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La banda degli usurai: 10 arresti

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La banda degli usurai: 10 arresti
Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs)
Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003
Scopelliti annuncia
un dossier sulle accuse
del colonnello Giardina
Addio
al Nobel
calabrese
Dulbecco
La maggioranza fa quadrato
Consiglio regionale rinviato
Domani avrebbe
compiuto 98 anni
Cordoglio unanime
GIUSEPPE BALDESSARRO e GIOVANNI VERDUCI a pagina 8
a pagina 9
Il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti
Martedì 21 febbraio 2012
www.ilquotidianodellacalabria.it
Renato Dulbecco
Cosenza. L’operazione “Beta” nata dalle denunce delle vittime: imprenditori e pensionati
La banda degli usurai: 10 arresti
Applicavano tassi dal 10 al 40% per un giro di affari in un anno di 500mila euro
Il nuovo romanzo
Nella morsa
dell’organizzazione
finito anche
un politico
La saga
calabrese
di Carmine
Abate
IMPRENDITORI, pensionati e anche un politico in difficoltà economiche finiscono
nella morsa di una banda di
usurai a Cosenza. Tassi dal
10 al 40 per cento per un giro di affari di 500mila euro
in un anno. Le vittime denunciano e l’organizzazione
viene sgominata. Dieci persone ieri sono finite agli arresti.
Apriamo l’uscio
e riprendiamoci
la vita
di ANGELO CANNATÀ
“CI sono momenti nella
vita di un uomo in cui bisogna decidere da che
parte stare.” Cesare Luporini spiega così l’attimo (il momento) il cui
continua a pagina 20
ROBERTO GRANDINETTI
e ANDREANA ILLIANO
alle pagine 6 e 7
Carmine Abate
F. SORGIOVANNIa pagina 50
Il colonnello Ferace, il procuratore Granieri e il colonnello Franzese in conferenza stampa illustrano l’operazione (foto Tosti)
La denuncia
Rai, clausola
antigravidanza
nel contratto
dei consulenti
a pagina 3
Tre foto
e una mimosa
Stefanaconi, freddato con tre colpi
mentre era nel giardino di casa
Il corpo di Giuseppe Matina
La vittima nipote di un uomo ucciso a settembre 2011
GIANLUCA PRESTIA a pagina 15
La ribellione
dei sentimenti
e del cuore
di GIUSEPPE LAVORATO
ADERISCO all'appello
per dedicare l'8 marzo a
Maria Concetta Cacciola,
Giuseppina Pesce, Lea
Garofalo e, con esse, a tutte le donne che hanno
continua a pagina 20
Il ministro Severino intervenuta alla cerimonia a Palmi. A Reggio assegnato un immobile confiscato
Sombrero
Parità
IN una scuola vicino a Vicenza due ragazzi sono
stati sorpresi a far l'amore nei bagni: il preside li
ha sospesi, ma alla femmina ha dato una punizione maggiore che al
maschio. Dieci donne
ogni mese vengono ammazzate, in Italia, da mariti, fidanzati, ex e padri:
l'omicidio domestico è
una delle cause di mortalità della donna. Direte:
queste due notizie non
sono collegate. E invece
sì. A bloccare il compimento dell'uguaglianza
fra i sessi c'è la morale
tradizionale. Nelle tradizioni antiche c'è del bello,
ma anche tanta atavica
ingiustizia che va sradicata una volta per tutte.
Un’aula del Tribunale dedicata al giudice Scopelliti
C’ERA il ministroSeverino alla cerimonia di intitolazione
di un’aula del Tribunale di
Palmi al giudice Scopelliti. A
Reggio assegnato un bene
confiscato.
ALBANESE, GALATÀ e GRILLONE
a pagina 13
20221
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 18 - N. 51 - € 1,20
In abbinata obbligatoria con Italia Oggi.
6 Primo piano
Martedì 21 febbraio 2012
Primo piano 7
Martedì 21 febbraio 2012
La tesi dell’accusa, che aveva chiesto il carcere per tutti
Operazione Beta
Ora si indaga per risalire
al «livello superiore»
A Cosenza 10 arresti. Il procuratore
«Siamo partiti dalle denunce»
di ROBERTO GRANDINETTI
Sotto strozzo
pure i pensionati
Piccoli imprenditori, politici, anziani vittime di aguzzini
Applicato un tasso di interesse dal 10 fino al 40 per cento
di ANDREANA ILLIANO
nacciato. Non esce di casa. Teme per
la vita della sua famiglia. Gli usurai
mostrano le pistole (i carabinieri ieri
hanno anche sequestrato delle armi)
per incutere timore e riescono
nell’intento, lo si comprende dalle
intercettazioni. Le storie si intrecciano e sono tutte simili. Lo scenario
è agghiacciante, ed è questo che viene fuori dall’indagine “Beta”, che ieri ha portato ai dieci arresti. L’inchiesta partita nel 2010, condotta
dai carabinieri del Reparto operativo di Cosenza, diretto dal colonnello
Francesco Ferace, è stata coordinata
dalla Procura di Cosenza.
A seguire, passo dopo
passo le indagini, sono
due Pm, Giuseppe Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava e il Gip, Francesco Branda l’altro giorno, ha firmato l’ordine di
custodia cautelare (sei in
carcere e quattro ai domiciliari), dopo la richiesta
del procuratore di Cosenza, Dario Granieri.
Tra gli arrestati c’è anche un parente di Giuseppe Ruffolo, un pregiudicato di 33 anni, ucciso lo scorso
anno a Cosenza, l’uomo fu assassinato il 22 settembre scorso mentre
era alla guida della sua auto. Aveva
precedenti penali per usura. Il procuratore Dario Granieri ieri, al comando provinciale, ha illustrato
l’operazione e ha detto senza dubbi:
«L’usura è una vera e propria piaga
per l'economiaed il sensocivile nella
città di Cosenza e nel suo hinterland». Altre inchieste, altre indagini
Granieri
«Questo
è il vero cancro
della città»
hanno visto la magistratura cosentina occuparsi di questo tipo di reato,
nelle ultime settimane. Stavolta però c’è chi alza la voce. Chi denuncia. È
scritto nell’ordinanza di arresto,
una volta giunta la prima segnalazione i militari, attraverso intercettazioni riescono ad ottenere la fiducia di altre vittime che raccontano la
propria storia. E il procuratore lo dice chiaramente: «Il peso specifico del
lavoro portato a termine è dato dalla
circostanza che le persone vittime
degli usurai hanno fornito una collaborazione rilevante nel corso delle
indagini. È stata un'attività investigativa complessa, svolta con le più
sofisticate tecniche d'indagine e che
ha consentito di interrompere un'attività odiosa che da tempo soffoca il
tessuto imprenditoriale del cosentino, rovina la vita di molte imprese e
di tante famiglie. Occorre un moto di
risveglio. Gli operatori economici
devono reagire, avere il coraggio di
denunciare. Bisogna avere fiducia
nelle istituzioni».
Ferace, ilcolonnello deicarabinieri, ha invitato ad altre denunce, quelle estorsive. Il punto è che questo potrebbe essere il primo tassello verso
altre indagini.
Gli arrestati ieri sono: Lorenzo
Ruffolo, di 52 anni e su amoglie Anna Squillace (50), entrambi di San
Pietro in Guarano; Davide Caligiuri
(49), di Celico, e Giovanni Bruni (52),
Francesco Ruffolo (37), Ennio Bruni (71), Alfonso Pichierri (53), Carmine Pietro Sapia (54), Francesco
Ruffolo (60) e Pasquale Placido (64),
tutti di Cosenza.
«Sei un morto che cammina
«Io sparisco
stamattina sono andato a sparare» mi ammazzo»
COSENZA - Una donna, Anna
Squillace, moglie di Lorenzo Ruffolo, entra a tutto campo nell’operazione. E in un’intercettazione
appare, come dietro ai dieci arresti, ci sia un sodalizio vero e proprio. Gli indagati sono accusati di
usura in concorso, ma non in associazione.
Il telefono della donna infatti il
10 dicembre del 2010 viene usato
da suo marito, Lorenzo Ruffolo
che chiama una delle sue vittime a
cui ha dato settemila euro che rivuole indietro con più 700 euro e,
nell’intercettazione, dice: «Questi
250 euro al mese me li vuoi dare
giustamente come Dio comanda».
Poi larvatamente minaccia l’uomo, asserendo che l’eventuale rottura del rapporto fiduciario con il
medesimo avrebbe significato trovare porte chiuse ovunque «se te la
guasti con me, te la guasti con tutti», testimoniando, a detta dei carabinieri, la compartecipazione di
un sodalizio compatto sia nelle
scelte che nelle decisioni.
C’è di più, il marito di Anna
Squillace, alla sua stessa vittima
riferisce di essersi allenato con
una pistola.
La minaccia a dire il vero è chia-
rissima, Lorenzo Ruffolo dice:
«Questa mattina sono andato a
sparare come nu ciatu».
La vittima, che indichiamo con
l’iniziale I. ribatte: «Non ho capito».
L.R. : «Sono andato a sparare come uno scemo».
I.: «Questa mattina?»
L.R. «Hai capito bene».
L.R.: «Se te la guasti con me te la
guasti con tutti. E un amico.. è un
morto che cammina».
I. «Ma figurati io me la voglio
guastare con te? Ma no...».
Quando l’imprenditore non riesce a pagare la cifra pattuita (500
euro al mese) entra in gioco anche
la moglie, Anna Squillace che invita I. a recarsi presso la sua abitazione di San pietro in Guarano,
con la scusa che il marito, sottoposto agli arresti domiciliari, desiderava salutarlo.
La vittima dell’usura I. dichiarava ai carabinieri: «Ho avuto in prestito da Francesco Ruffolo, la somma di 1.500 euro in contanti all’incirca nel mese di settembre - ottobre del 2010 con l’accordo che
avrei dovuto pagare tre rate da 650
euro, pe run totale di 1.950 euro,
dei quali 450 euro di interessi».
COSENZA - Il nome dell’operazione
“Beta”non è altro che il soprannome
di uno degli arrestati, Alfonso Picchieri che appare in molte intercettazioni. F.A. è una delle vittime di
usura che ha a che fare con l’indagato chiamato appunto Beta. lo conosce tramite un intermediario. Ha bisogno di soldi. Prima 4.000 euro. Poi
la cifra sale. Non riesce a coprire il
debito. L’uomo viene chiamato al telefono in continuazione. Confessa
che appena vede sul cellulare la scritta “numero privato” pensa ai suoi
aguzzini. È come impazzito. Non sa
come andare avanti e in una intercettazione ambientale in auto con Alfonso Pichieri dice: «Dove li faccio
questi soldi, a 50, a 100 euro, non c’è
niente in giro. Devi avere pazienza,
che mi vado a prendere i soldi. Non
me ne da’più nessuno».
La telefonata finisce. F.A. è diretto
a Cosenza, deve incontrare Picchieri
e ormai parla da solo, le sue dichiarazioni sono le più terribili, in auto andando verso Cosenza per incontrare
Picchieri afferma: «Io sparisco, io
me ne devo uscire, io non ce la faccio
più. Altrimenti mi vado ad ammazzare, sopra a Dio, mi vado ad ammazzare, non ce la faccio più ad essere
chiamato».
L’arresto
di
Alfonso
Picchierri
detto Beta
|
L’INTERCETTAZIONE
|
«Voglio buttarmi
giù dal balcone»
COSENZA - Chi chiede soldi al- faccio...credimi non ce la facla consorteria criminale, è di- cio».
Ennio Bruni annuisce. Consperato. Minaccia di ammazzarsi e non è retorica. Lo spac- cede tempo, ma forse lascia incato di disperazione viene fuori tendere qualcosa ed ecco che
anche dalle intercettazioni, te- l’imprneditore finito sul lastrilefoniche ed ambientali, che i co aggiunge: «Solo il pensiero
carabinieri raccolgono tra le mi distrugge, adesso, ce la faccio. Solo il pnesiero mi distrugstesse vittime degli strozzini.
Chi denuncia lo fa soprattut- ge e gli do 2.000 e 1.500 così per
to, quando si trova di fronte a un mese stanno zitti. Ok?».
Ennio Bruni(detto lo Sceicprove schiaccianti, quelle raccolte dai carabinieri, impegna- co) concorda.
E F.A. aggiunge:
ti nell’operazione
«venerdì mattina ti
Beta.
do’ mille euro, penLa storia di F.A.
so pure gli altri, fai
è emblematica. Il
fare a me che non ce
23 gennaio scorso
la faccio questo meparla con un interse».
mediario, uno dio
F.A., la vittima
quegli che negli
dell’usura ammetanni lo ha messo
te: «Alfonso Picin contatto con gli
chieri, detto Beta o
usurai e dice:
“amico del giagua«Non rompo il
ro” lo conosco da 4 c...a nessuno però
5 anni, avrebbe dosono
arrivato.
vuto
prestarmi
Non ce la faccio L’arresto di Ennio Bruni
somme di danaro.
più.
ContinuaNel 2010 mi diede
mente ho voglia di
10.000 euro. Il debuttarmi dal balbito con gli interescone, non ho niensi andava estinto,
te. Non valgo nienin quanto dovevo
te».
corrispondere
F.A. ha avuto bi1.500 a titolo di insogno di soldi nel
teressi mensili, che
tempo. Ha cercato
ho pagato per alcugli strozzini nel
tempo. Non riesce a pagare le ni mesi, fino a quando non sarei
rate. Va a Milano. Cerca aiuto in riuscito a restituire il capitale.
un finanziamento pubblico. Poi non sono riuscito più a corPrende tempo. Ma non regge. E rispondere quanto pattuito con
dice in una telefonata all’inter- il Picchieri e il debito è aumenmediario non smette di piange- tato in modo esponenziale fino
re e dice: «Ho sbagliato, ammes- a raggiungere la cifra di
so pure di aver sbagliato, ma ca- 22.000 euro, pattuendo la conpisci no? Mi sono rovinato la vi- segna di 3.300 euro ogni mese.
ta. Non ho un centesimo in ta- somma che doveva contreggiarsi quale decurtazione del
sca».
F.A. in un’intercettazione capitale fino ad estinzione del
con Ennio Bruni, uno degli ar- debito».
Il piccolo imprenditore però
restati, dice: «Probabilmente
domano, dopo domani, vado a non ce la fa. Il suo intermediaRoma, che mi hanno sbloccato rio, poi indagato, Attilio Gaun poco di soldi per cui gli pos- gliardi afferma di essere a coso dare tutti i duemila e cinque, noscenza del debito contratto e
così stiamo un mese in santa ribadisce: «Il mio intervento è
pace, poi dopo, penso che mi avvenuto per sola amicizia».
sbloccano tutto...poi...non ce la
and.ill.
Il debito
di 10mila euro
diventa di 22mila
IL CASO
Il politico vittima: «Avevo bisogno di soldi per la campagna elettorale»
ANCHE un politico, un consigliere comunale, nell’indagine Beta, condotta dai carabinieri e che ha portato a dieci arresti, a Cosenza. La vicenda è quella del consigliere comunale Roberto Sacco, tra le presunte vittime di “Beta”, l’operazione antiusura condotta ieri dai carabinieri su direttive della procura di Cosenza. Come responsabili
vengono qui indicati Francesco Ruffolo (classe ‘52) e Pasquale Placido. A quest’ultimo (difeso dall’avvocato
Ugo Le Donne) la relativa ordinanza con la quale gli sono stati applicati gli arresti domiciliari è stata notificata alle
primissime luci dell’alba di ieri. «In concorso tra loro - si legge nel relativo capo di imputazione redatto dai pubblici
ministeri Giuseppe Cava e Giuseppe Francesco Cozzolino - si facevano promettere da Sacco Roberto, a fronte
di un prestito di denaro di euro 7.500, un interesse mensile pari ad euro 750, corrispondente al tasso del 10%,
facendosi consegnare - oltre al capitale anche - interessi per un importo complessivo di euro 5.250». Il politico
ha detto ai carabinieri: «Nel mese di febbraio 2011 ho avuto necessità di disponibilità economiche per finanziare
l'imminente campagna elettorale per le elezioni comunali che si sono svolte nella primavera dello stesso anno
e, pertanto mi rivolsi a Pasquale Placido, che conoscevo da circa dieci anni, per arrivare a Francesco Ruffolo».
L’operaio teme per la sua vita dopo aver subito minacce dall’usuraio con la pistola
Picchiato a sangue, poi denuncia
L’intermediario alla vittima: «Sei infame, non sperare che l’Arma ti aiuti»
COSENZA - Chi non pagava veniva picchiato a sangue. Gli strozzini mostravano loro armi, li minacciavano di morte. Una delle
storie che viene fuori dalle indagini è quella di G.R. che ammette,
dopo aver ascoltato le intercettazioni telefoniche compiute dai carabinieri (diretti dal colonnello
Francesco Ferace e dal colonnello
a capo della compagnia Vincenzo
Franzese) che hanno condotto
l’indagine Beta, di essere stato vittima di usura da parte di Lorenzo
Ruffolo, Davide Caligiuri, Giovanni Bruni (tutti indagati
nell’indagine, voluta dai sostituti
procuratori, Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava, diretti dal
procuratore Dario Granieri) ).
L’uomo racconta che nel mese di
ottobre del 2009, versa in condizioni di difficoltà economica e si
rivolge a Lorenzo Ruffolo per il
tramite di Davide Caligiuri, per
chiedergli un prestito in danaro.
L’indagato acconsente e, dopo
aver ricevuto a titolo di garanzia,
un assegno bancario dell’importo
di 4mila euro, con scadenza novembre 2009, gli consegna la
somma contante di 3mila euro,
trattenendo sin dall’inizio la somma di mille euro, a titolo di interesse.
Mesi dopo l’uomo non riesce a
portare a termine il pagamento
della cifra e chiede altri soldi, oltre
diecimila e dentrano in gioco gli
altri usurai. Il debito lievita. E
partono le minacce. Il 20 dicembre scorso la donna della vittima
dell’usura racconta ai carabinie-
Il colonnello Francesco Ferace, il procuratore Granieri e il colonnello Franzese
ri: «Il mio convivente nel marzo
del 2010 è rincasato all’ora di
pranzo e aveva l’orecchio destro
sanguinante. Gli chiesi spiegazioni. Mi disse che si era infortunato su un cantiere
edile. Anche nel
mese di maggio del
2010 ricordo che
un pomeriggio, allorquando G. fece
rientro a casa, notavo che aveva il viso arrossato e lamentava dolori alla spalla destra. Pure in questo caso mi disse che si era infortunato
sul lavoro».
La donnascopre poida suasuocera che il suo convivente è vittima di usura. Per pagare. G.R. ven-
de la propria auto per una manciata di migliaia di euro.
I tre che hanno a che fare con
G.R. però pensano di essere intercettati e in un incontro con la loro
vittima gli consegnano un bigliettino consu scritto:
«Non parlare in
machina». Poi uno
di loro si alza la
maglia e gli mostra una pistola.
A G.R. i suoi
aguzzini chiedono di non usare il telefonino, ma di
chiamarli solo da cabine pubbliche edi usare uncodice peri soldi,
come quello di «bidoni di pittura»
per indicare le somme da restituire. G.R. è così disperato che si ri-
«Deve finire
questo schifo
non esco più ormai»
volgeasuamadre. Glichiedeisoldi della pensione.
Quando gli aguzzini capiscono
che forse sono intercettati, aumentano le minacce. E Davide Caligiuri, uno degli indagati dice a
G.R.: «Mi hai rovinato, tu sei andato a fare la denuncia dai carabinieri, che sei un pentito e non sperare che i carabinieri ti aiutino, attenzione a quello che fai, guardati
sempre le spalle, che le cose si sono
messe male, per te, tu non mi devi
più rivolgere la parola, perchè sei
un infame, mi hai denunciato ai
carabinieri».
Davide Caligiuri compare come
una sorta di “intermediario” di
“quelli di Cosenza”(che sarebbero
Francesco Ruffolo e Giovanni
Bruni, figlio di Ennio detto “lo
sceicco”), Caligiuri afferma che è
lui la garanzia di G.R. e per non
avere problemi addirittura chiede soldi ai suoi familiari. Lo scenario appare come una rete vera e
propria fatta da intermediari, magarisenza precedentipenali chea
loro volta ci guadagnano, mettendo in contatto quelli di Cosenza
con piccoli imprenditori anche
dellaprovincia. Iltasso diinteresse per chi chiedeva soldi era anche
superiore al 40 per cento.
G.R. che ha un’attività edile non
sa come tirarsi fuori da questa storia e registra le conversazioni e
confessa al suo intermediario,
Davide Caligiuri: «deve finire
questo schifo. Io ho paura. Non
sto uscendo. Neanche a mia moglie la sera faccio uscire».
and. ill.
Da sinistra: i pm Giuseppe Cava e Giuseppe Cozzolino
versi anni - ed in modo piuttosto stabile nell'attività usuraria sino al punto da risultare completamente “asservite” alle volontà dei rispettivi aguzzini, i quali, facendo leva sulla gravissima condizione di precarietà economica e bisogno delle vittime,
provvedevano ad “irretirle” riducendole in
una situazione di completa dipendenza
economica e profonda disperazione psicologica. Si pensi, ad esempio, ai propositi di
suicidio manifestati, più volte, da alcune
vittime dell'attività illecita ed all'estrema
disperazione emersa nel corso di alcune
conversazioni intercettate».
I magistrati hanno evidenziato «che i
modestissimi redditi “leciti” dichiarati dagli indagati ai fini fiscali, a fronte delle considerevoli disponibilità finanziarie e patrimoniali risultanti nella loro disponibilità,
lasciano fondatamente ritenere che l'attività illecita si ponga per gli stessi come fonte principale di approvvigionamento in
grado di assicurare l'acquisizione di cospicui utili ed incentivare, così, il prosieguo
dell'attuale sistema illecito di vita». Cava e
Cozzolino hanno inoltre scritto che
«l’estrema attualità dell'attività illecita, tale da rendere particolarmente urgente la
misura cautelare, discende in maniera
lampante da alcune conversazioni nel corso delle quali si dava pienamente contezza
dell'esistenza di ulteriori episodi usurari
coinvolgenti vittime non ancora individuate e rispetto alle quali l'attività illecita
ad opera degli indagati risulta tuttora in
corso».
E così «appare vivissimo il pericolo che
gli indagati, se lasciati in libertà, possano
non solo commettere ulteriori reati della
stessa specie ai danni delle vittime già accertate e di quelle in corso di identificazione ma anche protrarre l'attività usuraria
in atto con riguardo ai rapporti già pendenti».
Per i due pm, dunque, «in ragione della
particolare gravità dei reati commessi e
dell'allarmante personalità dimostrata dagli indagati, le prospettate esigenze cautelari non possono, allo stato, essere adeguatamente soddisfatte con una misura meno
afflittiva della custodia cautelare in carcere nei confronti di tutti gli indagati, anche
in ragione della necessità di recidere immediatamente ogni possibile contatto degli stessi con il contesto criminale - verosimilmente ben più ampio di quello finora
emerso - in cui risultano stabilmente inseriti. Del resto, si consideri che il numero
impressionante di reati di evasione commessi da Ruffolo Francesco (classe '52) ben sette finora - dimostra indiscutibilmente l'incoercibile insofferenza, da parte
del predetto, verso qualsiasi forma di limitazione della libertà personale la cui attuazione postuli una qualche “collaborazione”
del destinatario e, quindi, l'impossibilità di
accordare al detto indagato quella “fiducia” sottesa alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Ruffolo Lorenzo, poi, come emerso da alcune intercettazioni, non
solo continuava ad impartire direttive alla
moglie durante il periodo di detenzione
carceraria, ma una volta ottenuti gli arresti domiciliari incontrava liberamente le
vittime per riscuotere le rate mensili dei
prestiti usurari».
L’ipotesi dei pm è stata sostanzialmente
avallata dal gip, che ha mandato in carcere
sei dei dieci indagati. Per gli altri quattro
arresti domiciliari. Ma le indagini - come
abbiamo visto - non finiscono qua. Ora tocca al «livello superiore»...
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
COSENZA - «Mi ammazzo, se continua così», lo dice in un’intercettazione telefonica unavittima dell’usura.
Accade a Cosenza. Le denunce partono da sei, sette imprenditori, operai e
pensionati, (c’è anche un politico: un
consigliere comunale della città dei
Brutii), che hanno bisogno di soldi e
li chiedono ad una consorteria criminale che applica un tasso di interesse che varia dal 10 al 40 per cento.
Il giro d’affari, in un anno, è di circa
500mila euro. Entrare nel giro
d’usura è facile: ci si rivolge ad intermediari, che a
loro volta guadagnano in
percentuale, portando le
facili prede agli usurai
“quelli di Cosenza”. In alcuni casi le cifre richieste
agli aguzzini sono irrilevanti: servono per mangiare, per comprare medicine, per pagare l’affitto. I presunti dieci usurai
ed estorsori, arrestati ieri, nell’ambito dell’operazione “Beta”, (il nome è presa da un soprannome di uno degli indagati, Alfonso
Picchieri) hanno l’abitudine di vessare le loro vittime, quando queste
non riescono a pagare la cifra pattuita. Pensionati, operai edili, piccoli
imprenditori in fallimento sono terrorizzati, c’è chi vende la propria auto, chichiede isoldi dellapensione ai
suoi genitori, chi minaccia di ammazzarsi.
Chi non paga viene picchiato, anche a sangue. Si sente seguito. Mi-
COSENZA - I pubblici ministeri Giuseppe
Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava avevano chiesto la custodia cautelare in carcere per tutti gli accusati. «L'ulteriore stato
di libertà degli indagati - avevano scritto i
due magistrati bruzi nella relativa chiesta
di applicazione - rischierebbe in concreto di
vanificare il prosieguo delle attività di indagine anche con riferimento all'identificazione di ulteriori correi nell'attività criminosa, la cui esistenza, lungi dall'essere
frutto di una mera supposizione, trova anch'essa puntuale riscontro in alcune conversazioni dalle quali emerge, in maniera
inquietante, con riferimento ad alcune vittime, l'esistenza di situazioni debitorie nei
confronti anche di altri finanziatori nonché, e soprattutto, il coinvolgimento nei
fatti per cui si procede anche di terze persone costituenti un “livello superiore” rispetto a quello finora emerso».
Soffermandosi «sulla gravità dei fatti
commessi» e sulla «allarmante personalità
degli indagati» i pm hanno inoltre scritto
che «la pluralità di reati di usura ed estorsione posti in essere dagli indagati» è «sintomatica di un modus operandi altamente
professionale acquisito dagli aguzzini in
grado di assicurare loro una fitta rete di
contatti con un imprecisato numero di vittime così da garantire una impressionate
continuità di azione nel tempo ed un'indubbia capacità di espansione dell' attività illecita».
Sempre a detta di Cozzolino e Cava «l'attività delittuosa dimostrava la sua estrema
gravità allorquando alcuni indagati non
esitavano a ricorrere a concreti atti di intimidazione - talvolta anche fisica - nei confronti dei clienti particolarmente “morosi”; circostanza, questa, che rendeva ancor
più temibile agli occhi delle vittime l'attività posta in essere ai loro danni. A rendere
ancor più preoccupante la vicenda - è stato
scritto a tal proposito dai due pm bruzi contribuisce la circostanza che alcuni degli indagati dimostravano una particolare
dimestichezza con le armi comuni da sparo, come emergeva in occasione dell'arresto in flagranza di Bruni Giovanni - presso
la cui abitazione venivano rinvenute addirittura 3 pistole - e Ruffolo Lorenzo». Non
in ultimo i pm hanno ricordato che «alcune
vittime del reato sono coinvolte già da di-
Martedì 21 febbraio 2012
Il caso politico
Consiglio regionale rinviato a giovedì prossimo
Una relazione sulle accuse di Valerio Giardina
Scopelliti annuncia un dossier
La solidarietà di Alfano. E Gentile chiama a raccolta le file del Pdl nazionale
| IL DOCUMENTO |
La maggioranza di centrodestra fa quadrato
attorno al suo presidente della giunta
di GIOVANNI VERDUCI
REGGIO CALABRIA - Stavolta sarà il governatore Scopelliti a presentare la sua “informativa”. Cambierà il teatro
ma non gli attori principali. Il
presidente della giunta regionale calabrese, infatti, sarà in
aula prima di tutto per offrire
aicalabresi lasua versionedei
fatti, per rispondere ad una
settimana di distanza a quanto raccontato dal colonnello
Valerio Giardina durante la
sua ultima deposizione nel
processo “Meta”, e lo farà dal
suo scranno in consiglio regionale.
Giuseppe Scopelliti sente il
bisogno di sfogarsi, dopo
quelli che lo stesso governatore calabrese ha ritenuto essere “attacchi gratuiti” da parte
di un ufficiale dell'Arma che a
Reggio Calabria ha segnato
alcune delle pagine più importanti nella lotta alla criminalità organizzata e, anche
per questo, ieri pomeriggio ha
praticamente “paralizzato” i
lavori del consiglio regionale.
Il tempo non era dalla parte di
Scopelliti. Il presidente della
giunta regionale poco prima
delle diciassette ha lasciato
palazzo “Campanella”, senza
nemmeno entrare in aula, per
prendere un volo alla volta
della Lombardia per incontrare Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano e discutere con loro
dei congressi del partito e del
tesseramento.
Così la seduta, convocata
per le tredici per consentire alle massime autorità regionali
di partecipare alle iniziative
organizzate per l'arrivo del
ministro della Giustizia in
provincia di Reggio Calabria,
è durata poco più di dieci minuti. Giusto il tempo di leggere i verbali della seduta precedente, di esprime il cordoglio
REGGIO CALABRIA - I consiglieri regionali di maggioranza, gli assessori ed i sottosegretari al termine
della riunione odierna del Consiglio regionale hanno
espresso piena fiducia al Presidente Scopelliti.
«Ci sentiamo totalmente coinvolti nel processo di
cambiamentopostoin esseredalPresidente- sileggein
una nota - nella consapevolezza che la
sua azione è da sempre improntata al rispetto della legalità e al contrasto assoluto della criminalità organizzata. Ciascuno di noi si sente colpito in prima
persona dagli attacchi privi di fondamento indirizzati a Scopelliti. Ci riferiamo espressamente alla testimonianza
del colonnello dei Carabinieri Valerio
Giardina, resa venerdì scorso nell'ambito di un processo relativo a vicende passate che non
hanno mai visto coinvolto il Presidente Scopelliti e che
appare orientata a delegittimarne la sua immagine e
tutto ciò che la sua azione politica ed amministrativa
rappresenta».
Nella nota, poi, i consiglieri di maggioranza fanno un
elenco delle attività poste in essere dalla giunta Scopelliti. «In soli 22 mesi questo Governo regionale - si legge
ancora - ha eliminato sprechi e privilegi. Per la prima
«Una testimonianza
per delegittimare
la sua immagine»
della Calabria per la morte del
premio Nobeldi originicatanzaresi Renato Dulbecco, rispettare unminuto disilenzio
in onore dello scienziato, timbrareil cartellinoe, adistanza
di sei ore dall'orario di convocazione, rimandare la discussione alla sedutadel prossimo
giovedì.
Ma i consiglieri regionali,
non tutti per la verità, non se
ne sono stati con le mani in
mano. Il loro pomeriggio, infatti, è stato scandito da estenuanti riunioni di gruppo.
Quelli della maggioranza si
sono rinchiusi all'interno del-
la sala “Levato” per quattro
lunghe ore, insieme a Scopelliti hanno cercato di trovare la
quadra per assecondare le richieste del governatoree individuare un modo per stabilire
un “contatto” con l'altra anima del consiglio regionale.
Nelle stesse ore il gruppo di
minoranza si incontrava con i
rappresentanti della Cgil, che
dal mattino erano in sit-in davanti palazzo “Campanella”,
per raccogliere le lamentele
dei sindacati sul settore dei
trasporti, renderle proprie e
darne sfogo in aula. Ma queste
intenzioni sono rimaste tali.
|
di GIUSEPPE BALDESSARRO
REGGIO CALABRIA - E’ dura la
reazione del Governatore Giuseppe Scopelliti alle dichiarazioni rese in aula, nel corso del processo “Meta”, dal colonnello Valerio Giardina. L’ufficiale lo indica come parte di un gruppo di potere «massonico-mafioso» e il
Presidente della Calabria passa
al contrattacco affermando che
le persone che indica come suoi
possibili sodali in realtà sono
suoi nemici storici
come dimostra l’ordinanza del Gip Baudi di Catanzaro sul
famoso “Caso Reggio”. Un’inchiesta
svolta nel 2003 da
Luigi De Magistris
che fu sconfessata
dai giudici, in gran
parte prima di arrivare in un’aula di
processo. e definitivamente chiusa dalle conseguenti archiviazioni. Mettendo da parte
eventuali responsabilità di natura giudiziaria, quell’indagine fotografava la campagna elettorale del 2002 e i primi mesi in cui
Scopelliti divenne sindaco di
Reggio Calabria per la prima volta.
Le microspie della Squadra
Mobile riuscirono a registrare
Un gruppo
formato
da illustri
esponenti
di destra
volta, la Corte dei Conti ha espresso
pubblicamente apprezzamento per il
risanamento che la Regione Calabria
sta attuando sopratutto nella sanità.
Con la crisi economica che avanza e il
disagio sociale ai livelli di guardia, se
la politica continuerà
ad essere ingiustamente delegittimata
la speranza rischia di
spegnersi per tutti,
proprio nel momento
in cui si stanno per cogliere i risultati positivi di un percorso virtuoso».
«Riteniamo pertanto indispensabile - si legge infine nella nota - che l'opinionepubblica siainformatasuquello chestarealmente accadendo in Calabria. Il Presidente Scopelliti è l'autorevole guida di un gruppo dirigente, democraticamente eletto, che ha come obiettivo la realizzazione del
programma di governo su cui i calabresi hanno riversato un ampio consenso. E' necessario consolidare questa
azione sgombrando il campo da qualsiasi dubbio».
Alle diciassette, con quattro
ore di ritardo sull'orario prefissato, il consiglio regionale
si riuniva formalmente, il segretario questore Giovanni
Nucera dava lettura del verbale della seduta precedente, il
presidente del consiglio Franco Talarico salutava la dipartita delNobel Dulbeccoe arrivava la richiesta del capogruppo
del Pdl: Luigi Fedele invitata i
consiglieri a sospendere la seduta, riunire i capigruppo per
discutere e «raccogliere l'invito del presidente Scopelliti che
ritiene importante chiarire a
tutti i calabresi gli aspetti in-
NELL’INCHIESTA
Il presidente
Giuseppe
Scopelliti
quietanti degli attacchi subiti
che non hanno assolutamente
fondamento».
Il capogruppo del Pd Sandro Principe accoglie l'invito e
la seduta viene sospesa. Tiene
banco il "caso Giardina-Scopelliti", la problematica dei
trasporti e delle infrastrutture, i ritardi che bloccano la crescita del territorio regionale e
confinano la Calabria in un
isolamento disarmante, possono aspettare. Passa un'altra
ora buona, i capigruppo lasciano l'aula delle commissioni e il presidente Franco Talarico rimanda tutto a giovedì
|
Nel salotto di Romeo
Dove fu pianificata la scalata elettorale
una serie di riunioni politiche e
incontri nello studio dell’avvocato Paolo Romeo, considerato al
tempo un’eminenza grigia della
politica reggina. Che Romeo
avesse grandi capacità ed estimatori non è un mistero per nessuno. E nel suo studio infatti si
alternavano personaggi di primissimo piano, tutti di centrodestra.
Quando Scopelliti dice che non
era amato in quel salotto dice la
verità. Non dice però che in quello stesso salotto è stata costruita
una parte importante della sua
vittoria elettorale. Si tenga conto
che Scopelliti vinse su Demetrio
Naccari per 6 punti percentuali e
che la battaglia fino all’ultimo
momento era stata incerta.
Nello studio dell’avvocato Paolo Romeo già nel maggio del
2002 s’incontravano esponenti
di primo piano di diversi partiti.
Assieme, tessevano trame politiche, disegnavano strategie, valutavano le mosse da fare e quelle
da evitare. Tra gli ospiti dell’avvocato Romeo c’erano il sottosegretario alla Giustizia di An,
Giuseppe Valentino, Alberto
Sarra e Antonio Franco dello
stesso partito (che a seguito delle
elezioni sarebbero diventati, rispettivamente, assessore regionale e provinciale), Amedeo Canale, poi assessore comunale di
Reggio, il coordinatore regionale del Psdi, Carlo Colella, il presidente del Consiglio comunale,
Aurelio Chizzoniti, e quello della
giunta provinciale Pietro Fuda,
ma anche il vice prefetto di Reggio, Giuseppe Rizzo, consiglieri
comunali, imprenditori, tecnici,
burocrati e tanti candidati del
centrodestra che con Romeo “ragionavano” o che, più semplicemente, si rivolgevano a lui per un
consiglio, un sostegno, un aiuto
per la campagna elettorale, per
«una cocciata i voti» (un pugno di
voti).
Dalle intercettazioni emerge
anche che esisteva una strategia
precisa. Che da una parte era volta a blandire e corteggiare i vertici politico-istituzionali, e dall’altra a tenere sotto pressione le amministrazioni comunale e provinciale che sarebbero uscite dalle urne il 26 maggio del 2002.
L’obiettivo era perseguito at-
prossimo. Sandro Principe
così ha spiegato la scelta dell'opposizione: «Oggi dovevamo discutere dell'emergenza
trasporti in Calabria, ci siamo
trovati di fronte alla richiesta
della maggioranza e di Scopelliti che vuole spiegare ai calabresi i contorni di questa vicenda che lo ha interessato. Ci
è sembrato un atteggiamento
istituzionale da condividere,
ma allo stesso tempo abbiamo
detto che il consiglio deve fare
il suo lavoro e giovedì prossimo, dopo che Scopelliti avrà
esposto la sua relazione, riprenderemo a discutere dell'emergenza trasporti che affligge i calabresi». Tranciante, invece, il commento di Domenico Talarico. Il consigliere regionale dell'Idv ha detto:
«Siamo indignati per il comportamento di Scopelliti. Il governatore ha abbandonato l'astronave. Ha anteposto i suoi
problemi a quelli importantissimi che affliggono la Calabria, ha tentato di imporre al
consiglio la solidarietà e tutto
questo alimenta l'anti politica».
Cambiando schieramento,
la “lista Scopelliti” si muove
compatta nel difendere l’operatore del presidente della
giunta regionale. Il governatore Scopelliti, poi, incassa la
solidarietà di Angelino Alfano.Il senatoredel PdlAntonio
Gentile, infine, propone una
manifestazione nazionale per
il presidente della Regione.
«Spero che il Pdl e tutta l’area
moderata, e per questo mi adopererò – afferma in una nota
Gentile - organizzino una manifestazione nazionale a sostegno del Presidente della
Regione Calabria, Giuseppe
Scopelliti, che rischia di essere dilaniato nell’opinione pubblica senza una giustificazione concreta».
traverso passaggi precisi, e, nel
caso delle elezioni amministrative, il gruppo tentò di far eleggere
almeno quattro consiglieri provinciali e sei consiglieri comunali che, se anche provenivano da liste e partiti doversi, avrebbero
dovuto muoversi in blocco, in
maniera da rappresentare una
sorta di spada di Damocle sulla
testa di Scopelliti e Fuda qualora
questi non avessero accettato di
dialogare col gruppo. Politica insomma.
Di Scopelliti non si fidavano,
era un incapace secondo loro al
punto che ironizzando dicevano
di lui che «aveva bisogno del tutor» per governare Reggio. Tuttavia lo sostennero, eccome. Per
raggiungere lo scopo il gruppo
politico inserì i suoi candidati in
alcune liste e Romeo si vantava di
averne costruite di sana pianta
alcune. Al punto da chiamare,
subito dopo le elezioni, i leader di
Liberal Sgarbi, Forza Reggio,
Patto Segni e Psdi, e proporre loro di muoversi all’unisono per ottenere il massimo dalle due amministrazioni. I quattro partiti
avevano infatti complessiva-
mente raggiunto l’8%. E sempre
secondo le intercettazioni fu Antonio Franco a convincere gli uomini dell’Udeur a sostenere Scopelliti (un altro 6%).
Ma si andava anche oltre.
Quando alcune settimane prima
delle elezioni fu inaugurata la
stele dedicata a Italo Falcomatà,
compianto sindaco deceduto alcuni mesi prima, nel salotto si fece di tutto per evitare (tramite il
vice prefetto) la cerimonia e la
pubblicità che ne sarebbe venuta
a Naccari. Non è finita. Si arrivò anche a
“consigliare” alcuni
candidati a non partecipare ai dibattiti
tv, dove Naccari, dotato di una dialettica
migliore, riusciva ad
avere la meglio. Alcuni dei protagonisti di quel salotto poi,
non va scordato, ebbero incarichi di primo piano nelle giunte Scopelliti. Tra questi Alberto Sarra che è tutt’oggi
sottosegretario alla Regione nominato da Scopelliti.
E’ vero che l’allora candidato a
sindaco non era stimato. E’ vero
anche però che senza quel gruppo di esponenti politici non sarebbe stato eletto. Almeno questo
è quello che dicono loro stessi
nelle intercettazioni.
Sindaco
grazie
anche
a quattro
liste
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8 Primo piano
BREVI
DENUNCIATO DALLA POLFER
A TORINO
LAMEZIA TERME
Aggressione a capotreno, rintracciato rom La Calabria alla mostra sui centri storici
Sequestrati 200mila prodotti casalinghi
E’ STATO individuato dalla polizia ferroviaria e denunciato a piede libero alla procura dei minorenni di Catanzaro, per violenza a pubblico ufficiale e lesioni, il giovane
rom che accusato d’avere aggredito il capotreno su un
treno regionale proveniente da Sapri e diretto a Cosenza.
DUECENTOMILA prodotti contraffatti sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a Lamezia Terme. I
prodotti sono stati sequestrati in un negozio che commercia prodotti fabbricati in alcuni Paesi dell’Asia. Si
tratta, in particolare, di giocattoli e oggetti per la casa.
OGGI, alle ore 11, nella sede di Palazzo Alemanni, a Catanzaro, l’Assessore regionale all’Urbanistica, Piero Aiello, terrà una conferenza stampa. Sarà presentata la partecipazione dell’Assessorato alla mostra multimediale sui
centri storici calabresi che si farà a Torino.
Il ministro Severino è intervenuta alla cerimonia. Il toccante ricordo della figlia Rosanna
Risarcito il giudice Scopelliti
A Palmi intitolata l’aula della Corte di assise al magistrato ucciso nel 1991
di MICHELE ALBANESE
e DOMENICO GALATÀ
Bloccate dalle forze dell’ordine
PALMI - «Un parziale risarcimento, un
modo di scusarsi per l'intollerabile torto fatto al giudice Antonino Scopelliti».
Così si il Ministro della Giustizia, Paola
Severino, intervenuta ieri mattina alla
cerimonia con cui è stata intitolata l'aula dei Corte d'Assise del Tribunale di
Palmi alla memoria del giudice barbaramente ucciso a Campo Calabro il 9
agosto del 1991. Si tratta della prima
aula di Tribunale in Italia in cui è stata
posta una targa in ricordo del magistrato calabrese. «Un uomo che condivide alcune peculiarità con altri magistrati uccisi dalla criminalità organizzata, come Antonino Saetta e Rosario
Livatino. Silenzio e lavoro sono le caratteristiche che li hanno accomunati.
Giudici sconosciuti ai più, ma ben noti ai loro spietati assassini». La memoria delle vittime della criminalità, è per
il Guardasigilli «un preciso dovere morale ed un insegnamento per le nuove
generazioni. Solo con il ricordo si può
fareapprezzare veramentelademocraziae lalegalità.Questaintitolazione èil
segno tangibile della prosecuzione dell'impegno contro la criminalità organizzata». Nel rinnovare l'impegno del
Governo nella lotta alla criminalità, alla 'ndrangheta «la più difficile da combattere perchè radicata anche e soprattutto nei legami familiari che sono più
difficili da estirpare», il ministro si è rivolto alle famiglie, esortandole «a non
insegnare il disvalore dell'illegalità».
L'auspiciodella Severinoè chequello
di ieri mattina sia stato «il primo passo
di una lunga serie di iniziative nelle
scuole e nelle università per ricordare
chi fosse questo magistrato calabrese
di cui l'Italia deve andare orgogliosa».
Le parole del ministro della Giustizia
sono state l'atto conclusivo di una cerimonia aperta dal presidente del Tribunale di palmi Maria Grazia Arena a cui
hanno partecipato, tra gli altri, il Procuratore Nazionale Antimafia, Piero
Stop alla protesta
delle donne
dei presunti mafiosi
Un momento della cerimonia
Grasso, il presidente dell'Associazione
Nazionale Magistrati, Luca Palamara,
numerosi esponenti politici calabrese,
tra cui i presidenti della Regione e del
Consiglio regionale Giuseppe Scopelliti e Francesco Talarico,i vertici delle
forze dell'ordine provinciali e regionali, i massimi esponenti degli uffici giudiziari distrettuali e la figlia di Scopelliti, Rosanna. Per il presidente dell'Anm
«Deve essere impegno della società
civile far vivere il ricordo di un magistrato come Antonino Scopelliti», mentre per il Procuratore della Repubblica
di Palmi, Giuseppe Creazzo, «soltanto
ravvivando la memoria dei migliori si
possono scuotere le coscienze» e superare «quell'auto-assoluzione collettiva
che emenda ciascuno da ogni senso di
colpa». Ha faticato per un attimo a trattenere le lacrime, invece, Rosanna Scopelliti, visibilmente commossa mentre
con le parole riportava in vita la figura
del padre: «Papà non ha scelto di essere
un eroe - ha affermato la ragazza - in
uno Stato normale un magistrato dovrebbeaverelastessa serenitàdiunimpiegato. Papà non ha scelto di essere un
eroe e perdonatemi se continuerò a non
accettare questa definizione sino a
quando non saranno note verità e giustizia». Molte le domande poste dalla ragazza sulla morte del genitore : «L'uccisione di mio padre segnò la fine della seconda guerra di 'ndrangheta e con quel
delitto è stato siglato un patto di sangue
tra la mafia e la 'ndrangheta. Allora
perchè il teorema Buscetta è crollato solo a Reggio Calabria? Perchè se era un
patto di sangue solo i boss siciliani sono
stati imputati ma non quelli calabresi?
Un giorno vorrei trovare una risposta».
Alla cerimonia è intervenuto anche il
segretario generale del Csm, Carlo Visconti, che ha ricordato una frase che
Scopelliti scrisse sul suo diario: «Ogni
processo è un processo di liberazione e
di verità in cui il giudice è solo ma un
buon giudice, nella sua solitudine, deve
essere libero, onesto e coraggioso».
Severino: «Passati da un giro vizioso a uno virtuoso»
Immobile confiscato assegnato
al Tribunale di Reggio
di DOMENICO GRILLONE
REGGIO CALABRIA - «Misure di prevenzione patrimoniali». Il ministro della
Giustizia Paola Severino la
frase la pronuncia più volte,
indicando con un termine
tecnico quello che poi si traduce più comunemente nel
sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata come la ndrangheta. E
nel pomeriggio in città, nel
corso della consegna di alcuni beni confiscati alla cosca
Libri da parte dell'amministrazione comunale al Tribunale reggino, il ministro
rilancia la sfida. Motivandola però, assieme ai consueti
valori ed ideali di giustizia,
anche dal punto di vista della
convenienza, per i cittadini e
per lo Stato. «Qui si è completamente invertito il giro - dichiara il ministro prima di
andarviae dopolasuapartecipazione alla consegna del
bene confiscato - siamo passati da un giro vizioso ad un
giro virtuoso. E cioè la misura di prevenzione che genera
ricchezza per lo Stato. Quella
ricchezza attraverso la quale
lo Stato può combattere il fe-
nomeno della criminalità or- della confisca, un appartaganizzata. Perché se riuscia- mento e tre magazzini per un
mo adautoalimentare anche totale di circa 400 metri quale risorse dello Stato attra- dri situati nei pressi della via
verso la percezione di denaro Sbarre Centrali, sarà destiche ha provenienze illecite io nato al tribunale reggino
credo che avremo risolto an- che ha deciso di adibirlo coche i problemi di necessaria me deposito di corpi di reato.
Ecco perché, per
implementazioil ministro Sevene delle forze delrino, «lo Stato
la giustizia che a
intanto può dare
tal modo può
un'indicazione
produrre da sola
sull'esigenza di
il proprio reddiprivilegiare inito e le proprie caziative
come
pacità di mantequesta, rapprenersi, di evolversentano un sesi ma anche di
gnale importanmigliorare
la
te». Qualcuno le
qualità del serviricorda la brutta
zio». Presenti alstoria di Limbala consegna andi, luogo in cui è
che il procurato- Il ministro Severino
ubicato un bene
re nazionale antimafia Pietro Grasso, l'or- confiscato alla cosca Mancumai ex capo della Procura so ma ancora di difficile acreggina Giuseppe Pignato- cesso perché occupato dalla
ne, il prefetto Luigi Varrat- stessa consorteria mafiosa.
ta, il questore Carmelo Casa- «Speriamo di risolvere anbona e diversi rappresentan- che questo problema», dice
ti delle forze dell'ordine, ol- Severino non senza prima
tre al presidente del tribuna- sottolineare che i beni sotle reggino Luciano Gerardis tratti alle mafie «devono esed il sindaco Demi Arena. sere utilizzati per fini istituL’effetto è altamente simbo- zionali e per fini sociali, quelico proprio perché l'oggetto sta e' la loro destinazione».
Infine parole di incoraggiamento e speranza per una
Calabria ormai soffocata dalla ndrangheta. «Io credo ad
una Calabria che riesce a reagire con le proprie forze ad
una criminalità che l'ha oppressa per tanti anni». «Intanto è l'ennesima prova di
sinergia interistituzionale ha commentato poi il presidente Luciano Gerardis perché noi ci avvaliamo delle
risorse che ci vengono messe
a disposizione da tutti gli enti pubblici dal momento che
le nostre risorse sono scarse
e inadeguate. L'auspicio,
espresso direttamente al ministro, è che il palazzo di Giustizia possa al più presto essere ultimato, per una cittadella giudiziaria che consentirebbe di superare tutti questi problemi, soprattutto
quello della dispersione sul
territorio dei vari locali che
servono al tribunale». infine
la foto ricordo con il sindaco
Arena ed il presidente Gerardis con le chiavi dei locali. «E'
il massimo valore simbolico dice infine il primo cittadino
- ad una consegna che rappresenta lavittoria delloStato».
PALMI - Non ci sono riu- sa, ma solo un modo giuscite le donne parenti dei sto per manifestare in un
presunti esponenti della giorno cosi importante il
'ndrangheta a manifesta- nostro grido di rabbia, dore così come avevano fatto lore, e di ingiustizia, e per
una settimana fa nei pres- tutti gli abusi di potere che
si sotto gli uffici del Cedir quotidianamente le nostre famiglie e quindi tutti
a Reggio Calabria.
Nella città blindata per noi, ci troviamo a subire.
l'arrivo a palazzo di giusti- Volevamo solo manifestazia del ministro della Giu- re pacificamente per tutti i
stizia Paola Severino deci- detenuti e non solo per i
ne carabinieri, poliziotti e nostri cari, per una dignimilitari della Guardia di tà giusta che ogni essere
Finanza, hanno isolato umano ha e deve avere.
l'accesso al Tribunale dove Abbiamo pensato di rivolera prevista la cerimonia gerci a chi invece da anni
di intitolazione dell'aula si occupa ad aiutare a far
bunker al magistrato An- riemergere e far risociatonino Scopelliti. Tran- lizzare oltre che rieducare
senne e militari per bloc- i detenuti delle carceri, il
care l'accesso alle auto in cappellano don Silvio Meun raggio di oltre cento siti, che con gioia ha accolmetri dal luogo della ceri- to tutte noi, dove ognuno
monia. Alle persone sia ha espresso nel suo dolore
pure con discrezione veni- tutta l'amarezza e l'ingiuva chiesto le ragioni per le stizia di quanto accaduto
quali si avvicinavano al stamani a Palmi, mandati
Tribunale. Ma ciò non è ba- via come animali e non
trattati come
stato ad imtutti gli altri
pedire ad una
che effettivadecina
di
mente rivedonne di tenstono e ricotare, solo tenprono alte catare, di avviriche istitucinarsi
a
zionali».
Piazza TribuNon mannale.
cano
nella
Erano arrimissiva convate così covinzioni perme avevano
sonali e giudiannunciato
zi sferzanti e
nei
giorni
provocatori.
scorsi, dopo
Avevano tenla manifestatato anche a
zione di RegPalmi a langio Calabria,
ciare accuse
alla spicciolaai magistrati
ta, a gruppetcosì
come
ti
tenendo
hanno fatto a
sotto il bracReggio Calacio i cartelli e Scopelliti e Talarico
bria ma anche
striscioni arcome fecero a San Luca,
rotolati.
Tentativo vano perché durante la giornata della
sono stati subito identifi- Gerbera Gialla, nel magcate e “convinte” ad allon- gio 2008 a pochi mesi daltanarsi dalla zona. Cosa la strage di Duisburg. «Ci
definiscono mafiosi, donche hanno fatto.
Nel pomeriggio hanno ne di ndrangheta, delininviato una lettera nella quenti, perché?» - si chiequale ricordano che esiste dono. «Ma siete sicuri che
«il diritto a manifestare li- le nostre famiglie lo siano
beramente il proprio pen- davvero? Perché mettere
siero. Ma, - hanno scritto in carcere persone ancor
nella missiva - essendo si- prima di essere giudicati
curamente figli di un Dio colpevoli? Sono tutti imminore, oggi ci è stato ne- putati in attesa di giudigato non solo il diritto alla zio, esseri umani costretti
parola, ma anche la pre- a vivere in condizioni disenza di cittadini comuni sumane pur sapendo di
come tutti gli altri per as- non essere tutti colpevoli,
sistere all’arrivo a Palmi condannare un innocente
del Ministro di Grazia e oggi, significa condannaGiustizia Severino, non re tutti gli uomini onesti».
Opinioni personali cerpotendo oltrepassare il
“perimetro blindato” delle to, Legittime alcune riforze dell'ordine e dalle vendicazioni, ma alcune
più alte cariche istituzio- frasi sono inaccettabili,
come la frase usata per
nali».
«La nostra - aggiungo- chiudere la lettera: «non
no - non sarebbe di certo tutti i peccati sono reati, e
stata una “guerra aperta “ non tutti i reati sono peccontro qualcuno o qualco- cati».
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Calabria 13
24 ore
Martedì 21 febbraio 2012
24 ore
Martedì 21 febbraio 2012
La Dia di Catanzaro ha rilevato sproporzioni tra reddito e proprietà dell’uomo ritenuto vicino ai Mancuso
Sequestrati beni per 700.000 euro
Appartengono o sono riconducibili a Domenico Campisi ucciso il 17 giugno 2011
di GIANLUCA PRESTIA
VIBO VALENTIA - Ammonta
a 700.000 euro il valore dei beni, mobili ed immobili, sequestrati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro e riconducibili a Domenico
Campisi, di 44 anni, ritenuto
vicino alla cosca Mancuso di
Limbadi ed ucciso a colpi di
fucile il 17 giugno del 2011
nelle campagne di Preitoni di
Nicotera. Il provvedimento di
sequestro è stato emesso dalla
sezione misure di prevenzione del Tribunale di Vibo Valentia che ha accolto la richiesta avanzata dal Direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso. Il
personale della Dia di Catanzaro ha effettuato numerosi
accertamenti sulle proprietà
di Campisi, in modo particolare nell'arco temporale tra il
1993 ed il 2009. Dalle indagini è emersa una sproporzione
tra le proprietà effettivamente avute ed i redditi dichiarati
al fisco. I beni sequestrati consistono in diverse proprietà
immobiliari, autovetture e disponibilità finanziarie. Il sequestro eseguito è uno dei primi provvedimenti eseguiti
nei confronti di una persona
deceduta, così come previsto
dal nuovo codice antimafia
varato nel settembre del
2011.
Al riguardo il Collegio della
Prevenzione ha precisato che
«gli esiti degli accertamenti
effettuati dalla D.I.A., nonché
le numerose, pregresse vicende penali che hanno riguardato (e ancora riguardano) Domenico Campisi, rapportate ai redditi dichiarati e
alle attività economiche esercitate rappresentano sufficienti indizi per ritenere che
gli investimenti realizzati dal
predetto, tramite la moglie
convivente o altri soggetti,
possanoessere ilfrutto diillecita accumulazione patrimoniale o ne costituiscano il
reimpiego. Infatti, nella documentazione si evince in ma-
niera eloquente la spropor- dell'associazione mafiosa,
zionetrai redditidisponibilie nell'ambito della commissione di reati contro la persona e
gli investimenti effettuati».
In altre parole il prospetto di altri reati contro il patrimoin argomento evidenzia come nio e del riciclaggio dei redditi che ne sono scagli investimenti
turiti: ne va peroperati dal nucleo
tanto disposto il sefamiliare del proquestro potendosi
posto «siano noteragionevolmente
volmente superioritenere, rebus sic
ri rispetto alle castanti bus, che tali
pacità alla capacità
beni costituiscono
di spesa dello stesil frutto o il reimso nucleo familiapiego delle predetre. Esiste, quindi,
te attività delinuna notevole sproquenziali».
porzione tra i beni
Campisi, coinoggetto della pro- Domenico Campisi
volto nelle note
posta ed il reddito
dichiarato ed il genere di atti- operazioni di polizia denomività svolta dal proposto e dai nate “Timpano” (2001), “Nasuoi conviventi. I beni sopra sca”(2001) e “Decollo”(2004),
indicati costituiscono, co- viene descritto nelle varie ormunque, elementi indicativi dinanze di custodia cautelare
di una disponibilità economi- quale soggetto che agiva per
ca, che coincide temporal- conto della cosca “Mancuso”
mente con le illecite attività di Limbadi, nell'ambito del
poste in essere nelle forme traffico internazionale di so-
stanze stupefacenti. Per il
procedimento penale Decollo, il 14 luglio 2006 con sentenza della Corte di Appello di
Catanzaro, in passata in giudicato il 22 novembre dell'anno successivo, applicato l'indulto era stato condannato ad
anni tre di reclusione. Sempre allo stesso, il 7 marzo del
2005, imputato in un altro
procedimento penale con sentenza della Corte di Appello di
Reggio Calabria, gli era stata
inflitta una pena di 4 anni e 5
mesi di reclusione, per il reato
di associazione finalizzato,
sempre, al traffico di sostanze
stupefacenti. Il 4 marzo del
2010 era stato scarcerato dalla casa circondariale di Monza per essere sottoposto, su
provvedimento del Tribunale
di Vibo, alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune
di residenza, per la durata di
cinque anni.
Il luogo dell’omicidio del 44enne di Nicotera
Il leader del movimento “Ammazzateci tutti”. Solidarietà dal Pdl nazionale e locale
Minacce e proiettili per Pecora
CINQUEFRONDI – Una lettera con
minacce e proiettili. Il leader del movimento Ammazzateci Tutti, Aldo Pecora, ha reso noto ieri mattina di aver ricevuto un messaggio di minaccia. Nel
testo della lettera che è stata lasciata
sul parabrezza della sua auto parcheggiata davanti la sua abitazione a
Cinquefrondi c'e' scritto: «Scopelliti ti
aspetta a braccia aperte, farai la fine di
Gratteri e Creazzo, boom». Vicino ad
una ruota sono stati lasciati due bossoli esplosi. Le indagini vengono svolte
dai Carabinieri della stazione di Cinquefrondi . Gratteri e' procuratore aggiunto a Reggio e Creazzo procuratore a Palmi. Ho piena fiducia in chi conduce le indagini - . ha detto Pecora,
commentando la notizia dell'intimidazione subita che si e' appresa ieri a
Palmi nel corso della cerimonia di in-
titolazione dell'aula della Corte di assise al magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, ucciso nel 1991. «Spero
sia uno scherzo di carnevale - ha detto
Pecora - ma è già da qualche giorno
che sono sotto attacco, anche da parte
di colleghi».
Pecora non ha specificato di quali
colleghi si tratti. Ma non è escluso che
volesse riferirsi ad un articolo pubblicato da un settimanale regionale che
la settimana scorsa ha pubblicato un
reportage nel quale si afferma che
l’abitazione in cui vive il giovane leader di Ammazzateci Tutti e la sua famiglia si trova in un palazzo recentemente sequestrato ad un presunto esponente della ‘ndrangheta di Polistena.
Molte espinenti del Pdl hanno
espresso solidarietà a Aldo Pecora.
L’ex ministro Giorgia Meloni, deputa-
ta del Pdl. «Ho conosciuto Aldo – ha afferma Meloni –in occasione di una mia
visita in Calabria, dopo che il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti,
mi aveva parlato del coraggio e della
passione dei giovani dell’associazione
“Ammazzateci tutti”. Ho avuto poi il
piacere di collaborare con loro grazie
al progetto del Ministero della Gioventù “Giovani per la legalità”. Sono tanti
e importanti i risultati che questi ragazzi hanno raggiunto in tutta Italia.
Solidarietà anche dai consiglieri regionali del Pdl Mario Magno, Fausto
Orsomarso e Salvatore Pacenza. «Si
tratta di gesti inqualificabili – hanno
affermato – che condanniamo con fermezza e che non possono condizionare
l'attività di Aldo Pecora, da sempre in
prima linea nella lotta alla 'ndrangheta».
Portigliola. Trasportati con un natante veloce fino alla riva. Scattate le indagini
Sbarco di immigrati nella Locride
Una quarantina tra uomini e ragazzi trovati sulla strada statale 106
di EMANUELA ALVARO
PORTIGLIOLA - Bagnati ed infreddoliti circa quaranta uomini di diversa età, non pochi i ragazzi tra i
quattordici e sedici anni, protagonisti di un ennesimosbarco, sono stati
soccorsi subito dopo che, la loro presenza sul ciglio della strada statale
106, è stata segnalata da alcuni automobilisti. Alcuni di loro, infatti,
stazionavano ai bordi della statale,
accovacciati sull'erba. Intorno alle
sei e trenta di mattina i
primi ad accorrere, sulla spiaggia del comune
di Portigliola, i Carabinieri del Gruppo Locri,
comandati dal colonnello, Giuseppe De Liso, e gli uomini dell'Ufficio circondariale della Capitaneria di porto
di Roccella Ionica comandati da Antonio Ripoli, i quali hanno avvertito dell'accaduto il sindaco di
Portigliola, Pasquale Panetta, e subito dopo il primo cittadino di Locri,
Pepè Lombardo. La Capitaneria di
Porto allertata dalla sala operativa,
ha attivato il dispositivo di soccorso
inviando nel luogo dello sbarco la
motovedetta 801. Il tratto di mare è
stato pattugliato fino a quando si è
accertato che tutti i migranti fossero in salvo. Pakistan, Siria, Afganistan, Bangladesh, queste grosso
modo le nazioni di provenienza dei
Soccorsi
dalla
Caritas
di Locri
Lo sbarco di alcuni clandestini
migranti, lasciati a riva dagli scafisti. Partiti due giorni fa dalla Grecia,
dopo averla raggiunta presumibilmente via terra, sono stati trasportati fino alle coste locali, con una nave veloce. Appena scaricati in acqua,
della stessa non si è avuta più alcuna
notizia. Ormai da tempo sembra essere questa la metodologia utilizzata per il trasporto dei migranti fino
alle coste calabresi, sulle quali quasi
in modo costante, condizioni climatiche permettendo, si susseguono
gli sbarchi che, nel 2011, sono stati a
marzo, aprile, maggio e giugno.
L'ultimo dello scorso anno si è verificato ad ottobre. Come in questo caso
la maggior parte sono partiti dalla
Grecia, per poi essere trasportati via
mare sino alle nostre coste. Dopo la
ricognizione di tutti gli uomini
sbarcati, alcuni, come spesso accade, hanno cercato di allontanarsi, e
dopo i primi soccorsi e rifocillamenti sono stati trasferiti presso la struttura parrocchiale di Siderno Superiore, grazie all'impegno del vescovo della Diocesi di Locri - Gerace,
Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, il quale appena avvertito ha dato disponibilità della struttura, nella quale pernotteranno per poi essere trasferiti nei centri di accoglienza
calabresi. Oltre ai sindaci di Locri e
Portigliola i quali hanno trascorso il
tempo telefonando alla Prefettura e
a tutte le strutture idonee per ricevere i primi aiuti e, in un secondo momento il sindaco di Siderno, Riccardo Ritorto, il quale è si è interessato
di far arrivare sul posto un'ambulanza attrezzata, per eventuali necessità mediche, ad organizzare il
tutto gli agenti della Polizia di Stato
e della Guardia di Finanza, gli uomini della Compagnia dei Carabinieri
di Locri, comandata dal Capitano
Nico Blanco, supportati dal Tenente, Lorenzo Provenzano, e gli uomini della Compagnia di Siderno, comandati dal Maresciallo Capo, Luigi Zeccardo. In attesa dell'arrivo degli aiuti della Protezione Civile di Catanzaro,quella diRoccella Ionica,la
Caritas di Locri hanno offerto ai migranti coperte, vestiti, scarpe. Nella
mattinata si è sottoscritta una convenzione con la struttura parrocchiale di Siderno Superiore per fornire i pasti. Si è proceduto all'identificazione, cercando di capire quanto
riuscissero a comprendere l'italiano o quanto meno l'inglese, quattro
ragazzi sono stati trasferiti al presidio ospedaliero di Locri per accertare la vera età, attraverso la radiografia del polso.
Guardia di Finanza
Record
di sequestri
CATANZARO - Beni per
550 milioni di euro sono
stati sequestrati e confiscati dai militari della
Guardia di finanza nel corso del 2011. È questo uno
dei dati più significativi
dell’attività svolta dalle
fiamme gialle in Calabria.
Sul fronte degli accertamenti antimafia i finanzieri hanno effettuato complessivamente 690 accertamenti patrimoniali che
hanno interessato 922
persone fisiche e 231 società. Ne sono scaturiti sequestri di beni per circa 300
milioni di euro e confische
per circa 250 milioni.
Tra le indagini patrimoniali condotte dai finanzieri c'è‚ stata quella che ha
portato alla confisca di beni, per un valore stimato in
200 milioni di euro, nei
confronti della cosca reggina degli Alvaro che ha
ramificazioni anche a Roma. Tra i beni confiscati
c'era anche il Caf‚ de Paris,
simbolo della dolce vita romana, oltre ad altri noti locali pubblici ed immobili
nella capitale. Sono state
poi scoperte in Lombardia,
grazie ad altra indagine
condotta in Calabria, due
società che operavano nei
servizi connessi ai trasporti e nel commercio di
prodotti alimentari. In
quella circostanza, sono
state sequestrate azioni,
obbligazioni, certificati di
deposito, polizze assicurative, per un valore complessivo di 12 milioni di euro.
Strettamente connessa
al sequestro ed alla confisca dei beni c'è anche l’attività di contrasto al riciclaggio di denaro sporco
che ha visto i finanzieri impegnati nell’approfondimento di 350 segnalazioni
per operazioni finanziarie
sospette e che ha portato
alla denuncia di 30 persone, di cui 6 arrestate, ed
all’accertamento di condotte di riciclaggio per oltre 16 milioni di euro e al
sequestro di beni per oltre
1milione dieuro. LaGuardia di finanza ha svolto
una incisiva azione di contrasto anche per il traffico
internazionale di stupefacenti che riveste la primaria fonte di guadagno della
criminalità organizzata.
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14 Calabria
Stefanaconi. La vittima era nipote di Fortunato Patania, assassinato il 18 settembre 2011. Informata la Dda
Freddato nel giardino di casa
Due persone in moto hanno ucciso a colpi di pistola il 33enne Giuseppe Matina
di GIANLUCA PRESTIA
STEFANACONI - Una vendetta? È questo uno dei possibili
moventi che gli uomini del
maggiore Vittorio Carrara
stanno seguendo per far luce
sull'uccisione del 33enne del
luogo, Giuseppe Matina. Trasversale perché il giovane era
nipote acquisito di quel Fortunato Patania freddato nel pomeriggio del 18 settembre
scorso mentre era intento a
giocare a carte nella stazione
di servizio carburanti della famiglia.
L'assassinio di Matina potrebbe, quindi, aprire una
nuova stagione di sangue nei
territori limitrofi alla città capoluogo. Uccisione avvenuta
ieri pomeriggio, qualche minuto prima delle 18,00, in località “Brevi”, luogo di residenza della vittima che al momento dell'agguato si trovava
all'esterno della sua abitazione, e precisamente nel giardino quando ad un certo punto
sono spuntati all'improvviso
due persone in sella ad uno
scooter le quali gli hanno sparato tre colpi di calibro 9. Uno
di questi l'ha raggiunto alla
testa ed è stato esploso da distanza ravvicinata, segno
probabilmente, che i malviventi abbiano avuto un colloquio con la vittima il cui decesso è stato immediato.
La missione di morte è durata pochissimi, ma interminabili, istanti ma ha quasi certamente avuto un prologo fatto
di appostamenti e fors'anche
dipedinamenti. Nelmomento
in cui Matina è stato notato all'esterno della casa, i malviventi hanno agito portando a
termine l'azione omicidiaria.
E così, mentre questi si allontanavano in tutta fretta per la
strada che taglia in due le campagne di Stefanaconi,dove insistono non soltanto abitazioni ma anche casolari e masserie, segno di un'importante
area a vocazione agricola, sul
terreno, in una pozza di sangue, era rimasta la sagoma del
33enne.
È stata la moglie, poi condotta in caserma per essere
sentita per capire se possa
aver visto qualcosa, a far scattare l'allarme attraverso una
telefonata alla sala operativa
dei carabinieri. Sul posto sono
immediatamente piombate le
“gazzelle” dell'Arma e le vo-
Il corpo di Michele Matina riverso sul terreno. A lato la vedova viene condotta nella caserma dei carabinieri (foto Armando Lo Gatto)
lanti della Polizia i cui uomini
hanno provveduto a transennare la zona rendendola offlimits ai curiosi che, appresa la
notizia, si sono recati nella zona. Al contempo sono scattate
le ricerche coordinate dal
maggiore Vittorio Carrara,
dal capitano Stefano Di Paolo,
e dal luogotenente Sebastiano
Cannizzaro, comandanti rispettivamente di Nucleo Operativo di Vibo, Compagnia del
capoluogo e Stazione di Sant'Onofrio che hanno, anche,
istituito posti di controllo in
tuttal'area ancheconl'appoggio dei colleghi delle Stazioni
ipotesi, si starebbero concentrando sui rapporti tra la vittima e lo zio acquisito, cioè il
61enne Patania, il cui omicidio avvenne a distanza di due
giorni di quello di del 64enne
Michele Mario Fiorillo con cui
c'erano stati, secondo quanto
emerso dalle indagini, diversi
Limbadi. L’associazione antimafia aveva denunciato l’impossibilità di entrarne in possesso
Il bene confiscato torna a “Riferimenti”
L’immobile apparteneva al clan Mancuso. Decisivo l’intervento del prefetto Di Bari
di AMBROGIO SCARAMOZZINO
LIMBADI – Dopo le polemiche dei
giorni scorsi ieri la villa confiscata al
clan Mancuso e assegnata all’associazione nazionale antimafia “Riferimenti”e tornata a pieno titolo nelle
mani dello Strato. A testimoniare la
presenza attiva dello Stato è intervenuto il prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, accolto dal sindaco di
Limbadi, Francesco Crudo. Ricordiamo, infatti, che l’associazione
“Riferimenti” dopo aver denunciato
atti vandalici ad uno degli stabili destinati all’università antimafia, annunciava l’intenzione di rinunciare
all’immobile, ubicato nel comune di
Limbadi, in quanto sosteneva che la
struttura era ancora sotto il controllo del clan e aggiungeva di non avere
mai ricevuto le chiavi. Nei giorni
scorsi, inoltre, il testimone di giustizia, Nello Ruello componente
dell’associazione antimafia, recatosi sul posto per accertare i danni che
erano stati denunciati dalla stessa
associazione, non era potuto neanche entrare nell’immobile perché
l’entrata era stata sbarrata da una
rete metallica e presidiata da un mastino napoletano.
Con l’arrivo del prefetto sembra
essere ritornata la legalità, infatti, è
stata rimossa la rete metallica che
impediva l’accesso all’ingresso
dell’immobile confiscato, trasferito
anche il cane che presidiava l’in-
Trematerra frena il passaggio del presidente del consiglio comunale
Udc, lo sgarbo a Seby Vecchio
di CATERINA TRIPODI
REGGIO CALABRIA Doveva
essere il giorno della riscossa
di Seby Vecchio, il presidente
del consiglio comunale nonchè primo degli eletti del Pdl in
città, che ieri avrebbe dovuto
ufficializzare il suo passaggio
all’Udc in aperto dissenso con
la linea del Governatore Scopelliti, ma lo sgambetto gli è
arrivato, a gamba tesa, proprio a margine del congresso
provinciale che avrebbe dovuto ratificare l’avvenimento politico cittadino. Nonostante
l’accordo fosse stato stipulato
già in tarda mattinata con i
vertici dell’Udc, solo qualche
minuto prima dell’annuncio,
arriva la “gelata” del commissario provinciale del partito,
Gino Trematerra che a microfoni aperti, spiega all’assise e
allo stesso Seby Vecchio seduto in prima fila, che “oggi non
ci sarà l’ufficializzazionedi alcun passaggio politico”. Trematerra aggiunge anche che
“è una decisione che come
commissario non mi spetta
limitrofe che hanno dato un
primo esito in quanto è stato
rinvenuto, completamente
bruciato (ovviamente) il mezzo utilizzato nella fuga.
Le indagini, coordinate dal
sostituto procuratore Maria
Gabriella Di Lauro, pur non
scartando al momento alcuna
contrasti per questioni di terreno, tanto che quest'ultimo
aveva in precedenza denunciato il “rivale”.
Che temesse per la propria
vita Giuseppe Matina lo aveva
capito già nel dicembre scorso
quando scampò ad un agguato mentre era alla guida della
sua automobile. I colpi di pistola sparati da una persona
appostata lungo la strada avevano danneggiato soltanto la
vettura dell'imprenditore, in
passato era stato indagato per
associazione mafiosa ma mai
condannato, che era rimasto
miracolosamente illeso
Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario
Spagnuolo, ha informato dell'omicidio il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Giuseppe Borrelli. Si sta
valutando, infatti, la possibilità di una trasmissione degli
atti d'indagine sull'assassinio
del 33enne alla Dda in considerazione della possibile matrice mafiosa dell'omicidio.
Nei prossimi giorni ci sarà
una riunione tra i magistrati
della Procura di Vibo e della
Dda per fare il punto della situazione sia su quest’ultimo
fatto di sangue che su quelli
con i qualipotrebbe esserci un
collegamento.
Seby Vecchio
ma che deve essere presa dagli
organi che stiamo per eleggere”. Ma i beninformati
dell’Udc conoscono il retroscena. Intorno alle 13 un incontro in consiglio regionale
tra il Governatore e lo stesso
Trematerra, padre peraltro
dell’uomo in giunta di Scopelliti ed artefice del patto di ferro
Udc-Pdl, ha decretato lo “sgarbo”a Vecchio,reodi nonavere
incassato l’indifferenza del
suo leader e di essersi messo
alla testa del dissenso che
monta dentro il centrodestra
in consiglio comunale . Il Governatore ha deciso e Trematerra ha eseguito: lo schiaffo è
servito. D’altra parte andava
pubblicamente “punito” l’atteggiamento ribelle di Vecchio, che molto probabilmente avrà proseliti dentro il pdl.
Un passaggio che è ben più
di un cambio di casacca dentro
una più larga coalizione di
centrodestra. E’la prima volta
infatti che un membro di una
giunta, peraltro di estremo
peso come il piùvotato del Pdl,
saluta eva via in aperto dissenso col Governatore. Uno sgarbo che ha visto subito dopo
tentativi di svelenire il clima
in casa Udc, spiegando che “si
voleva celebrare in maniera
consona ed al momento opportuno il passaggio di Vecchio”, mentre lo stesso presidente del consiglio ha spiegato che il passaggio all’Udc è
stato fatto con i vertici del partito, ed è “solido e garantito”.
gresso è stato consegnato al proprietario.
Oltre a questo, ieri mattina, l’amministrazione comunale ha posto
sotto sequestro, perché ritenuto
abusivo, anche un’ampia parte del
casolare adiacente alla struttura
confiscata in possesso degli stessi
Mancuso. Finalmente, sono state
cambiate tutte le serrature dell’immobile e adesso le chiavi sono in possesso del sindaco, il quale ha voluto
precisare che «prima di oggi nessuno possedeva le chiavi di questo bene
confiscato». Adesso non resta che
auspicare che l’associazione “Riferimenti” ritiri la rinuncia alla gestione del bene confiscato al clan Mancuso3.
L’immobile confiscato al clan Mancuso
AVVISO DI VENDITA DEI DIRITTI D’OPZIONE
PER LA SOTTOSCRIZIONE DELL’AUMENTO DI CAPITALE DELLA SOCIETA’
CASA DI CURA MADONNA DELLA CATENA SRL
con sede in Dipignano, Via Fra Benedetto, 33
Premesso che:
- in data 23 dicembre 2011, l’assemblea della Società, convocata ai sensi dell’art.
2482-ter c.c, ha deliberato un aumento del capitale sociale inscindibile di Euro
5.104.371, offrendo agli attuali soci della società la possibilità di sottoscrivere il
suddetto aumento di capitale entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione della delibera, con apporti in danaro od eventualmente anche in natura, purché, in tale ultimo caso, in misura non superiore al 50% (cinquanta per cento) dell’integrale ammontare delle quote da sottoscrivere da parte di ciascun socio;
- la medesima assemblea ha altresì stabilito che, spirato infruttuosamente il termine di sottoscrizione in favore degli aventi diritto, le quote non optate sarebbero
state offerte in ulteriore sottoscrizione a soggetti estranei alla compagine sociale
nei 30 (trenta) giorni successivi;
- nessuno degli attuali soci della Società ha esercitato i propri diritti d’opzione;
l’organo amministrativo formula il presente invito a presentare, entro e non oltre il
2 marzo 2012, offerte d’acquisto dei diritti d’opzione non esercitati con l’impegno
ad eseguire la sottoscrizione e la contestuale liberazione dell’aumento entro il 5
marzo 2012.
I soggetti interessati, avranno la possibilità di consultare la documentazione utile
al fine di quanto sopra presso la Virtual Data Room appositamente predisposta e
accessibile all’indirizzo www.mdc-cs.it, previa richiesta di accesso e sottoscrizione di un patto di riservatezza nei termini ivi indicati, da inviare via fax al n.
0692913879.
Non saranno prese in considerazione le richieste d’accesso proposte per persona
da nominare o per le quali non sia chiaramente identificabile il beneficiario economico.
Dipignano, 17 febbraio 2012
Il Consiglio di Amministrazione
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Calabria 15
24 ore
Martedì 21 febbraio 2012
Calabria 17
Petilia Policastro. In videoconferenza i capiclan di Isola e Papanice contestano il racconto del pentito
Lea, i boss dicono di non sapere
Megna e Nicoscia, sentiti dai giudici di Milano, smentiscono il summit in carcere
di ANTONIO ANASTASI
PETILIA POLICASTRO «Sia io che Pasquale Nicoscia
e Mico Megna prendemmo
tempo: ricordo che, dopo
questo colloquio con Carlo, ci
riunimmo solo noitre per decidere il da farsi: tutti e tre
convenimmo di temporeggiare in quanto avevamo cose più importanti a cui pensare»: a parlare agli inquirenti
era il pentito Salvatore Cortese, ma ieri, deponendo in videoconferenza davanti alla
Corte d’assise di Milano, sia
Nicoscia che Megna, boss
delle omonime cosche di Isola Capo Rizzuto e Cutro, hanno negato di aver preso parte
a un summit scaturito dalla
richiesta di Carlo Cosco di autorizzazione all’eliminazione dell’ex convivente Lea Garofalo, la testimone di giustizia di Petilia Policastro scomparsa nel nulla nel novembre
2009, uccisa e probabilmente sciolta nell’acido. Come si
ricorderà, Cortese rivelò agli
inquirenti che Cosco commissionò a lui l’omicidio per
presunti motivi d’onore.
L’incarico, mai portato a termine da Cortese, gli fu conferito nel 2002 mentre il pentito di Cutro condivideva la cella con Cosco. Ma i capi della
‘ndrangheta del Crotonese
decisero di soprassedere, secondo il suo racconto, ieri
smentito dai due testimoni
della difesa di Carlo Cosco i
quali, con scarne deposizioni, hanno sostanzialmente
affermato di non sapere nulla della vicenda e di ignorare
tali regole, tipiche delle consorterie mafiose.
Ieri è stata sentita anche
Renata Plado, convivente di
Giuseppe Cosco, fratello di
Carlo, la quale innanzitutto
ha tentato di fornire un alibi.
Renata si trova detenuta in
carcere dal settembre scorso
essendo stata coinvolta nella
seconda inchiesta a carico
dei fratelli Cosco, quella che
ha svelato traffici di droga e
usura ruotanti attorno a via
Montello, dove la famiglia
petilina occupava abusivamente l’ex Ospedale. Lo ha
fatto affermando di aver parlato più volte al telefono col
suo uomo la sera della scomparsa di Lea. Una volta l’imputato era dal “cinese” a giocare alle slot machine, un’altra volta era al pub, e dopo essere uscito di casa alle 21, secondo la testimonianza, è
rientrato più o meno alle
1,30.
Ma “Renè” si è soffermata,
rispondendo alle domande
A cura della Publifast. Segue dalla pagina precedente
degli avvocati Stamberga e
Colucci, anche sulla figura di
Lea, da lei definita come una
donna che aveva scatti d’ira
improvvisi, contro gli altri e
contro se stessa, e che nel ’93
tentò addirittura il suicidio.
Renè ha cercato di accreditarsi come amica e confidente di Lea ma, quando l’avvocato di parte civile Roberto
D’Ippolito le ha chiesto cosa
le avesse riferito dell’omicidio di Antonio Comberiati,
avvenuto nel maggio ’95 in
via Montello (è il delitto su cui
la testimone di giustizia fece
rivelazioni alla Dda di Catanzaro), la donna ha risposto di
non sapere nulla e ha aggiunto che il mattino dopo la
stessa Lea sputò sul sangue
che ancora si trovava all’interno del cortile. Renè è stata
a Petilia, l’estate del 2009, e
per questo ha parlato anche
della figlia di Lea, Denise, affermando che lavorava nella
pizzeria dei fratelli Cosco.
Denise, Renè la incontrò anche a Milano, nei giorni della
scomparsa di Lea, ma, secondo la teste, non le avrebbe detto che nel capoluogo lombardo era andata con sua madre.
Successivamente, invece, la
ragazza le avrebbe confidato
che «la madre non si trovava».
Il collaboratore di giustizia senza scorta in un processo in Emilia
Bonaventura resta solo in aula
CROTONE - E’ stato lasciato solo tra il naventura, erano collegati in videoconfepubblico dell’udienza il pentito crotonese renza dal sito protetto, come ordinariaLuigi Bonaventura, chiamato a testimo- mente avviene in ocacsione delle udienze
niare nel processo, che si sta celebrando in cui gli stessi collaboratori di giustizia
davanti al Tribunale di Modena, nei con- depongono nei processi in corso a Crotofronti dei fratelli Paolo, Emanuele e Davi- ne e in Calabria. Le testimonianze sono
de Pelaggi, accusati di frode fiscale e rici- andate nella direzione voluta dall’accusa,
claggio dei capitali lucrati illecitamente ovvero della ricostruzione dei rapporti
avuti dai pentiti con la famiglia
dal clan Arena di Isola Capo RizGentile e quindi con gli Arena.
zuto. Mancavano, infatti, gli adFiore e Tommaso Gentile sono
detti alla scorta. Nel corso della
già stati condannati a a 6 anni e 2
stessa udienza hanno deposto
anni e 8 mesi, entrambi con l’aganche i pentiti Vincenzo Marigravante mafiosa. Cortese, in
no, Domenico Bumbaca e Salvaparticolare, ha aggiunto la sua
tore Cortese. Quest’ultimo, cuconsueta descrizione degli imtrese, era in aula, come Bonaprenditori emigrati in Emilia,
ventura, ma è rimasto in una sa«bancomat» per i clan come
letta appartata per i testimoni,
quello di cui faceva parte (si aucosa che non è avvenuta sin
toaccusa di essere stato il bracdall’inizio dell’udienza per Bocio destro del boss di Cutro Niconaventura, mentre la tensione
lino Grande Aracri). La frode fisaliva. Il collaboratore di giusti- Luigi Bonaventura
scale sarebbe stata escogitata,
zia, infatti, si trovava fisicamente accanto a imputati e loro familia- secondo l’accusa, col denaro sporco.
Intanto, il caso di Bonaventura, che ha
ri.
Una circostanza rilevata dal pm Anti- già denunciato di vivere una condizione
mafia Michele Mescolino, la cui segnala- di rischio poiché alcuni affiliati a un clan
zione è stata fatta mettere nero su bianco del Crotonese lo avrebbero raggiunto neldal presidente del Tribunale della città la località protetta in cui vive, continua a
fare discutere.
emiliana, Cristina Bellantani.
Gli altri due pentiti, crotonesi come Boa. a.
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24 ore
Martedì 21 febbraio 2012
Speciale
Martedì 21 febbraio 2012
La proposta lanciata dal Quotidiano sull’8 marzo
Tre Tante riflessioni e adesioni
foto
e una
mimosa
ANALISI, adesioni, iniziative. Mille fuochi in ogni angolo della Calabria si sono
accesi e continuano ad accendersi, così
come auspicato dal direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, nell’editoriale di
domenica. La proposta lanciata dal nostro giornale di dedicare l’8 marzo alle
tre madri coraggio Lea Garofalo, Maria
Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce
sta trovando ovunque sostegno. Le tre
donne che hanno deciso di affrancarsi,
pagando un prezzo altissimo (due con la
vita) dal loro mondo di provenienza di
’ndrangheta è un invito alla riflessione,
accolto da più parti. Tutti gli interventi e
le adesioni pubblicati fino ad oggi sono
online sul sito del Quotidiano, www.ilquotidianodellacalabria.it.
Giuseppina Pesce
L’iniziativa del Comune
Apriamo l’uscio di casa
e riprendiamoci la vita
segue dalla prima
Carl Marx, figlio di un avvocato
di estrazione borghese, “decise”
d’abbandonare la classe di provenienza e il benessere, per schierarsi col proletariato, i meno garantiti, i deboli. Si può non condividere l’utopia comunista, ma,
per questa scelta di campo, il filosofo tedesco merita rispetto. Stare dalla parte dei deboli. E’ un insegnamento che resta.
Perché parlo di questo? La verità è che il sacrificio di Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce
e Lea Garofalo ha scosso molte coscienze. L’iniziativa del “Quotidiano” fa discutere, in Calabria e
a Roma, ed io sono rimasto colpito dalle parole di Matteo Cosenza:
«Se bisognava stare dalla parte di
qualcuno non bisognava avere
dubbi: bisognava stare dalla parte dei più deboli. E i più deboli erano quelle donne che, a costo di un
travaglio tremendo, alla fine avevano deciso di rompere con le loro
famiglie e di scegliere la strada
della legalità e della giustizia (…)
un cammino di redenzione anche
a costo della fine più atroce».
Sono parole lucide. E tuttavia si
ha come l’impressione che il nocciolo duro della società civile calabrese stia ancora “a guardare la
partita dagli spalti”, per usare la
metafora di Cosenza. L’impressione, la sensazione (il timore,
questa è la parola esatta), è che
dopo l’otto marzo i riflettori si
spengano e tutto finisca nel silenzio assordante di quotidiane
collusioni: la Calabria della buona coscienza e della cattiva digestione, dimentica. Questo è il
punto.
E allora, è giusto chiedere: cosa
deve ancora accadere? Le donne
degli inquisiti protestano a Reggio. Hanno il diritto di farlo, d’accordo. Ma la società civile vuole, o
no, uscire dal silenzio, dire che
non accetta il giudizio sommario
sulla magistratura? Ognuno dovrebbe interrogarsi: in questo
scontro sulla legalità, io, dove mi
colloco? Le donne scendono in
campo. Accusano. Altre difendono (l’indifendibile). Sono ore importanti. E’ venuto il momento,
per tutti, di decidere.
Mi schiero? Ecco la domanda.
Oppure resto nell’ombra. Semiclandestino. In silenzio. Con i
miei piccoli desideri frustrati. Mi
schiero? Oppure guardo, in questo eterno “stare distante” che è
un’agonia lenta, misera (miserabile). Mi schiero? Oppure osservo
- si capisce, senza sporcarmi le
mani - come finisce il gioco, come
soffrono e muoiono gli altri, vicino, sempre più vicino, alla porta,
chiusa, della mia esistenza.
Marx aprì la sua porta. Fece entrare l’esistenza degli altri nella
sua vita, e ne uscì sconvolto. Ma
vivo. Dobbiamo compiere lo stesso gesto: aprire l’uscio di casa e riprenderci la vita. E’ vero: l’abitudine rende sopportabili anche le
cose spaventose. Ma viene per
tutti il momento di decidere da
che parte stare. La Calabria è terra di ‘ndrangheta. E la ‘ndrangheta non dà lavoro, frena lo sviluppo. E’ una cosa che ci riguarda? Non c’è futuro e i nostri figli
scappano, i paesi si spopolano. E’
una cosa che ci riguarda? Cosa
deve ancora accadere? Cosa? Perché la società civile dica, “adesso
basta”, ci riprendiamo le città, il
territorio, la vita. Ha ragione
Lombardi Satriani: che amore è
quello di un padre che fa violenza
alla figlia (“Questo è il tuo matrimonio e te lo tieni per tutta la vita”), nel nome della famiglia, dell'onore, del rispetto della parola
data, dell'indissolubilità dei legami. Amore? Ma via! Vogliamo
dirlo (o no?) che questo è medioevo allo stato puro. Che nel 2012
esistono in Calabria sacche di
“cultura” che fanno rabbrividire.
Che questa mentalità è alimentata dal silenzio. Dalla paura. Vogliamo dirlo che la nostra terra è
una società chiusa. Che non c’è libertà. Che a Rosarno a Gioia Tauro a Reggio, e nei paesi interni e
nella Calabria tutta, il voto è sostanzialmente controllato dalla
‘ndrangheta. Che il controllo del
voto dà potere. Che il potere dà denaro. Che il denaro – il Dio denaro
– è il metro, la misura di tutte le
cose: “Ci sono traffici di droga –
cazzo – che portano miliardi. Lo
vuoi capire. Lo vuoi capire. Lo
vuoi capire. Firma questa lettera
di ritrattazione. Pentiti di esserti
pentita”. Queste parole devono
averle sentite mille volte Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo. Hanno resistito. Affrontato l’abisso. E la tragedia (“Il suicidio dimostra che ci
sono nella vita mali più grandi
della morte”). Hanno spezzato
l’omertà e rotto con la famiglia di
provenienza - queste donne -,
hanno rifiutato un destino di
odio e violenza. E lottato, sofferto, urlato, aperto un varco, messo
in soffitta qualche pagina di Shakespeare (“Fragilità il tuo nome è
donna”). Adesso tocca a noi. Il loro coraggio merita infinito rispetto: dice (anche) la nostra codardia e la nostra colpevole innocenza. Dovevamo/dobbiamo indignarci: la calma, a volte, è una vi-
Maria Concetta Cacciola Lea Garofalo
Cutro, a “Cineforum”
un film dedicato
alle donne coraggio
di SALVATORE MIGALE*
IL Comune di Cutro aderisce all'iniziativa lanciata dal
Quotidiano della Calabria per festeggiare l'8 Marzo, la festa della donna, dedicandola a Maria Concetta Cacciola,
Lea Garofalo e Giuseppina Pesce e inserendola nell'ambito
della manifestazioneCineforum, con una proiezionedi un
film ispirato al tema delle donne coraggio.
Maria Concetta e Lea hanno sacrificato la propria vita
per ribellarsi ad un sistema nel quale sono state trascinate
senza volerlo mentre Giuseppina continua la sua battaglia per combattere l'omertà, pensando ad un futuro migliore. Queste donne e sicuramente ce ne sono altre, si sono rese conto che vivere in un ambiente mafioso e di “
’ndrangheta” non garantisce una vita serena e civile per
sé e per i propri figli e hanno deciso di opporsi a un sistema
fatto di violenza e barbarie. Maria Concetta e Lea sono state
travolte proprio da questa barbarie che alla fine non risparmia nessuno.
La manifestazione si svolgerà nella sala polivalente
“Falcone e Borsellino”l'8 Marzo alle ore 10.30 alla mia presenza e alla presenza della Giunta Comunale, delle associazioni, delle scuole nonché di rappresentanti istituzionali provinciali e regionali con una forte componente di
donne impegnate in politica e nel sociale.
*sindaco
Una ragazza alla manifestazione del Quotidiano del 2010
gliaccheria dell’anima.
Come liberarsi? Come?, viene
chiesto al nostro giornale: intanto parlandone. Creando dibattito, discussione, opinione, coscienza critica. Cosa deve ancora
accadere? Cosa? Per mettere fine
a questo lancinante dolore di vite
umiliate, offese, spezzate. Quando venne trovato il cadavere di
Roberto Calvi, “la Repubblica”,
senza attendere le indagini, titolò: “Chi ha ‘suicidato’ Calvi?” (22
giugno1982). Anche noi, oggi,
dobbiamo chiederci: Chi ha “suicidato” Maria Concetta Cacciola?
Chi ha suicidato Fallara? (se è vero che l’induzione al suicidio è un
omicidio). Chi ha ucciso Francesco Fortugno? Chi sono i mandanti? Chi ha commissionato
l’omicidio Ligato? Perché? Chi ha
ucciso il giudice Scopelliti? Chi
ha ucciso centinaia di persone in
questo far west che è la Calabria?
Domande che ne richiamano
altre: la maggioranza silenziosa
vuole dare una mano, o no?, alle
poche “associazioni libere”, ai
giornali che resistono? I partiti ci
sono ancora in questa terra di
‘ndrangheta? Dimostrino di esistere. Ora. Adesso. Subito. Questo propone “il Quotidiano”:
“mille fuochi di protesta” e segnali forti.
Ora: negando a chi è in odore di
‘ndrangheta la tessera dei partiti.
Adesso: riducendo - fino a farla
scomparire - la ‘ndranghetosità
che copre il crimine.
Subito: organizzando una contro-manifestazione in difesa dei
processi in corso a Reggio, perché sia chiaro, a tutti, che la società civile sta con i magistrati, i giudici, la legalità: non con le donne
degli inquisiti. Ha detto bene Baldessarro: la Calabria è piena di innocenti “dimenticati”, ammazzati dalla 'ndrangheta, che non
hanno mai avuto giustizia e che
pure avevano madri, mogli, sorelle e figli. “Loro avrebbero più
diritto di altri a manifestare. Stiano dunque tranquille quelle donne: se i loro parenti sono innocenti torneranno a casa, come è giusto che sia. Se sono colpevoli
sconteranno la loro pena, come è
giusto che sia”. Parole sante.
Angelo Cannatà
Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce hanno aperto una breccia nel muro dell’omertà
Un esempio la loro ribellione dei sentimenti e del cuore
segue dalla prima
avuto la forza interiore di ribellarsi e contrapporsi alla 'ndrangheta. Le tre nobili e sfortunate
ragazze hanno aperto una breccia profonda nel muro dell'omertà, che è lo strumento fondamentale del dominio mafioso. Lo hanno fatto dall'interno delle proprie
famiglie e, quindi, consapevoli
che sarebbero andate incontro alle ritorsioni più gravi. Lo hanno
fatto per amore dei propri figli,
esaltando il sentimento più alto
degli esseri viventi. Il loro è un
gesto che può sconvolgere i comportamenti e la tenuta degli assetti criminali, perché ha la forza
di parlare direttamente alle numerose persone che, pur appartenenti a nuclei familiari mafiosi, subiscono con sofferenza tale
condizione. Perché la 'ndrangheta infligge ferite e dolori profondi alle comunità nelle quali si insedia, ma produce lacerazioni e
lacrime anche dentro le proprie
famiglie. Nega ai propri figli il diritto di crescere liberi di costruirsi il proprio futuro. Li utilizza come strumenti della propria funesta arroganza di dominio. E
quando qualcuno di loro ascende
la scala delle gerarchie mafiose e
diviene un boss ricchissimo e potentissimo, qual è la sua vita?
Quella di vivere sempre nasco-
sto, con la paura di essere ucciso
dalla cosca rivale o di essere arrestato. Nelle comunità aggredite
dal fenomeno criminale dilaga
l'infelicità.
E' infelice l'imprenditore vessato, il cittadino impaurito, il lavoratore sfruttato e malpagato, il
giovane disoccupato; lo sono ancor di più i ragazzi e gli emarginati adescati ed assoldati nella
manovalanza criminale, ma lo
sono anche gli appartenenti alle
famiglie mafiose.
Non suscita sorpresa apprendere che al loro interno si accenda e divampi la ribellione di mamme che rischiano la vita per proteggere le proprie creature e sottrarle ad un futuro di lutti o di galera.
La loro è certamente una ribellione senza calcoli nascosti, è la
ribellione più limpida e sincera,
quella dei sentimenti e del cuore.
Sono donne meritevoli dell'abbraccio e del sostegno dello Stato
e di tutte le persone che aspirano
a vivere in una società liberata
dall'oppressione criminale. Restare indifferenti, nell'opportunistica speranza che siano altri
ad opporsi alla 'ndrangheta e
mettersi a rischio, è un comportamento miope che riduce le forze necessarie a vincere lo scontro.
Per fortuna , un numero sem-
Il logo della manifestazione del Quotidiano
pre più alto di cittadini acquista
coscienza dei propri doveri. Lo
possiamo constatare giornalmente anche dal largo interesse e
le crescenti adesioni suscitate
dall'importante iniziativa assunta dal 'Quotidiano della Calabria'.
L' 8 marzo e le mimose sono il
simbolo delle lotte delle donne
per l'emancipazione, la libertà, i
diritti.
Dentro questo simbolo hanno
pieno merito di essere collocati i
nomi delle donne che hanno denunciato e denunciano le atroci-
tà mafiose. Sono esse oggi in Calabria ed in Italia l'avanguardia
della lotta per abbattere l'oppressione mafiosa, difendere i diritti
sociali e conquistare nuovi traguardi di civiltà e progresso ( sono aspetti che stanno strettamente insieme ).
In verità le donne sono sempre
state l'avanguardia delle lotte sociali e civili. I miei ricordi risalgono alle raccoglitrici di ulive che,
quando si collocavano alla testa
delle manifestazioni, ci davano la
certezza che la forza del movimento avrebbe vinto la battaglia.
Che oggi parta dalla Calabria, nel
nome di Maria Concetta, Giuseppina e Lea, l'appello per fare dell'8 marzo un giorno di lotta anche contro le mafie, costituisce
un fatto importante.
Noi calabresi dobbiamo sentirci onorati di appartenere alla
stessa terra delle tre ragazze e
delle tante donne che lottando
per la loro libertà , spesso sacrificando la vita, lottano per la libertà di tutti. Danilo Chirico ed Alessio Magro hanno percorso in lungo ed in largo la nostra regione
per ricostruire le loro storie e raccontarle nel bel libro ''I dimenticati ''. Tutti noi abbiamo il dovere
di ricordarle ed additarle come
nobile esempio.
Giuseppe Lavorato
già sindaco di Rosarno
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Martedì 21 febbraio 2012
21
REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Villa San Giovanni
Villa San Giovanni
Saline Joniche
Dimissioni lampo
La Fiamma chiede
Centrale a carbone
del capogruppo Pdl recupero delle filande associazioni all’attacco
a pagina 29
a pagina 29
a pagina 31
Sul passaggio del presidente del Consiglio del Pdl all’Udc arriva lo stop del commissario
Trematerra e il pasticcio Vecchio
Il freno dopo l’incontro con il governatore Scopelliti al consiglio regionale
LA SOLUZIONE
L’INTERVENTO
«Archi
è tornata
decorosa»
Anche un commissario
sarà meglio del governo
della ’ndrangheta
IN questi giorni sono stati
effettuati numerosi interventi di pulizia e bonifica
di aree del territorio di Archi, caratterizzate da un
forte degrado ambientale,
provocato dallo scarso
senso civico dei cittadini.
Lo assicura il delegato
del quartiere di Archi, Roberto Leo: «Grazie all’attento epresente Assessore
Comunale all’Ambiente,
Tilde Minasi, che ha recepito immediatamente le
mie segnalazioni, gli operatori della Leonia hanno
ripulito varie zone di Archi, ed in particolare quelle adiacenti le postazioni
dei cassonetti dei rifiuti solidi urbani, che nei giorni
passati presentavano un
aspetto vergognoso. Tutto
ciò accentuato dall’incivile ed irresponsabile comportamento di alcuni cittadini - prosegue Leo - che incuranti delle norme e senza rispetto del vivere civile,
abbandonano di tutto per
le strade, vanificando l’apprezzato lavoro che quotidianamente viene svolto
dagli operatori della Leonia, che cercano di rendere
l’intero territorio cittadino più pulito ed accogliente. A tal proposito, voglio
rilanciare l’invito fatto in
questi giorni dalla Società
Leonia e dall’Amministrazione Arena, nella persona
dell’Assessore Minasi conclude - che sin dall’inizio di questa legislatura,
ha avviato una forte opera
di sensibilizzazione tesa
all’adozione di comportamenti improntati alla salvaguardia dell’ambiente
cittadino e mi rivolgo in
particolare ai cittadini della zona Nord, che comprende il territorio che si
estende da Santa Caterina
a quello di Catona, ricordando che è stata istituita
nella sede della Leonia
l’isola ecologica itinerante, sita ad Archi in Via Discesa Stazione, dove è possibile conferire gratuitamente i rifiuti ingombranti nelle seguenti giornate
settimanali: Martedì dalle
ore 8.00 alle ore 13.00 e il
Venerdì e Sabato dalle ore
14.00 alle ore 19.00»
di LAURA CIRELLA*
Il vertice dell’Udc: in prima fila Sebastiano Vecchio
di ENRICO DE GRAZIA a pagina 22
Platì
Gioia Tauro
De Grazia scuote le coscienze
Cedro, chiesto l’ergastolo
L’ANNUNCIO della
disponibilità del giudice lametino Romano
De Grazia a candidarsi a sindaco del piccolo centro aspromontano nelle imminenti
elezioni amministrative fa discutere i movimenti politici e la società civile.
IL sostituto procuratore Fimiani ha chiesto il carcere a vita
per Gregorio Congiusti, ritenuto il responsabile dell’omicidio del giovane
commerciante di videogiochi, Carmine
Cedro, assassinato
nel novembre 2009.
a pag. 32
Romano De Grazia
a pag. 24
Gregorio Congiusti
LA SOLIDARIETÀ
Il “Play Music Festival”
raccoglie fondi all’Hospice
A REGGIO è in arrivo il
Play Music Festival
La rassegna apre nel segno del jazz internazionale con Bill Carrothers
Trio
Nel corso della serata di
beneficenza si raccoglieranno fondi per l’Hospice.
La stagione concertistica
reggina si arricchisce, da
quest’anno, di un nuovo,
importante evento musicale che caratterizzerà
l’ultima fase della stagione invernale e l’inizio della primavera.Il festival,
ideato ed organizzato
dall’Associazione culturale Soledad e denomina-
to “Play Music Festival”, è
un evento aperto ad ogni
espressione artistico/musicale, che si vuole, in
quanto tale, proporre come punto d’incontro di
culture, generi, tendenze
ed espressioni sonore differenti. Il programma di
giovedì alle ore 10.30
presso Il Fiore di Desna –
si basa su una proposta
artistica trasversale che
va dal Pop al Rock, dal
Blues alla World Music,
passando per il Folk,
l’Elettronica, la Classica,
il Jazz e per ogni altro genere di sperimentazione
sonora.
La città morente
del post Licandro
A PROPOSITO di anniversari e di Mani Pulite, a
marzo ricorreranno vent'anni dalle dimissioni di
Agatino Licandro, a seguito dello “Scandalo delle fioriere”. Pochi lo ricordano ma Licandro,
con le sue confessioni,
portò alla luce un sistema
articolato di corruzione
che allora fece scandalo
ma che, rispetto a quanto
stiamo vivendo oggi,
sembra opera da dilettanti. Da “La città dolente”,
così bene descritta allora
da Aldo Varano, siamo
passati direttamente a
“La città morente”.
SABATOscorso si è svolto il
secondo congresso provinciale di Sinistra Ecologia e
Libertà.
Un congresso straordinario che ha chiuso la fase
commissariale della Federazione di Reggio Calabria
e, al contempo, ha segnato
una serie di aspetti importanti: il primo, sicuramente, la consapevolezza dei
gravi errori che SEL ha
commesso nel passato e la
volontà di ripartire organizzando bene i territori e
lavorando nuovamente per
un centrosinistra più forte
e coeso. Abbiamo apprezzato la presenza dei rappresentanti di tutti i partiti del
centrosinistra – PD, PRC,
IDV, PdCI, PSI – oltre che
dei movimenti, Energia Pulita ed Ethos, . Un secondo
elemento, ulteriormente
importante, è venuto dalla
partecipazione alla mattinata riservata ai saluti degli ospiti dei rappresentanti di tutte le forze sane della
nostra provincia. Al centrosinistra tutto, fuori e dentro i partiti, diciamo che siamo pronti ad incontrarci
subito sui temi comuni, a
condividere percorsi che
devono vederci uniti. Tra i
tanti argomenti affrontati,
dalla situazione economica
nazionale ed internazionale al lavoro, dai beni comuni
ai trasporti, dai nuovi diritti all’ambiente, dal mondo
della scuola e dell’università ai giovani, uno fra tutti è
stato ricorrente: la lotta alla
‘ndrangheta, al malaffare,
alla cattiva gestione delle risorse pubbliche. Questa
terra ha avuto meravigliose testimonianze anti
‘ndrangheta e stagioni di
notevole fermento, donne e
uomini che hanno dato tantissimo alla lotta contro la
‘ndrangheta e lo hanno fatto con coraggio e al caro
prezzo della vita. Un esempio emblematico è la situazione del Comune di Reggio
Calabria dove, nel corso degli anni, l’incapacità amministrativa si è ben mescolata a interessi subdoli e privati. Un giudizio duro e perentorio che non viene per
Laura Cirella
caso ma che è dimostrato
ampiamente dalle numerose inchieste condotte dalla
magistratura. Come Sel abbiamo richiesto con forza
l’arrivo della Commissione
d’accesso, proprio al fine di
verificare il livello di infiltrazione che la ‘ndrangheta
ha prodotto nel comune di
Reggio Calabria. Pur riconoscendo gli sforzi di un
centrosinistra istituzionale riteniamo si debba fare di
più, si debba uscire dal perimetro del palazzo, si debba
aprire subito un dibattito
pubblico su quella che non è
più una semplice questione
di illeciti e reati bensì una
questione di etica politica.
Fare questo adesso significa segnare da subito una
differenza sostanziale, proporre sin da ora un’alternativa, quanto meno di prospettiva, prima che il castello di carte crolli. Come Sel
auspichiamo che la Commissione d’accesso vada fino in fondo e sveli le responsabilità della lunga era Scopelliti. Se questo lavoro porterà, come crediamo, allo
scioglimento del Comune
di Reggio per infiltrazione
sarà fatta verità. Perché
qualsiasi governo, finanche il difficile compito amministrativo di un commissario, è meglio del governo
della ‘ndrangheta.
Da ora, però, spetta a noi,
a Sel e al centrosinistra, il
compito urgente di rinnovarsi e, con uno slancio forte e rumoroso, di innescare
un cambiamento positivo
che possa riscattare la nostra terra.
*Coordinatrice
provinciale Sel
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Reggio
Martedì 21 febbraio 2012
Continua al processo “Epilogo” la deposizione del tenete colonnello Vitagliano
Cariche e accordi tra i Serraino
L’ufficiale dell’Arma ha ricostruito gli equilibri interni alla cosca
CARICHE, accordi e gerarchie
criminali interne alle cosche della ‘ndrangheta reggina. Tutto
documentato dalle intercettazioni telefoniche degli specialisti
dell’Arma.
E’ stato il Tenente Colonnello
dei Carabinieri, Gianluca Vitagliano (ex capo del nucleo investigativo della provincia), a
esporre in aula, nell’ambito del
procedimento “Epilogo”, le risultanze investigative che si sono
intrecciate con l’enorme indagine “Crimine”, che ha tentato di dimostrare
l’unitarietà
della
‘ndrangheta dei tre mandamenti
della Provincia di Reggio Calabria.
L’ufficiale dell’Arma, adesso
trasferitosi ad Aversa, ha infatti
curato l’attività per arrivare a incastrare molti dei boss e degli affiliati del clan Serraino, storica
cosca di Reggio Calabria, egemone sui territori di San Sperato e
Cardeto.
Accertamenti, quelli dei Carabinieri,
che
culminarono
nell’operazione del settembre
2010, scattata anche grazie alle
dichiarazioni del collaboratore
di giustizia Vittorio Fregona.
Al cospetto del Tribunale presieduto da Silvana Grasso, sollecitato dal pubblico ministero
Giuseppe Lombardo, Vitagliano
ha dunque ricordato in aula una
lunga serie di intercettazioni telefoniche e ambientali che avreb-
bero per protagonisti, tra gli altri, Francesco “Ciccillo” Gattuso,
esponente di spicco della criminalità organizzata reggina, coinvolto (assime ad altre 300 persone) nel maxiblitz dell’operazione
“Crimine”, eseguito il 13 luglio
2010, con due distinti provvedimenti dalle Dda di Milano e Reggio Calabria.
E dalle conversazioni intercettate, oltre che alcuni importanti
passaggi circa le dinamiche della
‘ndrangheta (le cariche sarebbero rinnovate tre volte l’anno), sarebbe emerso anche il ruolo predominante di Alessandro Serraino come capo dell’omonimo
clan.
“Lisciandro” (così viene chia-
mato nelle intercettazioni) avrebbe dunque preso le redini del clan dopo
la morte del padre, Mico
Serraino, fratello del celeberrimo
Francesco,
don Ciccio, soprannominato “il re della monta- Gianluca Vitagliano
gna”, capo storico del
clan, ucciso in un eclatante ag- Maurizio Cortese, entrambi imguato all’interno degli Ospedali putati nello stesso procedimenRiuniti nel 1986, nel corso della to, che avrebbero avuto il delicato
seconda guerra di mafia reggi- compito di coordinare le attività
na. Insomma, secondo quanto dei più giovani, linfa vitale del
emerso, se don Ciccio era il passa- clan, capace di rigenerarsi dopo
to, il nipote Alessandro era visto gli arresti e le perdite degli anni
passati. La deposizione di Vitacome il futuro della “famiglia”
A lui avrebbero fatto riferi- liano continuerà nella prossima
mento tutti gli altri membri della udienza.
famiglia, da Fabio Giardiniere e
cla. cor.
Il sostituto pg Adriana Fimiani chiede il carcere a vita per Gregorio Congiusti Organizzato al Tar
Venerdì
il convegno
sul processo
Processo d’Appello per il giovane accusato dell’omicidio Cedro amministrativo
L’accusa vuole l’ergastolo
di CLAUDIO CORDOVA
IL SOSTITUTO procuratore generale Adriana Fimiani ha richiesto
la condanna all’ergastolo per il
28enne Gregorio Congiusti, ritenuto l’assassino del commerciante
Carmine Cedro. Il rappresentante
dell’accusa, al cospetto della Corte
d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, ha invocato dunque il carcere
a vita per l’uomo, che in primo grado, invece, è stato condannato a
ventiquattro anni di galera. In subordine, il sostituto pg Fimiani ha
chiesto la condanna a ventiquattro anni e quattro mesi di reclusione. Già in primo grado, dunque,
Congiusti era stato ritenuto colpevole e condannato, con la sentenza
emessa il 3 marzo 2011, per il delitto di Carmine Cedro, commercian- Gregorio Congiusti
te di Gioia Tauro. E proprio nella
città del porto avvenne il delitto,
nel novembre 2009: a cadere per i
colpi di pistola esplosi, Cedro, commerciante-imprenditore assai noto nella Piana, per la sua posizione
nel settore dei videogiochi. Un’attività, quella di Cedro, che si era incrociata con il lavoro di Congiusti:
e proprio alcuni dissidi negli affari
avrebbero armato la mano del giovane, la mattina del 7 novembre.
Quattro colpi di pistola sparati da
distanza ravvicinata che raggiunsero Cedro al volto e al torace, non
lasciandogli scampo. Già il giorno
dopo, peraltro, il giovane Congiusti, individuato dai Carabinieri,
grazie al sistema di videosorveglianza posizionato nel centro di
Gioia Tauro, come l’esecutore materiale del delitto, confessò l’acca- Carmine Cedro
Il luogo del delitto Cedro
duto, indicando ai militari dell’Arma anche il luogo in cui aveva nascosto la pistola.
In primo grado, celebrato con rito abbreviato al cospetto del Gup
Paolo Ramondino, non venne accolta la richiesta del pm Rocco Cosentino che, sostenendo la premeditazione del delitto, aveva chiesto
la condanna all’ergastolo. Argoecologiche “mobili” che domentazioni che il sostituto pg Fivranno accogliere gli scarti
miani ha nuovamente portato
che la popolazione vorrà diavanti nel secondo grado di giudisfarsene e quindi liberarsene
zio, chiedendo alla Corte (Fortunadalle mura delle loro abitazioto Amodeo presidente, Marialuisa
ni.
Crucitti a latere) il riconoscimento
Due punti di raccolta nuovi,
della premeditazione e, quindi, il
che si aggiungono a quello
“fine pena mai” per Congiusti. Doposto in Via Foro Boario, che
po la requisitoria, la parola è passono stati collocati a Pietrasata agli avvocati difensori
storta (vicino l’ex inceneritodell’imputato, che, rifacendosi ai
re con orario: lunedi dalle
I rifiuti
motivi d’appello, hanno chiesto il
08.00 alle 13.00; mercoledi e
di GUGLIELMO RIZZICA
lasciati
riconoscimento delle attenuanti
giovedi dalle 14.00 alle 19.00 )
per strada
generiche, nonché dell’attenuana Condera
SI IMPEGNA l’Amministra- e ad Archi (discesa Stazione
te della provocazione. Nel corso
zione Comunale per cercare di vicino centro operativo della
della prossima udienza, prevista
porre un freno o quantomeno “Leonia” con orario: martedi
per il 5 marzo, dovrebbe esserci
di limitare il fenomeno 08.00-13.00; venerdi e sabato
spazio per eventuali controreplidell’abbandono dei rifiuti soli- 14.00-19.00) istituiti per racche della Procura Generale, dopodi urbani e ingombranti per le cogliere materassi, mobili,
diché la Corte entrerà in camera di
computers, elettrodomestici e
vie della città.
consiglio per emettere la sentenza.
Ultima iniziativa è stata altri rifiuti. Il servizio avrà coPraticamente un anno dopo la dequella di predisporre in alcu- sto zero per i cittadini se i ricisione di primo grado.
ni rioni di Reggio due isole fiuti ingombranti saranno
La sede del Tar
AVRÀ luogo venerdì prossimo alle 15.30, un incontro di studio sul
nuovo processo amministrativo.
L’iniziativa è organizzata dalla
cattedra di Diritto amministrativo
dell’Università Mediterranea ed
avrà luogo nelle aule del Tar di
Reggio Calabria in Viale Amendola. Relatore d’eccezione sarà il professore Pier Luigi Portaluri
dell’università di Lecce. Nel corso
dell’incontro il presidente del Tar,
Ettore Leotta, relazionerà sull’attivita della sezione staccata del
Tribunale amministrativo regionale nel corso dell’anno appena
conclusosi.
L’inaugurazione
ufficiale
dell’anno giudiziario del Tar di
Reggio avrà invece luogo in forma
solenne,
congiuntamente
all’inaugurazione di Catanzaro,
sabato a partire dalle ore 11.
E nonostante il servizio la gente continua ad abbandonare i rifiuti per strada
Ci sono due nuove isole ecologiche
portati nelle sedi citate. Rifiuti che ancora oggi risultano
ancora sparsi invece per molte vie.
Come nel caso del sito che
una volta accoglieva i locali di
un’altra isola ecologica (quella di via Reggio Campi un tempo gestita dalla cooperativa
“Rom 95) che pur essendo dismessa da ormai lungo tempo
viene fatta oggetto nella parte
esterna a rilascio continuo di
rifiuti solidi ingombranti.
Innumerevoli sono state le
volte che la zona è stata ripulita dagli operatori addetti con
grande impegno e con massicci interventi di uomini e
mezzi come l’ultima volta di
qualche mese addietro quando l’intera area del marciapiede per un fronte di oltre trenta
metri era sommerso da scarti
che arrivavano fino al muro di
cinta che si affaccia sulla strada.
Oggi, purtroppo, si riscontra nel luogo alla formazione
di una nuova discarica a cielo
aperto. come accaduto in passato.
Anzi peggio. Perché nonostante le iniziative degli amministratori, mirate ad agevolare la popolazione nelle
operazioni di smaltimento ma
anche per far fronte e dunque
porre rimedio a questo incessante fenomeno di abbandono
illegale, si assiste ancora incessantemente al compiersi di
questi atti di arretratezza
mentale compiuti da gente ottusa che evidentemente è abituata a vivere muovendosi tra
degrado e mancanza di crescita civile.
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24 Reggio
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REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Il progetto della provincia illustrato all’istituto Euclide di Bova Marina
Il futuro passa per Eurodesk
L’idea è quella di diffondere tra i giovani le opportunità dell’Europa
DI GIUSEPPE CILIONE
BOVA MARINA – “Ue per te: Europa, giovani e volontariato”: è questo
il titolo del progetto promosso da
Eurodesk, una rete comunitaria
che fornisce informazioni ai giovani su tutte le opportunità che l’UnioneEuropea offreaigiovani comead
esempio progetti di scambio, gemellaggi, attività di volontariato
all’estero, tirocini, formazione e che
è stato al centro di un incontro promosso dalla Provincia di Reggio Calabria presso i locali dell’Istituto Superiore Euclide di Bova Marina.
Il progetto, rivolto ai giovani dai
diciassette ai ventotto anni, è stato
presentato da Patrizia Laganà, referente Eurodesk della Provincia, e
da Giovanna De Stefano, entrambe
componente dell’Ufficio Europa
dell’ente di Palazzo Foti, dipartimento guidato da Anna Maria
Franco; nonché, per l’ambito istituzionale, dai consiglieri provinciali
di maggioranza, Demetrio Cara e
Pierpaolo Zavettieri. Un messaggio
chiaro, quello dei rappresentanti
istituzionali che hanno rimarcato
la valenza di sentirsi “cittadini europei e non solo cittadini italiani o
calabresi”.
«La Provincia di Reggio Calabria
–hanno spiegatonei loro interventi
Cara e Zavettieri – intende avvicinarsi alle comunità periferiche ed ai
giovani delle scuole, grazie all’ausilio dell’Ufficio Europa, attraverso
questo tipo di eventi volti a sensibilizzare al volontariato e ad una cultura europea i nostri giovani. Va
evidenziato che si tratta di iniziative
a costo zero per l’ente e che danno la
possibilità ai ragazzi di partecipare
ad esperienze ed eventi importanti
per la loro crescita e che saranno a
carico dell’Unione Europea».
«Siamo qui per illustrare un modulo Europeo di consapevolezza sul
volontariato – hanno sottolineato
Patrizia Laganà e Giovanna De Stefano dell’Ufficio
Europa della Provincia che rientra nell’ambito del
progetto “Ue per te: Europa, giovani e volontariato”. Trattasi di un progetto
promosso da Eurodesk di I partecipanti all’incontro
cui fa parte anche l’Ufficio
Europa della Provincia di Reggio servizio di volontario europeo che
Calabria che ha aderito nel 2011 a rientra in un programma comuniquesta rete. Abbiamo cercato di sen- tario denominato “Gioventù in aziosibilizzare i giovani verso il mondo ne” che consentirà agli aderenti di
del volontariato tanto a livello locale effettuare un progetto di volontaquanto a livello europeo. Abbiamo riato, della durata di massimo dodiprovveduto ad illustrare agli stu- ci mesi, in un Paese diverso da queldenti un progetto riguardante il lo di residenza».
Il comitato del no alla centrale di Saline Joniche torna a puntare l’indice contro la Sei
A Bova Marina
Il carbone è il passato
All’oratorio
in maschera
si processa
il Carnevale
Le associazioni citano Legambiente e guardano alla terra
MONTEBELLO JONICO - “Il futuro dell’area grecanica è già
presente, il carbone SEI-REpower trapassato”: inizia così l’articolato comunicato del Coordinamento per il No al carbone in quel
di Saline Joniche. Un intervento
col l’argento vivo addosso e che
non usa la diplomazia per combattere l’avversario ma brandisce la spada e affonda i colpi senza giri di parole. L’indice è puntato contro il progetto di “Sei Power ed il suo codazzo di sodali le
cui nefaste conseguenze ricadrebbero su tutti noi”.
“La nostra terra – rammentano i sostenitori del “no” al carbone - ha delle potenzialità, purtroppo ancora non pienamente
espresse, che le consentirebbero
di fare un grosso salto di qualità.
Questo è quello che, in sintesi, è
emerso in questi giorni dai convegni organizzati dall’Università della Terza Età, sui prodotti
De.C.O. e da Legambiente sul futuro dell’energia”. Secondo il
fronte del “no” questi convegni
“hanno aperto lo scrigno ed hanno svelato un vero e proprio tesoro. Dalle pere ai fichi, dal formaggio all’olio, dalle castagne al
vino, tutto quello che nasce da
una zolla di questa terra straordinaria, diventa prezioso”.
Il diniego al carbone, però, non
sarebbe una trincea contro lo sviluppo tecnologico: da qui il richiamo ad una recente iniziativa
di Legambiente. “Non c’è futuro
nel carbone, - proseguono - invece c’è nei progetti presentati nel
secondo convegno, quello di Legambiente, nel quale grandi
multinazionali e importanti
realtà locali hanno parlato del
futuro dell’energia pulita. Un futuro che coincide col presente
perchè le loro tecnologie, frutto
di intelligenze italiane, esistono
e sono disponibili ora. Si è passati
dal mostrare quelle tecnologie
che consentono di produrre tutta l’energia che serve al mondo,
senza danneggiare la salute dei
suoi abitanti, all’esperienza di
una grossa fattoria calabrese
che ha un impatto ambientale pari a zero, riesce a produrre energia anche dal letame delle sue
mucche. Il filo comune che ha legato tutti gli interventi è stato il
fatto che la nostra terra, per la
sua posizione geografica, ha la
possibilità di sfruttare pienamente fonti energetiche totalmente gratuite: l’energia solare,
eolica, marina, idroelettrica e
geotermica”.
Il fronte del “no”, poi sventola
ai quattro venti il vessillo della
paura legata a paventati rischi
Una manifestazione contro la centrale e l’area dove dovrebbe sorgere
per la salute dei cittadini che vivono nei comuni vicini al sito in
cui dovrebbe sorgere l’impianto
carbonifero. Nodo controverso
ed oggetto di vibranti polemiche
fra le due correnti di pensiero
sull’ipotesi Centrale a carbone a
Saline.
Il coordinamento delle associazioni contrarie al carbone,
poi, si rivolge ai politici. “Per costruire un vero futuro – si legge
nel comunicato - c’è bisogno di
una classe politica lungimirante, che riesca a far emergere
quelle che sono le potenzialità
della nostra terra, che sappia
agire nel presente progettando il
futuro, e che non scenda a compromessi per avere piccoli van-
taggi temporanei, che in futuro
diventerebbero danni irreversibili. Il problema della centrale a
carbone è trasversale ai partiti
politici, il Coordinamento si augura che il “no al carbone” sia un
punto fermo in tutti i programmi, perchè è impensabile che si
progetti lo sviluppo di una terra,
senza preoccuparsi di difenderla
da ciò che potrebbe causarne la
rovina”.
“Le pressioni sono forti in questi periodi, - aggiungono i rappresentanti del “no al carbone” per questo occorre che chi ha già
detto il suo “no”, convinto e motivato, rimanga fermo nelle sue
posizioni e non si faccia condizionare. La nostra terra non ha biso-
gno di chi dice prima no, poi ni e
poi si, a seconda di dove soffia il
vento, e non ha bisogno di una
classe politica ignava che non si
espone per non perdere qualche
voto, ma ha bisogno di una politica che sia presente e attiva sul
territorio, al fianco di noi cittadini, e che lavori per il benessere
della nostra amata terra”.
Un appello chiaro e deciso che
vuole spazzare i dubbi su possibili compromessi per scopi puramente elettoralistici; la battaglia
del coordinamento per il “no al
carbone” non si ferma con la
campagna elettorale e siamo certi che la lunga querelle fornirà
ulteriori capitoli.
g.c.
BOVA MARINA - Come da tradizione i ragazzi e le ragazze
dell’Oratorio Salesiano “Don Bosco”di Bova Marina,domenica,
hanno fatto sfilare il loro carro di
carnevale.
Sono ormai
diventati dei
veri maestri
della cartapesta, affrontando la Profezia
Maya sulla fine del mondo,
hanno lavorato per diversi
giorni
nella
costruzione
del carro.
Per stamattina è in programma la sfilata dei bambi- Una mscherina
ni della scuola
dell’infanzia “l’aquilone”, travestiti con costumi tradizionali e
moderni.
I festeggiamenti più strani
dell’anno, a Bova Marina si concluderanno oggi con il classico “
processo a Carnevale”.
Il “processo a
rappresentazione teatrale di
chiusura del carnevale preparata e interpretata magistralmente dai bravi giovani dell’oratorio
salesiano. Durante il processo,
Carnevale viene condannato a
morte e al termine viene condotto nel campetto di calcio dove avviene il rogo del fantoccio della
maschera, ultimo atto del carnevale.
e.c.
Si rinnova l’appuntamento con la cucina tipica e i dolci delle feste
Maschere tra mito e tradizione
Un gruppo
di persone
in
maschera
dieta quotidiana, in osservanza
del divieto della religione cattolica di mangiare carne durante i
quaranta giorni che precedono
la Pasqua, definiti il tempo di
“Quaresima”. Il Carnevale è
quindi il periodo durante il quale è permesso ogni tipo di divertimento. Deriva probabilmente
da antiche feste religiose pagane, in cui si faceva uso delle maschere per allontanare gli spiriti maligni. Nell’antica Roma
di ENZA CAVALLARO
erano i “Baccanali”, e i “SaturCON oggi, martedì di carnevale nali”, un periodo tra il vecchio e
o “grasso” si concludono i fe- il nuovo anno in cui era lecito fasteggiamenti di carnevale. Si- re ciò che durante l’anno non si
curamente il nome deriva dal la- poteva fare mascherandosi, fatino medioevale “carne levare”, cendo scherzi a tutti, e burlanossia “togliere la carne” dalla dosi di tutto. Con il sopraggiun-
gere del Cristianesimo queste
feste rimasero semplicemente
come forme di divertimento popolare. Sopraggiunto il Rinascimento si iniziò a festeggiare
il Carnevale anche nelle corti,
con modi più raffinati che coinvolgevano il teatro, la danza e la
musica. Con date variabili a seconda dei luoghi inizia tra Capodanno e l’Epifania, e si conclude il giorno di martedì grasso, che precede il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima. I giorni “grassi”, che
vanno dal giovedì al martedì
grasso, sono quelli maggiormente festeggiati con balli, sfilate di carriallegorici, corsi mascherati e travestimenti di ogni
genere.A Carnevale il ricordo
delle tradizioni agricole e alimentari è ancora vivo da Nord a
Sud del Paese. Berlingozzi e
Cenci in Toscana, Cicerchiata in
Abruzzo, Brugnolus e Orillettas in Sardegna, Galani in Veneto, Sfrappole in Emilia Romagna, Bugie in Liguria, Struffoli
e Sanguinaccio in Campania,
Crostoli in Friuli, Frappe e Castagnole nel Lazio, Pignolata in
bianco e nero in Sicilia e Grostoi
in Trentino, sono infatti solo alcune delle centinaia di specialità gastronomiche regionali che
vengono riscoperte durante il
periodo di carnevale e che sono
testimoni di profondi valori culturali, alimentari e religiosi.
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Grecanica
Martedì 21 febbraio 2012
21
Martedì 21 febbraio 2012
REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected]
Montegiordano
Rossano
Presentata la sfiducia
per il sindaco La Manna
Francesco La Manna
a pagina 36
Franchino: «Caputo
non può fare l’assessore»
a pagina 37
Giuseppe Caputo
Operazione “Beta”. Ha chiesto 7.500 euro per finanziare la campagna elettorale
Sotto usura per la politica
Al vaglio della Procura il prestito “concesso” a un consigliere comunale
di R0BERTO GRANDINETTI
HA CHIESTO un aiuto economico a un
amico e alla fine si è trovato sotto usura.
E’ la vicenda del consigliere comunale
Roberto Sacco, tra le presunte vittime di
“Beta”, l’operazione antiusura condotta
ieri dai carabinieri su direttive della procura di Cosenza. Come responsabili vengono qui indicati Francesco Ruffolo
(classe ‘52) e Pasquale Placido. A quest’ultimo (difeso dall’avvocato Ugo Le
Donne) la relativa ordinanza con la quale
gli sono stati applicati gli arresti domiciliari è stata notificata al fotofinish. «In
concorso tra loro - si legge nel relativo capo di imputazione redatto dai pubblici
ministeri Giuseppe Cava e Giuseppe
Francesco Cozzolino - si facevano promettere da Sacco Roberto, a fronte di un
prestito di denaro di euro 7.500, un interesse mensile pari ad euro 750, corrispondente al tasso del 10%, facendosi
successivamente consegnare - oltre al capitale anche - interessi per un importo
complessivo di euro 5.250». Il tutto «con
l'aggravante dell'aver commesso il fatto
in danno di soggetto in stato di bisogno».
Negli atti i due pm hanno inserito le dichiarazioni rese a tal proposito dallo stesso Sacco, che ha così riferito: «All'incirca
nel mese di febbraio 2011 ho avuto necessità di disponibilità economiche per finanziare l'imminente campagna elettorale per le elezioni comunali che si sono
svolte nella primavera dello stesso anno e,
pertanto mi rivolsi a
Pasquale Placido, che
conoscevo da circa
dieci anni, affinché
intercedesse con Ruffolo Francesco, detto
Bebè, dell'età di circa
sessanta anni, per la
concessione di un
prestito dell'ammontare di 7.500 euro».
Sacco ha aggiunto che «Placido si dimostrò da subito disponibile e mi fissò un appuntamento, nel mese di febbraio 2011,
con il Ruffolo presso il Bar sito di fronte
alla Banca Carime ubicata dinanzi al
Centro Commerciale I Due Fiumi di Cosenza. In quell'occasione, Ruffolo Francesco, detto Bebè, mi domandò di quanto
denaro avessi bisogno e, dopo avere
ascoltato la mia richiesta di un prestito di
7.500 euro, si allontanò dicendo di dovere andare a casa a prendere il contante,
ritornando dopo circa mezz'ora con la
somma che mi consegnò, alla presenza di
Pasquale Placido, con il seguente accordo: a fronte del capitale ricevuto di euro
7.500 avrei dovuto corrispondere rate
mensili di interessi di 750 euro per i mesi
da marzo a settembre 2011, con restituzione del capitale di 7.500 euro nel mese
di settembre. In sostanza venne fissato
un tasso di interesse mensile del 10%».
Sacco ha ricordato che dopo aver concluso l'accordo Ruffolo gli raccomandò
la massima puntualità nei pagamenti:
«Mi disse “mi raccomando, ‘un mi fa arraggià”. Placido rassicurò Bebè, garantendo la mia serietà».
Sacco ha raccontato di aver corrisposto tutte le rate mensili di interessi da
marzo fino al mese di settembre, «allorquando ho restituito il capitale; pertanto,
ho pagato a titolo di interessi la somma
complessiva di euro 5.250 nell'arco di
sette mesi».
In sei mesi
ha dovuto
restituire
5.250 euro
in più
Francesco Ruffolo (classe ’52)
Francesco Ruffolo (classe ‘75)
Lorenzo Ruffolo
Davide Caligiuri
Giovanni Bruni
Ennio Bruni
Alfonso Pichierri
Pietro Sapia
Pasquale Placido
Anna Squillace
L’ACCUSA
«Soldi anche per il mediatore»
PER CHI cade nella rete degli usurai non
ci sono da pagare solo gli interessi da capogiro ma anche i regali al mediatore di
turno. Lo ha raccontato ai magistrati una
delle vittime di “Beta”: «All'incirca nel periodo di novembre- dicembre 2010 mio figlio mi riferì di avere presentato una denuncia perché era vittima di usura; in
quell'occasione mi accennò alla sua situazione debitoria - che si protraeva da circa
un anno - e alle difficoltà di restituire puntualmente gli interessi e le somme ricevute in prestito dagli usurai, senza indicarmi nel dettaglio le condizioni dei singoli
prestiti - mi riferì, infatti, che erano più di
uno - e il nominativo dei soggetti coinvolti. Successivamente mi riferì che a metterlo in contatto con gli usurai era stato
Davide Caligiuri, soggetto che io conoscevo di vista da alcuni anni. Mio figlio mi
disse, altresì, di avere dovuto dare a Caligiuri un regalo in denaro per l'aver questi
mediato tra mio figlio e gli usurai. Il Caligiuri lo vidi poi di persona in occasione
di un incontro avvenuto il 5.04.11 nei
pressi del cantiere di mio figlio con Davide Caligiuri. Ricordo, altresì, che nel cor-
so di tale incontro il Caligiuri, nell'insistere nella necessità di estinguere il debito con quelli di Cosenza e quasi a sua discolpa, disse che i soldi dovuti da mio figlio non erano destinati a lui ma a colui
che gli aveva fatto il prestito e che lui, per
l'attività di mediazione, aveva ricevuto
soltanto la somma di euro 200/300 da
Ruffolo Lorenzo - nominativo che io appresi per la prima volta in tale circostanza».
Riguardo alla caratura dei dieci indagati i pm Cava e Cozzolino nelle loro richieste di custodia cautelare hanno scritto che «non può poi sottacersi la circostanza che a carico di alcuni indagati vi
sono numerosi precedenti, anche specifici ed infraquinquennali (Ruffolo Francesco classe '52, Bruni Ennio, Ruffolo Lorenzo, Caligiuri Davide), nonché carichi
pendenti, anche specifici (Bruni Ennio,
Ruffolo Francesco detto Bebé, Bruni Giovanni)».
Come vi abbiamo ampiamente riferito
nelle pagine di Primo piano, secondo i due
magistrati cosentini, che avevano chiesto
l’arresto per tutti e dieci gli accusati, «ap-
pare vivissimo il pericolo che gli indagati,
se lasciati in libertà, possano non solo
commettere ulteriori reati della stessa
specie ai danni delle vittime già accertate
e di quelle in corso di identificazione ma
anche protrarre l'attività usuraria in atto
con riguardo ai rapporti già pendenti. In
ragione della particolare gravità dei reati
commessi e dell'allarmante personalità
dimostrata dagli indagati le prospettate
esigenze cautelari non possono, allo stato, essere adeguatamente soddisfatte con
una misura meno afflittiva della custodia
cautelare in carcere nei confronti di tutti
gli indagati, anche in ragione della necessità di recidere immediatamente ogni
possibile contatto degli stessi con il contesto criminale - verosimilmente ben più
ampio di quello finora emerso - in cui risultano stabilmente inseriti». Alla fine il
gip Branda, come vi riferiamo sempre
nelle pagine di Primo piano, ne ha mandati in carcere sei. Per i restanti quattro arresti domiciliari. I primi interrogatori di
garanzia avranno inizio oggi. Si comincerà con quelli reclusi in carcere.
r. gr.
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Cosenza
Martedì 21 febbraio 2012
“Telesis”. Sette le assoluzioni. Pene pesanti per Fabio Bruni, Musolino e Abbruzzese
Clan Bruni, chiesti 300 anni
Il pm Rossi ha chiuso la sua requisitoria, sollecitando 31 condanne
TRENTUNO richieste di condanna, per un totale che sfiora i 300
anni di reclusione, una media di
nove a testa. Le ha sollecitate ieri,
al termine della sua lunga requisitoria, il pubblico ministero della
Dda di Catanzaro Simona Rossi. Il
procedimento di riferimento è
quello “Telesis”, concentrato sul
clan Bruni, secondo l’Antimafia
retto dallo scomparso Michele
Bruni, e sul gruppo degli zingari,
con a capo Giovanni Abbruzzese.
Lo stesso magistrato ha poi chiesto l’assoluzione di sette imputati.
Il processo, che si sta svolgendo
con la formula del rito abbreviato
dinanzi al gup di Catanzaro Abigail Mellace, riprenderà il prossimo 5 marzo, con le prime arringhe
difensive. L’accusa base è associazione finalizzata alle estorsioni, alle rapine e allo spaccio.
Le richieste. Le pene più severe Da sinistra: Fabio Bruni, Giovanni Abbruzzese, Pasquale Ripepi e Domenico Musolino
sono state sollecitate per Fabio
Bruni (20 anni di reclusione), Gio- 2 anni e otto mesi, per Adolfo 9 e Luca Bruni, nella scorsa udienza il grave malattia) invitò la donna a
vanni Abbruzzese (16), Umile Mi- per Fabio 4 anni e 10 mesi. Per Car- pm aveva chiesto lo stralcio consi- dire al marito di comportarsi bene
celi (16 anni e quattro mesi), Do- mine Gazzaruso sono stati chiesti derato che l’imputato, per come de- e di dare a lui e al suo gruppo quello
menico Musolino (21), Pasquale 9 anni di reclusione, per Luigi nunciato dai suoi familiari, è mi- che era loro. «Bruni - ha detto la
Rossi al gup - parlava a nome di
Naccarato 6, per Massimo Greco 6 steriosamente scomparso.
Ripepi (20) e Maurizio Viola (17).
Nel corso della requisitoria il pm tutti quanti. Qui è cristallizzata
Per Edyta Kopaczynska, moglie anni e 4 mesi, per Luigi Morelli 8
di Michele, sono stati chiesti 8 anni anni e 8 mesi, per Roberto Manda- della Dda ha detto che il gruppo l’associazione».
Sempre secondo il magistrato
di reclusione. Per Andrea Bruni 8 rino 5 anni e 10 mesi, per Vincenzo Bruni-zingari era particolarmenanni e 8 mesi, per Giuseppe Pro- Perri 6, per Andrea Gagliano 3 an- te dedito alle estorsioni, alle truffe della Dda sono poi da ritenersi atsperoso 12, per Carlo La Manna 9, ni e 4 mesi. Per Francesco Giorgio e alla rapine. Il ricavato veniva ver- tendibili i collaboratori di giustiper Luca Sabato 9 anni e 4 mesi, Rocchetti sono stati richiesti 4 an- sato nella bacinella e utilizzato an- zia (quali Amodio, Di Dieco e Serper Romualdo Marsico 8 anni, per ni di reclusione. Richieste più miti che per aiutare economicamente i pa) che hanno raccontato le loro
Francesco Pino (omonimo del più per Monica Pranno e Manuela Pa- sodali e le loro famiglie durante i verità sul clan Bruni e quello degli
noto ex boss ed attuale collaborato- gliuso (2 anni e 8 mesi di reclusio- periodi di detenzione. Per dare cor- zingari: «Abbiamo a che fare - ha
po all’ipotesi dell’associazione il detto - con personaggi “autorevone a testa).
re di giustizia) 6 anni e otto mesi.
Il pm Rossi ha infine chiesto l’as- pm ha ricordato una lettera che li” e intranei ai clan cosentini».
Per Gabriele Pati sono stati chieL'operazione “Telesis” risale al
sti 8 anni e 10 mesi, così come per soluzione per Mario Attanasio, Michele Bruni inviò dal carcere alDomenico e Antonio Iaccino, la moglie di Angelo Cerminara, dicembre del 2010. I carabinieri e
Massimiliano Lo Polito.
misteriosamente la polizia, su direttive del pm antiRichieste di condanna per i cin- Francesco Ripepi, Daniele La scomparso
que cugini Foggetti: per Vincenzo Manna, Franco Bruzzese e Lucia- dall’ottobre del 2006. In quella no- mafia Vincenzo Luberto, notificata il presunto giovane boss (morto rono 45 ordinanze di custodia cauil pm Rossi ne ha sollecitati 12, per no Impieri.
Relativamente alla posizione di nei mesi scorsi a Livorno per una telare, 41 delle quali in carcere.
Ernesto 8 anni e 8 mesi, per Marco
L’ipotesi degli inquirenti è che le
due consorterie criminali, quella
dei “Bella-Bella” e quella degli zingari “Abbruzzese” si consorziarono creando un unico grande gruppo criminale egemone in città, con
l’imprimatur di mafiosità derivante proprio dal locale di Cassano.
Del ricco collegio difensivo di
“Telesis” fanno parte, tra gli altri,
gli avvocati Amelia Ferrari, Gaetano Morrone, Luca Acciardi, Nicola
Rendace, Maurizio Vetere, Marcello Manna, Francesca Gallucci,
Aldo Cribari, Tiziana Falbo, Rossana Cribari, Roberto Loscerbo,
Antonio Quintieri, Filippo Cinnante, Angelo Pugliese, Franz Caruso, Cesare Badolato e Maurizio
Nucci.
r. gr.
TRIBUNALE DI COSENZA
“Babeis”. In sei saranno giudicati con l’abbreviato
AVVISO DI VENDITA SENZA INCANTO
Spaccio anche a scuola
due gemelli patteggiano
Sezione Esecuzioni Immobiliari
Procedura Esecutiva n. 123/2001 R.G.E.
G.E. Dott.ssa Francesca Goggiamani
La sottoscritta Avv. Brunella Converso, quale professionista delegato ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c.
Vista l’ordinanza cron. n.1064 emessa in data 07 agosto 2009 dal G.E., con cui è stata disposta la vendita dei beni immobili pignorati nel procedimento esecutivo n°123/2001 R.G.E.;
Considerato il provvedimento del G.E. che ha disposto, altresì, un ribasso del 15% del prezzo del bene,
con riferimento all’ultima asta effettuata,
RENDE NOTO
che il giorno 3 aprile 2012 alle ore 18:00 nel proprio Studio sito in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24, tel.
e fax 0984 23921, è fissata dinanzi a sé l’udienza per la deliberazione sull’offerta ed eventuale gara tra
gli offerenti (ex artt. 572 e 573 c.p.c.) per la vendita, senza incanto ed in un unico lotto, della nuda proprietà dei beni assoggettati ad espropriazione come sotto descritti:
Lotto Unico: diritti di nuda proprietà su un appartamento per civile abitazione sito al 1° piano del corpo
“B” del complesso edilizio denominato “Vadue Immobiliare”, sito in Carolei (CS), C.da Vadue - Via
Nazionale n. 72, con annessa cantinola posta al piano terra del medesimo fabbricato.
Dati catastali: Foglio 1, part.lla 643 (ex 437) , sub. 14, categ. A/3, Cl. 2, vani 8, rendita Euro 413,17
(appartamento); Fg. 1, part. 643, sub. 4, cat. C/2, cl. U, consistenza 4 mq, rendita Euro 10,33 (cantinola).
Superficie commerciale complessiva: 215,33 mq.
Ai sensi dell’art. 173 quater disp.att. c.p.c. ed in conformità alle risultanze della perizia d’ufficio in atti,
si precisa che:
- l’appartamento identificato in catasto al foglio 1 particella 643 sub 14, è stato oggetto di condono, così
come gli altri facenti parte dello stesso fabbricato; la disposizione interna, per tale motivo, differisce dalle
planimetrie progettuali, depositate presso l’UTC di Carolei; la disposizione interna differisce, altresì,
dalle planimetrie depositate in catasto in quanto nel soggiorno-cucina manca un tramezzo ed il bagno
adiacente, la cucina è stato soppresso per favorire l’ampliamento della stessa; le verande che si affacciano sul lato posteriore sono state chiuse con delle strutture in vetro ed alluminio; queste strutture costituiscono volume abitabile, ritenute dal competente Ufficio di carattere abusivo; il valore dell’immobile,
pertanto, come di seguito precisato è decurtato del costo di demolizione di tali strutture, pari ad euro
209,32.
Prezzo base d’asta : Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettentoquarantasette/33)
Scadenza presentazione offerte: entro le ore 12,00 del giorno non festivo che precede la data della vendita, presso lo Studio della professionista delegata in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24.
Nei casi di mancanza di offerte d’acquisto entro il termine fissato per la vendita senza incanto, ovvero
le stesse siano inefficaci, ex art. 571 II comma c.p.c., oppure si verifichi una delle circostanze di cui al
III comma dell’art. 572 c.p.c., per dissenso del creditore procedente a fronte di un’unica offerta, o
comunque la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione, è fissata una nuova
udienza, dove si procederà alla vendita con incanto del bene pignorato come sopra descritto innanzi
allo stesso Professionista delegato, per il giorno 29 maggio 2012 alle ore 18:00 al prezzo di Euro
68.747,33 (euro sessantottomilasettecentoquarantasette/33) alle stesse condizioni, compresa la determinazione della misura minima delle offerte in aumento che non potranno essere inferiori ad Euro
1.000,00.
Le istanze di partecipazione all’incanto dovranno pervenire nelle mani del Professionista entro le ore
12,00 dell’ultimo giorno non festivo che precede l’asta,
Custode: Avv. Brunella Converso con Studio in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24 tel. e fax 0984 23921.
Maggiori informazioni presso la Cancelleria delle Esecuzioni immobiliari e consultando l’ordinanza di
delega e la perizia di stima sul sito internet www.astegiudiziarie.it
Il delegato
Avv. Brunella Converso
IN DUE hanno patteggiato
la pena. Gli altri sei procederanno invece col rito abbreviato. Così è stato deciso ieri,
dinanzi al gup Livio Cristofano, del tribunale di Cosenza, in merito al procedimento antidroga denominato
“Babeis”. L'operazione di riferimento fu eseguita il primo marzo dello scorso anno
dai carabinieri della Compagnia di Rende, coadiuvati
dalle unità cinofile antidroga del Goc di Vibo Valentia e
dai militari di Rogliano. Ieri,
a seguito della richiesta di
rinvio a giudizio sollecitata
dal pm Giuseppe Casciaro, si
è svolta l'udienza preliminare, con tutti e otto gli imputati che hanno scelto di essere
giudicati coi riti alternativi.
In due hanno dunque patteggiato. Si tratta dei gemelli Serafino e Daniele Guido,
20 anni di Lattarico, difesi
dall'avvocato Amelia Ferrari, del foro di Cosenza. Il primo ha patteggiato a un anno
e due mesi di reclusione, col
giudice che gli ha poi revocato la misura degli arresti domiciliari; il secondo ha concordato una pena pari a tre
anni di reclusione, col gup
che gli ha sostituito la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.
Gli altri sei hanno chiesto e
ottenuto di essere giudicati
col rito abbreviato. Il gup ha
fissato la relativa udienza al
prossimo due maggio. Si
tratta di Marco Lucanto, 21
anni di Pedace, Diego Perna,
21 anni di Lattarico, Agostino Forte, 27 anni di Lattarico, Valentino Sganga, 26 di
Lattarico, Francesco Sganga, 31 di Lattarico, e di Giuseppe De Cicco, 41 di Montalto Uffugo.
L'accusa è detenzione ai fini dello spaccio di sostanza
stupefacente, del tipo hashish ed, in alcuni casi, cocaina.
L'attività investigativa iniziò nell'ottobre del 2009,
quando un ragazzo fu trovato in possesso di una dose di
hashish nell'ottobre del
2009. Lo fermarono per un
controllo i carabinieri di Lattarico. Il giovane era a bordo
di un'autovettura. Dopo la
perquisizione trovarono la
droga. Il giovane dichiarò
che a fornirgli la droga furono Agostino Forte, Diego
LA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI
COSENZA CERCA IN LOCAZIONE NEL COMUNE
DI COSENZA LOCALI AVENTI SUPERFICIE NON
INFERIORE A MQ. 2500 CIRCA DA ADIBIRE A
SEDE DEI PROPRI UFFICI.
EVENTUALI PROPOSTE DEVONO PERVENIRE
INDEROGABILMENTE ENTRO E NON OLTRE IL
DECIMO GIORNO DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE, ALL’INDIRIZZO DI VIA P. DE ROBERTO TEL. 0984 – 6522270; 0984- 652302;
FAX 0984- 412463.
Perna e i gemelli Guido. L'attività investigativa ha alla fine permesso di appurare che
i giovani di Lattarico si approvvigionavano dello stupefacente da Marco Lucanto. Nel corso dell'indagine è
stato infatti documentato un
viaggio fatto da Diego Perna, Daniele Guido e Agostino Forte a Piane Crati per acquistare un ingente quantitativo di stupefacente del tipo hashish (circa 500 grammi) proprio da Lucanto. E'
stata documentata anche la
spartizione della droga da rivendere a Lattarico. Secondo
l'accusa il giovane Perna si è
fatto aiutare, nello smistamento della droga sul territorio, da altri due giovani di
Lattarico, ossia i fratelli
Sganga. Daniele Guido, invece, avrebbe smerciato la
sostanza stupefacente non
solo nel territorio di Lattarico, ma anche nell'Istituto Industriale di Cosenza, in via
Popilia che frequenta. Infatti, il giorno 25 novembre
2009, i carabinieri della
Compagnia di Rogliano arrestarono in flagranza, non
appena sceso dal pullman
proveniente da Cosenza, un
giovane per detenzione di 12
grammi di marijuana, che
aveva acquistato proprio nei
pressi dell'Istituto Industriale di via Popilia.
Oltre alla già citata Amelia
Ferrari, gli imputati di “Babeis” sono difesi dagli avvocati Amabile Cuscino, Valerio Speranza, Ferruccio Mariani, Paolo Pisani, Erman
Altomare, Francesco Belcastro, Alberto Rossi, Sergio
Sangiovanni e Franz Caruso.
r. gr.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
22 Cosenza
Cosenza 35
Praia a Mare. Raffaele Papa analizza la particolare situazione dei nosocomi “di confine”
«Ospedale: perché tale scelta?»
L’Mpa si pone una domanda senza risposta e parla di sanità negata
di MATTEO CAVA
PRAIA A MARE –Ai sindaci
l'invito a consegnare le fasce tricolori al Prefetto, ai
politici che non fanno parte
della maggioranza la richiesta di un impegno ben
preciso. L'ospedale di Praia
a Mare, ma anche quello di
Trebisacce sono ai primi posti degli impegni dell'Mpa
provinciale coordinato da
Raffaele Papa. «Il tempo è finito, gli ospedali chiudono.
In Provincia di Cosenza non
sono garantiti i livelli minimi di assistenza. Perché?
Per colpa di chi?».
È la domanda che viene ripetuta continuamente in
questi giorni dal responsabile dell'Mpa, ma anche dai
semplici cittadini che si
chiedono sempre più spesso
il perché di questa sanità negata. C'è ormai il timore di
ammalarsi. «Riconversione
equivale a soppressione –
per Raffaele Papa - gli ospedali di confine alto Ionio e alto Tirreno, secondo Scopelliti, sono solo un neologismo e quindi via Trebisacce,
anche Praia a Mare deve
chiudere le porte alla vita e
spalancarle alla morte.
Ospedale modello, nessun
contenzioso in malasanità,
personale qualificato ed elogiato da molti, conti in ordine, alta la domanda di servizi per un bacino di utenza di
oltre sessantamila abitanti
per non parlare del periodo
estivo quando le esigenze
decuplicano. Nessuno fino
ad ora ha spiegato il perché.
Nessuna motivazione è
stata data, non vi sono scusanti ad un atto ingiusto e
quindi ingiustificabile frutto di arroganza e caparbietà». E' ormai ampiamente
dimostrato che la struttura
non pesa come altre sulle
casse regionali. L'Mpa però
è certo: «Ben sappiamo a chi
dare la responsabilità, di
certo al Commissario per la
Sanità e presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti;
Raffaele Papa
ma non solo, anche agli assessori componenti della
sua Giunta, nonché ai consiglieri regionali che appartengono alla maggioranza e
consentono a presidente ed
assessori di governare e decidere.
Ma non finisce qua, ugua-
Scalea. Domani, per la massima condivisione delle scelte
Incontro sul Piano attuativo
SCALEA - E' in programma per domani, alle
ore 17.00, nella sala polifunzionale del Comune di Scalea, l'incontro con i cittadini dedicato alla manifestazione di interesse sul
Piano attuativo unitario. Alla riunione parteciperanno, fra gli altri, il sindaco Pasquale
Basile, gli amministratori comunali, i tecnici dell'ente, l'architetto Sandro Adriano, incaricato del Pau. Si tratta del terzo incontro
che porterà alla redazione del Piano attuativo unitario. Si vuole arrivare alla piena condivisione del progetto urbanistico della città
sulla base delle linee guida già approvate dalla Giunta comunale. L'Amministrazione ri-
Cetraro. Programmata la mobilitazione
Mancanza di lavoro
Si forma l’associazione
dei disoccupati
di CLELIA ROVALE
CETRARO - Con l’elezione
degli organi direttivi, si é
ufficialmente
costituita
l’associazione “Disoccupati
di Cetraro”, formata da un
nutrito gruppo di giovani
disoccupati di Cetraro per
affrontare il grave problema della mancanza di lavoro nel territorio cetrarese.
Dopo una partecipata riunione, sono, infatti, stati
eletti alla carica di presidente Andrea Verta e a quella di
vicepresidente Livio Greco,
mentre Concetta Grosso sarà la coordinatrice esterna
dell’associazione. “I disoccupati di Cetraro - si legge in
una nota diffusa a margine
della riunione - hanno dato
vita a una programmazione
che ha la finalità di un percorso reale di mobilitazione
contro repressione, mobilità e disoccupazione. Nei
prossimi giorni, inoltre, i
disoccupati incontreranno
i rappresentanti delle Istituzioni regionali, provinciali e locali, i sindacati e tutti gli organi che trattano il
tema del lavoro, per avviare
un piano di concertazione
le responsabilità se non
maggiore è delle forze politiche, in primis Pdl e Udc
che con il loro tacito assenso
consentono a Scopelliti di
decidere della vita e della
morte dei cittadini calabresi; in stato completamente
amorfo, non si esprimono,
non propongono, non progettano,
politicamente
nell’oblio o in affiliazioni e
proselitismi affaccendati.
Questi – continua Raffaele
Papa - sono coloro che hanno il potere di decidere ed
hanno deciso di attentare alla vita di tutti, togliendo arbitrariamente l’assistenza
sanitaria, diritto costituzionalmente previsto ma purtroppo non garantito.
Tanto più è grave la colpa
perché a fronte di determinazioni così delicate che toccano la vita di bambini, anziani, donne e uomini specie
delle fasce più deboli, non si
degnano di spiegarne i motivi, né di giustificare l’intoccabilità di altre strutture
fatiscenti, né di indicare valide ed alternative soluzioni. Si ha più di un motivo per
pensare che qualcuno possa
aver avuto politiche compensazioni e assicurazioni.
Il territorio è stato venduto e
con il tempo vedremo anche
chi sarà a consumare il piatto di lenticchie.
Questo fino ad oggi abbiamo visto, per il prosieguo
non ci aspettiamo miracolosi sconvolgimenti, anche se
vorremmo tanto essere
smentiti dai fatti e non dalle
solite parole ed annunci».
territoriale e per creare possibili opportunità lavorative”. “L’ associazione dei disoccupati - precisa poi la nota - è nata in maniera autonoma e indipendente da
partiti e istituzioni e chiunque si trovi in questa condizione può farne parte”. I tanti giovani disoccupati di Cetraro, pertanto, dopo la costituzione dell’associazione, si impegneranno in modo unitario per discutere del
grave problema della mancanza di lavoro nel territorio cetrarese e nel comprensorio, nonché per sensibilizzare maggiormente le istituzioni competenti e la cittadinanza verso tale problematica.
Come è purtroppo noto, il
problema della disoccupazione giovanile è ormai una
delle principali e fondamentali priorità che caratterizzano l’agenda politica e sociale del nostro Paese, in
particolare nelle regioni
meridionali, dove lo stesso,
soprattutto nelle piccole e
medie città come Cetraro,
appunto, ha raggiunto livelli fortemente preoccupanti.
tiene opportuno raccogliere progetti e iniziative private suggeriti dai cittadini e dai professionisti del settore, coerenti con gli obiettivi fissati nella pianificazione comunale.
Si stabiliscono gli indirizzi, finalizzati al
coinvolgimento attivo dei cittadini e del territorio nella programmazione e definizione degli interventi alla base del Piano attuativo
unitario. Hanno facoltà di presentare proposte tutti i cittadini di Scalea e proprietari di
immobili ricadenti nell'ambito soggetto al
Piano attuativo unitario, compresi gli imprenditori detentori di piani d'impresa.
m.c.
Il gruppo del motoclub alla premiazione
Praia a Mare. Nel settore turismo
Premiato ancora
il motoclub
PRAIA A MARE – Al Championfest della federazione
motociclistica italiana è stato premiato il Moto club
Praia a Mare. Una grande festa della moto, organizzata
dal comitato regionale Calabria Fmi, presieduto da Luigi Mamone, presso il Palazzo della Provincia di Catanzaro. Tra i moto club che si
sono distinti in ambito nazionale nel Campionato moto turistico, sul gradino più
alto è finito il Moto Club
Praia a Mare, che ha così potuto scrivere il nome nell'Albo d'oro del moto turismo
nazionale. I giovani del moto
club praiese, presieduto da
Nuccio Iantorno, hanno
raggiunto la cimadella classifica calabrese scavalcando
il moto club "I lupi in sella" di
Fagnano Castello, proprio
all'ultima giornata, guadagnando il diciassettesimo
posto della classifica nazionale su ben 2308 club. Grande soddisfazione è stata
espressa dal presidente Ian-
Scalea. Un gruppo di genitori pronto a denunciare
torno che ha voluto sottolineare come: «Dopo i vari riconoscimenti nazionali ed
europei ottenuti dal club nel
campo della sicurezza stradale, i ragazzi del moto club
hanno voluto fortemente
questosuccesso nelmototurismo ed è a loro – ha detto il
presidente iantorno - che voglio dedicare questa vittoria, per ringraziarli per l'attaccamento dimostrato nei
riguardi del moto club Praia
a Mare». La Championfest
calabrese ha avuto come
ospiti: Fabio Larceri, vice
presidente della Fmi, i consiglieri nazionali Domenico
Sotera ed Antonio Bitetti ed
il presidente del Coni Calabria, Demetrio Praticò. Dopo i tradizionali saluti di
benvenuto si è passati alle
premiazioni che hanno visto
alternarsi nellasala delConsiglio Provinciale i campioni
di enduro, trial e motocross
calabresi che si sono distinti
nella scorsa stagione.
m.c.
Orsomarso
Lezioni a scuola contro
il porto, scatta la protesta
Avvistato
e filmato
un esemplare
di lontra
tali giochi messi in
atto senza scrupoli,
dimenticando il bene dei nostri figli.
Non sappiamo – si
legge ancora nel volantino di protesta –
quale forza muova
tanto ardore politico, vogliamo solo ribadire che la scuola
è luogo pubblico, è
luogo in cui nessuna forza politica deve poter entrare per
poter esaltare il proprio credo.
Scalea 2020 può
fare ciò che vuole attuando il proprio
modo di vedere le cose con incontri pubblici o privati ai
quali noi genitori decideremo o meno di partecipare, ma
a scuola no». Il gruppo di genitori chiede le scuse e fa sapere che la vicenda non si fermerà a questo punto: «Nella
speranza che l'ossessione di
pochi non mini il quieto vivere di tutti. Auspichiamo che
fatti del genere, tipici della
più spregevole propaganda
di regime non si verifichino
più».
m.c.
ORSOMARSO - Arriva la
conferma ufficiale e testimoniata della Lontra ad Orsomarso attraverso un filmato
amatoriale del consigliere
comunale con delega alla
cultura, Antonio Pappaterra. Il filmato mette in luce la
presenza del raro mustelide
nell’habitat fluviale della
Valle del Fiume Argentino.
«Già 5 anni fa, - ha dichiarato Antonio Pappaterra - avvertimmo il Parco Nazionale
del Pollino, delle presenza
del raro mustelide nei pressi
del centro urbano, segnalando pubblicamente alcuni
avvistamenti sul fiume Lao,
fiume Argentino e canale
Campolungo-Portalaterra.
La cosa non venne presa sul
serio, almeno apparentemente, perché non riuscimmo a fotografare l’animale.
Oggi, l’evento straordinario
che mi ha permesso di filmare la lontra, attesta ciò che
dicevamo a proposito di questa bellissima rarità animale». L’avvistamento è avvenuto presso il laghetto di
proprietà della famiglia del
consigliere comunale, dove
la Lontra si nutre delle trote
e delle anguille presenti.
SCALEA –Il progetto contrario al porto turistico di Torre
Talao diventa lezione a scuola e scatta immediatamente
la polemica. Alcuni genitori
hanno consegnato una nota
al Quotidiano della Calabria,
diretta anche alla preside, al
sindaco, all'assessore alla
Pubblica istruzione.
«Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni – si
legge fra l'altro nel documento – ma è da condannare il
condizionamento “politico”
dei nostri figli, camuffando
la propaganda con una lezione di Educazione civica». Nella lettera che circola da ieri, i
genitori contestano il fatto
che professionisti abbiano tenuto “lezioni”.
“In circa due ore di racconti
–spiega una nota relativa alla
manifestazione - che hanno
intercalato storia, preistoria,
geografia, geologia e diritto
amministrativo, alcuni rappresentanti di Scalea 2020
hanno cercato di raccontare
la vicenda del Porto di Talao a
un centinaio di ragazzi. Una
lezione di educazione civica
l’hanno invece avuta gli adulti, dai ragazzi della Scuola
Media, che hanno mostrato,
Una riproduzione del progetto
attraverso un piccolo, ma
amaro e pungente, documentario prodotto l’anno
scorso, il loro sguardo disincantato e attento sull’ambiente che li circonda”.
I genitori nel documento
fatto circolare ieri “condannano”: «Chi vuole condizionare la più ampia coscienza
popolare utilizzando i più
giovani, non riuscendovi efficacemente parlando direttamente ai loro padri». Non si
accetta neanche il fatto che
qualcuno si sia “prestato”: «A
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Scalea, Belvedere, Cetraro e costa tirrenica
Martedì 21 febbraio 2012
Corigliano e costa jonica
Martedì 21 febbraio 2012
La donna chiede anche di chiarire se il licenziamento di Levato sia avvenuto in maniera corretta
Dipendente con doppio lavoro
La denuncia alla Guardia di Finanza della moglie dell’ex comandante dei vigili
di MATTEO LAURIA
CORIGLIANO – Lo “sfogo”
di una donna, di una mamma, di una moglie. E’ quello
della consorte dell’ex comandante della polizia municipale di Corigliano “licenziato” dopo avere svolto
il ruolo di “dirigente” del
corpo e di responsabile
dell’ufficio legale.
In una lettera inviata al
comandante della guardia
di finanza e al commissario
del comune di Corigliano
(dottoressa
Scialba),
E.L.G., 47 anni, denuncia
la presenza di un dirigente
della macchina comunale
che effettuerebbe «due lavori, che da 20anni percepisce
sia lo stipendio comunale e
sia lo stipendio presso un
noto studio professionale».
«Non ha obbligo di rientro pomeridiano, neppure
quello di timbrare il cartellino. Incredibile, lo si pure
avvantaggia». «Per questo
suo doppio lavoro- denuncia la donna- dovrebbe essere subito licenziato , ma siamo in Italia, per lo più al
Sud». Poi un riferimento alla vicenda che ha riguardato la posizione di suo marito
(Arturo Levato) che «ha sacrificato la sua professione
Il Comune di Corigliano
(studio professionale –avvocato) per il comando di
polizia municipale, per il
Comune, tutti lo sanno, ma
alla fine è stato cacciato a
pedate, perché non si è assuefatto al potere politico,
ligio al dovere, sempre presente, in quattro anni di
onorato servizio, mai un
giorno di malattia. In tre
anni di comando ha sequestrato più di cento cantieri
edili abusivi».
«Nel corso del rapporto di
lavoro gli avranno rinnovato il decreto più di 50 volte.
Non vi è mai stata interruzione lavorativa, sempre in
continuazione». Anche su
questo versante la 47enne
chiede alle autorità preposte di accertare se tali fatti
rientrino nella legalità. «Il
mio sfogo- continua la lettera- è dovuto al fatto che prima eravamo una famiglia
felice, ora con il licenzia-
mento, con la riapertura
dello studio, dopo cinque
anni, tutto è diventato più
difficile, ma la forza di andare avanti me la danno i
miei due figli e lo stesso mio
marito che, nonostante tutto, non si abbatte, ma va
avanti». Un messaggio è rivolto al commissario Scialla: «Avevo sperato con la
sua venuta che lei signor
Commissario, proprio perché garante della legalità,
avrebbe visionato l’intero
incartamento di mio marito, ma non lo ha fatto, se può
lo faccia». Ai vertici delle
fiamme gialle invece la donna chiede di appurare
quanto denunciato in ordine alla posizione del dirigente comunale così come
chiede di verificare se nel licenziamento dell’ex comandante Levato vi sia stato un «abuso di potere da
parte dell’amministrazione
comunale», «dopo quattro
anni di lavoro continuativo, dopo più di 50 decreti
continuativi. E’ vero che è
instaurato un processo del
lavoro, ma se vi sono responsabilità penali, ebbene
e giusto che si proceda». La
donna conclude con un auspicio: «Che la legge faccia
la sua strada».
«E’ necessaria la presenza del Pd con la creazione di nuovi circoli»
«Nuova stagione politica»
Il coordinatore Antonio Pezzo parla delle nuove linee guida
In una settimana
Quattro furti
a Palazzo
Spanò
CORIGLIANO – Tre furti in una settimana e, domenica, arriva finanche
il quarto. Vittima i proprietari del Palazzo
“Spanò- De Tommasi”
nel centro storico della
città, in Via Garetti, nei
pressi della nuova sala
consiliare. Ignoti si sarebbero introdotti con
una scala dalla finestra
del bagno nell’arco di
tempo che va dalle 15.30
alle 17.30 quando in casa non c’era nessuno.
I malviventi hanno
asportato un tv color, un
capo di valore, preziosi,
oggettistica, per un valore complessivo pari a
circa 4 mila euro. Il furto
giunge a pochi giorni
dalla denuncia pubblica
posta in essere da Rocco
e Giulia Spanò, padre e
figlia, derubati e scippati mesi addietro. Ieri i
due, hanno depositato
una nuova denuncia
contro ignoti.
Intanto è in atto
un’azione di contrasto
attraverso la costituzione di un comitato che sia
di supporto alle vittime
di scippi e furti.
E tutto questo al fine si
sostenere quei cittadini
che subiscono la spregiudicatezza di una microcriminalità che sa
punire chi denuncia. Da
qui la crescente omertà,
e la costituzione di un
raggruppamento di civiltà.
m. l.
CORIGLIANO – Si viaggia alla ricerca di un
nuovo soggetto politico, si apre una lotta serrata alle incompatibilità e al conflitto di interessi, poi una battuta sul rilancio delle primarie in città.
Il coordinatore del Pd, Antonio Pezzo, giovedì prossimo a Lamezia per un incontro con
il nuovo commissario regionale D’Attorre
(insieme a tutti i circoli) per discutere di congressi, non ha dubbi circa la necessità di darsi ad una nuova “stagione politica”, alla luce
delle ultime vicende che hanno interessato
la città anche di ordine giudiziario e che può
partire anche dalla riorganizzazione del
partito.
Una stilettata del coordinatore del Pd è rivolta a qualche ex sindaco che nelle ultime
ore ha usato la “mannaia” contro tutto e tutti.
Cosa succede nel Partito democretico coriglianese?
«Il Pd è ancora oggi una formazione politica in composizione, come nel resto del Paese, un’organizzazione di persone di esperienze diverse. Questo dato costituisce una
ricchezza quando ha come obiettivo i problemi della gente, mentre diventa un limite
quando assume connotati del tutto personali».
In questo momento c’è una via d’uscita?
«A Corigliano in questo momento la responsabilità dovrebbe essere maggiore, visto che la città vive il momento più drammatico della sua storia. La crisi dei partiti qui da
noi è maggiore rispetto ad altra realtà ed occorrerebbe quindi, da parte dei dirigenti,
grande responsabilità rifuggire dai personalismi, da vecchi modelli, fare tutti un passo indietro e mettersi a disposizione per la realizzazione di un
nuovo progetto politico che abbia
come obiettivo principale il riavvicinamento della gente alla vita
politica. Occorre che i partiti politici, tutti, si rinnovino e si ripuliscano da incompatibilità non più
tollerabili e che generano sconcerto nella gente perbene che rifugge dalla partecipazione attiva
alla vita politica».
E allora qual è il ruolo del Pd?
«Il Partito democratico coriglianese per il
ruolo che gli viene riconosciuto non può certamente rifuggire dalla responsabilità di avviare una nuova stagione politica per la rinascita di Corigliano con un progetto che veda
la partecipazione di tutti, nessuno escluso.
Questo percorso è già avviato, nonostante si
voglia all’esterno, dare l’immagine di un
partito che si contorce sulle proprie divisioni
Antonio Pezzo
ed individualità. E’necessario capillarizzare
la presenza del Pd con la creazione di nuovi
circoli sul territorio, che sappiano co gliere
le istanze dei cittadini. All’interno del Pd ci
sono energie nuove che vanno liberate nella
direzione della creazione di una nuova stagione politica che sancisca definitivamente “la fine” di un’esperienza politico-amministrativa
ventennale. Non occorre sparare sulla Croce Rossa per darsi un
tono, è necessario che tutti all’interno del centrosinistra capiscano il momento nuovo e si mettano a disposizione della città».
Qual è la sua idea sulle primarie?
«Sin dal mio insediamento,
quale coordinatore del Partito
democratico, ho manifestato la ferma convinzione della necessità di svolgere le primarie per la scelta del candidato a sindaco, intese come momento di partecipazione democratica al fine di recuperare il rapporto interrotto tra la società ed i partiti. Il candidato a
sindaco dovrà rappresentare la sintesi di un
progetto politico».
m. l.
«I candidati
dovranno
essere la sintesi
di un progetto»
Respinte le accuse
Pdl e Coriliani
contro De Rosis
di LUCA LATELLA
CORIGLIANO – Non
parlava da molto tempo,
l’ex sindaco De Rosis. Un
intervento, il suo nei
giorni scorsi, che sta facendo discutere alquanto. La politica cittadina e
il movimentismo.
Un intervento incentrato sulle “colpe” di un
simile stallo cittadino,
con un consiglio comunale sciolto per mafia,
tutte da addossare all’ex
sindaco Straface, ai consiglieri del Pdl e dell’Udc,
con qualche stoccata ai
movimenti schieratasi
con la “prescelta”, per
concludere con una “improponibile” alleanza fra
lui e Geraci.
Un
intervento, quello
di Armando
De Rosis, che
ha scatenato le
ire del Pdl, ma
anche del movimento “Coriliani”.
PDL. Proprio i
berlusconiani
rigettano le
“spocchiose
lezioncine del
professore su morale e
condotta politica”.
Dal partito non accettano che «dalla cattedra
di presunta superiorità
morale» ci si erga a censore dei comportamenti
altrui, soprattutto da
parte di chi «ha rivestito,
durante la prima repubblica, adesso tanto odiata, ed in rappresentanza
di un sistema di partiti
da cui ora gira a largo,
un ruolo di primo piano
nella gestione della sanità locale» e che successivamente ha abbracciato
l’aggregazionismo civico «non perché consapevole della sua forza e della sua funzione nella società coriglianese ma soltanto
perché desideroso di disarticolare lo
schieramento
di centrosinistra e spuntare una candidatura a sindaco».
Non accettano lezioni al
Pdl, insomma, da parte
di chi «ha preferito, da
sindaco eletto ma senza
maggioranza consiliare,
vivacchiare e tirare a
campare in attesa di pronunciamenti giurisdizionali a lui favorevoli,
nonché dividere i gruppi
consiliari per avere un
appoggio politico ed amministrativo piuttosto
che ridare la parola ai cittadini» e da chi «si prepara a una nuova candidatura con la presunzione
di essere il migliore ed
addirittura l’unico in
grado di parlare ai cittadini».
Parole toste, quelle del
circolo cittadino del Pdl,
sempre convinto di poter
esprimere la propria posizione sui problemi co-
riglianesi perché «non
saranno le per niente lucide affermazioni di questo professore ad impedircelo».
Così come il Pdl continuerà «a parlare dei problemi dei cittadini, individuandone le necessarie soluzioni nell’interesse del nostro territorio».
«Alla presunzione e
all’arroganza intellettuale di un professore in
cerca di rivincita, irrispettoso della normale
dialettica democratica,
che a lui dovrebbe essere
tanto cara – terminano i
berlusconiani locali – farà da contrasto il nostro
umile, ma al tempo stesso forte impegno nella direzione di dare
risposte
concrete
ai
cittadini
di
Coriugliano,
a partire dalla
grande questione dell’inclusione sociale».
CORILIANI.
Il movimento
Coriliani, dal
canto suo, non accetta né
la “retorica”, né la “propaganda politica” da riproporre, piuttosto «verso le circostanze politiche da De Rosis determinate nei confronti di quei
cittadini e movimenti,
tra cui Coriliani che si
prodigavano per lo stesso ex sindaco, proprio
per dare supporto ad una
politica deficitaria e ottusa che ha negato, allora, ogni possibilità di
partecipazione civica».
Chiara la linea difensiva del comitato Coriliani:
se la relazione del ministro Maroni sullo scioglimento del consiglio
riferisce come
“per anni” vi
siano
state
«collusioni e
irregolarità
derivanti dalla clientela negli uffici comunali», nulla è la colpa di
Pasqualina
Straface perché il Comune
«è stato sciolto
non per il sindaco colpevole e mafioso,
peraltro già indagato e la
cui posizione agli atti ad
oggi risulta archiviata».
Coriliani, dunque, invita De Rosis a fare “mea
culpa” per un “poco coerente” movimento “Città
Aperta” che lo ha sostenuto alle elezioni e ad
aprire dibattiti sui temi
quali il Piano strutturale
associato o il Liceo Classico. Nel ricordare, infine, a De Rosis che non accettano “paternali”, che
“l’ora del the è finita da
un pezzo” e che “i 18 mesi
di commissariamento
passeranno presto”, da
Coriliani
concludono
sottolineando che come
comitato faranno la loro
parte, anche politica, rivolta alla città.
«Il Consiglio
non è stato
sciolto
per un sindaco
colpevole»
«Non
accettiamo
lezioni
di morale
dall’ex sindaco»
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
38 Cosenza
Martedì 21 febbraio 2012
“Telesis”. Sette le assoluzioni. Pene pesanti per Fabio Bruni, Musolino e Abbruzzese
Clan Bruni, chiesti 300 anni
Il pm Rossi ha chiuso la sua requisitoria, sollecitando 31 condanne
TRENTUNO richieste di condanna, per un totale che sfiora i 300
anni di reclusione, una media di
nove a testa. Le ha sollecitate ieri,
al termine della sua lunga requisitoria, il pubblico ministero della
Dda di Catanzaro Simona Rossi. Il
procedimento di riferimento è
quello “Telesis”, concentrato sul
clan Bruni, secondo l’Antimafia
retto dallo scomparso Michele
Bruni, e sul gruppo degli zingari,
con a capo Giovanni Abbruzzese.
Lo stesso magistrato ha poi chiesto l’assoluzione di sette imputati.
Il processo, che si sta svolgendo
con la formula del rito abbreviato
dinanzi al gup di Catanzaro Abigail Mellace, riprenderà il prossimo 5 marzo, con le prime arringhe
difensive. L’accusa base è associazione finalizzata alle estorsioni, alle rapine e allo spaccio.
Le richieste. Le pene più severe Da sinistra: Fabio Bruni, Giovanni Abbruzzese, Pasquale Ripepi e Domenico Musolino
sono state sollecitate per Fabio
Bruni (20 anni di reclusione), Gio- 2 anni e otto mesi, per Adolfo 9 e Luca Bruni, nella scorsa udienza il grave malattia) invitò la donna a
vanni Abbruzzese (16), Umile Mi- per Fabio 4 anni e 10 mesi. Per Car- pm aveva chiesto lo stralcio consi- dire al marito di comportarsi bene
celi (16 anni e quattro mesi), Do- mine Gazzaruso sono stati chiesti derato che l’imputato, per come de- e di dare a lui e al suo gruppo quello
menico Musolino (21), Pasquale 9 anni di reclusione, per Luigi nunciato dai suoi familiari, è mi- che era loro. «Bruni - ha detto la
Rossi al gup - parlava a nome di
Naccarato 6, per Massimo Greco 6 steriosamente scomparso.
Ripepi (20) e Maurizio Viola (17).
Nel corso della requisitoria il pm tutti quanti. Qui è cristallizzata
Per Edyta Kopaczynska, moglie anni e 4 mesi, per Luigi Morelli 8
di Michele, sono stati chiesti 8 anni anni e 8 mesi, per Roberto Manda- della Dda ha detto che il gruppo l’associazione».
Sempre secondo il magistrato
di reclusione. Per Andrea Bruni 8 rino 5 anni e 10 mesi, per Vincenzo Bruni-zingari era particolarmenanni e 8 mesi, per Giuseppe Pro- Perri 6, per Andrea Gagliano 3 an- te dedito alle estorsioni, alle truffe della Dda sono poi da ritenersi atsperoso 12, per Carlo La Manna 9, ni e 4 mesi. Per Francesco Giorgio e alla rapine. Il ricavato veniva ver- tendibili i collaboratori di giustiper Luca Sabato 9 anni e 4 mesi, Rocchetti sono stati richiesti 4 an- sato nella bacinella e utilizzato an- zia (quali Amodio, Di Dieco e Serper Romualdo Marsico 8 anni, per ni di reclusione. Richieste più miti che per aiutare economicamente i pa) che hanno raccontato le loro
Francesco Pino (omonimo del più per Monica Pranno e Manuela Pa- sodali e le loro famiglie durante i verità sul clan Bruni e quello degli
noto ex boss ed attuale collaborato- gliuso (2 anni e 8 mesi di reclusio- periodi di detenzione. Per dare cor- zingari: «Abbiamo a che fare - ha
po all’ipotesi dell’associazione il detto - con personaggi “autorevone a testa).
re di giustizia) 6 anni e otto mesi.
Il pm Rossi ha infine chiesto l’as- pm ha ricordato una lettera che li” e intranei ai clan cosentini».
Per Gabriele Pati sono stati chieL'operazione “Telesis” risale al
sti 8 anni e 10 mesi, così come per soluzione per Mario Attanasio, Michele Bruni inviò dal carcere alDomenico e Antonio Iaccino, la moglie di Angelo Cerminara, dicembre del 2010. I carabinieri e
Massimiliano Lo Polito.
misteriosamente la polizia, su direttive del pm antiRichieste di condanna per i cin- Francesco Ripepi, Daniele La scomparso
que cugini Foggetti: per Vincenzo Manna, Franco Bruzzese e Lucia- dall’ottobre del 2006. In quella no- mafia Vincenzo Luberto, notificata il presunto giovane boss (morto rono 45 ordinanze di custodia cauil pm Rossi ne ha sollecitati 12, per no Impieri.
Relativamente alla posizione di nei mesi scorsi a Livorno per una telare, 41 delle quali in carcere.
Ernesto 8 anni e 8 mesi, per Marco
L’ipotesi degli inquirenti è che le
due consorterie criminali, quella
dei “Bella-Bella” e quella degli zingari “Abbruzzese” si consorziarono creando un unico grande gruppo criminale egemone in città, con
l’imprimatur di mafiosità derivante proprio dal locale di Cassano.
Del ricco collegio difensivo di
“Telesis” fanno parte, tra gli altri,
gli avvocati Amelia Ferrari, Gaetano Morrone, Luca Acciardi, Nicola
Rendace, Maurizio Vetere, Marcello Manna, Francesca Gallucci,
Aldo Cribari, Tiziana Falbo, Rossana Cribari, Roberto Loscerbo,
Antonio Quintieri, Filippo Cinnante, Angelo Pugliese, Franz Caruso, Cesare Badolato e Maurizio
Nucci.
r. gr.
TRIBUNALE DI COSENZA
“Babeis”. In sei saranno giudicati con l’abbreviato
AVVISO DI VENDITA SENZA INCANTO
Spaccio anche a scuola
due gemelli patteggiano
Sezione Esecuzioni Immobiliari
Procedura Esecutiva n. 123/2001 R.G.E.
G.E. Dott.ssa Francesca Goggiamani
La sottoscritta Avv. Brunella Converso, quale professionista delegato ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c.
Vista l’ordinanza cron. n.1064 emessa in data 07 agosto 2009 dal G.E., con cui è stata disposta la vendita dei beni immobili pignorati nel procedimento esecutivo n°123/2001 R.G.E.;
Considerato il provvedimento del G.E. che ha disposto, altresì, un ribasso del 15% del prezzo del bene,
con riferimento all’ultima asta effettuata,
RENDE NOTO
che il giorno 3 aprile 2012 alle ore 18:00 nel proprio Studio sito in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24, tel.
e fax 0984 23921, è fissata dinanzi a sé l’udienza per la deliberazione sull’offerta ed eventuale gara tra
gli offerenti (ex artt. 572 e 573 c.p.c.) per la vendita, senza incanto ed in un unico lotto, della nuda proprietà dei beni assoggettati ad espropriazione come sotto descritti:
Lotto Unico: diritti di nuda proprietà su un appartamento per civile abitazione sito al 1° piano del corpo
“B” del complesso edilizio denominato “Vadue Immobiliare”, sito in Carolei (CS), C.da Vadue - Via
Nazionale n. 72, con annessa cantinola posta al piano terra del medesimo fabbricato.
Dati catastali: Foglio 1, part.lla 643 (ex 437) , sub. 14, categ. A/3, Cl. 2, vani 8, rendita Euro 413,17
(appartamento); Fg. 1, part. 643, sub. 4, cat. C/2, cl. U, consistenza 4 mq, rendita Euro 10,33 (cantinola).
Superficie commerciale complessiva: 215,33 mq.
Ai sensi dell’art. 173 quater disp.att. c.p.c. ed in conformità alle risultanze della perizia d’ufficio in atti,
si precisa che:
- l’appartamento identificato in catasto al foglio 1 particella 643 sub 14, è stato oggetto di condono, così
come gli altri facenti parte dello stesso fabbricato; la disposizione interna, per tale motivo, differisce dalle
planimetrie progettuali, depositate presso l’UTC di Carolei; la disposizione interna differisce, altresì,
dalle planimetrie depositate in catasto in quanto nel soggiorno-cucina manca un tramezzo ed il bagno
adiacente, la cucina è stato soppresso per favorire l’ampliamento della stessa; le verande che si affacciano sul lato posteriore sono state chiuse con delle strutture in vetro ed alluminio; queste strutture costituiscono volume abitabile, ritenute dal competente Ufficio di carattere abusivo; il valore dell’immobile,
pertanto, come di seguito precisato è decurtato del costo di demolizione di tali strutture, pari ad euro
209,32.
Prezzo base d’asta : Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettentoquarantasette/33)
Scadenza presentazione offerte: entro le ore 12,00 del giorno non festivo che precede la data della vendita, presso lo Studio della professionista delegata in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24.
Nei casi di mancanza di offerte d’acquisto entro il termine fissato per la vendita senza incanto, ovvero
le stesse siano inefficaci, ex art. 571 II comma c.p.c., oppure si verifichi una delle circostanze di cui al
III comma dell’art. 572 c.p.c., per dissenso del creditore procedente a fronte di un’unica offerta, o
comunque la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione, è fissata una nuova
udienza, dove si procederà alla vendita con incanto del bene pignorato come sopra descritto innanzi
allo stesso Professionista delegato, per il giorno 29 maggio 2012 alle ore 18:00 al prezzo di Euro
68.747,33 (euro sessantottomilasettecentoquarantasette/33) alle stesse condizioni, compresa la determinazione della misura minima delle offerte in aumento che non potranno essere inferiori ad Euro
1.000,00.
Le istanze di partecipazione all’incanto dovranno pervenire nelle mani del Professionista entro le ore
12,00 dell’ultimo giorno non festivo che precede l’asta,
Custode: Avv. Brunella Converso con Studio in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24 tel. e fax 0984 23921.
Maggiori informazioni presso la Cancelleria delle Esecuzioni immobiliari e consultando l’ordinanza di
delega e la perizia di stima sul sito internet www.astegiudiziarie.it
Il delegato
Avv. Brunella Converso
IN DUE hanno patteggiato
la pena. Gli altri sei procederanno invece col rito abbreviato. Così è stato deciso ieri,
dinanzi al gup Livio Cristofano, del tribunale di Cosenza, in merito al procedimento antidroga denominato
“Babeis”. L'operazione di riferimento fu eseguita il primo marzo dello scorso anno
dai carabinieri della Compagnia di Rende, coadiuvati
dalle unità cinofile antidroga del Goc di Vibo Valentia e
dai militari di Rogliano. Ieri,
a seguito della richiesta di
rinvio a giudizio sollecitata
dal pm Giuseppe Casciaro, si
è svolta l'udienza preliminare, con tutti e otto gli imputati che hanno scelto di essere
giudicati coi riti alternativi.
In due hanno dunque patteggiato. Si tratta dei gemelli Serafino e Daniele Guido,
20 anni di Lattarico, difesi
dall'avvocato Amelia Ferrari, del foro di Cosenza. Il primo ha patteggiato a un anno
e due mesi di reclusione, col
giudice che gli ha poi revocato la misura degli arresti domiciliari; il secondo ha concordato una pena pari a tre
anni di reclusione, col gup
che gli ha sostituito la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.
Gli altri sei hanno chiesto e
ottenuto di essere giudicati
col rito abbreviato. Il gup ha
fissato la relativa udienza al
prossimo due maggio. Si
tratta di Marco Lucanto, 21
anni di Pedace, Diego Perna,
21 anni di Lattarico, Agostino Forte, 27 anni di Lattarico, Valentino Sganga, 26 di
Lattarico, Francesco Sganga, 31 di Lattarico, e di Giuseppe De Cicco, 41 di Montalto Uffugo.
L'accusa è detenzione ai fini dello spaccio di sostanza
stupefacente, del tipo hashish ed, in alcuni casi, cocaina.
L'attività investigativa iniziò nell'ottobre del 2009,
quando un ragazzo fu trovato in possesso di una dose di
hashish nell'ottobre del
2009. Lo fermarono per un
controllo i carabinieri di Lattarico. Il giovane era a bordo
di un'autovettura. Dopo la
perquisizione trovarono la
droga. Il giovane dichiarò
che a fornirgli la droga furono Agostino Forte, Diego
LA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI
COSENZA CERCA IN LOCAZIONE NEL COMUNE
DI COSENZA LOCALI AVENTI SUPERFICIE NON
INFERIORE A MQ. 2500 CIRCA DA ADIBIRE A
SEDE DEI PROPRI UFFICI.
EVENTUALI PROPOSTE DEVONO PERVENIRE
INDEROGABILMENTE ENTRO E NON OLTRE IL
DECIMO GIORNO DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE, ALL’INDIRIZZO DI VIA P. DE ROBERTO TEL. 0984 – 6522270; 0984- 652302;
FAX 0984- 412463.
Perna e i gemelli Guido. L'attività investigativa ha alla fine permesso di appurare che
i giovani di Lattarico si approvvigionavano dello stupefacente da Marco Lucanto. Nel corso dell'indagine è
stato infatti documentato un
viaggio fatto da Diego Perna, Daniele Guido e Agostino Forte a Piane Crati per acquistare un ingente quantitativo di stupefacente del tipo hashish (circa 500 grammi) proprio da Lucanto. E'
stata documentata anche la
spartizione della droga da rivendere a Lattarico. Secondo
l'accusa il giovane Perna si è
fatto aiutare, nello smistamento della droga sul territorio, da altri due giovani di
Lattarico, ossia i fratelli
Sganga. Daniele Guido, invece, avrebbe smerciato la
sostanza stupefacente non
solo nel territorio di Lattarico, ma anche nell'Istituto Industriale di Cosenza, in via
Popilia che frequenta. Infatti, il giorno 25 novembre
2009, i carabinieri della
Compagnia di Rogliano arrestarono in flagranza, non
appena sceso dal pullman
proveniente da Cosenza, un
giovane per detenzione di 12
grammi di marijuana, che
aveva acquistato proprio nei
pressi dell'Istituto Industriale di via Popilia.
Oltre alla già citata Amelia
Ferrari, gli imputati di “Babeis” sono difesi dagli avvocati Amabile Cuscino, Valerio Speranza, Ferruccio Mariani, Paolo Pisani, Erman
Altomare, Francesco Belcastro, Alberto Rossi, Sergio
Sangiovanni e Franz Caruso.
r. gr.
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22 Cosenza
Alla Mediterranea partono i corsi intensivi di inglese riservati a docenti, studenti, assegnisti e borsisti
La lingua ponte tra scuola e ateneo
Giovannini e Mercurio siglano un accordo tra università e istituti calabresi
di ANDREA IACONO
CORSI intensivi di lingua inglese al via all’università Mediterranea. Il progetto, finanziato dalla Regione, è destinato a due tipologie di utenti: insegnanti delle scuole primarie esecondarie calabresi;studenti universitari, dottorandi, assegnisti, borsisti residenti in Calabria e iscritti
presso atenei calabresi.
Nell’ambito di tale iniziativa ieri è stato firmato un accordo quadro tra il presidente
del Coruc (Comitato regionale
universitario di coordinamento della Calabria) Massimo Giovannini e il direttore
generale dell’Usr (Ufficio scolastico regionale) Francesco
Mercurio. L’intesa riguarda
le attività di collaborazione
scientifica, la formazione del
personale scolastico e il supporto alla didattica con le università calabresi. Nel dettaglio, l’accordo di collaborazione interesserà i seguenti settori: formazione degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personale Ata; orientamento scolastico e professionale; valutazione dei processi
formativi; sperimentazione di
modelli pedagogico-didattici
e formativi; sperimentazione
di attività formative on-line;
ricerca educativa e didattica.
Mercurio ha espresso soddisfazione per l’accordo raggiunto che «permetterà di
soddisfare il grande bisogno
di formazione avvertito dal
personale scolastico e di elevarela qualitàcomplessivadella
scuola calabrese, attraverso
l’innovazione della didattica.
L’università, con la sua ricerca, rappresenta l’elemento determinante per raggiungere
questi obiettivi e i corsi di lingua costituisconoun esempio
di collaborazione tra scuola e
università, in linea con i principi ispiratori dell’accordo».
Il rettore Giovannini, da
parte sua, si è detto fiducioso
che «la stretta collaborazione
tra tutti i livelli scolastici e
l’università permetterà agli
studenti di giungere al completamento degli studi universitari senza le conseguenze di una discontinuità didattica. Questo renderà gli studenti calabresi più idonei a
competere
nel
mondo del lavoro.
Nel più breve tempo possibile sarà
costituito il gruppo di coordinamento tra gli atenei calabresi e
l’Ufficio scolastico
regionale».
Grazie alruolo attivodell’Usr,
che ha promosso e sostenuto
l’iniziativa garantendo una
diffusione capillare presso
tutte lescuole dellaregione, si
sono iscritti ai corsi oltre 500
docenti calabresi. I corsi, interamente gratuiti e tenuti da
docenti madrelingua, sono finalizzati al miglioramento ed
al potenziamento delle competenze linguistiche per l’ottenimento dicertificazioni convalenza internazionale (A2, B1,
B2, C1), in linea con il Quadro
comune europeo di riferimento per le lingue elaborato dal
Consiglio d’Europa. La formazione sarà di tipo blended
(40 ore di didattica frontale e
20 ore di e-learning), per un
totale di 60 ore complessive.
La certificazione avverrà
tramite l'ente certificatore
University of Cambridge. I
corsisti che avranno ottenuto
la certificazione con risultati
meritevoli otterranno una
borsa di studio per uno stage
di perfezionamento linguistico, interamente gratuito e della durata di due settimane,
presso un prestigioso college
britannico. Pergli insegnanti
delle scuole primarie e secondarie calabresi sono disponibili 775 posti, di cui 375 destinati agli insegnati della scuola primaria e 400 agli insegnanti della scuola secondaria. Le attività di formazione,
con percorsi specifici in base
al livello di conoscenza, si terranno dal 12 marzo alla fine di
aprile, prevalentemente nelle
ore serali. Prima dell'inizio
delle lezioni, il 2 marzo si svolgerà un test di posizionamento, finalizzato alla formazione
di classi di livello omogeneo. A
conclusione del
percorso formativo, a coloro che
abbiano frequentato almeno l’80%
delle ore previste
sarà rilasciato un
attestato di frequenza e, a seguito del superamento del test finale, un attestato
di livello. L’esito positivo del
test finale permetterà di sostenere gratuitamente l'esame
per il conseguimento della
certificazione di competenza
linguistica con valenza internazionale, coerentemente con
il livello del corso frequentato.
Iscritti
oltre 500
insegnanti
Massimo Giovannini e Francesco Mercurio firmano l’accordo
LA PRECISAZIONE
Il rettore non appartiene
al genere caprino belante
La Provincia apre le porte all’arte
Il progetto dell’assessore alla Cultura Lamberti con l’Accademia di Belle Arti
di ALESSANDRA GIULIVO
Il battesimo
di “Traslochi
Emotivi”
di Ribuffo
Accesa
la fiaccola
olimpica
di DANIELE COLISTRA*
IN riferimento alla riflessione pubblicata sul "Quotidiano" di
domenica 19 febbraio, desidero precisare che il titolo ("Rettore delegittimato con metodo mafioso") è stato scelto dalla Redazione e non da me.
Nel mio intervento ho messo a confronto, mediante una similitudine, alcuni modi di agire: quello di coloro che delegittimano il Rettore, quello di alcune famiglie mafiose, quello degli Ebrei che scelgono un capro per espiare i peccati collettivi.
Con le me parole non intendevo dire che chi delegittima Giovannini professi la religione ebraica, né che faccia parte di
una famiglia mafiosa, e nemmeno che il Rettore appartenga
al genere caprino belante.
*professore associato
facoltà Architettura
Università Mediterranea La cittadella universitaria
Inaugurata la mostra che avvia le esposizioni degli artisti reggini nel palazzo dell’ente
DA ieri pomeriggio, 20 febbraio, i
Saloni della Provincia ospitano le
opere artistiche di talenti della
provincia reggina giovani e meno giovani al fine di farli apprezzare dal pubblico. La conferenza
stampa per il progetto “La Provincia apre le porte all’Arte” si è
svolta presso il Palazzo della Provincia. A fare gli onori di casa
l’Assessore alla Cultura, Eduardo Lamberti-Castronuovo, che ha presentato l’artista reggina
Teresa D. Ribuffo,
protagonista
della
prima mostra alle ore
18.00 con una personale molto originale.
“Oggi – spiega - presentiamo un piano
fortemente condiviso
sia con la presidenza
della giunta che con
la presidenza del consiglio. Vogliamo che questo edificio venga
utilizzato anche per far conoscere
i giovani ed i meno giovani perché
l’arte non ha età e quindi vogliamo dare loro la possibilità di avere
un palcoscenico per presentarsi
al pubblico. Tengo a sottolineare
la sinergia di questa iniziativa
con l’accademia di belle arti, la facoltà di architettura ed il territorio. Un percorso gratuito che passa per l’apertura del museo san
Al via le Vittoriadi
La conferenza stampa di presentazione alla Provincia
paolo, con il terzo piano dedicato
all’esposizione permanente di
quadri di artisti locali, che riserva
una peculiarità: ogni artista avrà
a disposizione uno spazio che potrà utilizzare come meglio crede e
che può essere modificato ogni
qualvolta l’artista lo riterrà opportuno, una sorta di mostra in
movimento”. Tra i presenti Maurizio Mauro, Presidente dell’Accademia di Belle Arti, che ha
espresso la propria felicità per
questa iniziativa che permette al-
la città di avvicinarsi di più alla
cultura ed agli artisti locali. “Teresa Ribuffo è una figlia preziosa,
con delle capacità sopra le righe.
Dare degli spazi a questi artisti
perché possano essere conosciuti
è molto importante e creare rete
credo sia fondamentale per lo sviluppo dell’arte”. Giovanni Brandolino, docente presso la Facoltà
di Architettura dell’Università
Mediterranea nonché curatore
della mostra, ha voluto evidenziare il significato della mostra “Tra-
slochi Emotivi, Intimità sul filo”,
di Teresa D. Ribuffo. “E’ un ciclo
di opere che parla del ricordo, di
vecchie abitudini, di gesti semplici, di intimità e di quotidianità. È
il pensiero che si fa materia per interpretare se stesso, veste di bianco. La scelta accurata dei materiali rispecchia la necessità dell’artista di un confronto sincero e intimamente incontrovertibile con il
proprio vissuto, con quella parte
della memoria più difficile da gestire perché ancora in costruzione”. Per la giornalista Letizia
Cuzzola, aprire le porte all’arte
vuol dire aprirle anche al pubblico in generale, poiché molto spesso si considera l’arte come qualcosa che appartiene solo ad un determinato pubblico. “Teresa ha sicuramente la capacità di unire i
sentimenti a tutto quello che è il
mondo dei sogni, dei sentimenti
puri e non ha bisogno di grandi
spiegazioni perché ognuno di noi
fermandosi difronte ad un suo
quadro deve guardarsi dentro, è
uno specchio che riflette tutto
quanto abbiamo dentro di buono e
di bello”. In conclusione Teresa D.
Ribuffo ha sottolineato che sarà
un’esposizione molto particolare
e per l’occasione sarà presente il
collezionista Giuseppe Nicolò che
con due grammofoni farà ascoltare qualche vinile perché l’allestimento tratterà i tempi ritrovati.
Un momento della giornata
COME tutti gli anni la
scuola “Vittorino da Feltre”di Reggio al fine di dare la possibilità ai ragazzi
di esprimere, attraverso
lo sport, la voglia di confrontarsi ed emergere, organizza un evento denominato “Vittoriadi”, durante il quale nel periodo
che va da Gennaio a Maggio, tutte le classi della
scuola si confrontano in
gare sportive relativea discipline.
Un corteo ha battezzato
l’edizione 2012 con i ragazzi della scuola accompagnati dai docenti lungo
la Via de Nava fino al piazzale della Libertà con cartelloni contenenti slogan
inneggianti la sana competizione sportiva, allietati
dall’accompagnamento musicale di un piccolo gruppo di nostri allievi diretti dal maestro Fotia.
Protagonista della sfilata la fiaccola olimpica
passata di mano in mano
tra i vari tedofori. Il corteo
ha concluso il suo percorso presso il cortile della
scuola dove in presenza
del dirigente scolastico e
di altre autorità quali Il
coordinatore dell’ufficio
scolastico
provinciale
Vincenzo Geria, Natino
Aloi, l’assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria Mario Caligiuri, Massimiliano Ferrara pro-rettore dell’Università per gli stranieri
“Dante Aliglieri” in presenza delle vestali è stato
acceso il braciere simbolo
dei Giochi Olimpici.
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Reggio 25
Martedì 21 febbraio 2012
dal POLLINO
alloSTRETTO
Usura, dieci arresti a Cosenza
calabria
ora
MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 5
E l’avvocato “strozzato” parlava da solo in auto: «Giuro che m’ammazzo»
COSENZA
È la primavera dell’anno
scorso. C’è un avvocato di
Rende che guida il suo fuoristrada. Sta andando all’appuntamento con uno strozzino.
L’anno prima, avendo disperatamente bisogno di denaro,
si era rivolto a un suo conoscente. Quello gli aveva prestato 10mila euro sulla parola.
L’accordo era che avrebbe versato 1.500 euro al mese a titolo d’interesse finché non fosse
stato in grado di restituire l’intero capitale. Quando monta
sul suo Suzuki l’uomo è letteralmente fuori di testa. Parla
con se stesso: «(...) che ci va a
fare alla Madonna di Medjugorie, che c.... ci vai fare tu a
questa Madonna... Che io me
ne devo uscire... Non ce la faccio più ... io sparisco, me ne devo uscire io da qua... mi vado
ad ammazzare...». I carabinieri ascoltano. E non credono alle proprie orecchie. L’uomo è
da solo, ma è come se stesse
parlando all’usuraio: « (...) giuro su Dio che mi vado ad ammazzare... a sentire ... a essere
chiamato ... non ce la faccio
più. Lo vuoi capire? Alfonso...
dove li vado a prendere...».
Probabilmente è la parte più
drammatica dell’inchiesta denominata Beta, che nella giornata di ieri ha portato all’arresto di dieci persone, accusate
di usura e estorsione. Il blitz è
stato condotto dal reparto operativo dei carabinieri di Cosenza diretto dal tenente colonnello Vincenzo Franzese, sotto
il coordinamento della Procura di Cosenza, che da qualche
mese ha scatenato una pesante offensiva nei confronti del
mondo dell’usura e del racket,
tanto da aver creato un apposito pool di magistrati. L’ordinanza di custodia cautelare è
stata emessa dal gip del Tribunale di Cosenza Luigi Branda
su richiesta dei pm Giuseppe
Cava e Giuseppe Cozzolino. Le
persone arrestate sono Francesco Ruffolo detto Bebè, 60
anni, suo fratello Lorenzo (52),
il nipote Francesco Ruffolo
(37), Davide Caligiuri (49),
Giovanni Bruni (52), Ennio
Bruni (71), Pasquale Placido
(64), Anna Squillace (50, moglie di Lorenzo Ruffolo), Alfonso Pichierri (53), Carmine
Pietro Sapia (54). A questi ultimi quattro sono stati concessi i domiciliari. Gli indagati sono accusati di avere prestato
somme per un ammontare
complessivo di circa 500mila
euro a pensionati, commercianti e piccoli imprenditori,
applicando tassi di interesse
che variavano dal 10 al 40%
mensile.
I Ruffolo coinvolti nell’operazione Beta sono tutti paren-
FRATELLI Da sinistra, Lorenzo e Francesco Ruffolo, detto “Bebè”, al momento dell’arresto
la vittima
disperata
L’uomo
viene intercettato
mentre
sta andando
all’appuntamento
con lo strozzino
ti stretti di Giuseppe (figlio di
Francesco Bebè), pregiudicato
di 33 anni ucciso lo scorso 22
settembre a Cosenza mentre
era alla guida della sua auto.
L’uomo, già arrestato per usura nel 2009, venne assassinato da un killer solitario in sella a una moto, che gli sparò
con una pistola calibro 7.65.
Per quel delitto la polizia ha
precisi sospetti: il movente sarebbe di natura personale ma
maturato in un contesto criminale. Così come i fratelli
Ruffolo anche Davide Caligiuri e Ennio Bruni detto “lo
sceicco” hanno precedenti
specifici per il reato di usura.
Le indagini dell’operazione
Beta erano partite nel 2010
proprio in seguito alla denuncia di un imprenditore edile di
San Pietro in Guarano, che
non riuscendo a mettersi in
pari con rate e interessi era
stato ripetutamente picchiato
e minacciato (anche con armi). Dopo mesi di violenze e
vessazioni l’uomo ha collaborato attivamente alle indagini
fornendo riscontri diretti alle
sue dichiarazioni attraverso
una minuscola telecamera installata sui suoi indumenti che
ha registrato alcuni incontri
con gli usurai.
L’episodio dell’uomo che
parla da solo e manifesta propositi suicidi, poi, offre uno
spaccato del dramma vissuto
da chi cade nella rete dell’usura. Si comincia con un prestito di modesta entità, che il circuito del credito legale magari non ha concesso. E si finisce
col pagare solo interessi senza
mai riuscire a saldare il debito
iniziale. La vita diventa un inferno. A meno che non si decida di denunciare.
Non ebbe questa forza Giuseppe Perfetti, 53 anni, piccolo commerciante di Cosenza.
Lo trovarono morto il 20 aprile del 2009 in una piazzola di
sosta della Salerno-Reggio. Si
sparò un colpo di pistola in testa. Prima di premere il grilletto, però, scrisse un bigliet-
fotoMorrone
prestiti
per 500mila euro
Gli indagati
applicavano
tassi di interesse
che variavano
dal 10 al 40%
al mese
to d’addio rivelando le ragioni
del suicidio. La polizia seguì la
pista aperta da quel biglietto
avviando accurate indagini
che nel giro di pochi mesi consentirono di portare alla luce
un giro d’usura. Di quell’inchiesta Francesco Ruffolo
(condannato in primo grado a
quattro anni di reclusione lo
scorso autunno) era uno dei
principali indagati. La vicenda del povero Perfetti è stata
ricordata durante la conferenza stampa di ieri mattina anche dal procuratore generale
di Cosenza Dario Granieri, che
ha sottolineato ancora una
volta l’importanza della collaborazione delle vittime, che
rappresenta il modo migliore,
ha detto, per debellare attività
criminali come l’usura e il racket delle estorsioni: «Rivolgo
un appello agli operatori economici della provincia di Cosenza: abbiate il coraggio di
denunciare. Come le recenti
inchieste stanno a dimostrare
non sarete lasciati da soli».
Gli interrogatori di garanzia
delle 10 persone arrestate inizieranno domani.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
il procuratore
Granieri: «Un risultato raggiunto
grazie alla collaborazione delle vittime»
COSENZA «L’operazione di oggi è il risultato di una strategia investigativa che vede la Procura di Cosenza e il comando dei Carabinieri, fortemente impegnati in un’azione
sinergica tesa a contrastare il fenomeno dell’usura. Una vera è propria piaga per l’economia ed il senso civile nella città di Cosenza ed
il suo hinterland». Con queste parole il procuratore Dario Granieri, nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, ha illustrato i
termini dell’operazione Beta, che ha portato
all’arresto di dieci persone per usura.
Un risultato che è stato possibile raggiun-
gere soprattutto grazie alla collaborazione
delle persone finite nelle mani degli strozzini.,
come ha sottolineato il procuratore. «Il peso
specifico del lavoro portato a termine - ha affermato infatti Granieri - è dato dalla circostanza che le persone vittime degli usurai
hanno fornito una collaborazione rilevante
nel corso delle indagini».
Un’inchiesta complicata, avviata nel 2010,
ma gli sforzi alla fine hanno premiato, permettendo di scoprire un giro d’affari di
500mila euro ottenuto ai danni di diverse
persone tra pensionati, commercianti, pro-
fessionisti, piccoli imprenditori. «È stata
un’attività investigativa complessa - ha detto
ancora in conferenza stampa il procuratore
Granieri -, svolta con le più sofisticate tecniche d’indagine e che ha consentito di interrompere un’attività odiosa che da tempo soffoca il tessuto imprenditoriale del Cosentino,
rovina la vita di molte imprese e di tante famiglie. Occorre - ha poi aggiunto - un moto di
risveglio. Gli operatori economici devono reagire, avere il coraggio di denunciare. Bisogna
avere fiducia nelle istituzioni».
Il procuratore ha poi annunciato che «per
irrobustire le azioni di contrasto a questo fenomeno, questa Procura ha programmato
una serie di iniziative di concerto con la Prefettura e le forze dell’ordine».
r. r.
7
MARTEDÌ 21 febbraio 2012
D A L
STEFANACONI (VV)
P O L L I N O
calabria
A L L O
S T R E T T O
Imprenditore
assassinato
davanti casa
Il corpo a terra, privo di vita. Crivellato di colpi all’addome e alla testa, in una sera
d’inverno in un paese alle porte di Vibo Valentia. Giuseppe
Matina era nel cortile di casa
sua, nelle campagne di Stefanaconi, in località “Brevi”,
lungo la strada che dal piccolo centro conduce allo svincolo autostradale delle Serre. Il
sole, l’ultimo sole della sua
esistenza, stava per calare.
Chi abbia deciso la sua fine
è ancora da chiarire. Di certo
si sa che ad eseguirla sono stati due killer a bordo di una
moto. Probabilmente la loro
vittima l’avevano seguita, avevano calcolato ogni suo movi- aveva appena messo piede
mento. Appena è entrata nel fuori di casa. Probabilmente,
raggio di tiro l’hanno annien- alla vista dei due, ha cercato di
tata. L’uomo,
scappare, ma
33 anni, di
è stato ragMatina era già
professione
giunto e frednoto
alle
forze
imprenditore
dato
con
agricolo, è
quattro colpi
dell’ordine e
stato freddadi pistola caaveva legami con libro 9x21,
to proprio nel
le cosche vibonesi non è chiaro
cortile della
sua villetta.
se esplosi da
La moto si è avvicinata al ber- una sola arma. È morto sul
saglio, probabilmente uno dei colpo. I due si sono dileguati.
sicari è sceso, si è addentrato, Nelle campagne di Stefanacoha aperto il fuoco. Matina ni è tornato il silenzio. A spez-
Il 33enne Giuseppe Matina è stato ucciso
nel Vibonese. Informata l’Antimafia
zarlo soltanto le urla ed il
pianto della moglie, con la
quale pare si fosse ricongiunto da poco dopo una breve separazione, e probabilmente di
altri parenti presenti all’interno dell’abitazione.
Sul luogo del delitto si sono
fiondati i carabinieri della
Compagnia di Vibo Valentia e
della stazione della vicina
Sant’Onofrio, con il capitano
Stefano Di Paolo e il luogotenente Sebastiano Cannizzaro.
Insieme a loro anche il pm
della Procura del capoluogo,
il primo caso del 2012
Gabriella Di Lauro. Militari e
tecnici hanno provveduto subito ad effettuare i primi rilievi, repertando tutto il materiale rinvenuto e perimetrando l’intera scena del crimine.
Gli inquirenti non hanno lasciato nulla al caso. Sul posto
è giunto anche il comandante
provinciale dell’Arma, Daniele Scardecchia, insieme al
maggiore Vittorio Carrara, al
comando del Nucleo operativo, titolare delle indagini.
Al momento la pista maggiormente battuta dagli inve-
ora
stigatori, spe- Già nel dicembre
scopio, negli
cie per le moultimi tempi
scorso l’uomo
dalità con le
divenuto
quali è stato
gruppo
di
era scampato
perpetrato il
primo piano
ad
un
altro
delitto,
è
della crimiagguato
quella di un
nalità viboneomicidio mase. Ieri è stato
turato all’interno di dinami- ammazzato. Ma già nel diche legate all’assetto crimina- cembre scorso qualcuno
le della zona. Sarebbe questa, avrebbe tentato di farlo fuori.
infatti, l’ipotesi che più di altre Matina, infatti, sarebbe scamè capace di restituire risposte pato ad un agguato mentre
ai numerosi interrogativi in era alla guida della sua auto,
attesa di certezze. Giuseppe quando alcuni colpi di pistola
Matina, tra l’altro, non era un danneggiarono soltanto il
volto nuovo alle forze dell’or- mezzo.
dine. A suo carico risultano
Intanto il procuratore della
numerosi precedenti penali Repubblica di Vibo Valentia,
per reati contro la persona e Mario Spagnuolo, ha inforcontro il patrimonio, ma so- mato dell’omicidio il collega
prattutto agli inquirenti risul- della Dda di Catanzaro, Giutano diversi legami o “amici- seppe Borrelli. Si sta valutanzie” con le consorterie crimi- do, infatti, la possibilità di una
nali del posto, a partire dallo trasmissione degli atti d’indazio acquisito Fortunato Pata- gine sull’assassinio di Matina
nia, ucciso lo scorso 18 set- in considerazione della sua
tembre a Piscopio per una possibile matrice mafiosa.
sorta di regolamento di conti Una riunione, inoltre, si terrà
interno alla malavita in quan- tra i magistrati per fare il punto ritenuto il responsabile, a to sugli ultimi fatti di sangue
sua volta, dell’assassinio del- accaduti nel Vibonese. Alcuni
l’agricoltore Michele Fiorillo, dei quali potrebbero provocaavvenuto due giorni prima. re una vera e propria guerra di
Da chiarire, poi, vi è il legame mafia.
che Matina avrebbe avuto
GIUSEPPE MAZZEO
proprio con il gruppo di [email protected]
caso miriello
Quarantuno afgani
sbarcati nella Locride
Il sindaco di Stilo: Nicola?
Non possiamo aiutarlo...
PORTIGLIOL A (RC) Primo sbarco del- quattro minori è stato necessario il ricovero
l’anno nella locride. Alle prime luci dell’alba di presso l’ospedale civile di Locri. Per il diciasieri con un vecchio gommone motorizzato so- settenne Asan si sospetta uno schiacciamenno arrivati 41 extracomunitari a Portigliola, to delle vertebre. Said 16 anni ha riportato una
sulla costa in provincia di Reggio. Ad avvistar- contusione alla mano e ancora uno è stato
li sono stati i militari dell’Arma che in un pri- trattato al pronto soccorso per una colica remo momento ne hanno recuperato 30 lungo nale e un altro per un’ustione. I restanti clanla strada statale 106. In poco tempo è scatta- destini erano bagnati, infreddoliti, spaventata un’operazione di rintraccio ad ampio rag- ti, stanchi e anche “ammaccati”. «Abbiamo
gio, che ha coinvolto tutte le forze dell’ordine, viaggiato ammassati», dice Mohamed.
dai carabinieri alla Polizia di Stato di Siderno.
Simile a tanti altri sbarchi avvenuti nei mePer l’intera mattinata gli agensi passati, diverso probati hanno setacciato in lungo e
bilmente per le modalità in
Fra loro ci sono
in largo il territorio e la conta ficui i quarantuno hanno
ben 21
nale parla di 41 migranti ferraggiunto la riva: nuotando. Sembra, infatti, che il
mati: 40 hanno affermato di
minorenni
gommone sul quale hanno
essere di nazionalità afgana,
Sarebbero partiti
viaggiato ha avuto qualche
mentre soltanto uno sarebbe
dalla Grecia
problema e cosi gli scafisti
siriano; tra loro tanti minorenhanno deciso di buttare la
ni, ben 21.
Stando alle testimonianze raccolte sareb- propria merce umana in mare. Lasciandoli
bero partiti tre giorni fa dalla Grecia ma sui lo- così, al loro destino. Fortunatamente questa
ro racconti sono in corso accertamenti. Sul volta ce l’hanno fatta tutti a raggiungere la riposto, a coordinare le operazioni di recupero va e adesso sono ospiti a Siderno Superiore
e controllo, i carabinieri coordinati dal coman- presso una struttura della Curia. La speranza
dante del gruppo di Locri tenente Nico Blan- però per ognuno di loro è quella di raggiungeco, con lui anche il maresciallo della stazione re i propri cari, come Khan, 27 anni che è vedi Siderno, Luigi Zeccardo. Un viaggio della nuto in Italia perché i suoi amici gli hanno
speranza che per i quarantuno sembra esser- detto che è bella. Adesso vuole andare a Rosi trasformato in una vera odissea. «Brutto, ma dai suoi amici, sbarcati anch’essi qualche
brutto», ripete sotto choc un clandestino mi- anno fa.
norenne ricoverato all’ospedale di Locri. BrutANNALISA COSTANZO
to il viaggio. Dei quarantuno, infatti, per ben
[email protected]
LOCRI (RC) Primi timidi interventi isti- tempo prima che si risolva qualcosa…».
Certo è che ne è già passato tantissimo di
tuzionali sul caso del giovane di Stilo, Nicola Miriello, ricoverato nel reparto di “Riani- tempo, esattamente trent’anni da quando
mazione” dell’ospedale civile di Locri, dove Nicola ha iniziato il proprio, personalissimo,
lotta tra la vita e la morte per una grave for- calvario. Ed insieme a lui tutta la sua encoma di cerebrolesione prima, aggravata in miabile famiglia: mamma Anselmina e pamodo evidente da una broncopolmonite “ab pà Antonio ed i fratelli, Salvatore, Teresa e
ingestis”, ovvero sia da materiali ingeriti: a Giuseppe, il più piccolo, arrivato persino a ridire la sua è proprio il sindaco della cittadi- nunciare al proprio futuro, con un fresco diploma in scienze infermierina stilese, Giancarlo Mistiche, pur di stare vicino al
riello, ulteriormente perfratello estremamente bisomanendo il silenzio del
gnoso d’aiuto. E di cure. Quelgovernatore della Calale cure che nessuno mai gli ha
bria con delega alla Saniassicurato nel comprensorio
tà, Giuseppe Scopelliti;
della Locride, ad iniziare dal
del presidente della prodistretto nord di Caulonia e
vincia di Reggio Calabria,
per finire a Siderno. A tale
Giuseppe Raffa; delproposito, il sindaco interviel’Azienda sanitaria prone di nuovo per precisare:
vinciale numero 5 reggina
«Ma io so che di contributi, la
con la massima dirigente,
famiglia Miriello, ne ha riceRosanna Squillacioti. Tutvuti, qui c’è l’ufficio dei servizi
ti tacciono e non fanno alsociali sempre a disposizione
cunché per questo 37enper qualsiasi informazione e
ne stilese disperatamente
Giancarlo
Miriello
chiarimento…».
aggrappato a quella fiamMa i “contributi” cui fa cenmella di speranza, dopo
no il sindaco di Stilo sono da
avere subito ben due in«Le casse
ricondurre, in realtà, a quelli
terventi nel giro di quincomunali sono
avuti, in un’unica soluzione,
dici giorni, al punto da riquelle che sono
dalla regione Calabria, per covolgersi direttamente al
ha sempre sostenuto, carpresidente della Repube la burocrazia me
te in mano, la famiglia di Nicoblica, Giorgio Napolitano.
ha tempi lunghi» la: roba che, in trent’anni, non
«Sì, ho letto della situasono serviti nemmeno a coprizione in cui versa il mio
giovane concittadino – dice il sindaco di Sti- re le spese di viaggio che, dal 15 gennaio
lo – sono andato anche domenica scorsa (il scorso, sta sostenendo per fare avanti e inriferimento è al 12 febbraio, nda) a trovarlo dietro da Stilo a Locri. Per stare vicino al proin ospedale, purtroppo come Comune non prio figlio. Per poterlo vedere, anche solo per
siamo in grado di aiutarlo…». Un’afferma- un attimo, da dietro la vetrata del reparto.
zione che non ammette interpretazioni di Contando solo sulle proprie forze e su quelsorta per parte del primo cittadino di palaz- le dei sanitari del nosocomio locrese, a cozo san Giovanni, corroborata dall’assunto minciare dal dottor Adamo e finendo con
che «le casse comunali sono quello che so- l’ultimo degli infermieri. I soli che conoscano, in questi casi ci si dovrebbe rivolgere al- no il vero volto della sofferenza di Nicola. E
la Regione Calabria – riprende il sindaco Mi- della sua famiglia.
riello – mettendo così in moto una lunga traANTONIO BALDARI
fila burocratica, perché passa molto, troppo
[email protected]
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D A L
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calabria
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ora
S T R E T T O
palazzo campanella
Caso Giardina, centrodestra compatto
Ore frenetiche per Scopelliti che poi vola da Berlusconi. Difesa solo rimandata
lonnello dei Ros Valerio Giardina
che ha parlato di sostegno elettoraSurreale come quella del consi- le della cosca De Stefano a Scopelglio regionale. La giornata di Pep- liti. Delle dichiarazioni che non
pe Scopelliti tutto è stata fuorché fanno dormire sonni tranquilli al
abitudinaria. L’agenda era ricca, governatore, molto più difficili da
ricchissima, di appuntamenti: dif- metabolizzare rispetto all’avviso di
ficile riuscire ad assolverli tutti. garanzia sulla sanità calabrese. EcDall’appuntamento con il ministro co perché, dopo la solidarietà del
della Giustizia a quello con Berlu- senatore Maurizio Gasparri, ieri a
sconi, senza trascurare la seduta Scopelliti, è arrivato un altro sedel consiglio regionale, con tanto di gnale di vicinanza da parte del Posit-in, la carne al fuoco era davve- polo della libertà. A contattarlo
ro tanta. A pesare, ormai da qual- personalmente è stato il segretario
che giorno, sono però le frasi pro- nazionale del partito, Angelino Alnunciate dal colonnello Giardina.
fano. Il numero uno di via delIn mattinata il presidente della l’Umiltà, in tarda mattinata, ha
giunta regionale ha incontrato il contattato personalmente Scopelministro della Giustizia Paola Se- liti per poi affidare a un dispaccio
verino, in trasferta a Palmi per l’in- Ansa il suo personale messaggio
titolazione dell’aula bunker ad An- indirizzato al governatore. «Esprimo la mia totale solidarietà al pretonino Scopelliti.
Assolto il primo impegno istitu- sidente della Regione Calabria,
Giuseppe Scopelzionale, a Scopelliti – le parole del
liti, ieri, rimaneIl messaggio
naziovano “solo” due
di Alfano: Peppe segretario
nale del Pdl – da
altri
appuntamenti: il consiglio
sempre schierato sempre schierato
in prima linea nelregionale sui train prima fila
la lotta alla
sporti e la trasfercontro
le
’ndrine
’ndrangheta. Certa lombarda a vilte connivenze sola Gernetto per discutere del Popolo della libertà in- no ben distanti da noi e non possieme all’ex premier Silvio Berlu- siamo permettere che si getti disconi. Ma a palazzo Campanella, scredito su esponenti delle istituda giorni, si sa, la notizia è un’altra: zioni e tutto questo per di più senovvero la testimonianza dell’ex co- za prove valide e su validi ammini-
dalla prima
REGGIO CALABRIA
Un attacco
politico...
DI DAVIDE VARÌ
L’aula consiliare di Palazzo Campanella, ieri presto svuotatasi
stratori del Pdl, come Scopelliti,
che stanno cambiando le cose in
territori difficili come la Calabria».
Scopelliti ha incassato, ma se anche il suo vice, Tonino Gentile, ha
proposto una manifestazione nazionale di solidarietà, allora era necessaria anche una presa di posizione da parte del consiglio regionale o, almeno, della sua maggioranza. Ecco perché, attorno alle 14,
Scopelliti, nella sala Levato di palazzo Campanella, ha radunato i
suoi che per ore, fino alle 17, han-
no ragionato, in un summit a porte chiuse, sulla difesa del governatore. Una discussione protrattasi
per troppo tempo, con Scopelliti
costretto ad abbandonare i lavori
in anticipo, perché diretto a Milano. Il governatore, che sul caso
vuole riferire in aula, non ha voluto che i suoi tenessero il consiglio,
perché l’assenza si sarebbe potuta
interpretare come un segno di debolezza.
NATALE IRACÀ
[email protected]
il documento
Assessori e consiglieri di maggioranza: un tentativo di delegittimazione
I consiglieri regionali di maggioranza,
gli assessori ed i sottosegretari al termine
della riunione odierna (ieri, ndr) del consiglio regionale hanno espresso piena fiducia
al presidente Scopelliti. Ci sentiamo totalmente coinvolti nel processo di cambiamento posto in essere dal Presidente nella
consapevolezza che la sua azione è da sempre improntata al rispetto della legalità e al
contrasto assoluto della criminalità organizzata. Ciascuno di noi si sente colpito in
prima persona dagli attacchi privi di fondamento indirizzati a Scopelliti.
Ci riferiamo espressamente alla testimonianza del colonnello dei carabinieri Vale-
rio Giardina, resa venerdì scorso nell’ambito di un processo relativo a vicende passate che non hanno mai visto coinvolto il
presidente Scopelliti e che appare orientata a delegittimarne la sua immagine e tutto ciò che la sua azione politica ed amministrativa rappresenta. In soli 22 mesi questo governo regionale ha eliminato sprechi
e privilegi. Per la prima volta, la Corte dei
conti ha espresso pubblicamente apprezzamento per il risanamento che la Regione
Calabria sta attuando sopratutto nella sanità.
Con la crisi economica che avanza e il disagio sociale ai livelli di guardia, se la po-
litica continuerà ad essere ingiustamente
delegittimata la speranza rischia di spegnersi per tutti, proprio nel momento in cui
si stanno per cogliere i risultati positivi di
un percorso virtuoso. Riteniamo pertanto
indispensabile che l’opinione pubblica sia
informata su quello che sta realmente accadendo in Calabria. Il presidente Scopelliti è
l’autorevole guida di un gruppo dirigente,
democraticamente eletto, che ha come
obiettivo la realizzazione del programma
di governo su cui i calabresi hanno riversato un ampio consenso. È necessario consolidare questa azione sgombrando il campo
da qualsiasi dubbio.
Ci riferiamo espressamente alla testimonianza del colonnello dei carabinieri
Valerio Giardina, resa venerdì scorso
nell’ambito di un processo relativo a vicende passate che non hanno mai visto
coinvolto il presidente Scopelliti e che appare orientata a delegittimarne la sua
immagine e tutto ciò che la sua azione
politica ed amministrativa rappresenta».
Parole di fuoco, parole che prefigurano uno scontro istituzionale senza precedenti e che, per forza di cose, dovrà essere risolto in tempi rapidissimi, pena la
paralisi politica della nostra regione.
Altrettanto delicata la posizione della
minoranza, che non prende posizione.
Delle due l’una: o la minoranza dà credito alle accuse pesantissime del colonnello contro Scopelliti, oppure, per puro calcolo politico, ha deciso di non prendere
posizione.
E se così fosse, se qualche consigliere
di minoranza pur convinto di trovarsi di
fronte a un attacco politico contro il governatore abbia deciso di tirarsi indietro, di certo ha sbagliato. Ha sbagliato
perché è la politica nel suo insieme a subire questo attacco.
Ma che la Calabria sia ormai una terra senza più guida politica, è cosa che
noi di Calabria Ora andiamo ripetendo
da mesi. Non sappiamo come andrà a finire questa storia. Non sappiamo se
quanto detto dal colonnello Giardina sia
vero oppure no. Ma una cosa è certa:
sulla Calabria avanzano nubi nere, cariche di pioggia e temporali.
D’altra parte non possiamo sottovalutare le parole dell’ex ministro Gasparri,
un politico tradizionalmente molto vicino ai carabinieri. Ebbene, riferito alle rivelazioni del colonnello Giardina, Gasparri ha parlato senza mezzi termini di
“cabina di regia”, di “strani movimenti
nei palazzi romani”. Saranno mesi delicati, mesi decisivi per la nostra terra. E
nessuno potrà sottrarsi alle proprio responsabilità. Neanche noi giornalisti.
il commento
Le dichiarazioni del colonnello Valerio Giardina nell'ambito del processo “Meta” relativamente al governatore Scopelliti continuano ad
essere oggetto di dibattito e discussione politica. Ad intervenire il senatore del Pdl, Antonio Gentile, già sottosegretario all'Economia,
che battendo tutti in termini di solidarietà,
propone addirittura una manifestazione nazionale per Scopelliti. «Spero che il Pdl e tutta l'area moderata, e per questo mi adopererò
– afferma in una nota il senatore Gentile – organizzino una manifestazione nazionale a sostegno del presidente della Regione Calabria,
Giuseppe Scopelliti, che rischia di essere dilaniato nell'opinione pubblica senza una giustificazione concreta se non le parole di un uomo». Per correttezza è comunque il caso di ricordare che le parole di un uomo sono quelle
di un colonnello dell'Arma dei carabinieri pro-
Solidarietà al governatore
Antonio Gentile supera tutti
nunciate nell'ambito di un dibattimento pro- lo il garantismo giudiziario, ma quello mediacessuale. «Quanto emerso in questi giorni nei tico. Con le parole, diceva Sciascia, si può ucconfronti del governatore Scopelliti – conti- cidere una persona innocente così come, esatnua Gentile - è un “de relato”. Una dichiarazio- tamente, con la lupara la mafia uccide i suoi
ne resa da un ufficiale dei carabinieri che, in nemici». «Come commissario dell'Antimafia
precedenza, avrebbe riconosciuto allo stesso – conclude il senatore Antonio Gentile – non
presidente un grande impegno e una grande ho mai privilegiato le mie posizioni di partito
responsabilità nella sua qualia quelle istituzionali, ben satà di sindaco di Reggio Calapendo che il nemico da comIl senatore
bria nell'offrire soluzioni logibattere è il cancro velenoso
propone
stiche e strutture pubbliche
che affligge il nostro Paese.
per la lotta alla ’ndrangheta.
Ma non posso tacere dinanzi
una grande
La vicenda è molto delicata e
al dileggio cui è sottoposto un
manifestazione
chiama alla memoria non sogiovane che ha ottenuto qua-
nazionale...
si il 70% dei voti dei calabresi e che merita,
non privilegi, ma il rispetto di tutti. Con lui abbiamo costruito liste pulite e immacolate e alleanze politiche divenute esempio in tutto il
Paese». (gi. bo.)
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il ministro in calabria
E in riva allo Stretto
promette una mano
per il nuovo tribunale
REGGIO CALABRIA «Siamo passati da un
giro vizioso a un giro virtuoso. Cioè la misura di prevenzione che genera ricchezza per lo Stato. Quella
ricchezza attraverso la quale lo Stato può combattere il fenomeno della criminalità organizzata». Il
ministro della Giustizia Paola Severino elogia la
consegna di un immobile confiscato al Tribunale
di Reggio Calabria. Quattrocento metri quadrati
sottratti alla cosca Libri che serviranno ad accogliere il deposito dei corpi di reato nella città dello Stretto. «È questo - ha proseguito l’esponente del governo tecnico - il segnale importante, perchè se riusciamo ad autoalimentare le risorse dello Stato attraverso la percezione di denaro che ha provenienza illecita, io credo che avremmo risolto anche i problemi di necessaria implementazione delle forze
della giustizia. Ci sarà una giustizia che produce da
sola il proprio reddito e le proprie capacità di mantenersi, di evolvere e di migliorare anche la qualità
del servizio». Alla cerimonia di consegna hanno
partecipato, tra gli altri, il sindaco Demetrio Arena,
il direttore dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati Giuseppe Caruso, il presidente
del Tribunale Luciano Gerardis, il procuratore nazionale
antimafia
Piero
Grasso. Il primo cittadino di Reggio Calabria non ha perso
occasione per organizzare un giro al
ministro per mostrare lo stato dei lavori al costruendo palazzo di
giustizia e chiedere sostegno per terminare i lavori.
C’è una variante all’attenzione del consiglio superiore dei lavori pubblici e servono altri 5 milioni per
un’opera che in tutto costerà 120 milioni. «Il ministro si è mostrata molto determinata.
Le abbiamo mostrato delle slide e lei ha preso
degli impegni», ha spiegato Arena all’uscita. Se Paola Severino terrà fede agli impegni assunti, il sindaco si dice certo che potrà essere lei stessa a inaugurarlo. Magari «entro la fine dell’anno o l’inizio del
prossimo», auspica Demetrio Arena. Il ministro
prima di lasciare la Calabria si è rivolta ai cittadini:
«La Calabria deve reagire con le proprie forze alla
criminalità che l’ha oppressa per tanti anni».
Annalia Incoronato
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calabria
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ora
La cerimonia di scopertura
della targa esposta nell’aula
del tribunale di Palmi
Una targa rompe il silenzio
Ora l’aula è tutta di Scopelliti
Severino: solo un risarcimento per il giudice assassinato
In alto
l’arrivo
del
ministro
a Reggio
Calabria
PALMI (RC) Era sostituto procuratore generale di Cassazione nel primo maxiprocesso contro la mafia siciliana quando fu ucciso. Antonino Scopelliti era calabrese, non esercitò mai le funzioni in Calabria, ma nella sua terra fu “giustiziato” dalla ‘ndrangheta nel 1991. Quell’assassinio, dopo il clamore dei primi mesi, cadde nel dimenticatoio, così come la figura di un magistrato serio e
schivo, che si era tenuto sempre lontano dai riflettori e che quella serietà l’aveva pagata con la vita. Con ingiustificabile ritardo, ieri, lo Stato ha tentato di porre rimedio a quel torto intitolando
un’aula del Tribunale di Palmi ad Antonino Scopelliti e portando
in città le più alte cariche politiche, militari e civili regionali. È però il ministro della Giustizia Paola Severino a cospargersi il capo
di cenere per le istituzioni che rappresenta, fotografando 21 anni
di “colposo” silenzio sulla morte del magistrato reggino: «Quello
di oggi è solo un parziale risarcimento dinanzi al torto dell’oblio
- ha dichiarato - Con questa iniziativa abbiamo voluto portare a
casa la memoria di un magistrato ucciso nella sua terra».
Ci aveva provato il procuratore capo di Palmi Giuseppe Creazzo, poco prima dell’intervento del titolare della Giustizia, a spiegare il perché di quel silenzioi: «I calabresi non temono rivali nell’esercizio dell’oblio, nessun popolo sa effettuare opera di rimozione come fanno i calabresi». Rimozione che, però, a ben vedere non ha risparmiato neanche lo Stato, come ha sottolineato la
figlia del magistrato, Rosanna Scopelliti, quando ha ricordato che
«a nessuno è venuto in mente in tutti questi anni di intitolare
un’aula in memoria di mia padre al Palazzaccio o a via Arenula»,
e sottolineando come ancora «non sappiamo chi ha ucciso il giudice Scopelliti». Questa sorta di esercizio della memoria ha coinvolto tutti gli oratori che hanno preso la parola, come per esempio Maria Grazia Arena, presidente del Tribunale di Palmi, che ha
ringraziato «i familiari per avere trasformato il loro dolore in impegno sociale», il procuratore generale Salvatore Di Landro che
ha messo in evidenza come «Scopelliti non è morto del tutto se il
suo anelito di giustizia si trasforma in impegno concreto per questa terra», o il presidente dell’Anm Luca Palamara che ha sottolineato l’impegno del magistrato per «l’affermazione della legalità», un principio che «ricordo sempre quando parlo ai magistrati e avvocati». In ultimo, Francesco Napoli, presidente dell’ordine degli avvocati di Palmi, che ha tracciato un parallelismo tra Scopelliti e l’avvocato Fulvio Croce «entrambi esaltatori dei valori di
libertà e giustizia». Presenti tra gli altri, anche il presidente della
Regione Giuseppe Scopelliti, il presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, Luigi Fedele, il presidente della provincia
Giuseppe Raffa, gli onorevoli Marco Minniti, Angela Napoli, Doris Lomoro, Maria Grazia Laganà, Elio Belcastro, Nino Foti, Aurelio Misiti, Luigi De Sena, Franco Laratta, Mario Tassone, i procuratori Piero Grasso, Giuseppe Pignatone, Vincenzo Lombardo,
Michele Prestipino, il prefetto Luigi Varratta e il presidente della
Corte d’appello Bruno Finocchiaro.
fral
ammazzateci tutti
Bossoli e biglietto anonimo
Aldo Pecora sotto tiro
NEL MIRINO
A destra
Aldo Pecora
leader
del movimento
“Ammazzateci
tutti”
PALMI (RC) Gli augurano di fare la stessa
fine di Antonino Scopelliti. E lo fanno alla vigilia dell’intitolazione di un’aula del tribunale di
Palmi proprio alla memoria del magistrato di
Cassazione. Ieri Aldo Pecora ha trovato “posta”
sul parabrezza della sua auto, parcheggiata nei
pressi della sua abitazione, in quel di Cinque-
frondi. Un biglietto anonimo, stando a quanto uno scherzo di carnevale - ha poi successivaappreso, con su scritto: «Scopelliti ti aspetta a mente aggiunto - ma é già da qualche giorno
che sono sotto attacco, anche
braccia aperte, farai la fine di
da parte di colleghi». Il leader
Gratteri e Creazzo, boom».
Ha trovato
ventiseienne vittima dell’intiVicino a una ruota, il leader
il
messaggio
midazione, occorre ricordarlo,
del movimento “Ammazzateci
è autore di un libro sul giudice
tutti” ha poi trovato due bossointimidatorio
antimafia assassinato il 9 agoli esplosi. Le indagini, una volsul
parabrezza
sto 1991 a Campo Calabro, in
ta rese note da Pecora le minacdell’auto
provincia di Reggio Calabria.
ce ricevute, sono state prese in
“Ammazzateci tutti”, l’associamano dai carabinieri. Nel pomeriggio, i primi commenti a freddo su quan- zione che Pecora guida, è stata fondata nel 2005
to accaduto: «Ho piena fiducia in chi conduce con l’intento di sostenere la battaglia dell’antile indagini- ha detto Aldo Pecora - Spero sia mafia in Calabria.
ubi-carime
incompatibilità
Scatta l’interrogazione sugli sportelli a rischio
Franchino insiste sulla doppia carica di Caputo
CATANZARO Undici minisportelli calabresi del gruppo Ubi-Carime stanno per chiudere i battenti. E ai consiglieri regionali Carlo Guccione del Pd, Mimmo Talarico di Idv e
Ferdinando Aiello di Sel non sta bene. Tant’è che hanno presentato un’interrogazione al
presidente della Regione Calabria per sapere «quali iniziative urgenti si intendano assumere nei confronti del gruppo Ubi-Carime per scongiurare l’attivazione, in Calabria, di
un Piano industriale discriminatorio, che andrebbe ad impoverire un tessuto economico
regionale già fortemente penalizzato dalle “rapine”e dagli “scippi” continui dell’ex governo Berlusconi-Tremonti». Un passaggio, poi, i consiglieri lo riservano allo sportello di Grimaldi, piccolo comune in provincia di Cosenza: «La filiale Ubi-Carime opera da circa settantadue anni, e l’immobile in cui è ubicato è di proprietà della stessa banca. Tale filiale
- proseguono - svolge anche servizio di tesoreria per lo stesso Comune di Grimaldi e per
i Comuni vicini di Belsito, Malito e Altilia».
ROSSANO (CS) Parte un’interrogazione sulla incompatibilità tra le due cariche ricoperte da Giuseppe Caputo, a tutt’oggi consigliere regionale del Pdl e assessore a Rossano. È
l’esponente del Pd Mario Franchino a sollevare la questione con una interpellanza rivolta al
presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, tesa a conoscere «quali iniziative intenda promuovere per assicurare il pieno rispetto della legge e il ristabilirsi del corretto rapporto democratico nel comune di Rossano». Come si ricorderà, con la sentenza dello scorso mese di novembre, la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la legge regionale n.34
/2010 anche nella parte in cui eliminava il regime delle incompatibilità, tra l’altro, tra la carica di sindaco o di assessore comunale e quella di consigliere regionale. A distanza di circa
tre mesi, l’interrogazione di Franchino «atteso che Caputo non ha manifestato ancora l’intenzione di lasciare una delle due cariche, continuando attivamente nel percorso di incompatibilità così dimostrando chiaro disprezzo per la decisione della Suprema Corte». (r. m.)
11
MARTEDÌ 21 febbraio 2012
D A L
P O L L I N O
A L L O
calabria
Parco Romani, in Procura
gli ex consiglieri comunali
il consuntivo delle fiamme gialle
Nel 2011 sequestrati
550 milioni alle ’ndrine
Catanzaro, saranno sentiti come persone informate sui fatti
risarcitoria contro il Comune, mentre il 16
maggio scorso è stato perfezionato l’atto
Dall’esame dei fascicoli al secondo step, di compravendita tra la società “Parco Roquello degli interrogatori. Nei prossimi mani” srl e la “Catanzaro Servizi” spa, sogiorni in Procura saranno sentiti alcuni ex cietà partecipata del Comune incaricata di
consiglieri comunali nell’ambito dell’in- realizzare il Centro espositivo. Sono stati
chiesta su Parco Romani per verificare se ceduti 2mila 505 metri quadrati al prezzo
sono stati commessi dei reati e per rico- di 5 milioni 711mila 400 euro. I due atti
sono stati prodotti dalle società che hanno
struire l’intera vicenda.
Il primo atto della questione risale al ceduto le superfici senza però aver mai in2008, quando con la delibera numero 22 cassato nulla.
La situazione, intanto, è diventata indel 5 maggio il consiglio comunale ha deciso di realizzare a Germaneto, su una su- candescente alla Catanzaro Servizi, dove il
perficie di 58.300 metri quadrati da espro- rischio di default viene considerato altissipriare, un Centro espositivo fieristico per mo, tanto che nei giorni scorsi la vicenda
il quale era disponibile un finanziamento è finita sul tavolo del commissario straordel ministero alle Attività Produttive. Su dinario Giuseppina Di Rosa. I Carabinieri
questa strada si è andati avanti per anni, hanno lavorato nei mesi scorsi sull’accordo formalizzato davanti al
finché undici mesi fa, per
notaio che ha assegnato
l’esattezza a marzo del
Il magistrato
alla società la piena titola2011, un tavolo di concerha deciso
rità delle aree su cui sorge
tazione convocato nelil centro commerciale, in
l’ambito del Patto territodi unificare tutti
cambio della cessione al
riale non ha proposto di
i
fascicoli
Comune di quote della sotrasferire la localizzaziodell’inchiesta
cietà Argento e degli imne del Centro espositivo
mobili che ne fanno parte
fieristico in un’area all’interno dell’eterna incompiuta, il “Parco compresi gli uffici del Multipiano di via Arcommerciale Romani”. Ma, a quanto pa- gento e un palazzo in viale De Filippis. La
re, quello che è stato deliberato dal consi- Catanzaro Servizi, per mettere insieme lo
glio avente ad oggetto la localizzazione a spazio necessario per il centro espositivo,
Germaneto non sarebbe mai stato revo- avrebbe chiesto a due imprenditori, Giucato. E proprio questo mancato passaggio seppe Gatto e Giuseppe Speziali, la cessioavrebbe messo a rischio il finanziamento ne di una porzione del Parco Romani. L’atministeriale rischiando di mandarlo in fu- to di vendita è stato stipulato ma il prezzo
mo. Nel frattempo la società titolare dei pattuito, alle scadenze previste, non sarebterreni di Germaneto ha avviato un’azione be stato versato, e i due imprenditori han-
ora
S T R E T T O
CATANZARO
no notificato i relativi atti di precetto. La pista seguita dagli inquirenti riguarderebbe
proprio la congruità della valutazione dell’immobile di viale De Filippis, sulla quale
sono stati espressi dubbi attraverso una
denuncia presentata nei mesi scorsi dall'ex
assessore Fulvio Scarpino che ha segnalato anomalie anche alla Corte dei Conti per
un presunto danno erariale. Ora tutto verrà messo insieme e sarà riletto alla luce degli ultimi fatti.
Il procuratore aggiunto della Repubblica, Giuseppe Borrelli, ha infatti deciso di
unificare tutti i fascicoli che in passato erano andati a finire nelle mani di diversi sostituti e che contenevano le informative di
polizia e dei carabinieri su più aspetti della vicenda. In particolare le indagini della
Procura riguardano la titolarità dei terreni su cui sorge il centro commerciale e la
cessione al Comune di alcuni immobili. Il
tutto per cercare di accertare la congruità
dell’operazione.
GABRIELLA PASSARIELLO
[email protected]
CATANZARO Beni per
550 milioni di euro sono stati sequestrati e confiscati dai
militari della Guardia di finanza nel corso del 2011. È
questo uno dei dati più significativi dell’attività svolta
dalle fiamme gialle in Calabria. Sul fronte degli accertamenti antimafia i finanzieri
hanno effettuato complessivamente 690 accertamenti
patrimoniali che hanno interessato 922 persone fisiche e 231 società. Ne sono
scaturiti sequestri di beni
per circa 300 milioni di euro e confische per circa 250
milioni. Tra le indagini patrimoniali condotte dai finanzieri c’è stata quella che
ha portato alla confisca di
beni, per un valore stimato
in 200 milioni di euro, nei
confronti della cosca reggina degli Alvaro che ha ramificazioni anche a Roma. Tra
i beni confiscati c’era anche
il Café de Paris, simbolo della dolce vita romana, oltre
ad altri noti locali pubblici
ed immobili nella capitale.
Strettamente connessa al
sequestro ed alla confisca
dei beni c’è anche l’attività di
contrasto al riciclaggio di denaro sporco che ha visto i finanzieri impegnati nell’approfondimento di 350 segnalazioni per operazioni finanziarie sospette e che ha
portato alla denuncia di 30
persone, di cui 6 arrestate,
ed all’accertamento di condotte di riciclaggio per oltre
16 milioni di euro e al sequestro di beni per oltre 1 milione di euro.
La Guardia di finanza ha
svolto una incisiva azione di
contrasto anche per il traffico internazionale di stupefacenti che riveste la primaria fonte di guadagno della
criminalità organizzata. Nel
2011 non sono stati sequestrati 1.96 chili di cocaina ed
8 chili tra eroina ed altre sostanze.
Le indagini svolte contro
il fenomeno dell’usura hanno permesso di verificare come, in Calabria, il fenomeno sia spesso connesso al riciclaggio, alle intimidazione
ed alle estorsione. Per usura
sono state denunciate 68
persone, di cui 21 in stato di
arresto, e sequestrati beni
per 500 mila euro.
Altri risultati sono stati
conseguiti contro i reati in
materia fallimentare. Sono
state concluse 88 indagini
che hanno portato alla denuncia di 124 persone di cui
14 in stato d’arresto, all’accertamento di distrazioni di
beni in danno dei creditori
per 40 milioni di euro e al
sequestro di immobili e quote societarie per circa 21 milioni di euro. Non meno importante è stata l’azione contro il fenomeno dell’immigrazione clandestina.
LOCRI
Processo Simeri, i testi
non si ricordano del killer
LOCRI (RC) Parata di testimoni ieri da- quale mi ha detto che all’interno del chiosco
vanti alla corte d’Assise di Locri nell’udien- c’era una persona che guardava male».
A parlare ieri davanti alla corte presieduza del processo per l’omicidio di Pasquale Simari, assassinato in piazza Vittorio Veneto a ta dal giudice Alfredo Sicuro anche il gestoGioiosa Jonica la sera del 26 luglio 2005, e re del chiosco: «Simari stava bevendo una
per il quale risulta principale imputato Tom- birra. Ad un tratto si avvicina una persona ed
maso Costa. Il primo a parlare dal banco dei inizia a sparare. Ho visto Simari rincorso da
testimoni è un allevatore: «Il 26 luglio 2005 uno armato di pistola». Muovendo alcune
- ha riferito rispondendo alle domande del contestazioni il pm pone all’attenzione del
pubblico ministero Antonio De Bernardo - teste le sue dichiarazioni rilasciate all’interero in piazza con Simari ed altri amici. Ho vi- rogatorio del settembre 2008 in cui l’uomo
sto Pasquale (Simari, ndr) correre rincorso forniva alcune caratteristiche del killer, conda una persona». Il teste ricorda di aver sen- fermando tutto in aula. Infine la testimonianza di un amico di Simatito anche alcuni colpi di arri, il quale però non ricorda
ma da fuoco. Un altro ha ri- Molte delle persone
nulla di quanto aveva afferferito invece di aver sentito
interrogate
mato nei precedenti interroSimari gridare in piazza “fuerano presenti
gatori. Fatta eccezione per
jite, fujite”: «Ho sentito più
alcuni aspetti: «So che Sidi uno sparo ma non ho viil giorno
mari aveva una pistola e me
sto chi ha sparato perché vedell’omicidio
l’ha fatta tenere in mano.
niva dalle mie spalle». QuinCon lui ha avuto a che fare
di il turno di un operaio rumeno: «Con Simari ci vedevamo soltanto una persona di Locri con la quale si vedeva
per lavoro. Sapevo che aveva delle armi, una spesso. Simari mi parlava dei Cordì di Locri
pistola sul sedile posteriore dell’auto. Me la ma non so dire se tra di loro erano amici o
fece vedere ma non mi ha mai spiegato per- no».
L’attività istruttoria è aggiornata al prosché viaggiava armato. Sono tornato in Romania tre giorni prima dell’omicidio», non simo 5 marzo. In quella data saranno chiaconfermando tuttavia quanto dichiarato nel mati a deporre cinque testi della lista del pm,
2008 circa un richiesta di Simari per alcuni tra i quali la ragazza rumena in servizio al
fucili che il giovane avrebbe dovuto portare bar al momento del delitto, citata ieri da un
dalla Romania. «Ho saputo dell’omicidio da suo connazionale.
suo fratello e poi ho parlato con una ragazza
ILARIO BALÌ
rumena in servizio al chiosco sulla piazza, la
[email protected]
Da domani
MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 21
l’ora della Piana
Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected]
PORTO
AUTORITA PORTUALE
OSPEDALI
0966 588637
CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911
0966 765369
DOGANA
GUARDIA DI FINANZA
0966 51123
POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610
CARABINIERI
0966 52972
0966 52111
VIGILI DEL FUOCO
PALMI
“Aula Antonino Scopelliti
Magistrato”. Poche parole,
incise su una targa in legno
appesa nell’aula di Corte
d’Assise del Tribunale di
Palmi, svelata ieri mattina
dal ministro della Giustizia
Paola Severino.
È la prima volta che in
Italia un’aula di Tribunale
viene intitolata a quel giudice «solo», ucciso dal patto
di sangue tra mafia e
‘ndrangheta, una sera
d’agosto di ventuno anni fa.
La presenza del Guardasigilli Severino ha reso ancora più densa di significato la
giornata nella quale la Calabria si è voluta scusare con
Antonino Scopelliti, giudice
dimenticato troppo in fretta.
È quasi mezzogiorno
quando il ministro entra in
aula, accolta da un lungo
applauso; accanto a lei il
Procuratore capo di Palmi,
Giuseppe Creazzo, promotore dell’iniziativa; il presidente del Tribunale Maria
Grazia Arena; il Procuratore
generale di Reggio Calabria
Salvatore Di Landro ed il
presidente dell’ordine degli
avvocati di Palmi, Francesco Napoli.
In prima fila il governatore Giuseppe Scopelliti, il
presidente del consiglio regionale Francesco Talarico,
il presidente della Provincia
Giuseppe Raffa, il commissario prefettizio di Palmi
Antonia Bellomo, il presi-
GIOIA TAURO
FARMACIE
0966 52203
PALMI
0966 267611
CITTANOVA
0966 660488
OPPIDO
0966 86004
POLISTENA
0966 942111
TAURIANOVA
0966 618911
CINEMA
Gioia Tauro
Rosarno
Ioculano 0966 51909
Rechichi 0966 52891
Tripodi
0966 500461
Alessio 0966 773237
Borgese 0966 712574
Cianci
0966 774494
Paparatti 0966 773046
Palmi
Barone
Galluzzo
Saffioti
Scerra
Stassi
0966 479470
0966 22742
0966 22692
0966 22897
0966 22651
Taurianova
Ascioti 0966 643269
Covelli 0966 610700
D’Agostino 0966611944
Panato
0966 638486
Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498
Chiuso
Cittanova “Gentile” 0966 661894
Chiuso
Polistena “Garibaldi” 0966 932622
Chiuso
Laureana “Aurora”
Chiuso
«Palmi, targa a Scopelliti
contro il torto dell’oblio»
Severino alla cerimonia per il magistrato ucciso dalle ’ndrine
MEMORIA Da sinistra Creazzo, Scopelliti, Arena, Severino, Finocchiaro, Di Landro e Napoli; la targa
dente dell’Anm Luca Palamara, l’ex capo della Procura di Reggio Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto Michele Prestipino.
Presenti le più alte cariche
delle forze dell’ordine della
regione, ed i presidenti delle sezioni Aiga di Palmi e
Reggio Calabria.
Prende per prima la parola il presidente del Tribuna-
le Maria Grazia Arena;
«l’iniziativa odierna, - ha
detto – è il sego tangibile
della volontà di perpetrare
la memoria e gli ideali di legalità di un magistrato tragicamente morto. Un grazie
alla sua famiglia è doveroso, perché ha saputo tramutare il dolore in impegno sociale».
Proprio l’impegno della
famiglia, della figlia Rosanna, hanno tenuto vivo il ricordo del magistrato ed iniziative come quella di ieri
sono alla base della costruzione di una società in cui
prevale il ricordo e non
l’oblio. Salvatore Di Landro,
procuratore generale di
Reggio Calabria, ha ricordato che l’impegno della società nel nome di Scopelliti de-
Creazzo sferza la Calabria, Napoli ricorda Fulvio Croce
Il procuratore: «La nostra terra non teme rivali nell’esercizio della rimozione collettiva»
PALMI
AMAREGGIATO Creazzo
uomo che dell’onestà e della libertà
aveva fatto la sua bandiera, una persona «che si ostinava a vivere in modo normale nella sua terra, e la sua
terra l’ha tradito», ha detto ancora il
procuratore Creazzo. Il tema della
memoria e dell’oblio è stato il leitmotiv della mattinata di ieri, sottolineato anche dal ministro della Giustizia
Paola Severino, che ha insistito nella
VIVIANA MINASI
[email protected]
visita del ministro/3
visita del ministro/2
E’ stato il procuratore capo di Palmi, Giuseppe Creazzo, a volere che
l’aula bunker del Tribunale venisse intitolata al giudice Antonino Scopelliti, riportando così l’attenzione su un
assassinio che fino ad oggi non ha trovato giustizia. Nelle sue parole pronunciate durante la cerimonia di ieri
mattina, il procuratore Giuseppe Creazzo, ricordando una celebre farse
dello scrittore di San Luca Corrado Alvaro, ha ammonito il popolo calabrese, un popolo che con molta facilità
dimentica i figli della sua terra. «Nessun popolo sa effettuare opera di rimozione come i calabresi. – ha detto
– I calabresi non temono rivali nell’esercizio della memoria dell’oblio e
della rimozione ed è per questo che è
necessario invertire la tendenza e svegliare la memoria». Scopelliti era un
ve essere «pedagogico, sociale e preventivo, fondato
sul lavoro come momento
di elevazione. Il potere criminale, - ha detto ancora Di
Landro – piega i cittadini
rendendoli succubi e privi
della volontà di determinarsi. Scopelliti è morto del tutto se il suo anelito di giustizia non si trasforma in impegno concreto per queste
terre».
Il saluto dell’Associazione nazionale magistrati,
portato dal suo presidente
Luca Palamara, è stato l’occasione per ricordare a tutti, inquirenti, avvocati, giudici, la necessità di «affermare la legalità», tanto cara
a Scopelliti. «In luoghi di
frontiera, come la Calabria,
questa necessità di legalità
e verità è ancora più sentita.
– ha detto Palamara – Mettiamo da parte le belle parole e passiamo ai fatti».
Quando prende la parola
Rosanna Scopelliti, figlia del
giudice assassinato, in aula
cala il silenzio. Una voce
forte, decisa, che si fa tremula man mano che il ricordo del padre emerge; una
voce che ricorda ma soprattutto accusa. Accusa lo Stato, chi ha «sepolto sotto cumuli di polvere ed omertà»
il delitto del padre.
«Oggi si parla di ‘ndrangheta ma nessuno si ricorda
di papà, nessuno parla del
patto di sangue tra mafia e
‘ndrangheta. – è lo sfogo
della Scopelliti – Mio padre
indossava una toga, la sua
seconda pelle, e sotto quella toga nascondeva le debolezze di un uomo che dei delinquenti diceva: “dietro un
criminale c’è sempre un uomo che ha sbagliato”. Mio
padre non era un eroe e non
accetterò mai questa definizione finché sul suo caso
non sarà resa verità».
necessità di «coltivare il vizio della
memoria per sopperire agli errori ed
alle mancanze dello Stato in casi come
quello che ha visto occultato il caso
dell’assassinio di Scopelliti». Scopelliti muore in un territorio aspro, ostile,
che in ventuno anni non è mutato, è
rimasto sempre lo stesso.
Lo ha ricordato anche il presidente
dell’ordine degli avvocati di Palmi
Francesco Napoli, nel suo intervento:
«in una zona come questa in cui viviamo, in cui il giudice Scopelliti è stato assassinato, terra cattiva e ostile, è
ancora più importante che le istituzioni facciano la loro parte». Ricorda
poi un avvocato torinese, Fulvio Croce, assassinato trucemente nell’aprile
del 1977 dalle Brigate Rosse; «Fulvio
Croce, come il giudice Scopelliti, era
un esaltatore dei valori di giustizia e libertà».
vi. mi.
Giudice di pace, la Giunta
contro la soppressione
CINQUEFRONDI - Il
Comune di Cinquefrondi
scrive al Ministero della
giustizia per chiedere che
non venga soppresso l’ufficio del giudice di pace.
L’amministrazione Cascarano si è avvalsa di
una facoltà esplicitamente prevista dallo schema
di decreto legislativo che
attua la legge 148/2011, la
quale appunto prescrive
la riorganizzazione degli
uffici giudiziari, imponendo tagli e accorpamenti.
Per motivare la propria
richiesta (dossier curato
dalla consigliera Sinopoli), il Comune fa leva proprio sulle linee direttrici
indicate dalla 148 come
guida alla nuova geografia degli uffici. Estensione del bacino di utenza,
carichi di lavoro, specificità territoriale, incidenza
della criminalità organizzata: tutte condizioni che
la giunta comunale ritiene sussistenti nella realtà
comprensoriale e dunque
adatte a mantenere il giudice di pace a Cinquefrondi.
A ulteriore supporto,
l’amministrazione cita la
qualità strutturale-logistica dell’attuale sede giudiziaria, e i nuovi locali
da inaugurarsi nel 2012,
destinati proprio al giudice di pace.
ANGELO SICILIANO
[email protected]
22
MARTEDÌ 21 febbraio 2012
calabria
ora
P I A N A
Delitto Cedro, la Procura:
«Ergastolo per Congiusti»
SAN FERDINANDO
La Capitaneria sequestra
quattro reti illegali
L’imputato era stato condannato a 24 anni in primo grado
PALMI
Il Procuratore generale
presso la Corte d’Appello
Adriana Fimiani ha concluso la sua requisitoria con la
richiesta alla pena dell’ergastolo per Gregorio Congiusti, l’uomo condannato in
primo grado a 24 anni di
carcere per l’omicidio di
Carmine Cedro. L’accusa,
che aveva proposto ricorso
alla sentenza di primo grado, ha chiesto quindi al Presidente della Corte Amodeo
l’inasprimento della pena
inflitta dai giudici palmesi.
Nell’udienza di ieri poi,
hanno concluso le loro arringhe anche i difensori di
Congiusti, Domenico Malvaso e Guido Contestabile,
che hanno invocato la parziale infermità mentale per
il loro assistito, oltre a richiedere l’esclusione dell’aggravante della minorata
difesa, l’accettazione delle
attenuanti generiche e l’assoluzione per la frode processuale (che era costata all’imputato un aggravio di
due anni rispetto alla condanna per l’omicidio). L’assassinio di Carmine Cedro,
ricordiamo, si è consumato
VITTIMA E CARNEFICE Carmine Cedro e Gregorio Congiusti
il 9 novembre 2009 nel centro storico di Gioia Tauro,
in via De Rosa. Erano bastate, però, 15 ore ai carabinieri della compagnia della città del porto, diretti dal capitano Ivan Boracchia, per
giungere all’identificazione
del presunto killer dell’imprenditore gioiese.
In questo senso, secondo
quanto CO ebbe modo di
appurare subito dopo l’arresto, sarebbero risultate
fondamentali una serie di
riprese effettuate dal sistema di videosorveglianza attivo in città, che immortalavano l’auto di Congiusti nelle strade di Gioia la mattina
dell’omicidio, e la scoperta
di rapporti economici che
legavano la vittima e l’assassino.
Il movente dell’omicidio,
secondo gli inquirenti, sarebbe un debito che la vittima vantava nei confronti di
Congiusti. Poco denaro, sostengono gli investigatori,
forse non superiore a 10mila euro. Debito che sarebbe
legato all’attività commerciale di cui Congiusti è titolare a Nicotera Marina, in
provincia di Vibo, il bar sala giochi “Planet”, che Cedro
riforniva di videopoker.
Nell’interrogatorio di garanzia, tenutosi il giorno seguente all’arresto davanti al
gip Daniela Tortorella, Congiusti ha ammesso l’omicidio sostenendo di avere
sparato quattro volte contro
Cedro al culmine di una lite
scoppiata per questioni economiche. Nello stesso interrogatorio, l’allora indagato
diede informazione anche
per il rinvenimento dell’arma del delitto recuperata
nei pressi della spiaggia di
Nicotera Marina.
Il Presidente della Corte
D’appello Amodeo, dopo
avere ascoltato le richieste
delle parti in causa ha rinviato l’udienza al prossimo
5 marzo: in quella data la
parola passerà di nuovo al
Procuratore Adriana Fimiani per eventuali controrepliche dell’accusa, poi la camera di consiglio e la sentenza
che dovrebbe arrivare nella
stessa giornata.
SAN FERDINANDO
Nonostante i continui sequestri e gli innumerevoli tentativi di sensibilizzazione sul pericolo della pesca “abusiva” condotta con mezzi professionali, continuano le operazioni condotte dalla capitaneria di
porto di Gioia Tauro, che ieri, sulla spiaggia di San
Ferdinando ha posto sotto sequestro tre reti abusive
reti di tipo “tremaglio” ed una rete di tipo “sciabica”
adibita alla pesca della neonata.
L’intervento degli uomini del capitano Diego Tomat – avvenuto tramite un controllo capillare del
territorio sia via mare che via terra – ha portato alla
elevazione di multe per oltre 7 mila euro e al sequestro di un considerevole quantitativo di pesce “sciabola” venduto in modo irregolare da un venditore
ambulante che appena visto gli uomini delle forze
dell’ordine si è dato alla fuga.
Dai controlli successivi, il pesce sequestrato è risultato essere conservato senza le dovuta attenzione alle regole, e dopo essere stato considerato come non
idoneo al consumo umano è stato distrutto disperdendolo in mare.
«L’attività - scrive il comandante Tomat in una nota - continuerà anche nei prossimi giorni oltre che via
mare, con particolare attenzione all’uso illegale delle reti per la cattura della neonata, anche via terra
concentrando l’attenzione sullo sbarco e vendita dei
prodotti ittici».
MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 13
l’ora di Cosenza
Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected]
SPEZZANO A.
CASTROVILLARI
Delitto Presta
Fotogrammi
di un crimine
Comunali
Centrodestra
in fibrillazione
> pagina 19
> pagina 20
ACCADDE UN SECOLO FA
BLITZ
Le auto dei carabinieri
schierate in occasione
del blitz che il 16
dicembre del 2010
portò in carcere 49
persone, tutte
sospettate di far parte
del presunto clan Bruni.
Nel gruppo, c’erano
anche due militari
dell’Arma, titolari della
discoteca Sin club che,
secondo gli inquirenti,
era totalmente gestita
dalla cosca. I due uomini
in divisa, poi scarcerati,
sono gli unici imputati
che hanno scelto il
processo ordinario. Per
gli altri si procede con il
rito abbreviato
LUIGI MARIA CHIAPPETTA
JONIO
PAOLA
Agrumi e truffe Amministrative
Tornano in aula Liste nel caos
i 400 imputati Fusioni in atto
> pagina 28
> pagina 29
Clan Bella bella
Chiesti tre secoli
di carcere
LE RICHIESTE
DI PENA
Fabio Bruni
Edyta Kopaczynska
Giuseppe Prosperoso
Umile Miceli
Vincenzo Foggetti
Ernesto Foggetti
Adolfo Foggetti
Fabio Foggetti
Francesco Pino
Giovanni Abbruzzese
Carlo Lamanna
Luca Sabato
Luigi Naccarato
Romualdo Marsico
Domenico Musolino
Carmine Gazzaruso
Pasquale Ripepi
Andrea Bruni
Massimo Greco
Maurizio Viola
Luigi Morelli
Roberto Mandarino
Giorgio Rocchetti
Andrea Gagliano
Gabriele Pati
Massimiliano Lo Polito
Vincenzo Perri
Marco Foggetti
Emanuela Pagliuso
Pasqualino Gagliano
Monica Pranno
Antonio Iaccino
Domenico Iaccino
Daniele La Manna
Luciano Impieri
Franco Bruzzese
Mario Attanasio
Francesco Ripepi
A CURA DI
21 febbraio 1912 - La ditta Anselmini&Moroni, con la quale il Comune aveva stipulato
il contratto per l’appalto dei lavori per l’impianto idroelettrico, a causa della mancata approvazione da parte dell’autorità superiore - e quindi per l’inadempienza del Comune ha citato il municipio per la restituzione della cauzione, per il pagamento di lire quattromila, quali vacazioni per avere trattato l’affare, nonché per il pagamento di tutti i danni
per la mancata consegna. La ditta, in parola, ha dato un perentorio di otto giorni.
20 anni
8 anni
12 anni
16 anni e 4 mesi
12 anni
8 anni
9 anni
4 anni e 10 mesi
6 anni e 8 mesi
16 anni
9 anni
9 anni e 4 mesi
6 anni
8 anni e 10 mesi
21 anni
9 anni
20 anni
8 anni e 8 mesi
6 anni e 4 mesi
17 anni e 10 mesi
8 anni e 8 mesi
5 anni e 10 mesi
4 anni e 8 mesi
3 anni e 4 mesi
8 anni e 10 mesi
8 anni e 10 mesi
6 anni
2 anni e 8 mesi
2 anni e 8 mesi
2 anni e 8 mesi
2 anni e 8 mesi
assoluzione
assoluzione
assoluzione
assoluzione
assoluzione
assoluzione
assoluzione
Processo Telesis, il pm invoca 31 condanne
per mafia, estorsioni e spaccio di droga
Nessuno sconto per i presunti membri del clan Bruni. Ie- menzione anche per Giovanni Abbruzzese, considerato cori, infatti, lo showdown della pubblica accusa, durante il pro- me il capo della cosca rom “gemellata” con quella dei Bruni
cesso “Telesis”, è coinciso con pesanti richieste di pena for- che si trova ora a fare i conti con una richiesta di pena pari
mulate nei confronti dei 38 imputati del processo “breve”, a sedici anni di galera. Le pene minori, invece, riguardano
quasi tutti sospettati di rappresentare l’organico della cosca Marco Foggetti, Emanuela Pagliuso, Pasqualino Gagliano e
“Bella-bella”. Un elenco dal quale risulta assente l’uomo ri- Monica Pranno, chiamati a rispondere solo di alcuni singotenuto a capo della consorteria, quel Michele Bruni decedu- li episodi di spaccio. Per loro sono stati chiesto solo due anto alcuni mesi fa a causa di un male incurabile. Per tutti gli ni e otto mesi di reclusione. Con riferimento agli altri memaltri, dicevamo, la Dda ha presentato un conto salatissimo bri del gruppo, invece, la Procura catanzarese aveva già socon pene che variano da 3 a 21 anni di reclusione per un to- stenuto, nel corso di una precedente udienza, la tesi della lotale complessivo di quasi tre secoli di carcere. E per uno stra- ro appartenenza a un clan cosentino, nato sul finire del seno scherzo giuridico, la pena più alta è stata richiesta per uno colo scorso per volontà di Francesco Bruni senior. Alla sua
degli imputati minori, tale Domenico Musolino, che fra gli morte, però, avvenuta nel 1999 in seguito a un agguato, l’erealtri non risponde neanche del reato di associazione mafio- dità sarebbe stata raccolta da suo figlio Michele. Il ventaglio
di attività illecite messe in campo dal grupsa, ma “solo” di associazione finalizzata al
po avrebbe contemplato lo spaccio di dronarcotraffico. Un’accusa associata a quella
Chiesta anche
ga, le estorsioni e l’usura, passando anche
di una rapina che il pm ha chiesto di contegla
confisca
per il racket del caro estinto. Non a caso,
giare aritmeticamente, senza riconoscergli
tra gli imputati figura Luigi Naccarato, titodunque la continuazione fra i reati. Morale
dell’agenzia
lare di un’agenzia di pompe funebri che, sedella favola: sedici anni per la droga e cindi pompe funebri
condo la Dda era in realtà gestita dalla faque per la rapina, che in totale fanno venNaccarato
miglia Bruni. Naccarato, sotto accusa per
tuno e lo assestano in cima all’elenco di
concorso esterno in associazione mafiosa
quelli che rischiano di più. Segue a ruota
Fabio Bruni, ovvero l’uomo sospettato di aver ereditato la affronta il processo da uomo libero, poiché scarcerato alcuguida del gruppo: per lui sono stati richiesti 20 anni di car- ni mesi fa, per mancanza di indizi. Ciò nonostante, ieri, l’accere al pari di suo cugino Pasquale Ripepi. Perché l’ipotesi cusa ha chiesto la sua condanna a sei anni di carcere, nondella Dda è che il clan Bruni sia sostanzialmente un gruppo ché la confisca della sua attività commerciale. Stralciata, ina conduzione familiare di cui avrebbero fatto parte anche vece, la posizione di Luca Bruni, irreperibile da alcune setAndrea, il più piccolo dei fratelli “Bella bella”, che rischia timane al punto da temere che sia rimasto vittima di un caora 8 anni e 8 mesi di reclusione, nonché un’altra famiglia so di lupara bianca. Il processo riprenderà il 5 marzo con
a loro affine, quella dei Foggetti. Nella lista, però, spicca an- l’inizio delle arringhe difensive. A parlare, tra gli altri, saranche il nome di Edyta Kopaczynska, vedova di Michele: per no i legali Francesco Boccia, Riccardo Panno, Marcello Manlei sono stati invocati otto anni di carcere. Richiesta di asso- na, Rossana Cribari, Nicola Rendace, Antonio Ingrosso,
luzione, invece, per l’altro Ripepi (Francesco) coinvolto nel- Amelia Ferrari, Franz Caruso, Aldo Cribari, Gaetano Morl’inchiesta dalla quale, salvo stravolgimenti, si appresta a rone, Luca Acciardi, Antonio Quintieri e Maurizio Vetere.
uscire anche Daniele La Manna, mentre per suo fratello
MARCO CRIBARI
Carlo, la richiesta della Dda si è fermata a nove anni. Una
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C O S E N Z A
operazione “beta”
Cosìilcostruttore
incastrò
i suoi aguzzini
Se le vittime
denunciano
gli strozzini
Dieci persone arrestate dai carabinieri
Sono accusate di estorsione e usura
Lorenzo Ruffolo esce dalla caserma
Percosso ripetutamente, minacciato
con una pistola, l’auto parcheggiata sotto casa crivellata di colpi, costretto a pagare interessi su interessi ma senza mai
riuscire a saldare il debito iniziale. Le
storie delle vittime dell’usura si somigliano tutte. Si comincia con un piccolo
prestito e man mano che passa il tempo diventa un tunnel senza uscita. Per
uscirne ci sono solo due modi: fare abbastanza soldi per pagare; denunciare
gli strozzini. Le indagini dell’operazione
Beta iniziano nel 2010 in seguito alla
denuncia di un imprenditore edile della Presila cosentina. Aveva cominciato
l’anno precedente con un prestito di
4mila euro, poi ne aveva ottenuto un secondo da 15mila, un terzo dello stesso
importo per pagare ai propri dipendenti gli stipendi e la tredicesima (era il periodo di Natale) e infine un quarto da
7mila. L’uomo si ritrovò ben presto con
una rata mensile di 5mila euro di soli interessi. E siccome non riusciva a onorare le scadenze, in due diverse occasioni
venne addirittura picchiato. Alla sua
donna disse che si era fatto male sul lavoro. La prima volta lei sembrò credergli ma la seconda proprio no. Probabilmente è stata lei a dargli la forza di ribellarsi. Così, nell’ottobre del 2010 l’imprenditore si rivolge ai carabinieri. Gli
uomini del tenente colonnello Franzese si sono messi subito all’opera, ottenendo tutti i riscontri di cui avevano bisogno: appostamenti, fotografie, intercettazioni telefoniche e ambientali complete di filmati. Li ha registrati lo stesso
imprenditore nascondendo una microcamera di ultima generazione fornitagli
dai carabinieri sulla propria persona
durante gli incontri con gli usurai. Un
lavoro rischioso, che tuttavia ha dato risultati che altrimenti non sarebbero stati possibili. In una occasione, infatti,
l’imprenditore incontra uno degli usurai in auto, il quale, evidentemente sospettando di avere i carabinieri alle costole, gli porge un biglietto di carta dove c’è scritto «non parlare in macchina». Sempre tacendo, l’uomo apre la
giacca e gli mostra la pistola che teneva
nei pantaloni. Un messaggio più che
eloquente.
a. b.
BETA
Alfonso
Pichierri
ha dato il suo
soprannome
all’inchiesta
L’hanno chiamata operazione Beta,
dal soprannome con cui veniva indicato
uno degli indagati. Ha portato alla luce
un giro d’usura (e estorsioni) di piccole
proporzioni ma dai contorni particolarmente drammatici. L’inchiesta, partita
nel 2010 in seguito alla denuncia di una
delle vittime, ha portato all’arresto di
dieci persone: Francesco Ruffolo detto
Bebè, 60 anni, Lorenzo Ruffolo (52, fratello del primo), Francesco Ruffolo (37,
nipote di entrambi), Davide Caligiuri
(49), Giovanni Bruni (52), Ennio Bruni
(71), Pasquale Placido (64), Anna Squillace (50, moglie di Lorenzo Ruffolo), Alfonso Pichierri (53), Carmine Pietro Sapia (54). A questi ultimi quattro sono
stati concessi i domiciliari. Sono accusati di avere prestato somme per un ammontare complessivo di circa 500 mila
euro a pensionati, commercianti e piccoli imprenditori, pretendendone la restituzione (spesso ricorrendo a violenza e
minacce di vario genere) a tassi di interesse che variavano dal 10 al 40% mensile. Gli arresti sono stati eseguiti ieri dai
Francesco Bebè Ruffolo
Lorenzo Ruffolo
carabinieri del Reparto operativo di Cosenza in esecuzione delle misure di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Cosenza Luigi Branda su richiesta dei pm Giuseppe Cava e Giuseppe Cozzolino.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati ieri mattina nel corso di una conferenza stampa dal colonnello Francesco Ferace, comandante dei carabinieri
di Cosenza; dal tenente colonnello Vincenzo Franzese, comandante del Reparto operativo e dal procuratore generale
di Cosenza Dario Granieri. Beta rappresenta un ulteriore tappa dell’offensiva
scatenata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine della città nei confronti dei
reati che frenano l’economia: l’usura e le
estorsioni appunto. Si tratta di una battaglia, però, che ha bisogno della collaborazione delle vittime. Il procuratore
ha voluto evidenziarlo ancora una volta,
rivolgendo un ulteriore appello: «Mi rivolgo agli operatori economici della provincia di Cosenza: abbiate il coraggio di
denunciare. Come le recenti inchieste
Anna Squillace
SODDISFATTI Da sinistra Il colonnello
Ferace, comandante dei carabinieri di
Cosenza; il procuratore capo Granieri
e il tenente colonnello Franzese
comandante del Reparto operativo
stanno a dimostrare che non sarete lasciati da soli».
Nelle oltre cento pagine dell’ordinanza di custodia cautelare vengono ricostruiti numerosi episodi di violenza e sopraffazione. Storie di disperazione. Come quella del costruttore che contrae debiti con gli usurai per alcune decine di
migliaia di euro e che non riesce mai a
mettersi in pari con i pagamenti. Per costringerlo a pagare gli strozzini lo picchiano ripetutamente, lo minacciano
con una pistola, finché l’uomo non vedendo altre vie d’uscita decide di rivolgersi ai carabinieri. Le indagini dell’operazione Beta nascono proprio dalla denuncia dell’imprenditore.
Altra storia emblematica è quella dell’avvocato (il consulente legale di una
ditta di Rende che costruisce capannoni industriali) che inizia con un prestito di 10mila euro e 14 mesi dopo ne ha
versato 14mila senza essere riuscito a
erodere il debito di un solo centesimo.
Perseguitato dagli intermediari dello
“sceicco” (indagato che a causa di problemi di udito si faceva aiutare nell’attività di riscossione) l’uomo arriva a parlare con se stesso ad alta voce, fino a manifestare propositi suicidi. Propositi che
fortunatamente non si sono concretizzati.
Le indagini dell’operazione Beta viaggiano su un duplice binario: da un lato le
testimonianze rese dalle vittime di usura; dall’altro i riscontri di tali dichiarazioni forniti da un’imponente mole di
intercettazioni telefoniche e ambientali.
Non sarà facile per gli avvocati degli indagati trovare punti deboli nell’impianto accusatorio.
Gli interrogatori di garanzia inizieranno domani mattina a Palazzo di giustizia. Gli indagati sono difesi, tra gli altri,
dagli avvocati Franz Caruso, Marcello
Manna, Maurizio Nucci, Giuseppe Malvasi, Filippo Cinnante, Luca Acciardi.
Francesco Ruffolo
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
Davide Caligiuri
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operazione “beta”
Il garante
e la pensione
di mammà
Una famiglia segnata
da processi e tragedie
I Ruffolo dell’inchiesta parenti dell’uomo ucciso a settembre
Una famiglia intera è stata duramente colpita dal blitz antiusura dei carabinieri del reparto operativo. È quella dei fratelli
Ruffolo: Francesco soprannominato Bebè (60 anni), suo fratello Lorenzo (52) sposato a San Pietro in Guarano con Anna
Squillace (50), anch’essa coinvolta nell’inchiesta. E poi c’è l’altro Francesco Ruffolo (37 anni a marzo), nipote dei primi tre e
figlio di Giuseppe, che sta scontando una condanna per omicidio (processo Missing). Si chiamava Giuseppe anche il trentatreenne padre di tre bambini che lo scorso 22 settembre venne
ucciso in via degli Stadi mentre rincasava a bordo della sua autovettura. L’uomo, già arrestato per usura nel 2009, fu assassinato da un killer solitario in sella a uno scooterone che gli sparò con una pistola calibro 7.65 (per quella vicenda la squadra
mobile della polizia sta indagando su una pista ben precisa). Poche settimane dopo la morte del figlio, Francesco Bebé Ruffolo, veniva condannato a quattro anni di reclusione in primo
grado. Sempre per usura.
Tutto era cominciato da un’altra tragedia. Il suicidio di un
commerciante che non riusciva a pagare i debiti contratti con
gli usurai e che non ebbe nemmeno il coraggio di denunciare.
Si chiamava Giuseppe Perfetti, aveva 53 anni. Lo trovarono
morto la mattina 20 aprile di tre anni fa in una piazzola di sosta dell’autostrada Salerno-Reggio. Si sparò un colpo di pistola in testa. Ma prima di premere il grilletto scrisse una lettera
d’addio in cui rivelava i motivi di quel gesto. La squadra mobile di Cosenza seguì le tracce lasciate da quella lettera e dopo alcuni mesi di accurate indagini smascherò un giro d’usura. Infatti, ricostruendo la situazione finanziaria di Perfetti i poliziotti scoprirono dei suoi rapporti con i Ruffolo e che questi tenevano in un pugno anche un dipendente dell’Azienda sanitaria.
Interrogato dagli agenti della mobile l’uomo vuotò il sacco.
Tranne che per il tragico epilogo, la vicenda del commerciante Perfetti è simile a quella dell’avvocato di Rende intercettato
dai carabinieri mentre si recava a un appuntamento con un
usuraio e parlava con sé stesso (articolo a pagina 5) manifestando tutto il suo disagio per un incubo che non voleva finire
e che era iniziato con un prestito di 10mila euro. La vicenda di
Perfetti ieri è stata ricordata anche dal procuratore generale
Dario Granieri. «L’operazione Beta – ha detto il capo della magistratura cosentina durante l’incontro con i giornalisti – è il ri-
Alfonso Pichierri
Ennio Bruni
sultato di una strategia investigativa che vede la procura di Cosenza e il comando dei carabinieri, fortemente impegnati in
un’azione sinergica tesa a contrastare il fenomeno dell'usura.
Una vera è propria piaga per l’economia ed il senso civile nella
città di Cosenza ed il suo hinterland. Il peso specifico del lavoro portato a termine
– ha continuato il
procuratore – è dato
dalla circostanza che
le persone vittime degli usurai hanno fornito una collaborazione rilevante nel
corso delle indagini.
È stata un’attività investigativa complessa, svolta con le più
sofisticate tecniche
d’indagine e che ha
consentito di interrompere un’attività
odiosa che da tempo
soffoca il tessuto imprenditoriale del cosentino, rovina la vita
di molte imprese e di
tante famiglie. Occorre un moto di risveglio. Gli operatori
economici devono
reagire, avere il coraggio di denunciare. Bisogna avere fiducia nelle istituzioni».
Granieri ha poi annunciato che per irrobustire le azioni di contrasto a questo fenomeno, la Procura ha programmato una serie di iniziative di concerto con la Prefettura e le forze dell’ordine. Il colonnello Ferace, infine, ha rivolto una specie di avvertimento a quanti per paura di possibili ritorsioni dovessero proteggere chi gli fa l’usura o l’estorsione: «saranno indagati per favoreggiamento personale».
a. b.
Giovanni Bruni
Pasquale Placido
Davide Caligiuri
BEBÉ
Francesco
Ruffolo
Padre
dell’uomo
ucciso
lo scorso
22 settembre
in via degli
Stadi
Pietro Carmine Sapia
Ci sono quelli che prestano i soldi a
strozzo: gli usurai. E ci sono le vittime:
quelli che ottengono i prestiti e si trovano a dover pagare una montagna di
interessi. Due categorie antitetiche, di
solito. Può succedere, però, che si diventi vittima e usuraio allo stesso tempo. La situazione peggiore: perché ci si
trova a fare i conti allo stesso tempo
con chi rivuole indietro il denaro (magari rimediando anche un tot di legnate) e con i carabinieri. È il caso di Davide Caligiuri, cinquantenne di Celico
che gli amici chiamano ‘u pitture. È finito nell’operazione perché a un certo
punto, sperando di guadagnarci qualcosa, si offre di fare da tramite tra un
imprenditore edile disperato perché
non riusciva pagare gli interessi dei
prestiti contratti e la famiglia Ruffolo,
che aveva dato il denaro all’uomo. Nel
giugno del 2010, poco dopo essere stato picchiato per la seconda volta, l’uomo assiste al pestaggio di Caligiuri a
opera di Francesco Ruffolo il giovane e
Giovanni Bruni. Una situazione paradossale, insomma, di cui farà le spese
persino l’anziana madre dell’intermediario, che dovrà far fronte ai guai combinati dal figlio con la sua pensione. I
Ruffolo, infatti, consideravano Caligiuri come una sorta di garante del prestito. Intercettando una conversazione
tra lo stesso Caligiuri e sua madre i carabinieri ottengono una conferma diretta. La donna infatti se ne rammarica: «Lo vedi – dice al figlio – i soldi di
mamma ci vanno per il mezzo». Finisce che i due vanno all’ufficio postale a
prelevare il denaro. «Mi hai rovinato –
dice nel dicembre del 2010 Caligiuri all’imprenditore edile – che sto pagando
io insieme a mia madre al posto tuo,
che tu sei andato a fare la denuncia ai
carabinieri, che sei un pentito. E non
sperare che i carabinieri ti aiutano. Attenzione a quello che fai, guardati sempre le spalle che le cose si sono messe
male per te. Non mi devi più rivolgere
la parola, sei un infame». Invece i due
parleranno ancora. Due mesi dopo si
incontrano e l’intermediario dice all’imprenditore usurato di essersi dovuto accollare il debito al posto suo, quindi lo invita a pagare.
a. b.
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missing
SCENE Da sinistra, l’auto abbandonata in una campagna di Piano Lago in cui venne ritrovato il corpo carbonizzato di Angelo Cello (luglio 1982); Piazza Riforma a dicembre del 1981, pochi istanti dopo
l’omicidio di Francesco Porco, venditore di abeti natalizi e la traversa di corso Mazzini dove sorgeva il bar Oasi, il cui titolare Antonio Paese, fu ucciso a colpi di pistola nel luglio del 1991
DELITTI
in cerca d’autore
Il maxiprocesso entra nel vivo con le arringhe difensive
dei legali di Iirillo, Abbruzzese, Bruni, Muto e Castiglia
DI MARCO CRIBARI
Giornata di arringhe difensive al processo “Missing”, giunto ormai al secondo giro di boa. A Catanzaro, infatti, è in corso il
processo d'appello che, dopo la requisitoria del pm Facciolla, vede protagonisti gli
avvocati e le loro discussioni. Il primo a
prendere la parola, ieri in aula, è stato il legale Filippo Cinnante, difensore di Giuseppe Iirillo, Francesco Pirola e Fioravante Abbruzzese.
Iirillo parte da una condanna a 25 anni
di carcere che l'accusa vorrebbe portare a
trenta. Vecchiarella, questo il suo alias negli anni ruggenti, è sotto accusa per due
omicidi della vecchia guerra di mafia, leit
motiv dell'intero processo: l'uccisione di
Carlo Mazzei avvenuta ad agosto del
1980 nel vecchio carcere di Colle Triglio e
l'eliminazione di Natale Cilento, l'armiere paolano trucidato l'anno successivo nel
suo negozio. Il suo difensore, in sintesi, ha
sollevato una serie di vizi formali e sostanziali nel ricorso avanzato dalla Procura,
chiedendone l'inammissibilità. Un altro
punto della discussione ha riguardato
l'inattendibilità dei collaboratori di giustizia. In particolare, per ciò che riguarda
Mazzei, Cinnante ha chiesto di rendere
inutilizzabili le rivelazioni rese a suo tempo dal pentito Peppino Cirillo, già capomafia del locale di Sibari. L'ex boss, però,
morì per cause naturali poco dopo l'inizio
della sua collaborazione, ragion per cui
non è mai stato sentito in aula su questi e
altri argomenti. Un pregiudizio che, secondo il legale, rende carta straccia i verbali
con le sue dichiarazioni. A ciò si aggiungerebbero anche le contraddizioni emerse
dal suo racconto, una volta messo a confronto con quello dei pentiti Franco Pino
e Vincenzo Dedato. Per ciò che concerne Pirola, invece, lo stesso Cinnante ha evidenziato come gli indizi che lo vorrebbero
coinvolto dell'esecuzione di Francesco
Porco, vengono smentiti dal testimone
oculare del delitto, avvenuto in piazza Riforma a dicembre del 1981. L'uomo, infatti, parlò di due sicari che dopo aver giustiziato Porco, venditore di alberi di natale,
salirono a bordo di una Fiat 127 per darsi
alla fuga. Secondo la Dda, al volante c'era
proprio Pirola, ma il testimone sostiene del racconto dei pentiti. Su tutti, Franceche a guidare l'auto killer fosse proprio uno sco Saverio Vitelli, censurando la sua
dei due assassini, indicati dalla Procura nei «consuetudine» di inserire sulla scena dei
defunti Alfredo Andretti ed Emiliano crimini, «fantomatici testimoni oculari».
Mosciaro. Per Pirola, come per gli altri Vitelli, infatti, parlò di un cacciatore che
due imputati, la richiesta della difesa è sta- assistette alla morte di Francesco Scata di assoluzione. L'ipotesi degli inquiren- glione (maggio 1983), ma anche di un
ti è che l'omicidio di Carlo Mazzei abbia contadino presente al momento dell'uccirappresentato la risposta all'uccisione di sione del giovane Cello, deceduto all'età di
Armando Bevacqua, capoclan dei no- appena diciott'anni poiché sospettato di
madi, consumata solo pochi giorni prima. essere una “spia” del clan Perna. E non soIl delitto, maturato nell'orbita del clan Pi- lo: le indicazioni di Francesco Vitelli striderebbero fortemente con il
no, avrebbe registrato annarrato di suo fratello Giuche il coinvolgimento di
Chiesta
seppe, anche lui pentito,
Abbruzzese che, per quei
l’assoluzione
che indica in Castiglia uno
fatti, è stato condannato a
degli uomini che successi29 anni di carcere. Cilen- anche per Pirola
vamente, tornarono a Piato, invece, sarebbe stato
Si
torna
in
aula
no Lago per distruggere il
ammazzato dallo stesso
il 23 febbraio
corpo di Cello. Secondo
gruppo criminale in virtù
Francesco Saverio, invece,
della sua vicinanza (peraltro mai dimostrata nei fatti) al clan Serpa l'imputato partecipò direttamente alla sopdi Paola, all'epoca alleati con la cosca Per- pressione della vittima, tant'è che in seguina-Pranno nel sanguinoso confilitto con- to, gli fu ordinato di pensare a come pretro il gruppo Pino-Sena. E sempre al clan costituirsi un alibi. Su queste e altre inconPerna-Pranno è ascritta, invece, l'uccisio- gruenze, legate anche all'ora in cui avvenne di Porco, all'epoca amico di Tonino ne la tragedia, si fondava l'arringa di SanSena, ma estraneo alle logiche criminali chini, conclusa poi con la richiesta di assodell'epoca. Dopo Cinnante, la parola è pas- luzione per Castiglia. A seguire, spazio a
sata a Gianluca Sanchini, difensore di Rossana Cribari, in rappresentanza deGiulio Castiglia, ovvero uno degli uomi- gli imputati Gianfranco Bruni e dei frani accusati dell'omicidio di Angelo Cello telli Pasquale e Michele Bruni, que(luglio 1982), ucciso a colpi di pistola e poi st'ultimo ormai deceduto. Gianfranco Brutrovato carbonizzato nel cofano di un'au- ni è sotto accusa per l'uccisione di Diego
to abbandonata nei pressi di Piano Lago. Costabile (febbraio 1983), intercettato alSanchini ha messo in dubbio la veridicità l'altezza di via Cimarosa, a Rende, e finito
con un colpo di pistola in testa da due killer in sella a una Vespa che gli fecero pagare così la sua amicizia con l'arcinemico
Pranno. Uno dei suoi assassini è indicato
oggi in Bruni, mentre l'altro corrisponderebbe al reo confesso Pierluigi Berardi.
Il suo racconto, però, presenta diverse contraddizioni con la reale dinamica dei fatti
(il pentito sostiene che Costabile fu ucciso
mentre era all'interno della propria auto,
ma il suo corpo fu trovato riverso sull'asfalto) e, come se non bastasse, Cribari ha citato i passaggi della sentenza di primo grado che, pur condannando Bruni, gettava
delle ombre sull'attendibilità del pentito in
virtù della scarsa genuinità della sua collaborazione, definita troppo «interessata».
L'attenzione si è poi trasferita sul delitto
del bar Oasi (luglio 1991) per il quale sono
accusati Pasquale e Michele Bruni. I due,
ritenuti responsabili dell'uccisione di Antonio Paese, erano già stati assolti in primo grado con una motivazione molto articolata.
Il loro difensore ha ripercorso i passaggi essenziali di quel verdetto, soffermandosi in particolare sulle contraddizioni emerse dal racconto del pentito Erminio
Munno e , soprattutto, sulla scarsa credibilità del movente indicato dalla Procura.
E cioè che Paese fosse stato ucciso per vendicare le molestie da egli arrecate a una
giovane sorella degli imputati. Il sospetto,
secondo la Cribari e, in parte per i giudici
cosentini, era che quel crimine fosse maturato in un contesto criminale diverso (la
vittima era una ex affiliato del gruppo Perna) e che la responsabilità fosse stata attribuita ai Bruni al termine di una complessa opera di depistaggio. Infine, l'avvocato
Nicola Guerrera per Franco Muto, accusato dell'omicidio di don Pippo Ricioppo (maggio 1983), all'epoca padrino
di Cerzeto. Guerrera ha ribadito, ancora
una volta, l'estraneità di Muto, già assolto
in primo grado, evidenziando come a suo
carico non ci siano prove né tantomeno
accuse da parte dei collaboratori di giustizia. Anzi, lo stesso Franco Pino aveva
escluso un coinvolgimento del boss di Cetraro. Il processo è stato poi aggiornato al
23 febbraio per la discussione degli altri
avvocati.
In alto
Palazzo
Arnoni un
tempo sede
del carcere
cittadino
dove
nell’agosto
del 1980 fu
ucciso Carlo
Mazzei
In basso
Una foto che
immortala
l’arrivo dei
detenuti al
tribunale di
Cosenza in
occasione di
una vecchia
udienze di
Missing
Il processo è
giunto al
secondo
grado
di giudizio
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P R O V I N C I A
Così De Marco uccise Presta
Visionate in aula le immagini che documentano l’omicidio del figlio del boss
Sono le 17.50 quando il bri- tario. Un processo facile, progadiere Martino risponde al ci- prio in ragione delle prove distofono della caserma di Spez- seminate in quel delitto del 17
zano Albanese: «Hanno ucci- gennaio di un anno fa. Nelso il figlio di Presta», sente dir- l’udienza di ieri è stata confersi da qualcuno che, lasciato il mata l’intera dinamica del demessaggio, è sfrecciato via sen- litto. Domenico Presta, 22 anza neanche dare al carabiniere ni, figlio del boss latitante
il tempo di leggere la targa del- Franco è stramazzato a terra,
l’auto di colui che poteva esse- all’interno del negozio di prore l’ennesimo
prietà della
testimone
sorella MaDrammatica
oculare di un
rianna, dopo
l’udienza
di
ieri
delitto che
esser stato
scotta molto.
colpito da un
con le lacrime
Dieci minuti
proiettile fatadella sorella
dopo Aldo De
le, sparato da
della vittima
Marco si couna calibro 25
stituisce
e
impugnata da
confessa tutto: «L’ho ucciso Aldo De Marco. Arma poi conio». Una confessione resa gra- segnata ai carabinieri dallo
nitica da un castello di prove stesso autore del delitto: circoche va rafforzandosi udienza stanza, questa, confermata da
dopo udienza. Ieri l’imputato è tutti gli ufficiali di polizia giuditornato in corte d’Assise ad as- ziaria escussi ieri pomeriggio
sistere al processo a suo carico dal pubblico ministero. Procescon l’accusa di omicidio volon- so facile, dunque, ma scottan-
FREDDATO Il giorno dell’omicidio
te. E doloroso. Troppo per chi,
come Marianna Presta, non ce
l’ha fatta a raccontare i terribili attimi di quella giornata in
cui ha assistito all’uccisione del
fratello. Seduta al banco dei testimoni, Marianna inizia a
piangere a dirotto. Il suo avvo-
ROGLIANO
i precedenti litigi tra i due),
l’estrazione della pistola,
l’esplosione del primo colpo
andato a vuoto e poi il secondo
che, invece, centra in pieno la
vittima sotto la scapola sinistra,
il barcollamento del giovane
Presta, il suo ingresso nel negozio dove, infine, cade esanime.
A proposito dei precedenti, il
pm ha chiesto l’acquisizione
agli atti del processo in cui la
vittima, stavolta, era imputato
di lesioni insieme a due suoi
amici, Gaetano Damiani e Stefano Bianchi i quali, sempre a
causa di un parcheggio, ingaggiarono una lite con Aldo De
Marco in cui questi ebbe la
peggio. È proprio questo episodio che fa pensare ad una
vendetta personale da parte
dell’attuale imputato. La prossima udienza è fissata all'8
marzo.
LUIGI GUIDO
[email protected]
SAN GIOVANNI IN FIORE
Ospedale, la rabbia di Gallo
«E’ una vera vergogna»
OSPEDALE Il Santa Barbara di Rogliano
Il sindaco di Rogliano scandisce, «con ogni matura consapevolezza», la parola: vergogna. Gallo, «responsabilmente», esprime così tutta la sua legittima indignazione sullo
«stato penoso» in cui è costretto ad operare l’ospedale “Santa Barbara” di Rogliano. E denuncia: «La seduta operatoria
per interventi ortopedici programmata per giovedì scorso,
da quanto si è appreso, è saltata per mancanza di farmaci;
grosse difficoltà si registrano
sulle attività del reparto della
Dialisi».
«La contestazione - dice - va
a fare volume con le altre di cui
è ricca l’antologia di questa
sconcertante vicenda. Vergogna. Non ho altro modo per
classificare quanto sta avvenendo nel nostro ospedale se
non con la parola sillabata: vergo-gna». I più recenti “tagli” riservati al presidio ospedaliero
di Rogliano sono praticamente
ad incidenza zero sulle economie imposte dal Piano di rientro, «tuttavia - spiega Gallo sono destinati a fare terra bruciata attorno al nosocomio». A
suo giudizio,«evidentemente,
cato difensore, Lucio Esbardo,
chiede e ottiene perciò la dispensa della testimonianza
mentre al pm e alla Corte è bastato acquisire, a titolo di prova, il verbale di sommarie informazioni redatto nel giorno
dell’omicidio. Stessa cosa per
la giovane commessa che, all’epoca dei fatti, lavorava nel
negozio di Marianna Presta.
Anche lei, testimone oculare
dell’omicidio, inizia a piangere
in aula. Anche nel suo caso bastano le dichiarazioni verbalizzate un anno fa. Ma quella di
ieri è stata soprattutto l’udienza delle immagini, quelle catturate dalla telecamera a circuito
chiuso che lo stesso De Marco
aveva installato a presidio del
proprio negozio (un laboratorio per la riparazione di elettrodomestici che, si ricorda, era
proprio attiguo al negozio d’abbigliamento della vittima). A
commentare i fotogrammi
tratti dal video è toccato al tecnico incaricato dalla Procura,
il quale confermava alla Corte
la drammatica sequenza dell’azione di sangue portata a termine da De Marco: la lite per il
parcheggio (che certamente
covava già sotto la cenere, visti
lo vogliono inefficiente per
chiuderlo, e questo perché non
hanno il coraggio di farlo definitivamente con qualche plausibile motivazione. Qui on si ha
rispetto più di nessuno. Tutto
questo è insopportabile alla luce pure delle roboanti promesse fatte che gridano all’ennesima presa in giro». Il comitato
“pro ospedale” incassa il sostegno dell’amministrazione comunale. Il presidente Mario
Mazzei, rende noto di avere
convocato una riunione per
questa sera. E ne segna gli
obiettivi: «Ci sarà una mobilitazione popolare di protesta.
La stiamo predisponendo in
modo che la comunità intera
possa esprimere la propria opposizione nei confronti dei vertici dell’azienda ospedaliera,
che ha messo la il comparto in
una situazione drammatica,
non solo a Rogliano. Intanto,
dopo tanti giorni, registriamo e
bolliamo come ingannevoli le
argomentazioni portate dall’Azienda ospedaliera a sostegno del trasferimento degli uffici amministrativi da uno stabile che li ospita in fitto, con canone sottodimensionato rispetto al mercato, all’interno
dell’ospedale».
Mario Massimo Perri
Emettevano fatture false
Denunciate cinque persone
La Guardia di finanza di Cosenza sequestra un manufatto e denuncia per truffa aggravata cinque persone per indebita percezione di contributi pubblici nel settore agricoltura per un valore di oltre 365mila euro.
I finanzieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Cosenza, in collaborazione con i colleghi del
nucleo di polizia tributaria,
hanno dato esecuzione al
provvedimento di sequestro
di un manufatto, per l’equivalente di euro 365mila euro
circa, emesso dal tribunale
del riesame nei confronti del
rappresentante legale della
società cooperativa agricola casearia silana di
San Giovanni in Fiore, operante nel settore
della raccolta, prima lavorazione, conservazione di prodotti agricoli.
Il reato contestato agli indagati è quello di
truffa aggravata posta in essere dall’amministratore della predetta cooperativa, beneficiaria di contributi pubblici erogati dalla Regione Calabria e precisamente Por agricoltura 2000/2006 - parte feoga asse IV per
complessivi euro 484.121,91 per spese ammesse pari ad euro 968.243,82.
Le articolate e complesse investigazioni di
polizia economico finanziaria eseguite dalle
Fiamme gialle hanno permesso di scoprire
come il rappresentante legale della cooperativa, per ottenere l’erogazione dell’agevolazione in parola da parte della Regione Calabria, con artifici e raggiri
ha utilizzato tre fatture accertate gonfiate nell’importo
reale per complessivi euro
160mila, nonché dichiarazioni liberatorie false da parte di un fornitore con riguardo al pagamento delle fatture. Infatti, l’amministratore, unitamente al
vicepresidente della cooperativa e con la moglie di quest’ultimo, nonché al titolare di fatto della ditta fornitrice con sede in Poggibonsi (Siena) avrebbero simulato l’avvenuto pagamento dei predetti documenti contabili,
attraverso l’emissione di diversi assegni per
l’importo complessivo di euro 160mila assegni in realtà incassati dai menzionati soggetti.
ACRI
Il giallo delle auto blu: sono solo 2 e non 18
Trematerra smorza le polemiche: si tratta di una comunicazione errata
«Diciotto auto blu? Macché, il Comune ha appena due auto di rappresentanza e per giunta nemmeno
blu». A parlare è il sindaco ed eurodeputato, Gino Trematerra , che tra il
serio ed il faceto, ribatte alle informazioni pubblicate sui maggiori quotidiani italiani e addirittura divulgate
dal Tg3 nazionale.
«Non è il caso di polemizzare - dice Trematerra - ma occorre che sia ristabilita la verità». Quotidiani e tv,
però, hanno solo riportato una noti-
zia comunicatagli dal ministero della
Pubblica amministrazione e della
semplificazione che a sua volta ha appreso notizie dal Pra dell’Aci, ovvero
il pubblico registro automobilistico
che censisce tutte le auto in dotazione agli enti. Ebbene, come si evince
dal rapporto giunto nelle redazioni
dei maggiori media, in mancanza di
comunicazioni, gli enti con un parco
macchine superiore a dieci unità registrate al Pra, vengono inseriti nella
lista nera e considerati proprietari di
un determinato numero di auto blu.
Una scelta, quindi, dettata o da inadempienza o da comunicazioni errate. Nella realtà, però, non è affatto così. Il Comune di Acri, difatti, può contare su solo due auto di grossa cilindrata, che potrebbero rientrare nelle
cosiddette auto blu o di rappresentanza: una Fiat Croma ed un Audi A6,
poi vi sono piccole utilitarie, Fiat Panda, bus per il trasporto alunni, mezzi
pesanti per la raccolta dei rifiuti ed altri in dotazione all’ufficio tecnico. In
totale il parco auto del comune è formato da una quarantina di mezzi di
cui due di rappresentanza. Si tratta,
quindi, di un mero errore ma è bene
ricordare che lo scorso tre agosto, il
governo ha approvato un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per disciplinare l’uso delle autovetture nella pubblica amministrazione. Il decreto prevede una drastica limitazione del numero di assegnatari aventi diritto all’uso della autovettura di servizio ma soprattutto un
censimento permanente rendendo
obbligatoria la comunicazione in via
telematica dell’elenco delle cosiddette auto blu.
ROBERTO SAPORITO
[email protected]
28
MARTEDÌ 21 febbraio 2012
calabria
ora
J O N I O
Truffa all’Aima, si va in udienza
Ben quattrocento gli imputati coinvolti. Commerciavano agrumi inesistenti
JONIO Il processo per la truffa cine i faldoni presenti sui tavoli dei
all’Aima, in corso di svolgimento giudici e migliaia le pagine di atti
presso il tribunale di Palmi (Reggio processuali che solamente per legCalabria), prima sezione penale, nei gerle non basterebbe un anno. Corconfronti di alcune cooperative ruzione, frode, falsità in atto pubagricole, pur tra mille eccezioni ba- blico e associazione per delinquere
sate su prescrizioni intervenute, su sono reati di cui sono accusati gli
persone nel frattempo decedute, imputati. Un codazzo di avvocati
sulla competenza territoriale e su cui è stato concesso dieci giorni per
presentare altre
aziende “chiuse”,
non si arresta.
I fatti risalgono memorie difensive,
della data
Gli imputati coinal 2007 quando prima
della terza udienza.
volti, a vario titolo,
Tra i legali degli imsono circa 400,
la Finanza
putati
troviamo
gran parte di essi
smascherò
l’immancabile proappartenenti alla sila truffa
fessore Giovanni
baritide (Cassano,
Brandi Cordasco
Rossano e Corigliano) ed alcuni titolari di imprese Salmena con il suo vice Lucente, Piagricole insospettabili, probabil- sani e Fioravante, quest’ultimo somente all’oscuro di quanto avveni- stituto dell’avvocato Stella, perito in
va perché tramato alle loro spalle. un incidente stradale. I fatti della
La seconda udienza, sicuramente di truffa sono riferibili all’anno 2007
una lunghissima serie, è durata cir- quando gli investigatori della Guarca 11 ore ed è stata aggiornata ai dia di Finanza, dopo indiscrezioni
giorni 23 e 24 aprile prossimo. De- ambientali e dichiarazioni rese da
agricoltori esclusi da questo “giro”,
si sono appostati per fotografare un
via vai di camion che fingevano di
trasportare agrumi. A queste azioni
illegali sono legate un vertiginoso
giro di fatture false con iva evasa e,
in alcuni casi, incassata e mai versata. Insomma, un mal’affare che ha
portato quasi tutti questi imprenditori dinanzi ai giudici di Palmi. E,
«Discarica, nessun dialogo»
“Le Lampare” bocciano l’invito al confronto fatto dal vicesindaco
CARIATI Tiene banco, dopo l’ultimo consiglio comunale, la discussione
sulla discarica di Scala Coeli. Le dichiarazioni del vice sindaco Montesanto che
ha sottolineato la necessità «di un confronto ragionato e motivato con la Bieco», non sono piaciute al movimento
“Le Lampare”. «Crediamo sia superfluo
e inutile- affermano- cercare ancora il
dialogo con la ditta privata che tra le altre cose, avrebbe dovuto attuare, come
da progetto preliminare, una campagna
di sensibilizzazione verso i cittadini,
campagna di sensibilizzazione che non
si è percepita. Riteniamo sia paradossale- continuano- come alla fine di un iter
che si e’ basato su procedure prive di
qualsiasi forma di dialogo tra gli enti
istituzioni locali, provinciali, regionali, si
possa ora ancora cercare di dialogare
per “controllare” o “capire” “quali” rifiuti speciali siano da ricoverare in discarica». I giovani de “Le Lampare”
concordano, invece col presidente del
consiglio comunale Trento che «si è
"dissociato" dalla posizione del vice-sindaco, ed ha asserito la necessità di ricercare l’unità, rilanciando la sua netta contrarietà all'opera. Apprezziamo affermano- che l’assessore provinciale con
delega all’Ambiente e ai Nullaosta Paesaggistici abbia ribadito la necessità di
La discarica di contrada Pipino
difendere il territorio, denunciando i vari illeciti che ci sono stati nell’iter burocratico -procedurale, aggravati dal mancato coinvolgimento degli enti locali territoriali». Il movimento esprime inoltre
apprezzamento per «la irremovibile posizione di contrarietà alla discarica» assunta dalla minoranza consiliare e condivide quanto affermato dal consigliere
Mario Sero: «Questo problema non può
essere più ignorato. Questa lotta non la
si può lasciare solo nelle mani di comi-
tati spontanei e attivisti ambientali, in
un ambito come quello della difesa del
territorio, dell’ambiente, dei beni comuni, esponendo privati cittadini ad enormi rischi. E’ necessario che le istituzioni locali si assumano le proprie responsabilità, auspicando un coordinamento
politico con gli altri sindaci del comprensorio per dar maggior forza all'azione già svolta dagli attivisti». “Le Lampare”, dopo aver tra l’altro registrato «la
presa di posizione del sindaco, che, appreso dell'atto di sospensione dei lavori, reputa ancora più determinante che
si crei un clima di unità politica tra i diversi comuni e le diverse amministrazioni sul tema», ritengono importante
che «i comuni limitrofi prendano posizioni. Altrettanto importante è riuscire
a coordinarsi perché –ribadisconoquella di Scala Coeli è una battaglia popolare, una campagna territoriale da
Francavilla a Torretta; non è una situazione isolata, ma è una situazione simile a quella in cui versano molti altri contesti e molti altri cittadini. Ecco perchè
– concludono- riteniamo sia importante la condivisione delle lotte territoriali
in sintonia con i comitati e le associazioni».
MANUELA MONTESANTO
[email protected]
come spesso avviene, in questo giro vizioso pare vi siano anche funzionari regionali che si sarebbero
prestato al gioco, in cambio di “bustarelle”. Ovviamente tutto da dimostrare con le prove dei fatti. Si è
costituita anche L’Agea (Agenzia
per le erogazioni in agricoltura) che
ha il controllo dell’assegnazione dei
contributi che sono erogati dall’Unione Europea. Tra l’altro controlla anche il coordinamento di
tutti gli organismi pagatori e ha la
vigilanza su questi ultimi al fine di
garantire la coerenza della loro attività rispetto alle linee guida comunitarie. Una cosa è certa, la lunghezza della durata di questi processi dove, le forze dell’ordine e la
magistratura s’impegnano con
grande fatica, alla fine il loro impegno risulta vano per il sopraggiungere della prescrizione che salva
tutti.
ALESSANDRO ALFANO
[email protected]
lipambiente
«A spalare i metri di neve
c’eravamo anche noi»
BOCCHIGLIERO «A
Bocchiegliero, a spalare la
neve e a soccorrere i cittadini, c’eravamo anche
noi». È lo sfogo dei volontari della locale sezione di
Lipambiente – Protezione
civile, mirato a fare chiarezza su quanto accaduto
sul territorio nei giorni dell’emergenza. «Considerata
la mancanza di mezzi meccanici, il nostro gruppo ha
spalato a braccia i metri di
neve che si erano accumulati sulle strade e davanti
alle porte di tanti cittadini». Non solo. «Abbiamo
svolto – fanno sapere dall’associazione – un servizio
di assistenza costante e
completo alla popolazione
ed in particolar modo agli
anziani. I volontari si sono
fatti carico di acquistare i
beni di prima necessità,
compresi i farmaci, che sono stati poi consegnati alle
famiglie più disagiate. Addirittura, siamo stati impegnati a tagliare legna e rifornire i camini delle case».
Insomma, un lavoro encomiabile a trecentosessanta
gradi. «La nostra – aggiungono - non vuole essere
una critica, o un auto cerimonia delle cose fatte da
Lipambiente in questi giorni di neve. Serve, però, fare e dare merito ai tanti volontari, giovani e meno giovani, che in quei giorni di
grande difficoltà hanno lasciato le loro famiglie per
dare una mano a quanti
erano in difficoltà».
CERCHIARA DI CALABRIA
“La grande festa con Dacia”. Questo il titolo
delL’evento culturale vissuto domenica scorsa
dalla comunità cerchiarese che ha avuto come
ospite e protagonista Dacia Maraini. L’iniziativa, fortemente voluta dal sindaco Antonio Carlomagno, era rivolta a celebrare l’opera letteraria e teatrale della scrittrice, facendo memoria
di un altro importante autore italiano Pier Paolo Pasolini che alla Maraini fu legato da profonda amicizia. L’evento ha preso il via in mattinata a Piana di Cerchiara dove la Maraini, insieme alla scrittrice cariatese Assunta Scorpiniti,
ha presentato l’ultimo suo libro, appunto “La
grande festa”, edito da Rizzoli, attraverso una
conversazione a due che ha toccato momenti di
Una piazza dedicata a Pasolini
Dacia Maraini madrina dell’evento
rara intensità quando l’autrice ha svelato il suo
pensiero riguardo alla vita e alla morte, tra sogno e ricordi vivissimi di persone amate, come
il padre Fosco, la sorella Yuki, Alberto Moravia
e lo stesso Pasolini. Nel pomeriggio la stessa
Maraini ha fatto da madrina all’intitolazione
di una piazza a Pasolini nel cuore di CerchiaraCentro. E quindi, a seguire, l’intervento del sindaco Carlomagno sul valore dell’iniziativa, la
presentazione dell’opera dell’artista Ivan Donato, quindi, condotto da Loredana Martufi, il re-
cital “Sprazzi di poesie all’improvviso”. In serata, infine, presso la Chiesa di S. Antonio da Padova, è andato in scena lo spettacolo “ i Digiuni di Santa Caterina da Siena” scritto dalla stessa Maraini.
Con questo evento, dedicato alla scrittrice
conosciuta e tradotta in tutto il mondo, autrice di romanzi, poesie, saggi ed opere teatrali,
ma anche impegnata sul fronte dei diritti civili, “la città del pane” si conferma come luogo
amato e apprezzato da grandi autrici italiane
La Maraini con il sindaco Carlomagno
come Antonia Arslan e dove Dacia Maraini torna sempre volentieri.
Pino La Rocca
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