse che il
detersivo ceco non puliva abbastanza bene?). Avevano solo amici vietnamiti, e alla
peggio chiamavano qualcuno per farsi aiutare se non si intendevano col l'idraulico o
con l'ufficio della compagnia elettrica. Per il resto potevano vivere a Praga benissimo
anche senza parlare ceco.
La proposta di legge Sarubbi-Granata, abbiamo detto, non impone alcun requisito
ai genitori: basta che abbiano vissuto in italia, anche senza integrarsi, per cinque anni
e il figlio che nasce è italiano. Ma la proposta di legge non si limita allo ius soli.
Contestualmente infatti va a rivedere anche i termini con cui gli immigrati possono
ottenere la cittadinanza per naturalizzazione.
Al momento la legge 91 del 1992 richiede dieci anni di residenza continuativa in
italia allo straniero che desidera la cittadinanza italiana. Questo requisito si abbassa a
quattro anni per i cittadini dell'Unione Europea. La proposta di legge SarubbiGranata intende abbassare a tre anni di residenza il requisito per i cittadini
dell'Unione Europea e a cinque anni per gli altri stranieri provenienti da paesi non
appartenenti all'U.E. Cinque e tre anni: sono davvero un tempo sufficiente per
integrarsi in un paese straniero?
A questa domanda ognuno, ovviamente, risponderà in base a una diversa
sensibilità: c'è chi si trasferisce in un paese straniero e dice di essersi integrato in tre
anni e chi invece sostiene che quello sia un periodo troppo breve. Penso che questo
derivi anche da una diversa concezione del concetto di integrazione: per alcuni
integrarsi significa soltanto vivere in un paese, impararne la lingua, svolgere il proprio
lavoro, rispettare i propri doveri, imparare a spedire le raccomandate e condurre la
propria vita come se si fosse al proprio paese.
Per me integrarsi vuol dire qualcosa di più, qualcosa che supera anche l'imparare la
geografia, la cultura, la storia del paese che ti ospita. Qualcosa che va persino oltre
l'interessarsi della vita sociale e politica di quel paese; diventare cittadini significa
25 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/08_Agosto/09/berlino.shtml
66
La truffa dello ius soli
acquisire il diritto di voto e imparare qualcosa del quadro politico nazionale è
necessario per poter esprimere il proprio voto.
Integrarsi, secondo il mio punto di vista, significa anche acquisire una coscienza di
identità. Essere integrato non significa che devi solo dimostrare di conoscere la
lingua, la storia, la cultura di quel paese, ma che devi anche sentirti cittadino di quel
paese.
Per quello che può valere un singolo caso, il mio: ho vissuto cinque anni nella
Repubblica Ceca, quattro dei quali consecutivi. Se la cittadinanza ceca fosse concessa
con gli stessi criteri di quella italiana (quattro anni per i cittadini U.E.) avrei già
maturato i requisiti per ottenere un passaporto ceco. Con i criteri proposti da
Sarubbi-Granata avrei potuto diventare cittadino ceco, persino dopo solo tre anni di
residenza a Praga. Posso dire di sentirmi ceco? No.
Ho imparato la lingua: parlavo in ceco con gli amici e i colleghi, ho persino
insegnato corsi di sensori e trasduttori alla Facoltà di Ingegneria Elettrica in ceco, e
per quanto i miei studenti ogni tanto ridessero per qualche buffo errore linguistico
capivano ciò che insegnavo loro. Ho suonato sul ponte Carlo, ho passato serate coi
vecchi facendomi raccontare i tempi che furono, ho partecipato a raduni giovanili, ho
dormito in scuole elementari o sul pavimento di un oratorio col fratello di un
ministro, sono andato ai balli invernali in paesi sperduti sulle montagne, ho imparato
a rispondere a Messa in ceco e ho fatto il senatore accademico (che tra l'altro è una
carica pubblica). Ho parlato con Jaroslav Hutka e tengo la foto del nostro incontro
sulla scrivania. Alla fine ho persino ricevuto un titolo di studio con scritto il mio
nome e in alto "REPUBBLICA CECA". Eppure non posso dire di sentirmi ceco.
Ho molta affinità coi cechi e col loro modo di pensare, e sicuramente vivo meglio
in Repubblica Ceca. Quando ci sono le partite della nazionale tifo per la Repubblica
Ceca (e da quelle parti si parla principalmente di Hockey). Quando capita canto
l'inno ceco (che sia per il testo che per la musica sovrasta quell'orribile marcetta simil
fascista dell'inno italiano).
Ma non posso dire di essere ceco. E se anche lo dicessi gran parte dei miei amici
cechi si metterebbe a ridere perché suonerebbe loro come una battuta. Potrà anche
esserci chi considera tre anni sufficienti per integrarsi al punto di uscire di casa la
mattina, guardarsi intorno e sentirsi come coloro che ti circondano. Per me non è
così.
Tre anni sono un periodo molto breve: al giorno d'oggi sono numerose le persone
che si trasferiscono all'estero per lavoro o per studio per un periodo di tre anni,
senza che questo implichi che vogliano rimanere per sempre il quel paese. Si fa
un'esperienza in un paese e poi ci si sposta in un altro paese. Tre anni sono il tempo
di fare un dottorato di ricerca (nel mio caso anche meno, visto che erano quattro
anni): quindi un giovane europeo si trasferisce a Milano per fare un dottorato di
67
11. I requisiti
ricerca e ancora prima di discutere la tesi matura i requisiti per diventare italiano:
bizzarro.
Per me tre anni in Germania, Svezia, Corea sono troppo pochi per poter
rispondere “io sono tedesco/svedese/coreano”. E lo sono anche cinque anni. Un'identità si
crea non soltanto imparando una lingua e qualche nozione storica e culturale del
paese dove vivi. L'identità richiede un processo di assuefazione, di routine, di
abitudini che necessariamente sviluppi in molto più tempo.
Ovviamente non tutti i casi sono uguali: un cittadino austriaco che si trasferisce a
Bozen avrà probabilmente un processo di integrazione più facile rispetto a un
cittadino polacco che si trasferisce a Milazzo. Per il primo magari tre anni sono più
che sufficienti, per il secondo magari serviranno più di dieci anni. Per non parlare di
chi è cresciuto in contesti culturali ed educativi agli antipodi rispetto all'italia: un
giapponese in cinque anni non farà in tempo nemmeno a riprendersi dal trauma
causato dal trasferimento da un paese dove la cortesia e la sottomissione sono una
religione a un paese dove regna anarchia, maleducazione e strafottenza. Figuriamoci
se riesce a diventare italiano.
Lo ripeto, qui ognuno può portare la propria opinione e dire che a suo parere tre
anni per i cittadini europei e cinque anni per gli altri stranieri sono un periodo di
tempo sufficiente per sentirsi integrato. Per quanto mi riguarda l'abbassamento dei
requisiti sulla durata della residenza hanno un obiettivo preciso. Qui non si tratta di
discutere se una persona è integrata o meno dopo cinque anni, non si richiede più ad
una persona di essere integrata a livello tale da sentire di essere italiano. Non si
pretende che l'immigrato abbia maturato una identità italiana. Perché, per quanto
ognuno possa avere le proprie opinioni su quanto tempo sia necessario per alzarsi al
mattino e sentire la cittadinanza, anche ai sostenitori di questa legge risulterebbe
difficile sostenere che in cinque anni uno si sia pienamente integrato. Allora si
rinuncia a questo obiettivo, si dà la cittadinanza come se fosse solo un mero
procedimento burocratico. La cittadinanza non viene attribuita per un compiuto
processo di identificazione con il paese che ti ospita, bensì ti viene concessa perché
così si semplifica la tua vita. Hai vissuto un po' di tempo in italia? Vuoi rimanerci
ancora? E allora toh, tieni un passaporto italiano così non ti possono più mandare
via, non devi più fare code in Questura, puoi accedere ai posti di lavoro pubblici...
Ma allora la cittadinanza perde ogni significato identitario. Sia chiaro, ognuno è
autorizzato a pensare che la cittadinanza sia solo un fattore burocratico e che sia
slegata al dovere di essere integrato nel relativo paese. Ma questo va dichiarato
apertamente. Ditelo senza nascondervi dietro a un dito: a questi poveri immigrati
diamo il passaporto perché siamo caritatevoli e vogliamo accoglierli dando loro
possibilità di vivere in italia senza disturbi burocratici, anche se in realtà essi non si
sono integrati e non hanno sviluppato alcuna identità italiana.
68
La truffa dello ius soli
Si vuole dare la cittadinanza italiana a masse di stranieri che non necessariamente
si sono integrati in modo che diventino numericamente così consistenti da arrivare al
punto in cui non avrà neppure senso chiedersi se una persona sarà integrata o meno.
I detentori di passaporto italiano avranno le mille differenti culture e identità che si
portano in dote, e a cui non avranno rinunciato, per cui non sarà più possibile dire
che cos'è l'identità italiana. Ci saranno italiani-cinesi, italiani-albanesi, italianimarocchini, italiani-svedesi, italiani-canadesi, italiani-messicani... tutti con lo stesso
passaporto italiano in tasca. E a quel punto non si potrà più pretendere che un
nuovo arrivato si debba integrare, che debba acquisire una identità. Quale identità?
Quella degli italiani, quella degli italiani-marocchini o quella degli italiani-messicani?
Lo ripeto: ognuno è libero di aspirare a quello che vuole, anche una società
minestrone in cui poi non capisci più che gusto ha. E non c'è da stupirsi che
qualcuno aspiri a questo: sono state già distrutte a suo tempo le varie identità locali,
non vedo perché non ci debba essere qualcuno che aspiri ad annullare anche le
identità nazionali, aspirando a una situazione in cui non ci sia più differenza tra italia,
Francia, Austria, Germania... perché ormai sarà ovunque lo stesso minestrone.
Obiettivo che non condivido, ma che ritengo lecito una persona possa perseguire.
Basta che lo dichiari apertamente: voglio abbassare i criteri per attribuire la
cittadinanza, voglio dare passaporti a chiunque, anche se non si è integrato, voglio un
mondo dove non ha più senso il concetto identitario di cittadinanza. Signori, basta
che lo diciate, e ci si confronta su quello.
Ma non potete venire a propormi queste cose e parlare di ius culturae o di persone
che sono molto più italiane dei brasiliani col nonno italiano. Nel momento in cui
date la cittadinanza a chi è in italia da cinque anni, non perché è diventato italiano,
ma solo perché – poverino – volete semplificargli la vita, non potete più parlare di ius
culturae, perché la cultura qui non c'entra più niente.
A riprova di quanto detto c'è un interessante articolo della proposta di legge
Sarubbi-Granata che propone di aggiungere alla legge 91 del 1992 il seguente
articolo
Art. 5-ter. - 1. L'acquisizione della cittadinanza italiana nell'ipotesi di cui all'articolo 5bis, comma 1, lettera a), è condizionata alla verifica della reale integrazione linguistica e
sociale dello straniero nel territorio della Repubblica, riscontrata:
a) da una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello A2, di cui al
quadro comune europeo di riferimento delle lingue, approvato dal Consiglio d'Europa;
b) dalla conoscenza soddisfacente della vita civile dell'Italia e della Costituzione italiana.
69
11. I requisiti
All'apparenza sembrerebbe una cosa positiva: vuoi diventare cittadino italiano?
Devi dimostrare di saper parlare italiano e conoscere qualcosa di come funziona
l'italia.
Fino ad ora infatti la legge non imponeva alcuna verifica sulle competenze
linguistiche e culturali maturate dallo straniero. La cittadinanza italiana può ottenerla
anche una persona che spiccica giusto tre parole di italiano. La verifica
dell'integrazione dell'immigrato è infatti demandata a un colloquio con un
funzionario della Questura che improvvisa qualche domanda di cultura generale. Sarà
che le pratiche da smaltire sono tante e il personale insufficiente, sarà che i funzionari
delle questure non sono poi degli orchi famelici (e l'abbiamo visto nel capitolo 3.: le
domande respinte sono pochissime), o sarà per qualsiasi altro motivo, fatto sta che il
colloquio in cui si dovrebbe verificare il livello di integrazione culturale e linguistica
dello straniero che vuole diventare italiano si risolve spesso in una pura formalità.
Delle volte capita che uno straniero riceva la cittadinanza italiana senza nemmeno
essere in grado di poter pronunciare il giuramento che è tenuto a fare per legge (e si
arriva all'assurdo per cui il Comune di residenza è tenuto a convocare un traduttore
giurato per concedere allo straniero ormai diventato italiano di fare il giuramento).
Ora invece la proposta di legge Sarubbi-Granata vuole inserire nella legge il
criterio per cui l'immigrato che vuole diventare italiano debba dimostrare di parlare
italiano e conoscere qualcosa del paese dove vive, senza lasciare questa verifica
all'arbitrio del funzionario di turno in Questura. Questo nuovo articolo sembrerebbe
andare nella direzione di verificare una reale integrazione dello straniero.
Sembrerebbe, dico. Perché in realtà si tratta di uno specchietto per le allodole, un
articoletto messo lì per consentire agli autori e sostenitori della legge di potersi
difendere affermando che la loro proposta di legge accorcia i tempi ma in realtà
impone di verificare se lo straniero si è davvero integrato.
Basta leggere bene l'articolo per accorgersi che ciò che viene chiesto è così blando
da rendere la verifica praticamente inutile. Il punto b) è di una vaghezza
impressionante: parla di una “conoscenza soddisfacente della vita civile dell'Italia e della
Costituzione italiana”. Cosa significa conoscenza “soddisfacente”? Soddisfacente in base a
quali parametri? E poi cosa si intende per “vita civile dell'italia”? Messa così potrebbe
significare tutto, dalla conoscenza dello statuto dei lavoratori, all'importanza dei
reality show nella vita di milioni di casalinghe italiane.
Ma il punto più importate è quello sulla verifica dell'integrazione linguistica. Viene
richiesto un livello A2 del quadro comune europeo di riferimento delle lingue del
Consiglio d'Europa. Ma attenzione, si richiede il livello A2 solo per la lingua parlata.
Non è richiesta una verifica né sulla comprensione, né sulla lettura o sulla
produzione scritta. Proprio così, il punto a) dice “una conoscenza della lingua italiana
parlata equivalente al livello A2”.
70
La truffa dello ius soli
E a cosa corrisponde il livello A2 per la lingua parlata? Ecco qui la definizione26:
Riesco ad usare una serie di espressioni e frasi per descrivere con parole semplici la mia
famiglia ed altre persone, le mie condizioni di vita, la carriera scolastica e il mio lavoro
attuale o il più recente.
Se non è chiaro rileggetelo due o tre volte. Qui si tratta di chiede a un immigrato
una competenza linguistica che equivale a saper dire “Ciao, mi chiamo Giancarlo, ho 25
anni e sono nato a Perugia. Sono sposato con Lucia, una graziosa ragazza di due anni più giovane
di me, ma ancora non ho figli. Mi sono diplomato al liceo classico e faccio il cassiere all'Esselunga di
via Tal de' Tali”.
Ebbene, questo livello non corrisponde a una persona che si è integrata. Un livello
linguistico come questo l'ho acquisito in giapponese in meno di un anno vivendo in
Giappone e senza nemmeno studiare troppo. Se una persona dopo cinque anni in
italia è a questo livello significa che non si è integrata per niente. Se dopo cinque anni
è capace solo di dire cosa ha studiato e che lavoro fa usando frasettine che si è
preparato e ripete a pappagallo non si può parlare nemmeno lontanamente di “reale
integrazione linguistica”. Essere cittadini di uno stato significa acquisire doveri e diritti
che implicano un uso ben più massiccio della lingua. Un cittadino ha diritto di voto,
si deve quindi informare per decidere cosa deve votare: come fa a informarsi se non
può leggere un giornale o ascoltare un TG? Un cittadino ha anche il diritto di essere
eletto: come fai a fare il sindaco o il deputato se non parli italiano? Un cittadino può
essere interrogato dalla polizia o può essere convocato come testimone in un
processo: io – stato - il traduttore te le fornisco (e lo pago) se sei straniero, ma se hai
chiesto e ottenuto la cittadinanza italiana fai il piacere di cavartela in italiano.
E tutto questo per quanto riguarda i soli diritti e doveri nei confronti dello stato.
Dopodiché, un cittadino italiano ha il diritto di vivere in italia quanto vuole, e per
farlo deve avere un lavoro con il quale mantenersi. Certo, uno potrebbe dire che si
accontenta di fare lavori per cui non gli serve parlare italiano; ma in questo modo si
preclude da solo l'accesso a molti lavori per i quali è necessario parlare italiano. Va
tutto bene finché è capace di trovarsi un lavoro e di sostentarsi, ma che succede se
poi non lo trova più? Se è straniero puoi mostrargli la porta d'uscita, ma se è italiano
no, ti tocca tenerlo in italia e sostentarlo tramite lo stato sociale. A quel punto il
trovare un lavoro diventa un tuo dovere per non pesare sullo stato sociale, e parte di
questo dovere è anche parlare italiano per poter accedere anche ai lavori che
richiedono questa abilità.
Infine, lo chiedo pubblicamente agli autori di questa proposta di legge: avete il
coraggio di sostenere che un livello A2 corrisponde a una reale integrazione
linguistica? Auguri.
26 http://europass.cedefop.europa.eu/it/resources/european-language-levels-cefr
71
12. Mi viene un dubbio
12. Mi viene un dubbio
La proposta di legge Sarubbi-Granata sullo ius soli non intende solo introdurre
nell'ordinamento italiano questo bizzarro concetto della cittadinanza con l'oroscopo,
per cui il sacro suolo italico infonde l'italianità a chi su di esso vi nasce. Come
abbiamo già accennato questa proposta di legge intende ridurre drasticamente i
requisiti di residenza necessari per ottenere la cittadinanza per naturalizzazione. Per i
cittadini di uno stato U.E. si passa da quattro a tre anni mentre per i cittadini non
U.E. il requisito si dimezza: da dieci a cinque anni.
Ma attenzione, non solo vengono sforbiciati gli anni necessari per diventare
italiani, cambia anche la modalità di acquisizione della cittadinanza. Con la legge
attuale infatti lo straniero non U.E. che vive in italia da più di dieci anni riceve la
cittadinanza italiana in modo non automatico. L'art. 9 della legge 91 del 1992 ora
dice:
1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della
Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:
[…]
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Prestate attenzione alle parole sottolineate: “può essere concessa”. Significa che
uno straniero può avere tutti i requisiti stabiliti dalla legge, ma ciò non gli garantisce il
diritto di ottenere la cittadinanza italiana. Il Presidente della Repubblica (o meglio, il
Ministero dell'interno che in realtà esamina le pratiche) può decidere di concederla
oppure di non concederla, senza che lo straniero possa pestare i piedi e reclamare
alcun diritto. Questo perché la cittadinanza non viene concessa a seguito di un diritto
dello straniero ad ottenerla; la cittadinanza viene concessa sulla base dell'interesse che
il paese può avere dal fatto di avere un nuovo cittadino italiano.
La proposta di legge Sarubbi-Granata invece ribalta la prospettiva, e per rendere la
cosa ancora più evidente l'articolo viene spostato di posizione. Dall'art. 9, quello in
72
La truffa dello ius soli
cui si descrivono i casi in cui la cittadinanza può essere concessa, passa direttamente sotto
l'art. 5, quello in cui si elencano i casi in cui la cittadinanza è concessa di diritto, cosa
che ora sussiste solo in caso matrimonio. Ecco così che la proposta di legge SarubbiGranata introduce l'art. 5-bis.
Art. 5-bis. - 1. Acquista la cittadinanza italiana, su propria istanza e alle condizioni di
cui all'articolo 5-ter,
a) lo straniero che da almeno cinque anni soggiorna legalmente nel territorio della
Repubblica,[...]
Con questa modifica la cittadinanza per residenza viene equiparata a quella per
matrimonio: non è più lo stato che decide se concedere o meno la cittadinanza sulla
base del proprio interesse, ma diventa un diritto dello straniero se vive in italia da
cinque anni. Ciò significa che se un cittadino straniero vive in italia legalmente per
cinque anni acquisisce il diritto automaticamente alla cittadinanza che non può
essergli negata.
Abbiamo visto che già ora le domande di cittadinanza non respinte sono poche,
ma cosa succederebbe se questa legge fosse approvata? Lo stato si troverebbe di
fronte a un dovere, quello di concedere la cittadinanza a chi vive per almeno cinque
anni in italia. Può farlo ora? Forse, ma se le condizioni economiche peggiorassero
ulteriormente? Il sistema sociale ed economico italiano sarà in grado di contenere
milioni di cittadini? Perché quando dai la cittadinanza a uno straniero poi diventa
italiano a tutti gli effetti, e mica puoi dirgli “mi spiace, ora non c'è più posto qui per te, torna
al tuo paese”; vivere in italia sarà un suo diritto, al pari di tutti gli altri cittadini italiani.
Non si potrà, come successo recentemente in alcuni stati europei, mettere gli
stranieri su di un aereo, dare loro un incentivo, e dire loro di tornare a casa, perché
c'è la crisi.
Ora, si può parlare fin quando si vuole sui doveri di accoglienza e sulla
ridistribuzione della ricchezza tra i vari paesi del mondo. Non è questo lo spazio in
cui farlo. Quello che mi preme far notare è che nel momento in cui uno stato accetta
uno straniero per cinque anni sa già che diventerà cittadino italiano, e non potrà
negarglielo. Se il governo italiano deciderà che le risorse non bastano per tutti, l'unico
modo che avrà per frenare una mastodontica impennata di nuovi cittadini (che non si
possono più mandar via e tutti vantanti dei diritti) consisterà nel non farli entrare dal
principio, o nel bloccare il rinnovo dei permessi di soggiorno per evitare che
compiano i cinque anni di residenza in italia.
Così andrà a finire che uno straniero che voleva andare in italia a vivere avrà più
problemi a farlo. Significherà che dopo quattro anni non gli rinnoveranno più il
permesso di soggiorno per “paura” che acquisisca il diritto alla cittadinanza. Lo
73
12. Mi viene un dubbio
rimanderanno al suo paese e prenderanno un altro straniero che sbatteranno fuori
dall'italia dopo altri quattro anni.
Paradossalmente questa parte della proposta di legge invece di migliorare le
condizioni di vita degli stranieri le peggiorerà. Tranne per un caso. Nel momento in
cui venisse approvata acquisirebbero il diritto alla cittadinanza italiana centinaia di
migliaia di persone che vivono in italia da più di cinque anni; con questi il giochetto
di non rinnovare il permesso di soggiorno prima dei cinque anni non lo puoi fare,
visto che il requisito dei cinque anni l'hanno già superato.
C'è chi vive in italia da cinque anni, chi da sei, chi da nove: tutti acquistano il
diritto di diventare italiani automaticamente. E allora mi viene un dubbio: non è che
questa legge è semplicemente una sanatoria?
Voglio dire, non hanno intenzione di risolvere il problema della condizione di vita
degli stranieri in italia. Se lo volessero fare si preoccuperebbero di far funzionare la
burocrazia in modo che un permesso di soggiorno venga rinnovato in venti giorni e
non in dieci mesi. Vogliono solo buttare la spugna: ok, da domani tutti italiani e non se ne
parla più. Contenti?
E il dubbio che dietro la bella facciata dell'intellettuale belli capelli ci sia in realtà
un altro disegno diventa ancora più forte quando si riflette su alcune contraddizioni
della proposta di legge.
Riflettiamo un attimo: se questa proposta di legge venisse approvata un cittadino
straniero diventerebbe italiano di diritto dopo cinque anni di residenza in italia (art. 5
bis). Nel contempo però la proposta di legge dice che sono italiani per ius soli anche
i bambini nati in italia da chi in italia vive da cinque anni (art. 1, comma 1, lettera bbis).
Facciamo un esempio: una coppia di cittadini norvegesi si trasferisce in italia nel
gennaio 2010. Nel gennaio 2015 sono passati cinque anni e fanno domanda di
cittadinanza italiana. Il mese successivo, febbraio 2015, nasce il loro figlio che è
cittadino italiano di diritto grazie allo ius soli perché i genitori benché siano ancora
norvegesi vivono da più di cinque anni in italia (cinque anni e un mese, per la
precisione). Poi a giugno 2015 l'istanza dei genitori di diventare cittadini italiani viene
accolta. Se non ci fosse lo ius soli il figlio diventerebbe italiano insieme ai genitori a
giugno anziché a febbraio. E questo solo nel caso particolare in cui il figlio nasce
nella finestra di tempo tra il compimento di cinque anni di residenza in italia dei
genitori, e l'acquisizione della cittadinanza degli stessi. Se, per esempio, il figlio
nascesse dopo sei o sette anni dacché i genitori risiedono in italia essi avrebbero già
avuto tutto il tempo per diventare cittadini italiani, in modo che il figlio nasca italiano
per ius sanguinis. Quindi il problema non si pone neppure.
Ma allora a cosa serve lo ius soli?
In pratica il figlio diventa italiano qualche mese prima rispetto a quando lo
diventerebbe tramite la naturalizzazione dei genitori (dove quel “qualche mese” si
74
La truffa dello ius soli
riferisce a quanto velocemente la pratica viene smaltita), e solo se nasce a ridosso dei
cinque anni di residenza italiana dei genitori.
Come al solito guardiamo ai numeri. In Germania dal primo Gennaio del 2000 è
entrato in vigore lo ius soli: i bambini che nascono in Germania da genitori che lì
risiedono da almeno otto anni ricevono la cittadinanza tedesca. Nel caso tedesco la
cittadinanza per naturalizzazione viene concessa dopo otto anni, lo stesso requisito
per accedere allo ius soli per i propri figli. Il termine è diverso rispetto a quanto
prospettato dalla proposta di legge Sarubbi-Granata (otto anni anziché cinque) ma il
meccanismo è lo stesso: dopo un certo periodo di tempo puoi sia accedere alla
cittadinanza per naturalizzazione sia i tuoi figli ricevono la cittadinanza tedesca per
ius soli. Ebbene, quanti sono stati i figli di stranieri che hanno ricevuto la
cittadinanza tedesca per ius soli? Nel 2009 sono stati registrati 29 mila figli di
stranieri che sono nati direttamente tedeschi grazie allo ius soli27. Negli anni
precedenti erano stati 35 – 38 mila, con una punta di 41 mila subito nel primo anni di
applicazione della legge. Bene, abbiamo ora circa 29 mila bambini che nascono in
Germania e ricevono la cittadinanza tedesca per ius soli. All'incirca la stessa quantità
di bambini continua a nascere straniera senza accedere allo ius soli (nel 2009 sono
stati quasi 33 mila). La cosa più interessante però si scopre comparando questi dati
col totale dei bambini nati in Germania da genitori stranieri, ossia con la somma dei
bimbi nati da stranieri ed essi stessi stranieri con i bimbi nati da stranieri ma tedeschi
grazie allo ius soli. Contiamo cioè tutti i figli di stranieri nati in Germania. Ebbene,
mentre nel 1997 i figli di stranieri nati in Germania erano ben 107 mila, nel 2009 se
ne sono contati solo 62 mila; un crollo di 45 mila bambini, ossia una flessione del
42%. Cosa sarà successo? Perché in Germania il numero di figli di stranieri è
crollato? Difficile ipotizzare un crollo demografico di queste proporzioni. A questo
punto o gli asili tedeschi si sono svuotati di bimbi con le facce non teutoniche,
oppure significa che ci sono 45 mila bambini figli di stranieri in meno perché nel
frattempo i genitori si sono naturalizzati, quindi non sono più contati come figli di
stranieri ma ricevono la nazionalità tedesca tramite ius sanguinis dai genitori già
diventati ormai cittadini tedeschi. Per capirci, più dello ius soli ha fatto la
naturalizzazione dei genitori. Quei 29 mila bambini che hanno ricevuto la
cittadinanza tedesca nel 2009 sono coloro che sono rimasti nella forbice temporale
tra gli otto anni di residenza dei genitori e la loro naturalizzazione. Anche se non ci
fosse stato lo ius soli avrebbero ricevuto la cittadinanza tedesca poco dopo, alla
naturalizzazione dei genitori.
Questo è quello che succede in Germania; ora torniamo all'italia: vi sembra
normale che fior di deputati si scaldino per quei pochi mesi di anticipo con cui il
27 http://www.destatis.de/jetspeed/portal/cms/Sites/destatis/Internet/DE/Content/Publikationen/Q
uerschnittsveroeffentlichungen/WirtschaftStatistik/Bevoelkerung/Bevoelkentwicklung2009__5
2011,property=file.pdf
75
12. Mi viene un dubbio
bambino riceve la cittadinanza tramite ius soli (come se il bambino avesse seri
problemi relazionali nel non sentirsi italiano nei primi sei mesi di vita)? Vi sembra
normale che il tema diventi fulcro di dibattiti televisivi ed editoriali sui giornali?
Ovviamente no, non è così. La differenza tra il concedere la cittadinanza per ius
soli ai bambini di chi vive in italia da cinque anni e dare la cittadinanza tramite
naturalizzazione dei genitori risiede, appunto, nei genitori.
Perché lo ius soli concede a un bambino appena nato di essere italiano anche se il
genitore non può o non vuole ottenere la cittadinanza italiana. Sul non vuole la
questione è chiara: uno straniero che vuole tornare al suo paese e non può ottenere
la doppia cittadinanza, potrebbe non desiderare la cittadinanza italiana per non
perdere la propria cittadinanza originaria. Al contempo però vorrebbe desiderare che
il figlio diventi italiano e non cittadino del proprio stato di origine.
Quello che però è più interessante è il non può; il requisito dei cinque anni di
residenza è sufficiente per mettere al mondo un bambino che – tramite lo ius soli – è
italiano di diritto alla nascita, ma non è l'unico requisito per l'adulto che vuole la
cittadinanza per naturalizzazione. Oltre ai cinque anni di residenza bisogna
dimostrare di non aver commesso alcuni tipi di reati, non solo in italia ma anche
all'estero (per questo alla domanda di cittadinanza per naturalizzazione bisogna
allegare i certificati penali).
Ciò significa che un cittadino straniero che delinque non potrebbe ricevere la
cittadinanza italiana anche se vive da più di cinque anni in italia, in quando – dice lo
stato – i delinquenti sono brutta gente. Però nel contempo daremmo la cittadinanza
italiana ai loro figli. Il risultato? Essendo genitori di un cittadino italiano non sarà
possibile espellerli dal paese in quanto hanno diritto a stare in italia per badare al
figlio minorenne che, in quanto italiano, ha diritto a stare in italia. Così tutti i
delinquenti stranieri che vivono da almeno cinque anni in italia non si dovranno più
preoccupare, domandandosi se il permesso di soggiorno verrà loro rinnovato o
meno: basterà loro fare un figlio il quale, nato italiano, garantirà loro il biglietto
vincente per stare in italia.
Qualcuno dirà: che colpe ne ha il figlio se il padre è un delinquente? Vero, però
stiamo attenti: la cittadinanza per ius soli si basa sull'oroscopo, ossia se un bambino è
nato in italia da gente che vive in italia si presume che vivrà la sua vita in italia e sarà
di fatto italiano. Ma se nasce da un delinquente questa previsione cade nel nulla,
poiché non è assolutamente scontato che il permesso di soggiorno vengo rinnovato
a un delinquente. Potrebbe essere espulso e con lui il figlio nato in italia, che
crescerebbe in un altro paese e non avrebbe più alcuna ragione di essere italiano.
Viene allora il sospetto che lo ius soli non serva ai figli (i quali potrebbero
diventare cittadini italiani a seguito di naturalizzazione a pochi mesi dalla nascita, nel
peggiore dei casi), quanto ai genitori. Lo ius soli diventerebbe una grande sanatoria
per quelle persone che non hanno i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana
76
La truffa dello ius soli
nonostante vivano in italia da più di cinque anni, magari perché hanno la fedina
penale sporca. Sei un criminale? Non ti vogliono rinnovare il permesso di soggiorno?
Nessun problema! Fa' un figlio! Nascendo in italia sarà italiano e tu potrai restare
grazie a lui.
Non che sia vietato perseguire questo scopo, così come per ogni ideale politico.
L'importante è dirlo chiaramente, senza nascondersi dietro il trucchetto dello ius soli.
Basta dichiararlo: vogliamo che i cittadini stranieri abbiano il diritto di rimanere in
italia anche se delinquono. Ditelo e ci si confronta direttamente su questa proposta,
in tutta onestà ed evitando di raggiungere la sanatoria per i delinquenti stranieri
tramite il giochetto dello ius soli per i figli.
Se invece lo scopo non è questo lo si metta nero su bianco, nella legge. Si
aggiunga un articoletto in cui si specifica che allo straniero che delinque non viene
rinnovato il permesso di soggiorno con gli stessi criteri sia che abbia figli nati italiani
per ius soli, sia che non ne abbia. Si metta nero su bianco che anche se il figlio è nato
in italia e italiano per ius soli ciò non conferisce diritto al genitore di restare in italia
per accudirlo in caso non venga rinnovato il permesso di soggiorno se ha commesso
reati. Il figlio è italiano e ha diritto a stare in italia, il genitore no. Perciò il genitore
straniero lascia l'italia e il figlio italiano rimane in italia e viene dato in affidamento.
E no, non è una cosa brutta, ma una questione di tutela del bambino. Perché se lo
stato ritiene che una persona sia indegna di stare in italia in quanto delinquente
dovrebbe anche ritenerla incapace di accudire il figlio. Tanto più perché se il figlio è
cittadino italiano lo stato italiano ha il dovere di tutelarlo in quanto proprio cittadino.
Cari sostenitori dello ius soli, volete scacciare definitivamente ogni dubbio sul
fatto che la vostra proposta di legge sia una gran sanatoria per concedere di rimanere
in italia anche a delinquenti che dànno vita a cittadini italiani? Bene, scrivete nella
legge questo semplice principio per cui essere genitori di bambini italiani non
conferisce il diritto a rimanere in italia e il problema è risolto. Vi aspetto al varco.
77
13. La mia proposta
13. La mia proposta
Siccome poi capita che qualcuno ti viene a dire (leggere con tono piccato e
petulante) “sì, bravo, bravo, sei solo capace di criticare... ma tu cosa proponi?” qui riassumo la
mia proposta. In realtà sono cose che ho già descritto qua e là nei punti precedenti,
ma penso sia utile riassumerli e metterli tutti assieme in modo che sia chiara la mia
proposta.
Innanzitutto c'è da chiedersi se davvero c'è da cambiare qualcosa. Sì, qualcosa da
cambiare c'è. E la necessità di un cambiamento della legge c'è perché c'è un
problema. Ma abbiamo visto che il problema non sono i requisiti per ottenere la
cittadinanza bensì la burocrazia che si oppone a questo processo; abbiamo altresì
visto che il desiderio di ottenere la cittadinanza da parte degli stranieri non è dettato
necessariamente dall'avvenuta integrazione (non è che si sentono italiani) bensì dal
fatto che essere straniero in italia significa scontrarsi con mille problemi burocratici.
Per questo propongo:
1) Si investa nelle strutture dello stato che forniscono servizi allo straniero. Si
assuma nuovo personale, si acquistino fotocopiatrici e risme di carta, si
aumentino le ore di apertura al pubblico...
Si faccia tutto quello che si deve fare in modo che si rispettino i limiti
imposti dalla legge e un permesso di soggiorno venga rinnovato in venti
giorni o una domanda di cittadinanza trovi risposta in due anni. La legge già
c'è, il governo investa quello che che si deve investire per attuarla.
Si forniscano servizi allo straniero dignitosi ed efficienti.
2) Si faccia formazione del personale. Chi si mette allo sportello stranieri deve
essere in grado di parlare diverse lingue straniere. E sopratutto deve essere
una persona educata che rispetta la dignità della persona, qualunque sia la
sua condizione o nazionalità. E si controlli che questo avvenga: nel
momento in cui un impiegato della Questura non rispetta la dignità di uno
78
La truffa dello ius soli
straniero gli si dà un calcio nel sedere e lo si licenza. Senza ricorsi, appelli, e
sindacati vari. Via.
Per quanto riguarda i limiti propongo che non vengano abbassati: dieci anni sono
un tempo giusto per integrarsi in una società e diventarne cittadino. Anzi, visto che
non capisco perché un cittadino polacco o finlandese si debba integrare più
facilmente in italia rispetto a un norvegese o svizzero propongo di:
3) alzare il requisito di residenza a dieci anni necessari per ottenere la
cittadinanza anche per i cittadini di uno stato U.E., equiparandoli ai cittadini
di altri stati.
Se poi il problema è che la residenza viene interrotta solo sulla carta – per disguidi
burocratici non dipendenti dallo straniero – facendo così ripartire il conteggio degli
anni di residenza da zero, si possono fare due cose:
4) una legge di interpretazione autentica in cui si stabilisce che il requisito di
residenza si possa dimostrare, in caso di buco nella registrazione anagrafica
non superiore a sei mesi, con altri mezzi come un contratto di lavoro o un
certificato di frequenza scolastica; oppure
5) introdurre il meccanismo, già in uso in altri stati, per cui gli anni possono
essere cumulati e non necessariamente continuativi, con delle opportune
limitazioni. Ad esempio, si può richiedere che il cittadino straniero abbia
vissuto almeno dieci anni in italia nei dodici anni precedenti alla domanda di
naturalizzazione, dei quali almeno gli ultimi quattro consecutivi.
Questo sarebbe utile anche in altri casi. Ad esempio se il cittadino straniero
interrompe la residenza per sei mesi in quanto va al proprio paese a curare la madre
malata il conteggio della residenza non si interrompe.
Una cosa importante che va sicuramente cambiata nell'attuale legge sulla
cittadinanza riguarda i requisiti linguistici. Essere cittadini implica molte cose, dal
diritto di voto (che implica il dovere di informarsi), al dovere di lavorare per non
pesare sulla società. Tutte cose per le quali serve parlare la lingua del paese che ti
ospita. E parlarla bene. Perciò propongo di:
6) introdurre nella legge il requisito di conoscenza della lingua italiana per
ottenere la cittadinanza italiana a livello non inferiore al C1.
79
13. La mia proposta
Siccome poi vogliono darmi d'intendere che i cittadini stranieri chiedono la
cittadinanza italiana perché si sentono intimamente italiani nella loro anima (e mica
per semplificarsi la vita, cosa andate a pensare?) e perché sentendosi italiani vogliono
restare in italia tutta la vita propongo di:
7) porre come condizione per concedere la cittadinanza italiana a uno straniero
che rinunci alla sua cittadinanza d'origine. Dopo tutto se si sente italiano e
vuole vivere in italia per sempre non gli serve più. Se poi cambia idea e
vuole tornare al suo paese, vi ritorna, vi risiede un tot di anni come richiesto
dalla legge di quel paese, e riacquista la cittadinanza a cui aveva rinunciato.
Ma se vuole diventare italiano fa una scelta: o di qui o di là.
Abbiamo visto che il razzismo non si combatte stampando passaporti, perché se
un problema è nella società non lo estirpi distribuendo libricini dalla copertina color
vinaccia a delle persone. Il razzismo non lo combatti neanche coi discorsi buonisti
alla vogliamoci tutti bene, e nemmeno ripetendo come un disco rotto che una volta quelli
che emigravano eravamo noi (per inciso, gli italiani emigravano in paesi come l'Argentina
dove erano invitati dallo stesso governo argentino per popolare il paese, non si
intrufolavano illegalmente nel paese).
Il razzismo lo si combatte facendo sperimentare cosa significa essere stranieri agli
italiani di oggi (non a quelli di una volta). Perciò propongo di:
8) buttare fuori dall'italia tutti i giovani italiani per almeno un anno prima del
compimento di 25 anni d'età. Chi studia si fa un anno di studio all'estero, chi
lavora se ne va a lavorare all'estero.
Qualcuno potrebbe pensare che sia una proposta un po' eccessiva, ognuno ha le
sue cose da fare ed essere obbligati ad andare all'estero per un anno potrebbe creare
problemi, per esempio per i lavoratori che dovrebbero interrompere il proprio
lavoro. Eppure, una volta succedeva lo stesso per il servizio militare, quando lo stato
ti imponeva di interrompere quello che stavi facendo, ti obbligava a lasciare morosa e
famiglia e andare a fare la marionetta al servizio di qualche invasato nella parte
opposta d'italia. Niente da scandalizzarsi se si impone di fare lo stesso mandando i
giovani obbligatoriamente all'estero.
Via, fuori dai piedi un anno, vivendo in una lingua straniera, arrabbiandosi quando
gli impiegati dell'azienda elettrica non ti capiscono e non ti fanno il contratto per la
corrente elettrica, facendo a botte per un posto in fila davanti all'ufficio
immigrazione, incontrando ogni giorno tutte quelle difficoltà che uno straniero deve
affrontare, un po' per la lingua un po' perché non conosci la burocrazia di quel paese
80
La truffa dello ius soli
e nessuno sembra volerti aiutare. Vedrete che quando se ne tornano in italia queste
persone davanti a uno straniero in difficoltà non si spazientiranno più.
81
Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91
Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91
In questa appendice riporto il testo della legge n. 91 del 1992 che regola il tema
della cittadinanza. Nella colonna di sinistra si trova il testo in vigore in questo
momento, nella colonna centrale il testo della legge modificato se venisse approvata
la proposta di legge Sarubbi-Granata, e nella colonna di destra lo stesso testo della
legge ma come risulterebbe se venisse approvata la proposta di legge di iniziativa
popolare.
Il testo della proposta di legge Sarubbi-Granata è stato reperito sul sito internet
della Camera dei Deputati, mentre il testo della proposta di legge di iniziativa
popolare è quello riportato sul sito internet del comitato “L'Italia sono anch'io”.
In questo ultimo caso mi sono dovuto fidare del pdf pubblicato sul sito, non
sapendo se è esattamente coerente col testo sul quale vengono raccolte le firme. Il
sospetto è dato dal fatto che il testo include, oltre a errori di battitura alcuni elementi
che mi fanno pensare (o meglio, sperare) che sia una bozza. Ad esempio si aggiunge
alla legge l'art. 5 ter che recita (sottolineatura mia) “Lo Stato garantisce l'offerta formativa
per la conoscenza della lingua e della Costituzione italiana per i cittadini richiedenti la
cittadinanza”. L'articolo non sta in piedi dal punto di vista logico: per avere accesso ai
corsi di italiano pagati dallo stato uno straniero dovrebbe aver richiesto la
cittadinanza. Quindi, prima chiedi la cittadinanza, poi acquisisci il diritto a studiare
italiano a spese dello stato, e infine impari l'italiano. Le cose, a rigor di logica,
dovrebbero essere invertite: chi richiede la cittadinanza dovrebbe già conoscere
l'italiano, e lo stato dovrebbe (eventualmente) insegnarlo non a chi ha richiesto la
cittadinanza italiana ma a chi la richiederà in futuro.
Ad ogni modo, nonostante la proposta di legge così come riportata sul sito de
“L'Italia sono anch'io” sia traballante, è stata riportata nell'appendice, sperando che
sia solo una bozza.
Per rendere più evidenti le differenze che le due proposte di legge apporterebbero
ho evidenziato con lo sfondo arancione le parti della legge che verrebbero cancellate
82
La truffa dello ius soli
e con sfondo giallo il nuovo testo che verrebbe aggiunto. Le parti eliminate dalle due
proposte di legge sono sostanzialmente identiche, perciò è stato usato un colore
unico, l'arancione, per segnalarle. Questo ad esclusione degli articoli che non
vengono modificati dalla proposta di legge di iniziativa popolare, e che vengono
segnalati con la dicitura [identico] nella colonna di destra; in quel caso le parti
evidenziate in arancione sono da considerarsi eliminate solo dalla proposta di legge
Sarubbi-Granata.
83
Legge in vigore
Come cambierebbe se venisse
approvata la proposta di legge
Sarubbi-Granata
Come cambierebbe se venisse
approvata la proposta di legge di
iniziativa popolare
Art. 1
Art. 1
Art. 1
1. È cittadino per nascita:
1. È cittadino per nascita:
1. È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se
entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se
il figlio non segue la cittadinanza dei genitori
secondo la legge dello Stato al quale questi
appartengono.
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se
entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se
il figlio non segue la cittadinanza dei genitori
secondo la legge dello Stato al quale questi
appartengono.
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se
entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se
il figlio non segue la cittadinanza dei genitori
secondo la legge dello Stato al quale questi
appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di
ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se
non venga provato il possesso di altra
cittadinanza.
b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da
genitori stranieri di cui almeno uno è legalmente genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente
soggiornante in Italia, senza interruzioni, da soggiornante in Italia da almeno un anno
almeno cinque anni e attualmente residente;
b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da
b-ter) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in
genitori stranieri di cui almeno uno è nato in Italia Italia
e vi risiede legalmente, senza interruzioni, da
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di
almeno un anno
ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di non venga provato il possesso di altra
ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se cittadinanza.
non venga provato il possesso di altra
2-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del
cittadinanza.
comma 1, la cittadinanza si acquista a seguito di
2-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del una dichiarazione di volontà in tal senso espressa
comma 1 la cittadinanza si acquista a seguito di da un genitore. Entro un anno dal raggiungimento
una dichiarazione obbligatoria di volontà in tale della maggiore età il soggetto puo rinunciare, se in
senso di un genitore da sottoscrivere
contestualmente alla registrazione anagrafica e da
inserire nell'atto di nascita. Entro un anno dal
raggiungimento della maggiore età il soggetto puo
rinunciare, se in possesso di un'altra cittadinanza,
alla cittadinanza italiana.
possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza
italiana.
Art. 2
Art. 2
2-ter. Qualora non sia stata resa la dichiarazione
di volontà di cui al comma 2-bis, i soggetti di cui
alle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 acquistano
2-ter. Qualora sia stato espresso esplicito rifiuto la cittadinanza, senza ulteriori condizioni, se ne
nella dichiarazione obbligatoria di volontà di cui al fanno richiesta entro due anni dal raggiungimento
comma 2-bis, i soggetti di cui alle lettere b-bis) e della maggiore età.
b-ter) del comma 1 acquistano la cittadinanza,
senza ulteriori condizioni, se ne fanno richiesta
entro due anni dal raggiungimento della maggiore
età
Art. 2
1. Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale [identico]
della filiazione durante la minore età del figlio ne
determina la cittadinanza secondo le norme della
presente legge.
2. Se il figlio riconosciuto o dichiarato è
maggiorenne conserva il proprio stato di
cittadinanza, ma puo dichiarare, entro un anno dal
riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale,
ovvero dalla dichiarazione di efficacia del
provvedimento straniero, di eleggere la
cittadinanza determinata dalla filiazione.
3. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche ai figli per i quali la paternità o
maternità non puo essere dichiarata, purché sia
stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al
[identico]
mantenimento o agli alimenti.
Art. 3
Art. 3
1. Il minore straniero adottato da cittadino italiano [identico]
acquista la cittadinanza.
Art. 3
[identico]
2. La disposizione del comma 1 si applica anche
nei confronti degli adottati prima della data di
entrata in vigore della presente legge.
3. Qualora l'adozione sia revocata per fatto
dell'adottato, questi perde la cittadinanza italiana,
sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o
la riacquisti.
4. Negli altri casi di revoca l'adottato conserva la
cittadinanza italiana.
Tuttavia, qualora la revoca intervenga durante la
maggiore età dell'adottato, lo stesso, se in
possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti,
potrà comunque rinunciare alla cittadinanza
italiana entro un anno dalla revoca stessa.
Art. 4
Art. 4
Art. 4
1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la 1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la 1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la
madre o uno degli ascendenti in linea retta di madre o uno degli ascendenti in linea retta di madre o uno degli ascendenti in linea retta di
secondo grado sono stati cittadini per nascita, secondo grado sono stati cittadini per nascita, secondo grado sono stati cittadini per nascita,
diviene cittadino:
diviene cittadino:
diviene cittadino:
a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato
italiano e dichiara preventivamente di voler italiano e dichiara preventivamente di voler italiano e dichiara preventivamente di voler
acquistare la cittadinanza italiana;
acquistare la cittadinanza italiana;
acquistare la cittadinanza italiana;
b) se assume pubblico impiego alle dipendenze b) se assume pubblico impiego alle dipendenze b) se assume pubblico impiego alle dipendenze
dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler
acquistare la cittadinanza italiana;
acquistare la cittadinanza italiana;
acquistare la cittadinanza italiana;
c) se, al raggiungimento della maggiore età,
risiede legalmente da almeno due anni nel
territorio della Repubblica e dichiara, entro un
anno dal raggiungimento, di voler acquistare la
cittadinanza italiana.
c) se, al raggiungimento della maggiore età,
risiede legalmente da almeno due anni nel
territorio della Repubblica e dichiara, entro un
anno dal raggiungimento, di voler acquistare la
cittadinanza italiana.
c) se, al raggiungimento della maggiore età,
risiede legalmente da almeno due anni nel
territorio della Repubblica e dichiara, entro un
anno dal raggiungimento, di voler acquistare la
cittadinanza italiana.
2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto
legalmente
senza
interruzioni
fino
al
raggiungimento della maggiore età, diviene
cittadino se dichiara di voler acquistare la
cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta
data.
2. Lo straniero nato o entrato in Italia entro il
quinto anno di età, che vi abbia risieduto
legalmente fino al raggiungimento della maggiore
età, diviene cittadino italiano a meno che non
esprima esplicito rifiuto. Qualora la legislazione
del Paese di origine non lo consenta, è richiesta al
soggetto un'opzione.
2. Lo straniero nato in italia o entratovi entro il
decimo anno di età, che vi abbia legalmente
soggiornato fino al raggiungimento della maggiore
età, diviene cittadino se dichiara di volere
acquistare la cittadinanza italiana entro due anni
dalla suddetta data.
2-bis. Il figlio minore di genitori stranieri acquista
la cittadinanza italiana su istanza dei genitori o del
soggetto esercente la potestà genitoriale secondo
l'ordinamento del Paese di origine se ha
completato un corso di istruzione primaria o
secondaria di primo grado ovvero secondaria di
secondo grado presso istituti scolastici
appartenenti al sistema nazionale di istruzione di
cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo
2000, n. 62, ovvero un percorso di istruzione e
formazione
professionale
idoneo
al
conseguimento di una qualifica professionale.
Entro un anno dal raggiungimento della maggiore
età, il soggetto puo rinunciare, se in possesso di
un'altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.
2-bis. Il minore figlio di genitori stranieri acquista
la cittadinanza italiana, su istanza dei genitori o
del soggetto esercente la potestà genitoriale, se
ha frequentato un corso di istruzione primaria, o
secondaria di primo grado ovvero secondaria
superiore presso istituti scolastici appartenenti al
sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1,
comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62,
ovvero un percorso di istruzione e formazione
professionale idoneo al conseguimento di una
qualifica professionale. Entro due anni dal
raggiungimento della maggiore età, il soggetto
puo rinunciare, se in possesso di altra
cittadinanza, alla cittadinanza italiana.
2-ter. Il minore di cui al comma 2-bis, alle
medesime condizioni ivi indicate, diviene cittadino
2-ter. Il soggetto di cui al comma 2-bis, alle italiano ove dichiari, entro due anni dal
medesime condizioni ivi indicate, diviene cittadino raggiungimento della maggiore età, di voler
italiano al raggiungimento della maggiore età o
comunque una volta completato il percorso acquistare la cittadinanza italiana.
scolastico o professionale a meno che non
esprima esplicito rifiuto. Qualora la legislazione
del Paese di origine non lo consenta è richiesta al
soggetto un'opzione
Art. 5
Art. 5
Art. 5
1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino
italiano puo acquistare la cittadinanza italiana
quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da
almeno due anni nel territorio della Repubblica,
oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se
residente all’estero, qualora, al momento
dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7,
comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento,
l’annullamento o la cessazione degli effetti civili
del matrimonio e non sussista la separazione
personale dei coniugi.
1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino
italiano acquista la cittadinanza italiana, quando,
dopo il matrimonio, risiede legalmente da almeno
due anni nel territorio della Repubblica, oppure
dopo tre anni dalla data del matrimonio se
residente all'estero, qualora, nel suddetto periodo,
non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento
o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e
non sussista la separazione personale dei coniugi
ovvero quando sia già in essere un precedente
vincolo matrimoniale nel Paese di origine.
1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino
italiano acquista la cittadinanza italiana quando,
dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno
sei mesi nel territorio della repubblica, oppure
dopo tre anni dalla data del matrimonio se
residente all'estero, qualora, al momento
dell'adozione del decreto di cui all'art. 7, comma 1,
non
sia
intervenuto
lo
scioglimento,
l'annullamento, o la cessazione degli effetti civili
del matrimonio e non sussista la separazione
personale dei coniugi.
2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della 2. I termini di cui al comma 1 non sono vincolanti 2. L'art. 9 bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è
metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.
abrogato.
3. Lo straniero puo inviare al Ministro dell'interno
entro trenta giorni dallo scioglimento,
dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti
civili del matrimonio, ovvero dalla separazione
personale dei coniugi, integrazioni alla
documentazione già presentata, idonee a
dimostrare la sussistenza di un altro titolo per
l'attribuzione o per la concessione della
cittadinanza. In tale caso il termine per la
conclusione del procedimento è esteso a trentasei
mesi complessivi.
3. Lo straniero maggiorenne adottato da cittadino
italiano, acquista la cittadinanza italiana quando,
successivamente all'adozione, risieda legalmente
nel territorio della repubblica da almeno due anni.
4. Lo straniero maggiorenne, adottato da cittadino
italiano, acquista la cittadinanza italiana se risiede
legalmente nel territorio della Repubblica, senza
interruzioni,
per
almeno
due
anni
successivamente all'adozione
Art. 5-bis
Art. 5-bis (Attribuzione della cittadinanza)
1. Acquista la cittadinanza italiana, su propria
istanza e alle condizioni di cui all'articolo 5-ter, con
decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell'interno:
1. Acquista la cittadinanza italiana, su propria
istanza, con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Sindaco del Comune
di residenza:
a) lo straniero che da almeno cinque anni
soggiorna legalmente nel territorio della
Repubblica, senza interruzioni, e attualmente vi
risiede e che è in possesso di un requisito
reddituale non inferiore a quello richiesto per il
rilascio del permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo
9 del testo unico di cui al decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, come da ultimo sostituito
dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio
2007, n. 3;
a) lo straniero che risiede legalmente da almeno
cinque anni nel territorio della Repubblica e che è
in possesso del requisito reddituale, determinato
con decreto del Ministro dell'interno, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, in
misura non inferiore a quello prescritto per il
rilascio del permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo
9 del Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come sostituito
b) il cittadino di uno Stato membro dell'Unione
dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio
europea che risiede legalmente da almeno tre
2007, n. 3;
anni nel territorio della Repubblica;
b) il cittadino di uno Stato membro dell'Unione
c) lo straniero regolarmente soggiornante in Italia
europea che risiede legalmente da almeno tre
da almeno tre anni a cui è stato riconosciuto lo
anni
nel
territorio della Repubblica;
status di rifugiato
c) lo straniero regolarmente soggiornante nel
territorio della Repubblica da almeno tre anni a cui
sia stato riconosciuto lo status di rifugiato o di
protezione sussidiaria o di apolide. d) ai fini della
attribuzione della cittadinanza ai sensi delle lettere
b) e c) l'interessato non è tenuto a dimostrare
alcun reddito.
e) all'art.9 comma 1 della legge 5 febbraio 1992,
n. 91 le lettere b),d),e),f) sono abrogate.
Art. 5-ter
Art. 5-ter (Integrazione linguistica e sociale dello
straniero)
1. L'acquisizione della cittadinanza italiana
nell'ipotesi di cui all'articolo 5-bis, comma 1, lettera 1. Lo Stato garantisce l'offerta formativa per la
a), è condizionata alla verifica della reale conoscenza della lingua e della Costituzione
integrazione linguistica e sociale dello straniero italiana per i cittadini richiedenti la cittadinanza.
nel territorio della Repubblica, riscontrata:
2. Il Governo individua e riconosce, anche in
a) da una conoscenza della lingua italiana parlata collaborazione con le Regioni e gli Enti locali, le
equivalente al livello A2, di cui al quadro comune iniziative e le attività finalizzate a sostenere il
europeo di riferimento delle lingue, approvato dal processo di integrazione linguistica e sociale dello
Consiglio d'Europa;
straniero.
b) dalla conoscenza soddisfacente della vita civile
dell'Italia e della Costituzione italiana.
2. Lo straniero che risultasse inidoneo alla verifica
di cui al comma 1 ha diritto a ripeterla senza
limitazioni a condizione che siano passati almeno
quattro mesi dalla comunicazione dell'esito della
stessa. Il provvedimento di acquisizione della
cittadinanza
rimane
pendente
fino
all'accertamento delle condizioni di cui alle lettere
a) e b) del citato comma.
3. Il Governo individua e riconosce, anche in
collaborazione con le regioni e con gli enti locali,
le iniziative e le attività finalizzate a rendere edotto
lo straniero circa le modalità e le possibilità per
l'acquisizione della conoscenza della lingua, della
cultura e della Costituzione italiane nonché a
sostenere il processo di integrazione linguistica e
sociale secondo modalità stabilite ai sensi
dell'articolo 25.
4. Secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo
25, sono determinati i titoli idonei ad attestare il
possesso del livello della conoscenza della lingua
italiana di cui al comma 1 del presente articolo,
nonché le attività il cui svolgimento costituisce
titolo equipollente. Con le medesime modalità
sono determinati la documentazione da allegare
all'istanza, ai fini dell'attestazione dei requisiti di
cui al citato comma 1, le modalità del colloquio
diretto ad accertare la sussistenza dei requisiti
medesimi, nonché i casi straordinari di giustificata
esenzione dal possesso dei requisiti di cui al
medesimo comma 1.
5. L'acquisizione della cittadinanza italiana
impegna il nuovo cittadino al rispetto, all'adesione
e alla promozione dei valori di libertà, di
eguaglianza e di democrazia posti a fondamento
della Repubblica italiana
Art. 6
Art. 6
Art. 6. (Motivi preclusi dell'acquisto della
cittadinanza)
1. Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi 1. Precludono l'attribuzione della cittadinanza ai
dell'articolo 5:
sensi degli articoli 4, comma 2-bis, 5 e 5-bis:
1. Precludono l'acquisizione della cittadinanza ai
sensi degli articoli 4, comma 2-bis, 5 e 5-bis:
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro
secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro
secondo, titolo I,, capi I,II, e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il b) la condanna per un delitto non colposo per il
quale la legge preveda una pena edittale non quale la legge prevede una pena edittale non b) la condanna per un delitto non colposo ad una
inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;
pena superiore a due anni di reclusione
ovvero la condanna per un reato non politico ad
una pena detentiva superiore ad un anno da parte
di una autorità giudiziaria straniera, quando la
sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati
motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
2. Il riconoscimento della sentenza straniera è
richiesto dal procuratore generale del distretto
dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è
iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini
ed effetti di cui al comma 1, lettera b).
3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi
della condanna.
4. L'acquisto della cittadinanza è sospeso fino a
comunicazione della sentenza definitiva, se sia
stata promossa azione penale per uno dei delitti di
cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo
periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il
procedimento di riconoscimento della sentenza
straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b),
secondo periodo.
c) la condanna per un reato non politico a una
c) la condanna per uno dei crimini o delle
pena detentiva superiore a un anno da parte di violazioni previsti dallo Statuto del Tribunale
un'autorità giudiziaria straniera, quando la penale internazionale per l'ex Jugoslavia, firmato a
sentenza è stata riconosciuta in Italia;
New York il 25 maggio 1993, o dallo Statuto del
Tribunale penale internazionale per il Ruanda,
d) la dichiarazione di delinquenza abituale;
firmato a New York l'8 novembre 1994, o dallo
e) la condanna per uno dei crimini o delle Statuto istitutivo della Corte penale internazionale,
violazioni previsti dallo Statuto del Tribunale adottato a Roma il 17 luglio 1998, ratificato e reso
penale internazionale per l'ex Jugoslavia, adottato esecutivo con la legge 12 luglio 1999, n. 232.
a New York il 25 maggio 1993, o dallo Statuto del
2. L'acquisto della cittadinanza non è precluso
Tribunale penale internazionale per il Ruanda,
quando l'istanza riguarda un minore condannato a
firmato a New York l'8 novembre 1994, o dallo
pena detentiva non superiore a tre anni.
Statuto istitutivo della Corte penale internazionale,
adottato a Roma il 17 luglio 1998, reso esecutivo 3. La riabilitazione o l'estinzione del reato fanno
dalla legge 12 luglio 1999, n. 232.
cessare gli effetti preclusivi della condanna.
2. L'attribuzione della cittadinanza non è preclusa
quando l'istanza riguarda un minore condannato a
una pena detentiva non superiore ai due anni.
3. Il riconoscimento della sentenza straniera,
anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1,
lettere c) ed e), del presente articolo è richiesto
dal procuratore generale del distretto dove ha
sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o
trascritto il matrimonio, nei casi di cui all'articolo 5,
ovvero dal procuratore generale del distretto nel
quale è compreso il comune di residenza
dell'interessato, nei casi di cui agli articoli 4,
comma 2-bis, e 5-bis.
4. La riabilitazione o l'estinzione del reato fanno
cessare gli effetti preclusivi della condanna.
5. L'ordinanza che dispone una misura cautelare
personale, ovvero l'inizio dell'azione penale per
uno dei reati indicati nelle lettere a) e b) del
comma 1, ovvero l'apertura del procedimento di
riconoscimento della sentenza straniera indicata
nella lettera c) del citato comma 1, ovvero i
provvedimenti che dispongono l'arresto, la cattura,
il trasferimento o il rinvio a giudizio oppure la
sentenza di condanna anche non definitiva
pronunciati ai sensi dei rispettivi Statuti dal
Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia
o dal Tribunale penale internazionale per il
Ruanda o dalla Corte penale internazionale
determinano la sospensione del procedimento per
l'attribuzione della cittadinanza. Il procedimento è
sospeso fino alla comunicazione della sentenza
definitiva o del decreto di archiviazione ovvero del
provvedimento di revoca della misura cautelare
perché
illegittimamente
disposta.
Del
provvedimento di sospensione è data
comunicazione all'interessato
Art. 7
Art. 7
1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si
acquista con decreto del Ministro dell'interno, a
istanza dell'interessato, presentata al sindaco del
comune di residenza o alla competente autorità
consolare.
1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si [identico]
acquista con decreto del Ministro dell'interno, a
istanza dell'interessato.
1-bis. Le istanze proposte ai sensi degli articoli 5,
5-bis e 9 si presentano al Prefetto competente per
2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 territorio in relazione alla residenza dell'istante o
della legge 12 gennaio 1991, n. 13 .
alla competente autorità consolare
2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3
della legge 12 gennaio 1991, n. 13 .
Art. 7
Art. 8
Art. 8
1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno
respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove
sussistano le cause ostative previste nell'articolo
6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza
della Repubblica, il decreto è emanato su
conforme parere del Consiglio di Stato. L'istanza
respinta puo essere riproposta dopo cinque anni
dall'emanazione del provvedimento.
1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno [identico]
respinge l'istanza presentata ai sensi dell'articolo
4, comma 2-bis, dell'articolo 5-bis, comma 1, e
dell'articolo 7, comma 1, ove sussistano le cause
ostative indicate all'articolo 6.
2. L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza
è preclusa quando dalla data di presentazione
dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta
documentazione, sia decorso il termine di due
anni.
Art. 8-bis
1. Qualora sussistano motivi tali da far ritenere il
richiedente pericoloso per la sicurezza della
Repubblica, il Ministro dell'interno, su parere
conforme del Consiglio di Stato, respinge con
decreto motivato l'istanza presentata ai sensi
dell'articolo 7, comma 1-bis, dandone
comunicazione al Presidente del Consiglio dei
ministri.
2. Qualora risulti necessario acquisire ulteriori
informazioni in ordine alla pericolosità del
richiedente per la sicurezza della Repubblica, il
Ministro dell'interno sospende il procedimento per
l'attribuzione della cittadinanza per un periodo
massimo di tre anni, informandone il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Art. 8
3. L'istanza respinta ai sensi del presente articolo
puo essere riproposta decorsi due anni dalla data
del decreto di reiezione.
Art. 9
Art. 9
1. La cittadinanza italiana puo essere concessa
con decreto del Presidente della Repubblica,
sentito il Consiglio di Stato, su proposta del
Ministro dell'interno:
1. La cittadinanza italiana puo essere concessa [identico]
con decreto del Presidente della Repubblica,
sentito il Consiglio di Stato, su proposta del
Ministro dell'interno:
a) allo straniero del quale il padre o la madre o
uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato
nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi,
vi risiede legalmente da almeno tre anni,
comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo
4, comma 1, lettera c);
a) allo straniero del quale il padre o la madre o
uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato
nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi,
vi risiede legalmente da almeno tre anni,
comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo
4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino b) al minore straniero o apolide che ha frequentato
italiano che risiede legalmente nel territorio della integralmente un ciclo scolastico in Italia, al
Repubblica
da
almeno
cinque
anni raggiungimento della maggiore età;
successivamente alla adozione ;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze
all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da
Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno tre
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno anni nel territorio della Repubblica;
cinque anni nel territorio della Repubblica;
2. Con decreto del Presidente della Repubblica,
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione
dieci anni nel territorio della Repubblica.
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
Art. 9
2. Con decreto del Presidente della Repubblica,
sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari
esteri, la cittadinanza puo essere concessa allo
straniero quando questi abbia reso eminenti
servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un
eccezionale interesse dello Stato.
dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari
esteri, la cittadinanza puo essere concessa allo
straniero quando questi abbia reso eminenti
servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un
eccezionale interesse dello Stato.
Art. 9 bis
Art. 9 bis
Art. 9 bis
1. Ai fini dell’elezione, acquisto, riacquisto, [identico]
rinuncia o concessione della cittadinanza,
all’istanza o dichiarazione dell’interessato deve
essere comunque allegata la certificazione
comprovante il possesso dei requisiti richiesti per
legge.
[identico]
2. Le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto,
riacquisto, rinuncia o concessione della
cittadinanza sono soggette al pagamento di un
contributo di importo pari a 200 euro.
3. Il gettito derivante dal contributo di cui al
comma 2 è versato all’entrata del bilancio dello
Stato per essere riassegnato allo stato di
previsione del Ministero dell’interno che lo destina,
per la metà, al finanziamento di progetti del
Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione
diretti alla collaborazione internazionale e alla
cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in
materia di immigrazione anche attraverso la
partecipazione a programmi finanziati dall’U nione
europea e, per l’altra metà, alla copertura degli
oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai
2-bis. Ai fini della concessione della cittadinanza
ai sensi dei commi 1 e 2, l'interessato non è
tenuto a dimostrare alcun requisito di reddito.
procedimenti di competenza del medesimo
Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e
cittadinanza.
Art. 10
Art. 10
Art. 10
1. Il decreto di concessione della cittadinanza non
ha effetto se la persona a cui si riferisce non
presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto
medesimo, giuramento di essere fedele alla
Repubblica e di osservare la Costituzione e le
leggi dello Stato.
1. Il decreto di attribuzione o di concessione della [identico]
cittadinanza acquista efficacia dal giorno
successivo alla sua emanazione.
2. Il nuovo cittadino viene convocato per la
cerimonia di giuramento entro un anno dalla data
di emanazione del decreto di cui al comma 1. Il
rifiuto a prestare giuramento o l'ingiustificata
assenza alla cerimonia è motivo per la revoca del
provvedimento di attribuzione o di concessione
della cittadinanza.
3. Il nuovo cittadino presta giuramento
pronunciando la seguente formula: "Giuro di
osservare la Costituzione della Repubblica
italiana, di rispettarne i princìpi fondamentali e di
riconoscere i diritti e i doveri dei cittadini e la pari
dignità sociale di tutte le persone".
4. In occasione del giuramento è consegnata al
nuovo cittadino copia della Costituzione
Art. 11
Art. 11
1. Il cittadino che possiede, acquista o riacquista [identico]
una cittadinanza straniera conserva quella
italiana, ma puo ad essa rinunciare qualora risieda
o stabilisca la residenza all'estero.
Art. 11
[identico]
Art. 11-bis
Ai fini dell'acquisizione della cittadinanza non è
richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera
Art. 12
Art. 12
1. Il cittadino italiano perde la cittadinanza se, [identico]
avendo accettato un impiego pubblico od una
carica pubblica da uno Stato o ente pubblico
estero o da un ente internazionale cui non
partecipi l'Italia, ovvero prestando servizio militare
per uno Stato estero, non ottempera, nel termine
fissato, all'intimazione che il Governo italiano puo
rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il
servizio militare.
Art. 12
[identico]
2. Il cittadino italiano che, durante lo stato di
guerra con uno Stato estero, abbia accettato o
non abbia abbandonato un impiego pubblico od
una carica pubblica, od abbia prestato servizio
militare per tale Stato senza esservi obbligato,
ovvero ne abbia acquistato volontariamente la
cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al
momento della cessazione dello stato di guerra.
Art. 13
Art. 13
Art. 13
1. Chi ha perduto la cittadinanza la riacquista:
[identico]
[identico]
a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato
italiano e dichiara previamente di volerla
riacquistare;
b) se, assumendo o avendo assunto un pubblico
impiego alle dipendenze dello Stato, anche
all'estero, dichiara di volerla riacquistare;
c) se dichiara di volerla riacquistare ed ha stabilito
o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la
residenza nel territorio della Repubblica;
d) dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la
residenza nel territorio della Repubblica, salvo
espressa rinuncia entro lo stesso termine;
e) se, avendola perduta per non aver ottemperato
all'intimazione di abbandonare l'impiego o la
carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico
estero o da un ente internazionale, ovvero il
servizio militare per uno Stato estero, dichiara di
volerla riacquistare, sempre che abbia stabilito la
residenza da almeno due anni nel territorio della
Repubblica e provi di aver abbandonato l'impiego
o la carica o il servizio militare, assunti o prestati
nonostante l'intimazione di cui all'articolo 12,
comma 1.
2. Non è ammesso il riacquisto della cittadinanza
a favore di chi l'abbia perduta in applicazione
dell'articolo 3, comma 3, nonché dell'articolo 12,
comma 2.
3. Nei casi indicati al comma 1, lettera c), d) ed e),
il riacquisto della cittadinanza non ha effetto se
viene inibito con decreto del Ministro dell'interno,
per gravi e comprovati motivi e su conforme
parere del Consiglio
di Stato. Tale inibizione puo intervenire entro il
termine di un anno dal verificarsi delle condizioni
stabilite.
Art. 14
Art. 14
Art. 14
1. I figli minori di chi acquista o riacquista la [identico]
cittadinanza italiana, se convivono con esso,
acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti
maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso
di altra cittadinanza.
[identico]
Art. 15
Art. 15
Art. 15
1. L'acquisto o il riacquisto della cittadinanza ha [identico]
effetto, salvo quanto stabilito dall'articolo 13,
comma 3, dal giorno successivo a quello in cui
sono adempiute le condizioni e le formalità
richieste.
[identico]
Art. 16
Art. 16
Art. 16
1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio
della Repubblica è soggetto alla legge italiana per
quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed
agli obblighi del servizio militare.
1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio [identico]
della Repubblica è soggetto alla legge italiana per
quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed
agli obblighi del servizio militare.
2. Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato
italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge
o dalle convenzioni internazionali è equiparato
all'apolide ai fini dell'applicazione della presente
legge, con esclusione degli obblighi inerenti al
servizio militare.
Art. 17
Art. 17
Art. 17
1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione
degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n.
555, o per non aver reso l'opzione prevista
dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la
1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione [identico]
degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n.
555, o per non aver reso l'opzione prevista
dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la
riacquista se effettua una dichiarazione in tal riacquista se effettua una dichiarazione in tal
senso entro due anni dalla data di entrata in senso.
vigore della presente legge.
2. Possono altresì riacquistare o acquistare la
2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 219 cittadinanza:
della legge 19 maggio 1975, n. 151.
a) la donna che, già cittadina italiana per nascita,
ha perduto la cittadinanza per effetto del
matrimonio con cittadino straniero, quando il
matrimonio è stato contratto prima del 1o gennaio
1948;
b) il figlio della donna di cui alla lettera a),
ancorché nato anteriormente al 1o gennaio 1948,
anche qualora la madre sia deceduta;
c) i soggetti, ancorché nati anteriormente al 1o
gennaio 1948, figli di padri o di madri cittadini
2-bis. Il diritto al riacquisto o all'acquisto della
cittadinanza ai sensi dei commi 1 e 2 è esercitato
dagli interessati mediante presentazione di una
dichiarazione resa al sindaco del comune di
residenza dell'istante, oppure alla competente
autorità consolare previa produzione di idonea
documentazione ai sensi di quanto disposto con
decreto del Ministro dell'interno emanato di
concerto con il Ministro degli affari esteri
Art. 17 bis
Art. 17 bis
Art. 17 bis
1. Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto:
[identico]
[identico]
a) ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già
residenti nei territori facenti parte dello Stato
italiano successivamente ceduti alla Repubblica
jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a
Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge
25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del
Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso
esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73, alle
condizioni previste e in possesso dei requisiti per il
diritto di opzione di cui all'articolo 19 del Trattato di
pace di Parigi e all'articolo 3 del Trattato di Osimo;
b) alle persone di lingua e cultura italiane che
siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti
di cui alla lettera a)
Art. 17 ter
Art. 17 ter
1. Il diritto al riconoscimento della cittadinanza [identico]
italiana di cui all'articolo 17- bis è esercitato dagli
interessati mediante la presentazione di una
istanza all'autorità comunale italiana competente
per territorio in relazione alla residenza
dell'istante, ovvero, qualora ne ricorrano i
presupposti, all'autorità consolare, previa
produzione da parte dell'istante di idonea
documentazione, ai sensi di quanto disposto con
circolare del Ministero dell'interno, emanata di
intesa con il Ministero degli affari esteri.
2. Al fine di attestare la sussistenza dei requisiti di
cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 17- bis,
all'istanza deve essere comunque allegata la
certificazione comprovante il possesso, all'epoca,
della cittadinanza italiana e della residenza nei
territori facenti parte dello Stato italiano e
successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava
Art. 17 ter
[identico]
in forza dei Trattati di cui al medesimo comma 1
dell'articolo 17-bis.
3. Al fine di attestare la sussistenza dei requisiti di
cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17- bis,
all'istanza deve essere comunque allegata la
seguente documentazione:
a) i certificati di nascita attestanti il rapporto di
discendenza diretta tra l'istante e il genitore o
l'ascendente;
b) la certificazione storica, prevista per l'esercizio
del diritto di opzione di cui alla lettera a) del
comma 1 dell'articolo 17- bis, attestante la
cittadinanza italiana del genitore dell'istante o del
suo ascendente in linea
retta e la residenza degli stessi nei territori facenti
parte dello Stato italiano e successivamente
ceduti alla Repubblica jugoslava in forza dei
Trattati di cui al medesimo comma 1 dell'articolo
17- bis;
c) la documentazione atta a dimostrare il requisito
della lingua e della cultura italiane dell'istante
Art. 18 - Abrogato
Art. 19
Art. 19
1. Restano salve le disposizioni della legge 9 [identico]
gennaio 1956, n. 27 , sulla trascrizione nei registri
dello stato civile dei provvedimenti di
riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza
italiana, effettuate ai sensi dell'articolo 19 del
Trattato di pace tra le potenze alleate ed associate
Art. 19
[identico]
e l'Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
Art. 20
Art. 20
Art. 20
1. Salvo che sia espressamente previsto, lo stato [identico]
di cittadinanza acquisito anteriormente alla
presente legge non si modifica se non per fatti
posteriori alla data di entrata in vigore della
stessa.
[identico]
Art. 21
Art. 21
Art. 21
1. Ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 9, la [identico]
cittadinanza italiana puo essere concessa allo
straniero che sia stato affiliato da un cittadino
italiano prima della data di entrata in vigore della
legge 4 maggio 1983, n. 184 , e che risieda
legalmente nel territorio della Repubblica da
almeno sette anni dopo l'affiliazione.
[identico]
Art. 22
Art. 22
Art. 22
1. Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore [identico]
della presente legge, abbiano già perduto la
cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 8 della
legge 13 giugno 1912, n. 555, cessa ogni obbligo
militare.
[identico]
Art. 23
Art. 23
Art. 23
1. Le dichiarazioni per l'acquisto, la
conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla
cittadinanza e la prestazione del giuramento
previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale
dello stato civile del comune dove il dichiarante
risiede o intende stabilire la propria residenza,
1. Le dichiarazioni per l'acquisto, la [identico]
conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla
cittadinanza previste dalla presente legge sono
rese all'ufficiale dello stato civile del comune dove
il dichiarante risiede o intende stabilire la propria
residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero,
ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti davanti all'autorità diplomatica o consolare del
all'autorità diplomatica o consolare del luogo di luogo di residenza.
residenza.
1-bis. La prestazione del giuramento di cui
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli all'articolo 10 è resa dinanzi al sindaco del
atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla comune di residenza dell'istante, ovvero, in caso
conservazione e al riacquisto della cittadinanza di residenza all'estero, dinanzi all'autorità
italiana vengono trascritti nei registri di diplomatica o consolare del luogo di residenza,
cittadinanza e di essi viene
secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo 25.
effettuata annotazione a margine dell'atto di 1-ter. La prefettura-ufficio territoriale del Governo
nascita.
provvede a convocare l'interessato per il
giuramento secondo modalità che garantiscono il
rispetto del termine di cui all'articolo 10, comma 1.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli
atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla
conservazione e al riacquisto della cittadinanza
italiana vengono trascritti nei registri di
cittadinanza e di essi viene
effettuata annotazione a margine dell'atto di
nascita.
Art. 23-bis
1. Ai fini della presente legge, per il computo del
periodo di residenza legale, se prevista, si calcola
come termine iniziale la data di presentazione
della relativa dichiarazione anagrafica resa dal
soggetto interessato al competente ufficio
comunale, qualora ad essa consegua la
registrazione nell'anagrafe della popolazione
residente
Art. 24 - Abrogato
Art. 25
Art. 25
Art. 25
1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione [identico]
della presente legge sono emanate, entro un anno
dalla sua entrata in vigore, con decreto del
Presidente della Repubblica, udito il parere del
Consiglio di Stato e previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli
affari esteri e dell'interno, di concerto con il
Ministro di grazia e giustizia.
1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione
della presente legge sono emanate, entro un anno
dalla sua entrata in vigore, con decreto del
Presidente della Repubblica, udito il parere del
Consiglio di Stato e previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli
affari esteri e dell'interno, di concerto con il
Ministro di grazia e giustizia e con il Ministro della
pubblica istruzione.
Art. 26
Art. 26
Art. 26
1. Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n. 555, [identico]
la legge 31 gennaio 1926, n. 108 , il regio decretolegge 1° dicembre 1934, n. 1997, convertito dalla
legge 4 aprile 1935, n. 517, l'articolo 143-ter del
codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123,
l'articolo 39 della legge 4 maggio 1983, n. 184 , la
legge 15 maggio 1986, n. 180 , e ogni altra
disposizione incompatibile con la presente legge.
[identico]
2. È soppresso l'obbligo dell'opzione di cui
all'articolo 5, comma secondo, della legge 21
aprile 1983, n. 123, e all'articolo 1, comma 1, della
legge 15 maggio 1986, n. 180 .
3. Restano salve le diverse disposizioni previste
da accordi internazionali.
Art. 27
Art. 27
1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo [identico]
la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La
presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà
Art. 27
[identico]
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarla e di farla osservare
come legge dello Stato.
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