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1 INTRODUZIONE AL NARCISISMO Il termine narcisismo compare

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1 INTRODUZIONE AL NARCISISMO Il termine narcisismo compare
INTRODUZIONE AL NARCISISMO
Il termine narcisismo compare già nell'opera di Havelock Ellis nel 1898 nella forma “narcissuslike” per descrivere un atteggiamento psicologico, mentre Näcke nel 1899 utilizza la
forma“Narcismus” per definire un comportamento in cui l'intera vita sessuale e il pieno
soddisfacimento di una persona è centrata sul trattamento del proprio corpo nel modo in cui
solitamente è trattato il corpo di un oggetto sessuale.
Fino all'apporto di Freud per narcisismo si aveva ad intendere la perversione il cui il soggetto
sceglieva il proprio corpo invece di un oggetto d'amore esterno e diverso da sé.
La concezione freudiana
Freud utilizza il termine, preferendo per eufonia la forma “Narcissmus” alla più corretta “
Narcissismus”, nel 1905 in occasione di una nota nei “Tre saggi sulla teoria sessuale”, nel 1910 a
proposito di “Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci”, lavorando il caso del Presidente
Schreber e nel 1912-13 in “Totem e tabù”.
La nozione di narcisismo come amore che il soggetto porta a se stesso assumendosi come oggetto è
dunque presente in Freud fin da opere precedenti, ma è poco definita fino al 1914, anno in cui con
“Introduzione al narcisismo” Freud fa del narcisismo una forma di investimento pulsionale
necessario alla vita soggettiva, un dato strutturale del soggetto.
Da quel momento il narcisismo viene a essere riconosciuto come tappa fondamentale dello
sviluppo soggettivo e contemporaneamente un risultato di esso.
Il bebé deve non solo scoprire il proprio corpo, ma appropriarsene, riconoscerlo come proprio. Il
che significa che le pulsioni, in particolare sessuali, prendono il suo corpo come oggetto.
Da quel momento c'è un investimento permanente del soggetto su se stesso. Tale narcisismo
costitutivo e necessario procede da ciò che Freud chiama inizialmente autoerotismo. E qui nasce la
questione fondamentale perché dal momento in cui la libido si investe ugualmente su oggetti esterni
si assiste ad una dinamica di concorrenza tra investimenti oggettuali ed egoici.
Quando si verifica un certo disinvestimento degli oggetti ed un ripiegamento della libido sul
soggetto reperiamo una seconda forma di narcisismo.
Il narcisismo viene quindi a rappresentare uno stato soggettivo relativamente fragile e facilmente
minacciato nel suo equilibrio. Se aggiungiamo che è sulla base di questo concetto che vanno a
costituirsi le nozioni di Io ideale, di Ideale dell'io e di Super-io, ne cogliamo immediatamente la
centralità per la clinica.
Per Freud la mania e soprattutto la melanconia sono malattie narcisistiche caratterizzate da una
parte da un'inflazione smisurata del narcisismo, dall'altra da un'irriducibile depressione. Freud parla
a tale proposito di psiconevrosi narcisistiche.
Dagli anni venti Freud preferì distinguere nettamente le due forme di narcisismo parlando di
narcisismo primario e secondario, ma facendo ciò arrivò quasi ad assimilare narcisismo primario ed
autoerotismo.
Lacan semplificherà notevolmente tali questioni rappresentandole meglio attraverso il processo di
strutturazione del soggetto.
Ora però prima di affrontare lo sviluppo dato da J. Lacan ci conviene, come egli stesso chiede di
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fare nel capitolo dedicato alla “Topica dell'immaginario” nel suo primo seminario, partire da una
rilettura attenta del testo freudiano.
Già nel 1909 in una riunione della Società psicoanalitica a Vienna Freud aveva affermato che il
narcisismo costituisce uno stadio intermedio tra l'autoerotismo e l'amore propriamente oggettuale.
“Introduzione al narcisismo” (1914) ha l'intenzione di rispondere alle prese di posizione
scismatiche di Adler e Jung, ma ha un'importanza teorica indipendente dalla polemica coi
dissidenti.
Il saggio si compone di tre parti, tutte molto dense di nozioni e, perciò, difficilmente riassumibili.
Nella prima, possiamo dire in sintesi, che Freud affronta la differenza del modo in cui avviene il
distacco dalla realtà nel nevrotico e nello psicotico, in quanto per il nevrotico la libido, distolta dagli
oggetti reali, rimane oggettuale benché investita su oggetti di fantasia, mentre nella psicosi la libido
si ritira sull'io stesso, ripristinando una condizione arcaica di onnipotenza del pensiero.
Freud concorda con Näcke ed Ellis per quanto riguarda la trattazione del narcisismo nell'ambito
della descrizione di una specifica perversione, ma nello stesso tempo riconosce che l'osservazione
clinica porta a cogliere tratti di comportamento narcisistico in molti individui affetti da altri disturbi,
il che induce all'ipotesi che una collocazione libidica che può definirsi narcisistica si presenti in un
ambito ben più vasto di situazioni e “possa rivendicare un posto nel normale decorso dello sviluppo
sessuale degli uomini”.(p.443)
Freud riconosce anche il comportamento narcisistico dei pazienti come barriera alla possibilità di
influenzarli, come complemento libidico della funzione di autoconservazione, cioè come
componente legittimamente attribuita ad ogni essere vivente.
La preoccupazione di Freud è anche quella di porre in relazione quel che si sa della schizofrenia,
nella definizione di Bleuler, o dementia precox, come preferisce nominarla Kraepelin, con la teoria
della libido. Si sa che essa si caratterizza per delirio di grandezza e distacco d'interesse da persone e
cose del mondo.
Quale differenza tra questo distacco e quello di isterici e nevrotici ossessivi ad un certo livello di
malattia? Freud risponde che l'analisi mostra che il nevrotico non ha assolutamente interrotto il suo
rapporto erotico con persone e cose, ma che anzi lo conserva ben saldo nella fantasia.
Nella psicosi, che Freud chiama parafrenia, sembra che il ritiro sia effettivo senza sostituzione nella
fantasia, il processo che gli appare di livello secondario viene letto come tentativo di guarigione nel
senso di uno sforzo per ricondurre la libido al suo oggetto.
Di conseguenza il delirio di grandezza sorgerebbe a spese della libido oggettuale. Tutto avviene
come se la libido sottratta al mondo esterno venisse diretta sull'io dando origine ad un
comportamento che può definirsi narcisistico. Concepito in tal guisa il delirio di grandezza
risulterebbe l'amplificazione, nonché l'esplicitazione di un assetto preesistente. E' da qui che Freud è
indotto a definire secondario il narcisismo che sorge dalla riappropriazione di investimenti da
oggetti esterni.
Freud è naturalmente occupato a vedere se la nozione di narcisismo può legittimamente collocarsi
all'interno della teoria generale della libido ed un ulteriore apporto gli proviene dall'osservazione
della vita psichica dei bambini e dagli studi etnologici, dove si possono cogliere alcune
caratteristiche rilevanti nei deliri di grandezza e che hanno a che fare con la sopravvalutazione del
potere dei propri desideri e atti psichici.
E' partendo dall'insieme delle osservazioni nei tre ambiti (psicosi, vita psichica infantile e
osservazione etnologica) che Freud giunge all'idea di un investimento libidico originario dell'Io, di
cui una parte sarebbe ceduta in seguito agli oggetti, ma che in sostanza persisterebbe anche nella
forma originaria e che, dice Freud, “ha con gli investimenti di oggetto la stessa relazione che il
corpo di un organismo ameboidale ha con gli pseudopodi che emette”. (445)
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Qui Freud propone una concezione quantitativa che non differenzia nella qualità libido dell'Io e
libido oggettuale e considera un unico tipo di libido che investe sia l'Io che gli oggetti esterni in
un'economia di concorrenza i cui estremi possono essere considerati, da una parte, l'innamoramento,
dall'altra, la fantasia “di fine del mondo” dei paranoici.
A questo punto Freud pone a se stesso due questioni:
1) la prima riguarda il rapporto tra narcisismo e autoerotismo come stadio primitivo della libido.
2) la seconda invece è centrata sulla possibilità e necessità di discriminare un'energia a carattere
sessuale da quella delle pulsioni dell'Io a partire dal momento in cui avviene l'investimento
dell'oggetto.
Innanzitutto Freud ci dice che non si può supporre che esista sin dall'inizio della vita umana un'unità
paragonabile all'Io, mentre le pulsioni auto erotiche sono invece primordiali ed una nuova azione
psichica deve aggiungersi all'autoerotismo perché si produca quell'investimento di un'unità che
chiamiamo narcisismo. Aggiunge poi che, in assenza di una teoria delle pulsioni che orienti, impone
a se stesso di procedere con un'ipotesi elaborandola rigorosamente fino a che non risulti confermata
o smentita.
L'ipotesi di una differenziazione originaria risulta utilmente applicabile all'analisi delle nevrosi di
traslazione, anche se in questo caso si potrebbe anche supporre che un'energia psichicamente
indifferenziata diventi libido solo nell'atto d'investire un oggetto.
Ma bisogna tener presente, oltre al fatto che anche nel pensiero comune si distingue abitualmente
tra fame ed amore, che esistono anche considerazioni di ordine biologico.
L'individuo conduce una doppia vita come fine a se stesso, ma anche come anello di una catena
generativa indipendente dal suo volere. Se considera la sessualità uno dei propri fini, è altrettanto
vero che egli stesso è un'appendice del proprio plasma germinale al servizio del quale opera in
cambio di un premio di piacere. L'individuo è in fondo il veicolo mortale di una sostanza
virtualmente immortale. Allora la differenziazione tra due tipi di pulsioni non farebbe altro che
riflettere questa duplice funzione dell'individuo.
Qui Freud ribadisce l'ipotesi che le nozioni psicologiche possano trovare appoggio su conoscenze
nell'ambito organico e nonostante compia ogni sforzo per tener lontani dalla psicologia concetti
estranei alla sua natura, è costretto ad ammettere che la separazione tra due tipi di pulsioni ha
minime basi psicologiche e poggia piuttosto su un supporto di ambito biologico.
Comunque per lui ha scarso rilievo se la differenziazione sia originaria o successiva, trova invece
essenziale verificare se il contrasto tra pulsioni dell'Io e pulsioni sessuali, che l'analisi delle nevrosi
di traslazione induce ad ipotizzare, sia una tesi passibile di sviluppo proficuo, esente da
contraddizioni, applicabile ad altre affezioni come, ad esempio, la schizofrenia.
E' a questo punto che introduce considerazioni di polemica con Jung che sosteneva che
l'introversione della libido potesse avere come effetto la psicologia di un anacoreta, ma non la
schizofrenia.
Freud conclude questo primo capitolo contro-battendo la tesi junghiana con il concetto di
sublimazione e con il fatto che la scuola svizzera non è arrivata a chiarire il meccanismo che
presiede all'insorgere dello stato morboso, limitandosi ad osservare la presenza di complessi comuni
ai sani e ai nevrotici e la similarità delle formazioni fantastiche coi miti dei popoli.
Nel secondo capitolo Freud passa ad esaminare le condizioni diverse dalla psicosi, che possono
produrre ritiro della libido dagli oggetti esterni. Le identifica nella malattia organica,
nell'invecchiamento e nel sonno. E' anche il capitolo in cui ci parla della scelta amorosa
distinguendo quella di tipo narcisistico dal tipo per appoggio (anaclitica). Il concetto di narcisismo
gli permette inoltre di esplorare le differenze tra la scelta d'amore maschile e quella femminile,
nonché di gettar luce sulle forme dell'amore genitoriale.
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All'inizio del capitolo Freud sottolinea la difficoltà di un approccio diretto al narcisismo e la
necessità di un appoggio alla clinica, che, con il suo presentare le amplificazioni e distorsioni
proprie della patologia, è in grado di gettar luce sull'apparente semplicità di ciò che è considerato
normale.
Freud si dice convinto che le psicosi rimarranno probabilmente la via di accesso privilegiata, ma
riconosce l'esistenza di alcune altre strade: malattie organiche, ipocondria e vita amorosa dell'uomo
e della donna.
E' constatazione banale, ma risponde al vero che il malato non può far altro che concentrarsi sulla
propria sofferenza, trascurando tutto ciò che non serve ad alleviarla. Ci accorgiamo che ritira
l'interesse dagli oggetti d'amore e che in altre parole smette di amare. Secondo Freud siamo quindi
autorizzati a dire che il malato ritira sull'Io i propri investimenti libidici e li esterna nuovamente
dopo la guarigione. Libido ed interesse dell'Io condividono in questa situazione lo stesso destino e
tornano ad essere reciprocamente indistinguibili. L'egoismo del malato ci risulta ovvio e
comprensibile per esperienza comune.
Anche lo stato di sonno comporta un ritiro narcisistico dell'assetto libidico sulla propria persona,
sull'esclusivo bisogno di dormire che si accompagna a quello che Freud ha anche, in altre opere,
definito l'egoismo dei sogni.
Quindi abbiamo modo di osservare due casi di mutamento della ripartizione libidica indotti da
un'alterazione dello stato dell'Io.
Ma anche l'ipocondriaco, come il malato organico, che del resto immagina di essere, ritira dagli
oggetti del mondo esterno interesse e libido e li concentra sull'organo al centro del suo interesse.
Tuttavia mentre nella malattia organica sono accertabili alterazioni fisiche, ciò non accade per il
dolore dell'ipocondriaco se non per quanto attiene all'erogenizzazione in analogia a ciò che accade
nei processi nevrotici.
Sappiamo bene che il modello più noto di dolorosa tensione e di alterazione dello stato normale di
quiete si manifesta nelle fasi di eccitazione degli organi sessuali. Freud chiama erogenicità la
capacità che ha un'area corporea di inviare alla psiche stimoli sessualmente eccitanti ed ha appreso
dai suoi pazienti che determinate zone del corpo, denominate appunto erogene, possono prendere il
posto dei genitali e comportarsi in maniera analoga ad essi. Fa un passo ulteriore chiedendosi se non
si possa assumere come caratteristica generale di ogni organo la capacità di “infiammarsi”. A
ciascuna di queste alterazioni nell'erogenicità degli organi potrebbe corrispondere un'alterazione
dell'investimento libidico dell'Io.
E qui si potrebbe ravvisare il fondamento dell'ipocondria con il suo effetto sulla ripartizione della
libido analogo a quello prodotto dalle affezioni propriamente organiche.
Freud aggiunge anche di supporre che tra ipocondria e parafrenia esista anche un rapporto simile a
quello delle nevrosi attuali (nevrastenia e nevrosi d'angoscia) con isteria e nevrosi ossessiva.
La sua idea è che l'ipocondria dipenda dalla libido dell'Io così come le altre nevrosi dipendono dalla
libido oggettuale e che l'angoscia ipocondriaca sia il corrispettivo dell'angoscia nevrotica a livello di
libido dell'Io.
Propone che si possa pensare di mettere in relazione l'ipocondria e la parafrenia con un ingorgo
della libido, analogamente a quel che avviene per il meccanismo dell'ammalarsi e della formazione
dei sintomi nelle nevrosi di traslazione, pensa perciò ad un processo che va dall'introversione alla
regressione in seguito ad un ingorgo della libido oggettuale.
Si chiede perché un tale ingorgo debba essere percepito come spiacevole. E risponde che il
dispiacere è l'espressione di una tensione particolarmente elevata. Ma poi si chiede: da dove sorge
per la nostra vita psichica la necessità di oltrepassare il narcisismo e applicare la libido agli oggetti
esterni?
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Ci dice che, se da una parte, un forte egoismo instaura una protezione contro la malattia, dall'altra,
prima o poi bisogna cominciare ad amare per non ammalarsi, tanto che se si diventa incapaci di
farlo (per esempio per una frustrazione) inevitabilmente ci si ammala. Naturalmente qui potremmo
obiettare che potrebbe anche aver scambiato la causa con l'effetto e che è altrettanto plausibile che
l'incapacità d'amare sia effetto e non causa della malattia, ma certamente possiamo concordare sulla
concomitanza di malattia psichica e difficoltà/incapacità d'amare.
Freud pensa di aver identificato nell'apparato psichico un meccanismo per padroneggiare gli
eccitamenti che altrimenti risulterebbero tormentosi o produrrebbero effetti patogeni.
La psiche compirebbe un lavoro straordinario per deviare all'interno gli eccitamenti che non sono in
grado di scaricarsi direttamente all'esterno o per i quali la scarica potrebbe non essere al momento
augurabile.
In un primo momento non importa se tale elaborazione si compia su oggetti reali o immaginari. Per
Freud solo nel momento in cui il rivolgersi su oggetti irreali provoca un ingorgo si coglie la
differenza per il manifestarsi di un delirio di grandezza.
In sintesi nella nevrosi avremmo l'introversione sulle formazioni fantastiche mentre c'è un tentativo
più o meno riuscito di risolvere l'angoscia con un'elaborazione ulteriore che può consistere in
sintomi di conversione, formazioni reattive e fobie. Nella parafrenia invece la libido divenuta libera
non si lega ad oggetti di fantasia, ma torna sull'Io producendo il delirio di grandezza con distacco
solo parziale dagli oggetti. Al fallimento di questa prestazione psichica farebbe seguito l'ipocondria
parafrenica omologabile all'angoscia delle nevrosi di traslazione
Il processo passerebbe per tre fasi:
1. manifestazioni residue di uno stato di normalità o nevrotico;
2. distacco libidico accompagnato da delirio di grandezza, ipocondria, disturbi affettivi,
regressione;
3. compenso ed ancoraggio agli oggetti in modalità isterica (nella dementia precox) o ossessiva
(nella paranoia).
Freud aggiunge: “Questo rinnovato investimento libidico si verifica a partire da un livello diverso
ed è soggetto a condizioni diverse rispetto all'investimento libidico primario. La differenza tra le
nevrosi di traslazione che derivano da questo rinnovarsi dell'investimento libidico e le formazioni
corrispondenti dell'Io in condizioni normali, dovrebbe permetterci di penetrare in profondità nella
struttura dell'apparato psichico.” (p. 457)
Freud passa quindi, in questo secondo capitolo, alla terza via per accostarsi allo studio del
narcisismo e cioè ad osservare la vita amorosa nel dispiegarsi variegato delle sue manifestazioni
nell'uomo e nella donna.
Ricorda come in relazione alla scelta oggettuale del bambino si sia innanzitutto notato che egli trae i
propri oggetti sessuali dalle esperienze di soddisfacimento. Ed è chiaro che i primi soddisfacimenti
di tipo auto erotico sono esperiti in relazione a funzioni di importanza vitale al servizio
dell'autoconservazione.
Quindi per Freud le pulsioni sessuali si appoggiano all'inizio al soddisfacimento delle pulsioni
dell'Io e, solo in seguito, si rendono da esse indipendenti.
Tale “appoggio” continua però ad essere testimoniato dal fatto che sono assunti come primi oggetti
sessuali le persone che hanno a che fare con la nutrizione, la cura e la protezione.
Freud aggiunge che però la ricerca analitica ha fatto conoscere un altro tipo di scelta oggettuale in
cui il modello non è la madre, ma la propria persona.
Il che non significa che gli uomini si distinguano, rispetto al tipo di scelta oggettuale, in due tipi ben
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distinti, in quanto ognuno ha la possibilità di compiere la sua scelta in entrambe le direzioni. Infatti
la posizione di Freud è che ogni uomo disponga in origine di due oggetti sessuali: se stesso e la
persona che si prende cura di lui. Il che porta a postulare il concetto di un narcisismo primario in
ogni essere umano.
Per Freud la scelta per “appoggio” è tipicamente maschile.
La spiccata sopravvalutazione sessuale deriverebbe dal narcisismo originario infantile e
corrisponderebbe ad una traslazione sull'oggetto. Tale sopravvalutazione, peculiare
dell'innamoramento e con tratti di coazione nevrotica, corrisponderebbe ad un impoverimento
libidico a spese dell'Io a vantaggio dell'oggetto d'amore.
Per quanto riguarda la donna si produrrebbe invece, nel periodo post-puberale, un incremento
dell'originario narcisismo e si svilupperebbe una sorta di autosufficienza, che indurrebbe a cercare
di essere amate piuttosto che di un oggetto da amare.
Qui vediamo che già Freud mette in evidenza l'assenza di parallelismo e reciprocità nella scelta
sessuale dell'uomo e della donna. Freud ci dice però anche che le donne che serbano l'attitudine ad
anelare ad un ideale di mascolinità possono fare una scelta amorosa per appoggio, con
sopravvalutazione dell'oggetto, mentre le donne in cui prevale la scelta di tipo narcisistico possono
poi pervenire ad un completo amore d'oggetto nei confronti del figlio.
Quindi, in sintesi, nella concezione di Freud, un essere umano può amare:
a) quel che egli stesso è
b) quel che egli stesso era
c) quel che egli stesso vorrebbe essere
d) la persona che fu parte del proprio sé (nella scelta per “appoggio”) e cioè la donna nutrice e
l'uomo protettivo.
L'amore parentale è anch'esso collocato come proiezione del narcisismo sui figli, che lo tramuta in
amore oggettuale, con quel tanto di variabili che la clinica ci insegna a proposito delle situazioni in
cui la radicale alterità del figlio risulta inaccettabile.
Sull'amore parentale si conclude la seconda parte del lavoro freudiano, che, nella terza parte, passa
a considerare la libido narcisistica in relazione alla formazione dell'Ideale dell'io con i processi
connessi di idealizzazione dell'oggetto e di sublimazione delle tendenze. E Freud sottolinea molto
l'esigenza di distinguere i due processi e di non confondere la sublimazione della pulsione con
l'idealizzazione dell'oggetto.
E' in questo capitolo che viene anche esaminato il rapporto dell'Ideale dell'io con la coscienza
morale e viene anticipata l'introduzione dell'istanza che a partire dal '22 sarà nominata come Superio.
E' ancora qui che viene introdotto un collegamento con la censura onirica e con il delirio di essere
osservati. Sempre a proposito dello sviluppo della questione ideale/morale va poi a introdurre il
concetto di comportamento ego sintonico e ego distonico.
In questo capitolo compare anche la polemica con Adler. Freud riconosce, ma ridimensiona la
portata del concetto di inferiorità organica come fattore stimolante dello sviluppo della personalità e
ricolloca la protesta virile come derivazione del complesso di evirazione, negando che essa da sola
possa spiegare la complessità del problema delle nevrosi.
Questi, per sommi capi, gli argomenti del discorso della terza parte che ora esamineremo più in
specifico.
Freud rimanda a successivi approfondimenti la trattazione dei disturbi a cui è esposto l'originario
narcisismo del bambino, delle reazioni difensive e delle strade che il bambino stesso è costretto a
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percorrere, tuttavia, indica già nel complesso di castrazione (nelle varianti maschile e femminile)
l'elemento più significativo al centro delle vicissitudini narcisistiche.
Freud afferma che l'analisi permette di seguire i destini delle pulsioni libidiche quando risultano in
opposizione alle pulsioni dell'Io da cui possono venire isolate, ma nell'ambito del complesso
d'evirazione l'indagine psicoanalitica permette anche di inferire che all'origine le due pulsioni
agivano in indissolubile unità sotto forma di interessi narcisistici. Ricorda che Adler ha tratto di qui
la sua nozione di “protesta virile” che considera la forza motrice quasi esclusiva per la formazione
del carattere e delle nevrosi. Tuttavia Adler disconosce una tendenza narcisistica, dunque ancora di
tipo libidico, e fonda il suo concetto su una questione di valutazione sociale.
Freud non solo rifiuta che il complesso di evirazione possa essere considerato la sola base delle
nevrosi, ma arriva ad affermare di aver incontrato casi in cui non compare affatto o non ha effetti
patogeni. Bisogna però aggiungere che nel '26, in una lettera a Weiss, scrive di non ricordare la
ragione di questa affermazione perentoria.
Passa quindi a dire che l'osservazione dell'individuo adulto normale rivela che la megalomania
infantile si smorza e che diventano sfumate le caratteristiche che avevano portato ad inferirne
l'esistenza. Ma, aggiunge: tutta la libido dell'Io viene veramente risolta negli investimenti d'oggetto?
Risponde che la psicologia della rimozione consente un'indicazione per una risposta diversa. Dice
che ormai sappiamo che i moti pulsionali libidici incorrono nel destino di una rimozione patogena
quando entrano in conflitto con le rappresentazioni della civiltà e dell'etica del soggetto. Il che non
significa che l'individuo abbia una nozione meramente intellettuale di queste rappresentazioni. La
rimozione procede dall'Io o per dire meglio dalla considerazione che l'Io ha di sé con le conseguenti
differenze individuali che possono consentire ad alcuni di indulgere in impressioni, esperienze,
impulsi e moti di desiderio, che altri possono respingere con indignazione o soffocare prima che
giungano alla coscienza. E quindi Freud viene a dirci che la formazione di un ideale a cui ispirarsi è
la condizione preliminare della rimozione. Questo Io ideale riceverebbe in età adulta l'amore di sé
di cui era fatto oggetto l'Io reale dell'infanzia. In pratica l'investimento narcisistico si sposterebbe su
questa nuova costruzione che è l'Io-ideale, in qualche modo erede di tutte le preziose qualità dell'Io
infantile, e ciò avverrebbe per la legge per cui l'uomo si dimostra incapace di rinunciare del tutto ad
un soddisfacimento di cui ha goduto e per questa ragione ricorre a tutte le trasformazioni necessarie.
Anche nel caso della megalomania infantile non vuole essere privato della perfezione narcisistica
dell'infanzia, messa in crisi dai rimproveri dell'ambiente, ma più ancora dal suo stesso senso critico
e allora si arrangia a riconquistarla nella nuova forma (e poi Lacan, come vedremo sottolinea che
parla di una “nuova” forma) di Ideale dell'io.
Ciò che viene proiettato in avanti come ideale è dunque il narcisismo infantile in cui il bambino
stesso era il proprio ideale. Qui Freud si muove ad esplorare la relazione tra questa formazione
dell'ideale e la sublimazione, che ricordiamo, riguarda la pulsione e non l'oggetto. Essa consiste in
un processo che interessa la libido sessuale volgendola ad una meta diversa e lontana dal
soddisfacimento propriamente sessuale. L'idealizzazione è invece il processo per cui l'oggetto, pur
non mutando natura, viene amplificato, elevato e quindi sopravvalutato. Notiamo che tale
idealizzazione può avvenire sia nell'ambito della libido dell'Io che di quella oggettuale. E' tuttavia
importante ricordare sempre che le due nozioni devono essere concettualmente distinte, se no non
saremmo in grado di tener conto delle situazioni in cui il narcisismo può dispiegarsi nella forma di
un'intera vita dedicata ad un alto ideale dell'Io senza che ciò corrisponda ad una sublimazione delle
pulsioni libidiche.
La sublimazione è sollecitata dall'ideale, ma procede in modo indipendente.
Formazione di Ideale dell'io e sublimazione vanno anche distinte in rapporto a ciò che origina la
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nevrosi, in quanto la formazione di un ideale accresce le esigenze dell'Io e favorisce la rimozione,
mentre la sublimazione offre una via d'uscita in virtù della quale le esigenze dell'Io possono essere
soddisfatte senza dar luogo a rimozione.
E' a questo punto che Freud può ipotizzare che possa esistere un'istanza psichica con la funzione di
presiedere a che il soddisfacimento narcisistico sia assicurato dalla corrispondenza all'ideale. Tale
funzione può essere riconosciuta nella cosiddetta “coscienza morale” e se si tiene conto della
dinamica ipotizzata nella sua formazione diviene maggiormente comprensibile la sintomatologia
paranoide. Con ciò Freud introduce la nozione che la funzione superegoica sia l'erede e rappresenti
l'interiorizzazione dei messaggi educativi, dopo di che passa a descrivere la dinamica che può
portare al funzionamento paranoico.
E' facile comprendere che nella formazione di un ideale narcisistico dell'Io debba essere convogliata
una notevole quantità di libido di natura omosessuale. La ribellione contro l'istanza censoria a tale
natura dell'investimento comporterebbe da una parte il ritiro di tale libido, ma, d'altra parte, il farsi
contro della coscienza morale in una forma regressiva con sembianze ostili. Freud osserva allora
che le lamentele dei paranoici mostrano che l'autocritica della coscienza morale coincide, nella
sostanza, con l'auto-osservazione su cui si fonda la medesima attività psichica che si è assunta la
funzione di coscienza morale e che è quindi al servizio dell'indagine interiore. Si tratta, in fondo,
della stessa indagine interiore che fornisce alla filosofia il materiale per le sue operazioni
intellettuali. Forse, ci dice, appoggia su questa caratteristica la propensione dei paranoici a elaborare
sistemi di tipo speculativo.
Segni di tale attività si incontrano anche in altri ambiti, per esempio, ci dice Freud, in quella della
censura onirica.
A questo punto Freud pensa di poter discutere di ciò che viene chiamato “sentimento di sé” nella
vita normale e nevrotica.
Di primo acchito gli appare un modo di esprimere l'ampiezza dell'Io. Gli sembra che tutto ciò che
un individuo possiede o acquisisce, ogni residuo del primitivo senso di onnipotenza, contribuisca a
esaltare il sentimento di sé. Ricordando la distinzione fatta tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io,
può riconoscere che il sentimento di sé dipende strettamente dalla libido narcisistica. Richiama il
fatto che nelle parafrenie il sentimento di sé viene esaltato, al contrario della degradazione che
subisce nelle nevrosi. E' osservazione comune che, nella vita amorosa, essere amati lo innalza e
essere abbandonati lo degrada e, come già detto, l'essere amati costituisce la meta ed il
soddisfacimento della scelta oggettuale di tipo narcisistico E' altrettanto facile osservare che
l'investimento libidico degli oggetti comporta dipendenza dall'oggetto amato e avvilisce il
sentimento di sé. Chi ama perde, per così dire, parte del proprio narcisismo, che recupera se riamato
e qui riprende la polemica con Adler, contestando che ogni buona prestazione possa essere fatta
risalire all'iper-compensazione di un'inferiorità organica.
Per quanto riguarda il rapporto tra sentimento di sé e erotismo invita a distinguere i casi di
investimento ego sintonico da quelli soggetti a rimozione. Nel primo caso essere corrisposti
riequilibra la primitiva deprivazione. Invece, se la libido è soggetta a rimozione, l'investimento
amoroso è avvertito come svuotamento dell'Io, il soddisfacimento amoroso diviene impossibile l'Io
può tornare ad arricchirsi solo al momento del ritiro della libido dagli oggetti.
Il ritorno dell'investimento sull'Io in forma narcisistica comporta in qualche modo la restaurazione
di un amore felice e ripristina la situazione originaria di indistinguibilità tra libido d'oggetto e libido
dell'Io.
Lo sviluppo dell'Io è possibile solo prendendo le distanze dal narcisismo primario con uno
spostamento sull'Ideale dell'io e con la conseguente soddisfazione nella misura in cui si ha successo
nel corrispondervi. Contemporaneamente avviene l'investimento libidico degli oggetti con la
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relativa possibilità di arricchimento derivante da riconoscimento ed approvazione. Quindi l'Io ha
possibilità di arricchirsi ottenendo soddisfacimenti sia dagli oggetti che da quell'oggetto particolare
che viene a definirsi come Ideale dell'io.
Ecco allora che il sentimento di sé viene a nutrirsi di quel che sopravvive del narcisismo infantile, di
quel tanto di onnipotenza che può derivare da prove concrete di raggiungimento di mete legate
all'ideale, del riconoscimento che proviene dagli oggetti.
L'Ideale dell'io prevede anche l'azione di una censura su aspetti del soddisfacimento. Quindi se un
tale ideale non ha avuto modo di svilupparsi assisteremo alla ricomparsa di quel “essere il proprio
ideale”, specifico dell'infanzia, anche per ciò che riguarda le aspirazioni sessuali e allora le tendenze
sessuali potranno estrinsecarsi nelle forme polimorfe perverse proprie delle prime fasi della vita.
Nell'innamoramento è l'oggetto sessuale che assurge al ruolo di ideale. L'innamoramento, secondo
la scelta per appoggio, si sviluppa in base all'adempimento di condizioni amorose infantili e può
venire idealizzato qualunque oggetto corrisponda a queste condizioni. Freud aggiunge che l'ideale
sessuale può intrattenere una relazione di tipo ausiliario con l'Ideale dell'io e provvedere ad un
soddisfacimento sostitutivo se si frappongono ostacoli al soddisfacimento di tipo narcisistico Quel
che si dice “brillare di luce riflessa” corrisponde infatti ad amare l'oggetto che possiede o che ci si
illude possegga le prerogative che mancano all'Io per raggiungere il proprio ideale. A questo punto
Freud fa anche una breve digressione sulla richiesta d'amore nella cura e sulla fuga dalla cura
attraverso l'amore, su cui non ci dilunghiamo perché ci porterebbe su un altro piano di lavoro e ci
distoglierebbe dal focus del discorso.
Si capisce però bene che la nozione di Ideale dell'io apre a Freud anche la possibilità di
comprensione delle dinamiche connesse alla psicologia delle masse. Infatti l'ideale accomuna, nel
bene e nel male, se comporta svalutazione e pregiudizio, famiglie, ceti, nazioni. Per quanto attiene
al singolo individuo vincola non solo la sua libido narcisistica, ma anche gran parte della sua libido
omosessuale, che, per questa via, bypassa la censura e riesce a tornare nell'Io.
L'insoddisfazione derivante dal mancato raggiungimento dell'ideale libera la libido omosessuale,
che si tramuta in senso di colpa (angoscia sociale), cioè paura di perdere l'amore, dei genitori e poi
della schiera dei propri simili. Il che rende più chiaro come offese e frustrazioni possano essere
cause scatenanti di manifestazioni paranoidi. Parimenti diventa più comprensibile il convergere
nell'Ideale dell'io della formazione dell'ideale e della sublimazione.
Con ciò si conclude il saggio freudiano, che Lacan riprende nel suo primo seminario dedicato agli
scritti tecnici di Freud nel capitolo intitolato “La topica dell'immaginario”.
La concezione di J.Lacan
Lacan ci dice che l'immaginario (da qui in poi indicato con I), è quello che costantemente viene a
prenderci, a invadere il nostro pensiero, a organizzare la nostra passione, passione di completezza e
totalità. Questo immaginario si sostiene di un atteggiamento di riferimento a noi stessi, cioè è
impregnato di un narcisismo fondamentale.
Questo narcisismo fondamentale impregna l'oggetto del nostro desiderio ed è essenziale sia nella
costituzione del soggetto che in quella dell'oggetto del desiderio.
E fin qui si tratta di un narcisismo fondante, necessario, come lo è anche per Freud, da differenziarsi
da un narcisismo non di struttura, che ha a che fare con la ricerca di una soddisfazione egoica ogni
volta che manca una soddisfazione oggettuale. Tralasciando il narcisismo delirante della psicosi, si
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può invece parlare in questo caso di narcisismo alienante e l'opportunità di questo attributo risulterà
ben chiara descrivendo il percorso del piccolo umano verso l'altro come riflesso di sé.
Lo sforzo di Lacan dal primo seminario fino alla morte è stato quello di trovare posto per l'ordine di
I e per l'ordine del reale (da qui in poi nominato con R) nella legge della parola e in quella
simbolica, per evitare alla psicanalisi stessa lo scivolamento nella dialettica duale narcisistica.
L'intuizione di Lacan è che il narcisismo è non solo fondamentale e primordiale, come già
riconosceva Freud, ma essenzialmente immaginario ed ingannevole.
A riprova di ciò Lacan segnala l'importanza dell'immagine e l'inganno che si produce nei
comportamenti sessuali come caratteristica dei viventi non solo umani e lo fa citando gli
esperimenti in cui si produce negli animali una risposta sessuale quando viene presentato un
simulacro che rimandi all'immagine di un potenziale partner. L'animale fa coincidere un oggetto
reale con l'immagine che ha dentro di sé e questa coincidenza rafforza l'immagine, le dà corpo.
L'uomo non sfugge a questa cattura dell'immagine, tuttavia non si può chiamare questo l'io-ideale.
La questione è un po' diversa per i rapporti umani, per i nostri rapporti sessuali. Nello schema ottico
che andremo tra poco ad illustrare Lacan introduce il modello della relazione con l'altro.
L'altro prende valore catturante per l'anticipazione che rappresenta l'immagine unitaria, non importa
se percepita nello specchio o nella realtà del simile. Per inciso ricordiamo che lo specchio nella
forma attuale compare solo nel XVI secolo e, nelle dimensioni a figura intera, in quell'epoca solo
presso le classi abbienti.
E' l'intermediazione dell'altro, dell'alter ego che comporta che quest'immagine si confonda con
l'ideale dell'io, di cui torneremo a parlare, ma ora occupiamoci appunto dello schema ottico.
Per elaborare il gioco reciproco tra I,S e R, il posto di I nella struttura simbolica, la funzione di S e
di I nella giunzione con R e ciò che risulta dall'intreccio di mondo reale ed immaginario
nell'economia psichica Lacan completa e precisa quanto già introdotto sulla relazione del soggetto
con la sua immagine (stadio dello specchio) prendendo a prestito il modello usato nello studio
dell'ottica da H.Bouasse e precisamente “l'esperimento del mazzo di fiori capovolto”. (fig. 1)
Lacan si interessa all'ottica per la sua logica matematica e le sue leggi di corrispondenza e
trasformazione. Il simbolico che queste leggi costituiscono permette di differenziare perfettamente,
articolandoli con rigore, un reale ed un immaginario.
Vale a dire che il simbolico permette di reperire come nei fenomeni reali la soggettività si impegni a
partire dall'immaginario.
L'esperienza del mazzo rovesciato di Bouasse è in grado di illustrare in modo efficace ciò che
risulta
dall'intreccio del
mondo
immaginario e del
mondo
reale
nell'economia
psichica.
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Fig.1
L'esperimento richiede :
1. uno specchio sferico, concavo, posto verticalmente
2. nell'asse centrale dello specchio, una scatola aperta dal lato del suo fuoco contenente un
mazzo di fiori capovolto
3. un vaso reale posto sulla scatola
4. che l'osservatore sia posto in una posizione in cui possa vedere il vaso sulla scatola, ma non
il mazzo rovesciato che la stessa scatola contiene.
Risultato:
a) l'osservatore vede il mazzo di fiori ritto sui suoi gambi uscire dal collo del vaso
b) l'osservatore vede dunque l'immagine reale di un mazzo di fiori nel vaso
Spiegazione:
a) razionale:
1. per il riflesso dello specchio sferico, i raggi che convergono da un oggetto reale verso un
occhio, piazzato nel cono della visione formato a partire dall'immagine simmetrica
corrispondente all'oggetto reale riflesso, danno un'immagine reale, visibile là dove essa si
trova;
2. inversamente, i raggi che colpiscono lo stesso occhio, ma in maniera divergente, danno
dell'oggetto in questione un'immagine, in questo caso virtuale, visibile dove non si trova e
che viene percepita come riflessa nello specchio;
3. quindi, in virtù dello specchio sferico, i raggi convergenti che emanano da ciascuno dei
punti reali del mazzo rovesciato convergono nei loro punti simmetrici, per formare
un'immagine detta reale;
4. quest'immagine reale è un'illusione ottica in quanto il mazzo continua ad essere rovesciato
11
e nascosto.
b) soggettiva:
L'occhio, se posto abbastanza lontano da poter ricavare
un'impressione di realtà, vede un mazzo immaginario
supposto reale per ignoranza dello stratagemma.
Lacan nella topica dell'immaginario si serve di questo esperimento, che illustra l'intreccio del
mondo immaginario e del mondo reale nell'economia psichica per mostrare le tappe della
costituzione dell'Io primitivo, che possiamo così riassumere:
1. Il soggetto divide un dentro, in cui include tutto ciò che si riferisce al piacere (come assenza
o lenimento di dolore), da un fuori in cui espelle il dispiacere,
2. un contenente prende corpo da questo contenuto-piacere (e non viceversa), ne disegna
un'immagine che dà forma al reale che include.
3. Questa prima forma è in fondo una prima immagine del corpo e permette di situare un io
primitivo, un io-piacere in rapporto a ciò che è non-io. Il vaso dell'immagine reale fornisce
una rappresentazione di questa immagine del corpo.
4. A partire da questa immagine dell'io primitivo, si costituisce a poco a poco un immaginario
che include il reale per dargli forma o lasciandosene includere per darsi forma.
5. Perché reale e immaginario abbiano tra loro questi due tipi di rapporto è necessario un
elemento esterno che è il simbolico e naturalmente questo simbolico necessita di un soggetto
che lo incarni.
Nel rapporto tra I e R e nella costituzione del mondo che ne risulta tutto dipende dalla posizione del
soggetto nel mondo simbolico, cioè nel mondo della parola. La parola che gli dà il suo nome. Il
soggetto è dunque all'opera prima del sorgere dell'io e dell'immagine su cui esso si sostiene, quella
che permette a quello stesso soggetto di vedersi, di riflettersi, di concepirsi come altro da ciò che
non è.
Questo altro da quello che egli è nello specchio, da questo io contenente/contenuto, può essere la
madre (o chi fa per essa).
E' lei, in particolare il suo corpo, nella teoria di M. Klein, che Lacan riprende per occuparsi delle
prime fasi dello sviluppo infantile.
La seconda tappa per la costituzione dell'io dipende essenzialmente dall'inclusione del reale grazie
all'immaginario e dell'immaginario grazie al reale.
Gli oggetti passano allora dall'uno all'altro registro e, grazie a questo passaggio, sono, di volta in
volta, includenti, inclusi, incorporati o incorporanti. Il che comporta vedersi e vederli minacciosi.
Da qualsiasi luogo abbia origine l'incorporazione essa è per sua natura distruttrice.
Il soggetto può evitare tale effetto distruttore in due modi:
1. o è nello specchio con essi. In questo modo il bebé li esteriorizza limitando in questo modo
il suo io, grazie al loro rigetto in quanto cattivi, pericolosi, “cacca”, isolati dal suo corpo,
dunque dal suo io e, allo stesso tempo, li isola, in un rapporto altrettanto speculare con la
madre, dal corpo di questa. Vince così su due fronti mettendo in salvo se stesso e la madre.
2. Il secondo modo consiste nel neutralizzare gli oggetti malefici re-introiettandoli per farli
equivalere ad altri, provenienti anch'essi dall'esterno, ma ritenuti meno pericolosi o migliori.
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Una simile neutralizzazione si effettua con operazioni puramente immaginarie di
equivalenza, per esempio, tra feci ed orina.
Da questo gioco di inclusione immaginaria di oggetti reali o di inclusione di oggetti immaginari
all'interno di una cinta reale (gioco alternato di espulsione/introiezione e di
proiezione/assorbimento) scaturisce e si stabilisce in seguito un'equazione tra gli oggetti, a questo
punto nominati, che va a definirsi come equivalenza simbolica, certamente con tutti i rischi
confusivanti che tale operazione comporta.
L'io infantile passa così dall'immaginificazione del mondo esterno, fino ad allora in alternativa a
quel contenente/contenuto che è l'io primitivo, ad una possibile congiunzione del reale e
dell'immaginario: il che permette appunto di vedere l'immagine detta reale, poiché essa è
congiuntiva nello schema ottico.
Arriviamo così al momento in cui l'io può finalmente uscire da una relazione speculare solo
alternativa tra il dentro e il fuori , l'immaginario e il reale.
Come si produce il passaggio di intrecciamento al simbolico?
Lacan risponde che ciò può avvenire grazie all'introiezione non più di un oggetto, di un'immagine,
ma della parola dell'altro.
Questa introiezione simbolica va anche a costituire il super-io, il che fa uscire l'io dal registro di
relazione esclusivamente duale e lo porta alla costituzione dell'io-ideale, su cui ritorneremo più
avanti.
L'infans indirizza un appello che non è linguaggio, ma mancanza di qualche senso in qualche cosa.
Può assumere valore di linguaggio, consentire l'ingaggio nel linguaggio solo grazie alla parola
dell'altro che accosta, assimila l'appello ancora inarticolato al linguaggio.
Fintanto che il simbolico non è articolato in questo modo non entra in campo e I ed R si
equivalgono senza fare congiunzione.
Questo secondo tempo, seconda tappa della formazione dell'io, simbolica in quanto deve ricevere
parola dalla bocca dell'altro si articola al primo tempo, immaginario, di questa costituzione.
L'io non esiste nel reale se non perché è detto corrispondere all'immagine che se ne fa chi lo parla
(la madre appunto).
In queste due tappe consiste l'apporto innovatore di Lacan: l'articolazione logica annoda fin da
questo momento R,S e I:
• il soggetto situato all'origine, dunque nel luogo dell'Altro.
• l'altro e la sua parola
• al punto di articolazione l'Urbild1, unità originaria comparabile all'io ancora inesistente, che
si origina al momento dello stadio dello specchio
•
Raddoppiando questo io, ma in un'altra economia, è in questa Urbild che si radica il narcisismo,
inesplicabile senza di lei.
Quale è l'interesse clinico? Con uno psicotico o un autistico il clinico si ripromette di rompere
l'equivalenza alienante tra reale ed immaginario e di differenziarli per congiungerli al di fuori di
1
Lacan utilizza il termine in lingua tedesca che può corrispondere in italiano a forma, figura, immagine primordiale,
e anche archetipo, prototipo.
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quel processo a circuito chiuso costituito dal loro gioco di alternanza ugualitaria.
Lacan, a tale proposito, cita il lavoro di M. Klein con il piccolo Dick. Ci dice che la Klein nel suo
lavoro si sforzava di passare dalla metonimia (un oggetto per un altro) alla metafora: una parola
veniva a sostituirsi ad un oggetto per attribuirlo ad un essere e dargli in questo modo consistenza
simbolica, vale a dire identità. Nel momento in cui si inserisce nel gioco di Dick nominando il treno
grande come papà/treno e il treno piccolo come Dick/treno, spinge Dick a passare dalla relazione di
un oggetto ad un oggetto o di un oggetto ad un essere a simbolizzare la possibile relazione di un
essere nominato ad un altro essere nominato e sappiamo che un soggetto è rappresentato per un
altro soggetto da un significante. Lacan ci ricorda che la Klein descrive l'immediato effetto
analitico: il bambino formula un appello, in quanto le parole dell'altro (in questo caso la Klein)
“fanno fuori” le cose a cui era letteralmente attaccato, le cose in cui era alienato. Egli stesso si
impegna poi nel nuovo gioco di equivalenze simboliche, grazie ad uno spostamento del suo
desiderio lungo un percorso che diviene inconscio in virtù di questo altro discorso. Lacan non cessa
di sottolineare come l'inconscio sia il discorso dell'altro.
Il bambino psicotico Dick era certamente soggetto, ma non aveva prima della cura nessun tipo di
inconscio (infatti si parla per la psicosi della possibilità di osservare, con un'espressione mediata
dalla chirurgia, processi “a cielo aperto” ).
Lacan sottolinea: non c'è inconscio nel soggetto, non bisogna confondere l'Io con il Soggetto.
L'inerzia psicotica si origina nell'io, il soggetto non dipende da questa istanza dell'immaginario, ma
dal simbolico nel quale deve esercitarsi, affermarsi attraverso l'esercizio di una parola vera, che può
anche non essere la sua.
All'origine la relazione del soggetto col reale e anche con l'immaginario può essere molto povera,
ma è già abbastanza complessa per permettere all'io di confondere i due registri o di prendere l'uno
per l'altro.
Solo la nominazione, attraverso la parola, quella che gli proviene dalla madre, li dissocia rendendo
accessibile al soggetto il suo registro simbolico.
Perché ciò avvenga è però ancora necessaria un'altra condizione: che questa parola si sostenga di
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una struttura che faccia legge per lei e a cui possa essere opposto un rifiuto.
Il paradosso consiste nel fatto che talvolta un soggetto pur disponendo di un linguaggio e
strutturando corretti spostamenti immaginari non giunge tuttavia a situarsi nel reale. E' il caso
dell'autistico.
Un io sviluppatosi troppo precocemente, non si sa il come e il perché, può espellere il simbolico e
riversare il reale sull'immaginario che gli si sostituisce. In questi casi l'atto di parola coordinato ad
un sistema simbolico, tipico e significativo viene a mancare o funziona poco ed in modo patogeno.
L'efficienza di questo atto, fra la madre ed il suo bambino (come tra analista ed analizzante) è quella
di creare un transfert grazie al quale un prima si dissocia e costituisce grazie ad un dopo, si tratta di
un tempo dissociativo e costitutivo che autentifica ogni trasformazione simbolica. Questo tempo
logico non è solo significante dell'esistenza dell'apre-coup e del punto di capitone, ma anche del
rimosso primario.
Tuttavia, ci dice Lacan per inciso che tra due soggetti può esistere un altro tipo di transfert ed è
quello in cui una madre domanda, inconsciamente, al suo bambino, con l'amore-passione proprio
del narcisismo, di incarnare il proprio rimosso primario. E' il caso in cui una madre chiede
inconsciamente al bambino di diventare il proprio doppio o la metà di essa stessa immaginarizzando
l'incesto.
Si tratta ora di dedicarci a quella che costituisce la terza tappa del percorso dell'io, quella in cui si
disegna, quasi come effetto di capitonaggio delle due precedenti fasi, il narcisismo.
Per trarre la questione dalla sospensione complessa in cui Freud l'ha lasciata, Lacan riprende la
questione del narcisismo e dell'io a partire dall'Urbild da cui entrambi si originano e dallo stadio
dello specchio in cui si strutturano. Si tratta quindi di esaminare quel che avviene nel rapporto
all'immagine.
Già Freud ci dice che se il nevrotico disinveste il reale lo fa a vantaggio dell'immaginario,
ritornando alle proprie identificazioni formatrici ed al carattere illusorio del suo rapporto a ciò che
gli è altro. Ma illusione, identificazione e immaginario a che cosa si riferiscono se non
all'immagine.
Freud ci dice anche che diversa è la situazione per lo psicotico, che quando perde il reale non si da
nessuna compensazione sostitutiva immaginaria, il che significa che l'immaginario non può dunque
essere considerato analogo alla funzione dell'irreale. L'immaginario non è l'irreale.
Quando il reale è disinvestito nella maniera psicotica che cosa viene investito? Le parole, vale a dire
un simbolico marcato di irreale. Quel che ci mostra lo psicotico è che il suo io non è né
immaginario, né narcisistico, ma simbolico e totalmente marcato di irreale.
L'osservazione clinica di bambini ed adulti psicotici ci mostra che l'irreale congiunge, cioè
confonde io e super-io.
E' in quest'ultima istanza simbolica che l'irreale può averla vinta sul reale al punto di colpirlo con un
anatema. Nella psicosi un super-io, assurdamente feroce, accanito fino all'atto e irreale fino al
delirio oppone le sue parole d'ordine al reale.
1. Tutt'altra vicenda avviene con l'ideale dell'io che si articola con facilità e scioltezza al reale.
Che per gli psicotici l'irreale delle loro parole escluda le immagini svela anche le ragioni
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delle loro problematiche nei confronti della sessualità, in quanto per l'uomo, come per
l'animale, non è il reale del partner che conta, ma l'immagine che egli attualizza. L'innesto
meccanico dell'istinto sessuale è cristallizzato in un rapporto di immagini, in un rapporto
immaginario e solo lo psicotico può dissociare il reale, l'immaginario e l'io dall'Urbild e
dalla libido sessuale ad essa correlativa.
Questa è la soluzione che Lacan trova per la difficoltà di Freud a distinguere i due tipi di libido: la
libido diviene un concetto capace di risolvere il problema della funzione reale che l'io e la sua
immagine primordiale possono giocare e questa stessa immagine primordiale offre la possibilità di
articolare in modo rigoroso pulsioni libidiche e pulsioni dell'io.
Per risolvere il problema Lacan riprende e modifica lo schema ottico di Bouasse e propone la
propria concezione di due narcisismi.
Lo
schema
si
sdoppia
per
l'inseri
mento
di uno
specchi
o piano
ed
a
essere
nascost
o è il
vaso.
L'imma
gine
reale mostra un mazzo che rappresenta desideri e tendenze contenuti in quel contenente corporeo
che è rappresentato dal vaso. A questa immagine reale corrisponde, in modo simmetrico, nello
specchio, un'immagine virtuale, mentre l'oggetto reale (il vaso o il corpo) rimane invisibile al
soggetto. L'immagine reale dà al soggetto l'illusione della realtà, vale a dire la sua posizione in
rapporto al reale, che dipende dalla sua posizione nel simbolico. Lacan ci dice che se il soggetto,
simbolizzato dall'occhio, non si trova in questa posizione il suo rapporto con il reale è perduto, non
perché non lo veda più, ma perché perde la possibilità di coglierne la virtualità che cela. Lo
psicotico percepisce correttamente il reale delle cose, anzi non percepisce che questo, ma perdendo
la virtualità dell'immagine, le cose non gli si presenteranno là dove potrebbero non essere. Lo
specchio gli presenterà un falso rispetto all'altro ed egli si vedrà marcato d'irreale quanto il resto
delle cose.
Il primo narcisismo non ha rapporto che con l'Urbild, con l'immagine reale del corpo: esso
garantisce l'unità del soggetto, conferisce al simbolico la sua sorgente immaginaria e permette di
organizzare l'insieme della realtà in un certo numero di quadri preformati.
Il primo narcisismo corrisponde all'emergere dell'io primordiale e dell'io-piacere, ma non si
confonde con essi. L'io primitivo è affaccendato a separare un dentro da un fuori ed in
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un'operazione di attribuzione ed il contenuto prende progressivamente corpo in questa Urbild per il
richiamo del narcisismo.
Il secondo narcisismo si differenzia radicalmente dal primo in quanto si struttura in rapporto allo
specchio e a partire dall'altro che il soggetto incontra nella propria immagine.
Questo secondo narcisismo è identificatorio, nel senso che è in rapporto con la relazione speculare
all'altro.
Questa identificazione all'altro permette al soggetto di situare con precisione il suo rapporto
immaginario e libidico col mondo.
Così Lacan risolve il doppio problema lasciato aperto da Freud: quello del rapporto libidico dell'io
con la propria immagine primitiva e quello dell'articolazione dei due tipi di libido. La risposta arriva
dalla funzione dell'altro senza la quale può essere pensato solo un narcisismo primario.
Il narcisismo, così inteso permette di cogliere l'alienazione fondamentale costituita dall'immagine
riflessa di se stesso nell'altro, immagine con la quale si illude ben presto di poter fare tutt'uno
sostituendovi l'io, senza rendersi conto che questo io non è appunto che questo altro.
Questa concezione permette anche di comprendere perché lo psicotico, che disinveste la realtà,
investe il proprio io. In realtà non è sull'io che fa ritorno la libido disinvestita dagli oggetti della
realtà, ma sull'altro, sul proprio altro, sul quale viene investita ogni parola del discorso inconscio.
Ecco allora che il modo di disalienarsi da questo altro non può essere che marcarlo di irrealtà.
La topica dell'immaginario, introducendo l'altro per comprendere e spiegare la formazione dell'io, lo
statuto del narcisismo e la struttura speculare articola:
• l'altro all'immaginario
• il reale alla prima immagine (Urbild) nella quale si fonda
• il simbolico allo specchio
Così assistiamo al successo dello sforzo di Lacan nel mostrare come avvenga l'intreccio e
l'annodamento dei tre registri.
Abbiamo all'inizio anticipato che l'intermediazione dell'altro, dell'alter ego comporta che
quest'immagine si confonda con l'ideale dell'io. E' giunto ora il momento di affrontare più da vicino
l'articolazione che Lacan compie a proposito delle nozioni di io ideale e ideale dell'io che abbiamo
già incontrato in Freud.
Abbiamo sottolineato, su suggerimento di Lacan, come Freud per introdurre l'ideale dell'io parli di
nuova forma (p. 464).
Lacan, riprendendo la questione, scrive che, sebbene l'ideale dell'io, l'ideale “paterno”, appartenga
al registro simbolico in quanto parlante, tuttavia viene a trovarsi nel mondo degli oggetti a livello
dell'io-ideale, al livello, cioè, in cui può prodursi la cattura narcisistica, per sua natura immaginaria
ed ingannevole. Del resto l'interrelazione tra i registri S e I la troviamo anche nella formazione
dell'io-ideale.
Nello stadio dello specchio, benché il registro sia immaginario, già per il solo fatto della presenza
dell'altro che garantisce questo miraggio di completezza immaginaria, si tratta di un immaginario
forato dal simbolico. Lacan riprende anche la questione dell'idealizzazione. Abbiamo letto in Freud
che è possibile sia nel dominio della libido dell'io che di quella oggettuale, che riguarda l'oggetto e
va distinta dalla sublimazione, a cui può accompagnarsi, che invece riguarda la pulsione.
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Per Lacan è questa identificazione all'altro, narcisistica, speculare, immaginaria che permette
all'uomo di vedere e collocare al proprio posto ciò che appartiene al suo essere libidico,
strutturandolo in funzione del luogo in cui lo colloca.
Il che significa che l'uomo “vede” in questo riflesso, in questo rapporto speculare all'altro, il suo
ideale dell'io.
La conseguenza è che la stretta correlazione tra formazione dell'oggetto e dell'io è un fatto
strutturale. Non va l'una senza l'altra, sono contemporanee.
Quali sono le conseguenze, quale è il problema per l'umano?
Ne facciamo quotidianamente esperienza tutti quanti. E' la distinzione, divisione della coscienza dal
nostro corpo, che fa del “nostro” (per modo di dire) corpo qualcosa di fittizio da cui la coscienza è
impotente a staccarsi, ma da cui si concepisce come altra cosa.
Allora, ci dice Lacan, possiamo cogliere il corpo del soggetto come desiderio “fatto a pezzi” che si
cerca in virtù del fatto che vede l'altro, sia nell'immagine, sia nel suo simile, come corpo intero,
completo, perfetto.
Ciò ha conseguenze tragiche perché questa immagine speculare di se stesso o dell'altro è
un'immagine del padrone, del padrone assoluto.
Il discorso viene ripreso nel VII seminario dedicato all'Etica della psicanalisi in cui Lacan va a
riconoscere che “la vera natura del bene, la sua duplicità profonda, dipende dal fatto che esso non è
puramente e semplicemente bene naturale, risposta ad un bisogno, ma potere possibile, potenza di
soddisfare. Ne consegue che tutto il rapporto dell'uomo con il reale dei beni si organizza in rapporto
al potere dell'altro, l'altro immaginario, di privarlo di essi.” (p. 274)
Riprendendo quanto ha scritto nel I seminario aggiunge: “I grande designa l'identificazione con il
significante dell'onnipotenza, dell'ideale dell'io. D'altra parte, in quanto immagine dell'altro, esso è
l'Urbild dell'io, la forma primitiva su cui l'io si modella, si installa, si instaura nelle sue funzioni di
pseudo padronanza. Ora definiremo l'ideale dell'io del soggetto come ciò che rappresenta il potere
di fare il bene, il quale apre in se stesso quell'aldilà che costituisce oggi la nostra questione: come
mai, a partire dal momento in cui tutto si organizza attorno al potere di fare il bene, si propone a noi
qualcosa di totalmente enigmatico che ci ritorna dalla nostra azione come la minaccia sempre
crescente in noi di un'esigenza dalle conseguenze ignote? Quanto all'io ideale, che è l'altro
immaginario che abbiamo di fronte a noi allo stesso livello, esso rappresenta di per sé colui che ci
priva. [omissis] Da una parte [omissis] la guerra sociale si rivela come il filo rosso che dà il suo
senso al segmento illuminato dalla storia nel senso classico del termine. Dall'altra, all'altro capo,
compare qualcosa che si presenta per noi come un'interrogazione che consente la speranza.” (pp.
274-275)
L'assioma hegeliano “il desiderio è il desiderio dell'altro” è da comprendere allora in due accezioni:
1. è il desiderio che c'è nell'altro, da cui discende che “riprenderselo” equivale ad incorporare
l'altro e quindi a distruggerlo,
2. è contemporaneamente il desiderio che il soggetto ha nei confronti dell'altro.
Antecedentemente al linguaggio il desiderio può esistere solo sul piano della relazione
immaginaria, dello stato speculare, proiettato, alienato nell'altro. Il che significa che, nella
costituzione dell'io, l'altro ha all'inizio un posto di Altro assoluto. Finché non c'è la mediazione della
parola non esiste scampo dall'identificarsi alla distruzione dell'altro.
Ogni volta che ci avviciniamo alla radice immaginaria della congiunzione del desiderio umano, in
quanto alienazione primordiale, non può farsi avanti altra cosa che non sia l'aggressività più
18
radicale,
soggetto.
il desiderio della scomparsa dell'altro, in quanto è l'altro a supportare il desiderio del
Fortunatamente, nel mondo del simbolo il desiderio è suscettibile di riconoscimento e mediazione.
Ogni volta che il soggetto è catturato in modo significativo da uno dei suoi simili, pensiamo ai
“colpi di fulmine”, il desiderio di distruzione ritorna, nelle forme di voler appropriarsi dell'altro o
sottomettervisi, ma se è verbalizzato non succedono i grossi guai che conosciamo dalle cronache.
Nel gioco del rocchetto il bambino non solo domina la presenza/assenza, ma vocalizza: fort/da
(lontano/qua) e quindi si trasforma in padrone della cosa. Nella sua solitudine il desiderio del
piccolo umano diventa il desiderio di un alter ego che lo domina, l'oggetto del desiderio è anche di
qui in poi oggetto di pena.
Quindi, anche Lacan come Freud non può, a proposito del narcisismo, non affrontare la questione
amorosa. Ci dice che nello stato amoroso l'immagine narcisistica cattivante e alienante è investita, a
livello immaginario, in modo tale da provocare una sorta di sottomissione del simbolico, di
perturbazione dell'ideale dell'io.
L'amore-passione riapre la porta all'illusione di perfezione e quindi anche alla possibilità di brusco
cambiamento nell'odio se l'oggetto si rivela frustrante o “non all'altezza”.
La differenza tra amore-passione e amore è marcata, nel secondo, dalla messa in gioco, dal
predominio del simbolico.
L'amore si inscrive nella cornice narcisistica, ma la trascende in un modo impossibile da realizzarsi
sul solo piano immaginario.
C'è necessità di un patto simbolico, di un compromesso che istituisca propriamente l'altro come
radicalmente altro.
Se l'amore, con le sue ambiguità e malintesi si confronta a qualcosa del reale come impossibile,
all'impossibile del rapporto sessuale, il narcisismo, nelle sue diverse manifestazioni, rappresenta
una forma di difesa dall'angoscia che ciò ci provoca, rappresenta un “non volerne sapere” di questo
impossibile, della castrazione simbolica, che è uno dei modi in cui l'impossibile del reale si
manifesta e allora ecco che chiamiamo in causa la colpa, il difetto dell'altro.
E' attraverso l'analisi, commenta Cecilia Hopen, che possiamo fare una sorta di smontaggio del
nostro narcisismo: “Perché in realtà di cosa parliamo quando facciamo un'analisi? A che cosa ci
riferiamo in continuazione e in modo, per la verità, abbastanza confuso? Alla relazione immaginaria
che ha costruito il nostro io. Nella ricostruzione di questa relazione immaginaria con se stesso, il
soggetto può ottenere, come dice Lacan, una proiezione narcisistica massima o il narcisismo come
parola. Ed è per questo che l'analisi rimarca, come sappiamo, l'importanza di lasciare gli ormeggi
della parola: così possono apparire le identificazioni agli oggetti che hanno dato come risultato l'io
del soggetto, si può essere confrontati all'inevitabile narcisismo primordiale che ci ha costituiti.” (p.
165)
Senza l'ambizione di esaurire la complessità di un discorso sul narcisismo e soprattutto sulle sue
implicazioni cliniche, vale comunque ancora la pena fermarci un poco su quel particolare oggetto
chiamato in causa dal narcisismo e di cui ci parla Lacan nel I seminario che è lo sguardo.
Essere sotto lo sguardo degli altri mi rende un oggetto, un oggetto particolare, in quanto sa di essere
visto e che sa che l'altro è a sua volta a conoscenza di questa consapevolezza. Io vedo che l'altro mi
vede e l'altro sa che a mia volta vedo lui e lo vedo guardarmi.
Parliamo di sguardo e non di occhi, basta alla sensazione di un sguardo qualcosa che segnali una
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presenza (un fruscio, il movimento di una tenda, etc...).
E c'è ancora che noi vediamo da un solo punto, ma siamo guardati da dovunque.
Nel I seminario lo sguardo dell'altro è presentato come ciò che tesse la rete dell'intersoggettività
immaginaria, che illude sulla possibilità di una relazione interoggettuale complementare e
soddisfacente, illusione che si estende ad una concezione duale, immaginaria dell'analisi sul
modello di una mitica perfezione del rapporto madre-bambino. A questo proposito viene citato il
Balint teorico, che è altra cosa dal Balint della pratica clinica.
Lacan ci dice di aver appreso da Ponty che la pittura svela la realtà più che ritrarla. E la realtà che la
pittura ci mostra è che sono le cose a guardarci, come dimostra la frequenza con cui i pittori
raffigurano se stessi mentre dipingono il quadro che ci propongono. Ponty suggerisce la
preesistenza di uno sguardo, pensiamo anche a come viene comunemente rappresentato Dio. Quindi
“siamo esseri guardati nello spettacolo del mondo”. Ciascuno di noi è esposto alla perversione di
questo sguardo universale, che va a caratterizzare una posizione esistenziale. Per di più lo sguardo
come oggetto pulsionale ha la qualità speciale di essere inafferrabile.
Quindi la pulsione scopica è disomogenea rispetto alle altre (orale, anale, fallica, invocante) e
dimostra al massimo grado l'impossibile congiunzione con l'oggetto, non solo irraggiungibile,
inafferrabile, ma velato, in quanto non visto, ma immaginato. Lo sguardo è il padrone ridotto allo
stato di oggetto.
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