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Gli articoli 33 e 34 della Costituzione Concretamente, l`opera di

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Gli articoli 33 e 34 della Costituzione Concretamente, l`opera di
Gli articoli 33 e 34 della Costituzione
Concretamente, l’opera di promozione culturale si svolge garantendo:
— la libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.);
— la presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art. 33,
comma 2 Cost.);
— il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione (art. 34,
comma 1 Cost.);
— l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.);
— il riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché
capaci e meritevoli mediante borse di studio, assegni ed altre provvidenze da attribuirsi
per concorso (art. 34, comma 3 Cost.);
— l’ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica e dell’abilitazione
professionale (art. 33, comma 5 Cost.);
— la libera istituzione di scuole da parte di enti o privati (art. 33, comma 3 Cost.);
— la parificazione delle scuole private a quelle statali, quanto agli effetti legali e al
riconoscimento professionale del titolo di studio (art. 33, comma 4 Cost.).
Oltre che allo Stato in prima persona i compiti sopra indicati potranno essere espletati anche
da altre soggettività (Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Aziende/ASL etc.).
Il termine "Repubblica" viene infatti adoperato nell’art. 9 Cost. nella sua accezione più vasta. È
quindi lo Stato come ordinamento, in tutte le sue possibili articolazioni, che persegue la
promozione culturale attraverso l’opera di ciascun soggetto pubblico, ognuno nella misura e nei
limiti del proprio ambito di competenza.
Restano estranei alla nozione di Repubblica, che abbiamo innanzi illustrato, tutti gli enti di
diritto privato (associazioni, istituzioni, fondazioni) pur non potendo essere disconosciuto
l’enorme contributo da essi fornito allo sviluppo e all’elevazione intellettuale della collettività.
La libertà dell’arte e della scienza
L’articolo 33, 1º comma, della Costituzione sancisce: "L’arte e la scienza sono libere e libero ne
è l’insegnamento".
L’identificazione dei concetti di "arte" e di "scienza" è di enorme difficoltà, poiché qualsiasi
oggetto può essere affrontato scientificamente e qualunque può essere il contenuto o il motivo
di una espressione artistica.
Se per quanto attiene alle manifestazioni scientifiche si può far riferimento al criterio del modo
o del metodo con cui vengono sviluppate, ossia quello considerato tale in un determinato
momento storico dall’opinione prevalente, non è possibile ricorrere a tale criterio per le
manifestazioni artistiche. Qui si può solo far riferimento al fine estetico intrinseco che, pur non
eliminando tutte le difficoltà, è l’unico che presenta sufficienti garanzie di non arbitrarietà ed
oggettività. Saremo quindi in presenza di manifestazioni artistiche o scientifiche quando
l’oggetto dell’attività abbia un fine estetico in sé o sia trattato con metodo scientifico.
In sede di Assemblea Costituente fu sollevata la questione della inutilità della lettera dell’art.
33, 1º comma, Cost. laddove si proclama la libertà dell’arte e della scienza che, per
definizione, incarnano ed esprimono esse stesse la libertà.
Ciò nonostante la formula rimase invariata perché fu considerata valida garanzia della "libertà
di manifestazione concettuale e, al tempo stesso, della effettiva libertà della manifestazione
organizzativa e strumentale dell’insegnamento". Tale affermazione, peraltro condivisa dalla
Corte Costituzionale (sent. n. 16/1980) più volte intervenuta in materia, consente di enucleare
due distinti concetti: libertà nell’insegnamento con riferimento al profilo metodologico e
contenutistico (c.d. autonomia didattica); libertà dell’insegnamento con riferimento
all’ambito organizzativo e strutturale.
La libertà nell’insegnamento
Con riferimento alla prima accezione è da condividersi l’opinione di chi afferma che
l’insegnamento consiste in qualunque manifestazione, anche isolata, del proprio pensiero che,
riguardando l’arte e la scienza, abbia in sé forza tale da illuminare altri sullo sviluppo della
cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Di ciò si trova conferma nel testo dell’art. 1 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione valido per le scuole di ogni ordine e
grado) che sancisce: "… la libertà d’insegnamento è intesa come autonomia didattica e come
libera espressione culturale del docente… ed è diretta a promuovere, attraverso un confronto
aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni".
L’insegnamento può essere impartito in qualsiasi luogo, anche isolatamente, sia ai giovani che
agli adulti; non è neanche necessario che si rivolga ad una categoria differenziata di soggetti o
che questi siano in rapporto di subordinazione rispetto al docente.
Restano escluse tutte le manifestazioni eminentemente propagandistiche di tesi o teorie che
non ricevono alcuna garanzia costituzionale.
Nell’area di garanzia della libertà di insegnamento non può essere compresa neanche
l’espressione di convinzioni personali opinabili e arbitrarie, bensì solo l’esposizione di argomenti
attuata con metodo scientifico; proprio su questo punto si basa la più ampia tutela di siffatta
libertà rispetto a quella di manifestazione del pensiero.
La libertà di insegnamento, in presenza di un’esplicita dichiarazione costituzionale, deve
ritenersi totalmente libera e tutelata in maniera assolutamente svincolata, secondo alcuni
autori, anche dall’unico limite esplicito posto dalla Costituzione alla libertà di manifestazione
del pensiero: quello del buon costume.
La dottrina dominante, invece, è di parere contrario e ritiene che l’insegnamento, in qualunque
ambito venga esercitato, incontri quali limiti alla sua libera esplicazione il rispetto del buon
costume, dell’ordine pubblico, della pubblica incolumità.
Difficilmente definibile a priori è l’ambito concettuale del buon costume in quanto
strettamente collegato alla contingenza storica e al quadro di valori accolti dalla
collettività sociale. In senso lato vi si possono far rientrare tutti quegli atti o fatti che in un
dato momento storico suscitano scandalo o allarme sociale, violando il comune senso del
pudore o la coscienza collettiva.
Il rispetto dell’ordine pubblico si traduce nel divieto di introdurre, per il tramite
dell’insegnamento, elementi di turbativa sociale e di propaganda sovversiva per le istituzioni
dello Stato.
Il limite della pubblica incolumità attiene, infine, a quelle "attività pratiche che si
accompagnino, integrandolo o sviluppandolo, all’insegnamento" (attività tecniche o di
laboratorio) e che, quando svolte senza le normali cautele, sono potenzialmente pregiudizievoli
per l’integrità fisica e la salute degli alunni.
Infine, il legislatore ha provveduto ad identificare quali ulteriori limiti alla libertà
d’insegnamento il rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola, nonché il
rispetto della coscienza morale e civile degli alunni (artt. 1-2 D.Lgs. 297/1994).
Appare chiaro che l’espressione "rispetto della coscienza morale e civile degli alunni",
pur nella sua vaghezza, va interpretata secondo una chiave di lettura che tenga conto
della lettera dell’art. 2 Cost. ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità…").
La libertà di insegnamento diventa, in altri termini, strumento attraverso il quale dare corpo
alla libertà e ai diritti del discente: diritto all’apprendimento, diritto alla continuità dell’azione
educativa, diritto alla diversità.
La libera gestione dell’istruzione
Dal punto di vista strutturale la libertà di insegnamento, enucleabile ex art. 33, 1º comma
Cost., si connota e si qualifica come "libertà della scuola".
In particolare il secondo comma dell’art. 33 Cost., afferma che "la Repubblica detta le norme
generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Allo Stato
quindi compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi di istruzione e la creazione delle
norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione non è riservata, quanto alla sua gestione,
soltanto allo Stato: tanto è vero che l’articolo 33, comma 3, afferma che "enti e privati
hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato".
Dunque, per quanto riguarda la creazione e la gestione dei mezzi di istruzione, non vi è alcun
monopolio statale; al contrario la previsione costituzionale legittima un sistema parallelo, libero
nelle forme organizzative e nei contenuti.
Ciò discende evidentemente dal principio costituzionale della libertà di manifestazione del
pensiero, e della libertà di iniziative dirette a realizzare la diffusione dello stesso, anche
mediante l’insegnamento.
Va tuttavia segnalato che il "parallelismo fra iniziativa pubblica e iniziativa privata" nella libera
gestione dell’istruzione non comporta impegni di spesa da parte dello Stato: la scuola privata
deve, infatti, costituirsi e gestirsi senza onere per lo Stato.
Pur nella sua chiarezza la previsione dell’art. 33, 3º comma Cost., è stata al centro di un lungo
dibattito dottrinale e giurisprudenziale al fine di stabilire quale sia l’ambito del non-intervento
statale: la sola istituzione della scuola privata ovvero il suo funzionamento.
In realtà sembra legittimo affermare che la lettera del dettato costituzionale non esclude che lo
Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti in difficoltà (ciò anzi potrebbe giovare
al mantenimento di un pluralismo della cultura), ovvero scuole private in luoghi in cui non
esistono scuole statali.
Non è invece libera, ma legata a precise valutazioni tecniche, la possibilità di
parificare ed equiparare gli studi compiuti in istituti di istruzione privati a quelli
compiuti presso scuole statali.
Risulta dall’art. 33, 4º comma che la parità con le scuole statali è accordata, alle scuole che la
richiedono, in base a legge dello Stato che fissi "i diritti e gli obblighi" di esse.
Ciò è evidentemente stabilito per il rispetto del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.: in
tal senso il costituente ha disposto che agli alunni delle scuole private sia assicurato un
trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole statali.
Significativo è quanto sentenziato dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sent. 15-61984): l’interpretazione dei principi di cui all’art. 33 Cost. è nel senso "di una assoluta
equiparazione fra alunni di istituzioni pubbliche e private… per l’unicità della funzione e dello
scopo prefissato, che è quello di fornire agli studenti un titolo culturale e giuridicamente
efficace".
Il diritto all’istruzione
Strettamente collegata alla libertà di insegnamento (nella duplice accezione che se ne è
evidenziata) è la libertà di istruzione, nel senso che al dovere statale di istituire, su tutto il
territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte un diritto civico dei cittadini da
intendersi come diritto ad una prestazione: il diritto di accedere liberamente al sistema
scolastico, enucleabile dalla lettera dell’art. 34, 1º comma Cost. che recita: "La scuola è aperta
a tutti".
Il diritto allo studio si colloca, in una Costituzione garantita e solidarista come la nostra, nel
novero dei diritti sociali ovvero di quei diritti che promuovono l’intervento dello Stato diretto a
soddisfare le esigenze essenziali dei singoli.
È compito della Repubblica, infatti, garantire l’estensione erga omnes dell’offerta di istruzione
nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni e aiuti finanziari alle
famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’eguaglianza dei "punti di partenza" voluta
dall’art. 3, comma 2, Cost.
In seno all’Assemblea Costituente fu osservato: "Uno dei punti al quale l’Italia deve tenere è
che nella sua Costituzione, come in nessun’altra, sia accentuato l’impegno di aprire ai capaci e
meritevoli, anche se poveri, i gradi più alti dell’istruzione. Alla realizzazione di questo impegno
occorreranno grandi stanziamenti; ma non si deve esitare; si tratta di una delle forme più
significative per riconoscere, anche qui, un diritto della persona, per utilizzare a vantaggio
della società forze che resterebbero latenti e perdute, di attuare una vera e integrale
democrazia".
La partecipazione democratica
I principi costituzionali in materia scolastica tracciano le linee portanti di una scuola che,
qualunque ne sia la forma — pubblica o privata — si assume il compito di accompagnare lo
studente nelle tappe fondamentali del suo percorso formativo e consentire, così, il pieno
dispiegamento della sua personalità individuale e sociale.
Più precisamente è da rilevare che la formazione scolastica non è certo fine a sé stessa
mirando a consentire il perfetto ed armonioso integrarsi dell’individuo nella comunità sociale,
tanto che può parlarsi di una formazione integrale della persona umana.
Scuola e società conducono, perciò, un’azione sinergica in tal senso, interagendo a diversi
livelli.
È questo il senso della partecipazione democratica che, a partire dai decreti delegati del ’74
fino al Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia scolastica (D.Lgs. 297/94),
viene introdotta come strumento di interazione volto a consentire il coinvolgimento delle forze
sociali, delle comunità locali e degli interessati (studenti e genitori) ai problemi della scuola, e
viceversa l’approfondimento dei problemi della società in funzione della formazione culturale e
civile degli studenti.
TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI
Art. 114.
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e
dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
Art. 115.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3
Art. 116.
Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle
d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i
rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari da autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma
dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l),
limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre
Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel
rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza
assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Art. 117.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione
europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del
territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza
complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di
esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega
alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le
Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne
nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle
proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Art. 118.
Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario,
siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle
lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà.
Legge 15 marzo 1997 n. 59
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti
locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa
(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997)
Capo I
Art. 1.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali, ai
sensi degli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione, funzioni e compiti amministrativi nel
rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi contenuti nella presente legge. Ai fini della presente
legge, per "conferimento" si intende trasferimento, delega o attribuzione di funzioni e compiti
e per "enti locali" si intendono le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti
locali.
2. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio di sussidiarietà di cui
all'articolo 4, comma 3, lettera a), della presente legge, anche ai sensi dell'articolo 3 della legge 8
giugno 1990, n. 142, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e
alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti
amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o
amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.
3. Sono esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2 le funzioni e i compiti riconducibili alle
seguenti materie:
a) affari esteri e commercio estero, nonchè cooperazione internazionale e attività promozionale
all'estero di rilievo nazionale;
b) difesa, forze armate, armi e munizioni, esplosivi e materiale strategico;
c) rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose;
d) tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico;
e) vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe;
f) cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione;
g) consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale, consultazioni
referendarie escluse quelle regionali;
h) moneta, sistema valutario e perequazione delle risorse finanziarie;
i) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
l) ordine pubblico e sicurezza pubblica;
m) amministrazione della giustizia;
n) poste e telecomunicazioni;
o) previdenza sociale, eccedenze di personale temporanee e strutturali;
p) ricerca scientifica;
q) istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione
generale dell'istruzione scolastica e stato giuridico del personale.
r) vigilanza in materia di lavoro e cooperazione.
4. Sono inoltre esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2:
a) i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge statale ad apposite autorità
indipendenti;
b) i compiti strettamente preordinati alla programmazione, progettazione, esecuzione e
manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse nazionale con legge statale;
c) i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela
dell'ambiente e della salute, per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello spettacolo,
per la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; gli schemi di decreti
legislativi, ai fini della individuazione dei compiti di rilievo nazionale, sono predisposti previa
intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano; in mancanza dell'intesa, il Consiglio dei ministri delibera motivatamente in via
definitiva su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;
d) i compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale dalle camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura e dalle università degli studi;
e) il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea e i compiti preordinati ad assicurare
l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli
accordi internazionali.
5. Resta ferma la disciplina concernente il sistema statistico nazionale, anche ai fini del rispetto
degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali.
6. La promozione dello sviluppo economico, la valorizzazione dei sistemi produttivi e la
promozione della ricerca applicata sono interessi pubblici primari che lo Stato, le regioni, le
province, i comuni e gli altri enti locali assicurano nell'ambito delle rispettive competenze, nel
rispetto delle esigenze della salute, della sicurezza pubblica e della tutela dell'ambiente.
………………………………………………………………………………………………………
Capo IV
Art. 21
1. L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di
realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo. Ai fini della
realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione
centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione,
fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonchè gli elementi
comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo
Stato, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche
l'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria,
della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte ed ampliando
l'autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in
materia di contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
istituti educativi, tenuto conto delle loro specificità ordinamentali.
2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più regolamenti da adottare ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel termine di nove mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei criteri generali e princìpi direttivi
contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento è
acquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio di Stato, il parere delle competenti
Commissioni parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i
regolamenti possono essere comunque emanati. Con i regolamenti predetti sono dettate disposizioni
per armonizzare le norme di cui all'articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge.
3. I requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia alle
istituzioni scolastiche di cui al comma 1, anche tra loro unificate nell'ottica di garantire agli utenti
una più agevole fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a
particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto alle esigenze e alla varietà
delle situazioni locali e alla tipologia dei settori di istruzione compresi nell'istituzione scolastica. Le
deroghe dimensionali saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per
almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in
cui vi sia una dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi.
4. La personalità giuridica e l'autonomia sono attribuite alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1
a mano a mano che raggiungono i requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di
dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente
alla gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle
istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di autonomia sarà accompagnato da
apposite iniziative di formazione del personale, da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed
economiche delle singole istituzioni scolastiche per l'adozione dei conseguenti interventi
perequativi e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che valorizzino le capacità di iniziativa
delle istituzioni stesse.
5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già in possesso di personalità
giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del comma 4 è costituita dall'assegnazione dello Stato
per il funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro vincolo di destinazione
che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione
e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola.
6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per l'accettazione di
donazioni, eredità e legati da parte delle istituzioni scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di
istruzione artistica, delle fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o di assistenza
scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di regolamento in materia di avviso ai
successibili. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti per donazione non sono dovute le imposte in
vigore per le successioni e le donazioni.
7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità giuridica e autonomia ai sensi del
comma 1 e le istituzioni scolastiche già dotate di personalità e autonomia, previa realizzazione
anche per queste ultime delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia
organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli
standard di livello nazionale.
8. L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della
diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior
utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento
con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in
materia di unità oraria della lezione, dell'unitarietà del gruppo classe e delle modalità di
organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane,
finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale
previsti a livello nazionale, la distribuzione dell'attività didattica in non meno di cinque giorni
settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti
collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di
un'apposita programmazione plurisettimanale.
9. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema
nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da
parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata
di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della
possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà
progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel
rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall'articolo
1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli
organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per
ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come
fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di
verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.
10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano,
sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano
anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell'abbandono e della
dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in
orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a
programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi tra le regioni e
l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni
scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti
del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca,
sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione, la Biblioteca di
documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo
III, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come
enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche autonome.
11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì attribuite la personalità giuridica e
l'autonomia alle Accademie di belle arti, agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai
Conservatori di musica, alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi
contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificità proprie di tali
istituzioni.
12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni allo scopo di
favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di orientamento scolastico e universitario.
13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui ai commi 2 e 11 sono
abrogate le disposizioni vigenti con esse incompatibili, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti
stessi. Il Governo è delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data di entrata in
vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando tutte le conseguenti e necessarie modifiche.
14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, sono
emanate le istruzioni generali per l'autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci,
per la gestione delle risorse ivi iscritte e per la scelta dell'affidamento dei servizi di tesoreria o di
cassa, nonchè per le modalità del riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, anche in
attuazione dei princìpi contenuti nei regolamenti di cui al comma 2. È abrogato il comma 9
dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
15. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad
emanare un decreto legislativo di riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione di livello
nazionale e periferico che tenga conto della specificità del settore scolastico, valorizzando
l'autonomo apporto delle diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonchè
delle specifiche professionalità e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) armonizzazione della composizione, dell'organizzazione e delle funzioni dei nuovi
organi con le competenze dell'amministrazione centrale e periferica come ridefinita a
norma degli articoli 12 e 13 nonchè con quelle delle istituzioni scolastiche autonome;
b) razionalizzazione degli organi a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera p);
c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo quanto
previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera g);
d) valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma dell'articolo 12,
comma 1, lettera i);
e) attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del principio della libertà
di insegnamento.
16. Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in connessione con
l'individuazione di nuove figure professionali del personale docente, ferma restando l'unicità
della funzione, ai capi d'istituto è conferita la qualifica dirigenziale contestualmente
all'acquisto della personalità giuridica e dell'autonomia da parte delle singole istituzioni
scolastiche. I contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale sono individuati con decreto
legislativo integrativo delle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla
base dei seguenti criteri:
a) l'affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, di
autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle risorse
umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilità in
ordine ai risultati;
b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l'organizzazione e le attribuzioni
dell'amministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai sensi dell'articolo 13,
comma 1;
c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente con
adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità previste dall'articolo 28
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
d) l'attribuzione della dirigenza ai capi d'istituto attualmente in servizio, assegnati ad
una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un apposito corso di
formazione.
17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato in sede di contrattazione collettiva
del comparto scuola, articolato in autonome aree.
18. Nell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 13 la riforma degli uffici periferici del
Ministero della pubblica istruzione è realizzata armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni
amministrative attribuiti alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione e
riorganizzazione della rete scolastica.
19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al Parlamento, a decorrere
dall'inizio dell'attuazione dell'autonomia prevista nel presente articolo, una relazione sui risultati
conseguiti, anche al fine di apportare eventuali modifiche normative che si rendano necessarie.
20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con
propria legge la materia di cui al presente articolo nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle
relative norme di attuazione.
Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275
(in SO 152/L della GU 10 agosto 1999, n. 186)
Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche,
ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il Testo Unico delle leggi in materia di istruzione approvato con decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297;
Visti i pareri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, espressi nelle adunanze del 30
settembre e 15 ottobre 1998;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 ottobre
1998;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali nella seduta del 17 dicembre
1998;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi
nell'adunanza del 23 novembre 1998;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica, espressi nelle sedute del 16 febbraio 1999 e del 10 febbraio 1999;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 25/2/1999;
Sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, di concerto con i Ministri del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione Economica, della Funzione Pubblica e per gli Affari Regionali e
del Lavoro e della Previdenza Sociale;
EMANA
il seguente regolamento
AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE
TITOLO I
ISTITUZIONI SCOLASTICHE NEL QUADRO DELL'AUTONOMIA
CAPO I
DEFINIZIONI E OGGETTO
Art. 1
Natura e scopi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche
1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale e provvedono alla definizione
e alla realizzazione dell'offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle Regioni e dei
compiti e funzioni trasferiti agli Enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli Enti locali promuovendo il
raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema
di istruzione.
2. L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo
culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione,
formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla
domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire
loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di
istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di
apprendimento.
Art. 2
Oggetto
1. Il presente regolamento detta la disciplina generale dell'autonomia delle istituzioni scolastiche,
individua le funzioni ad esse trasferite e provvede alla ricognizione delle disposizioni di legge
abrogate.
2. Il presente regolamento, fatta salva l'immediata applicazione delle disposizioni transitorie, si
applica alle istituzioni scolastiche a decorrere dal 1° settembre 2000.
3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute entro il termine di cui al
comma 2 adeguano, in coerenza con le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del
presente regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative
all'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e alle iniziative
finalizzate all'innovazione. A esse si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13.
4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni del sistema scolastico, i diversi tipi
e indirizzi di studio e le esperienze formative e le attività nella scuola dell'infanzia. La terminologia
adottata tiene conto della pluralità di tali contesti.
CAPO II
AUTONOMIA DIDATTICA E ORGANIZZATIVA, DI RICERCA, SPERIMENTAZIONE E
SVILUPPO
Art. 3
Piano dell'offerta formativa
1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano
dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e
progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare,
educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia.
2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e
indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8 e riflette le esigenze del
contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione
territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche,
anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.
3. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi
generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti
dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli
organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli
studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto.
4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli Enti locali e con
le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio.
5. Il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto
dell'iscrizione.
Art. 4
Autonomia didattica
1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta
educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano
gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e
alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le
potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo.
2. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi
dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al
tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono
adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro:
a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della
lezione e l'utilizzazione, nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8,
degli spazi orari residui;
c) l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio
generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione
agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio
1992, n. 104;
d) l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse
classi o da diversi anni di corso;
e) l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
3. Nell'ambito dell'autonomia didattica possono essere programmati, anche sulla base degli interessi
manifestati dagli alunni, percorsi formativi che coinvolgono più discipline e attività nonché
insegnamenti in lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali.
4. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la
realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e
professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli Enti locali in materia di
interventi integrati a norma dell'articolo 139, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della
normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni
scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.
5. La scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i
libri di testo, sono coerenti con il Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e sono attuate con
criteri di trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie
innovative.
6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici riferiti ai percorsi
dei singoli alunni sono individuati dalle istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici
di apprendimento di cui all'articolo 8 e tenuto conto della necessità di facilitare i passaggi tra diversi
tipi e indirizzi di studio, di favorire l'integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i
rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì individuati i criteri per
il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attività realizzate nell'ambito dell'ampliamento
dell'offerta formativa o liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate.
7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi e la relativa certificazione
sono effettuati ai sensi della disciplina di cui all'articolo 17 della legge 24 giugno 1997 n. 196,
fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dall'attuale ordinamento.
Art. 5
Autonomia organizzativa
1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l'impiego dei docenti, ogni
modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi
generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei
processi innovativi e il miglioramento dell'offerta formativa.
2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle istituzioni scolastiche in relazione
alle esigenze derivanti dal Piano dell'offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di
determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma dell'articolo 138, comma
1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
3. L'orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono
organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi
restando l'articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte
ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie.
4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate
nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed
organizzative adottate nel piano dell'offerta formativa.
Art. 6
Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l'autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed
economico delle realtà locali e curando tra l'altro:
a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b) la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
c) l'innovazione metodologica e disciplinare;
d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola;
f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
g) l'integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d'intesa con i
soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la
formazione professionale.
2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità
curricolare prevista dall'articolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle
innovazioni con le modalità di cui all'articolo 11.
3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche sviluppano e potenziano lo scambio di
documentazione e di informazioni attivando collegamenti reciproci, nonché con il Centro europeo
dell'educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istituti regionali di ricerca,
sperimentazione e aggiornamento educativi; tali collegamenti possono estendersi a Università e ad
altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca.
Art. 7
Reti di scuole
1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il
raggiungimento delle proprie finalità istituzionali.
2. L'accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di
formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma restando l'autonomia dei
singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le
finalità istituzionali; se l'accordo prevede attività didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo,
di formazione e aggiornamento, è approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche
dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza.
3. L'accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le
istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti
che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento
per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione
collettiva.
4. L'accordo individua l'organo responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle
finalità del progetto, la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali
e finanziarie messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; l'accordo è depositato presso le
segreterie delle scuole, ove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia.
5. Gli accordi sono aperti all'adesione di tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi e
prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che
presentano situazioni di difficoltà.
6. Nell'ambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratori finalizzati tra l'altro a:
a) la ricerca didattica e la sperimentazione;
b) la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale per la più
ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche, esperienze,
documenti e informazioni;
c) la formazione in servizio del personale scolastico;
d) l'orientamento scolastico e professionale.
7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto possono essere definiti in
modo da consentire l'affidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di
compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori di cui al comma 6.
8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con Università
statali o private, ovvero con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che
intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.
9. Anche al di fuori dell'ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni scolastiche possono promuovere
e partecipare ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attività di comune interesse che
coinvolgono, su progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato
sociale. Tali accordi e convenzioni sono depositati presso le segreterie delle scuole dove gli
interessati possono prenderne visione ed estrarne copia.
10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere
compiti istituzionali coerenti col Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e per l'acquisizione
di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo.
CAPO III
CURRICOLO NELL'AUTONOMIA
Art. 8
Definizione dei curricoli
1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competenti commissioni parlamentari
sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dell'articolo 205 del decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, per i diversi tipi e
indirizzi di studio:
a) gli obiettivi generali del processo formativo;
b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo
monte ore annuale;
d) l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota
nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;
e) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e
attività della quota nazionale del curricolo;
f) gli standard relativi alla qualità del servizio;
g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti
e dei debiti formativi;
h) i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati
all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema
integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Statoregioni-città ed autonomie locali.
2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell'offerta formativa il curricolo obbligatorio
per i propri alunni in modo da integrare, a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale
con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte. Nella
determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche precisano le scelte di flessibilità previste dal
comma 1, lettera e).
3. Nell'integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole è garantito il
carattere unitario del sistema di istruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel
rispetto delle diverse finalità della scuola dell'obbligo e della scuola secondaria superiore.
4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni
concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento,
delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli Enti locali, dai contesti sociali, culturali
ed economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilità di
opzione.
5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche attraverso un'integrazione tra
sistemi formativi sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali, negli ambiti previsti dagli
articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 può essere personalizzato in
relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali.
6. L'adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già effettuate deve tenere conto
delle attese degli studenti e delle famiglie in rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto.
Art. 9
Ampliamento dell'offerta formativa
1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loro consorziate, realizzano
ampliamenti dell'offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale
ed economico delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le
proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli
Enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti.
2. I curricoli determinati a norma dell'articolo 8 possono essere arricchiti con discipline e attività
facoltative, che per la realizzazione di percorsi formativi integrati le istituzioni scolastiche
programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali.
3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello
nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti.
4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base di specifica progettazione,
anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di autoformazione e a percorsi formativi
personalizzati. Per l'ammissione ai corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere
crediti formativi maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate
esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti ai fini della
personalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una loro variazione e riduzione.
5. Nell'ambito delle attività in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di
informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.
Art. 10
Verifiche e modelli di certificazione
1. Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del
servizio il Ministero della Pubblica Istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche.
Fino all'istituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro
europeo dell'educazione, riformato a norma dell'articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997,
n. 59.
2. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le scuole per l'efficace
raggiungimento degli obiettivi attraverso l'attivazione di iniziative nazionali e locali di
perequazione, promozione, supporto e monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici.
3. Con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione sono adottati i nuovi modelli per le
certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti
formativi riconoscibili, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell'ambito
dell'ampliamento dell'offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate.
Art. 11
Iniziative finalizzate all'innovazione
1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, anche su proposta del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione, del Servizio Nazionale per la qualità dell'istruzione, di una o più istituzioni scolastiche,
di uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, di una o più
Regioni o Enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili
negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a
esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata,
l'integrazione fra sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento. Riconosce altresì
progetti di iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli
studi quali disciplinati ai sensi dell'articolo 8. Sui progetti esprime il proprio parere il Consiglio
Nazionale della Pubblica Istruzione.
2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare con chiarezza gli obiettivi; quelli
attuati devono essere sottoposti a valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere
definiti nuovi curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi, con le procedure di cui
all'articolo 8. Possono anche essere riconosciute istituzioni scolastiche che si caratterizzano per
l'innovazione nella didattica e nell'organizzazione.
3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate e attuate anche nel quadro di accordi
adottati a norma dell'articolo 2, commi 203 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
4. E' riconosciuta piena validità agli studi compiuti dagli alunni nell'ambito delle iniziative di cui al
comma 1, secondo criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della Pubblica Istruzione
che promuove o riconosce le iniziative stesse.
5. Sono fatte salve, fermo restando il potere di revoca dei relativi decreti, le specificità
ordinamentali e organizzative delle scuole riconosciute ai sensi dell'articolo 278, comma 5 del
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
CAPO IV
DISCIPLINA TRANSITORIA
Art. 12
Sperimentazione dell'autonomia
1. Fino alla data di cui all'articolo 2, comma 2, le istituzioni scolastiche esercitano l'autonomia ai
sensi del decreto ministeriale n. 251 del 29 maggio 1998, i cui contenuti possono essere
progressivamente modificati ed ampliati dal Ministro della Pubblica Istruzione con successivi
decreti.
2. Le istituzioni scolastiche possono realizzare compensazioni fra le discipline e le attività previste
dagli attuali programmi. Il decremento orario di ciascuna disciplina e attività è possibile entro il
quindici per cento del relativo monte orario annuale.
3. Nella scuola materna ed elementare l'orario settimanale, fatta salva la flessibilità su base annua
prevista dagli articoli 4, 5 e 8, deve rispettare, per la scuola materna, i limiti previsti dai commi 1 e
3 dell'articolo 104 e, per la scuola elementare, le disposizioni di cui all'articolo 129, commi 1, 3, 4,
5, 7 e all'articolo 130 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297.
4. Le istruzioni generali di cui all'articolo 21, commi 1 e 14 della legge 15 marzo 1997 n. 59 sono
applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall'anno
finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione.
Art. 13
Ricerca metodologica
1. Fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli
studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a
definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi
didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze.
2. Il Ministero della Pubblica Istruzione garantisce la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed
esperienze, anche mediante l'istituzione di banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche.
TITOLO II
FUNZIONI AMMINISTRATIVE E GESTIONE DEL SERVIZIO DI ISTRUZIONE
CAPO I
ATTRIBUZIONE, RIPARTIZIONE E COORDINAMENTO DELLE FUNZIONI
Art. 14
Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche
1. A decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di
competenza dell'Amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto
con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato
giuridico ed economico del personale non riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche
disposizioni, all'Amministrazione centrale e periferica. Per l'esercizio delle funzioni connesse alle
competenze escluse di cui all'articolo 15 e a quelle di cui all'articolo 138 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112 le istituzioni scolastiche utilizzano il Sistema Informativo del Ministero della
Pubblica Istruzione. Restano ferme le attribuzioni già rientranti nella competenza delle istituzioni
scolastiche non richiamate dal presente regolamento.
2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli adempimenti relativi alla carriera
scolastica degli alunni e disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le
frequenze, le certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli studi
compiuti in Italia e all'estero ai fini della prosecuzione degli studi medesimi, la valutazione dei
crediti e debiti formativi, la partecipazione a progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di
scambi educativi internazionali. A norma dell'articolo 4 del regolamento recante lo Statuto delle
studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 25 giugno 1998, n. 249, le istituzioni scolastiche adottano il regolamento di disciplina
degli alunni.
3. Per quanto attiene all'amministrazione, alla gestione del bilancio e dei beni e alle modalità di
definizione e di stipula dei contratti di prestazione d'opera di cui all'articolo 40, comma 1, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformità a quanto
stabilito dal regolamento di contabilità di cui all'articolo 21, commi 1 e 14 della legge 15 marzo
1997, n. 59, che può contenere deroghe alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato, nel
rispetto dei princìpi di universalità, unicità e veridicità della gestione e dell'equilibrio finanziario.
Tale regolamento stabilisce le modalità di esercizio della capacità negoziale e ogni adempimento
contabile relativo allo svolgimento dell'attività negoziale medesima, nonché modalità e procedure
per il controllo dei bilanci della gestione e dei costi.
4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e contabili tenendo conto del
nuovo assetto istituzionale delle scuole e della complessità dei compiti ad esse affidati, per garantire
all'utenza un efficace servizio. Assicurano comunque modalità organizzative particolari per le
scuole articolate in più sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altresì, anche con iniziative
autonome, alla specifica formazione e aggiornamento, culturale e professionale del relativo
personale per corrispondere alle esigenze derivanti dal presente regolamento.
5. Alle istituzioni scolastiche sono attribuite competenze in materia di articolazione territoriale della
scuola. Tali competenze sono esercitate a norma dell'articolo 4, comma 2, del regolamento
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233.
6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti le funzioni attribuite alle
istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 15. Ove allo scadere del termine di
cui al comma 1 non sia stato ancora adottato il regolamento di contabilità di cui al comma 3, nelle
more della sua adozione alle istituzioni scolastiche seguitano ad applicarsi gli articoli 26, 27, 28 e
29 del Testo Unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
7. I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche, fatte salve le specifiche disposizioni in
materia di disciplina del personale e degli studenti, divengono definitivi il quindicesimo giorno
dalla data della loro pubblicazione nell'albo della scuola. Entro tale termine, chiunque abbia
interesse può proporre reclamo all'organo che ha adottato l'atto, che deve pronunciarsi sul reclamo
stesso nel termine di trenta giorni, decorso il quale l'atto diviene definitivo. Gli atti divengono
altresì definitivi a seguito della decisione sul reclamo.
Art. 15
Competenze escluse
1. Sono escluse dall'attribuzione alle istituzioni scolastiche le seguenti funzioni in materia di
personale il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello di competenza della
singola istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della libertà di
insegnamento:
a) la formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti
di quelli della singola istituzione scolastica;
b) reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del personale eccedente
l'organico funzionale di istituto;
d) autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente
nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo;
e) riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto nell'articolo 14,
comma 2.
2. Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti del
personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario.
Art. 16
Coordinamento delle competenze
1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono l'efficacia dell'autonomia delle istituzioni
scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizione.
2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel
rispetto delle competenze degli organi collegiali.
3. I docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e dell'attuazione del processo di
insegnamento e di apprendimento.
4. Il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei servizi di segreteria nel quadro
dell'unità di conduzione affidata al dirigente scolastico.
5. Il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al processo di attuazione e sviluppo
dell'autonomia assumendo le rispettive responsabilità.
6. Il servizio prestato dal personale della scuola ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera d), purché
riconducibile a compiti connessi con la scuola, resta valido a tutti gli effetti come servizio di
istituto.
TITOLO III
DISPOSIZIONI FINALI
CAPO I
ABROGAZIONI
Art. 17
Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate
1. Ai sensi dell'articolo 21, comma 13 della legge 15 marzo 1997, n. 59 sono abrogate con effetto
dal 1° settembre 2000, le seguenti disposizioni del Testo Unico approvato con decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297:
- articolo 5, commi 9, 10 e 11;
- articolo 26;
- articolo 27, commi 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20;
- articolo 28, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 limitatamente alle parole "e del consiglio
scolastico distrettuale", 8 e 9;
- articolo 29, commi 2, 3, 4, 5;
- articolo 104, commi 2, 3, e 4;
- articoli 105 e 106;
- articolo 119, commi 2 e 3;
- articolo 121;
- articolo 122, commi 2 e 3;
- articolo 123;
- articoli 124, 125 e 126;
- articolo 128, commi 2, 5, 6, 7, 8 e 9;
- articolo 129, commi 2, 4 limitatamente alla parola "settimanale" e 6;
- articolo 143, comma 2;
- articoli 144, 165, 166, 167, 168;
- articolo 176, commi 2 e 3;
- articolo 185, commi 1 e 2;
- articolo 193, comma 1, limitatamente alle parole "e ad otto decimi in condotta";
- articoli 193/bis e 193/ter;
- articoli 276, 277, 278, 279, 280 e 281;
- articolo 328, commi 2, 3, 4, 5 e 6;
- articoli 329 e 330;
- articolo 603.
2. Resta salva la facoltà di emanare, entro l'1 settembre 2000 regolamenti che individuino eventuali
ulteriori disposizioni incompatibili con le norme del presente regolamento.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica Italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
"Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001
Art. 1.
1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle
Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento".
Art. 2.
1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i
rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ècostituita dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma
dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l),
limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre
Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel
rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza
assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".
Art. 3.
1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione
europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del
territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza
complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di
esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e
le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne
nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle
proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato".
Art. 4.
1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle
lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarieta'".
Art. 5.
1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria
di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al
gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con
minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle
Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli
squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse
aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito
secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento
solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti".
Art. 6.
1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le
Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle
persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del
territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei
Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la
tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi
locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel
rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".
Art. 7.
1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di
consultazione fra la Regione e gli enti locali".
Art. 8.
1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della
Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale
entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra
Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto
avente valore di legge".
Art. 9.
1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono
inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle
Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante".
2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo 128, l'articolo 129 e
l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati.
Art. 10.
1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano
per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Art. 11.
1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di
rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione
parlamentare per le questioni regionali.
2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e
all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare
per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere
favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la
Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti
parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il principio di sussidiarietà è regolato dall'articolo 118 della Costituzione italiana il quale
prevede che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla
base del principio della sussidiarietà". Tale principio implica che le diverse istituzioni debbano
creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire
liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello superiore, qualora
fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello
inferiore.
Il principio di sussidiarietà può quindi essere visto sotto un duplice aspetto:


in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata
verso gli enti più vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio;
in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve
avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che
incidano sulle realtà sociali a lui più vicine.
La crescente richiesta di partecipazione dei cittadini alle decisioni e alle azioni che
riguardano la cura di interessi aventi rilevanza sociale, presenti nella nostra realtà come in
quella di molti altri paesi europei, ha dunque oggi la sua legittimazione nella nostra legge
fondamentale. Quest'ultima prevede, dopo la riforma del Titolo V, anche il dovere da parte
delle amministrazioni pubbliche di favorire tale partecipazione nella consapevolezza delle
conseguenze positive che ne possono derivare per le persone e per la collettività in termini di
benessere spirituale e materiale.
In effetti l'applicazione di questo principio ha un elevato potenziale di modernizzazione delle
amministrazioni pubbliche in quanto la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva può
concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni delle
persone e alle soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione ci riconosce e garantisce.
Da un lato alcune amministrazioni pubbliche hanno già intrapreso iniziative volte a favorire la
sussidiarietà orizzontale e dall'altro la società civile si è mossa nella stessa direzione con azioni
concrete sostenute peraltro da una parallela attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, di
ricerca e di documentazione e, più in generale, di approfondimento scientifico del fenomeno.
I cittadini attivi, applicando il principio di sussidiarietà (art. 118 ultimo comma della Costituzione),
si prendono cura dei beni comuni. Entrambi, volontari e cittadini attivi, sono "disinteressati", in
quanto entrambi esercitano una nuova forma di libertà, solidale e responsabile, che ha come
obiettivo la realizzazione non di interessi privati, per quanto assolutamente rispettabili e legittimi,
bensì dell'interesse generale.
Quando la Costituzione afferma che i poteri pubblici "favoriscono le autonome iniziative dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà", essa legittima da un lato i volontari tradizionali, che da sempre svolgono
attività che si possono definire di interesse generale, e dall'altro quei soggetti che si definiscono
cittadini attivi, persone responsabili e solidali che si prendono cura dei beni comuni.
I cittadini attivi, in quanto non proprietari bensì custodi dei beni comuni, esercitano nei confronti di
tali beni un diritto di cura fondato non sul proprio interesse, come nel caso del diritto di proprietà,
bensì sull'interesse generale. Ciò che giustifica il loro impegno è infatti solo in parte un loro
interesse diretto e immediato alla produzione, cura e sviluppo dei beni comuni. C'è anche questo,
certamente (e infatti questo può essere un elemento che differenzia i volontari dai cittadini attivi)
ma ciò che spinge i cittadini attivi a prendersi cura dei beni comuni è la solidarietà. In sostanza, i
volontari sono "disinteressati" in quanto vanno oltre i legami di sangue per prendersi cura di
estranei, i cittadini attivi sono "disinteressati" in quanto vanno oltre il diritto di proprietà per
prendersi cura di beni che sono di tutti. In entrambi i casi, si tratta di un'evoluzione quanto mai
positiva della specie umana, che dimostra in tal modo di saper uscire dalla ristretta cerchia familiare
e dall'individualismo proprietario per aprirsi al mondo.
LEGISLAZIONE
SCOLASTICA
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
1
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
Legge
BASSANINI
n.59
del 15 marzo 1997
Articolo n.21
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
2
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
Art. n.21
“L'autonomia delle
istituzioni
scolastiche
e degli istituti educativi
si inserisce nel
processo di
realizzazione della
autonomia e della
riorganizzazione
dell'intero sistema
formativo…”
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
3
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
-
Autonomia:
Decentramento
- Flessibilità
- Scuole con
personalità
giuridica
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
4
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
Autonomia:
- Organizzativa
- Didattica
- Ricerca
sviluppo
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
5
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
È finalizzata
alla realizzazione
della flessibilità,
della diversificazione,
dell'efficienza
e dell'efficacia
del servizio scolastico,
alla integrazione e
al miglior utilizzo delle risorse
e delle strutture,
all'introduzione di tecnologie
innovative e al
coordinamento con il
contesto territoriale.
Autonomia organizzativa
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
6
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
È finalizzata al
perseguimento degli
obiettivi generali del
sistema nazionale di
istruzione, nel
rispetto della libertà
di insegnamento,
della libertà di
scelta educativa da
parte delle famiglie
e del diritto ad
apprendere.
Autonomia didattica
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
7
L’autonomia delle istituzioni
scolastiche
Le istituzioni scolastiche
autonome hanno
anche autonomia di
ricerca,
sperimentazione e
sviluppo nei limiti
del proficuo
esercizio
dell'autonomia
didattica e
organizzativa.
Autonomia ricerca e
sperimentazione
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
8
L’applicazione dell’autonomia (DM 765/97)
-
Adattamento del calendario scolastico
Flessibilità dell’orario
Articolazione flessibile del gruppo classe
Organizzazione iniziative di recupero e sostegno
Attivazione insegnamenti integrativi facoltativi
Organizzazione di attività con altre scuole
Iniziative di orientamento scolastico e professionale
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
9
L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99)
PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.)
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
10
L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99)
PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.)
È un documento di impegni tra la scuola e
il territorio incentrato sul rapporto tra
scuola-studenti e famiglia.
È approvato dal Consiglio di istituto ed
elaborato dal Collegio dei Docenti su
indicazioni preliminari del Consiglio stesso
ed ha durata annuale.
Il POF è un documento pubblico
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
11
L’applicazione dell’autonomia (DPR 275/99)
PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.)
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
12
Il nuovo sistema scolastico formativo
Legge 53/03 Art.3
a) riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con
la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche;
b) Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del
sistema scolastico;
c) Sviluppo delle tecnologie multimediali e della
alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, nel pieno
rispetto del principio di pluralismo delle soluzioni
informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine di
incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative
degli studenti;
d) Sviluppo dell’attività motoria e delle competenze
ludico-sportive degli studenti;
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
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Il nuovo sistema scolastico formativo
Legge 53/03 Art.3
e) della valorizzazione professionale del personale docente;
f) delle iniziative di formazione iniziale
e continua del personale;
g) del concorso al rimborso delle spese di
autoaggiornamento sostenute dai docenti;
h) della valorizzazione professionale del personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA);
i) degli interventi di orientamento contro la dispersione
scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto – dovere
di istruzione e formazione;
ISSR di TRIESTE - Prof. M. Poillucci
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Il nuovo sistema scolastico formativo
Legge 53/03 Art.3
l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione
tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;
m) degli interventi di adeguamento delle strutture
di edilizia scolastica.
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L’autonomia scolastica
di Giacomo D’Alterio
La Legge 7 agosto 1990 n. 241, che detta le nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto d’accesso ai documenti amministrativi, meglio nota come
legge sulla “trasparenza amministrativa”, crea rispetto al passato un nuovo rapporto
tra la Pubblica Amministrazione ed i cittadini.
Nasce quindi, forte l’esigenza, di dar voce, ma soprattutto piena applicazione all’articolo
5 della Costituzione, che sancisce che la Repubblica Italiana riconosce e promuove le
autonomie locali, attua nei servizi dello Stato il più ampio decentramento amministrativo
e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento.
La parola autonomia autòs + nòmos, sé stesso + legge, darsi da sé una regola o meglio
un criterio di indirizzo; quando è riferita ad un Ente pubblico indica la facoltà di
realizzare le finalità istituzionali assegnate dalla Legge, autoregolando le proprie attività,
mentre il decentramento amministrativo avvicina i luoghi di formazione delle decisioni
ai contesti socioeconomici nei quali vivono ogni giorno i cittadini.
Il decentramento amministrativo si realizza secondo il principio di sussidiarietà, in base
al quale le funzioni devono essere assegnate al livello di governo in cui possono essere
meglio esercitate nell’interesse delle comunità locali con la conseguente attribuzione
della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative agli Enti Locali, al fine di
favorire l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale all’Autorità
territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini.
Ma quando è avvenuta dal punto di vista normativo la piena autonomia scolastica?
Con il DPR 8 marzo 1999 n. 275, il regolamento recante norme in materia di autonomia
delle istituzioni scolastiche, che altro non è, che il Decreto applicativo dell’articolo 21
della Legge 15 marzo 1997 n. 59, la Legge Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle Regioni ed agli Enti locali per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
Ma cos’è l’autonomia in un contesto così specifico, come quello scolastico?
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L’autonomia scolastica è la capacità di progettare e realizzare interventi educativi di
formazione e istruzione finalizzati allo sviluppo e alla crescita della persona umana.
Gli interventi educativi previsti devono essere coerenti con i diversi contesti territoriali e
con la domanda delle famiglie, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia del processo
d’insegnamento e d’apprendimento, al fine di garantire agli alunni il successo formativo
mediante l’utilizzo di risorse umane, economiche e strutturali.
Il processo dell’autonomia si è avuto con:
− il dimensionamento ottimale delle scuole (1);
− l’attribuzione dell’autonomia e della personalità giuridica riconosciuta alla scuola,
intesa come capacità giuridica di essere soggetto di diritto, distinto dalle persone
fisiche che concorrono a formarlo all’interno di un ordinamento giuridico, con la
facoltà di poter compiere in nome proprio, atti giuridici;
(1) Nota: articolo 4 comma 2 del DPR 18/06/1998 n. 233
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− il conferimento della qualifica dirigenziale ai capi d’istituto con l’introduzione di
un’Area separata di contrattazione, l’Area V del Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro (CCNL).
In quest’ottica il dirigente scolastico deve,
− assicurare la gestione unitaria della scuola;
− ne ha la rappresentanza legale;
− è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del
servizio scolastico;
− ha autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane
nel rispetto delle competenze degli organi collegiali;
− organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia;
− è titolare delle relazioni sindacali;
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− promuove interventi per assicurare la qualità dei processi pedagogici e la
collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del
territorio.
Alla luce del nuovo contesto normativo diventa inevitabile conferire la funzione direttiva
ai responsabili amministrativi, che dal 1° settembre 2000 diventano dopo favorevole
frequenza di un apposito corso di formazione professionale direttori dei servizi generali
e amministrativi.
In un unicum normativo il dirigente scolastico e il direttore dei servizi generali e
amministrativi (DSGA) sono chiamati a condividere la gestione di una complessa unità
organizzativa.
Il DSGA ha autonomia operativa e responsabilità diretta nella definizione ed esecuzione
degli atti amministrativo – contabili, di ragioneria ed economato anche con rilevanza
esterna, coadiuva il dirigente scolastico nelle funzioni organizzative e amministrative e
coordina il personale ATA posto alle sue dirette dipendenze.
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L’autonomia didattica
L’autonomia didattica non significa libertà di autodeterminazione nell’individuare
percorsi formativi, perché questi si concretizzano in un ordinamento scolastico nazionale
la cui peculiarità sostanziale è legata al valore legale dei titoli di studio.
Un’autonomia intesa non tanto nel muoversi senza alcun tipo di vincolo in piena libertà
d’azione e d’agire, basta semplicemente non andare contra legem; ma muoversi in modo
flessibile e dinamico all’interno di un quadro precostituito di norme.
Quindi, nel quadro normativo di riferimento lo spazio autonomistico delle istituzioni
scolastiche, si concretizza in una flessibilità di gestione e non in una libertà di gestione.
La scuola concorre a formare e istruire prima l’uomo e poi il cittadino.
L’autonomia didattica s’esercita nel rispetto delle tre libertà richiamate dalla legge n.
59/1997:
1. la libertà d’insegnamento;
2. la libertà di scelta educativa delle famiglie;
3. il diritto ad apprendere degli alunni.
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L’autonomia didattica è finalizzata alla realizzazione degli obiettivi nazionali del sistema
istruzione.
L’autonomia didattica s’esprime nel curricolo vale a dire il piano di studi, che deve
essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi ed indirizzi di studi
stabiliti a livello nazionale.
La struttura del curricolo si compone di tre livelli:
1) una parte prescrittiva, con le attività e le discipline fondamentali, il monte ore
annuale da dedicarvi, gli obiettivi e gli standard d’apprendimento determinati a
livello nazionale;
2) una parte opzionale, che integra il curricolo lasciato all’autonoma determinazione
delle scuole con una pluralità di offerte tra le quali gli alunni hanno il diritto di
scegliere;
3) una parte facoltativa con l’arricchimento del curricolo attraverso attività e discipline
aggiuntive, programmate e realizzate con l’accordo di soggetti esterni alla scuola
(enti locali e/o agenzie formative).
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La legge nell’ottica dell’autonomia didattica obbliga le scuole ad adottare procedure e
strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento
degli obiettivi previsti dal Piano dell’Offerta Formativa (POF).
La verifica del raggiungimento delle finalità del sistema - istruzione s’esercita in due
fasi:
-
verifica degli standard di qualità del servizio – istruzione;
-
verifica degli obiettivi d’apprendimento raggiunti.
Le verifiche sono affidate all’INVALSI, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del
Sistema dell’Istruzione, così come la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del
sistema scolastico.
Il Piano dell’Offerta Formativa
Il Piano dell’Offerta Formativa (POF) è il documento fondamentale costitutivo
dell’identità culturale e progettuale della scuola, esprime la progettazione curricolare,
educativa ed organizzativa, che le singole scuole adottano nell’ambito dell’autonomia.
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Il Piano è il progetto di studio e di formazione curricolare, che ogni scuola propone e
s’impegna a predisporre in favore della collettività scolastica.
Il Piano è elaborato dal punto di vista didattico dal Collegio dei docenti, è proposto con
la partecipazione di tutte le componenti presenti all’interno della scuola sulla base degli
indirizzi generali di gestione e amministrazione definiti in Consiglio d’istituto, che
adotta il POF.
La Carta dei Servizi è trasferita nel POF, mentre il Piano Educativo Individualizzato è
trasversale al POF.
Il Piano Educativo Individualizzato è il documento nel quale sono descritti gli interventi
finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione ed
all’integrazione scolastica.
Il POF deve attuare iniziative individualizzate di recupero e di sostegno in modo da
prevedere la costruzione e la realizzazione di percorsi individuali d’apprendimento.
Il POF utilizza i seguenti indicatori:
• flessibilità rispetto alle scelte;
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• integrazione innovative e coerenza progettuale;
• responsabilità.
Il Piano dell’Offerta Formativa è pubblico ed è consegnato alle famiglie all’atto
dell’iscrizione.
Il Contratto di Lavoro del comparto scuola ha introdotto le funzioni strumentali al Piano
dell’Offerta Formativa per valorizzare la professionalità del personale docente e per
realizzare e gestire il Piano dell’Offerta Formativa.
Le funzioni strumentali sono identificate con delibera del Collegio dei docenti in
coerenza con il Piano dell’Offerta Formativa che, contestualmente ne definisce criteri di
attribuzione, numero e destinatari.
L’autonomia organizzativa
L’autonomia organizzativa riguarda:
− l’adattamento del calendario scolastico;
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− la programmazione pluriennale dell’orario del curricolo in non meno di cinque giorni
settimanali e nel rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e
attività obbligatorie;
− l’impiego e la distribuzione flessibile dei docenti nelle varie classi e sezioni in
funzione delle eventuali opzioni metodologie ed organizzative adottate dal Piano
dell’Offerta Formativa;
− l’ottimizzazione del tempo scuola e l’introduzione di innovative tecnologie;
− l’integrazione con il contesto territoriale di riferimento.
L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
Le scuole esercitano autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo presente
le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra
l’altro:
− la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
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− la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
− gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
− l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e con soggetti
istituzionali competenti.
Le scuole possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento
delle proprie finalità istituzionali.
L’autonomia finanziaria
Le
scuole
hanno
diritto
a
una
dotazione
finanziaria
essenziale
costituita
dall’assegnazione statale.
La dotazione statale si suddivide in assegnazione ordinaria e perequativa ed è senz’altro
vincolo di destinazione, che quello dell’utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle
attività d’istruzione, formazione e orientamento di ciascuna tipologia e di ciascun
indirizzo di scuola.
L’assegnazione ordinaria ha carattere uniforme e risponde a parametri fissi.
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L’assegnazione perequativa di natura integrativa ed eventuale serve a supportare le
scuole in difficoltà economiche e con disomogeneità territoriali.
I
fondi
previsti
dalla legge
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dicembre
1997
n.
440,
sono
finalizzati
all’implementazione, al potenziamento e all’ampliamento dell’Offerta Formativa.
Il Decreto Interministeriale n. 44 del 1° febbraio 2001, stabilisce le istruzioni generali
sulla gestione amministrativo – contabile delle scuole per l’autonoma allocazione delle
risorse, per la formazione del programma annuale, per la gestione delle risorse e per la
scelta dell’affidamento dei servizi di cassa.
La gestione finanziaria della scuola s’esprime in termini di competenza, è improntata a
criteri di efficacia, efficienza ed economicità e s’ispira a principi di trasparenza,
annualità, universalità, integrità, unità e veridicità.
L’attività amministrativo – contabile si svolge sulla base di un programma annuale.
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L’autonomia funzionale
Le scuole sono espressione di autonomia funzionale, in quanto l’autonomia concessa alle
scuole non è per fini generali, ma in funzione della definizione e della realizzazione di
educazione, formazione e istruzione.
La delega di funzioni nasce dall’esigenza di rispondere alle specifiche esigenze dei
cittadini.
L’autonomia funzionale, consiste nel riconoscimento alle istituzioni scolastiche di
funzioni e competenze proprie dell’Amministrazione scolastica centrale e periferica
relative a:
− carriera scolastica e rapporto con gli alunni, quindi iscrizioni, frequenze,
certificazioni, documentazione, valutazione e riconoscimento degli studi compiuti
all’estero, valutazione dei crediti scolastici e dei debiti formativi, partecipazione a
progetti territoriali e internazionali, realizzazione di scambi educativi internazionali,
disciplina degli alunni.
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− amministrazione e gestione del patrimonio e delle risorse finanziarie, la scuola
riorganizza la gestione dei servizi amministrativi e contabili in considerazione del
nuovo assetto istituzionale e della complessità dei compiti affidati per garantire
all’utenza un efficace servizio. Le scuole concorrono alla specifica formazione e
aggiornamento culturale e professionale del personale amministrativo.
− stato giuridico ed economico del personale, vi rientrano tutti i provvedimenti di
apertura, chiusura e sospensione della partita di spesa fissa, il riconoscimento dei
servizi, la ricostruzione e la progressione di carriera, le assenze ingiustificate avente
effetto di trattamento economico, la cessazione dal servizio per dimissioni volontarie,
il collocamento a riposo per limiti d’età e per anzianità di servizio.
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