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La banda degli usurai: 10 arresti
Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Scopelliti annuncia un dossier sulle accuse del colonnello Giardina Addio al Nobel calabrese Dulbecco La maggioranza fa quadrato Consiglio regionale rinviato Domani avrebbe compiuto 98 anni Cordoglio unanime GIUSEPPE BALDESSARRO e GIOVANNI VERDUCI a pagina 8 a pagina 9 Il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti Martedì 21 febbraio 2012 www.ilquotidianodellacalabria.it Renato Dulbecco Cosenza. L’operazione “Beta” nata dalle denunce delle vittime: imprenditori e pensionati La banda degli usurai: 10 arresti Applicavano tassi dal 10 al 40% per un giro di affari in un anno di 500mila euro Il nuovo romanzo Nella morsa dell’organizzazione finito anche un politico La saga calabrese di Carmine Abate IMPRENDITORI, pensionati e anche un politico in difficoltà economiche finiscono nella morsa di una banda di usurai a Cosenza. Tassi dal 10 al 40 per cento per un giro di affari di 500mila euro in un anno. Le vittime denunciano e l’organizzazione viene sgominata. Dieci persone ieri sono finite agli arresti. Apriamo l’uscio e riprendiamoci la vita di ANGELO CANNATÀ “CI sono momenti nella vita di un uomo in cui bisogna decidere da che parte stare.” Cesare Luporini spiega così l’attimo (il momento) il cui continua a pagina 20 ROBERTO GRANDINETTI e ANDREANA ILLIANO alle pagine 6 e 7 Carmine Abate F. SORGIOVANNIa pagina 50 Il colonnello Ferace, il procuratore Granieri e il colonnello Franzese in conferenza stampa illustrano l’operazione (foto Tosti) La denuncia Rai, clausola antigravidanza nel contratto dei consulenti a pagina 3 Tre foto e una mimosa Stefanaconi, freddato con tre colpi mentre era nel giardino di casa Il corpo di Giuseppe Matina La vittima nipote di un uomo ucciso a settembre 2011 GIANLUCA PRESTIA a pagina 15 La ribellione dei sentimenti e del cuore di GIUSEPPE LAVORATO ADERISCO all'appello per dedicare l'8 marzo a Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce, Lea Garofalo e, con esse, a tutte le donne che hanno continua a pagina 20 Il ministro Severino intervenuta alla cerimonia a Palmi. A Reggio assegnato un immobile confiscato Sombrero Parità IN una scuola vicino a Vicenza due ragazzi sono stati sorpresi a far l'amore nei bagni: il preside li ha sospesi, ma alla femmina ha dato una punizione maggiore che al maschio. Dieci donne ogni mese vengono ammazzate, in Italia, da mariti, fidanzati, ex e padri: l'omicidio domestico è una delle cause di mortalità della donna. Direte: queste due notizie non sono collegate. E invece sì. A bloccare il compimento dell'uguaglianza fra i sessi c'è la morale tradizionale. Nelle tradizioni antiche c'è del bello, ma anche tanta atavica ingiustizia che va sradicata una volta per tutte. Un’aula del Tribunale dedicata al giudice Scopelliti C’ERA il ministroSeverino alla cerimonia di intitolazione di un’aula del Tribunale di Palmi al giudice Scopelliti. A Reggio assegnato un bene confiscato. ALBANESE, GALATÀ e GRILLONE a pagina 13 20221 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 18 - N. 51 - € 1,20 In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. 6 Primo piano Martedì 21 febbraio 2012 Primo piano 7 Martedì 21 febbraio 2012 La tesi dell’accusa, che aveva chiesto il carcere per tutti Operazione Beta Ora si indaga per risalire al «livello superiore» A Cosenza 10 arresti. Il procuratore «Siamo partiti dalle denunce» di ROBERTO GRANDINETTI Sotto strozzo pure i pensionati Piccoli imprenditori, politici, anziani vittime di aguzzini Applicato un tasso di interesse dal 10 fino al 40 per cento di ANDREANA ILLIANO nacciato. Non esce di casa. Teme per la vita della sua famiglia. Gli usurai mostrano le pistole (i carabinieri ieri hanno anche sequestrato delle armi) per incutere timore e riescono nell’intento, lo si comprende dalle intercettazioni. Le storie si intrecciano e sono tutte simili. Lo scenario è agghiacciante, ed è questo che viene fuori dall’indagine “Beta”, che ieri ha portato ai dieci arresti. L’inchiesta partita nel 2010, condotta dai carabinieri del Reparto operativo di Cosenza, diretto dal colonnello Francesco Ferace, è stata coordinata dalla Procura di Cosenza. A seguire, passo dopo passo le indagini, sono due Pm, Giuseppe Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava e il Gip, Francesco Branda l’altro giorno, ha firmato l’ordine di custodia cautelare (sei in carcere e quattro ai domiciliari), dopo la richiesta del procuratore di Cosenza, Dario Granieri. Tra gli arrestati c’è anche un parente di Giuseppe Ruffolo, un pregiudicato di 33 anni, ucciso lo scorso anno a Cosenza, l’uomo fu assassinato il 22 settembre scorso mentre era alla guida della sua auto. Aveva precedenti penali per usura. Il procuratore Dario Granieri ieri, al comando provinciale, ha illustrato l’operazione e ha detto senza dubbi: «L’usura è una vera e propria piaga per l'economiaed il sensocivile nella città di Cosenza e nel suo hinterland». Altre inchieste, altre indagini Granieri «Questo è il vero cancro della città» hanno visto la magistratura cosentina occuparsi di questo tipo di reato, nelle ultime settimane. Stavolta però c’è chi alza la voce. Chi denuncia. È scritto nell’ordinanza di arresto, una volta giunta la prima segnalazione i militari, attraverso intercettazioni riescono ad ottenere la fiducia di altre vittime che raccontano la propria storia. E il procuratore lo dice chiaramente: «Il peso specifico del lavoro portato a termine è dato dalla circostanza che le persone vittime degli usurai hanno fornito una collaborazione rilevante nel corso delle indagini. È stata un'attività investigativa complessa, svolta con le più sofisticate tecniche d'indagine e che ha consentito di interrompere un'attività odiosa che da tempo soffoca il tessuto imprenditoriale del cosentino, rovina la vita di molte imprese e di tante famiglie. Occorre un moto di risveglio. Gli operatori economici devono reagire, avere il coraggio di denunciare. Bisogna avere fiducia nelle istituzioni». Ferace, ilcolonnello deicarabinieri, ha invitato ad altre denunce, quelle estorsive. Il punto è che questo potrebbe essere il primo tassello verso altre indagini. Gli arrestati ieri sono: Lorenzo Ruffolo, di 52 anni e su amoglie Anna Squillace (50), entrambi di San Pietro in Guarano; Davide Caligiuri (49), di Celico, e Giovanni Bruni (52), Francesco Ruffolo (37), Ennio Bruni (71), Alfonso Pichierri (53), Carmine Pietro Sapia (54), Francesco Ruffolo (60) e Pasquale Placido (64), tutti di Cosenza. «Sei un morto che cammina «Io sparisco stamattina sono andato a sparare» mi ammazzo» COSENZA - Una donna, Anna Squillace, moglie di Lorenzo Ruffolo, entra a tutto campo nell’operazione. E in un’intercettazione appare, come dietro ai dieci arresti, ci sia un sodalizio vero e proprio. Gli indagati sono accusati di usura in concorso, ma non in associazione. Il telefono della donna infatti il 10 dicembre del 2010 viene usato da suo marito, Lorenzo Ruffolo che chiama una delle sue vittime a cui ha dato settemila euro che rivuole indietro con più 700 euro e, nell’intercettazione, dice: «Questi 250 euro al mese me li vuoi dare giustamente come Dio comanda». Poi larvatamente minaccia l’uomo, asserendo che l’eventuale rottura del rapporto fiduciario con il medesimo avrebbe significato trovare porte chiuse ovunque «se te la guasti con me, te la guasti con tutti», testimoniando, a detta dei carabinieri, la compartecipazione di un sodalizio compatto sia nelle scelte che nelle decisioni. C’è di più, il marito di Anna Squillace, alla sua stessa vittima riferisce di essersi allenato con una pistola. La minaccia a dire il vero è chia- rissima, Lorenzo Ruffolo dice: «Questa mattina sono andato a sparare come nu ciatu». La vittima, che indichiamo con l’iniziale I. ribatte: «Non ho capito». L.R. : «Sono andato a sparare come uno scemo». I.: «Questa mattina?» L.R. «Hai capito bene». L.R.: «Se te la guasti con me te la guasti con tutti. E un amico.. è un morto che cammina». I. «Ma figurati io me la voglio guastare con te? Ma no...». Quando l’imprenditore non riesce a pagare la cifra pattuita (500 euro al mese) entra in gioco anche la moglie, Anna Squillace che invita I. a recarsi presso la sua abitazione di San pietro in Guarano, con la scusa che il marito, sottoposto agli arresti domiciliari, desiderava salutarlo. La vittima dell’usura I. dichiarava ai carabinieri: «Ho avuto in prestito da Francesco Ruffolo, la somma di 1.500 euro in contanti all’incirca nel mese di settembre - ottobre del 2010 con l’accordo che avrei dovuto pagare tre rate da 650 euro, pe run totale di 1.950 euro, dei quali 450 euro di interessi». COSENZA - Il nome dell’operazione “Beta”non è altro che il soprannome di uno degli arrestati, Alfonso Picchieri che appare in molte intercettazioni. F.A. è una delle vittime di usura che ha a che fare con l’indagato chiamato appunto Beta. lo conosce tramite un intermediario. Ha bisogno di soldi. Prima 4.000 euro. Poi la cifra sale. Non riesce a coprire il debito. L’uomo viene chiamato al telefono in continuazione. Confessa che appena vede sul cellulare la scritta “numero privato” pensa ai suoi aguzzini. È come impazzito. Non sa come andare avanti e in una intercettazione ambientale in auto con Alfonso Pichieri dice: «Dove li faccio questi soldi, a 50, a 100 euro, non c’è niente in giro. Devi avere pazienza, che mi vado a prendere i soldi. Non me ne da’più nessuno». La telefonata finisce. F.A. è diretto a Cosenza, deve incontrare Picchieri e ormai parla da solo, le sue dichiarazioni sono le più terribili, in auto andando verso Cosenza per incontrare Picchieri afferma: «Io sparisco, io me ne devo uscire, io non ce la faccio più. Altrimenti mi vado ad ammazzare, sopra a Dio, mi vado ad ammazzare, non ce la faccio più ad essere chiamato». L’arresto di Alfonso Picchierri detto Beta | L’INTERCETTAZIONE | «Voglio buttarmi giù dal balcone» COSENZA - Chi chiede soldi al- faccio...credimi non ce la facla consorteria criminale, è di- cio». Ennio Bruni annuisce. Consperato. Minaccia di ammazzarsi e non è retorica. Lo spac- cede tempo, ma forse lascia incato di disperazione viene fuori tendere qualcosa ed ecco che anche dalle intercettazioni, te- l’imprneditore finito sul lastrilefoniche ed ambientali, che i co aggiunge: «Solo il pensiero carabinieri raccolgono tra le mi distrugge, adesso, ce la faccio. Solo il pnesiero mi distrugstesse vittime degli strozzini. Chi denuncia lo fa soprattut- ge e gli do 2.000 e 1.500 così per to, quando si trova di fronte a un mese stanno zitti. Ok?». Ennio Bruni(detto lo Sceicprove schiaccianti, quelle raccolte dai carabinieri, impegna- co) concorda. E F.A. aggiunge: ti nell’operazione «venerdì mattina ti Beta. do’ mille euro, penLa storia di F.A. so pure gli altri, fai è emblematica. Il fare a me che non ce 23 gennaio scorso la faccio questo meparla con un interse». mediario, uno dio F.A., la vittima quegli che negli dell’usura ammetanni lo ha messo te: «Alfonso Picin contatto con gli chieri, detto Beta o usurai e dice: “amico del giagua«Non rompo il ro” lo conosco da 4 c...a nessuno però 5 anni, avrebbe dosono arrivato. vuto prestarmi Non ce la faccio L’arresto di Ennio Bruni somme di danaro. più. ContinuaNel 2010 mi diede mente ho voglia di 10.000 euro. Il debuttarmi dal balbito con gli interescone, non ho niensi andava estinto, te. Non valgo nienin quanto dovevo te». corrispondere F.A. ha avuto bi1.500 a titolo di insogno di soldi nel teressi mensili, che tempo. Ha cercato ho pagato per alcugli strozzini nel tempo. Non riesce a pagare le ni mesi, fino a quando non sarei rate. Va a Milano. Cerca aiuto in riuscito a restituire il capitale. un finanziamento pubblico. Poi non sono riuscito più a corPrende tempo. Ma non regge. E rispondere quanto pattuito con dice in una telefonata all’inter- il Picchieri e il debito è aumenmediario non smette di piange- tato in modo esponenziale fino re e dice: «Ho sbagliato, ammes- a raggiungere la cifra di so pure di aver sbagliato, ma ca- 22.000 euro, pattuendo la conpisci no? Mi sono rovinato la vi- segna di 3.300 euro ogni mese. ta. Non ho un centesimo in ta- somma che doveva contreggiarsi quale decurtazione del sca». F.A. in un’intercettazione capitale fino ad estinzione del con Ennio Bruni, uno degli ar- debito». Il piccolo imprenditore però restati, dice: «Probabilmente domano, dopo domani, vado a non ce la fa. Il suo intermediaRoma, che mi hanno sbloccato rio, poi indagato, Attilio Gaun poco di soldi per cui gli pos- gliardi afferma di essere a coso dare tutti i duemila e cinque, noscenza del debito contratto e così stiamo un mese in santa ribadisce: «Il mio intervento è pace, poi dopo, penso che mi avvenuto per sola amicizia». sbloccano tutto...poi...non ce la and.ill. Il debito di 10mila euro diventa di 22mila IL CASO Il politico vittima: «Avevo bisogno di soldi per la campagna elettorale» ANCHE un politico, un consigliere comunale, nell’indagine Beta, condotta dai carabinieri e che ha portato a dieci arresti, a Cosenza. La vicenda è quella del consigliere comunale Roberto Sacco, tra le presunte vittime di “Beta”, l’operazione antiusura condotta ieri dai carabinieri su direttive della procura di Cosenza. Come responsabili vengono qui indicati Francesco Ruffolo (classe ‘52) e Pasquale Placido. A quest’ultimo (difeso dall’avvocato Ugo Le Donne) la relativa ordinanza con la quale gli sono stati applicati gli arresti domiciliari è stata notificata alle primissime luci dell’alba di ieri. «In concorso tra loro - si legge nel relativo capo di imputazione redatto dai pubblici ministeri Giuseppe Cava e Giuseppe Francesco Cozzolino - si facevano promettere da Sacco Roberto, a fronte di un prestito di denaro di euro 7.500, un interesse mensile pari ad euro 750, corrispondente al tasso del 10%, facendosi consegnare - oltre al capitale anche - interessi per un importo complessivo di euro 5.250». Il politico ha detto ai carabinieri: «Nel mese di febbraio 2011 ho avuto necessità di disponibilità economiche per finanziare l'imminente campagna elettorale per le elezioni comunali che si sono svolte nella primavera dello stesso anno e, pertanto mi rivolsi a Pasquale Placido, che conoscevo da circa dieci anni, per arrivare a Francesco Ruffolo». L’operaio teme per la sua vita dopo aver subito minacce dall’usuraio con la pistola Picchiato a sangue, poi denuncia L’intermediario alla vittima: «Sei infame, non sperare che l’Arma ti aiuti» COSENZA - Chi non pagava veniva picchiato a sangue. Gli strozzini mostravano loro armi, li minacciavano di morte. Una delle storie che viene fuori dalle indagini è quella di G.R. che ammette, dopo aver ascoltato le intercettazioni telefoniche compiute dai carabinieri (diretti dal colonnello Francesco Ferace e dal colonnello a capo della compagnia Vincenzo Franzese) che hanno condotto l’indagine Beta, di essere stato vittima di usura da parte di Lorenzo Ruffolo, Davide Caligiuri, Giovanni Bruni (tutti indagati nell’indagine, voluta dai sostituti procuratori, Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava, diretti dal procuratore Dario Granieri) ). L’uomo racconta che nel mese di ottobre del 2009, versa in condizioni di difficoltà economica e si rivolge a Lorenzo Ruffolo per il tramite di Davide Caligiuri, per chiedergli un prestito in danaro. L’indagato acconsente e, dopo aver ricevuto a titolo di garanzia, un assegno bancario dell’importo di 4mila euro, con scadenza novembre 2009, gli consegna la somma contante di 3mila euro, trattenendo sin dall’inizio la somma di mille euro, a titolo di interesse. Mesi dopo l’uomo non riesce a portare a termine il pagamento della cifra e chiede altri soldi, oltre diecimila e dentrano in gioco gli altri usurai. Il debito lievita. E partono le minacce. Il 20 dicembre scorso la donna della vittima dell’usura racconta ai carabinie- Il colonnello Francesco Ferace, il procuratore Granieri e il colonnello Franzese ri: «Il mio convivente nel marzo del 2010 è rincasato all’ora di pranzo e aveva l’orecchio destro sanguinante. Gli chiesi spiegazioni. Mi disse che si era infortunato su un cantiere edile. Anche nel mese di maggio del 2010 ricordo che un pomeriggio, allorquando G. fece rientro a casa, notavo che aveva il viso arrossato e lamentava dolori alla spalla destra. Pure in questo caso mi disse che si era infortunato sul lavoro». La donnascopre poida suasuocera che il suo convivente è vittima di usura. Per pagare. G.R. ven- de la propria auto per una manciata di migliaia di euro. I tre che hanno a che fare con G.R. però pensano di essere intercettati e in un incontro con la loro vittima gli consegnano un bigliettino consu scritto: «Non parlare in machina». Poi uno di loro si alza la maglia e gli mostra una pistola. A G.R. i suoi aguzzini chiedono di non usare il telefonino, ma di chiamarli solo da cabine pubbliche edi usare uncodice peri soldi, come quello di «bidoni di pittura» per indicare le somme da restituire. G.R. è così disperato che si ri- «Deve finire questo schifo non esco più ormai» volgeasuamadre. Glichiedeisoldi della pensione. Quando gli aguzzini capiscono che forse sono intercettati, aumentano le minacce. E Davide Caligiuri, uno degli indagati dice a G.R.: «Mi hai rovinato, tu sei andato a fare la denuncia dai carabinieri, che sei un pentito e non sperare che i carabinieri ti aiutino, attenzione a quello che fai, guardati sempre le spalle, che le cose si sono messe male, per te, tu non mi devi più rivolgere la parola, perchè sei un infame, mi hai denunciato ai carabinieri». Davide Caligiuri compare come una sorta di “intermediario” di “quelli di Cosenza”(che sarebbero Francesco Ruffolo e Giovanni Bruni, figlio di Ennio detto “lo sceicco”), Caligiuri afferma che è lui la garanzia di G.R. e per non avere problemi addirittura chiede soldi ai suoi familiari. Lo scenario appare come una rete vera e propria fatta da intermediari, magarisenza precedentipenali chea loro volta ci guadagnano, mettendo in contatto quelli di Cosenza con piccoli imprenditori anche dellaprovincia. Iltasso diinteresse per chi chiedeva soldi era anche superiore al 40 per cento. G.R. che ha un’attività edile non sa come tirarsi fuori da questa storia e registra le conversazioni e confessa al suo intermediario, Davide Caligiuri: «deve finire questo schifo. Io ho paura. Non sto uscendo. Neanche a mia moglie la sera faccio uscire». and. ill. Da sinistra: i pm Giuseppe Cava e Giuseppe Cozzolino versi anni - ed in modo piuttosto stabile nell'attività usuraria sino al punto da risultare completamente “asservite” alle volontà dei rispettivi aguzzini, i quali, facendo leva sulla gravissima condizione di precarietà economica e bisogno delle vittime, provvedevano ad “irretirle” riducendole in una situazione di completa dipendenza economica e profonda disperazione psicologica. Si pensi, ad esempio, ai propositi di suicidio manifestati, più volte, da alcune vittime dell'attività illecita ed all'estrema disperazione emersa nel corso di alcune conversazioni intercettate». I magistrati hanno evidenziato «che i modestissimi redditi “leciti” dichiarati dagli indagati ai fini fiscali, a fronte delle considerevoli disponibilità finanziarie e patrimoniali risultanti nella loro disponibilità, lasciano fondatamente ritenere che l'attività illecita si ponga per gli stessi come fonte principale di approvvigionamento in grado di assicurare l'acquisizione di cospicui utili ed incentivare, così, il prosieguo dell'attuale sistema illecito di vita». Cava e Cozzolino hanno inoltre scritto che «l’estrema attualità dell'attività illecita, tale da rendere particolarmente urgente la misura cautelare, discende in maniera lampante da alcune conversazioni nel corso delle quali si dava pienamente contezza dell'esistenza di ulteriori episodi usurari coinvolgenti vittime non ancora individuate e rispetto alle quali l'attività illecita ad opera degli indagati risulta tuttora in corso». E così «appare vivissimo il pericolo che gli indagati, se lasciati in libertà, possano non solo commettere ulteriori reati della stessa specie ai danni delle vittime già accertate e di quelle in corso di identificazione ma anche protrarre l'attività usuraria in atto con riguardo ai rapporti già pendenti». Per i due pm, dunque, «in ragione della particolare gravità dei reati commessi e dell'allarmante personalità dimostrata dagli indagati, le prospettate esigenze cautelari non possono, allo stato, essere adeguatamente soddisfatte con una misura meno afflittiva della custodia cautelare in carcere nei confronti di tutti gli indagati, anche in ragione della necessità di recidere immediatamente ogni possibile contatto degli stessi con il contesto criminale - verosimilmente ben più ampio di quello finora emerso - in cui risultano stabilmente inseriti. Del resto, si consideri che il numero impressionante di reati di evasione commessi da Ruffolo Francesco (classe '52) ben sette finora - dimostra indiscutibilmente l'incoercibile insofferenza, da parte del predetto, verso qualsiasi forma di limitazione della libertà personale la cui attuazione postuli una qualche “collaborazione” del destinatario e, quindi, l'impossibilità di accordare al detto indagato quella “fiducia” sottesa alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Ruffolo Lorenzo, poi, come emerso da alcune intercettazioni, non solo continuava ad impartire direttive alla moglie durante il periodo di detenzione carceraria, ma una volta ottenuti gli arresti domiciliari incontrava liberamente le vittime per riscuotere le rate mensili dei prestiti usurari». L’ipotesi dei pm è stata sostanzialmente avallata dal gip, che ha mandato in carcere sei dei dieci indagati. Per gli altri quattro arresti domiciliari. Ma le indagini - come abbiamo visto - non finiscono qua. Ora tocca al «livello superiore»... E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro COSENZA - «Mi ammazzo, se continua così», lo dice in un’intercettazione telefonica unavittima dell’usura. Accade a Cosenza. Le denunce partono da sei, sette imprenditori, operai e pensionati, (c’è anche un politico: un consigliere comunale della città dei Brutii), che hanno bisogno di soldi e li chiedono ad una consorteria criminale che applica un tasso di interesse che varia dal 10 al 40 per cento. Il giro d’affari, in un anno, è di circa 500mila euro. Entrare nel giro d’usura è facile: ci si rivolge ad intermediari, che a loro volta guadagnano in percentuale, portando le facili prede agli usurai “quelli di Cosenza”. In alcuni casi le cifre richieste agli aguzzini sono irrilevanti: servono per mangiare, per comprare medicine, per pagare l’affitto. I presunti dieci usurai ed estorsori, arrestati ieri, nell’ambito dell’operazione “Beta”, (il nome è presa da un soprannome di uno degli indagati, Alfonso Picchieri) hanno l’abitudine di vessare le loro vittime, quando queste non riescono a pagare la cifra pattuita. Pensionati, operai edili, piccoli imprenditori in fallimento sono terrorizzati, c’è chi vende la propria auto, chichiede isoldi dellapensione ai suoi genitori, chi minaccia di ammazzarsi. Chi non paga viene picchiato, anche a sangue. Si sente seguito. Mi- COSENZA - I pubblici ministeri Giuseppe Francesco Cozzolino e Giuseppe Cava avevano chiesto la custodia cautelare in carcere per tutti gli accusati. «L'ulteriore stato di libertà degli indagati - avevano scritto i due magistrati bruzi nella relativa chiesta di applicazione - rischierebbe in concreto di vanificare il prosieguo delle attività di indagine anche con riferimento all'identificazione di ulteriori correi nell'attività criminosa, la cui esistenza, lungi dall'essere frutto di una mera supposizione, trova anch'essa puntuale riscontro in alcune conversazioni dalle quali emerge, in maniera inquietante, con riferimento ad alcune vittime, l'esistenza di situazioni debitorie nei confronti anche di altri finanziatori nonché, e soprattutto, il coinvolgimento nei fatti per cui si procede anche di terze persone costituenti un “livello superiore” rispetto a quello finora emerso». Soffermandosi «sulla gravità dei fatti commessi» e sulla «allarmante personalità degli indagati» i pm hanno inoltre scritto che «la pluralità di reati di usura ed estorsione posti in essere dagli indagati» è «sintomatica di un modus operandi altamente professionale acquisito dagli aguzzini in grado di assicurare loro una fitta rete di contatti con un imprecisato numero di vittime così da garantire una impressionate continuità di azione nel tempo ed un'indubbia capacità di espansione dell' attività illecita». Sempre a detta di Cozzolino e Cava «l'attività delittuosa dimostrava la sua estrema gravità allorquando alcuni indagati non esitavano a ricorrere a concreti atti di intimidazione - talvolta anche fisica - nei confronti dei clienti particolarmente “morosi”; circostanza, questa, che rendeva ancor più temibile agli occhi delle vittime l'attività posta in essere ai loro danni. A rendere ancor più preoccupante la vicenda - è stato scritto a tal proposito dai due pm bruzi contribuisce la circostanza che alcuni degli indagati dimostravano una particolare dimestichezza con le armi comuni da sparo, come emergeva in occasione dell'arresto in flagranza di Bruni Giovanni - presso la cui abitazione venivano rinvenute addirittura 3 pistole - e Ruffolo Lorenzo». Non in ultimo i pm hanno ricordato che «alcune vittime del reato sono coinvolte già da di- Martedì 21 febbraio 2012 Il caso politico Consiglio regionale rinviato a giovedì prossimo Una relazione sulle accuse di Valerio Giardina Scopelliti annuncia un dossier La solidarietà di Alfano. E Gentile chiama a raccolta le file del Pdl nazionale | IL DOCUMENTO | La maggioranza di centrodestra fa quadrato attorno al suo presidente della giunta di GIOVANNI VERDUCI REGGIO CALABRIA - Stavolta sarà il governatore Scopelliti a presentare la sua “informativa”. Cambierà il teatro ma non gli attori principali. Il presidente della giunta regionale calabrese, infatti, sarà in aula prima di tutto per offrire aicalabresi lasua versionedei fatti, per rispondere ad una settimana di distanza a quanto raccontato dal colonnello Valerio Giardina durante la sua ultima deposizione nel processo “Meta”, e lo farà dal suo scranno in consiglio regionale. Giuseppe Scopelliti sente il bisogno di sfogarsi, dopo quelli che lo stesso governatore calabrese ha ritenuto essere “attacchi gratuiti” da parte di un ufficiale dell'Arma che a Reggio Calabria ha segnato alcune delle pagine più importanti nella lotta alla criminalità organizzata e, anche per questo, ieri pomeriggio ha praticamente “paralizzato” i lavori del consiglio regionale. Il tempo non era dalla parte di Scopelliti. Il presidente della giunta regionale poco prima delle diciassette ha lasciato palazzo “Campanella”, senza nemmeno entrare in aula, per prendere un volo alla volta della Lombardia per incontrare Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano e discutere con loro dei congressi del partito e del tesseramento. Così la seduta, convocata per le tredici per consentire alle massime autorità regionali di partecipare alle iniziative organizzate per l'arrivo del ministro della Giustizia in provincia di Reggio Calabria, è durata poco più di dieci minuti. Giusto il tempo di leggere i verbali della seduta precedente, di esprime il cordoglio REGGIO CALABRIA - I consiglieri regionali di maggioranza, gli assessori ed i sottosegretari al termine della riunione odierna del Consiglio regionale hanno espresso piena fiducia al Presidente Scopelliti. «Ci sentiamo totalmente coinvolti nel processo di cambiamentopostoin esseredalPresidente- sileggein una nota - nella consapevolezza che la sua azione è da sempre improntata al rispetto della legalità e al contrasto assoluto della criminalità organizzata. Ciascuno di noi si sente colpito in prima persona dagli attacchi privi di fondamento indirizzati a Scopelliti. Ci riferiamo espressamente alla testimonianza del colonnello dei Carabinieri Valerio Giardina, resa venerdì scorso nell'ambito di un processo relativo a vicende passate che non hanno mai visto coinvolto il Presidente Scopelliti e che appare orientata a delegittimarne la sua immagine e tutto ciò che la sua azione politica ed amministrativa rappresenta». Nella nota, poi, i consiglieri di maggioranza fanno un elenco delle attività poste in essere dalla giunta Scopelliti. «In soli 22 mesi questo Governo regionale - si legge ancora - ha eliminato sprechi e privilegi. Per la prima «Una testimonianza per delegittimare la sua immagine» della Calabria per la morte del premio Nobeldi originicatanzaresi Renato Dulbecco, rispettare unminuto disilenzio in onore dello scienziato, timbrareil cartellinoe, adistanza di sei ore dall'orario di convocazione, rimandare la discussione alla sedutadel prossimo giovedì. Ma i consiglieri regionali, non tutti per la verità, non se ne sono stati con le mani in mano. Il loro pomeriggio, infatti, è stato scandito da estenuanti riunioni di gruppo. Quelli della maggioranza si sono rinchiusi all'interno del- la sala “Levato” per quattro lunghe ore, insieme a Scopelliti hanno cercato di trovare la quadra per assecondare le richieste del governatoree individuare un modo per stabilire un “contatto” con l'altra anima del consiglio regionale. Nelle stesse ore il gruppo di minoranza si incontrava con i rappresentanti della Cgil, che dal mattino erano in sit-in davanti palazzo “Campanella”, per raccogliere le lamentele dei sindacati sul settore dei trasporti, renderle proprie e darne sfogo in aula. Ma queste intenzioni sono rimaste tali. | di GIUSEPPE BALDESSARRO REGGIO CALABRIA - E’ dura la reazione del Governatore Giuseppe Scopelliti alle dichiarazioni rese in aula, nel corso del processo “Meta”, dal colonnello Valerio Giardina. L’ufficiale lo indica come parte di un gruppo di potere «massonico-mafioso» e il Presidente della Calabria passa al contrattacco affermando che le persone che indica come suoi possibili sodali in realtà sono suoi nemici storici come dimostra l’ordinanza del Gip Baudi di Catanzaro sul famoso “Caso Reggio”. Un’inchiesta svolta nel 2003 da Luigi De Magistris che fu sconfessata dai giudici, in gran parte prima di arrivare in un’aula di processo. e definitivamente chiusa dalle conseguenti archiviazioni. Mettendo da parte eventuali responsabilità di natura giudiziaria, quell’indagine fotografava la campagna elettorale del 2002 e i primi mesi in cui Scopelliti divenne sindaco di Reggio Calabria per la prima volta. Le microspie della Squadra Mobile riuscirono a registrare Un gruppo formato da illustri esponenti di destra volta, la Corte dei Conti ha espresso pubblicamente apprezzamento per il risanamento che la Regione Calabria sta attuando sopratutto nella sanità. Con la crisi economica che avanza e il disagio sociale ai livelli di guardia, se la politica continuerà ad essere ingiustamente delegittimata la speranza rischia di spegnersi per tutti, proprio nel momento in cui si stanno per cogliere i risultati positivi di un percorso virtuoso». «Riteniamo pertanto indispensabile - si legge infine nella nota - che l'opinionepubblica siainformatasuquello chestarealmente accadendo in Calabria. Il Presidente Scopelliti è l'autorevole guida di un gruppo dirigente, democraticamente eletto, che ha come obiettivo la realizzazione del programma di governo su cui i calabresi hanno riversato un ampio consenso. E' necessario consolidare questa azione sgombrando il campo da qualsiasi dubbio». Alle diciassette, con quattro ore di ritardo sull'orario prefissato, il consiglio regionale si riuniva formalmente, il segretario questore Giovanni Nucera dava lettura del verbale della seduta precedente, il presidente del consiglio Franco Talarico salutava la dipartita delNobel Dulbeccoe arrivava la richiesta del capogruppo del Pdl: Luigi Fedele invitata i consiglieri a sospendere la seduta, riunire i capigruppo per discutere e «raccogliere l'invito del presidente Scopelliti che ritiene importante chiarire a tutti i calabresi gli aspetti in- NELL’INCHIESTA Il presidente Giuseppe Scopelliti quietanti degli attacchi subiti che non hanno assolutamente fondamento». Il capogruppo del Pd Sandro Principe accoglie l'invito e la seduta viene sospesa. Tiene banco il "caso Giardina-Scopelliti", la problematica dei trasporti e delle infrastrutture, i ritardi che bloccano la crescita del territorio regionale e confinano la Calabria in un isolamento disarmante, possono aspettare. Passa un'altra ora buona, i capigruppo lasciano l'aula delle commissioni e il presidente Franco Talarico rimanda tutto a giovedì | Nel salotto di Romeo Dove fu pianificata la scalata elettorale una serie di riunioni politiche e incontri nello studio dell’avvocato Paolo Romeo, considerato al tempo un’eminenza grigia della politica reggina. Che Romeo avesse grandi capacità ed estimatori non è un mistero per nessuno. E nel suo studio infatti si alternavano personaggi di primissimo piano, tutti di centrodestra. Quando Scopelliti dice che non era amato in quel salotto dice la verità. Non dice però che in quello stesso salotto è stata costruita una parte importante della sua vittoria elettorale. Si tenga conto che Scopelliti vinse su Demetrio Naccari per 6 punti percentuali e che la battaglia fino all’ultimo momento era stata incerta. Nello studio dell’avvocato Paolo Romeo già nel maggio del 2002 s’incontravano esponenti di primo piano di diversi partiti. Assieme, tessevano trame politiche, disegnavano strategie, valutavano le mosse da fare e quelle da evitare. Tra gli ospiti dell’avvocato Romeo c’erano il sottosegretario alla Giustizia di An, Giuseppe Valentino, Alberto Sarra e Antonio Franco dello stesso partito (che a seguito delle elezioni sarebbero diventati, rispettivamente, assessore regionale e provinciale), Amedeo Canale, poi assessore comunale di Reggio, il coordinatore regionale del Psdi, Carlo Colella, il presidente del Consiglio comunale, Aurelio Chizzoniti, e quello della giunta provinciale Pietro Fuda, ma anche il vice prefetto di Reggio, Giuseppe Rizzo, consiglieri comunali, imprenditori, tecnici, burocrati e tanti candidati del centrodestra che con Romeo “ragionavano” o che, più semplicemente, si rivolgevano a lui per un consiglio, un sostegno, un aiuto per la campagna elettorale, per «una cocciata i voti» (un pugno di voti). Dalle intercettazioni emerge anche che esisteva una strategia precisa. Che da una parte era volta a blandire e corteggiare i vertici politico-istituzionali, e dall’altra a tenere sotto pressione le amministrazioni comunale e provinciale che sarebbero uscite dalle urne il 26 maggio del 2002. L’obiettivo era perseguito at- prossimo. Sandro Principe così ha spiegato la scelta dell'opposizione: «Oggi dovevamo discutere dell'emergenza trasporti in Calabria, ci siamo trovati di fronte alla richiesta della maggioranza e di Scopelliti che vuole spiegare ai calabresi i contorni di questa vicenda che lo ha interessato. Ci è sembrato un atteggiamento istituzionale da condividere, ma allo stesso tempo abbiamo detto che il consiglio deve fare il suo lavoro e giovedì prossimo, dopo che Scopelliti avrà esposto la sua relazione, riprenderemo a discutere dell'emergenza trasporti che affligge i calabresi». Tranciante, invece, il commento di Domenico Talarico. Il consigliere regionale dell'Idv ha detto: «Siamo indignati per il comportamento di Scopelliti. Il governatore ha abbandonato l'astronave. Ha anteposto i suoi problemi a quelli importantissimi che affliggono la Calabria, ha tentato di imporre al consiglio la solidarietà e tutto questo alimenta l'anti politica». Cambiando schieramento, la “lista Scopelliti” si muove compatta nel difendere l’operatore del presidente della giunta regionale. Il governatore Scopelliti, poi, incassa la solidarietà di Angelino Alfano.Il senatoredel PdlAntonio Gentile, infine, propone una manifestazione nazionale per il presidente della Regione. «Spero che il Pdl e tutta l’area moderata, e per questo mi adopererò – afferma in una nota Gentile - organizzino una manifestazione nazionale a sostegno del Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che rischia di essere dilaniato nell’opinione pubblica senza una giustificazione concreta». traverso passaggi precisi, e, nel caso delle elezioni amministrative, il gruppo tentò di far eleggere almeno quattro consiglieri provinciali e sei consiglieri comunali che, se anche provenivano da liste e partiti doversi, avrebbero dovuto muoversi in blocco, in maniera da rappresentare una sorta di spada di Damocle sulla testa di Scopelliti e Fuda qualora questi non avessero accettato di dialogare col gruppo. Politica insomma. Di Scopelliti non si fidavano, era un incapace secondo loro al punto che ironizzando dicevano di lui che «aveva bisogno del tutor» per governare Reggio. Tuttavia lo sostennero, eccome. Per raggiungere lo scopo il gruppo politico inserì i suoi candidati in alcune liste e Romeo si vantava di averne costruite di sana pianta alcune. Al punto da chiamare, subito dopo le elezioni, i leader di Liberal Sgarbi, Forza Reggio, Patto Segni e Psdi, e proporre loro di muoversi all’unisono per ottenere il massimo dalle due amministrazioni. I quattro partiti avevano infatti complessiva- mente raggiunto l’8%. E sempre secondo le intercettazioni fu Antonio Franco a convincere gli uomini dell’Udeur a sostenere Scopelliti (un altro 6%). Ma si andava anche oltre. Quando alcune settimane prima delle elezioni fu inaugurata la stele dedicata a Italo Falcomatà, compianto sindaco deceduto alcuni mesi prima, nel salotto si fece di tutto per evitare (tramite il vice prefetto) la cerimonia e la pubblicità che ne sarebbe venuta a Naccari. Non è finita. Si arrivò anche a “consigliare” alcuni candidati a non partecipare ai dibattiti tv, dove Naccari, dotato di una dialettica migliore, riusciva ad avere la meglio. Alcuni dei protagonisti di quel salotto poi, non va scordato, ebbero incarichi di primo piano nelle giunte Scopelliti. Tra questi Alberto Sarra che è tutt’oggi sottosegretario alla Regione nominato da Scopelliti. E’ vero che l’allora candidato a sindaco non era stimato. E’ vero anche però che senza quel gruppo di esponenti politici non sarebbe stato eletto. Almeno questo è quello che dicono loro stessi nelle intercettazioni. Sindaco grazie anche a quattro liste E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 8 Primo piano BREVI DENUNCIATO DALLA POLFER A TORINO LAMEZIA TERME Aggressione a capotreno, rintracciato rom La Calabria alla mostra sui centri storici Sequestrati 200mila prodotti casalinghi E’ STATO individuato dalla polizia ferroviaria e denunciato a piede libero alla procura dei minorenni di Catanzaro, per violenza a pubblico ufficiale e lesioni, il giovane rom che accusato d’avere aggredito il capotreno su un treno regionale proveniente da Sapri e diretto a Cosenza. DUECENTOMILA prodotti contraffatti sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a Lamezia Terme. I prodotti sono stati sequestrati in un negozio che commercia prodotti fabbricati in alcuni Paesi dell’Asia. Si tratta, in particolare, di giocattoli e oggetti per la casa. OGGI, alle ore 11, nella sede di Palazzo Alemanni, a Catanzaro, l’Assessore regionale all’Urbanistica, Piero Aiello, terrà una conferenza stampa. Sarà presentata la partecipazione dell’Assessorato alla mostra multimediale sui centri storici calabresi che si farà a Torino. Il ministro Severino è intervenuta alla cerimonia. Il toccante ricordo della figlia Rosanna Risarcito il giudice Scopelliti A Palmi intitolata l’aula della Corte di assise al magistrato ucciso nel 1991 di MICHELE ALBANESE e DOMENICO GALATÀ Bloccate dalle forze dell’ordine PALMI - «Un parziale risarcimento, un modo di scusarsi per l'intollerabile torto fatto al giudice Antonino Scopelliti». Così si il Ministro della Giustizia, Paola Severino, intervenuta ieri mattina alla cerimonia con cui è stata intitolata l'aula dei Corte d'Assise del Tribunale di Palmi alla memoria del giudice barbaramente ucciso a Campo Calabro il 9 agosto del 1991. Si tratta della prima aula di Tribunale in Italia in cui è stata posta una targa in ricordo del magistrato calabrese. «Un uomo che condivide alcune peculiarità con altri magistrati uccisi dalla criminalità organizzata, come Antonino Saetta e Rosario Livatino. Silenzio e lavoro sono le caratteristiche che li hanno accomunati. Giudici sconosciuti ai più, ma ben noti ai loro spietati assassini». La memoria delle vittime della criminalità, è per il Guardasigilli «un preciso dovere morale ed un insegnamento per le nuove generazioni. Solo con il ricordo si può fareapprezzare veramentelademocraziae lalegalità.Questaintitolazione èil segno tangibile della prosecuzione dell'impegno contro la criminalità organizzata». Nel rinnovare l'impegno del Governo nella lotta alla criminalità, alla 'ndrangheta «la più difficile da combattere perchè radicata anche e soprattutto nei legami familiari che sono più difficili da estirpare», il ministro si è rivolto alle famiglie, esortandole «a non insegnare il disvalore dell'illegalità». L'auspiciodella Severinoè chequello di ieri mattina sia stato «il primo passo di una lunga serie di iniziative nelle scuole e nelle università per ricordare chi fosse questo magistrato calabrese di cui l'Italia deve andare orgogliosa». Le parole del ministro della Giustizia sono state l'atto conclusivo di una cerimonia aperta dal presidente del Tribunale di palmi Maria Grazia Arena a cui hanno partecipato, tra gli altri, il Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Stop alla protesta delle donne dei presunti mafiosi Un momento della cerimonia Grasso, il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, numerosi esponenti politici calabrese, tra cui i presidenti della Regione e del Consiglio regionale Giuseppe Scopelliti e Francesco Talarico,i vertici delle forze dell'ordine provinciali e regionali, i massimi esponenti degli uffici giudiziari distrettuali e la figlia di Scopelliti, Rosanna. Per il presidente dell'Anm «Deve essere impegno della società civile far vivere il ricordo di un magistrato come Antonino Scopelliti», mentre per il Procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, «soltanto ravvivando la memoria dei migliori si possono scuotere le coscienze» e superare «quell'auto-assoluzione collettiva che emenda ciascuno da ogni senso di colpa». Ha faticato per un attimo a trattenere le lacrime, invece, Rosanna Scopelliti, visibilmente commossa mentre con le parole riportava in vita la figura del padre: «Papà non ha scelto di essere un eroe - ha affermato la ragazza - in uno Stato normale un magistrato dovrebbeaverelastessa serenitàdiunimpiegato. Papà non ha scelto di essere un eroe e perdonatemi se continuerò a non accettare questa definizione sino a quando non saranno note verità e giustizia». Molte le domande poste dalla ragazza sulla morte del genitore : «L'uccisione di mio padre segnò la fine della seconda guerra di 'ndrangheta e con quel delitto è stato siglato un patto di sangue tra la mafia e la 'ndrangheta. Allora perchè il teorema Buscetta è crollato solo a Reggio Calabria? Perchè se era un patto di sangue solo i boss siciliani sono stati imputati ma non quelli calabresi? Un giorno vorrei trovare una risposta». Alla cerimonia è intervenuto anche il segretario generale del Csm, Carlo Visconti, che ha ricordato una frase che Scopelliti scrisse sul suo diario: «Ogni processo è un processo di liberazione e di verità in cui il giudice è solo ma un buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso». Severino: «Passati da un giro vizioso a uno virtuoso» Immobile confiscato assegnato al Tribunale di Reggio di DOMENICO GRILLONE REGGIO CALABRIA - «Misure di prevenzione patrimoniali». Il ministro della Giustizia Paola Severino la frase la pronuncia più volte, indicando con un termine tecnico quello che poi si traduce più comunemente nel sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata come la ndrangheta. E nel pomeriggio in città, nel corso della consegna di alcuni beni confiscati alla cosca Libri da parte dell'amministrazione comunale al Tribunale reggino, il ministro rilancia la sfida. Motivandola però, assieme ai consueti valori ed ideali di giustizia, anche dal punto di vista della convenienza, per i cittadini e per lo Stato. «Qui si è completamente invertito il giro - dichiara il ministro prima di andarviae dopolasuapartecipazione alla consegna del bene confiscato - siamo passati da un giro vizioso ad un giro virtuoso. E cioè la misura di prevenzione che genera ricchezza per lo Stato. Quella ricchezza attraverso la quale lo Stato può combattere il fe- nomeno della criminalità or- della confisca, un appartaganizzata. Perché se riuscia- mento e tre magazzini per un mo adautoalimentare anche totale di circa 400 metri quale risorse dello Stato attra- dri situati nei pressi della via verso la percezione di denaro Sbarre Centrali, sarà destiche ha provenienze illecite io nato al tribunale reggino credo che avremo risolto an- che ha deciso di adibirlo coche i problemi di necessaria me deposito di corpi di reato. Ecco perché, per implementazioil ministro Sevene delle forze delrino, «lo Stato la giustizia che a intanto può dare tal modo può un'indicazione produrre da sola sull'esigenza di il proprio reddiprivilegiare inito e le proprie caziative come pacità di mantequesta, rapprenersi, di evolversentano un sesi ma anche di gnale importanmigliorare la te». Qualcuno le qualità del serviricorda la brutta zio». Presenti alstoria di Limbala consegna andi, luogo in cui è che il procurato- Il ministro Severino ubicato un bene re nazionale antimafia Pietro Grasso, l'or- confiscato alla cosca Mancumai ex capo della Procura so ma ancora di difficile acreggina Giuseppe Pignato- cesso perché occupato dalla ne, il prefetto Luigi Varrat- stessa consorteria mafiosa. ta, il questore Carmelo Casa- «Speriamo di risolvere anbona e diversi rappresentan- che questo problema», dice ti delle forze dell'ordine, ol- Severino non senza prima tre al presidente del tribuna- sottolineare che i beni sotle reggino Luciano Gerardis tratti alle mafie «devono esed il sindaco Demi Arena. sere utilizzati per fini istituL’effetto è altamente simbo- zionali e per fini sociali, quelico proprio perché l'oggetto sta e' la loro destinazione». Infine parole di incoraggiamento e speranza per una Calabria ormai soffocata dalla ndrangheta. «Io credo ad una Calabria che riesce a reagire con le proprie forze ad una criminalità che l'ha oppressa per tanti anni». «Intanto è l'ennesima prova di sinergia interistituzionale ha commentato poi il presidente Luciano Gerardis perché noi ci avvaliamo delle risorse che ci vengono messe a disposizione da tutti gli enti pubblici dal momento che le nostre risorse sono scarse e inadeguate. L'auspicio, espresso direttamente al ministro, è che il palazzo di Giustizia possa al più presto essere ultimato, per una cittadella giudiziaria che consentirebbe di superare tutti questi problemi, soprattutto quello della dispersione sul territorio dei vari locali che servono al tribunale». infine la foto ricordo con il sindaco Arena ed il presidente Gerardis con le chiavi dei locali. «E' il massimo valore simbolico dice infine il primo cittadino - ad una consegna che rappresenta lavittoria delloStato». PALMI - Non ci sono riu- sa, ma solo un modo giuscite le donne parenti dei sto per manifestare in un presunti esponenti della giorno cosi importante il 'ndrangheta a manifesta- nostro grido di rabbia, dore così come avevano fatto lore, e di ingiustizia, e per una settimana fa nei pres- tutti gli abusi di potere che si sotto gli uffici del Cedir quotidianamente le nostre famiglie e quindi tutti a Reggio Calabria. Nella città blindata per noi, ci troviamo a subire. l'arrivo a palazzo di giusti- Volevamo solo manifestazia del ministro della Giu- re pacificamente per tutti i stizia Paola Severino deci- detenuti e non solo per i ne carabinieri, poliziotti e nostri cari, per una dignimilitari della Guardia di tà giusta che ogni essere Finanza, hanno isolato umano ha e deve avere. l'accesso al Tribunale dove Abbiamo pensato di rivolera prevista la cerimonia gerci a chi invece da anni di intitolazione dell'aula si occupa ad aiutare a far bunker al magistrato An- riemergere e far risociatonino Scopelliti. Tran- lizzare oltre che rieducare senne e militari per bloc- i detenuti delle carceri, il care l'accesso alle auto in cappellano don Silvio Meun raggio di oltre cento siti, che con gioia ha accolmetri dal luogo della ceri- to tutte noi, dove ognuno monia. Alle persone sia ha espresso nel suo dolore pure con discrezione veni- tutta l'amarezza e l'ingiuva chiesto le ragioni per le stizia di quanto accaduto quali si avvicinavano al stamani a Palmi, mandati Tribunale. Ma ciò non è ba- via come animali e non trattati come stato ad imtutti gli altri pedire ad una che effettivadecina di mente rivedonne di tenstono e ricotare, solo tenprono alte catare, di avviriche istitucinarsi a zionali». Piazza TribuNon mannale. cano nella Erano arrimissiva convate così covinzioni perme avevano sonali e giudiannunciato zi sferzanti e nei giorni provocatori. scorsi, dopo Avevano tenla manifestatato anche a zione di RegPalmi a langio Calabria, ciare accuse alla spicciolaai magistrati ta, a gruppetcosì come ti tenendo hanno fatto a sotto il bracReggio Calacio i cartelli e Scopelliti e Talarico bria ma anche striscioni arcome fecero a San Luca, rotolati. Tentativo vano perché durante la giornata della sono stati subito identifi- Gerbera Gialla, nel magcate e “convinte” ad allon- gio 2008 a pochi mesi daltanarsi dalla zona. Cosa la strage di Duisburg. «Ci definiscono mafiosi, donche hanno fatto. Nel pomeriggio hanno ne di ndrangheta, delininviato una lettera nella quenti, perché?» - si chiequale ricordano che esiste dono. «Ma siete sicuri che «il diritto a manifestare li- le nostre famiglie lo siano beramente il proprio pen- davvero? Perché mettere siero. Ma, - hanno scritto in carcere persone ancor nella missiva - essendo si- prima di essere giudicati curamente figli di un Dio colpevoli? Sono tutti imminore, oggi ci è stato ne- putati in attesa di giudigato non solo il diritto alla zio, esseri umani costretti parola, ma anche la pre- a vivere in condizioni disenza di cittadini comuni sumane pur sapendo di come tutti gli altri per as- non essere tutti colpevoli, sistere all’arrivo a Palmi condannare un innocente del Ministro di Grazia e oggi, significa condannaGiustizia Severino, non re tutti gli uomini onesti». Opinioni personali cerpotendo oltrepassare il “perimetro blindato” delle to, Legittime alcune riforze dell'ordine e dalle vendicazioni, ma alcune più alte cariche istituzio- frasi sono inaccettabili, come la frase usata per nali». «La nostra - aggiungo- chiudere la lettera: «non no - non sarebbe di certo tutti i peccati sono reati, e stata una “guerra aperta “ non tutti i reati sono peccontro qualcuno o qualco- cati». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 13 24 ore Martedì 21 febbraio 2012 24 ore Martedì 21 febbraio 2012 La Dia di Catanzaro ha rilevato sproporzioni tra reddito e proprietà dell’uomo ritenuto vicino ai Mancuso Sequestrati beni per 700.000 euro Appartengono o sono riconducibili a Domenico Campisi ucciso il 17 giugno 2011 di GIANLUCA PRESTIA VIBO VALENTIA - Ammonta a 700.000 euro il valore dei beni, mobili ed immobili, sequestrati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro e riconducibili a Domenico Campisi, di 44 anni, ritenuto vicino alla cosca Mancuso di Limbadi ed ucciso a colpi di fucile il 17 giugno del 2011 nelle campagne di Preitoni di Nicotera. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Vibo Valentia che ha accolto la richiesta avanzata dal Direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso. Il personale della Dia di Catanzaro ha effettuato numerosi accertamenti sulle proprietà di Campisi, in modo particolare nell'arco temporale tra il 1993 ed il 2009. Dalle indagini è emersa una sproporzione tra le proprietà effettivamente avute ed i redditi dichiarati al fisco. I beni sequestrati consistono in diverse proprietà immobiliari, autovetture e disponibilità finanziarie. Il sequestro eseguito è uno dei primi provvedimenti eseguiti nei confronti di una persona deceduta, così come previsto dal nuovo codice antimafia varato nel settembre del 2011. Al riguardo il Collegio della Prevenzione ha precisato che «gli esiti degli accertamenti effettuati dalla D.I.A., nonché le numerose, pregresse vicende penali che hanno riguardato (e ancora riguardano) Domenico Campisi, rapportate ai redditi dichiarati e alle attività economiche esercitate rappresentano sufficienti indizi per ritenere che gli investimenti realizzati dal predetto, tramite la moglie convivente o altri soggetti, possanoessere ilfrutto diillecita accumulazione patrimoniale o ne costituiscano il reimpiego. Infatti, nella documentazione si evince in ma- niera eloquente la spropor- dell'associazione mafiosa, zionetrai redditidisponibilie nell'ambito della commissione di reati contro la persona e gli investimenti effettuati». In altre parole il prospetto di altri reati contro il patrimoin argomento evidenzia come nio e del riciclaggio dei redditi che ne sono scagli investimenti turiti: ne va peroperati dal nucleo tanto disposto il sefamiliare del proquestro potendosi posto «siano noteragionevolmente volmente superioritenere, rebus sic ri rispetto alle castanti bus, che tali pacità alla capacità beni costituiscono di spesa dello stesil frutto o il reimso nucleo familiapiego delle predetre. Esiste, quindi, te attività delinuna notevole sproquenziali». porzione tra i beni Campisi, coinoggetto della pro- Domenico Campisi volto nelle note posta ed il reddito dichiarato ed il genere di atti- operazioni di polizia denomività svolta dal proposto e dai nate “Timpano” (2001), “Nasuoi conviventi. I beni sopra sca”(2001) e “Decollo”(2004), indicati costituiscono, co- viene descritto nelle varie ormunque, elementi indicativi dinanze di custodia cautelare di una disponibilità economi- quale soggetto che agiva per ca, che coincide temporal- conto della cosca “Mancuso” mente con le illecite attività di Limbadi, nell'ambito del poste in essere nelle forme traffico internazionale di so- stanze stupefacenti. Per il procedimento penale Decollo, il 14 luglio 2006 con sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, in passata in giudicato il 22 novembre dell'anno successivo, applicato l'indulto era stato condannato ad anni tre di reclusione. Sempre allo stesso, il 7 marzo del 2005, imputato in un altro procedimento penale con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, gli era stata inflitta una pena di 4 anni e 5 mesi di reclusione, per il reato di associazione finalizzato, sempre, al traffico di sostanze stupefacenti. Il 4 marzo del 2010 era stato scarcerato dalla casa circondariale di Monza per essere sottoposto, su provvedimento del Tribunale di Vibo, alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di cinque anni. Il luogo dell’omicidio del 44enne di Nicotera Il leader del movimento “Ammazzateci tutti”. Solidarietà dal Pdl nazionale e locale Minacce e proiettili per Pecora CINQUEFRONDI – Una lettera con minacce e proiettili. Il leader del movimento Ammazzateci Tutti, Aldo Pecora, ha reso noto ieri mattina di aver ricevuto un messaggio di minaccia. Nel testo della lettera che è stata lasciata sul parabrezza della sua auto parcheggiata davanti la sua abitazione a Cinquefrondi c'e' scritto: «Scopelliti ti aspetta a braccia aperte, farai la fine di Gratteri e Creazzo, boom». Vicino ad una ruota sono stati lasciati due bossoli esplosi. Le indagini vengono svolte dai Carabinieri della stazione di Cinquefrondi . Gratteri e' procuratore aggiunto a Reggio e Creazzo procuratore a Palmi. Ho piena fiducia in chi conduce le indagini - . ha detto Pecora, commentando la notizia dell'intimidazione subita che si e' appresa ieri a Palmi nel corso della cerimonia di in- titolazione dell'aula della Corte di assise al magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, ucciso nel 1991. «Spero sia uno scherzo di carnevale - ha detto Pecora - ma è già da qualche giorno che sono sotto attacco, anche da parte di colleghi». Pecora non ha specificato di quali colleghi si tratti. Ma non è escluso che volesse riferirsi ad un articolo pubblicato da un settimanale regionale che la settimana scorsa ha pubblicato un reportage nel quale si afferma che l’abitazione in cui vive il giovane leader di Ammazzateci Tutti e la sua famiglia si trova in un palazzo recentemente sequestrato ad un presunto esponente della ‘ndrangheta di Polistena. Molte espinenti del Pdl hanno espresso solidarietà a Aldo Pecora. L’ex ministro Giorgia Meloni, deputa- ta del Pdl. «Ho conosciuto Aldo – ha afferma Meloni –in occasione di una mia visita in Calabria, dopo che il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, mi aveva parlato del coraggio e della passione dei giovani dell’associazione “Ammazzateci tutti”. Ho avuto poi il piacere di collaborare con loro grazie al progetto del Ministero della Gioventù “Giovani per la legalità”. Sono tanti e importanti i risultati che questi ragazzi hanno raggiunto in tutta Italia. Solidarietà anche dai consiglieri regionali del Pdl Mario Magno, Fausto Orsomarso e Salvatore Pacenza. «Si tratta di gesti inqualificabili – hanno affermato – che condanniamo con fermezza e che non possono condizionare l'attività di Aldo Pecora, da sempre in prima linea nella lotta alla 'ndrangheta». Portigliola. Trasportati con un natante veloce fino alla riva. Scattate le indagini Sbarco di immigrati nella Locride Una quarantina tra uomini e ragazzi trovati sulla strada statale 106 di EMANUELA ALVARO PORTIGLIOLA - Bagnati ed infreddoliti circa quaranta uomini di diversa età, non pochi i ragazzi tra i quattordici e sedici anni, protagonisti di un ennesimosbarco, sono stati soccorsi subito dopo che, la loro presenza sul ciglio della strada statale 106, è stata segnalata da alcuni automobilisti. Alcuni di loro, infatti, stazionavano ai bordi della statale, accovacciati sull'erba. Intorno alle sei e trenta di mattina i primi ad accorrere, sulla spiaggia del comune di Portigliola, i Carabinieri del Gruppo Locri, comandati dal colonnello, Giuseppe De Liso, e gli uomini dell'Ufficio circondariale della Capitaneria di porto di Roccella Ionica comandati da Antonio Ripoli, i quali hanno avvertito dell'accaduto il sindaco di Portigliola, Pasquale Panetta, e subito dopo il primo cittadino di Locri, Pepè Lombardo. La Capitaneria di Porto allertata dalla sala operativa, ha attivato il dispositivo di soccorso inviando nel luogo dello sbarco la motovedetta 801. Il tratto di mare è stato pattugliato fino a quando si è accertato che tutti i migranti fossero in salvo. Pakistan, Siria, Afganistan, Bangladesh, queste grosso modo le nazioni di provenienza dei Soccorsi dalla Caritas di Locri Lo sbarco di alcuni clandestini migranti, lasciati a riva dagli scafisti. Partiti due giorni fa dalla Grecia, dopo averla raggiunta presumibilmente via terra, sono stati trasportati fino alle coste locali, con una nave veloce. Appena scaricati in acqua, della stessa non si è avuta più alcuna notizia. Ormai da tempo sembra essere questa la metodologia utilizzata per il trasporto dei migranti fino alle coste calabresi, sulle quali quasi in modo costante, condizioni climatiche permettendo, si susseguono gli sbarchi che, nel 2011, sono stati a marzo, aprile, maggio e giugno. L'ultimo dello scorso anno si è verificato ad ottobre. Come in questo caso la maggior parte sono partiti dalla Grecia, per poi essere trasportati via mare sino alle nostre coste. Dopo la ricognizione di tutti gli uomini sbarcati, alcuni, come spesso accade, hanno cercato di allontanarsi, e dopo i primi soccorsi e rifocillamenti sono stati trasferiti presso la struttura parrocchiale di Siderno Superiore, grazie all'impegno del vescovo della Diocesi di Locri - Gerace, Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, il quale appena avvertito ha dato disponibilità della struttura, nella quale pernotteranno per poi essere trasferiti nei centri di accoglienza calabresi. Oltre ai sindaci di Locri e Portigliola i quali hanno trascorso il tempo telefonando alla Prefettura e a tutte le strutture idonee per ricevere i primi aiuti e, in un secondo momento il sindaco di Siderno, Riccardo Ritorto, il quale è si è interessato di far arrivare sul posto un'ambulanza attrezzata, per eventuali necessità mediche, ad organizzare il tutto gli agenti della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, gli uomini della Compagnia dei Carabinieri di Locri, comandata dal Capitano Nico Blanco, supportati dal Tenente, Lorenzo Provenzano, e gli uomini della Compagnia di Siderno, comandati dal Maresciallo Capo, Luigi Zeccardo. In attesa dell'arrivo degli aiuti della Protezione Civile di Catanzaro,quella diRoccella Ionica,la Caritas di Locri hanno offerto ai migranti coperte, vestiti, scarpe. Nella mattinata si è sottoscritta una convenzione con la struttura parrocchiale di Siderno Superiore per fornire i pasti. Si è proceduto all'identificazione, cercando di capire quanto riuscissero a comprendere l'italiano o quanto meno l'inglese, quattro ragazzi sono stati trasferiti al presidio ospedaliero di Locri per accertare la vera età, attraverso la radiografia del polso. Guardia di Finanza Record di sequestri CATANZARO - Beni per 550 milioni di euro sono stati sequestrati e confiscati dai militari della Guardia di finanza nel corso del 2011. È questo uno dei dati più significativi dell’attività svolta dalle fiamme gialle in Calabria. Sul fronte degli accertamenti antimafia i finanzieri hanno effettuato complessivamente 690 accertamenti patrimoniali che hanno interessato 922 persone fisiche e 231 società. Ne sono scaturiti sequestri di beni per circa 300 milioni di euro e confische per circa 250 milioni. Tra le indagini patrimoniali condotte dai finanzieri c'è‚ stata quella che ha portato alla confisca di beni, per un valore stimato in 200 milioni di euro, nei confronti della cosca reggina degli Alvaro che ha ramificazioni anche a Roma. Tra i beni confiscati c'era anche il Caf‚ de Paris, simbolo della dolce vita romana, oltre ad altri noti locali pubblici ed immobili nella capitale. Sono state poi scoperte in Lombardia, grazie ad altra indagine condotta in Calabria, due società che operavano nei servizi connessi ai trasporti e nel commercio di prodotti alimentari. In quella circostanza, sono state sequestrate azioni, obbligazioni, certificati di deposito, polizze assicurative, per un valore complessivo di 12 milioni di euro. Strettamente connessa al sequestro ed alla confisca dei beni c'è anche l’attività di contrasto al riciclaggio di denaro sporco che ha visto i finanzieri impegnati nell’approfondimento di 350 segnalazioni per operazioni finanziarie sospette e che ha portato alla denuncia di 30 persone, di cui 6 arrestate, ed all’accertamento di condotte di riciclaggio per oltre 16 milioni di euro e al sequestro di beni per oltre 1milione dieuro. LaGuardia di finanza ha svolto una incisiva azione di contrasto anche per il traffico internazionale di stupefacenti che riveste la primaria fonte di guadagno della criminalità organizzata. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 14 Calabria Stefanaconi. La vittima era nipote di Fortunato Patania, assassinato il 18 settembre 2011. Informata la Dda Freddato nel giardino di casa Due persone in moto hanno ucciso a colpi di pistola il 33enne Giuseppe Matina di GIANLUCA PRESTIA STEFANACONI - Una vendetta? È questo uno dei possibili moventi che gli uomini del maggiore Vittorio Carrara stanno seguendo per far luce sull'uccisione del 33enne del luogo, Giuseppe Matina. Trasversale perché il giovane era nipote acquisito di quel Fortunato Patania freddato nel pomeriggio del 18 settembre scorso mentre era intento a giocare a carte nella stazione di servizio carburanti della famiglia. L'assassinio di Matina potrebbe, quindi, aprire una nuova stagione di sangue nei territori limitrofi alla città capoluogo. Uccisione avvenuta ieri pomeriggio, qualche minuto prima delle 18,00, in località “Brevi”, luogo di residenza della vittima che al momento dell'agguato si trovava all'esterno della sua abitazione, e precisamente nel giardino quando ad un certo punto sono spuntati all'improvviso due persone in sella ad uno scooter le quali gli hanno sparato tre colpi di calibro 9. Uno di questi l'ha raggiunto alla testa ed è stato esploso da distanza ravvicinata, segno probabilmente, che i malviventi abbiano avuto un colloquio con la vittima il cui decesso è stato immediato. La missione di morte è durata pochissimi, ma interminabili, istanti ma ha quasi certamente avuto un prologo fatto di appostamenti e fors'anche dipedinamenti. Nelmomento in cui Matina è stato notato all'esterno della casa, i malviventi hanno agito portando a termine l'azione omicidiaria. E così, mentre questi si allontanavano in tutta fretta per la strada che taglia in due le campagne di Stefanaconi,dove insistono non soltanto abitazioni ma anche casolari e masserie, segno di un'importante area a vocazione agricola, sul terreno, in una pozza di sangue, era rimasta la sagoma del 33enne. È stata la moglie, poi condotta in caserma per essere sentita per capire se possa aver visto qualcosa, a far scattare l'allarme attraverso una telefonata alla sala operativa dei carabinieri. Sul posto sono immediatamente piombate le “gazzelle” dell'Arma e le vo- Il corpo di Michele Matina riverso sul terreno. A lato la vedova viene condotta nella caserma dei carabinieri (foto Armando Lo Gatto) lanti della Polizia i cui uomini hanno provveduto a transennare la zona rendendola offlimits ai curiosi che, appresa la notizia, si sono recati nella zona. Al contempo sono scattate le ricerche coordinate dal maggiore Vittorio Carrara, dal capitano Stefano Di Paolo, e dal luogotenente Sebastiano Cannizzaro, comandanti rispettivamente di Nucleo Operativo di Vibo, Compagnia del capoluogo e Stazione di Sant'Onofrio che hanno, anche, istituito posti di controllo in tuttal'area ancheconl'appoggio dei colleghi delle Stazioni ipotesi, si starebbero concentrando sui rapporti tra la vittima e lo zio acquisito, cioè il 61enne Patania, il cui omicidio avvenne a distanza di due giorni di quello di del 64enne Michele Mario Fiorillo con cui c'erano stati, secondo quanto emerso dalle indagini, diversi Limbadi. L’associazione antimafia aveva denunciato l’impossibilità di entrarne in possesso Il bene confiscato torna a “Riferimenti” L’immobile apparteneva al clan Mancuso. Decisivo l’intervento del prefetto Di Bari di AMBROGIO SCARAMOZZINO LIMBADI – Dopo le polemiche dei giorni scorsi ieri la villa confiscata al clan Mancuso e assegnata all’associazione nazionale antimafia “Riferimenti”e tornata a pieno titolo nelle mani dello Strato. A testimoniare la presenza attiva dello Stato è intervenuto il prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, accolto dal sindaco di Limbadi, Francesco Crudo. Ricordiamo, infatti, che l’associazione “Riferimenti” dopo aver denunciato atti vandalici ad uno degli stabili destinati all’università antimafia, annunciava l’intenzione di rinunciare all’immobile, ubicato nel comune di Limbadi, in quanto sosteneva che la struttura era ancora sotto il controllo del clan e aggiungeva di non avere mai ricevuto le chiavi. Nei giorni scorsi, inoltre, il testimone di giustizia, Nello Ruello componente dell’associazione antimafia, recatosi sul posto per accertare i danni che erano stati denunciati dalla stessa associazione, non era potuto neanche entrare nell’immobile perché l’entrata era stata sbarrata da una rete metallica e presidiata da un mastino napoletano. Con l’arrivo del prefetto sembra essere ritornata la legalità, infatti, è stata rimossa la rete metallica che impediva l’accesso all’ingresso dell’immobile confiscato, trasferito anche il cane che presidiava l’in- Trematerra frena il passaggio del presidente del consiglio comunale Udc, lo sgarbo a Seby Vecchio di CATERINA TRIPODI REGGIO CALABRIA Doveva essere il giorno della riscossa di Seby Vecchio, il presidente del consiglio comunale nonchè primo degli eletti del Pdl in città, che ieri avrebbe dovuto ufficializzare il suo passaggio all’Udc in aperto dissenso con la linea del Governatore Scopelliti, ma lo sgambetto gli è arrivato, a gamba tesa, proprio a margine del congresso provinciale che avrebbe dovuto ratificare l’avvenimento politico cittadino. Nonostante l’accordo fosse stato stipulato già in tarda mattinata con i vertici dell’Udc, solo qualche minuto prima dell’annuncio, arriva la “gelata” del commissario provinciale del partito, Gino Trematerra che a microfoni aperti, spiega all’assise e allo stesso Seby Vecchio seduto in prima fila, che “oggi non ci sarà l’ufficializzazionedi alcun passaggio politico”. Trematerra aggiunge anche che “è una decisione che come commissario non mi spetta limitrofe che hanno dato un primo esito in quanto è stato rinvenuto, completamente bruciato (ovviamente) il mezzo utilizzato nella fuga. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro, pur non scartando al momento alcuna contrasti per questioni di terreno, tanto che quest'ultimo aveva in precedenza denunciato il “rivale”. Che temesse per la propria vita Giuseppe Matina lo aveva capito già nel dicembre scorso quando scampò ad un agguato mentre era alla guida della sua automobile. I colpi di pistola sparati da una persona appostata lungo la strada avevano danneggiato soltanto la vettura dell'imprenditore, in passato era stato indagato per associazione mafiosa ma mai condannato, che era rimasto miracolosamente illeso Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, ha informato dell'omicidio il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Giuseppe Borrelli. Si sta valutando, infatti, la possibilità di una trasmissione degli atti d'indagine sull'assassinio del 33enne alla Dda in considerazione della possibile matrice mafiosa dell'omicidio. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione tra i magistrati della Procura di Vibo e della Dda per fare il punto della situazione sia su quest’ultimo fatto di sangue che su quelli con i qualipotrebbe esserci un collegamento. Seby Vecchio ma che deve essere presa dagli organi che stiamo per eleggere”. Ma i beninformati dell’Udc conoscono il retroscena. Intorno alle 13 un incontro in consiglio regionale tra il Governatore e lo stesso Trematerra, padre peraltro dell’uomo in giunta di Scopelliti ed artefice del patto di ferro Udc-Pdl, ha decretato lo “sgarbo”a Vecchio,reodi nonavere incassato l’indifferenza del suo leader e di essersi messo alla testa del dissenso che monta dentro il centrodestra in consiglio comunale . Il Governatore ha deciso e Trematerra ha eseguito: lo schiaffo è servito. D’altra parte andava pubblicamente “punito” l’atteggiamento ribelle di Vecchio, che molto probabilmente avrà proseliti dentro il pdl. Un passaggio che è ben più di un cambio di casacca dentro una più larga coalizione di centrodestra. E’la prima volta infatti che un membro di una giunta, peraltro di estremo peso come il piùvotato del Pdl, saluta eva via in aperto dissenso col Governatore. Uno sgarbo che ha visto subito dopo tentativi di svelenire il clima in casa Udc, spiegando che “si voleva celebrare in maniera consona ed al momento opportuno il passaggio di Vecchio”, mentre lo stesso presidente del consiglio ha spiegato che il passaggio all’Udc è stato fatto con i vertici del partito, ed è “solido e garantito”. gresso è stato consegnato al proprietario. Oltre a questo, ieri mattina, l’amministrazione comunale ha posto sotto sequestro, perché ritenuto abusivo, anche un’ampia parte del casolare adiacente alla struttura confiscata in possesso degli stessi Mancuso. Finalmente, sono state cambiate tutte le serrature dell’immobile e adesso le chiavi sono in possesso del sindaco, il quale ha voluto precisare che «prima di oggi nessuno possedeva le chiavi di questo bene confiscato». Adesso non resta che auspicare che l’associazione “Riferimenti” ritiri la rinuncia alla gestione del bene confiscato al clan Mancuso3. L’immobile confiscato al clan Mancuso AVVISO DI VENDITA DEI DIRITTI D’OPZIONE PER LA SOTTOSCRIZIONE DELL’AUMENTO DI CAPITALE DELLA SOCIETA’ CASA DI CURA MADONNA DELLA CATENA SRL con sede in Dipignano, Via Fra Benedetto, 33 Premesso che: - in data 23 dicembre 2011, l’assemblea della Società, convocata ai sensi dell’art. 2482-ter c.c, ha deliberato un aumento del capitale sociale inscindibile di Euro 5.104.371, offrendo agli attuali soci della società la possibilità di sottoscrivere il suddetto aumento di capitale entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione della delibera, con apporti in danaro od eventualmente anche in natura, purché, in tale ultimo caso, in misura non superiore al 50% (cinquanta per cento) dell’integrale ammontare delle quote da sottoscrivere da parte di ciascun socio; - la medesima assemblea ha altresì stabilito che, spirato infruttuosamente il termine di sottoscrizione in favore degli aventi diritto, le quote non optate sarebbero state offerte in ulteriore sottoscrizione a soggetti estranei alla compagine sociale nei 30 (trenta) giorni successivi; - nessuno degli attuali soci della Società ha esercitato i propri diritti d’opzione; l’organo amministrativo formula il presente invito a presentare, entro e non oltre il 2 marzo 2012, offerte d’acquisto dei diritti d’opzione non esercitati con l’impegno ad eseguire la sottoscrizione e la contestuale liberazione dell’aumento entro il 5 marzo 2012. I soggetti interessati, avranno la possibilità di consultare la documentazione utile al fine di quanto sopra presso la Virtual Data Room appositamente predisposta e accessibile all’indirizzo www.mdc-cs.it, previa richiesta di accesso e sottoscrizione di un patto di riservatezza nei termini ivi indicati, da inviare via fax al n. 0692913879. Non saranno prese in considerazione le richieste d’accesso proposte per persona da nominare o per le quali non sia chiaramente identificabile il beneficiario economico. Dipignano, 17 febbraio 2012 Il Consiglio di Amministrazione E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 15 24 ore Martedì 21 febbraio 2012 Calabria 17 Petilia Policastro. In videoconferenza i capiclan di Isola e Papanice contestano il racconto del pentito Lea, i boss dicono di non sapere Megna e Nicoscia, sentiti dai giudici di Milano, smentiscono il summit in carcere di ANTONIO ANASTASI PETILIA POLICASTRO «Sia io che Pasquale Nicoscia e Mico Megna prendemmo tempo: ricordo che, dopo questo colloquio con Carlo, ci riunimmo solo noitre per decidere il da farsi: tutti e tre convenimmo di temporeggiare in quanto avevamo cose più importanti a cui pensare»: a parlare agli inquirenti era il pentito Salvatore Cortese, ma ieri, deponendo in videoconferenza davanti alla Corte d’assise di Milano, sia Nicoscia che Megna, boss delle omonime cosche di Isola Capo Rizzuto e Cutro, hanno negato di aver preso parte a un summit scaturito dalla richiesta di Carlo Cosco di autorizzazione all’eliminazione dell’ex convivente Lea Garofalo, la testimone di giustizia di Petilia Policastro scomparsa nel nulla nel novembre 2009, uccisa e probabilmente sciolta nell’acido. Come si ricorderà, Cortese rivelò agli inquirenti che Cosco commissionò a lui l’omicidio per presunti motivi d’onore. L’incarico, mai portato a termine da Cortese, gli fu conferito nel 2002 mentre il pentito di Cutro condivideva la cella con Cosco. Ma i capi della ‘ndrangheta del Crotonese decisero di soprassedere, secondo il suo racconto, ieri smentito dai due testimoni della difesa di Carlo Cosco i quali, con scarne deposizioni, hanno sostanzialmente affermato di non sapere nulla della vicenda e di ignorare tali regole, tipiche delle consorterie mafiose. Ieri è stata sentita anche Renata Plado, convivente di Giuseppe Cosco, fratello di Carlo, la quale innanzitutto ha tentato di fornire un alibi. Renata si trova detenuta in carcere dal settembre scorso essendo stata coinvolta nella seconda inchiesta a carico dei fratelli Cosco, quella che ha svelato traffici di droga e usura ruotanti attorno a via Montello, dove la famiglia petilina occupava abusivamente l’ex Ospedale. Lo ha fatto affermando di aver parlato più volte al telefono col suo uomo la sera della scomparsa di Lea. Una volta l’imputato era dal “cinese” a giocare alle slot machine, un’altra volta era al pub, e dopo essere uscito di casa alle 21, secondo la testimonianza, è rientrato più o meno alle 1,30. Ma “Renè” si è soffermata, rispondendo alle domande A cura della Publifast. Segue dalla pagina precedente degli avvocati Stamberga e Colucci, anche sulla figura di Lea, da lei definita come una donna che aveva scatti d’ira improvvisi, contro gli altri e contro se stessa, e che nel ’93 tentò addirittura il suicidio. Renè ha cercato di accreditarsi come amica e confidente di Lea ma, quando l’avvocato di parte civile Roberto D’Ippolito le ha chiesto cosa le avesse riferito dell’omicidio di Antonio Comberiati, avvenuto nel maggio ’95 in via Montello (è il delitto su cui la testimone di giustizia fece rivelazioni alla Dda di Catanzaro), la donna ha risposto di non sapere nulla e ha aggiunto che il mattino dopo la stessa Lea sputò sul sangue che ancora si trovava all’interno del cortile. Renè è stata a Petilia, l’estate del 2009, e per questo ha parlato anche della figlia di Lea, Denise, affermando che lavorava nella pizzeria dei fratelli Cosco. Denise, Renè la incontrò anche a Milano, nei giorni della scomparsa di Lea, ma, secondo la teste, non le avrebbe detto che nel capoluogo lombardo era andata con sua madre. Successivamente, invece, la ragazza le avrebbe confidato che «la madre non si trovava». Il collaboratore di giustizia senza scorta in un processo in Emilia Bonaventura resta solo in aula CROTONE - E’ stato lasciato solo tra il naventura, erano collegati in videoconfepubblico dell’udienza il pentito crotonese renza dal sito protetto, come ordinariaLuigi Bonaventura, chiamato a testimo- mente avviene in ocacsione delle udienze niare nel processo, che si sta celebrando in cui gli stessi collaboratori di giustizia davanti al Tribunale di Modena, nei con- depongono nei processi in corso a Crotofronti dei fratelli Paolo, Emanuele e Davi- ne e in Calabria. Le testimonianze sono de Pelaggi, accusati di frode fiscale e rici- andate nella direzione voluta dall’accusa, claggio dei capitali lucrati illecitamente ovvero della ricostruzione dei rapporti avuti dai pentiti con la famiglia dal clan Arena di Isola Capo RizGentile e quindi con gli Arena. zuto. Mancavano, infatti, gli adFiore e Tommaso Gentile sono detti alla scorta. Nel corso della già stati condannati a a 6 anni e 2 stessa udienza hanno deposto anni e 8 mesi, entrambi con l’aganche i pentiti Vincenzo Marigravante mafiosa. Cortese, in no, Domenico Bumbaca e Salvaparticolare, ha aggiunto la sua tore Cortese. Quest’ultimo, cuconsueta descrizione degli imtrese, era in aula, come Bonaprenditori emigrati in Emilia, ventura, ma è rimasto in una sa«bancomat» per i clan come letta appartata per i testimoni, quello di cui faceva parte (si aucosa che non è avvenuta sin toaccusa di essere stato il bracdall’inizio dell’udienza per Bocio destro del boss di Cutro Niconaventura, mentre la tensione lino Grande Aracri). La frode fisaliva. Il collaboratore di giusti- Luigi Bonaventura scale sarebbe stata escogitata, zia, infatti, si trovava fisicamente accanto a imputati e loro familia- secondo l’accusa, col denaro sporco. Intanto, il caso di Bonaventura, che ha ri. Una circostanza rilevata dal pm Anti- già denunciato di vivere una condizione mafia Michele Mescolino, la cui segnala- di rischio poiché alcuni affiliati a un clan zione è stata fatta mettere nero su bianco del Crotonese lo avrebbero raggiunto neldal presidente del Tribunale della città la località protetta in cui vive, continua a fare discutere. emiliana, Cristina Bellantani. Gli altri due pentiti, crotonesi come Boa. a. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 24 ore Martedì 21 febbraio 2012 Speciale Martedì 21 febbraio 2012 La proposta lanciata dal Quotidiano sull’8 marzo Tre Tante riflessioni e adesioni foto e una mimosa ANALISI, adesioni, iniziative. Mille fuochi in ogni angolo della Calabria si sono accesi e continuano ad accendersi, così come auspicato dal direttore del Quotidiano, Matteo Cosenza, nell’editoriale di domenica. La proposta lanciata dal nostro giornale di dedicare l’8 marzo alle tre madri coraggio Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce sta trovando ovunque sostegno. Le tre donne che hanno deciso di affrancarsi, pagando un prezzo altissimo (due con la vita) dal loro mondo di provenienza di ’ndrangheta è un invito alla riflessione, accolto da più parti. Tutti gli interventi e le adesioni pubblicati fino ad oggi sono online sul sito del Quotidiano, www.ilquotidianodellacalabria.it. Giuseppina Pesce L’iniziativa del Comune Apriamo l’uscio di casa e riprendiamoci la vita segue dalla prima Carl Marx, figlio di un avvocato di estrazione borghese, “decise” d’abbandonare la classe di provenienza e il benessere, per schierarsi col proletariato, i meno garantiti, i deboli. Si può non condividere l’utopia comunista, ma, per questa scelta di campo, il filosofo tedesco merita rispetto. Stare dalla parte dei deboli. E’ un insegnamento che resta. Perché parlo di questo? La verità è che il sacrificio di Maria Concetta Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo ha scosso molte coscienze. L’iniziativa del “Quotidiano” fa discutere, in Calabria e a Roma, ed io sono rimasto colpito dalle parole di Matteo Cosenza: «Se bisognava stare dalla parte di qualcuno non bisognava avere dubbi: bisognava stare dalla parte dei più deboli. E i più deboli erano quelle donne che, a costo di un travaglio tremendo, alla fine avevano deciso di rompere con le loro famiglie e di scegliere la strada della legalità e della giustizia (…) un cammino di redenzione anche a costo della fine più atroce». Sono parole lucide. E tuttavia si ha come l’impressione che il nocciolo duro della società civile calabrese stia ancora “a guardare la partita dagli spalti”, per usare la metafora di Cosenza. L’impressione, la sensazione (il timore, questa è la parola esatta), è che dopo l’otto marzo i riflettori si spengano e tutto finisca nel silenzio assordante di quotidiane collusioni: la Calabria della buona coscienza e della cattiva digestione, dimentica. Questo è il punto. E allora, è giusto chiedere: cosa deve ancora accadere? Le donne degli inquisiti protestano a Reggio. Hanno il diritto di farlo, d’accordo. Ma la società civile vuole, o no, uscire dal silenzio, dire che non accetta il giudizio sommario sulla magistratura? Ognuno dovrebbe interrogarsi: in questo scontro sulla legalità, io, dove mi colloco? Le donne scendono in campo. Accusano. Altre difendono (l’indifendibile). Sono ore importanti. E’ venuto il momento, per tutti, di decidere. Mi schiero? Ecco la domanda. Oppure resto nell’ombra. Semiclandestino. In silenzio. Con i miei piccoli desideri frustrati. Mi schiero? Oppure guardo, in questo eterno “stare distante” che è un’agonia lenta, misera (miserabile). Mi schiero? Oppure osservo - si capisce, senza sporcarmi le mani - come finisce il gioco, come soffrono e muoiono gli altri, vicino, sempre più vicino, alla porta, chiusa, della mia esistenza. Marx aprì la sua porta. Fece entrare l’esistenza degli altri nella sua vita, e ne uscì sconvolto. Ma vivo. Dobbiamo compiere lo stesso gesto: aprire l’uscio di casa e riprenderci la vita. E’ vero: l’abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose. Ma viene per tutti il momento di decidere da che parte stare. La Calabria è terra di ‘ndrangheta. E la ‘ndrangheta non dà lavoro, frena lo sviluppo. E’ una cosa che ci riguarda? Non c’è futuro e i nostri figli scappano, i paesi si spopolano. E’ una cosa che ci riguarda? Cosa deve ancora accadere? Cosa? Perché la società civile dica, “adesso basta”, ci riprendiamo le città, il territorio, la vita. Ha ragione Lombardi Satriani: che amore è quello di un padre che fa violenza alla figlia (“Questo è il tuo matrimonio e te lo tieni per tutta la vita”), nel nome della famiglia, dell'onore, del rispetto della parola data, dell'indissolubilità dei legami. Amore? Ma via! Vogliamo dirlo (o no?) che questo è medioevo allo stato puro. Che nel 2012 esistono in Calabria sacche di “cultura” che fanno rabbrividire. Che questa mentalità è alimentata dal silenzio. Dalla paura. Vogliamo dirlo che la nostra terra è una società chiusa. Che non c’è libertà. Che a Rosarno a Gioia Tauro a Reggio, e nei paesi interni e nella Calabria tutta, il voto è sostanzialmente controllato dalla ‘ndrangheta. Che il controllo del voto dà potere. Che il potere dà denaro. Che il denaro – il Dio denaro – è il metro, la misura di tutte le cose: “Ci sono traffici di droga – cazzo – che portano miliardi. Lo vuoi capire. Lo vuoi capire. Lo vuoi capire. Firma questa lettera di ritrattazione. Pentiti di esserti pentita”. Queste parole devono averle sentite mille volte Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo. Hanno resistito. Affrontato l’abisso. E la tragedia (“Il suicidio dimostra che ci sono nella vita mali più grandi della morte”). Hanno spezzato l’omertà e rotto con la famiglia di provenienza - queste donne -, hanno rifiutato un destino di odio e violenza. E lottato, sofferto, urlato, aperto un varco, messo in soffitta qualche pagina di Shakespeare (“Fragilità il tuo nome è donna”). Adesso tocca a noi. Il loro coraggio merita infinito rispetto: dice (anche) la nostra codardia e la nostra colpevole innocenza. Dovevamo/dobbiamo indignarci: la calma, a volte, è una vi- Maria Concetta Cacciola Lea Garofalo Cutro, a “Cineforum” un film dedicato alle donne coraggio di SALVATORE MIGALE* IL Comune di Cutro aderisce all'iniziativa lanciata dal Quotidiano della Calabria per festeggiare l'8 Marzo, la festa della donna, dedicandola a Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce e inserendola nell'ambito della manifestazioneCineforum, con una proiezionedi un film ispirato al tema delle donne coraggio. Maria Concetta e Lea hanno sacrificato la propria vita per ribellarsi ad un sistema nel quale sono state trascinate senza volerlo mentre Giuseppina continua la sua battaglia per combattere l'omertà, pensando ad un futuro migliore. Queste donne e sicuramente ce ne sono altre, si sono rese conto che vivere in un ambiente mafioso e di “ ’ndrangheta” non garantisce una vita serena e civile per sé e per i propri figli e hanno deciso di opporsi a un sistema fatto di violenza e barbarie. Maria Concetta e Lea sono state travolte proprio da questa barbarie che alla fine non risparmia nessuno. La manifestazione si svolgerà nella sala polivalente “Falcone e Borsellino”l'8 Marzo alle ore 10.30 alla mia presenza e alla presenza della Giunta Comunale, delle associazioni, delle scuole nonché di rappresentanti istituzionali provinciali e regionali con una forte componente di donne impegnate in politica e nel sociale. *sindaco Una ragazza alla manifestazione del Quotidiano del 2010 gliaccheria dell’anima. Come liberarsi? Come?, viene chiesto al nostro giornale: intanto parlandone. Creando dibattito, discussione, opinione, coscienza critica. Cosa deve ancora accadere? Cosa? Per mettere fine a questo lancinante dolore di vite umiliate, offese, spezzate. Quando venne trovato il cadavere di Roberto Calvi, “la Repubblica”, senza attendere le indagini, titolò: “Chi ha ‘suicidato’ Calvi?” (22 giugno1982). Anche noi, oggi, dobbiamo chiederci: Chi ha “suicidato” Maria Concetta Cacciola? Chi ha suicidato Fallara? (se è vero che l’induzione al suicidio è un omicidio). Chi ha ucciso Francesco Fortugno? Chi sono i mandanti? Chi ha commissionato l’omicidio Ligato? Perché? Chi ha ucciso il giudice Scopelliti? Chi ha ucciso centinaia di persone in questo far west che è la Calabria? Domande che ne richiamano altre: la maggioranza silenziosa vuole dare una mano, o no?, alle poche “associazioni libere”, ai giornali che resistono? I partiti ci sono ancora in questa terra di ‘ndrangheta? Dimostrino di esistere. Ora. Adesso. Subito. Questo propone “il Quotidiano”: “mille fuochi di protesta” e segnali forti. Ora: negando a chi è in odore di ‘ndrangheta la tessera dei partiti. Adesso: riducendo - fino a farla scomparire - la ‘ndranghetosità che copre il crimine. Subito: organizzando una contro-manifestazione in difesa dei processi in corso a Reggio, perché sia chiaro, a tutti, che la società civile sta con i magistrati, i giudici, la legalità: non con le donne degli inquisiti. Ha detto bene Baldessarro: la Calabria è piena di innocenti “dimenticati”, ammazzati dalla 'ndrangheta, che non hanno mai avuto giustizia e che pure avevano madri, mogli, sorelle e figli. “Loro avrebbero più diritto di altri a manifestare. Stiano dunque tranquille quelle donne: se i loro parenti sono innocenti torneranno a casa, come è giusto che sia. Se sono colpevoli sconteranno la loro pena, come è giusto che sia”. Parole sante. Angelo Cannatà Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce hanno aperto una breccia nel muro dell’omertà Un esempio la loro ribellione dei sentimenti e del cuore segue dalla prima avuto la forza interiore di ribellarsi e contrapporsi alla 'ndrangheta. Le tre nobili e sfortunate ragazze hanno aperto una breccia profonda nel muro dell'omertà, che è lo strumento fondamentale del dominio mafioso. Lo hanno fatto dall'interno delle proprie famiglie e, quindi, consapevoli che sarebbero andate incontro alle ritorsioni più gravi. Lo hanno fatto per amore dei propri figli, esaltando il sentimento più alto degli esseri viventi. Il loro è un gesto che può sconvolgere i comportamenti e la tenuta degli assetti criminali, perché ha la forza di parlare direttamente alle numerose persone che, pur appartenenti a nuclei familiari mafiosi, subiscono con sofferenza tale condizione. Perché la 'ndrangheta infligge ferite e dolori profondi alle comunità nelle quali si insedia, ma produce lacerazioni e lacrime anche dentro le proprie famiglie. Nega ai propri figli il diritto di crescere liberi di costruirsi il proprio futuro. Li utilizza come strumenti della propria funesta arroganza di dominio. E quando qualcuno di loro ascende la scala delle gerarchie mafiose e diviene un boss ricchissimo e potentissimo, qual è la sua vita? Quella di vivere sempre nasco- sto, con la paura di essere ucciso dalla cosca rivale o di essere arrestato. Nelle comunità aggredite dal fenomeno criminale dilaga l'infelicità. E' infelice l'imprenditore vessato, il cittadino impaurito, il lavoratore sfruttato e malpagato, il giovane disoccupato; lo sono ancor di più i ragazzi e gli emarginati adescati ed assoldati nella manovalanza criminale, ma lo sono anche gli appartenenti alle famiglie mafiose. Non suscita sorpresa apprendere che al loro interno si accenda e divampi la ribellione di mamme che rischiano la vita per proteggere le proprie creature e sottrarle ad un futuro di lutti o di galera. La loro è certamente una ribellione senza calcoli nascosti, è la ribellione più limpida e sincera, quella dei sentimenti e del cuore. Sono donne meritevoli dell'abbraccio e del sostegno dello Stato e di tutte le persone che aspirano a vivere in una società liberata dall'oppressione criminale. Restare indifferenti, nell'opportunistica speranza che siano altri ad opporsi alla 'ndrangheta e mettersi a rischio, è un comportamento miope che riduce le forze necessarie a vincere lo scontro. Per fortuna , un numero sem- Il logo della manifestazione del Quotidiano pre più alto di cittadini acquista coscienza dei propri doveri. Lo possiamo constatare giornalmente anche dal largo interesse e le crescenti adesioni suscitate dall'importante iniziativa assunta dal 'Quotidiano della Calabria'. L' 8 marzo e le mimose sono il simbolo delle lotte delle donne per l'emancipazione, la libertà, i diritti. Dentro questo simbolo hanno pieno merito di essere collocati i nomi delle donne che hanno denunciato e denunciano le atroci- tà mafiose. Sono esse oggi in Calabria ed in Italia l'avanguardia della lotta per abbattere l'oppressione mafiosa, difendere i diritti sociali e conquistare nuovi traguardi di civiltà e progresso ( sono aspetti che stanno strettamente insieme ). In verità le donne sono sempre state l'avanguardia delle lotte sociali e civili. I miei ricordi risalgono alle raccoglitrici di ulive che, quando si collocavano alla testa delle manifestazioni, ci davano la certezza che la forza del movimento avrebbe vinto la battaglia. Che oggi parta dalla Calabria, nel nome di Maria Concetta, Giuseppina e Lea, l'appello per fare dell'8 marzo un giorno di lotta anche contro le mafie, costituisce un fatto importante. Noi calabresi dobbiamo sentirci onorati di appartenere alla stessa terra delle tre ragazze e delle tante donne che lottando per la loro libertà , spesso sacrificando la vita, lottano per la libertà di tutti. Danilo Chirico ed Alessio Magro hanno percorso in lungo ed in largo la nostra regione per ricostruire le loro storie e raccontarle nel bel libro ''I dimenticati ''. Tutti noi abbiamo il dovere di ricordarle ed additarle come nobile esempio. Giuseppe Lavorato già sindaco di Rosarno E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 20 Martedì 21 febbraio 2012 21 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Villa San Giovanni Villa San Giovanni Saline Joniche Dimissioni lampo La Fiamma chiede Centrale a carbone del capogruppo Pdl recupero delle filande associazioni all’attacco a pagina 29 a pagina 29 a pagina 31 Sul passaggio del presidente del Consiglio del Pdl all’Udc arriva lo stop del commissario Trematerra e il pasticcio Vecchio Il freno dopo l’incontro con il governatore Scopelliti al consiglio regionale LA SOLUZIONE L’INTERVENTO «Archi è tornata decorosa» Anche un commissario sarà meglio del governo della ’ndrangheta IN questi giorni sono stati effettuati numerosi interventi di pulizia e bonifica di aree del territorio di Archi, caratterizzate da un forte degrado ambientale, provocato dallo scarso senso civico dei cittadini. Lo assicura il delegato del quartiere di Archi, Roberto Leo: «Grazie all’attento epresente Assessore Comunale all’Ambiente, Tilde Minasi, che ha recepito immediatamente le mie segnalazioni, gli operatori della Leonia hanno ripulito varie zone di Archi, ed in particolare quelle adiacenti le postazioni dei cassonetti dei rifiuti solidi urbani, che nei giorni passati presentavano un aspetto vergognoso. Tutto ciò accentuato dall’incivile ed irresponsabile comportamento di alcuni cittadini - prosegue Leo - che incuranti delle norme e senza rispetto del vivere civile, abbandonano di tutto per le strade, vanificando l’apprezzato lavoro che quotidianamente viene svolto dagli operatori della Leonia, che cercano di rendere l’intero territorio cittadino più pulito ed accogliente. A tal proposito, voglio rilanciare l’invito fatto in questi giorni dalla Società Leonia e dall’Amministrazione Arena, nella persona dell’Assessore Minasi conclude - che sin dall’inizio di questa legislatura, ha avviato una forte opera di sensibilizzazione tesa all’adozione di comportamenti improntati alla salvaguardia dell’ambiente cittadino e mi rivolgo in particolare ai cittadini della zona Nord, che comprende il territorio che si estende da Santa Caterina a quello di Catona, ricordando che è stata istituita nella sede della Leonia l’isola ecologica itinerante, sita ad Archi in Via Discesa Stazione, dove è possibile conferire gratuitamente i rifiuti ingombranti nelle seguenti giornate settimanali: Martedì dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e il Venerdì e Sabato dalle ore 14.00 alle ore 19.00» di LAURA CIRELLA* Il vertice dell’Udc: in prima fila Sebastiano Vecchio di ENRICO DE GRAZIA a pagina 22 Platì Gioia Tauro De Grazia scuote le coscienze Cedro, chiesto l’ergastolo L’ANNUNCIO della disponibilità del giudice lametino Romano De Grazia a candidarsi a sindaco del piccolo centro aspromontano nelle imminenti elezioni amministrative fa discutere i movimenti politici e la società civile. IL sostituto procuratore Fimiani ha chiesto il carcere a vita per Gregorio Congiusti, ritenuto il responsabile dell’omicidio del giovane commerciante di videogiochi, Carmine Cedro, assassinato nel novembre 2009. a pag. 32 Romano De Grazia a pag. 24 Gregorio Congiusti LA SOLIDARIETÀ Il “Play Music Festival” raccoglie fondi all’Hospice A REGGIO è in arrivo il Play Music Festival La rassegna apre nel segno del jazz internazionale con Bill Carrothers Trio Nel corso della serata di beneficenza si raccoglieranno fondi per l’Hospice. La stagione concertistica reggina si arricchisce, da quest’anno, di un nuovo, importante evento musicale che caratterizzerà l’ultima fase della stagione invernale e l’inizio della primavera.Il festival, ideato ed organizzato dall’Associazione culturale Soledad e denomina- to “Play Music Festival”, è un evento aperto ad ogni espressione artistico/musicale, che si vuole, in quanto tale, proporre come punto d’incontro di culture, generi, tendenze ed espressioni sonore differenti. Il programma di giovedì alle ore 10.30 presso Il Fiore di Desna – si basa su una proposta artistica trasversale che va dal Pop al Rock, dal Blues alla World Music, passando per il Folk, l’Elettronica, la Classica, il Jazz e per ogni altro genere di sperimentazione sonora. La città morente del post Licandro A PROPOSITO di anniversari e di Mani Pulite, a marzo ricorreranno vent'anni dalle dimissioni di Agatino Licandro, a seguito dello “Scandalo delle fioriere”. Pochi lo ricordano ma Licandro, con le sue confessioni, portò alla luce un sistema articolato di corruzione che allora fece scandalo ma che, rispetto a quanto stiamo vivendo oggi, sembra opera da dilettanti. Da “La città dolente”, così bene descritta allora da Aldo Varano, siamo passati direttamente a “La città morente”. SABATOscorso si è svolto il secondo congresso provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà. Un congresso straordinario che ha chiuso la fase commissariale della Federazione di Reggio Calabria e, al contempo, ha segnato una serie di aspetti importanti: il primo, sicuramente, la consapevolezza dei gravi errori che SEL ha commesso nel passato e la volontà di ripartire organizzando bene i territori e lavorando nuovamente per un centrosinistra più forte e coeso. Abbiamo apprezzato la presenza dei rappresentanti di tutti i partiti del centrosinistra – PD, PRC, IDV, PdCI, PSI – oltre che dei movimenti, Energia Pulita ed Ethos, . Un secondo elemento, ulteriormente importante, è venuto dalla partecipazione alla mattinata riservata ai saluti degli ospiti dei rappresentanti di tutte le forze sane della nostra provincia. Al centrosinistra tutto, fuori e dentro i partiti, diciamo che siamo pronti ad incontrarci subito sui temi comuni, a condividere percorsi che devono vederci uniti. Tra i tanti argomenti affrontati, dalla situazione economica nazionale ed internazionale al lavoro, dai beni comuni ai trasporti, dai nuovi diritti all’ambiente, dal mondo della scuola e dell’università ai giovani, uno fra tutti è stato ricorrente: la lotta alla ‘ndrangheta, al malaffare, alla cattiva gestione delle risorse pubbliche. Questa terra ha avuto meravigliose testimonianze anti ‘ndrangheta e stagioni di notevole fermento, donne e uomini che hanno dato tantissimo alla lotta contro la ‘ndrangheta e lo hanno fatto con coraggio e al caro prezzo della vita. Un esempio emblematico è la situazione del Comune di Reggio Calabria dove, nel corso degli anni, l’incapacità amministrativa si è ben mescolata a interessi subdoli e privati. Un giudizio duro e perentorio che non viene per Laura Cirella caso ma che è dimostrato ampiamente dalle numerose inchieste condotte dalla magistratura. Come Sel abbiamo richiesto con forza l’arrivo della Commissione d’accesso, proprio al fine di verificare il livello di infiltrazione che la ‘ndrangheta ha prodotto nel comune di Reggio Calabria. Pur riconoscendo gli sforzi di un centrosinistra istituzionale riteniamo si debba fare di più, si debba uscire dal perimetro del palazzo, si debba aprire subito un dibattito pubblico su quella che non è più una semplice questione di illeciti e reati bensì una questione di etica politica. Fare questo adesso significa segnare da subito una differenza sostanziale, proporre sin da ora un’alternativa, quanto meno di prospettiva, prima che il castello di carte crolli. Come Sel auspichiamo che la Commissione d’accesso vada fino in fondo e sveli le responsabilità della lunga era Scopelliti. Se questo lavoro porterà, come crediamo, allo scioglimento del Comune di Reggio per infiltrazione sarà fatta verità. Perché qualsiasi governo, finanche il difficile compito amministrativo di un commissario, è meglio del governo della ‘ndrangheta. Da ora, però, spetta a noi, a Sel e al centrosinistra, il compito urgente di rinnovarsi e, con uno slancio forte e rumoroso, di innescare un cambiamento positivo che possa riscattare la nostra terra. *Coordinatrice provinciale Sel E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio Martedì 21 febbraio 2012 Continua al processo “Epilogo” la deposizione del tenete colonnello Vitagliano Cariche e accordi tra i Serraino L’ufficiale dell’Arma ha ricostruito gli equilibri interni alla cosca CARICHE, accordi e gerarchie criminali interne alle cosche della ‘ndrangheta reggina. Tutto documentato dalle intercettazioni telefoniche degli specialisti dell’Arma. E’ stato il Tenente Colonnello dei Carabinieri, Gianluca Vitagliano (ex capo del nucleo investigativo della provincia), a esporre in aula, nell’ambito del procedimento “Epilogo”, le risultanze investigative che si sono intrecciate con l’enorme indagine “Crimine”, che ha tentato di dimostrare l’unitarietà della ‘ndrangheta dei tre mandamenti della Provincia di Reggio Calabria. L’ufficiale dell’Arma, adesso trasferitosi ad Aversa, ha infatti curato l’attività per arrivare a incastrare molti dei boss e degli affiliati del clan Serraino, storica cosca di Reggio Calabria, egemone sui territori di San Sperato e Cardeto. Accertamenti, quelli dei Carabinieri, che culminarono nell’operazione del settembre 2010, scattata anche grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vittorio Fregona. Al cospetto del Tribunale presieduto da Silvana Grasso, sollecitato dal pubblico ministero Giuseppe Lombardo, Vitagliano ha dunque ricordato in aula una lunga serie di intercettazioni telefoniche e ambientali che avreb- bero per protagonisti, tra gli altri, Francesco “Ciccillo” Gattuso, esponente di spicco della criminalità organizzata reggina, coinvolto (assime ad altre 300 persone) nel maxiblitz dell’operazione “Crimine”, eseguito il 13 luglio 2010, con due distinti provvedimenti dalle Dda di Milano e Reggio Calabria. E dalle conversazioni intercettate, oltre che alcuni importanti passaggi circa le dinamiche della ‘ndrangheta (le cariche sarebbero rinnovate tre volte l’anno), sarebbe emerso anche il ruolo predominante di Alessandro Serraino come capo dell’omonimo clan. “Lisciandro” (così viene chia- mato nelle intercettazioni) avrebbe dunque preso le redini del clan dopo la morte del padre, Mico Serraino, fratello del celeberrimo Francesco, don Ciccio, soprannominato “il re della monta- Gianluca Vitagliano gna”, capo storico del clan, ucciso in un eclatante ag- Maurizio Cortese, entrambi imguato all’interno degli Ospedali putati nello stesso procedimenRiuniti nel 1986, nel corso della to, che avrebbero avuto il delicato seconda guerra di mafia reggi- compito di coordinare le attività na. Insomma, secondo quanto dei più giovani, linfa vitale del emerso, se don Ciccio era il passa- clan, capace di rigenerarsi dopo to, il nipote Alessandro era visto gli arresti e le perdite degli anni passati. La deposizione di Vitacome il futuro della “famiglia” A lui avrebbero fatto riferi- liano continuerà nella prossima mento tutti gli altri membri della udienza. famiglia, da Fabio Giardiniere e cla. cor. Il sostituto pg Adriana Fimiani chiede il carcere a vita per Gregorio Congiusti Organizzato al Tar Venerdì il convegno sul processo Processo d’Appello per il giovane accusato dell’omicidio Cedro amministrativo L’accusa vuole l’ergastolo di CLAUDIO CORDOVA IL SOSTITUTO procuratore generale Adriana Fimiani ha richiesto la condanna all’ergastolo per il 28enne Gregorio Congiusti, ritenuto l’assassino del commerciante Carmine Cedro. Il rappresentante dell’accusa, al cospetto della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, ha invocato dunque il carcere a vita per l’uomo, che in primo grado, invece, è stato condannato a ventiquattro anni di galera. In subordine, il sostituto pg Fimiani ha chiesto la condanna a ventiquattro anni e quattro mesi di reclusione. Già in primo grado, dunque, Congiusti era stato ritenuto colpevole e condannato, con la sentenza emessa il 3 marzo 2011, per il delitto di Carmine Cedro, commercian- Gregorio Congiusti te di Gioia Tauro. E proprio nella città del porto avvenne il delitto, nel novembre 2009: a cadere per i colpi di pistola esplosi, Cedro, commerciante-imprenditore assai noto nella Piana, per la sua posizione nel settore dei videogiochi. Un’attività, quella di Cedro, che si era incrociata con il lavoro di Congiusti: e proprio alcuni dissidi negli affari avrebbero armato la mano del giovane, la mattina del 7 novembre. Quattro colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata che raggiunsero Cedro al volto e al torace, non lasciandogli scampo. Già il giorno dopo, peraltro, il giovane Congiusti, individuato dai Carabinieri, grazie al sistema di videosorveglianza posizionato nel centro di Gioia Tauro, come l’esecutore materiale del delitto, confessò l’acca- Carmine Cedro Il luogo del delitto Cedro duto, indicando ai militari dell’Arma anche il luogo in cui aveva nascosto la pistola. In primo grado, celebrato con rito abbreviato al cospetto del Gup Paolo Ramondino, non venne accolta la richiesta del pm Rocco Cosentino che, sostenendo la premeditazione del delitto, aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Argoecologiche “mobili” che domentazioni che il sostituto pg Fivranno accogliere gli scarti miani ha nuovamente portato che la popolazione vorrà diavanti nel secondo grado di giudisfarsene e quindi liberarsene zio, chiedendo alla Corte (Fortunadalle mura delle loro abitazioto Amodeo presidente, Marialuisa ni. Crucitti a latere) il riconoscimento Due punti di raccolta nuovi, della premeditazione e, quindi, il che si aggiungono a quello “fine pena mai” per Congiusti. Doposto in Via Foro Boario, che po la requisitoria, la parola è passono stati collocati a Pietrasata agli avvocati difensori storta (vicino l’ex inceneritodell’imputato, che, rifacendosi ai re con orario: lunedi dalle I rifiuti motivi d’appello, hanno chiesto il 08.00 alle 13.00; mercoledi e di GUGLIELMO RIZZICA lasciati riconoscimento delle attenuanti giovedi dalle 14.00 alle 19.00 ) per strada generiche, nonché dell’attenuana Condera SI IMPEGNA l’Amministra- e ad Archi (discesa Stazione te della provocazione. Nel corso zione Comunale per cercare di vicino centro operativo della della prossima udienza, prevista porre un freno o quantomeno “Leonia” con orario: martedi per il 5 marzo, dovrebbe esserci di limitare il fenomeno 08.00-13.00; venerdi e sabato spazio per eventuali controreplidell’abbandono dei rifiuti soli- 14.00-19.00) istituiti per racche della Procura Generale, dopodi urbani e ingombranti per le cogliere materassi, mobili, diché la Corte entrerà in camera di computers, elettrodomestici e vie della città. consiglio per emettere la sentenza. Ultima iniziativa è stata altri rifiuti. Il servizio avrà coPraticamente un anno dopo la dequella di predisporre in alcu- sto zero per i cittadini se i ricisione di primo grado. ni rioni di Reggio due isole fiuti ingombranti saranno La sede del Tar AVRÀ luogo venerdì prossimo alle 15.30, un incontro di studio sul nuovo processo amministrativo. L’iniziativa è organizzata dalla cattedra di Diritto amministrativo dell’Università Mediterranea ed avrà luogo nelle aule del Tar di Reggio Calabria in Viale Amendola. Relatore d’eccezione sarà il professore Pier Luigi Portaluri dell’università di Lecce. Nel corso dell’incontro il presidente del Tar, Ettore Leotta, relazionerà sull’attivita della sezione staccata del Tribunale amministrativo regionale nel corso dell’anno appena conclusosi. L’inaugurazione ufficiale dell’anno giudiziario del Tar di Reggio avrà invece luogo in forma solenne, congiuntamente all’inaugurazione di Catanzaro, sabato a partire dalle ore 11. E nonostante il servizio la gente continua ad abbandonare i rifiuti per strada Ci sono due nuove isole ecologiche portati nelle sedi citate. Rifiuti che ancora oggi risultano ancora sparsi invece per molte vie. Come nel caso del sito che una volta accoglieva i locali di un’altra isola ecologica (quella di via Reggio Campi un tempo gestita dalla cooperativa “Rom 95) che pur essendo dismessa da ormai lungo tempo viene fatta oggetto nella parte esterna a rilascio continuo di rifiuti solidi ingombranti. Innumerevoli sono state le volte che la zona è stata ripulita dagli operatori addetti con grande impegno e con massicci interventi di uomini e mezzi come l’ultima volta di qualche mese addietro quando l’intera area del marciapiede per un fronte di oltre trenta metri era sommerso da scarti che arrivavano fino al muro di cinta che si affaccia sulla strada. Oggi, purtroppo, si riscontra nel luogo alla formazione di una nuova discarica a cielo aperto. come accaduto in passato. Anzi peggio. Perché nonostante le iniziative degli amministratori, mirate ad agevolare la popolazione nelle operazioni di smaltimento ma anche per far fronte e dunque porre rimedio a questo incessante fenomeno di abbandono illegale, si assiste ancora incessantemente al compiersi di questi atti di arretratezza mentale compiuti da gente ottusa che evidentemente è abituata a vivere muovendosi tra degrado e mancanza di crescita civile. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 24 Reggio 31 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Il progetto della provincia illustrato all’istituto Euclide di Bova Marina Il futuro passa per Eurodesk L’idea è quella di diffondere tra i giovani le opportunità dell’Europa DI GIUSEPPE CILIONE BOVA MARINA – “Ue per te: Europa, giovani e volontariato”: è questo il titolo del progetto promosso da Eurodesk, una rete comunitaria che fornisce informazioni ai giovani su tutte le opportunità che l’UnioneEuropea offreaigiovani comead esempio progetti di scambio, gemellaggi, attività di volontariato all’estero, tirocini, formazione e che è stato al centro di un incontro promosso dalla Provincia di Reggio Calabria presso i locali dell’Istituto Superiore Euclide di Bova Marina. Il progetto, rivolto ai giovani dai diciassette ai ventotto anni, è stato presentato da Patrizia Laganà, referente Eurodesk della Provincia, e da Giovanna De Stefano, entrambe componente dell’Ufficio Europa dell’ente di Palazzo Foti, dipartimento guidato da Anna Maria Franco; nonché, per l’ambito istituzionale, dai consiglieri provinciali di maggioranza, Demetrio Cara e Pierpaolo Zavettieri. Un messaggio chiaro, quello dei rappresentanti istituzionali che hanno rimarcato la valenza di sentirsi “cittadini europei e non solo cittadini italiani o calabresi”. «La Provincia di Reggio Calabria –hanno spiegatonei loro interventi Cara e Zavettieri – intende avvicinarsi alle comunità periferiche ed ai giovani delle scuole, grazie all’ausilio dell’Ufficio Europa, attraverso questo tipo di eventi volti a sensibilizzare al volontariato e ad una cultura europea i nostri giovani. Va evidenziato che si tratta di iniziative a costo zero per l’ente e che danno la possibilità ai ragazzi di partecipare ad esperienze ed eventi importanti per la loro crescita e che saranno a carico dell’Unione Europea». «Siamo qui per illustrare un modulo Europeo di consapevolezza sul volontariato – hanno sottolineato Patrizia Laganà e Giovanna De Stefano dell’Ufficio Europa della Provincia che rientra nell’ambito del progetto “Ue per te: Europa, giovani e volontariato”. Trattasi di un progetto promosso da Eurodesk di I partecipanti all’incontro cui fa parte anche l’Ufficio Europa della Provincia di Reggio servizio di volontario europeo che Calabria che ha aderito nel 2011 a rientra in un programma comuniquesta rete. Abbiamo cercato di sen- tario denominato “Gioventù in aziosibilizzare i giovani verso il mondo ne” che consentirà agli aderenti di del volontariato tanto a livello locale effettuare un progetto di volontaquanto a livello europeo. Abbiamo riato, della durata di massimo dodiprovveduto ad illustrare agli stu- ci mesi, in un Paese diverso da queldenti un progetto riguardante il lo di residenza». Il comitato del no alla centrale di Saline Joniche torna a puntare l’indice contro la Sei A Bova Marina Il carbone è il passato All’oratorio in maschera si processa il Carnevale Le associazioni citano Legambiente e guardano alla terra MONTEBELLO JONICO - “Il futuro dell’area grecanica è già presente, il carbone SEI-REpower trapassato”: inizia così l’articolato comunicato del Coordinamento per il No al carbone in quel di Saline Joniche. Un intervento col l’argento vivo addosso e che non usa la diplomazia per combattere l’avversario ma brandisce la spada e affonda i colpi senza giri di parole. L’indice è puntato contro il progetto di “Sei Power ed il suo codazzo di sodali le cui nefaste conseguenze ricadrebbero su tutti noi”. “La nostra terra – rammentano i sostenitori del “no” al carbone - ha delle potenzialità, purtroppo ancora non pienamente espresse, che le consentirebbero di fare un grosso salto di qualità. Questo è quello che, in sintesi, è emerso in questi giorni dai convegni organizzati dall’Università della Terza Età, sui prodotti De.C.O. e da Legambiente sul futuro dell’energia”. Secondo il fronte del “no” questi convegni “hanno aperto lo scrigno ed hanno svelato un vero e proprio tesoro. Dalle pere ai fichi, dal formaggio all’olio, dalle castagne al vino, tutto quello che nasce da una zolla di questa terra straordinaria, diventa prezioso”. Il diniego al carbone, però, non sarebbe una trincea contro lo sviluppo tecnologico: da qui il richiamo ad una recente iniziativa di Legambiente. “Non c’è futuro nel carbone, - proseguono - invece c’è nei progetti presentati nel secondo convegno, quello di Legambiente, nel quale grandi multinazionali e importanti realtà locali hanno parlato del futuro dell’energia pulita. Un futuro che coincide col presente perchè le loro tecnologie, frutto di intelligenze italiane, esistono e sono disponibili ora. Si è passati dal mostrare quelle tecnologie che consentono di produrre tutta l’energia che serve al mondo, senza danneggiare la salute dei suoi abitanti, all’esperienza di una grossa fattoria calabrese che ha un impatto ambientale pari a zero, riesce a produrre energia anche dal letame delle sue mucche. Il filo comune che ha legato tutti gli interventi è stato il fatto che la nostra terra, per la sua posizione geografica, ha la possibilità di sfruttare pienamente fonti energetiche totalmente gratuite: l’energia solare, eolica, marina, idroelettrica e geotermica”. Il fronte del “no”, poi sventola ai quattro venti il vessillo della paura legata a paventati rischi Una manifestazione contro la centrale e l’area dove dovrebbe sorgere per la salute dei cittadini che vivono nei comuni vicini al sito in cui dovrebbe sorgere l’impianto carbonifero. Nodo controverso ed oggetto di vibranti polemiche fra le due correnti di pensiero sull’ipotesi Centrale a carbone a Saline. Il coordinamento delle associazioni contrarie al carbone, poi, si rivolge ai politici. “Per costruire un vero futuro – si legge nel comunicato - c’è bisogno di una classe politica lungimirante, che riesca a far emergere quelle che sono le potenzialità della nostra terra, che sappia agire nel presente progettando il futuro, e che non scenda a compromessi per avere piccoli van- taggi temporanei, che in futuro diventerebbero danni irreversibili. Il problema della centrale a carbone è trasversale ai partiti politici, il Coordinamento si augura che il “no al carbone” sia un punto fermo in tutti i programmi, perchè è impensabile che si progetti lo sviluppo di una terra, senza preoccuparsi di difenderla da ciò che potrebbe causarne la rovina”. “Le pressioni sono forti in questi periodi, - aggiungono i rappresentanti del “no al carbone” per questo occorre che chi ha già detto il suo “no”, convinto e motivato, rimanga fermo nelle sue posizioni e non si faccia condizionare. La nostra terra non ha biso- gno di chi dice prima no, poi ni e poi si, a seconda di dove soffia il vento, e non ha bisogno di una classe politica ignava che non si espone per non perdere qualche voto, ma ha bisogno di una politica che sia presente e attiva sul territorio, al fianco di noi cittadini, e che lavori per il benessere della nostra amata terra”. Un appello chiaro e deciso che vuole spazzare i dubbi su possibili compromessi per scopi puramente elettoralistici; la battaglia del coordinamento per il “no al carbone” non si ferma con la campagna elettorale e siamo certi che la lunga querelle fornirà ulteriori capitoli. g.c. BOVA MARINA - Come da tradizione i ragazzi e le ragazze dell’Oratorio Salesiano “Don Bosco”di Bova Marina,domenica, hanno fatto sfilare il loro carro di carnevale. Sono ormai diventati dei veri maestri della cartapesta, affrontando la Profezia Maya sulla fine del mondo, hanno lavorato per diversi giorni nella costruzione del carro. Per stamattina è in programma la sfilata dei bambi- Una mscherina ni della scuola dell’infanzia “l’aquilone”, travestiti con costumi tradizionali e moderni. I festeggiamenti più strani dell’anno, a Bova Marina si concluderanno oggi con il classico “ processo a Carnevale”. Il “processo a rappresentazione teatrale di chiusura del carnevale preparata e interpretata magistralmente dai bravi giovani dell’oratorio salesiano. Durante il processo, Carnevale viene condannato a morte e al termine viene condotto nel campetto di calcio dove avviene il rogo del fantoccio della maschera, ultimo atto del carnevale. e.c. Si rinnova l’appuntamento con la cucina tipica e i dolci delle feste Maschere tra mito e tradizione Un gruppo di persone in maschera dieta quotidiana, in osservanza del divieto della religione cattolica di mangiare carne durante i quaranta giorni che precedono la Pasqua, definiti il tempo di “Quaresima”. Il Carnevale è quindi il periodo durante il quale è permesso ogni tipo di divertimento. Deriva probabilmente da antiche feste religiose pagane, in cui si faceva uso delle maschere per allontanare gli spiriti maligni. Nell’antica Roma di ENZA CAVALLARO erano i “Baccanali”, e i “SaturCON oggi, martedì di carnevale nali”, un periodo tra il vecchio e o “grasso” si concludono i fe- il nuovo anno in cui era lecito fasteggiamenti di carnevale. Si- re ciò che durante l’anno non si curamente il nome deriva dal la- poteva fare mascherandosi, fatino medioevale “carne levare”, cendo scherzi a tutti, e burlanossia “togliere la carne” dalla dosi di tutto. Con il sopraggiun- gere del Cristianesimo queste feste rimasero semplicemente come forme di divertimento popolare. Sopraggiunto il Rinascimento si iniziò a festeggiare il Carnevale anche nelle corti, con modi più raffinati che coinvolgevano il teatro, la danza e la musica. Con date variabili a seconda dei luoghi inizia tra Capodanno e l’Epifania, e si conclude il giorno di martedì grasso, che precede il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima. I giorni “grassi”, che vanno dal giovedì al martedì grasso, sono quelli maggiormente festeggiati con balli, sfilate di carriallegorici, corsi mascherati e travestimenti di ogni genere.A Carnevale il ricordo delle tradizioni agricole e alimentari è ancora vivo da Nord a Sud del Paese. Berlingozzi e Cenci in Toscana, Cicerchiata in Abruzzo, Brugnolus e Orillettas in Sardegna, Galani in Veneto, Sfrappole in Emilia Romagna, Bugie in Liguria, Struffoli e Sanguinaccio in Campania, Crostoli in Friuli, Frappe e Castagnole nel Lazio, Pignolata in bianco e nero in Sicilia e Grostoi in Trentino, sono infatti solo alcune delle centinaia di specialità gastronomiche regionali che vengono riscoperte durante il periodo di carnevale e che sono testimoni di profondi valori culturali, alimentari e religiosi. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Grecanica Martedì 21 febbraio 2012 21 Martedì 21 febbraio 2012 REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected] Montegiordano Rossano Presentata la sfiducia per il sindaco La Manna Francesco La Manna a pagina 36 Franchino: «Caputo non può fare l’assessore» a pagina 37 Giuseppe Caputo Operazione “Beta”. Ha chiesto 7.500 euro per finanziare la campagna elettorale Sotto usura per la politica Al vaglio della Procura il prestito “concesso” a un consigliere comunale di R0BERTO GRANDINETTI HA CHIESTO un aiuto economico a un amico e alla fine si è trovato sotto usura. E’ la vicenda del consigliere comunale Roberto Sacco, tra le presunte vittime di “Beta”, l’operazione antiusura condotta ieri dai carabinieri su direttive della procura di Cosenza. Come responsabili vengono qui indicati Francesco Ruffolo (classe ‘52) e Pasquale Placido. A quest’ultimo (difeso dall’avvocato Ugo Le Donne) la relativa ordinanza con la quale gli sono stati applicati gli arresti domiciliari è stata notificata al fotofinish. «In concorso tra loro - si legge nel relativo capo di imputazione redatto dai pubblici ministeri Giuseppe Cava e Giuseppe Francesco Cozzolino - si facevano promettere da Sacco Roberto, a fronte di un prestito di denaro di euro 7.500, un interesse mensile pari ad euro 750, corrispondente al tasso del 10%, facendosi successivamente consegnare - oltre al capitale anche - interessi per un importo complessivo di euro 5.250». Il tutto «con l'aggravante dell'aver commesso il fatto in danno di soggetto in stato di bisogno». Negli atti i due pm hanno inserito le dichiarazioni rese a tal proposito dallo stesso Sacco, che ha così riferito: «All'incirca nel mese di febbraio 2011 ho avuto necessità di disponibilità economiche per finanziare l'imminente campagna elettorale per le elezioni comunali che si sono svolte nella primavera dello stesso anno e, pertanto mi rivolsi a Pasquale Placido, che conoscevo da circa dieci anni, affinché intercedesse con Ruffolo Francesco, detto Bebè, dell'età di circa sessanta anni, per la concessione di un prestito dell'ammontare di 7.500 euro». Sacco ha aggiunto che «Placido si dimostrò da subito disponibile e mi fissò un appuntamento, nel mese di febbraio 2011, con il Ruffolo presso il Bar sito di fronte alla Banca Carime ubicata dinanzi al Centro Commerciale I Due Fiumi di Cosenza. In quell'occasione, Ruffolo Francesco, detto Bebè, mi domandò di quanto denaro avessi bisogno e, dopo avere ascoltato la mia richiesta di un prestito di 7.500 euro, si allontanò dicendo di dovere andare a casa a prendere il contante, ritornando dopo circa mezz'ora con la somma che mi consegnò, alla presenza di Pasquale Placido, con il seguente accordo: a fronte del capitale ricevuto di euro 7.500 avrei dovuto corrispondere rate mensili di interessi di 750 euro per i mesi da marzo a settembre 2011, con restituzione del capitale di 7.500 euro nel mese di settembre. In sostanza venne fissato un tasso di interesse mensile del 10%». Sacco ha ricordato che dopo aver concluso l'accordo Ruffolo gli raccomandò la massima puntualità nei pagamenti: «Mi disse “mi raccomando, ‘un mi fa arraggià”. Placido rassicurò Bebè, garantendo la mia serietà». Sacco ha raccontato di aver corrisposto tutte le rate mensili di interessi da marzo fino al mese di settembre, «allorquando ho restituito il capitale; pertanto, ho pagato a titolo di interessi la somma complessiva di euro 5.250 nell'arco di sette mesi». In sei mesi ha dovuto restituire 5.250 euro in più Francesco Ruffolo (classe ’52) Francesco Ruffolo (classe ‘75) Lorenzo Ruffolo Davide Caligiuri Giovanni Bruni Ennio Bruni Alfonso Pichierri Pietro Sapia Pasquale Placido Anna Squillace L’ACCUSA «Soldi anche per il mediatore» PER CHI cade nella rete degli usurai non ci sono da pagare solo gli interessi da capogiro ma anche i regali al mediatore di turno. Lo ha raccontato ai magistrati una delle vittime di “Beta”: «All'incirca nel periodo di novembre- dicembre 2010 mio figlio mi riferì di avere presentato una denuncia perché era vittima di usura; in quell'occasione mi accennò alla sua situazione debitoria - che si protraeva da circa un anno - e alle difficoltà di restituire puntualmente gli interessi e le somme ricevute in prestito dagli usurai, senza indicarmi nel dettaglio le condizioni dei singoli prestiti - mi riferì, infatti, che erano più di uno - e il nominativo dei soggetti coinvolti. Successivamente mi riferì che a metterlo in contatto con gli usurai era stato Davide Caligiuri, soggetto che io conoscevo di vista da alcuni anni. Mio figlio mi disse, altresì, di avere dovuto dare a Caligiuri un regalo in denaro per l'aver questi mediato tra mio figlio e gli usurai. Il Caligiuri lo vidi poi di persona in occasione di un incontro avvenuto il 5.04.11 nei pressi del cantiere di mio figlio con Davide Caligiuri. Ricordo, altresì, che nel cor- so di tale incontro il Caligiuri, nell'insistere nella necessità di estinguere il debito con quelli di Cosenza e quasi a sua discolpa, disse che i soldi dovuti da mio figlio non erano destinati a lui ma a colui che gli aveva fatto il prestito e che lui, per l'attività di mediazione, aveva ricevuto soltanto la somma di euro 200/300 da Ruffolo Lorenzo - nominativo che io appresi per la prima volta in tale circostanza». Riguardo alla caratura dei dieci indagati i pm Cava e Cozzolino nelle loro richieste di custodia cautelare hanno scritto che «non può poi sottacersi la circostanza che a carico di alcuni indagati vi sono numerosi precedenti, anche specifici ed infraquinquennali (Ruffolo Francesco classe '52, Bruni Ennio, Ruffolo Lorenzo, Caligiuri Davide), nonché carichi pendenti, anche specifici (Bruni Ennio, Ruffolo Francesco detto Bebé, Bruni Giovanni)». Come vi abbiamo ampiamente riferito nelle pagine di Primo piano, secondo i due magistrati cosentini, che avevano chiesto l’arresto per tutti e dieci gli accusati, «ap- pare vivissimo il pericolo che gli indagati, se lasciati in libertà, possano non solo commettere ulteriori reati della stessa specie ai danni delle vittime già accertate e di quelle in corso di identificazione ma anche protrarre l'attività usuraria in atto con riguardo ai rapporti già pendenti. In ragione della particolare gravità dei reati commessi e dell'allarmante personalità dimostrata dagli indagati le prospettate esigenze cautelari non possono, allo stato, essere adeguatamente soddisfatte con una misura meno afflittiva della custodia cautelare in carcere nei confronti di tutti gli indagati, anche in ragione della necessità di recidere immediatamente ogni possibile contatto degli stessi con il contesto criminale - verosimilmente ben più ampio di quello finora emerso - in cui risultano stabilmente inseriti». Alla fine il gip Branda, come vi riferiamo sempre nelle pagine di Primo piano, ne ha mandati in carcere sei. Per i restanti quattro arresti domiciliari. I primi interrogatori di garanzia avranno inizio oggi. Si comincerà con quelli reclusi in carcere. r. gr. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza Martedì 21 febbraio 2012 “Telesis”. Sette le assoluzioni. Pene pesanti per Fabio Bruni, Musolino e Abbruzzese Clan Bruni, chiesti 300 anni Il pm Rossi ha chiuso la sua requisitoria, sollecitando 31 condanne TRENTUNO richieste di condanna, per un totale che sfiora i 300 anni di reclusione, una media di nove a testa. Le ha sollecitate ieri, al termine della sua lunga requisitoria, il pubblico ministero della Dda di Catanzaro Simona Rossi. Il procedimento di riferimento è quello “Telesis”, concentrato sul clan Bruni, secondo l’Antimafia retto dallo scomparso Michele Bruni, e sul gruppo degli zingari, con a capo Giovanni Abbruzzese. Lo stesso magistrato ha poi chiesto l’assoluzione di sette imputati. Il processo, che si sta svolgendo con la formula del rito abbreviato dinanzi al gup di Catanzaro Abigail Mellace, riprenderà il prossimo 5 marzo, con le prime arringhe difensive. L’accusa base è associazione finalizzata alle estorsioni, alle rapine e allo spaccio. Le richieste. Le pene più severe Da sinistra: Fabio Bruni, Giovanni Abbruzzese, Pasquale Ripepi e Domenico Musolino sono state sollecitate per Fabio Bruni (20 anni di reclusione), Gio- 2 anni e otto mesi, per Adolfo 9 e Luca Bruni, nella scorsa udienza il grave malattia) invitò la donna a vanni Abbruzzese (16), Umile Mi- per Fabio 4 anni e 10 mesi. Per Car- pm aveva chiesto lo stralcio consi- dire al marito di comportarsi bene celi (16 anni e quattro mesi), Do- mine Gazzaruso sono stati chiesti derato che l’imputato, per come de- e di dare a lui e al suo gruppo quello menico Musolino (21), Pasquale 9 anni di reclusione, per Luigi nunciato dai suoi familiari, è mi- che era loro. «Bruni - ha detto la Rossi al gup - parlava a nome di Naccarato 6, per Massimo Greco 6 steriosamente scomparso. Ripepi (20) e Maurizio Viola (17). Nel corso della requisitoria il pm tutti quanti. Qui è cristallizzata Per Edyta Kopaczynska, moglie anni e 4 mesi, per Luigi Morelli 8 di Michele, sono stati chiesti 8 anni anni e 8 mesi, per Roberto Manda- della Dda ha detto che il gruppo l’associazione». Sempre secondo il magistrato di reclusione. Per Andrea Bruni 8 rino 5 anni e 10 mesi, per Vincenzo Bruni-zingari era particolarmenanni e 8 mesi, per Giuseppe Pro- Perri 6, per Andrea Gagliano 3 an- te dedito alle estorsioni, alle truffe della Dda sono poi da ritenersi atsperoso 12, per Carlo La Manna 9, ni e 4 mesi. Per Francesco Giorgio e alla rapine. Il ricavato veniva ver- tendibili i collaboratori di giustiper Luca Sabato 9 anni e 4 mesi, Rocchetti sono stati richiesti 4 an- sato nella bacinella e utilizzato an- zia (quali Amodio, Di Dieco e Serper Romualdo Marsico 8 anni, per ni di reclusione. Richieste più miti che per aiutare economicamente i pa) che hanno raccontato le loro Francesco Pino (omonimo del più per Monica Pranno e Manuela Pa- sodali e le loro famiglie durante i verità sul clan Bruni e quello degli noto ex boss ed attuale collaborato- gliuso (2 anni e 8 mesi di reclusio- periodi di detenzione. Per dare cor- zingari: «Abbiamo a che fare - ha po all’ipotesi dell’associazione il detto - con personaggi “autorevone a testa). re di giustizia) 6 anni e otto mesi. Il pm Rossi ha infine chiesto l’as- pm ha ricordato una lettera che li” e intranei ai clan cosentini». Per Gabriele Pati sono stati chieL'operazione “Telesis” risale al sti 8 anni e 10 mesi, così come per soluzione per Mario Attanasio, Michele Bruni inviò dal carcere alDomenico e Antonio Iaccino, la moglie di Angelo Cerminara, dicembre del 2010. I carabinieri e Massimiliano Lo Polito. misteriosamente la polizia, su direttive del pm antiRichieste di condanna per i cin- Francesco Ripepi, Daniele La scomparso que cugini Foggetti: per Vincenzo Manna, Franco Bruzzese e Lucia- dall’ottobre del 2006. In quella no- mafia Vincenzo Luberto, notificata il presunto giovane boss (morto rono 45 ordinanze di custodia cauil pm Rossi ne ha sollecitati 12, per no Impieri. Relativamente alla posizione di nei mesi scorsi a Livorno per una telare, 41 delle quali in carcere. Ernesto 8 anni e 8 mesi, per Marco L’ipotesi degli inquirenti è che le due consorterie criminali, quella dei “Bella-Bella” e quella degli zingari “Abbruzzese” si consorziarono creando un unico grande gruppo criminale egemone in città, con l’imprimatur di mafiosità derivante proprio dal locale di Cassano. Del ricco collegio difensivo di “Telesis” fanno parte, tra gli altri, gli avvocati Amelia Ferrari, Gaetano Morrone, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Maurizio Vetere, Marcello Manna, Francesca Gallucci, Aldo Cribari, Tiziana Falbo, Rossana Cribari, Roberto Loscerbo, Antonio Quintieri, Filippo Cinnante, Angelo Pugliese, Franz Caruso, Cesare Badolato e Maurizio Nucci. r. gr. TRIBUNALE DI COSENZA “Babeis”. In sei saranno giudicati con l’abbreviato AVVISO DI VENDITA SENZA INCANTO Spaccio anche a scuola due gemelli patteggiano Sezione Esecuzioni Immobiliari Procedura Esecutiva n. 123/2001 R.G.E. G.E. Dott.ssa Francesca Goggiamani La sottoscritta Avv. Brunella Converso, quale professionista delegato ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c. Vista l’ordinanza cron. n.1064 emessa in data 07 agosto 2009 dal G.E., con cui è stata disposta la vendita dei beni immobili pignorati nel procedimento esecutivo n°123/2001 R.G.E.; Considerato il provvedimento del G.E. che ha disposto, altresì, un ribasso del 15% del prezzo del bene, con riferimento all’ultima asta effettuata, RENDE NOTO che il giorno 3 aprile 2012 alle ore 18:00 nel proprio Studio sito in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24, tel. e fax 0984 23921, è fissata dinanzi a sé l’udienza per la deliberazione sull’offerta ed eventuale gara tra gli offerenti (ex artt. 572 e 573 c.p.c.) per la vendita, senza incanto ed in un unico lotto, della nuda proprietà dei beni assoggettati ad espropriazione come sotto descritti: Lotto Unico: diritti di nuda proprietà su un appartamento per civile abitazione sito al 1° piano del corpo “B” del complesso edilizio denominato “Vadue Immobiliare”, sito in Carolei (CS), C.da Vadue - Via Nazionale n. 72, con annessa cantinola posta al piano terra del medesimo fabbricato. Dati catastali: Foglio 1, part.lla 643 (ex 437) , sub. 14, categ. A/3, Cl. 2, vani 8, rendita Euro 413,17 (appartamento); Fg. 1, part. 643, sub. 4, cat. C/2, cl. U, consistenza 4 mq, rendita Euro 10,33 (cantinola). Superficie commerciale complessiva: 215,33 mq. Ai sensi dell’art. 173 quater disp.att. c.p.c. ed in conformità alle risultanze della perizia d’ufficio in atti, si precisa che: - l’appartamento identificato in catasto al foglio 1 particella 643 sub 14, è stato oggetto di condono, così come gli altri facenti parte dello stesso fabbricato; la disposizione interna, per tale motivo, differisce dalle planimetrie progettuali, depositate presso l’UTC di Carolei; la disposizione interna differisce, altresì, dalle planimetrie depositate in catasto in quanto nel soggiorno-cucina manca un tramezzo ed il bagno adiacente, la cucina è stato soppresso per favorire l’ampliamento della stessa; le verande che si affacciano sul lato posteriore sono state chiuse con delle strutture in vetro ed alluminio; queste strutture costituiscono volume abitabile, ritenute dal competente Ufficio di carattere abusivo; il valore dell’immobile, pertanto, come di seguito precisato è decurtato del costo di demolizione di tali strutture, pari ad euro 209,32. Prezzo base d’asta : Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettentoquarantasette/33) Scadenza presentazione offerte: entro le ore 12,00 del giorno non festivo che precede la data della vendita, presso lo Studio della professionista delegata in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24. Nei casi di mancanza di offerte d’acquisto entro il termine fissato per la vendita senza incanto, ovvero le stesse siano inefficaci, ex art. 571 II comma c.p.c., oppure si verifichi una delle circostanze di cui al III comma dell’art. 572 c.p.c., per dissenso del creditore procedente a fronte di un’unica offerta, o comunque la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione, è fissata una nuova udienza, dove si procederà alla vendita con incanto del bene pignorato come sopra descritto innanzi allo stesso Professionista delegato, per il giorno 29 maggio 2012 alle ore 18:00 al prezzo di Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettecentoquarantasette/33) alle stesse condizioni, compresa la determinazione della misura minima delle offerte in aumento che non potranno essere inferiori ad Euro 1.000,00. Le istanze di partecipazione all’incanto dovranno pervenire nelle mani del Professionista entro le ore 12,00 dell’ultimo giorno non festivo che precede l’asta, Custode: Avv. Brunella Converso con Studio in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24 tel. e fax 0984 23921. Maggiori informazioni presso la Cancelleria delle Esecuzioni immobiliari e consultando l’ordinanza di delega e la perizia di stima sul sito internet www.astegiudiziarie.it Il delegato Avv. Brunella Converso IN DUE hanno patteggiato la pena. Gli altri sei procederanno invece col rito abbreviato. Così è stato deciso ieri, dinanzi al gup Livio Cristofano, del tribunale di Cosenza, in merito al procedimento antidroga denominato “Babeis”. L'operazione di riferimento fu eseguita il primo marzo dello scorso anno dai carabinieri della Compagnia di Rende, coadiuvati dalle unità cinofile antidroga del Goc di Vibo Valentia e dai militari di Rogliano. Ieri, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio sollecitata dal pm Giuseppe Casciaro, si è svolta l'udienza preliminare, con tutti e otto gli imputati che hanno scelto di essere giudicati coi riti alternativi. In due hanno dunque patteggiato. Si tratta dei gemelli Serafino e Daniele Guido, 20 anni di Lattarico, difesi dall'avvocato Amelia Ferrari, del foro di Cosenza. Il primo ha patteggiato a un anno e due mesi di reclusione, col giudice che gli ha poi revocato la misura degli arresti domiciliari; il secondo ha concordato una pena pari a tre anni di reclusione, col gup che gli ha sostituito la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari. Gli altri sei hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati col rito abbreviato. Il gup ha fissato la relativa udienza al prossimo due maggio. Si tratta di Marco Lucanto, 21 anni di Pedace, Diego Perna, 21 anni di Lattarico, Agostino Forte, 27 anni di Lattarico, Valentino Sganga, 26 di Lattarico, Francesco Sganga, 31 di Lattarico, e di Giuseppe De Cicco, 41 di Montalto Uffugo. L'accusa è detenzione ai fini dello spaccio di sostanza stupefacente, del tipo hashish ed, in alcuni casi, cocaina. L'attività investigativa iniziò nell'ottobre del 2009, quando un ragazzo fu trovato in possesso di una dose di hashish nell'ottobre del 2009. Lo fermarono per un controllo i carabinieri di Lattarico. Il giovane era a bordo di un'autovettura. Dopo la perquisizione trovarono la droga. Il giovane dichiarò che a fornirgli la droga furono Agostino Forte, Diego LA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI COSENZA CERCA IN LOCAZIONE NEL COMUNE DI COSENZA LOCALI AVENTI SUPERFICIE NON INFERIORE A MQ. 2500 CIRCA DA ADIBIRE A SEDE DEI PROPRI UFFICI. EVENTUALI PROPOSTE DEVONO PERVENIRE INDEROGABILMENTE ENTRO E NON OLTRE IL DECIMO GIORNO DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE, ALL’INDIRIZZO DI VIA P. DE ROBERTO TEL. 0984 – 6522270; 0984- 652302; FAX 0984- 412463. Perna e i gemelli Guido. L'attività investigativa ha alla fine permesso di appurare che i giovani di Lattarico si approvvigionavano dello stupefacente da Marco Lucanto. Nel corso dell'indagine è stato infatti documentato un viaggio fatto da Diego Perna, Daniele Guido e Agostino Forte a Piane Crati per acquistare un ingente quantitativo di stupefacente del tipo hashish (circa 500 grammi) proprio da Lucanto. E' stata documentata anche la spartizione della droga da rivendere a Lattarico. Secondo l'accusa il giovane Perna si è fatto aiutare, nello smistamento della droga sul territorio, da altri due giovani di Lattarico, ossia i fratelli Sganga. Daniele Guido, invece, avrebbe smerciato la sostanza stupefacente non solo nel territorio di Lattarico, ma anche nell'Istituto Industriale di Cosenza, in via Popilia che frequenta. Infatti, il giorno 25 novembre 2009, i carabinieri della Compagnia di Rogliano arrestarono in flagranza, non appena sceso dal pullman proveniente da Cosenza, un giovane per detenzione di 12 grammi di marijuana, che aveva acquistato proprio nei pressi dell'Istituto Industriale di via Popilia. Oltre alla già citata Amelia Ferrari, gli imputati di “Babeis” sono difesi dagli avvocati Amabile Cuscino, Valerio Speranza, Ferruccio Mariani, Paolo Pisani, Erman Altomare, Francesco Belcastro, Alberto Rossi, Sergio Sangiovanni e Franz Caruso. r. gr. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 22 Cosenza Cosenza 35 Praia a Mare. Raffaele Papa analizza la particolare situazione dei nosocomi “di confine” «Ospedale: perché tale scelta?» L’Mpa si pone una domanda senza risposta e parla di sanità negata di MATTEO CAVA PRAIA A MARE –Ai sindaci l'invito a consegnare le fasce tricolori al Prefetto, ai politici che non fanno parte della maggioranza la richiesta di un impegno ben preciso. L'ospedale di Praia a Mare, ma anche quello di Trebisacce sono ai primi posti degli impegni dell'Mpa provinciale coordinato da Raffaele Papa. «Il tempo è finito, gli ospedali chiudono. In Provincia di Cosenza non sono garantiti i livelli minimi di assistenza. Perché? Per colpa di chi?». È la domanda che viene ripetuta continuamente in questi giorni dal responsabile dell'Mpa, ma anche dai semplici cittadini che si chiedono sempre più spesso il perché di questa sanità negata. C'è ormai il timore di ammalarsi. «Riconversione equivale a soppressione – per Raffaele Papa - gli ospedali di confine alto Ionio e alto Tirreno, secondo Scopelliti, sono solo un neologismo e quindi via Trebisacce, anche Praia a Mare deve chiudere le porte alla vita e spalancarle alla morte. Ospedale modello, nessun contenzioso in malasanità, personale qualificato ed elogiato da molti, conti in ordine, alta la domanda di servizi per un bacino di utenza di oltre sessantamila abitanti per non parlare del periodo estivo quando le esigenze decuplicano. Nessuno fino ad ora ha spiegato il perché. Nessuna motivazione è stata data, non vi sono scusanti ad un atto ingiusto e quindi ingiustificabile frutto di arroganza e caparbietà». E' ormai ampiamente dimostrato che la struttura non pesa come altre sulle casse regionali. L'Mpa però è certo: «Ben sappiamo a chi dare la responsabilità, di certo al Commissario per la Sanità e presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti; Raffaele Papa ma non solo, anche agli assessori componenti della sua Giunta, nonché ai consiglieri regionali che appartengono alla maggioranza e consentono a presidente ed assessori di governare e decidere. Ma non finisce qua, ugua- Scalea. Domani, per la massima condivisione delle scelte Incontro sul Piano attuativo SCALEA - E' in programma per domani, alle ore 17.00, nella sala polifunzionale del Comune di Scalea, l'incontro con i cittadini dedicato alla manifestazione di interesse sul Piano attuativo unitario. Alla riunione parteciperanno, fra gli altri, il sindaco Pasquale Basile, gli amministratori comunali, i tecnici dell'ente, l'architetto Sandro Adriano, incaricato del Pau. Si tratta del terzo incontro che porterà alla redazione del Piano attuativo unitario. Si vuole arrivare alla piena condivisione del progetto urbanistico della città sulla base delle linee guida già approvate dalla Giunta comunale. L'Amministrazione ri- Cetraro. Programmata la mobilitazione Mancanza di lavoro Si forma l’associazione dei disoccupati di CLELIA ROVALE CETRARO - Con l’elezione degli organi direttivi, si é ufficialmente costituita l’associazione “Disoccupati di Cetraro”, formata da un nutrito gruppo di giovani disoccupati di Cetraro per affrontare il grave problema della mancanza di lavoro nel territorio cetrarese. Dopo una partecipata riunione, sono, infatti, stati eletti alla carica di presidente Andrea Verta e a quella di vicepresidente Livio Greco, mentre Concetta Grosso sarà la coordinatrice esterna dell’associazione. “I disoccupati di Cetraro - si legge in una nota diffusa a margine della riunione - hanno dato vita a una programmazione che ha la finalità di un percorso reale di mobilitazione contro repressione, mobilità e disoccupazione. Nei prossimi giorni, inoltre, i disoccupati incontreranno i rappresentanti delle Istituzioni regionali, provinciali e locali, i sindacati e tutti gli organi che trattano il tema del lavoro, per avviare un piano di concertazione le responsabilità se non maggiore è delle forze politiche, in primis Pdl e Udc che con il loro tacito assenso consentono a Scopelliti di decidere della vita e della morte dei cittadini calabresi; in stato completamente amorfo, non si esprimono, non propongono, non progettano, politicamente nell’oblio o in affiliazioni e proselitismi affaccendati. Questi – continua Raffaele Papa - sono coloro che hanno il potere di decidere ed hanno deciso di attentare alla vita di tutti, togliendo arbitrariamente l’assistenza sanitaria, diritto costituzionalmente previsto ma purtroppo non garantito. Tanto più è grave la colpa perché a fronte di determinazioni così delicate che toccano la vita di bambini, anziani, donne e uomini specie delle fasce più deboli, non si degnano di spiegarne i motivi, né di giustificare l’intoccabilità di altre strutture fatiscenti, né di indicare valide ed alternative soluzioni. Si ha più di un motivo per pensare che qualcuno possa aver avuto politiche compensazioni e assicurazioni. Il territorio è stato venduto e con il tempo vedremo anche chi sarà a consumare il piatto di lenticchie. Questo fino ad oggi abbiamo visto, per il prosieguo non ci aspettiamo miracolosi sconvolgimenti, anche se vorremmo tanto essere smentiti dai fatti e non dalle solite parole ed annunci». territoriale e per creare possibili opportunità lavorative”. “L’ associazione dei disoccupati - precisa poi la nota - è nata in maniera autonoma e indipendente da partiti e istituzioni e chiunque si trovi in questa condizione può farne parte”. I tanti giovani disoccupati di Cetraro, pertanto, dopo la costituzione dell’associazione, si impegneranno in modo unitario per discutere del grave problema della mancanza di lavoro nel territorio cetrarese e nel comprensorio, nonché per sensibilizzare maggiormente le istituzioni competenti e la cittadinanza verso tale problematica. Come è purtroppo noto, il problema della disoccupazione giovanile è ormai una delle principali e fondamentali priorità che caratterizzano l’agenda politica e sociale del nostro Paese, in particolare nelle regioni meridionali, dove lo stesso, soprattutto nelle piccole e medie città come Cetraro, appunto, ha raggiunto livelli fortemente preoccupanti. tiene opportuno raccogliere progetti e iniziative private suggeriti dai cittadini e dai professionisti del settore, coerenti con gli obiettivi fissati nella pianificazione comunale. Si stabiliscono gli indirizzi, finalizzati al coinvolgimento attivo dei cittadini e del territorio nella programmazione e definizione degli interventi alla base del Piano attuativo unitario. Hanno facoltà di presentare proposte tutti i cittadini di Scalea e proprietari di immobili ricadenti nell'ambito soggetto al Piano attuativo unitario, compresi gli imprenditori detentori di piani d'impresa. m.c. Il gruppo del motoclub alla premiazione Praia a Mare. Nel settore turismo Premiato ancora il motoclub PRAIA A MARE – Al Championfest della federazione motociclistica italiana è stato premiato il Moto club Praia a Mare. Una grande festa della moto, organizzata dal comitato regionale Calabria Fmi, presieduto da Luigi Mamone, presso il Palazzo della Provincia di Catanzaro. Tra i moto club che si sono distinti in ambito nazionale nel Campionato moto turistico, sul gradino più alto è finito il Moto Club Praia a Mare, che ha così potuto scrivere il nome nell'Albo d'oro del moto turismo nazionale. I giovani del moto club praiese, presieduto da Nuccio Iantorno, hanno raggiunto la cimadella classifica calabrese scavalcando il moto club "I lupi in sella" di Fagnano Castello, proprio all'ultima giornata, guadagnando il diciassettesimo posto della classifica nazionale su ben 2308 club. Grande soddisfazione è stata espressa dal presidente Ian- Scalea. Un gruppo di genitori pronto a denunciare torno che ha voluto sottolineare come: «Dopo i vari riconoscimenti nazionali ed europei ottenuti dal club nel campo della sicurezza stradale, i ragazzi del moto club hanno voluto fortemente questosuccesso nelmototurismo ed è a loro – ha detto il presidente iantorno - che voglio dedicare questa vittoria, per ringraziarli per l'attaccamento dimostrato nei riguardi del moto club Praia a Mare». La Championfest calabrese ha avuto come ospiti: Fabio Larceri, vice presidente della Fmi, i consiglieri nazionali Domenico Sotera ed Antonio Bitetti ed il presidente del Coni Calabria, Demetrio Praticò. Dopo i tradizionali saluti di benvenuto si è passati alle premiazioni che hanno visto alternarsi nellasala delConsiglio Provinciale i campioni di enduro, trial e motocross calabresi che si sono distinti nella scorsa stagione. m.c. Orsomarso Lezioni a scuola contro il porto, scatta la protesta Avvistato e filmato un esemplare di lontra tali giochi messi in atto senza scrupoli, dimenticando il bene dei nostri figli. Non sappiamo – si legge ancora nel volantino di protesta – quale forza muova tanto ardore politico, vogliamo solo ribadire che la scuola è luogo pubblico, è luogo in cui nessuna forza politica deve poter entrare per poter esaltare il proprio credo. Scalea 2020 può fare ciò che vuole attuando il proprio modo di vedere le cose con incontri pubblici o privati ai quali noi genitori decideremo o meno di partecipare, ma a scuola no». Il gruppo di genitori chiede le scuse e fa sapere che la vicenda non si fermerà a questo punto: «Nella speranza che l'ossessione di pochi non mini il quieto vivere di tutti. Auspichiamo che fatti del genere, tipici della più spregevole propaganda di regime non si verifichino più». m.c. ORSOMARSO - Arriva la conferma ufficiale e testimoniata della Lontra ad Orsomarso attraverso un filmato amatoriale del consigliere comunale con delega alla cultura, Antonio Pappaterra. Il filmato mette in luce la presenza del raro mustelide nell’habitat fluviale della Valle del Fiume Argentino. «Già 5 anni fa, - ha dichiarato Antonio Pappaterra - avvertimmo il Parco Nazionale del Pollino, delle presenza del raro mustelide nei pressi del centro urbano, segnalando pubblicamente alcuni avvistamenti sul fiume Lao, fiume Argentino e canale Campolungo-Portalaterra. La cosa non venne presa sul serio, almeno apparentemente, perché non riuscimmo a fotografare l’animale. Oggi, l’evento straordinario che mi ha permesso di filmare la lontra, attesta ciò che dicevamo a proposito di questa bellissima rarità animale». L’avvistamento è avvenuto presso il laghetto di proprietà della famiglia del consigliere comunale, dove la Lontra si nutre delle trote e delle anguille presenti. SCALEA –Il progetto contrario al porto turistico di Torre Talao diventa lezione a scuola e scatta immediatamente la polemica. Alcuni genitori hanno consegnato una nota al Quotidiano della Calabria, diretta anche alla preside, al sindaco, all'assessore alla Pubblica istruzione. «Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni – si legge fra l'altro nel documento – ma è da condannare il condizionamento “politico” dei nostri figli, camuffando la propaganda con una lezione di Educazione civica». Nella lettera che circola da ieri, i genitori contestano il fatto che professionisti abbiano tenuto “lezioni”. “In circa due ore di racconti –spiega una nota relativa alla manifestazione - che hanno intercalato storia, preistoria, geografia, geologia e diritto amministrativo, alcuni rappresentanti di Scalea 2020 hanno cercato di raccontare la vicenda del Porto di Talao a un centinaio di ragazzi. Una lezione di educazione civica l’hanno invece avuta gli adulti, dai ragazzi della Scuola Media, che hanno mostrato, Una riproduzione del progetto attraverso un piccolo, ma amaro e pungente, documentario prodotto l’anno scorso, il loro sguardo disincantato e attento sull’ambiente che li circonda”. I genitori nel documento fatto circolare ieri “condannano”: «Chi vuole condizionare la più ampia coscienza popolare utilizzando i più giovani, non riuscendovi efficacemente parlando direttamente ai loro padri». Non si accetta neanche il fatto che qualcuno si sia “prestato”: «A E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Scalea, Belvedere, Cetraro e costa tirrenica Martedì 21 febbraio 2012 Corigliano e costa jonica Martedì 21 febbraio 2012 La donna chiede anche di chiarire se il licenziamento di Levato sia avvenuto in maniera corretta Dipendente con doppio lavoro La denuncia alla Guardia di Finanza della moglie dell’ex comandante dei vigili di MATTEO LAURIA CORIGLIANO – Lo “sfogo” di una donna, di una mamma, di una moglie. E’ quello della consorte dell’ex comandante della polizia municipale di Corigliano “licenziato” dopo avere svolto il ruolo di “dirigente” del corpo e di responsabile dell’ufficio legale. In una lettera inviata al comandante della guardia di finanza e al commissario del comune di Corigliano (dottoressa Scialba), E.L.G., 47 anni, denuncia la presenza di un dirigente della macchina comunale che effettuerebbe «due lavori, che da 20anni percepisce sia lo stipendio comunale e sia lo stipendio presso un noto studio professionale». «Non ha obbligo di rientro pomeridiano, neppure quello di timbrare il cartellino. Incredibile, lo si pure avvantaggia». «Per questo suo doppio lavoro- denuncia la donna- dovrebbe essere subito licenziato , ma siamo in Italia, per lo più al Sud». Poi un riferimento alla vicenda che ha riguardato la posizione di suo marito (Arturo Levato) che «ha sacrificato la sua professione Il Comune di Corigliano (studio professionale –avvocato) per il comando di polizia municipale, per il Comune, tutti lo sanno, ma alla fine è stato cacciato a pedate, perché non si è assuefatto al potere politico, ligio al dovere, sempre presente, in quattro anni di onorato servizio, mai un giorno di malattia. In tre anni di comando ha sequestrato più di cento cantieri edili abusivi». «Nel corso del rapporto di lavoro gli avranno rinnovato il decreto più di 50 volte. Non vi è mai stata interruzione lavorativa, sempre in continuazione». Anche su questo versante la 47enne chiede alle autorità preposte di accertare se tali fatti rientrino nella legalità. «Il mio sfogo- continua la lettera- è dovuto al fatto che prima eravamo una famiglia felice, ora con il licenzia- mento, con la riapertura dello studio, dopo cinque anni, tutto è diventato più difficile, ma la forza di andare avanti me la danno i miei due figli e lo stesso mio marito che, nonostante tutto, non si abbatte, ma va avanti». Un messaggio è rivolto al commissario Scialla: «Avevo sperato con la sua venuta che lei signor Commissario, proprio perché garante della legalità, avrebbe visionato l’intero incartamento di mio marito, ma non lo ha fatto, se può lo faccia». Ai vertici delle fiamme gialle invece la donna chiede di appurare quanto denunciato in ordine alla posizione del dirigente comunale così come chiede di verificare se nel licenziamento dell’ex comandante Levato vi sia stato un «abuso di potere da parte dell’amministrazione comunale», «dopo quattro anni di lavoro continuativo, dopo più di 50 decreti continuativi. E’ vero che è instaurato un processo del lavoro, ma se vi sono responsabilità penali, ebbene e giusto che si proceda». La donna conclude con un auspicio: «Che la legge faccia la sua strada». «E’ necessaria la presenza del Pd con la creazione di nuovi circoli» «Nuova stagione politica» Il coordinatore Antonio Pezzo parla delle nuove linee guida In una settimana Quattro furti a Palazzo Spanò CORIGLIANO – Tre furti in una settimana e, domenica, arriva finanche il quarto. Vittima i proprietari del Palazzo “Spanò- De Tommasi” nel centro storico della città, in Via Garetti, nei pressi della nuova sala consiliare. Ignoti si sarebbero introdotti con una scala dalla finestra del bagno nell’arco di tempo che va dalle 15.30 alle 17.30 quando in casa non c’era nessuno. I malviventi hanno asportato un tv color, un capo di valore, preziosi, oggettistica, per un valore complessivo pari a circa 4 mila euro. Il furto giunge a pochi giorni dalla denuncia pubblica posta in essere da Rocco e Giulia Spanò, padre e figlia, derubati e scippati mesi addietro. Ieri i due, hanno depositato una nuova denuncia contro ignoti. Intanto è in atto un’azione di contrasto attraverso la costituzione di un comitato che sia di supporto alle vittime di scippi e furti. E tutto questo al fine si sostenere quei cittadini che subiscono la spregiudicatezza di una microcriminalità che sa punire chi denuncia. Da qui la crescente omertà, e la costituzione di un raggruppamento di civiltà. m. l. CORIGLIANO – Si viaggia alla ricerca di un nuovo soggetto politico, si apre una lotta serrata alle incompatibilità e al conflitto di interessi, poi una battuta sul rilancio delle primarie in città. Il coordinatore del Pd, Antonio Pezzo, giovedì prossimo a Lamezia per un incontro con il nuovo commissario regionale D’Attorre (insieme a tutti i circoli) per discutere di congressi, non ha dubbi circa la necessità di darsi ad una nuova “stagione politica”, alla luce delle ultime vicende che hanno interessato la città anche di ordine giudiziario e che può partire anche dalla riorganizzazione del partito. Una stilettata del coordinatore del Pd è rivolta a qualche ex sindaco che nelle ultime ore ha usato la “mannaia” contro tutto e tutti. Cosa succede nel Partito democretico coriglianese? «Il Pd è ancora oggi una formazione politica in composizione, come nel resto del Paese, un’organizzazione di persone di esperienze diverse. Questo dato costituisce una ricchezza quando ha come obiettivo i problemi della gente, mentre diventa un limite quando assume connotati del tutto personali». In questo momento c’è una via d’uscita? «A Corigliano in questo momento la responsabilità dovrebbe essere maggiore, visto che la città vive il momento più drammatico della sua storia. La crisi dei partiti qui da noi è maggiore rispetto ad altra realtà ed occorrerebbe quindi, da parte dei dirigenti, grande responsabilità rifuggire dai personalismi, da vecchi modelli, fare tutti un passo indietro e mettersi a disposizione per la realizzazione di un nuovo progetto politico che abbia come obiettivo principale il riavvicinamento della gente alla vita politica. Occorre che i partiti politici, tutti, si rinnovino e si ripuliscano da incompatibilità non più tollerabili e che generano sconcerto nella gente perbene che rifugge dalla partecipazione attiva alla vita politica». E allora qual è il ruolo del Pd? «Il Partito democratico coriglianese per il ruolo che gli viene riconosciuto non può certamente rifuggire dalla responsabilità di avviare una nuova stagione politica per la rinascita di Corigliano con un progetto che veda la partecipazione di tutti, nessuno escluso. Questo percorso è già avviato, nonostante si voglia all’esterno, dare l’immagine di un partito che si contorce sulle proprie divisioni Antonio Pezzo ed individualità. E’necessario capillarizzare la presenza del Pd con la creazione di nuovi circoli sul territorio, che sappiano co gliere le istanze dei cittadini. All’interno del Pd ci sono energie nuove che vanno liberate nella direzione della creazione di una nuova stagione politica che sancisca definitivamente “la fine” di un’esperienza politico-amministrativa ventennale. Non occorre sparare sulla Croce Rossa per darsi un tono, è necessario che tutti all’interno del centrosinistra capiscano il momento nuovo e si mettano a disposizione della città». Qual è la sua idea sulle primarie? «Sin dal mio insediamento, quale coordinatore del Partito democratico, ho manifestato la ferma convinzione della necessità di svolgere le primarie per la scelta del candidato a sindaco, intese come momento di partecipazione democratica al fine di recuperare il rapporto interrotto tra la società ed i partiti. Il candidato a sindaco dovrà rappresentare la sintesi di un progetto politico». m. l. «I candidati dovranno essere la sintesi di un progetto» Respinte le accuse Pdl e Coriliani contro De Rosis di LUCA LATELLA CORIGLIANO – Non parlava da molto tempo, l’ex sindaco De Rosis. Un intervento, il suo nei giorni scorsi, che sta facendo discutere alquanto. La politica cittadina e il movimentismo. Un intervento incentrato sulle “colpe” di un simile stallo cittadino, con un consiglio comunale sciolto per mafia, tutte da addossare all’ex sindaco Straface, ai consiglieri del Pdl e dell’Udc, con qualche stoccata ai movimenti schieratasi con la “prescelta”, per concludere con una “improponibile” alleanza fra lui e Geraci. Un intervento, quello di Armando De Rosis, che ha scatenato le ire del Pdl, ma anche del movimento “Coriliani”. PDL. Proprio i berlusconiani rigettano le “spocchiose lezioncine del professore su morale e condotta politica”. Dal partito non accettano che «dalla cattedra di presunta superiorità morale» ci si erga a censore dei comportamenti altrui, soprattutto da parte di chi «ha rivestito, durante la prima repubblica, adesso tanto odiata, ed in rappresentanza di un sistema di partiti da cui ora gira a largo, un ruolo di primo piano nella gestione della sanità locale» e che successivamente ha abbracciato l’aggregazionismo civico «non perché consapevole della sua forza e della sua funzione nella società coriglianese ma soltanto perché desideroso di disarticolare lo schieramento di centrosinistra e spuntare una candidatura a sindaco». Non accettano lezioni al Pdl, insomma, da parte di chi «ha preferito, da sindaco eletto ma senza maggioranza consiliare, vivacchiare e tirare a campare in attesa di pronunciamenti giurisdizionali a lui favorevoli, nonché dividere i gruppi consiliari per avere un appoggio politico ed amministrativo piuttosto che ridare la parola ai cittadini» e da chi «si prepara a una nuova candidatura con la presunzione di essere il migliore ed addirittura l’unico in grado di parlare ai cittadini». Parole toste, quelle del circolo cittadino del Pdl, sempre convinto di poter esprimere la propria posizione sui problemi co- riglianesi perché «non saranno le per niente lucide affermazioni di questo professore ad impedircelo». Così come il Pdl continuerà «a parlare dei problemi dei cittadini, individuandone le necessarie soluzioni nell’interesse del nostro territorio». «Alla presunzione e all’arroganza intellettuale di un professore in cerca di rivincita, irrispettoso della normale dialettica democratica, che a lui dovrebbe essere tanto cara – terminano i berlusconiani locali – farà da contrasto il nostro umile, ma al tempo stesso forte impegno nella direzione di dare risposte concrete ai cittadini di Coriugliano, a partire dalla grande questione dell’inclusione sociale». CORILIANI. Il movimento Coriliani, dal canto suo, non accetta né la “retorica”, né la “propaganda politica” da riproporre, piuttosto «verso le circostanze politiche da De Rosis determinate nei confronti di quei cittadini e movimenti, tra cui Coriliani che si prodigavano per lo stesso ex sindaco, proprio per dare supporto ad una politica deficitaria e ottusa che ha negato, allora, ogni possibilità di partecipazione civica». Chiara la linea difensiva del comitato Coriliani: se la relazione del ministro Maroni sullo scioglimento del consiglio riferisce come “per anni” vi siano state «collusioni e irregolarità derivanti dalla clientela negli uffici comunali», nulla è la colpa di Pasqualina Straface perché il Comune «è stato sciolto non per il sindaco colpevole e mafioso, peraltro già indagato e la cui posizione agli atti ad oggi risulta archiviata». Coriliani, dunque, invita De Rosis a fare “mea culpa” per un “poco coerente” movimento “Città Aperta” che lo ha sostenuto alle elezioni e ad aprire dibattiti sui temi quali il Piano strutturale associato o il Liceo Classico. Nel ricordare, infine, a De Rosis che non accettano “paternali”, che “l’ora del the è finita da un pezzo” e che “i 18 mesi di commissariamento passeranno presto”, da Coriliani concludono sottolineando che come comitato faranno la loro parte, anche politica, rivolta alla città. «Il Consiglio non è stato sciolto per un sindaco colpevole» «Non accettiamo lezioni di morale dall’ex sindaco» E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 38 Cosenza Martedì 21 febbraio 2012 “Telesis”. Sette le assoluzioni. Pene pesanti per Fabio Bruni, Musolino e Abbruzzese Clan Bruni, chiesti 300 anni Il pm Rossi ha chiuso la sua requisitoria, sollecitando 31 condanne TRENTUNO richieste di condanna, per un totale che sfiora i 300 anni di reclusione, una media di nove a testa. Le ha sollecitate ieri, al termine della sua lunga requisitoria, il pubblico ministero della Dda di Catanzaro Simona Rossi. Il procedimento di riferimento è quello “Telesis”, concentrato sul clan Bruni, secondo l’Antimafia retto dallo scomparso Michele Bruni, e sul gruppo degli zingari, con a capo Giovanni Abbruzzese. Lo stesso magistrato ha poi chiesto l’assoluzione di sette imputati. Il processo, che si sta svolgendo con la formula del rito abbreviato dinanzi al gup di Catanzaro Abigail Mellace, riprenderà il prossimo 5 marzo, con le prime arringhe difensive. L’accusa base è associazione finalizzata alle estorsioni, alle rapine e allo spaccio. Le richieste. Le pene più severe Da sinistra: Fabio Bruni, Giovanni Abbruzzese, Pasquale Ripepi e Domenico Musolino sono state sollecitate per Fabio Bruni (20 anni di reclusione), Gio- 2 anni e otto mesi, per Adolfo 9 e Luca Bruni, nella scorsa udienza il grave malattia) invitò la donna a vanni Abbruzzese (16), Umile Mi- per Fabio 4 anni e 10 mesi. Per Car- pm aveva chiesto lo stralcio consi- dire al marito di comportarsi bene celi (16 anni e quattro mesi), Do- mine Gazzaruso sono stati chiesti derato che l’imputato, per come de- e di dare a lui e al suo gruppo quello menico Musolino (21), Pasquale 9 anni di reclusione, per Luigi nunciato dai suoi familiari, è mi- che era loro. «Bruni - ha detto la Rossi al gup - parlava a nome di Naccarato 6, per Massimo Greco 6 steriosamente scomparso. Ripepi (20) e Maurizio Viola (17). Nel corso della requisitoria il pm tutti quanti. Qui è cristallizzata Per Edyta Kopaczynska, moglie anni e 4 mesi, per Luigi Morelli 8 di Michele, sono stati chiesti 8 anni anni e 8 mesi, per Roberto Manda- della Dda ha detto che il gruppo l’associazione». Sempre secondo il magistrato di reclusione. Per Andrea Bruni 8 rino 5 anni e 10 mesi, per Vincenzo Bruni-zingari era particolarmenanni e 8 mesi, per Giuseppe Pro- Perri 6, per Andrea Gagliano 3 an- te dedito alle estorsioni, alle truffe della Dda sono poi da ritenersi atsperoso 12, per Carlo La Manna 9, ni e 4 mesi. Per Francesco Giorgio e alla rapine. Il ricavato veniva ver- tendibili i collaboratori di giustiper Luca Sabato 9 anni e 4 mesi, Rocchetti sono stati richiesti 4 an- sato nella bacinella e utilizzato an- zia (quali Amodio, Di Dieco e Serper Romualdo Marsico 8 anni, per ni di reclusione. Richieste più miti che per aiutare economicamente i pa) che hanno raccontato le loro Francesco Pino (omonimo del più per Monica Pranno e Manuela Pa- sodali e le loro famiglie durante i verità sul clan Bruni e quello degli noto ex boss ed attuale collaborato- gliuso (2 anni e 8 mesi di reclusio- periodi di detenzione. Per dare cor- zingari: «Abbiamo a che fare - ha po all’ipotesi dell’associazione il detto - con personaggi “autorevone a testa). re di giustizia) 6 anni e otto mesi. Il pm Rossi ha infine chiesto l’as- pm ha ricordato una lettera che li” e intranei ai clan cosentini». Per Gabriele Pati sono stati chieL'operazione “Telesis” risale al sti 8 anni e 10 mesi, così come per soluzione per Mario Attanasio, Michele Bruni inviò dal carcere alDomenico e Antonio Iaccino, la moglie di Angelo Cerminara, dicembre del 2010. I carabinieri e Massimiliano Lo Polito. misteriosamente la polizia, su direttive del pm antiRichieste di condanna per i cin- Francesco Ripepi, Daniele La scomparso que cugini Foggetti: per Vincenzo Manna, Franco Bruzzese e Lucia- dall’ottobre del 2006. In quella no- mafia Vincenzo Luberto, notificata il presunto giovane boss (morto rono 45 ordinanze di custodia cauil pm Rossi ne ha sollecitati 12, per no Impieri. Relativamente alla posizione di nei mesi scorsi a Livorno per una telare, 41 delle quali in carcere. Ernesto 8 anni e 8 mesi, per Marco L’ipotesi degli inquirenti è che le due consorterie criminali, quella dei “Bella-Bella” e quella degli zingari “Abbruzzese” si consorziarono creando un unico grande gruppo criminale egemone in città, con l’imprimatur di mafiosità derivante proprio dal locale di Cassano. Del ricco collegio difensivo di “Telesis” fanno parte, tra gli altri, gli avvocati Amelia Ferrari, Gaetano Morrone, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Maurizio Vetere, Marcello Manna, Francesca Gallucci, Aldo Cribari, Tiziana Falbo, Rossana Cribari, Roberto Loscerbo, Antonio Quintieri, Filippo Cinnante, Angelo Pugliese, Franz Caruso, Cesare Badolato e Maurizio Nucci. r. gr. TRIBUNALE DI COSENZA “Babeis”. In sei saranno giudicati con l’abbreviato AVVISO DI VENDITA SENZA INCANTO Spaccio anche a scuola due gemelli patteggiano Sezione Esecuzioni Immobiliari Procedura Esecutiva n. 123/2001 R.G.E. G.E. Dott.ssa Francesca Goggiamani La sottoscritta Avv. Brunella Converso, quale professionista delegato ai sensi dell’art. 591 bis c.p.c. Vista l’ordinanza cron. n.1064 emessa in data 07 agosto 2009 dal G.E., con cui è stata disposta la vendita dei beni immobili pignorati nel procedimento esecutivo n°123/2001 R.G.E.; Considerato il provvedimento del G.E. che ha disposto, altresì, un ribasso del 15% del prezzo del bene, con riferimento all’ultima asta effettuata, RENDE NOTO che il giorno 3 aprile 2012 alle ore 18:00 nel proprio Studio sito in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24, tel. e fax 0984 23921, è fissata dinanzi a sé l’udienza per la deliberazione sull’offerta ed eventuale gara tra gli offerenti (ex artt. 572 e 573 c.p.c.) per la vendita, senza incanto ed in un unico lotto, della nuda proprietà dei beni assoggettati ad espropriazione come sotto descritti: Lotto Unico: diritti di nuda proprietà su un appartamento per civile abitazione sito al 1° piano del corpo “B” del complesso edilizio denominato “Vadue Immobiliare”, sito in Carolei (CS), C.da Vadue - Via Nazionale n. 72, con annessa cantinola posta al piano terra del medesimo fabbricato. Dati catastali: Foglio 1, part.lla 643 (ex 437) , sub. 14, categ. A/3, Cl. 2, vani 8, rendita Euro 413,17 (appartamento); Fg. 1, part. 643, sub. 4, cat. C/2, cl. U, consistenza 4 mq, rendita Euro 10,33 (cantinola). Superficie commerciale complessiva: 215,33 mq. Ai sensi dell’art. 173 quater disp.att. c.p.c. ed in conformità alle risultanze della perizia d’ufficio in atti, si precisa che: - l’appartamento identificato in catasto al foglio 1 particella 643 sub 14, è stato oggetto di condono, così come gli altri facenti parte dello stesso fabbricato; la disposizione interna, per tale motivo, differisce dalle planimetrie progettuali, depositate presso l’UTC di Carolei; la disposizione interna differisce, altresì, dalle planimetrie depositate in catasto in quanto nel soggiorno-cucina manca un tramezzo ed il bagno adiacente, la cucina è stato soppresso per favorire l’ampliamento della stessa; le verande che si affacciano sul lato posteriore sono state chiuse con delle strutture in vetro ed alluminio; queste strutture costituiscono volume abitabile, ritenute dal competente Ufficio di carattere abusivo; il valore dell’immobile, pertanto, come di seguito precisato è decurtato del costo di demolizione di tali strutture, pari ad euro 209,32. Prezzo base d’asta : Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettentoquarantasette/33) Scadenza presentazione offerte: entro le ore 12,00 del giorno non festivo che precede la data della vendita, presso lo Studio della professionista delegata in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24. Nei casi di mancanza di offerte d’acquisto entro il termine fissato per la vendita senza incanto, ovvero le stesse siano inefficaci, ex art. 571 II comma c.p.c., oppure si verifichi una delle circostanze di cui al III comma dell’art. 572 c.p.c., per dissenso del creditore procedente a fronte di un’unica offerta, o comunque la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione, è fissata una nuova udienza, dove si procederà alla vendita con incanto del bene pignorato come sopra descritto innanzi allo stesso Professionista delegato, per il giorno 29 maggio 2012 alle ore 18:00 al prezzo di Euro 68.747,33 (euro sessantottomilasettecentoquarantasette/33) alle stesse condizioni, compresa la determinazione della misura minima delle offerte in aumento che non potranno essere inferiori ad Euro 1.000,00. Le istanze di partecipazione all’incanto dovranno pervenire nelle mani del Professionista entro le ore 12,00 dell’ultimo giorno non festivo che precede l’asta, Custode: Avv. Brunella Converso con Studio in Cosenza, Piazza C. Bilotti n. 24 tel. e fax 0984 23921. Maggiori informazioni presso la Cancelleria delle Esecuzioni immobiliari e consultando l’ordinanza di delega e la perizia di stima sul sito internet www.astegiudiziarie.it Il delegato Avv. Brunella Converso IN DUE hanno patteggiato la pena. Gli altri sei procederanno invece col rito abbreviato. Così è stato deciso ieri, dinanzi al gup Livio Cristofano, del tribunale di Cosenza, in merito al procedimento antidroga denominato “Babeis”. L'operazione di riferimento fu eseguita il primo marzo dello scorso anno dai carabinieri della Compagnia di Rende, coadiuvati dalle unità cinofile antidroga del Goc di Vibo Valentia e dai militari di Rogliano. Ieri, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio sollecitata dal pm Giuseppe Casciaro, si è svolta l'udienza preliminare, con tutti e otto gli imputati che hanno scelto di essere giudicati coi riti alternativi. In due hanno dunque patteggiato. Si tratta dei gemelli Serafino e Daniele Guido, 20 anni di Lattarico, difesi dall'avvocato Amelia Ferrari, del foro di Cosenza. Il primo ha patteggiato a un anno e due mesi di reclusione, col giudice che gli ha poi revocato la misura degli arresti domiciliari; il secondo ha concordato una pena pari a tre anni di reclusione, col gup che gli ha sostituito la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari. Gli altri sei hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati col rito abbreviato. Il gup ha fissato la relativa udienza al prossimo due maggio. Si tratta di Marco Lucanto, 21 anni di Pedace, Diego Perna, 21 anni di Lattarico, Agostino Forte, 27 anni di Lattarico, Valentino Sganga, 26 di Lattarico, Francesco Sganga, 31 di Lattarico, e di Giuseppe De Cicco, 41 di Montalto Uffugo. L'accusa è detenzione ai fini dello spaccio di sostanza stupefacente, del tipo hashish ed, in alcuni casi, cocaina. L'attività investigativa iniziò nell'ottobre del 2009, quando un ragazzo fu trovato in possesso di una dose di hashish nell'ottobre del 2009. Lo fermarono per un controllo i carabinieri di Lattarico. Il giovane era a bordo di un'autovettura. Dopo la perquisizione trovarono la droga. Il giovane dichiarò che a fornirgli la droga furono Agostino Forte, Diego LA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI COSENZA CERCA IN LOCAZIONE NEL COMUNE DI COSENZA LOCALI AVENTI SUPERFICIE NON INFERIORE A MQ. 2500 CIRCA DA ADIBIRE A SEDE DEI PROPRI UFFICI. EVENTUALI PROPOSTE DEVONO PERVENIRE INDEROGABILMENTE ENTRO E NON OLTRE IL DECIMO GIORNO DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE, ALL’INDIRIZZO DI VIA P. DE ROBERTO TEL. 0984 – 6522270; 0984- 652302; FAX 0984- 412463. Perna e i gemelli Guido. L'attività investigativa ha alla fine permesso di appurare che i giovani di Lattarico si approvvigionavano dello stupefacente da Marco Lucanto. Nel corso dell'indagine è stato infatti documentato un viaggio fatto da Diego Perna, Daniele Guido e Agostino Forte a Piane Crati per acquistare un ingente quantitativo di stupefacente del tipo hashish (circa 500 grammi) proprio da Lucanto. E' stata documentata anche la spartizione della droga da rivendere a Lattarico. Secondo l'accusa il giovane Perna si è fatto aiutare, nello smistamento della droga sul territorio, da altri due giovani di Lattarico, ossia i fratelli Sganga. Daniele Guido, invece, avrebbe smerciato la sostanza stupefacente non solo nel territorio di Lattarico, ma anche nell'Istituto Industriale di Cosenza, in via Popilia che frequenta. Infatti, il giorno 25 novembre 2009, i carabinieri della Compagnia di Rogliano arrestarono in flagranza, non appena sceso dal pullman proveniente da Cosenza, un giovane per detenzione di 12 grammi di marijuana, che aveva acquistato proprio nei pressi dell'Istituto Industriale di via Popilia. Oltre alla già citata Amelia Ferrari, gli imputati di “Babeis” sono difesi dagli avvocati Amabile Cuscino, Valerio Speranza, Ferruccio Mariani, Paolo Pisani, Erman Altomare, Francesco Belcastro, Alberto Rossi, Sergio Sangiovanni e Franz Caruso. r. gr. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 22 Cosenza Alla Mediterranea partono i corsi intensivi di inglese riservati a docenti, studenti, assegnisti e borsisti La lingua ponte tra scuola e ateneo Giovannini e Mercurio siglano un accordo tra università e istituti calabresi di ANDREA IACONO CORSI intensivi di lingua inglese al via all’università Mediterranea. Il progetto, finanziato dalla Regione, è destinato a due tipologie di utenti: insegnanti delle scuole primarie esecondarie calabresi;studenti universitari, dottorandi, assegnisti, borsisti residenti in Calabria e iscritti presso atenei calabresi. Nell’ambito di tale iniziativa ieri è stato firmato un accordo quadro tra il presidente del Coruc (Comitato regionale universitario di coordinamento della Calabria) Massimo Giovannini e il direttore generale dell’Usr (Ufficio scolastico regionale) Francesco Mercurio. L’intesa riguarda le attività di collaborazione scientifica, la formazione del personale scolastico e il supporto alla didattica con le università calabresi. Nel dettaglio, l’accordo di collaborazione interesserà i seguenti settori: formazione degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personale Ata; orientamento scolastico e professionale; valutazione dei processi formativi; sperimentazione di modelli pedagogico-didattici e formativi; sperimentazione di attività formative on-line; ricerca educativa e didattica. Mercurio ha espresso soddisfazione per l’accordo raggiunto che «permetterà di soddisfare il grande bisogno di formazione avvertito dal personale scolastico e di elevarela qualitàcomplessivadella scuola calabrese, attraverso l’innovazione della didattica. L’università, con la sua ricerca, rappresenta l’elemento determinante per raggiungere questi obiettivi e i corsi di lingua costituisconoun esempio di collaborazione tra scuola e università, in linea con i principi ispiratori dell’accordo». Il rettore Giovannini, da parte sua, si è detto fiducioso che «la stretta collaborazione tra tutti i livelli scolastici e l’università permetterà agli studenti di giungere al completamento degli studi universitari senza le conseguenze di una discontinuità didattica. Questo renderà gli studenti calabresi più idonei a competere nel mondo del lavoro. Nel più breve tempo possibile sarà costituito il gruppo di coordinamento tra gli atenei calabresi e l’Ufficio scolastico regionale». Grazie alruolo attivodell’Usr, che ha promosso e sostenuto l’iniziativa garantendo una diffusione capillare presso tutte lescuole dellaregione, si sono iscritti ai corsi oltre 500 docenti calabresi. I corsi, interamente gratuiti e tenuti da docenti madrelingua, sono finalizzati al miglioramento ed al potenziamento delle competenze linguistiche per l’ottenimento dicertificazioni convalenza internazionale (A2, B1, B2, C1), in linea con il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue elaborato dal Consiglio d’Europa. La formazione sarà di tipo blended (40 ore di didattica frontale e 20 ore di e-learning), per un totale di 60 ore complessive. La certificazione avverrà tramite l'ente certificatore University of Cambridge. I corsisti che avranno ottenuto la certificazione con risultati meritevoli otterranno una borsa di studio per uno stage di perfezionamento linguistico, interamente gratuito e della durata di due settimane, presso un prestigioso college britannico. Pergli insegnanti delle scuole primarie e secondarie calabresi sono disponibili 775 posti, di cui 375 destinati agli insegnati della scuola primaria e 400 agli insegnanti della scuola secondaria. Le attività di formazione, con percorsi specifici in base al livello di conoscenza, si terranno dal 12 marzo alla fine di aprile, prevalentemente nelle ore serali. Prima dell'inizio delle lezioni, il 2 marzo si svolgerà un test di posizionamento, finalizzato alla formazione di classi di livello omogeneo. A conclusione del percorso formativo, a coloro che abbiano frequentato almeno l’80% delle ore previste sarà rilasciato un attestato di frequenza e, a seguito del superamento del test finale, un attestato di livello. L’esito positivo del test finale permetterà di sostenere gratuitamente l'esame per il conseguimento della certificazione di competenza linguistica con valenza internazionale, coerentemente con il livello del corso frequentato. Iscritti oltre 500 insegnanti Massimo Giovannini e Francesco Mercurio firmano l’accordo LA PRECISAZIONE Il rettore non appartiene al genere caprino belante La Provincia apre le porte all’arte Il progetto dell’assessore alla Cultura Lamberti con l’Accademia di Belle Arti di ALESSANDRA GIULIVO Il battesimo di “Traslochi Emotivi” di Ribuffo Accesa la fiaccola olimpica di DANIELE COLISTRA* IN riferimento alla riflessione pubblicata sul "Quotidiano" di domenica 19 febbraio, desidero precisare che il titolo ("Rettore delegittimato con metodo mafioso") è stato scelto dalla Redazione e non da me. Nel mio intervento ho messo a confronto, mediante una similitudine, alcuni modi di agire: quello di coloro che delegittimano il Rettore, quello di alcune famiglie mafiose, quello degli Ebrei che scelgono un capro per espiare i peccati collettivi. Con le me parole non intendevo dire che chi delegittima Giovannini professi la religione ebraica, né che faccia parte di una famiglia mafiosa, e nemmeno che il Rettore appartenga al genere caprino belante. *professore associato facoltà Architettura Università Mediterranea La cittadella universitaria Inaugurata la mostra che avvia le esposizioni degli artisti reggini nel palazzo dell’ente DA ieri pomeriggio, 20 febbraio, i Saloni della Provincia ospitano le opere artistiche di talenti della provincia reggina giovani e meno giovani al fine di farli apprezzare dal pubblico. La conferenza stampa per il progetto “La Provincia apre le porte all’Arte” si è svolta presso il Palazzo della Provincia. A fare gli onori di casa l’Assessore alla Cultura, Eduardo Lamberti-Castronuovo, che ha presentato l’artista reggina Teresa D. Ribuffo, protagonista della prima mostra alle ore 18.00 con una personale molto originale. “Oggi – spiega - presentiamo un piano fortemente condiviso sia con la presidenza della giunta che con la presidenza del consiglio. Vogliamo che questo edificio venga utilizzato anche per far conoscere i giovani ed i meno giovani perché l’arte non ha età e quindi vogliamo dare loro la possibilità di avere un palcoscenico per presentarsi al pubblico. Tengo a sottolineare la sinergia di questa iniziativa con l’accademia di belle arti, la facoltà di architettura ed il territorio. Un percorso gratuito che passa per l’apertura del museo san Al via le Vittoriadi La conferenza stampa di presentazione alla Provincia paolo, con il terzo piano dedicato all’esposizione permanente di quadri di artisti locali, che riserva una peculiarità: ogni artista avrà a disposizione uno spazio che potrà utilizzare come meglio crede e che può essere modificato ogni qualvolta l’artista lo riterrà opportuno, una sorta di mostra in movimento”. Tra i presenti Maurizio Mauro, Presidente dell’Accademia di Belle Arti, che ha espresso la propria felicità per questa iniziativa che permette al- la città di avvicinarsi di più alla cultura ed agli artisti locali. “Teresa Ribuffo è una figlia preziosa, con delle capacità sopra le righe. Dare degli spazi a questi artisti perché possano essere conosciuti è molto importante e creare rete credo sia fondamentale per lo sviluppo dell’arte”. Giovanni Brandolino, docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea nonché curatore della mostra, ha voluto evidenziare il significato della mostra “Tra- slochi Emotivi, Intimità sul filo”, di Teresa D. Ribuffo. “E’ un ciclo di opere che parla del ricordo, di vecchie abitudini, di gesti semplici, di intimità e di quotidianità. È il pensiero che si fa materia per interpretare se stesso, veste di bianco. La scelta accurata dei materiali rispecchia la necessità dell’artista di un confronto sincero e intimamente incontrovertibile con il proprio vissuto, con quella parte della memoria più difficile da gestire perché ancora in costruzione”. Per la giornalista Letizia Cuzzola, aprire le porte all’arte vuol dire aprirle anche al pubblico in generale, poiché molto spesso si considera l’arte come qualcosa che appartiene solo ad un determinato pubblico. “Teresa ha sicuramente la capacità di unire i sentimenti a tutto quello che è il mondo dei sogni, dei sentimenti puri e non ha bisogno di grandi spiegazioni perché ognuno di noi fermandosi difronte ad un suo quadro deve guardarsi dentro, è uno specchio che riflette tutto quanto abbiamo dentro di buono e di bello”. In conclusione Teresa D. Ribuffo ha sottolineato che sarà un’esposizione molto particolare e per l’occasione sarà presente il collezionista Giuseppe Nicolò che con due grammofoni farà ascoltare qualche vinile perché l’allestimento tratterà i tempi ritrovati. Un momento della giornata COME tutti gli anni la scuola “Vittorino da Feltre”di Reggio al fine di dare la possibilità ai ragazzi di esprimere, attraverso lo sport, la voglia di confrontarsi ed emergere, organizza un evento denominato “Vittoriadi”, durante il quale nel periodo che va da Gennaio a Maggio, tutte le classi della scuola si confrontano in gare sportive relativea discipline. Un corteo ha battezzato l’edizione 2012 con i ragazzi della scuola accompagnati dai docenti lungo la Via de Nava fino al piazzale della Libertà con cartelloni contenenti slogan inneggianti la sana competizione sportiva, allietati dall’accompagnamento musicale di un piccolo gruppo di nostri allievi diretti dal maestro Fotia. Protagonista della sfilata la fiaccola olimpica passata di mano in mano tra i vari tedofori. Il corteo ha concluso il suo percorso presso il cortile della scuola dove in presenza del dirigente scolastico e di altre autorità quali Il coordinatore dell’ufficio scolastico provinciale Vincenzo Geria, Natino Aloi, l’assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria Mario Caligiuri, Massimiliano Ferrara pro-rettore dell’Università per gli stranieri “Dante Aliglieri” in presenza delle vestali è stato acceso il braciere simbolo dei Giochi Olimpici. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 25 Martedì 21 febbraio 2012 dal POLLINO alloSTRETTO Usura, dieci arresti a Cosenza calabria ora MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 5 E l’avvocato “strozzato” parlava da solo in auto: «Giuro che m’ammazzo» COSENZA È la primavera dell’anno scorso. C’è un avvocato di Rende che guida il suo fuoristrada. Sta andando all’appuntamento con uno strozzino. L’anno prima, avendo disperatamente bisogno di denaro, si era rivolto a un suo conoscente. Quello gli aveva prestato 10mila euro sulla parola. L’accordo era che avrebbe versato 1.500 euro al mese a titolo d’interesse finché non fosse stato in grado di restituire l’intero capitale. Quando monta sul suo Suzuki l’uomo è letteralmente fuori di testa. Parla con se stesso: «(...) che ci va a fare alla Madonna di Medjugorie, che c.... ci vai fare tu a questa Madonna... Che io me ne devo uscire... Non ce la faccio più ... io sparisco, me ne devo uscire io da qua... mi vado ad ammazzare...». I carabinieri ascoltano. E non credono alle proprie orecchie. L’uomo è da solo, ma è come se stesse parlando all’usuraio: « (...) giuro su Dio che mi vado ad ammazzare... a sentire ... a essere chiamato ... non ce la faccio più. Lo vuoi capire? Alfonso... dove li vado a prendere...». Probabilmente è la parte più drammatica dell’inchiesta denominata Beta, che nella giornata di ieri ha portato all’arresto di dieci persone, accusate di usura e estorsione. Il blitz è stato condotto dal reparto operativo dei carabinieri di Cosenza diretto dal tenente colonnello Vincenzo Franzese, sotto il coordinamento della Procura di Cosenza, che da qualche mese ha scatenato una pesante offensiva nei confronti del mondo dell’usura e del racket, tanto da aver creato un apposito pool di magistrati. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Cosenza Luigi Branda su richiesta dei pm Giuseppe Cava e Giuseppe Cozzolino. Le persone arrestate sono Francesco Ruffolo detto Bebè, 60 anni, suo fratello Lorenzo (52), il nipote Francesco Ruffolo (37), Davide Caligiuri (49), Giovanni Bruni (52), Ennio Bruni (71), Pasquale Placido (64), Anna Squillace (50, moglie di Lorenzo Ruffolo), Alfonso Pichierri (53), Carmine Pietro Sapia (54). A questi ultimi quattro sono stati concessi i domiciliari. Gli indagati sono accusati di avere prestato somme per un ammontare complessivo di circa 500mila euro a pensionati, commercianti e piccoli imprenditori, applicando tassi di interesse che variavano dal 10 al 40% mensile. I Ruffolo coinvolti nell’operazione Beta sono tutti paren- FRATELLI Da sinistra, Lorenzo e Francesco Ruffolo, detto “Bebè”, al momento dell’arresto la vittima disperata L’uomo viene intercettato mentre sta andando all’appuntamento con lo strozzino ti stretti di Giuseppe (figlio di Francesco Bebè), pregiudicato di 33 anni ucciso lo scorso 22 settembre a Cosenza mentre era alla guida della sua auto. L’uomo, già arrestato per usura nel 2009, venne assassinato da un killer solitario in sella a una moto, che gli sparò con una pistola calibro 7.65. Per quel delitto la polizia ha precisi sospetti: il movente sarebbe di natura personale ma maturato in un contesto criminale. Così come i fratelli Ruffolo anche Davide Caligiuri e Ennio Bruni detto “lo sceicco” hanno precedenti specifici per il reato di usura. Le indagini dell’operazione Beta erano partite nel 2010 proprio in seguito alla denuncia di un imprenditore edile di San Pietro in Guarano, che non riuscendo a mettersi in pari con rate e interessi era stato ripetutamente picchiato e minacciato (anche con armi). Dopo mesi di violenze e vessazioni l’uomo ha collaborato attivamente alle indagini fornendo riscontri diretti alle sue dichiarazioni attraverso una minuscola telecamera installata sui suoi indumenti che ha registrato alcuni incontri con gli usurai. L’episodio dell’uomo che parla da solo e manifesta propositi suicidi, poi, offre uno spaccato del dramma vissuto da chi cade nella rete dell’usura. Si comincia con un prestito di modesta entità, che il circuito del credito legale magari non ha concesso. E si finisce col pagare solo interessi senza mai riuscire a saldare il debito iniziale. La vita diventa un inferno. A meno che non si decida di denunciare. Non ebbe questa forza Giuseppe Perfetti, 53 anni, piccolo commerciante di Cosenza. Lo trovarono morto il 20 aprile del 2009 in una piazzola di sosta della Salerno-Reggio. Si sparò un colpo di pistola in testa. Prima di premere il grilletto, però, scrisse un bigliet- fotoMorrone prestiti per 500mila euro Gli indagati applicavano tassi di interesse che variavano dal 10 al 40% al mese to d’addio rivelando le ragioni del suicidio. La polizia seguì la pista aperta da quel biglietto avviando accurate indagini che nel giro di pochi mesi consentirono di portare alla luce un giro d’usura. Di quell’inchiesta Francesco Ruffolo (condannato in primo grado a quattro anni di reclusione lo scorso autunno) era uno dei principali indagati. La vicenda del povero Perfetti è stata ricordata durante la conferenza stampa di ieri mattina anche dal procuratore generale di Cosenza Dario Granieri, che ha sottolineato ancora una volta l’importanza della collaborazione delle vittime, che rappresenta il modo migliore, ha detto, per debellare attività criminali come l’usura e il racket delle estorsioni: «Rivolgo un appello agli operatori economici della provincia di Cosenza: abbiate il coraggio di denunciare. Come le recenti inchieste stanno a dimostrare non sarete lasciati da soli». Gli interrogatori di garanzia delle 10 persone arrestate inizieranno domani. ALESSANDRO BOZZO [email protected] il procuratore Granieri: «Un risultato raggiunto grazie alla collaborazione delle vittime» COSENZA «L’operazione di oggi è il risultato di una strategia investigativa che vede la Procura di Cosenza e il comando dei Carabinieri, fortemente impegnati in un’azione sinergica tesa a contrastare il fenomeno dell’usura. Una vera è propria piaga per l’economia ed il senso civile nella città di Cosenza ed il suo hinterland». Con queste parole il procuratore Dario Granieri, nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, ha illustrato i termini dell’operazione Beta, che ha portato all’arresto di dieci persone per usura. Un risultato che è stato possibile raggiun- gere soprattutto grazie alla collaborazione delle persone finite nelle mani degli strozzini., come ha sottolineato il procuratore. «Il peso specifico del lavoro portato a termine - ha affermato infatti Granieri - è dato dalla circostanza che le persone vittime degli usurai hanno fornito una collaborazione rilevante nel corso delle indagini». Un’inchiesta complicata, avviata nel 2010, ma gli sforzi alla fine hanno premiato, permettendo di scoprire un giro d’affari di 500mila euro ottenuto ai danni di diverse persone tra pensionati, commercianti, pro- fessionisti, piccoli imprenditori. «È stata un’attività investigativa complessa - ha detto ancora in conferenza stampa il procuratore Granieri -, svolta con le più sofisticate tecniche d’indagine e che ha consentito di interrompere un’attività odiosa che da tempo soffoca il tessuto imprenditoriale del Cosentino, rovina la vita di molte imprese e di tante famiglie. Occorre - ha poi aggiunto - un moto di risveglio. Gli operatori economici devono reagire, avere il coraggio di denunciare. Bisogna avere fiducia nelle istituzioni». Il procuratore ha poi annunciato che «per irrobustire le azioni di contrasto a questo fenomeno, questa Procura ha programmato una serie di iniziative di concerto con la Prefettura e le forze dell’ordine». r. r. 7 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 D A L STEFANACONI (VV) P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O Imprenditore assassinato davanti casa Il corpo a terra, privo di vita. Crivellato di colpi all’addome e alla testa, in una sera d’inverno in un paese alle porte di Vibo Valentia. Giuseppe Matina era nel cortile di casa sua, nelle campagne di Stefanaconi, in località “Brevi”, lungo la strada che dal piccolo centro conduce allo svincolo autostradale delle Serre. Il sole, l’ultimo sole della sua esistenza, stava per calare. Chi abbia deciso la sua fine è ancora da chiarire. Di certo si sa che ad eseguirla sono stati due killer a bordo di una moto. Probabilmente la loro vittima l’avevano seguita, avevano calcolato ogni suo movi- aveva appena messo piede mento. Appena è entrata nel fuori di casa. Probabilmente, raggio di tiro l’hanno annien- alla vista dei due, ha cercato di tata. L’uomo, scappare, ma 33 anni, di è stato ragMatina era già professione giunto e frednoto alle forze imprenditore dato con agricolo, è quattro colpi dell’ordine e stato freddadi pistola caaveva legami con libro 9x21, to proprio nel le cosche vibonesi non è chiaro cortile della sua villetta. se esplosi da La moto si è avvicinata al ber- una sola arma. È morto sul saglio, probabilmente uno dei colpo. I due si sono dileguati. sicari è sceso, si è addentrato, Nelle campagne di Stefanacoha aperto il fuoco. Matina ni è tornato il silenzio. A spez- Il 33enne Giuseppe Matina è stato ucciso nel Vibonese. Informata l’Antimafia zarlo soltanto le urla ed il pianto della moglie, con la quale pare si fosse ricongiunto da poco dopo una breve separazione, e probabilmente di altri parenti presenti all’interno dell’abitazione. Sul luogo del delitto si sono fiondati i carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia e della stazione della vicina Sant’Onofrio, con il capitano Stefano Di Paolo e il luogotenente Sebastiano Cannizzaro. Insieme a loro anche il pm della Procura del capoluogo, il primo caso del 2012 Gabriella Di Lauro. Militari e tecnici hanno provveduto subito ad effettuare i primi rilievi, repertando tutto il materiale rinvenuto e perimetrando l’intera scena del crimine. Gli inquirenti non hanno lasciato nulla al caso. Sul posto è giunto anche il comandante provinciale dell’Arma, Daniele Scardecchia, insieme al maggiore Vittorio Carrara, al comando del Nucleo operativo, titolare delle indagini. Al momento la pista maggiormente battuta dagli inve- ora stigatori, spe- Già nel dicembre scopio, negli cie per le moultimi tempi scorso l’uomo dalità con le divenuto quali è stato gruppo di era scampato perpetrato il primo piano ad un altro delitto, è della crimiagguato quella di un nalità viboneomicidio mase. Ieri è stato turato all’interno di dinami- ammazzato. Ma già nel diche legate all’assetto crimina- cembre scorso qualcuno le della zona. Sarebbe questa, avrebbe tentato di farlo fuori. infatti, l’ipotesi che più di altre Matina, infatti, sarebbe scamè capace di restituire risposte pato ad un agguato mentre ai numerosi interrogativi in era alla guida della sua auto, attesa di certezze. Giuseppe quando alcuni colpi di pistola Matina, tra l’altro, non era un danneggiarono soltanto il volto nuovo alle forze dell’or- mezzo. dine. A suo carico risultano Intanto il procuratore della numerosi precedenti penali Repubblica di Vibo Valentia, per reati contro la persona e Mario Spagnuolo, ha inforcontro il patrimonio, ma so- mato dell’omicidio il collega prattutto agli inquirenti risul- della Dda di Catanzaro, Giutano diversi legami o “amici- seppe Borrelli. Si sta valutanzie” con le consorterie crimi- do, infatti, la possibilità di una nali del posto, a partire dallo trasmissione degli atti d’indazio acquisito Fortunato Pata- gine sull’assassinio di Matina nia, ucciso lo scorso 18 set- in considerazione della sua tembre a Piscopio per una possibile matrice mafiosa. sorta di regolamento di conti Una riunione, inoltre, si terrà interno alla malavita in quan- tra i magistrati per fare il punto ritenuto il responsabile, a to sugli ultimi fatti di sangue sua volta, dell’assassinio del- accaduti nel Vibonese. Alcuni l’agricoltore Michele Fiorillo, dei quali potrebbero provocaavvenuto due giorni prima. re una vera e propria guerra di Da chiarire, poi, vi è il legame mafia. che Matina avrebbe avuto GIUSEPPE MAZZEO proprio con il gruppo di [email protected] caso miriello Quarantuno afgani sbarcati nella Locride Il sindaco di Stilo: Nicola? Non possiamo aiutarlo... PORTIGLIOL A (RC) Primo sbarco del- quattro minori è stato necessario il ricovero l’anno nella locride. Alle prime luci dell’alba di presso l’ospedale civile di Locri. Per il diciasieri con un vecchio gommone motorizzato so- settenne Asan si sospetta uno schiacciamenno arrivati 41 extracomunitari a Portigliola, to delle vertebre. Said 16 anni ha riportato una sulla costa in provincia di Reggio. Ad avvistar- contusione alla mano e ancora uno è stato li sono stati i militari dell’Arma che in un pri- trattato al pronto soccorso per una colica remo momento ne hanno recuperato 30 lungo nale e un altro per un’ustione. I restanti clanla strada statale 106. In poco tempo è scatta- destini erano bagnati, infreddoliti, spaventata un’operazione di rintraccio ad ampio rag- ti, stanchi e anche “ammaccati”. «Abbiamo gio, che ha coinvolto tutte le forze dell’ordine, viaggiato ammassati», dice Mohamed. dai carabinieri alla Polizia di Stato di Siderno. Simile a tanti altri sbarchi avvenuti nei mePer l’intera mattinata gli agensi passati, diverso probati hanno setacciato in lungo e bilmente per le modalità in Fra loro ci sono in largo il territorio e la conta ficui i quarantuno hanno ben 21 nale parla di 41 migranti ferraggiunto la riva: nuotando. Sembra, infatti, che il mati: 40 hanno affermato di minorenni gommone sul quale hanno essere di nazionalità afgana, Sarebbero partiti viaggiato ha avuto qualche mentre soltanto uno sarebbe dalla Grecia problema e cosi gli scafisti siriano; tra loro tanti minorenhanno deciso di buttare la ni, ben 21. Stando alle testimonianze raccolte sareb- propria merce umana in mare. Lasciandoli bero partiti tre giorni fa dalla Grecia ma sui lo- così, al loro destino. Fortunatamente questa ro racconti sono in corso accertamenti. Sul volta ce l’hanno fatta tutti a raggiungere la riposto, a coordinare le operazioni di recupero va e adesso sono ospiti a Siderno Superiore e controllo, i carabinieri coordinati dal coman- presso una struttura della Curia. La speranza dante del gruppo di Locri tenente Nico Blan- però per ognuno di loro è quella di raggiungeco, con lui anche il maresciallo della stazione re i propri cari, come Khan, 27 anni che è vedi Siderno, Luigi Zeccardo. Un viaggio della nuto in Italia perché i suoi amici gli hanno speranza che per i quarantuno sembra esser- detto che è bella. Adesso vuole andare a Rosi trasformato in una vera odissea. «Brutto, ma dai suoi amici, sbarcati anch’essi qualche brutto», ripete sotto choc un clandestino mi- anno fa. norenne ricoverato all’ospedale di Locri. BrutANNALISA COSTANZO to il viaggio. Dei quarantuno, infatti, per ben [email protected] LOCRI (RC) Primi timidi interventi isti- tempo prima che si risolva qualcosa…». Certo è che ne è già passato tantissimo di tuzionali sul caso del giovane di Stilo, Nicola Miriello, ricoverato nel reparto di “Riani- tempo, esattamente trent’anni da quando mazione” dell’ospedale civile di Locri, dove Nicola ha iniziato il proprio, personalissimo, lotta tra la vita e la morte per una grave for- calvario. Ed insieme a lui tutta la sua encoma di cerebrolesione prima, aggravata in miabile famiglia: mamma Anselmina e pamodo evidente da una broncopolmonite “ab pà Antonio ed i fratelli, Salvatore, Teresa e ingestis”, ovvero sia da materiali ingeriti: a Giuseppe, il più piccolo, arrivato persino a ridire la sua è proprio il sindaco della cittadi- nunciare al proprio futuro, con un fresco diploma in scienze infermierina stilese, Giancarlo Mistiche, pur di stare vicino al riello, ulteriormente perfratello estremamente bisomanendo il silenzio del gnoso d’aiuto. E di cure. Quelgovernatore della Calale cure che nessuno mai gli ha bria con delega alla Saniassicurato nel comprensorio tà, Giuseppe Scopelliti; della Locride, ad iniziare dal del presidente della prodistretto nord di Caulonia e vincia di Reggio Calabria, per finire a Siderno. A tale Giuseppe Raffa; delproposito, il sindaco interviel’Azienda sanitaria prone di nuovo per precisare: vinciale numero 5 reggina «Ma io so che di contributi, la con la massima dirigente, famiglia Miriello, ne ha riceRosanna Squillacioti. Tutvuti, qui c’è l’ufficio dei servizi ti tacciono e non fanno alsociali sempre a disposizione cunché per questo 37enper qualsiasi informazione e ne stilese disperatamente Giancarlo Miriello chiarimento…». aggrappato a quella fiamMa i “contributi” cui fa cenmella di speranza, dopo no il sindaco di Stilo sono da avere subito ben due in«Le casse ricondurre, in realtà, a quelli terventi nel giro di quincomunali sono avuti, in un’unica soluzione, dici giorni, al punto da riquelle che sono dalla regione Calabria, per covolgersi direttamente al ha sempre sostenuto, carpresidente della Repube la burocrazia me te in mano, la famiglia di Nicoblica, Giorgio Napolitano. ha tempi lunghi» la: roba che, in trent’anni, non «Sì, ho letto della situasono serviti nemmeno a coprizione in cui versa il mio giovane concittadino – dice il sindaco di Sti- re le spese di viaggio che, dal 15 gennaio lo – sono andato anche domenica scorsa (il scorso, sta sostenendo per fare avanti e inriferimento è al 12 febbraio, nda) a trovarlo dietro da Stilo a Locri. Per stare vicino al proin ospedale, purtroppo come Comune non prio figlio. Per poterlo vedere, anche solo per siamo in grado di aiutarlo…». Un’afferma- un attimo, da dietro la vetrata del reparto. zione che non ammette interpretazioni di Contando solo sulle proprie forze e su quelsorta per parte del primo cittadino di palaz- le dei sanitari del nosocomio locrese, a cozo san Giovanni, corroborata dall’assunto minciare dal dottor Adamo e finendo con che «le casse comunali sono quello che so- l’ultimo degli infermieri. I soli che conoscano, in questi casi ci si dovrebbe rivolgere al- no il vero volto della sofferenza di Nicola. E la Regione Calabria – riprende il sindaco Mi- della sua famiglia. riello – mettendo così in moto una lunga traANTONIO BALDARI fila burocratica, perché passa molto, troppo [email protected] 9 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O palazzo campanella Caso Giardina, centrodestra compatto Ore frenetiche per Scopelliti che poi vola da Berlusconi. Difesa solo rimandata lonnello dei Ros Valerio Giardina che ha parlato di sostegno elettoraSurreale come quella del consi- le della cosca De Stefano a Scopelglio regionale. La giornata di Pep- liti. Delle dichiarazioni che non pe Scopelliti tutto è stata fuorché fanno dormire sonni tranquilli al abitudinaria. L’agenda era ricca, governatore, molto più difficili da ricchissima, di appuntamenti: dif- metabolizzare rispetto all’avviso di ficile riuscire ad assolverli tutti. garanzia sulla sanità calabrese. EcDall’appuntamento con il ministro co perché, dopo la solidarietà del della Giustizia a quello con Berlu- senatore Maurizio Gasparri, ieri a sconi, senza trascurare la seduta Scopelliti, è arrivato un altro sedel consiglio regionale, con tanto di gnale di vicinanza da parte del Posit-in, la carne al fuoco era davve- polo della libertà. A contattarlo ro tanta. A pesare, ormai da qual- personalmente è stato il segretario che giorno, sono però le frasi pro- nazionale del partito, Angelino Alnunciate dal colonnello Giardina. fano. Il numero uno di via delIn mattinata il presidente della l’Umiltà, in tarda mattinata, ha giunta regionale ha incontrato il contattato personalmente Scopelministro della Giustizia Paola Se- liti per poi affidare a un dispaccio verino, in trasferta a Palmi per l’in- Ansa il suo personale messaggio titolazione dell’aula bunker ad An- indirizzato al governatore. «Esprimo la mia totale solidarietà al pretonino Scopelliti. Assolto il primo impegno istitu- sidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelzionale, a Scopelliti – le parole del liti, ieri, rimaneIl messaggio naziovano “solo” due di Alfano: Peppe segretario nale del Pdl – da altri appuntamenti: il consiglio sempre schierato sempre schierato in prima linea nelregionale sui train prima fila la lotta alla sporti e la trasfercontro le ’ndrine ’ndrangheta. Certa lombarda a vilte connivenze sola Gernetto per discutere del Popolo della libertà in- no ben distanti da noi e non possieme all’ex premier Silvio Berlu- siamo permettere che si getti disconi. Ma a palazzo Campanella, scredito su esponenti delle istituda giorni, si sa, la notizia è un’altra: zioni e tutto questo per di più senovvero la testimonianza dell’ex co- za prove valide e su validi ammini- dalla prima REGGIO CALABRIA Un attacco politico... DI DAVIDE VARÌ L’aula consiliare di Palazzo Campanella, ieri presto svuotatasi stratori del Pdl, come Scopelliti, che stanno cambiando le cose in territori difficili come la Calabria». Scopelliti ha incassato, ma se anche il suo vice, Tonino Gentile, ha proposto una manifestazione nazionale di solidarietà, allora era necessaria anche una presa di posizione da parte del consiglio regionale o, almeno, della sua maggioranza. Ecco perché, attorno alle 14, Scopelliti, nella sala Levato di palazzo Campanella, ha radunato i suoi che per ore, fino alle 17, han- no ragionato, in un summit a porte chiuse, sulla difesa del governatore. Una discussione protrattasi per troppo tempo, con Scopelliti costretto ad abbandonare i lavori in anticipo, perché diretto a Milano. Il governatore, che sul caso vuole riferire in aula, non ha voluto che i suoi tenessero il consiglio, perché l’assenza si sarebbe potuta interpretare come un segno di debolezza. NATALE IRACÀ [email protected] il documento Assessori e consiglieri di maggioranza: un tentativo di delegittimazione I consiglieri regionali di maggioranza, gli assessori ed i sottosegretari al termine della riunione odierna (ieri, ndr) del consiglio regionale hanno espresso piena fiducia al presidente Scopelliti. Ci sentiamo totalmente coinvolti nel processo di cambiamento posto in essere dal Presidente nella consapevolezza che la sua azione è da sempre improntata al rispetto della legalità e al contrasto assoluto della criminalità organizzata. Ciascuno di noi si sente colpito in prima persona dagli attacchi privi di fondamento indirizzati a Scopelliti. Ci riferiamo espressamente alla testimonianza del colonnello dei carabinieri Vale- rio Giardina, resa venerdì scorso nell’ambito di un processo relativo a vicende passate che non hanno mai visto coinvolto il presidente Scopelliti e che appare orientata a delegittimarne la sua immagine e tutto ciò che la sua azione politica ed amministrativa rappresenta. In soli 22 mesi questo governo regionale ha eliminato sprechi e privilegi. Per la prima volta, la Corte dei conti ha espresso pubblicamente apprezzamento per il risanamento che la Regione Calabria sta attuando sopratutto nella sanità. Con la crisi economica che avanza e il disagio sociale ai livelli di guardia, se la po- litica continuerà ad essere ingiustamente delegittimata la speranza rischia di spegnersi per tutti, proprio nel momento in cui si stanno per cogliere i risultati positivi di un percorso virtuoso. Riteniamo pertanto indispensabile che l’opinione pubblica sia informata su quello che sta realmente accadendo in Calabria. Il presidente Scopelliti è l’autorevole guida di un gruppo dirigente, democraticamente eletto, che ha come obiettivo la realizzazione del programma di governo su cui i calabresi hanno riversato un ampio consenso. È necessario consolidare questa azione sgombrando il campo da qualsiasi dubbio. Ci riferiamo espressamente alla testimonianza del colonnello dei carabinieri Valerio Giardina, resa venerdì scorso nell’ambito di un processo relativo a vicende passate che non hanno mai visto coinvolto il presidente Scopelliti e che appare orientata a delegittimarne la sua immagine e tutto ciò che la sua azione politica ed amministrativa rappresenta». Parole di fuoco, parole che prefigurano uno scontro istituzionale senza precedenti e che, per forza di cose, dovrà essere risolto in tempi rapidissimi, pena la paralisi politica della nostra regione. Altrettanto delicata la posizione della minoranza, che non prende posizione. Delle due l’una: o la minoranza dà credito alle accuse pesantissime del colonnello contro Scopelliti, oppure, per puro calcolo politico, ha deciso di non prendere posizione. E se così fosse, se qualche consigliere di minoranza pur convinto di trovarsi di fronte a un attacco politico contro il governatore abbia deciso di tirarsi indietro, di certo ha sbagliato. Ha sbagliato perché è la politica nel suo insieme a subire questo attacco. Ma che la Calabria sia ormai una terra senza più guida politica, è cosa che noi di Calabria Ora andiamo ripetendo da mesi. Non sappiamo come andrà a finire questa storia. Non sappiamo se quanto detto dal colonnello Giardina sia vero oppure no. Ma una cosa è certa: sulla Calabria avanzano nubi nere, cariche di pioggia e temporali. D’altra parte non possiamo sottovalutare le parole dell’ex ministro Gasparri, un politico tradizionalmente molto vicino ai carabinieri. Ebbene, riferito alle rivelazioni del colonnello Giardina, Gasparri ha parlato senza mezzi termini di “cabina di regia”, di “strani movimenti nei palazzi romani”. Saranno mesi delicati, mesi decisivi per la nostra terra. E nessuno potrà sottrarsi alle proprio responsabilità. Neanche noi giornalisti. il commento Le dichiarazioni del colonnello Valerio Giardina nell'ambito del processo “Meta” relativamente al governatore Scopelliti continuano ad essere oggetto di dibattito e discussione politica. Ad intervenire il senatore del Pdl, Antonio Gentile, già sottosegretario all'Economia, che battendo tutti in termini di solidarietà, propone addirittura una manifestazione nazionale per Scopelliti. «Spero che il Pdl e tutta l'area moderata, e per questo mi adopererò – afferma in una nota il senatore Gentile – organizzino una manifestazione nazionale a sostegno del presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che rischia di essere dilaniato nell'opinione pubblica senza una giustificazione concreta se non le parole di un uomo». Per correttezza è comunque il caso di ricordare che le parole di un uomo sono quelle di un colonnello dell'Arma dei carabinieri pro- Solidarietà al governatore Antonio Gentile supera tutti nunciate nell'ambito di un dibattimento pro- lo il garantismo giudiziario, ma quello mediacessuale. «Quanto emerso in questi giorni nei tico. Con le parole, diceva Sciascia, si può ucconfronti del governatore Scopelliti – conti- cidere una persona innocente così come, esatnua Gentile - è un “de relato”. Una dichiarazio- tamente, con la lupara la mafia uccide i suoi ne resa da un ufficiale dei carabinieri che, in nemici». «Come commissario dell'Antimafia precedenza, avrebbe riconosciuto allo stesso – conclude il senatore Antonio Gentile – non presidente un grande impegno e una grande ho mai privilegiato le mie posizioni di partito responsabilità nella sua qualia quelle istituzionali, ben satà di sindaco di Reggio Calapendo che il nemico da comIl senatore bria nell'offrire soluzioni logibattere è il cancro velenoso propone stiche e strutture pubbliche che affligge il nostro Paese. per la lotta alla ’ndrangheta. Ma non posso tacere dinanzi una grande La vicenda è molto delicata e al dileggio cui è sottoposto un manifestazione chiama alla memoria non sogiovane che ha ottenuto qua- nazionale... si il 70% dei voti dei calabresi e che merita, non privilegi, ma il rispetto di tutti. Con lui abbiamo costruito liste pulite e immacolate e alleanze politiche divenute esempio in tutto il Paese». (gi. bo.) 10 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 D A L il ministro in calabria E in riva allo Stretto promette una mano per il nuovo tribunale REGGIO CALABRIA «Siamo passati da un giro vizioso a un giro virtuoso. Cioè la misura di prevenzione che genera ricchezza per lo Stato. Quella ricchezza attraverso la quale lo Stato può combattere il fenomeno della criminalità organizzata». Il ministro della Giustizia Paola Severino elogia la consegna di un immobile confiscato al Tribunale di Reggio Calabria. Quattrocento metri quadrati sottratti alla cosca Libri che serviranno ad accogliere il deposito dei corpi di reato nella città dello Stretto. «È questo - ha proseguito l’esponente del governo tecnico - il segnale importante, perchè se riusciamo ad autoalimentare le risorse dello Stato attraverso la percezione di denaro che ha provenienza illecita, io credo che avremmo risolto anche i problemi di necessaria implementazione delle forze della giustizia. Ci sarà una giustizia che produce da sola il proprio reddito e le proprie capacità di mantenersi, di evolvere e di migliorare anche la qualità del servizio». Alla cerimonia di consegna hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco Demetrio Arena, il direttore dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati Giuseppe Caruso, il presidente del Tribunale Luciano Gerardis, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Il primo cittadino di Reggio Calabria non ha perso occasione per organizzare un giro al ministro per mostrare lo stato dei lavori al costruendo palazzo di giustizia e chiedere sostegno per terminare i lavori. C’è una variante all’attenzione del consiglio superiore dei lavori pubblici e servono altri 5 milioni per un’opera che in tutto costerà 120 milioni. «Il ministro si è mostrata molto determinata. Le abbiamo mostrato delle slide e lei ha preso degli impegni», ha spiegato Arena all’uscita. Se Paola Severino terrà fede agli impegni assunti, il sindaco si dice certo che potrà essere lei stessa a inaugurarlo. Magari «entro la fine dell’anno o l’inizio del prossimo», auspica Demetrio Arena. Il ministro prima di lasciare la Calabria si è rivolta ai cittadini: «La Calabria deve reagire con le proprie forze alla criminalità che l’ha oppressa per tanti anni». Annalia Incoronato P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora La cerimonia di scopertura della targa esposta nell’aula del tribunale di Palmi Una targa rompe il silenzio Ora l’aula è tutta di Scopelliti Severino: solo un risarcimento per il giudice assassinato In alto l’arrivo del ministro a Reggio Calabria PALMI (RC) Era sostituto procuratore generale di Cassazione nel primo maxiprocesso contro la mafia siciliana quando fu ucciso. Antonino Scopelliti era calabrese, non esercitò mai le funzioni in Calabria, ma nella sua terra fu “giustiziato” dalla ‘ndrangheta nel 1991. Quell’assassinio, dopo il clamore dei primi mesi, cadde nel dimenticatoio, così come la figura di un magistrato serio e schivo, che si era tenuto sempre lontano dai riflettori e che quella serietà l’aveva pagata con la vita. Con ingiustificabile ritardo, ieri, lo Stato ha tentato di porre rimedio a quel torto intitolando un’aula del Tribunale di Palmi ad Antonino Scopelliti e portando in città le più alte cariche politiche, militari e civili regionali. È però il ministro della Giustizia Paola Severino a cospargersi il capo di cenere per le istituzioni che rappresenta, fotografando 21 anni di “colposo” silenzio sulla morte del magistrato reggino: «Quello di oggi è solo un parziale risarcimento dinanzi al torto dell’oblio - ha dichiarato - Con questa iniziativa abbiamo voluto portare a casa la memoria di un magistrato ucciso nella sua terra». Ci aveva provato il procuratore capo di Palmi Giuseppe Creazzo, poco prima dell’intervento del titolare della Giustizia, a spiegare il perché di quel silenzioi: «I calabresi non temono rivali nell’esercizio dell’oblio, nessun popolo sa effettuare opera di rimozione come fanno i calabresi». Rimozione che, però, a ben vedere non ha risparmiato neanche lo Stato, come ha sottolineato la figlia del magistrato, Rosanna Scopelliti, quando ha ricordato che «a nessuno è venuto in mente in tutti questi anni di intitolare un’aula in memoria di mia padre al Palazzaccio o a via Arenula», e sottolineando come ancora «non sappiamo chi ha ucciso il giudice Scopelliti». Questa sorta di esercizio della memoria ha coinvolto tutti gli oratori che hanno preso la parola, come per esempio Maria Grazia Arena, presidente del Tribunale di Palmi, che ha ringraziato «i familiari per avere trasformato il loro dolore in impegno sociale», il procuratore generale Salvatore Di Landro che ha messo in evidenza come «Scopelliti non è morto del tutto se il suo anelito di giustizia si trasforma in impegno concreto per questa terra», o il presidente dell’Anm Luca Palamara che ha sottolineato l’impegno del magistrato per «l’affermazione della legalità», un principio che «ricordo sempre quando parlo ai magistrati e avvocati». In ultimo, Francesco Napoli, presidente dell’ordine degli avvocati di Palmi, che ha tracciato un parallelismo tra Scopelliti e l’avvocato Fulvio Croce «entrambi esaltatori dei valori di libertà e giustizia». Presenti tra gli altri, anche il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, il presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, Luigi Fedele, il presidente della provincia Giuseppe Raffa, gli onorevoli Marco Minniti, Angela Napoli, Doris Lomoro, Maria Grazia Laganà, Elio Belcastro, Nino Foti, Aurelio Misiti, Luigi De Sena, Franco Laratta, Mario Tassone, i procuratori Piero Grasso, Giuseppe Pignatone, Vincenzo Lombardo, Michele Prestipino, il prefetto Luigi Varratta e il presidente della Corte d’appello Bruno Finocchiaro. fral ammazzateci tutti Bossoli e biglietto anonimo Aldo Pecora sotto tiro NEL MIRINO A destra Aldo Pecora leader del movimento “Ammazzateci tutti” PALMI (RC) Gli augurano di fare la stessa fine di Antonino Scopelliti. E lo fanno alla vigilia dell’intitolazione di un’aula del tribunale di Palmi proprio alla memoria del magistrato di Cassazione. Ieri Aldo Pecora ha trovato “posta” sul parabrezza della sua auto, parcheggiata nei pressi della sua abitazione, in quel di Cinque- frondi. Un biglietto anonimo, stando a quanto uno scherzo di carnevale - ha poi successivaappreso, con su scritto: «Scopelliti ti aspetta a mente aggiunto - ma é già da qualche giorno che sono sotto attacco, anche braccia aperte, farai la fine di da parte di colleghi». Il leader Gratteri e Creazzo, boom». Ha trovato ventiseienne vittima dell’intiVicino a una ruota, il leader il messaggio midazione, occorre ricordarlo, del movimento “Ammazzateci è autore di un libro sul giudice tutti” ha poi trovato due bossointimidatorio antimafia assassinato il 9 agoli esplosi. Le indagini, una volsul parabrezza sto 1991 a Campo Calabro, in ta rese note da Pecora le minacdell’auto provincia di Reggio Calabria. ce ricevute, sono state prese in “Ammazzateci tutti”, l’associamano dai carabinieri. Nel pomeriggio, i primi commenti a freddo su quan- zione che Pecora guida, è stata fondata nel 2005 to accaduto: «Ho piena fiducia in chi conduce con l’intento di sostenere la battaglia dell’antile indagini- ha detto Aldo Pecora - Spero sia mafia in Calabria. ubi-carime incompatibilità Scatta l’interrogazione sugli sportelli a rischio Franchino insiste sulla doppia carica di Caputo CATANZARO Undici minisportelli calabresi del gruppo Ubi-Carime stanno per chiudere i battenti. E ai consiglieri regionali Carlo Guccione del Pd, Mimmo Talarico di Idv e Ferdinando Aiello di Sel non sta bene. Tant’è che hanno presentato un’interrogazione al presidente della Regione Calabria per sapere «quali iniziative urgenti si intendano assumere nei confronti del gruppo Ubi-Carime per scongiurare l’attivazione, in Calabria, di un Piano industriale discriminatorio, che andrebbe ad impoverire un tessuto economico regionale già fortemente penalizzato dalle “rapine”e dagli “scippi” continui dell’ex governo Berlusconi-Tremonti». Un passaggio, poi, i consiglieri lo riservano allo sportello di Grimaldi, piccolo comune in provincia di Cosenza: «La filiale Ubi-Carime opera da circa settantadue anni, e l’immobile in cui è ubicato è di proprietà della stessa banca. Tale filiale - proseguono - svolge anche servizio di tesoreria per lo stesso Comune di Grimaldi e per i Comuni vicini di Belsito, Malito e Altilia». ROSSANO (CS) Parte un’interrogazione sulla incompatibilità tra le due cariche ricoperte da Giuseppe Caputo, a tutt’oggi consigliere regionale del Pdl e assessore a Rossano. È l’esponente del Pd Mario Franchino a sollevare la questione con una interpellanza rivolta al presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, tesa a conoscere «quali iniziative intenda promuovere per assicurare il pieno rispetto della legge e il ristabilirsi del corretto rapporto democratico nel comune di Rossano». Come si ricorderà, con la sentenza dello scorso mese di novembre, la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la legge regionale n.34 /2010 anche nella parte in cui eliminava il regime delle incompatibilità, tra l’altro, tra la carica di sindaco o di assessore comunale e quella di consigliere regionale. A distanza di circa tre mesi, l’interrogazione di Franchino «atteso che Caputo non ha manifestato ancora l’intenzione di lasciare una delle due cariche, continuando attivamente nel percorso di incompatibilità così dimostrando chiaro disprezzo per la decisione della Suprema Corte». (r. m.) 11 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 D A L P O L L I N O A L L O calabria Parco Romani, in Procura gli ex consiglieri comunali il consuntivo delle fiamme gialle Nel 2011 sequestrati 550 milioni alle ’ndrine Catanzaro, saranno sentiti come persone informate sui fatti risarcitoria contro il Comune, mentre il 16 maggio scorso è stato perfezionato l’atto Dall’esame dei fascicoli al secondo step, di compravendita tra la società “Parco Roquello degli interrogatori. Nei prossimi mani” srl e la “Catanzaro Servizi” spa, sogiorni in Procura saranno sentiti alcuni ex cietà partecipata del Comune incaricata di consiglieri comunali nell’ambito dell’in- realizzare il Centro espositivo. Sono stati chiesta su Parco Romani per verificare se ceduti 2mila 505 metri quadrati al prezzo sono stati commessi dei reati e per rico- di 5 milioni 711mila 400 euro. I due atti sono stati prodotti dalle società che hanno struire l’intera vicenda. Il primo atto della questione risale al ceduto le superfici senza però aver mai in2008, quando con la delibera numero 22 cassato nulla. La situazione, intanto, è diventata indel 5 maggio il consiglio comunale ha deciso di realizzare a Germaneto, su una su- candescente alla Catanzaro Servizi, dove il perficie di 58.300 metri quadrati da espro- rischio di default viene considerato altissipriare, un Centro espositivo fieristico per mo, tanto che nei giorni scorsi la vicenda il quale era disponibile un finanziamento è finita sul tavolo del commissario straordel ministero alle Attività Produttive. Su dinario Giuseppina Di Rosa. I Carabinieri questa strada si è andati avanti per anni, hanno lavorato nei mesi scorsi sull’accordo formalizzato davanti al finché undici mesi fa, per notaio che ha assegnato l’esattezza a marzo del Il magistrato alla società la piena titola2011, un tavolo di concerha deciso rità delle aree su cui sorge tazione convocato nelil centro commerciale, in l’ambito del Patto territodi unificare tutti cambio della cessione al riale non ha proposto di i fascicoli Comune di quote della sotrasferire la localizzaziodell’inchiesta cietà Argento e degli imne del Centro espositivo mobili che ne fanno parte fieristico in un’area all’interno dell’eterna incompiuta, il “Parco compresi gli uffici del Multipiano di via Arcommerciale Romani”. Ma, a quanto pa- gento e un palazzo in viale De Filippis. La re, quello che è stato deliberato dal consi- Catanzaro Servizi, per mettere insieme lo glio avente ad oggetto la localizzazione a spazio necessario per il centro espositivo, Germaneto non sarebbe mai stato revo- avrebbe chiesto a due imprenditori, Giucato. E proprio questo mancato passaggio seppe Gatto e Giuseppe Speziali, la cessioavrebbe messo a rischio il finanziamento ne di una porzione del Parco Romani. L’atministeriale rischiando di mandarlo in fu- to di vendita è stato stipulato ma il prezzo mo. Nel frattempo la società titolare dei pattuito, alle scadenze previste, non sarebterreni di Germaneto ha avviato un’azione be stato versato, e i due imprenditori han- ora S T R E T T O CATANZARO no notificato i relativi atti di precetto. La pista seguita dagli inquirenti riguarderebbe proprio la congruità della valutazione dell’immobile di viale De Filippis, sulla quale sono stati espressi dubbi attraverso una denuncia presentata nei mesi scorsi dall'ex assessore Fulvio Scarpino che ha segnalato anomalie anche alla Corte dei Conti per un presunto danno erariale. Ora tutto verrà messo insieme e sarà riletto alla luce degli ultimi fatti. Il procuratore aggiunto della Repubblica, Giuseppe Borrelli, ha infatti deciso di unificare tutti i fascicoli che in passato erano andati a finire nelle mani di diversi sostituti e che contenevano le informative di polizia e dei carabinieri su più aspetti della vicenda. In particolare le indagini della Procura riguardano la titolarità dei terreni su cui sorge il centro commerciale e la cessione al Comune di alcuni immobili. Il tutto per cercare di accertare la congruità dell’operazione. GABRIELLA PASSARIELLO [email protected] CATANZARO Beni per 550 milioni di euro sono stati sequestrati e confiscati dai militari della Guardia di finanza nel corso del 2011. È questo uno dei dati più significativi dell’attività svolta dalle fiamme gialle in Calabria. Sul fronte degli accertamenti antimafia i finanzieri hanno effettuato complessivamente 690 accertamenti patrimoniali che hanno interessato 922 persone fisiche e 231 società. Ne sono scaturiti sequestri di beni per circa 300 milioni di euro e confische per circa 250 milioni. Tra le indagini patrimoniali condotte dai finanzieri c’è stata quella che ha portato alla confisca di beni, per un valore stimato in 200 milioni di euro, nei confronti della cosca reggina degli Alvaro che ha ramificazioni anche a Roma. Tra i beni confiscati c’era anche il Café de Paris, simbolo della dolce vita romana, oltre ad altri noti locali pubblici ed immobili nella capitale. Strettamente connessa al sequestro ed alla confisca dei beni c’è anche l’attività di contrasto al riciclaggio di denaro sporco che ha visto i finanzieri impegnati nell’approfondimento di 350 segnalazioni per operazioni finanziarie sospette e che ha portato alla denuncia di 30 persone, di cui 6 arrestate, ed all’accertamento di condotte di riciclaggio per oltre 16 milioni di euro e al sequestro di beni per oltre 1 milione di euro. La Guardia di finanza ha svolto una incisiva azione di contrasto anche per il traffico internazionale di stupefacenti che riveste la primaria fonte di guadagno della criminalità organizzata. Nel 2011 non sono stati sequestrati 1.96 chili di cocaina ed 8 chili tra eroina ed altre sostanze. Le indagini svolte contro il fenomeno dell’usura hanno permesso di verificare come, in Calabria, il fenomeno sia spesso connesso al riciclaggio, alle intimidazione ed alle estorsione. Per usura sono state denunciate 68 persone, di cui 21 in stato di arresto, e sequestrati beni per 500 mila euro. Altri risultati sono stati conseguiti contro i reati in materia fallimentare. Sono state concluse 88 indagini che hanno portato alla denuncia di 124 persone di cui 14 in stato d’arresto, all’accertamento di distrazioni di beni in danno dei creditori per 40 milioni di euro e al sequestro di immobili e quote societarie per circa 21 milioni di euro. Non meno importante è stata l’azione contro il fenomeno dell’immigrazione clandestina. LOCRI Processo Simeri, i testi non si ricordano del killer LOCRI (RC) Parata di testimoni ieri da- quale mi ha detto che all’interno del chiosco vanti alla corte d’Assise di Locri nell’udien- c’era una persona che guardava male». A parlare ieri davanti alla corte presieduza del processo per l’omicidio di Pasquale Simari, assassinato in piazza Vittorio Veneto a ta dal giudice Alfredo Sicuro anche il gestoGioiosa Jonica la sera del 26 luglio 2005, e re del chiosco: «Simari stava bevendo una per il quale risulta principale imputato Tom- birra. Ad un tratto si avvicina una persona ed maso Costa. Il primo a parlare dal banco dei inizia a sparare. Ho visto Simari rincorso da testimoni è un allevatore: «Il 26 luglio 2005 uno armato di pistola». Muovendo alcune - ha riferito rispondendo alle domande del contestazioni il pm pone all’attenzione del pubblico ministero Antonio De Bernardo - teste le sue dichiarazioni rilasciate all’interero in piazza con Simari ed altri amici. Ho vi- rogatorio del settembre 2008 in cui l’uomo sto Pasquale (Simari, ndr) correre rincorso forniva alcune caratteristiche del killer, conda una persona». Il teste ricorda di aver sen- fermando tutto in aula. Infine la testimonianza di un amico di Simatito anche alcuni colpi di arri, il quale però non ricorda ma da fuoco. Un altro ha ri- Molte delle persone nulla di quanto aveva afferferito invece di aver sentito interrogate mato nei precedenti interroSimari gridare in piazza “fuerano presenti gatori. Fatta eccezione per jite, fujite”: «Ho sentito più alcuni aspetti: «So che Sidi uno sparo ma non ho viil giorno mari aveva una pistola e me sto chi ha sparato perché vedell’omicidio l’ha fatta tenere in mano. niva dalle mie spalle». QuinCon lui ha avuto a che fare di il turno di un operaio rumeno: «Con Simari ci vedevamo soltanto una persona di Locri con la quale si vedeva per lavoro. Sapevo che aveva delle armi, una spesso. Simari mi parlava dei Cordì di Locri pistola sul sedile posteriore dell’auto. Me la ma non so dire se tra di loro erano amici o fece vedere ma non mi ha mai spiegato per- no». L’attività istruttoria è aggiornata al prosché viaggiava armato. Sono tornato in Romania tre giorni prima dell’omicidio», non simo 5 marzo. In quella data saranno chiaconfermando tuttavia quanto dichiarato nel mati a deporre cinque testi della lista del pm, 2008 circa un richiesta di Simari per alcuni tra i quali la ragazza rumena in servizio al fucili che il giovane avrebbe dovuto portare bar al momento del delitto, citata ieri da un dalla Romania. «Ho saputo dell’omicidio da suo connazionale. suo fratello e poi ho parlato con una ragazza ILARIO BALÌ rumena in servizio al chiosco sulla piazza, la [email protected] Da domani MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 21 l’ora della Piana Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected] PORTO AUTORITA PORTUALE OSPEDALI 0966 588637 CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911 0966 765369 DOGANA GUARDIA DI FINANZA 0966 51123 POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610 CARABINIERI 0966 52972 0966 52111 VIGILI DEL FUOCO PALMI “Aula Antonino Scopelliti Magistrato”. Poche parole, incise su una targa in legno appesa nell’aula di Corte d’Assise del Tribunale di Palmi, svelata ieri mattina dal ministro della Giustizia Paola Severino. È la prima volta che in Italia un’aula di Tribunale viene intitolata a quel giudice «solo», ucciso dal patto di sangue tra mafia e ‘ndrangheta, una sera d’agosto di ventuno anni fa. La presenza del Guardasigilli Severino ha reso ancora più densa di significato la giornata nella quale la Calabria si è voluta scusare con Antonino Scopelliti, giudice dimenticato troppo in fretta. È quasi mezzogiorno quando il ministro entra in aula, accolta da un lungo applauso; accanto a lei il Procuratore capo di Palmi, Giuseppe Creazzo, promotore dell’iniziativa; il presidente del Tribunale Maria Grazia Arena; il Procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro ed il presidente dell’ordine degli avvocati di Palmi, Francesco Napoli. In prima fila il governatore Giuseppe Scopelliti, il presidente del consiglio regionale Francesco Talarico, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il commissario prefettizio di Palmi Antonia Bellomo, il presi- GIOIA TAURO FARMACIE 0966 52203 PALMI 0966 267611 CITTANOVA 0966 660488 OPPIDO 0966 86004 POLISTENA 0966 942111 TAURIANOVA 0966 618911 CINEMA Gioia Tauro Rosarno Ioculano 0966 51909 Rechichi 0966 52891 Tripodi 0966 500461 Alessio 0966 773237 Borgese 0966 712574 Cianci 0966 774494 Paparatti 0966 773046 Palmi Barone Galluzzo Saffioti Scerra Stassi 0966 479470 0966 22742 0966 22692 0966 22897 0966 22651 Taurianova Ascioti 0966 643269 Covelli 0966 610700 D’Agostino 0966611944 Panato 0966 638486 Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498 Chiuso Cittanova “Gentile” 0966 661894 Chiuso Polistena “Garibaldi” 0966 932622 Chiuso Laureana “Aurora” Chiuso «Palmi, targa a Scopelliti contro il torto dell’oblio» Severino alla cerimonia per il magistrato ucciso dalle ’ndrine MEMORIA Da sinistra Creazzo, Scopelliti, Arena, Severino, Finocchiaro, Di Landro e Napoli; la targa dente dell’Anm Luca Palamara, l’ex capo della Procura di Reggio Giuseppe Pignatone, il procuratore aggiunto Michele Prestipino. Presenti le più alte cariche delle forze dell’ordine della regione, ed i presidenti delle sezioni Aiga di Palmi e Reggio Calabria. Prende per prima la parola il presidente del Tribuna- le Maria Grazia Arena; «l’iniziativa odierna, - ha detto – è il sego tangibile della volontà di perpetrare la memoria e gli ideali di legalità di un magistrato tragicamente morto. Un grazie alla sua famiglia è doveroso, perché ha saputo tramutare il dolore in impegno sociale». Proprio l’impegno della famiglia, della figlia Rosanna, hanno tenuto vivo il ricordo del magistrato ed iniziative come quella di ieri sono alla base della costruzione di una società in cui prevale il ricordo e non l’oblio. Salvatore Di Landro, procuratore generale di Reggio Calabria, ha ricordato che l’impegno della società nel nome di Scopelliti de- Creazzo sferza la Calabria, Napoli ricorda Fulvio Croce Il procuratore: «La nostra terra non teme rivali nell’esercizio della rimozione collettiva» PALMI AMAREGGIATO Creazzo uomo che dell’onestà e della libertà aveva fatto la sua bandiera, una persona «che si ostinava a vivere in modo normale nella sua terra, e la sua terra l’ha tradito», ha detto ancora il procuratore Creazzo. Il tema della memoria e dell’oblio è stato il leitmotiv della mattinata di ieri, sottolineato anche dal ministro della Giustizia Paola Severino, che ha insistito nella VIVIANA MINASI [email protected] visita del ministro/3 visita del ministro/2 E’ stato il procuratore capo di Palmi, Giuseppe Creazzo, a volere che l’aula bunker del Tribunale venisse intitolata al giudice Antonino Scopelliti, riportando così l’attenzione su un assassinio che fino ad oggi non ha trovato giustizia. Nelle sue parole pronunciate durante la cerimonia di ieri mattina, il procuratore Giuseppe Creazzo, ricordando una celebre farse dello scrittore di San Luca Corrado Alvaro, ha ammonito il popolo calabrese, un popolo che con molta facilità dimentica i figli della sua terra. «Nessun popolo sa effettuare opera di rimozione come i calabresi. – ha detto – I calabresi non temono rivali nell’esercizio della memoria dell’oblio e della rimozione ed è per questo che è necessario invertire la tendenza e svegliare la memoria». Scopelliti era un ve essere «pedagogico, sociale e preventivo, fondato sul lavoro come momento di elevazione. Il potere criminale, - ha detto ancora Di Landro – piega i cittadini rendendoli succubi e privi della volontà di determinarsi. Scopelliti è morto del tutto se il suo anelito di giustizia non si trasforma in impegno concreto per queste terre». Il saluto dell’Associazione nazionale magistrati, portato dal suo presidente Luca Palamara, è stato l’occasione per ricordare a tutti, inquirenti, avvocati, giudici, la necessità di «affermare la legalità», tanto cara a Scopelliti. «In luoghi di frontiera, come la Calabria, questa necessità di legalità e verità è ancora più sentita. – ha detto Palamara – Mettiamo da parte le belle parole e passiamo ai fatti». Quando prende la parola Rosanna Scopelliti, figlia del giudice assassinato, in aula cala il silenzio. Una voce forte, decisa, che si fa tremula man mano che il ricordo del padre emerge; una voce che ricorda ma soprattutto accusa. Accusa lo Stato, chi ha «sepolto sotto cumuli di polvere ed omertà» il delitto del padre. «Oggi si parla di ‘ndrangheta ma nessuno si ricorda di papà, nessuno parla del patto di sangue tra mafia e ‘ndrangheta. – è lo sfogo della Scopelliti – Mio padre indossava una toga, la sua seconda pelle, e sotto quella toga nascondeva le debolezze di un uomo che dei delinquenti diceva: “dietro un criminale c’è sempre un uomo che ha sbagliato”. Mio padre non era un eroe e non accetterò mai questa definizione finché sul suo caso non sarà resa verità». necessità di «coltivare il vizio della memoria per sopperire agli errori ed alle mancanze dello Stato in casi come quello che ha visto occultato il caso dell’assassinio di Scopelliti». Scopelliti muore in un territorio aspro, ostile, che in ventuno anni non è mutato, è rimasto sempre lo stesso. Lo ha ricordato anche il presidente dell’ordine degli avvocati di Palmi Francesco Napoli, nel suo intervento: «in una zona come questa in cui viviamo, in cui il giudice Scopelliti è stato assassinato, terra cattiva e ostile, è ancora più importante che le istituzioni facciano la loro parte». Ricorda poi un avvocato torinese, Fulvio Croce, assassinato trucemente nell’aprile del 1977 dalle Brigate Rosse; «Fulvio Croce, come il giudice Scopelliti, era un esaltatore dei valori di giustizia e libertà». vi. mi. Giudice di pace, la Giunta contro la soppressione CINQUEFRONDI - Il Comune di Cinquefrondi scrive al Ministero della giustizia per chiedere che non venga soppresso l’ufficio del giudice di pace. L’amministrazione Cascarano si è avvalsa di una facoltà esplicitamente prevista dallo schema di decreto legislativo che attua la legge 148/2011, la quale appunto prescrive la riorganizzazione degli uffici giudiziari, imponendo tagli e accorpamenti. Per motivare la propria richiesta (dossier curato dalla consigliera Sinopoli), il Comune fa leva proprio sulle linee direttrici indicate dalla 148 come guida alla nuova geografia degli uffici. Estensione del bacino di utenza, carichi di lavoro, specificità territoriale, incidenza della criminalità organizzata: tutte condizioni che la giunta comunale ritiene sussistenti nella realtà comprensoriale e dunque adatte a mantenere il giudice di pace a Cinquefrondi. A ulteriore supporto, l’amministrazione cita la qualità strutturale-logistica dell’attuale sede giudiziaria, e i nuovi locali da inaugurarsi nel 2012, destinati proprio al giudice di pace. ANGELO SICILIANO [email protected] 22 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora P I A N A Delitto Cedro, la Procura: «Ergastolo per Congiusti» SAN FERDINANDO La Capitaneria sequestra quattro reti illegali L’imputato era stato condannato a 24 anni in primo grado PALMI Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello Adriana Fimiani ha concluso la sua requisitoria con la richiesta alla pena dell’ergastolo per Gregorio Congiusti, l’uomo condannato in primo grado a 24 anni di carcere per l’omicidio di Carmine Cedro. L’accusa, che aveva proposto ricorso alla sentenza di primo grado, ha chiesto quindi al Presidente della Corte Amodeo l’inasprimento della pena inflitta dai giudici palmesi. Nell’udienza di ieri poi, hanno concluso le loro arringhe anche i difensori di Congiusti, Domenico Malvaso e Guido Contestabile, che hanno invocato la parziale infermità mentale per il loro assistito, oltre a richiedere l’esclusione dell’aggravante della minorata difesa, l’accettazione delle attenuanti generiche e l’assoluzione per la frode processuale (che era costata all’imputato un aggravio di due anni rispetto alla condanna per l’omicidio). L’assassinio di Carmine Cedro, ricordiamo, si è consumato VITTIMA E CARNEFICE Carmine Cedro e Gregorio Congiusti il 9 novembre 2009 nel centro storico di Gioia Tauro, in via De Rosa. Erano bastate, però, 15 ore ai carabinieri della compagnia della città del porto, diretti dal capitano Ivan Boracchia, per giungere all’identificazione del presunto killer dell’imprenditore gioiese. In questo senso, secondo quanto CO ebbe modo di appurare subito dopo l’arresto, sarebbero risultate fondamentali una serie di riprese effettuate dal sistema di videosorveglianza attivo in città, che immortalavano l’auto di Congiusti nelle strade di Gioia la mattina dell’omicidio, e la scoperta di rapporti economici che legavano la vittima e l’assassino. Il movente dell’omicidio, secondo gli inquirenti, sarebbe un debito che la vittima vantava nei confronti di Congiusti. Poco denaro, sostengono gli investigatori, forse non superiore a 10mila euro. Debito che sarebbe legato all’attività commerciale di cui Congiusti è titolare a Nicotera Marina, in provincia di Vibo, il bar sala giochi “Planet”, che Cedro riforniva di videopoker. Nell’interrogatorio di garanzia, tenutosi il giorno seguente all’arresto davanti al gip Daniela Tortorella, Congiusti ha ammesso l’omicidio sostenendo di avere sparato quattro volte contro Cedro al culmine di una lite scoppiata per questioni economiche. Nello stesso interrogatorio, l’allora indagato diede informazione anche per il rinvenimento dell’arma del delitto recuperata nei pressi della spiaggia di Nicotera Marina. Il Presidente della Corte D’appello Amodeo, dopo avere ascoltato le richieste delle parti in causa ha rinviato l’udienza al prossimo 5 marzo: in quella data la parola passerà di nuovo al Procuratore Adriana Fimiani per eventuali controrepliche dell’accusa, poi la camera di consiglio e la sentenza che dovrebbe arrivare nella stessa giornata. SAN FERDINANDO Nonostante i continui sequestri e gli innumerevoli tentativi di sensibilizzazione sul pericolo della pesca “abusiva” condotta con mezzi professionali, continuano le operazioni condotte dalla capitaneria di porto di Gioia Tauro, che ieri, sulla spiaggia di San Ferdinando ha posto sotto sequestro tre reti abusive reti di tipo “tremaglio” ed una rete di tipo “sciabica” adibita alla pesca della neonata. L’intervento degli uomini del capitano Diego Tomat – avvenuto tramite un controllo capillare del territorio sia via mare che via terra – ha portato alla elevazione di multe per oltre 7 mila euro e al sequestro di un considerevole quantitativo di pesce “sciabola” venduto in modo irregolare da un venditore ambulante che appena visto gli uomini delle forze dell’ordine si è dato alla fuga. Dai controlli successivi, il pesce sequestrato è risultato essere conservato senza le dovuta attenzione alle regole, e dopo essere stato considerato come non idoneo al consumo umano è stato distrutto disperdendolo in mare. «L’attività - scrive il comandante Tomat in una nota - continuerà anche nei prossimi giorni oltre che via mare, con particolare attenzione all’uso illegale delle reti per la cattura della neonata, anche via terra concentrando l’attenzione sullo sbarco e vendita dei prodotti ittici». MARTEDÌ 21 febbraio 2012 PAGINA 13 l’ora di Cosenza Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected] SPEZZANO A. CASTROVILLARI Delitto Presta Fotogrammi di un crimine Comunali Centrodestra in fibrillazione > pagina 19 > pagina 20 ACCADDE UN SECOLO FA BLITZ Le auto dei carabinieri schierate in occasione del blitz che il 16 dicembre del 2010 portò in carcere 49 persone, tutte sospettate di far parte del presunto clan Bruni. Nel gruppo, c’erano anche due militari dell’Arma, titolari della discoteca Sin club che, secondo gli inquirenti, era totalmente gestita dalla cosca. I due uomini in divisa, poi scarcerati, sono gli unici imputati che hanno scelto il processo ordinario. Per gli altri si procede con il rito abbreviato LUIGI MARIA CHIAPPETTA JONIO PAOLA Agrumi e truffe Amministrative Tornano in aula Liste nel caos i 400 imputati Fusioni in atto > pagina 28 > pagina 29 Clan Bella bella Chiesti tre secoli di carcere LE RICHIESTE DI PENA Fabio Bruni Edyta Kopaczynska Giuseppe Prosperoso Umile Miceli Vincenzo Foggetti Ernesto Foggetti Adolfo Foggetti Fabio Foggetti Francesco Pino Giovanni Abbruzzese Carlo Lamanna Luca Sabato Luigi Naccarato Romualdo Marsico Domenico Musolino Carmine Gazzaruso Pasquale Ripepi Andrea Bruni Massimo Greco Maurizio Viola Luigi Morelli Roberto Mandarino Giorgio Rocchetti Andrea Gagliano Gabriele Pati Massimiliano Lo Polito Vincenzo Perri Marco Foggetti Emanuela Pagliuso Pasqualino Gagliano Monica Pranno Antonio Iaccino Domenico Iaccino Daniele La Manna Luciano Impieri Franco Bruzzese Mario Attanasio Francesco Ripepi A CURA DI 21 febbraio 1912 - La ditta Anselmini&Moroni, con la quale il Comune aveva stipulato il contratto per l’appalto dei lavori per l’impianto idroelettrico, a causa della mancata approvazione da parte dell’autorità superiore - e quindi per l’inadempienza del Comune ha citato il municipio per la restituzione della cauzione, per il pagamento di lire quattromila, quali vacazioni per avere trattato l’affare, nonché per il pagamento di tutti i danni per la mancata consegna. La ditta, in parola, ha dato un perentorio di otto giorni. 20 anni 8 anni 12 anni 16 anni e 4 mesi 12 anni 8 anni 9 anni 4 anni e 10 mesi 6 anni e 8 mesi 16 anni 9 anni 9 anni e 4 mesi 6 anni 8 anni e 10 mesi 21 anni 9 anni 20 anni 8 anni e 8 mesi 6 anni e 4 mesi 17 anni e 10 mesi 8 anni e 8 mesi 5 anni e 10 mesi 4 anni e 8 mesi 3 anni e 4 mesi 8 anni e 10 mesi 8 anni e 10 mesi 6 anni 2 anni e 8 mesi 2 anni e 8 mesi 2 anni e 8 mesi 2 anni e 8 mesi assoluzione assoluzione assoluzione assoluzione assoluzione assoluzione assoluzione Processo Telesis, il pm invoca 31 condanne per mafia, estorsioni e spaccio di droga Nessuno sconto per i presunti membri del clan Bruni. Ie- menzione anche per Giovanni Abbruzzese, considerato cori, infatti, lo showdown della pubblica accusa, durante il pro- me il capo della cosca rom “gemellata” con quella dei Bruni cesso “Telesis”, è coinciso con pesanti richieste di pena for- che si trova ora a fare i conti con una richiesta di pena pari mulate nei confronti dei 38 imputati del processo “breve”, a sedici anni di galera. Le pene minori, invece, riguardano quasi tutti sospettati di rappresentare l’organico della cosca Marco Foggetti, Emanuela Pagliuso, Pasqualino Gagliano e “Bella-bella”. Un elenco dal quale risulta assente l’uomo ri- Monica Pranno, chiamati a rispondere solo di alcuni singotenuto a capo della consorteria, quel Michele Bruni decedu- li episodi di spaccio. Per loro sono stati chiesto solo due anto alcuni mesi fa a causa di un male incurabile. Per tutti gli ni e otto mesi di reclusione. Con riferimento agli altri memaltri, dicevamo, la Dda ha presentato un conto salatissimo bri del gruppo, invece, la Procura catanzarese aveva già socon pene che variano da 3 a 21 anni di reclusione per un to- stenuto, nel corso di una precedente udienza, la tesi della lotale complessivo di quasi tre secoli di carcere. E per uno stra- ro appartenenza a un clan cosentino, nato sul finire del seno scherzo giuridico, la pena più alta è stata richiesta per uno colo scorso per volontà di Francesco Bruni senior. Alla sua degli imputati minori, tale Domenico Musolino, che fra gli morte, però, avvenuta nel 1999 in seguito a un agguato, l’erealtri non risponde neanche del reato di associazione mafio- dità sarebbe stata raccolta da suo figlio Michele. Il ventaglio di attività illecite messe in campo dal grupsa, ma “solo” di associazione finalizzata al po avrebbe contemplato lo spaccio di dronarcotraffico. Un’accusa associata a quella Chiesta anche ga, le estorsioni e l’usura, passando anche di una rapina che il pm ha chiesto di contegla confisca per il racket del caro estinto. Non a caso, giare aritmeticamente, senza riconoscergli tra gli imputati figura Luigi Naccarato, titodunque la continuazione fra i reati. Morale dell’agenzia lare di un’agenzia di pompe funebri che, sedella favola: sedici anni per la droga e cindi pompe funebri condo la Dda era in realtà gestita dalla faque per la rapina, che in totale fanno venNaccarato miglia Bruni. Naccarato, sotto accusa per tuno e lo assestano in cima all’elenco di concorso esterno in associazione mafiosa quelli che rischiano di più. Segue a ruota Fabio Bruni, ovvero l’uomo sospettato di aver ereditato la affronta il processo da uomo libero, poiché scarcerato alcuguida del gruppo: per lui sono stati richiesti 20 anni di car- ni mesi fa, per mancanza di indizi. Ciò nonostante, ieri, l’accere al pari di suo cugino Pasquale Ripepi. Perché l’ipotesi cusa ha chiesto la sua condanna a sei anni di carcere, nondella Dda è che il clan Bruni sia sostanzialmente un gruppo ché la confisca della sua attività commerciale. Stralciata, ina conduzione familiare di cui avrebbero fatto parte anche vece, la posizione di Luca Bruni, irreperibile da alcune setAndrea, il più piccolo dei fratelli “Bella bella”, che rischia timane al punto da temere che sia rimasto vittima di un caora 8 anni e 8 mesi di reclusione, nonché un’altra famiglia so di lupara bianca. Il processo riprenderà il 5 marzo con a loro affine, quella dei Foggetti. Nella lista, però, spicca an- l’inizio delle arringhe difensive. A parlare, tra gli altri, saranche il nome di Edyta Kopaczynska, vedova di Michele: per no i legali Francesco Boccia, Riccardo Panno, Marcello Manlei sono stati invocati otto anni di carcere. Richiesta di asso- na, Rossana Cribari, Nicola Rendace, Antonio Ingrosso, luzione, invece, per l’altro Ripepi (Francesco) coinvolto nel- Amelia Ferrari, Franz Caruso, Aldo Cribari, Gaetano Morl’inchiesta dalla quale, salvo stravolgimenti, si appresta a rone, Luca Acciardi, Antonio Quintieri e Maurizio Vetere. uscire anche Daniele La Manna, mentre per suo fratello MARCO CRIBARI Carlo, la richiesta della Dda si è fermata a nove anni. Una [email protected] 14 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora C O S E N Z A operazione “beta” Cosìilcostruttore incastrò i suoi aguzzini Se le vittime denunciano gli strozzini Dieci persone arrestate dai carabinieri Sono accusate di estorsione e usura Lorenzo Ruffolo esce dalla caserma Percosso ripetutamente, minacciato con una pistola, l’auto parcheggiata sotto casa crivellata di colpi, costretto a pagare interessi su interessi ma senza mai riuscire a saldare il debito iniziale. Le storie delle vittime dell’usura si somigliano tutte. Si comincia con un piccolo prestito e man mano che passa il tempo diventa un tunnel senza uscita. Per uscirne ci sono solo due modi: fare abbastanza soldi per pagare; denunciare gli strozzini. Le indagini dell’operazione Beta iniziano nel 2010 in seguito alla denuncia di un imprenditore edile della Presila cosentina. Aveva cominciato l’anno precedente con un prestito di 4mila euro, poi ne aveva ottenuto un secondo da 15mila, un terzo dello stesso importo per pagare ai propri dipendenti gli stipendi e la tredicesima (era il periodo di Natale) e infine un quarto da 7mila. L’uomo si ritrovò ben presto con una rata mensile di 5mila euro di soli interessi. E siccome non riusciva a onorare le scadenze, in due diverse occasioni venne addirittura picchiato. Alla sua donna disse che si era fatto male sul lavoro. La prima volta lei sembrò credergli ma la seconda proprio no. Probabilmente è stata lei a dargli la forza di ribellarsi. Così, nell’ottobre del 2010 l’imprenditore si rivolge ai carabinieri. Gli uomini del tenente colonnello Franzese si sono messi subito all’opera, ottenendo tutti i riscontri di cui avevano bisogno: appostamenti, fotografie, intercettazioni telefoniche e ambientali complete di filmati. Li ha registrati lo stesso imprenditore nascondendo una microcamera di ultima generazione fornitagli dai carabinieri sulla propria persona durante gli incontri con gli usurai. Un lavoro rischioso, che tuttavia ha dato risultati che altrimenti non sarebbero stati possibili. In una occasione, infatti, l’imprenditore incontra uno degli usurai in auto, il quale, evidentemente sospettando di avere i carabinieri alle costole, gli porge un biglietto di carta dove c’è scritto «non parlare in macchina». Sempre tacendo, l’uomo apre la giacca e gli mostra la pistola che teneva nei pantaloni. Un messaggio più che eloquente. a. b. BETA Alfonso Pichierri ha dato il suo soprannome all’inchiesta L’hanno chiamata operazione Beta, dal soprannome con cui veniva indicato uno degli indagati. Ha portato alla luce un giro d’usura (e estorsioni) di piccole proporzioni ma dai contorni particolarmente drammatici. L’inchiesta, partita nel 2010 in seguito alla denuncia di una delle vittime, ha portato all’arresto di dieci persone: Francesco Ruffolo detto Bebè, 60 anni, Lorenzo Ruffolo (52, fratello del primo), Francesco Ruffolo (37, nipote di entrambi), Davide Caligiuri (49), Giovanni Bruni (52), Ennio Bruni (71), Pasquale Placido (64), Anna Squillace (50, moglie di Lorenzo Ruffolo), Alfonso Pichierri (53), Carmine Pietro Sapia (54). A questi ultimi quattro sono stati concessi i domiciliari. Sono accusati di avere prestato somme per un ammontare complessivo di circa 500 mila euro a pensionati, commercianti e piccoli imprenditori, pretendendone la restituzione (spesso ricorrendo a violenza e minacce di vario genere) a tassi di interesse che variavano dal 10 al 40% mensile. Gli arresti sono stati eseguiti ieri dai Francesco Bebè Ruffolo Lorenzo Ruffolo carabinieri del Reparto operativo di Cosenza in esecuzione delle misure di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Cosenza Luigi Branda su richiesta dei pm Giuseppe Cava e Giuseppe Cozzolino. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati ieri mattina nel corso di una conferenza stampa dal colonnello Francesco Ferace, comandante dei carabinieri di Cosenza; dal tenente colonnello Vincenzo Franzese, comandante del Reparto operativo e dal procuratore generale di Cosenza Dario Granieri. Beta rappresenta un ulteriore tappa dell’offensiva scatenata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine della città nei confronti dei reati che frenano l’economia: l’usura e le estorsioni appunto. Si tratta di una battaglia, però, che ha bisogno della collaborazione delle vittime. Il procuratore ha voluto evidenziarlo ancora una volta, rivolgendo un ulteriore appello: «Mi rivolgo agli operatori economici della provincia di Cosenza: abbiate il coraggio di denunciare. Come le recenti inchieste Anna Squillace SODDISFATTI Da sinistra Il colonnello Ferace, comandante dei carabinieri di Cosenza; il procuratore capo Granieri e il tenente colonnello Franzese comandante del Reparto operativo stanno a dimostrare che non sarete lasciati da soli». Nelle oltre cento pagine dell’ordinanza di custodia cautelare vengono ricostruiti numerosi episodi di violenza e sopraffazione. Storie di disperazione. Come quella del costruttore che contrae debiti con gli usurai per alcune decine di migliaia di euro e che non riesce mai a mettersi in pari con i pagamenti. Per costringerlo a pagare gli strozzini lo picchiano ripetutamente, lo minacciano con una pistola, finché l’uomo non vedendo altre vie d’uscita decide di rivolgersi ai carabinieri. Le indagini dell’operazione Beta nascono proprio dalla denuncia dell’imprenditore. Altra storia emblematica è quella dell’avvocato (il consulente legale di una ditta di Rende che costruisce capannoni industriali) che inizia con un prestito di 10mila euro e 14 mesi dopo ne ha versato 14mila senza essere riuscito a erodere il debito di un solo centesimo. Perseguitato dagli intermediari dello “sceicco” (indagato che a causa di problemi di udito si faceva aiutare nell’attività di riscossione) l’uomo arriva a parlare con se stesso ad alta voce, fino a manifestare propositi suicidi. Propositi che fortunatamente non si sono concretizzati. Le indagini dell’operazione Beta viaggiano su un duplice binario: da un lato le testimonianze rese dalle vittime di usura; dall’altro i riscontri di tali dichiarazioni forniti da un’imponente mole di intercettazioni telefoniche e ambientali. Non sarà facile per gli avvocati degli indagati trovare punti deboli nell’impianto accusatorio. Gli interrogatori di garanzia inizieranno domani mattina a Palazzo di giustizia. Gli indagati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Franz Caruso, Marcello Manna, Maurizio Nucci, Giuseppe Malvasi, Filippo Cinnante, Luca Acciardi. Francesco Ruffolo ALESSANDRO BOZZO [email protected] Davide Caligiuri 15 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora C O S E N Z A operazione “beta” Il garante e la pensione di mammà Una famiglia segnata da processi e tragedie I Ruffolo dell’inchiesta parenti dell’uomo ucciso a settembre Una famiglia intera è stata duramente colpita dal blitz antiusura dei carabinieri del reparto operativo. È quella dei fratelli Ruffolo: Francesco soprannominato Bebè (60 anni), suo fratello Lorenzo (52) sposato a San Pietro in Guarano con Anna Squillace (50), anch’essa coinvolta nell’inchiesta. E poi c’è l’altro Francesco Ruffolo (37 anni a marzo), nipote dei primi tre e figlio di Giuseppe, che sta scontando una condanna per omicidio (processo Missing). Si chiamava Giuseppe anche il trentatreenne padre di tre bambini che lo scorso 22 settembre venne ucciso in via degli Stadi mentre rincasava a bordo della sua autovettura. L’uomo, già arrestato per usura nel 2009, fu assassinato da un killer solitario in sella a uno scooterone che gli sparò con una pistola calibro 7.65 (per quella vicenda la squadra mobile della polizia sta indagando su una pista ben precisa). Poche settimane dopo la morte del figlio, Francesco Bebé Ruffolo, veniva condannato a quattro anni di reclusione in primo grado. Sempre per usura. Tutto era cominciato da un’altra tragedia. Il suicidio di un commerciante che non riusciva a pagare i debiti contratti con gli usurai e che non ebbe nemmeno il coraggio di denunciare. Si chiamava Giuseppe Perfetti, aveva 53 anni. Lo trovarono morto la mattina 20 aprile di tre anni fa in una piazzola di sosta dell’autostrada Salerno-Reggio. Si sparò un colpo di pistola in testa. Ma prima di premere il grilletto scrisse una lettera d’addio in cui rivelava i motivi di quel gesto. La squadra mobile di Cosenza seguì le tracce lasciate da quella lettera e dopo alcuni mesi di accurate indagini smascherò un giro d’usura. Infatti, ricostruendo la situazione finanziaria di Perfetti i poliziotti scoprirono dei suoi rapporti con i Ruffolo e che questi tenevano in un pugno anche un dipendente dell’Azienda sanitaria. Interrogato dagli agenti della mobile l’uomo vuotò il sacco. Tranne che per il tragico epilogo, la vicenda del commerciante Perfetti è simile a quella dell’avvocato di Rende intercettato dai carabinieri mentre si recava a un appuntamento con un usuraio e parlava con sé stesso (articolo a pagina 5) manifestando tutto il suo disagio per un incubo che non voleva finire e che era iniziato con un prestito di 10mila euro. La vicenda di Perfetti ieri è stata ricordata anche dal procuratore generale Dario Granieri. «L’operazione Beta – ha detto il capo della magistratura cosentina durante l’incontro con i giornalisti – è il ri- Alfonso Pichierri Ennio Bruni sultato di una strategia investigativa che vede la procura di Cosenza e il comando dei carabinieri, fortemente impegnati in un’azione sinergica tesa a contrastare il fenomeno dell'usura. Una vera è propria piaga per l’economia ed il senso civile nella città di Cosenza ed il suo hinterland. Il peso specifico del lavoro portato a termine – ha continuato il procuratore – è dato dalla circostanza che le persone vittime degli usurai hanno fornito una collaborazione rilevante nel corso delle indagini. È stata un’attività investigativa complessa, svolta con le più sofisticate tecniche d’indagine e che ha consentito di interrompere un’attività odiosa che da tempo soffoca il tessuto imprenditoriale del cosentino, rovina la vita di molte imprese e di tante famiglie. Occorre un moto di risveglio. Gli operatori economici devono reagire, avere il coraggio di denunciare. Bisogna avere fiducia nelle istituzioni». Granieri ha poi annunciato che per irrobustire le azioni di contrasto a questo fenomeno, la Procura ha programmato una serie di iniziative di concerto con la Prefettura e le forze dell’ordine. Il colonnello Ferace, infine, ha rivolto una specie di avvertimento a quanti per paura di possibili ritorsioni dovessero proteggere chi gli fa l’usura o l’estorsione: «saranno indagati per favoreggiamento personale». a. b. Giovanni Bruni Pasquale Placido Davide Caligiuri BEBÉ Francesco Ruffolo Padre dell’uomo ucciso lo scorso 22 settembre in via degli Stadi Pietro Carmine Sapia Ci sono quelli che prestano i soldi a strozzo: gli usurai. E ci sono le vittime: quelli che ottengono i prestiti e si trovano a dover pagare una montagna di interessi. Due categorie antitetiche, di solito. Può succedere, però, che si diventi vittima e usuraio allo stesso tempo. La situazione peggiore: perché ci si trova a fare i conti allo stesso tempo con chi rivuole indietro il denaro (magari rimediando anche un tot di legnate) e con i carabinieri. È il caso di Davide Caligiuri, cinquantenne di Celico che gli amici chiamano ‘u pitture. È finito nell’operazione perché a un certo punto, sperando di guadagnarci qualcosa, si offre di fare da tramite tra un imprenditore edile disperato perché non riusciva pagare gli interessi dei prestiti contratti e la famiglia Ruffolo, che aveva dato il denaro all’uomo. Nel giugno del 2010, poco dopo essere stato picchiato per la seconda volta, l’uomo assiste al pestaggio di Caligiuri a opera di Francesco Ruffolo il giovane e Giovanni Bruni. Una situazione paradossale, insomma, di cui farà le spese persino l’anziana madre dell’intermediario, che dovrà far fronte ai guai combinati dal figlio con la sua pensione. I Ruffolo, infatti, consideravano Caligiuri come una sorta di garante del prestito. Intercettando una conversazione tra lo stesso Caligiuri e sua madre i carabinieri ottengono una conferma diretta. La donna infatti se ne rammarica: «Lo vedi – dice al figlio – i soldi di mamma ci vanno per il mezzo». Finisce che i due vanno all’ufficio postale a prelevare il denaro. «Mi hai rovinato – dice nel dicembre del 2010 Caligiuri all’imprenditore edile – che sto pagando io insieme a mia madre al posto tuo, che tu sei andato a fare la denuncia ai carabinieri, che sei un pentito. E non sperare che i carabinieri ti aiutano. Attenzione a quello che fai, guardati sempre le spalle che le cose si sono messe male per te. Non mi devi più rivolgere la parola, sei un infame». Invece i due parleranno ancora. Due mesi dopo si incontrano e l’intermediario dice all’imprenditore usurato di essersi dovuto accollare il debito al posto suo, quindi lo invita a pagare. a. b. 16 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora C O S E N Z A missing SCENE Da sinistra, l’auto abbandonata in una campagna di Piano Lago in cui venne ritrovato il corpo carbonizzato di Angelo Cello (luglio 1982); Piazza Riforma a dicembre del 1981, pochi istanti dopo l’omicidio di Francesco Porco, venditore di abeti natalizi e la traversa di corso Mazzini dove sorgeva il bar Oasi, il cui titolare Antonio Paese, fu ucciso a colpi di pistola nel luglio del 1991 DELITTI in cerca d’autore Il maxiprocesso entra nel vivo con le arringhe difensive dei legali di Iirillo, Abbruzzese, Bruni, Muto e Castiglia DI MARCO CRIBARI Giornata di arringhe difensive al processo “Missing”, giunto ormai al secondo giro di boa. A Catanzaro, infatti, è in corso il processo d'appello che, dopo la requisitoria del pm Facciolla, vede protagonisti gli avvocati e le loro discussioni. Il primo a prendere la parola, ieri in aula, è stato il legale Filippo Cinnante, difensore di Giuseppe Iirillo, Francesco Pirola e Fioravante Abbruzzese. Iirillo parte da una condanna a 25 anni di carcere che l'accusa vorrebbe portare a trenta. Vecchiarella, questo il suo alias negli anni ruggenti, è sotto accusa per due omicidi della vecchia guerra di mafia, leit motiv dell'intero processo: l'uccisione di Carlo Mazzei avvenuta ad agosto del 1980 nel vecchio carcere di Colle Triglio e l'eliminazione di Natale Cilento, l'armiere paolano trucidato l'anno successivo nel suo negozio. Il suo difensore, in sintesi, ha sollevato una serie di vizi formali e sostanziali nel ricorso avanzato dalla Procura, chiedendone l'inammissibilità. Un altro punto della discussione ha riguardato l'inattendibilità dei collaboratori di giustizia. In particolare, per ciò che riguarda Mazzei, Cinnante ha chiesto di rendere inutilizzabili le rivelazioni rese a suo tempo dal pentito Peppino Cirillo, già capomafia del locale di Sibari. L'ex boss, però, morì per cause naturali poco dopo l'inizio della sua collaborazione, ragion per cui non è mai stato sentito in aula su questi e altri argomenti. Un pregiudizio che, secondo il legale, rende carta straccia i verbali con le sue dichiarazioni. A ciò si aggiungerebbero anche le contraddizioni emerse dal suo racconto, una volta messo a confronto con quello dei pentiti Franco Pino e Vincenzo Dedato. Per ciò che concerne Pirola, invece, lo stesso Cinnante ha evidenziato come gli indizi che lo vorrebbero coinvolto dell'esecuzione di Francesco Porco, vengono smentiti dal testimone oculare del delitto, avvenuto in piazza Riforma a dicembre del 1981. L'uomo, infatti, parlò di due sicari che dopo aver giustiziato Porco, venditore di alberi di natale, salirono a bordo di una Fiat 127 per darsi alla fuga. Secondo la Dda, al volante c'era proprio Pirola, ma il testimone sostiene del racconto dei pentiti. Su tutti, Franceche a guidare l'auto killer fosse proprio uno sco Saverio Vitelli, censurando la sua dei due assassini, indicati dalla Procura nei «consuetudine» di inserire sulla scena dei defunti Alfredo Andretti ed Emiliano crimini, «fantomatici testimoni oculari». Mosciaro. Per Pirola, come per gli altri Vitelli, infatti, parlò di un cacciatore che due imputati, la richiesta della difesa è sta- assistette alla morte di Francesco Scata di assoluzione. L'ipotesi degli inquiren- glione (maggio 1983), ma anche di un ti è che l'omicidio di Carlo Mazzei abbia contadino presente al momento dell'uccirappresentato la risposta all'uccisione di sione del giovane Cello, deceduto all'età di Armando Bevacqua, capoclan dei no- appena diciott'anni poiché sospettato di madi, consumata solo pochi giorni prima. essere una “spia” del clan Perna. E non soIl delitto, maturato nell'orbita del clan Pi- lo: le indicazioni di Francesco Vitelli striderebbero fortemente con il no, avrebbe registrato annarrato di suo fratello Giuche il coinvolgimento di Chiesta seppe, anche lui pentito, Abbruzzese che, per quei l’assoluzione che indica in Castiglia uno fatti, è stato condannato a degli uomini che successi29 anni di carcere. Cilen- anche per Pirola vamente, tornarono a Piato, invece, sarebbe stato Si torna in aula no Lago per distruggere il ammazzato dallo stesso il 23 febbraio corpo di Cello. Secondo gruppo criminale in virtù Francesco Saverio, invece, della sua vicinanza (peraltro mai dimostrata nei fatti) al clan Serpa l'imputato partecipò direttamente alla sopdi Paola, all'epoca alleati con la cosca Per- pressione della vittima, tant'è che in seguina-Pranno nel sanguinoso confilitto con- to, gli fu ordinato di pensare a come pretro il gruppo Pino-Sena. E sempre al clan costituirsi un alibi. Su queste e altre inconPerna-Pranno è ascritta, invece, l'uccisio- gruenze, legate anche all'ora in cui avvenne di Porco, all'epoca amico di Tonino ne la tragedia, si fondava l'arringa di SanSena, ma estraneo alle logiche criminali chini, conclusa poi con la richiesta di assodell'epoca. Dopo Cinnante, la parola è pas- luzione per Castiglia. A seguire, spazio a sata a Gianluca Sanchini, difensore di Rossana Cribari, in rappresentanza deGiulio Castiglia, ovvero uno degli uomi- gli imputati Gianfranco Bruni e dei frani accusati dell'omicidio di Angelo Cello telli Pasquale e Michele Bruni, que(luglio 1982), ucciso a colpi di pistola e poi st'ultimo ormai deceduto. Gianfranco Brutrovato carbonizzato nel cofano di un'au- ni è sotto accusa per l'uccisione di Diego to abbandonata nei pressi di Piano Lago. Costabile (febbraio 1983), intercettato alSanchini ha messo in dubbio la veridicità l'altezza di via Cimarosa, a Rende, e finito con un colpo di pistola in testa da due killer in sella a una Vespa che gli fecero pagare così la sua amicizia con l'arcinemico Pranno. Uno dei suoi assassini è indicato oggi in Bruni, mentre l'altro corrisponderebbe al reo confesso Pierluigi Berardi. Il suo racconto, però, presenta diverse contraddizioni con la reale dinamica dei fatti (il pentito sostiene che Costabile fu ucciso mentre era all'interno della propria auto, ma il suo corpo fu trovato riverso sull'asfalto) e, come se non bastasse, Cribari ha citato i passaggi della sentenza di primo grado che, pur condannando Bruni, gettava delle ombre sull'attendibilità del pentito in virtù della scarsa genuinità della sua collaborazione, definita troppo «interessata». L'attenzione si è poi trasferita sul delitto del bar Oasi (luglio 1991) per il quale sono accusati Pasquale e Michele Bruni. I due, ritenuti responsabili dell'uccisione di Antonio Paese, erano già stati assolti in primo grado con una motivazione molto articolata. Il loro difensore ha ripercorso i passaggi essenziali di quel verdetto, soffermandosi in particolare sulle contraddizioni emerse dal racconto del pentito Erminio Munno e , soprattutto, sulla scarsa credibilità del movente indicato dalla Procura. E cioè che Paese fosse stato ucciso per vendicare le molestie da egli arrecate a una giovane sorella degli imputati. Il sospetto, secondo la Cribari e, in parte per i giudici cosentini, era che quel crimine fosse maturato in un contesto criminale diverso (la vittima era una ex affiliato del gruppo Perna) e che la responsabilità fosse stata attribuita ai Bruni al termine di una complessa opera di depistaggio. Infine, l'avvocato Nicola Guerrera per Franco Muto, accusato dell'omicidio di don Pippo Ricioppo (maggio 1983), all'epoca padrino di Cerzeto. Guerrera ha ribadito, ancora una volta, l'estraneità di Muto, già assolto in primo grado, evidenziando come a suo carico non ci siano prove né tantomeno accuse da parte dei collaboratori di giustizia. Anzi, lo stesso Franco Pino aveva escluso un coinvolgimento del boss di Cetraro. Il processo è stato poi aggiornato al 23 febbraio per la discussione degli altri avvocati. In alto Palazzo Arnoni un tempo sede del carcere cittadino dove nell’agosto del 1980 fu ucciso Carlo Mazzei In basso Una foto che immortala l’arrivo dei detenuti al tribunale di Cosenza in occasione di una vecchia udienze di Missing Il processo è giunto al secondo grado di giudizio 19 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora P R O V I N C I A Così De Marco uccise Presta Visionate in aula le immagini che documentano l’omicidio del figlio del boss Sono le 17.50 quando il bri- tario. Un processo facile, progadiere Martino risponde al ci- prio in ragione delle prove distofono della caserma di Spez- seminate in quel delitto del 17 zano Albanese: «Hanno ucci- gennaio di un anno fa. Nelso il figlio di Presta», sente dir- l’udienza di ieri è stata confersi da qualcuno che, lasciato il mata l’intera dinamica del demessaggio, è sfrecciato via sen- litto. Domenico Presta, 22 anza neanche dare al carabiniere ni, figlio del boss latitante il tempo di leggere la targa del- Franco è stramazzato a terra, l’auto di colui che poteva esse- all’interno del negozio di prore l’ennesimo prietà della testimone sorella MaDrammatica oculare di un rianna, dopo l’udienza di ieri delitto che esser stato scotta molto. colpito da un con le lacrime Dieci minuti proiettile fatadella sorella dopo Aldo De le, sparato da della vittima Marco si couna calibro 25 stituisce e impugnata da confessa tutto: «L’ho ucciso Aldo De Marco. Arma poi conio». Una confessione resa gra- segnata ai carabinieri dallo nitica da un castello di prove stesso autore del delitto: circoche va rafforzandosi udienza stanza, questa, confermata da dopo udienza. Ieri l’imputato è tutti gli ufficiali di polizia giuditornato in corte d’Assise ad as- ziaria escussi ieri pomeriggio sistere al processo a suo carico dal pubblico ministero. Procescon l’accusa di omicidio volon- so facile, dunque, ma scottan- FREDDATO Il giorno dell’omicidio te. E doloroso. Troppo per chi, come Marianna Presta, non ce l’ha fatta a raccontare i terribili attimi di quella giornata in cui ha assistito all’uccisione del fratello. Seduta al banco dei testimoni, Marianna inizia a piangere a dirotto. Il suo avvo- ROGLIANO i precedenti litigi tra i due), l’estrazione della pistola, l’esplosione del primo colpo andato a vuoto e poi il secondo che, invece, centra in pieno la vittima sotto la scapola sinistra, il barcollamento del giovane Presta, il suo ingresso nel negozio dove, infine, cade esanime. A proposito dei precedenti, il pm ha chiesto l’acquisizione agli atti del processo in cui la vittima, stavolta, era imputato di lesioni insieme a due suoi amici, Gaetano Damiani e Stefano Bianchi i quali, sempre a causa di un parcheggio, ingaggiarono una lite con Aldo De Marco in cui questi ebbe la peggio. È proprio questo episodio che fa pensare ad una vendetta personale da parte dell’attuale imputato. La prossima udienza è fissata all'8 marzo. LUIGI GUIDO [email protected] SAN GIOVANNI IN FIORE Ospedale, la rabbia di Gallo «E’ una vera vergogna» OSPEDALE Il Santa Barbara di Rogliano Il sindaco di Rogliano scandisce, «con ogni matura consapevolezza», la parola: vergogna. Gallo, «responsabilmente», esprime così tutta la sua legittima indignazione sullo «stato penoso» in cui è costretto ad operare l’ospedale “Santa Barbara” di Rogliano. E denuncia: «La seduta operatoria per interventi ortopedici programmata per giovedì scorso, da quanto si è appreso, è saltata per mancanza di farmaci; grosse difficoltà si registrano sulle attività del reparto della Dialisi». «La contestazione - dice - va a fare volume con le altre di cui è ricca l’antologia di questa sconcertante vicenda. Vergogna. Non ho altro modo per classificare quanto sta avvenendo nel nostro ospedale se non con la parola sillabata: vergo-gna». I più recenti “tagli” riservati al presidio ospedaliero di Rogliano sono praticamente ad incidenza zero sulle economie imposte dal Piano di rientro, «tuttavia - spiega Gallo sono destinati a fare terra bruciata attorno al nosocomio». A suo giudizio,«evidentemente, cato difensore, Lucio Esbardo, chiede e ottiene perciò la dispensa della testimonianza mentre al pm e alla Corte è bastato acquisire, a titolo di prova, il verbale di sommarie informazioni redatto nel giorno dell’omicidio. Stessa cosa per la giovane commessa che, all’epoca dei fatti, lavorava nel negozio di Marianna Presta. Anche lei, testimone oculare dell’omicidio, inizia a piangere in aula. Anche nel suo caso bastano le dichiarazioni verbalizzate un anno fa. Ma quella di ieri è stata soprattutto l’udienza delle immagini, quelle catturate dalla telecamera a circuito chiuso che lo stesso De Marco aveva installato a presidio del proprio negozio (un laboratorio per la riparazione di elettrodomestici che, si ricorda, era proprio attiguo al negozio d’abbigliamento della vittima). A commentare i fotogrammi tratti dal video è toccato al tecnico incaricato dalla Procura, il quale confermava alla Corte la drammatica sequenza dell’azione di sangue portata a termine da De Marco: la lite per il parcheggio (che certamente covava già sotto la cenere, visti lo vogliono inefficiente per chiuderlo, e questo perché non hanno il coraggio di farlo definitivamente con qualche plausibile motivazione. Qui on si ha rispetto più di nessuno. Tutto questo è insopportabile alla luce pure delle roboanti promesse fatte che gridano all’ennesima presa in giro». Il comitato “pro ospedale” incassa il sostegno dell’amministrazione comunale. Il presidente Mario Mazzei, rende noto di avere convocato una riunione per questa sera. E ne segna gli obiettivi: «Ci sarà una mobilitazione popolare di protesta. La stiamo predisponendo in modo che la comunità intera possa esprimere la propria opposizione nei confronti dei vertici dell’azienda ospedaliera, che ha messo la il comparto in una situazione drammatica, non solo a Rogliano. Intanto, dopo tanti giorni, registriamo e bolliamo come ingannevoli le argomentazioni portate dall’Azienda ospedaliera a sostegno del trasferimento degli uffici amministrativi da uno stabile che li ospita in fitto, con canone sottodimensionato rispetto al mercato, all’interno dell’ospedale». Mario Massimo Perri Emettevano fatture false Denunciate cinque persone La Guardia di finanza di Cosenza sequestra un manufatto e denuncia per truffa aggravata cinque persone per indebita percezione di contributi pubblici nel settore agricoltura per un valore di oltre 365mila euro. I finanzieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Cosenza, in collaborazione con i colleghi del nucleo di polizia tributaria, hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro di un manufatto, per l’equivalente di euro 365mila euro circa, emesso dal tribunale del riesame nei confronti del rappresentante legale della società cooperativa agricola casearia silana di San Giovanni in Fiore, operante nel settore della raccolta, prima lavorazione, conservazione di prodotti agricoli. Il reato contestato agli indagati è quello di truffa aggravata posta in essere dall’amministratore della predetta cooperativa, beneficiaria di contributi pubblici erogati dalla Regione Calabria e precisamente Por agricoltura 2000/2006 - parte feoga asse IV per complessivi euro 484.121,91 per spese ammesse pari ad euro 968.243,82. Le articolate e complesse investigazioni di polizia economico finanziaria eseguite dalle Fiamme gialle hanno permesso di scoprire come il rappresentante legale della cooperativa, per ottenere l’erogazione dell’agevolazione in parola da parte della Regione Calabria, con artifici e raggiri ha utilizzato tre fatture accertate gonfiate nell’importo reale per complessivi euro 160mila, nonché dichiarazioni liberatorie false da parte di un fornitore con riguardo al pagamento delle fatture. Infatti, l’amministratore, unitamente al vicepresidente della cooperativa e con la moglie di quest’ultimo, nonché al titolare di fatto della ditta fornitrice con sede in Poggibonsi (Siena) avrebbero simulato l’avvenuto pagamento dei predetti documenti contabili, attraverso l’emissione di diversi assegni per l’importo complessivo di euro 160mila assegni in realtà incassati dai menzionati soggetti. ACRI Il giallo delle auto blu: sono solo 2 e non 18 Trematerra smorza le polemiche: si tratta di una comunicazione errata «Diciotto auto blu? Macché, il Comune ha appena due auto di rappresentanza e per giunta nemmeno blu». A parlare è il sindaco ed eurodeputato, Gino Trematerra , che tra il serio ed il faceto, ribatte alle informazioni pubblicate sui maggiori quotidiani italiani e addirittura divulgate dal Tg3 nazionale. «Non è il caso di polemizzare - dice Trematerra - ma occorre che sia ristabilita la verità». Quotidiani e tv, però, hanno solo riportato una noti- zia comunicatagli dal ministero della Pubblica amministrazione e della semplificazione che a sua volta ha appreso notizie dal Pra dell’Aci, ovvero il pubblico registro automobilistico che censisce tutte le auto in dotazione agli enti. Ebbene, come si evince dal rapporto giunto nelle redazioni dei maggiori media, in mancanza di comunicazioni, gli enti con un parco macchine superiore a dieci unità registrate al Pra, vengono inseriti nella lista nera e considerati proprietari di un determinato numero di auto blu. Una scelta, quindi, dettata o da inadempienza o da comunicazioni errate. Nella realtà, però, non è affatto così. Il Comune di Acri, difatti, può contare su solo due auto di grossa cilindrata, che potrebbero rientrare nelle cosiddette auto blu o di rappresentanza: una Fiat Croma ed un Audi A6, poi vi sono piccole utilitarie, Fiat Panda, bus per il trasporto alunni, mezzi pesanti per la raccolta dei rifiuti ed altri in dotazione all’ufficio tecnico. In totale il parco auto del comune è formato da una quarantina di mezzi di cui due di rappresentanza. Si tratta, quindi, di un mero errore ma è bene ricordare che lo scorso tre agosto, il governo ha approvato un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per disciplinare l’uso delle autovetture nella pubblica amministrazione. Il decreto prevede una drastica limitazione del numero di assegnatari aventi diritto all’uso della autovettura di servizio ma soprattutto un censimento permanente rendendo obbligatoria la comunicazione in via telematica dell’elenco delle cosiddette auto blu. ROBERTO SAPORITO [email protected] 28 MARTEDÌ 21 febbraio 2012 calabria ora J O N I O Truffa all’Aima, si va in udienza Ben quattrocento gli imputati coinvolti. Commerciavano agrumi inesistenti JONIO Il processo per la truffa cine i faldoni presenti sui tavoli dei all’Aima, in corso di svolgimento giudici e migliaia le pagine di atti presso il tribunale di Palmi (Reggio processuali che solamente per legCalabria), prima sezione penale, nei gerle non basterebbe un anno. Corconfronti di alcune cooperative ruzione, frode, falsità in atto pubagricole, pur tra mille eccezioni ba- blico e associazione per delinquere sate su prescrizioni intervenute, su sono reati di cui sono accusati gli persone nel frattempo decedute, imputati. Un codazzo di avvocati sulla competenza territoriale e su cui è stato concesso dieci giorni per presentare altre aziende “chiuse”, non si arresta. I fatti risalgono memorie difensive, della data Gli imputati coinal 2007 quando prima della terza udienza. volti, a vario titolo, Tra i legali degli imsono circa 400, la Finanza putati troviamo gran parte di essi smascherò l’immancabile proappartenenti alla sila truffa fessore Giovanni baritide (Cassano, Brandi Cordasco Rossano e Corigliano) ed alcuni titolari di imprese Salmena con il suo vice Lucente, Piagricole insospettabili, probabil- sani e Fioravante, quest’ultimo somente all’oscuro di quanto avveni- stituto dell’avvocato Stella, perito in va perché tramato alle loro spalle. un incidente stradale. I fatti della La seconda udienza, sicuramente di truffa sono riferibili all’anno 2007 una lunghissima serie, è durata cir- quando gli investigatori della Guarca 11 ore ed è stata aggiornata ai dia di Finanza, dopo indiscrezioni giorni 23 e 24 aprile prossimo. De- ambientali e dichiarazioni rese da agricoltori esclusi da questo “giro”, si sono appostati per fotografare un via vai di camion che fingevano di trasportare agrumi. A queste azioni illegali sono legate un vertiginoso giro di fatture false con iva evasa e, in alcuni casi, incassata e mai versata. Insomma, un mal’affare che ha portato quasi tutti questi imprenditori dinanzi ai giudici di Palmi. E, «Discarica, nessun dialogo» “Le Lampare” bocciano l’invito al confronto fatto dal vicesindaco CARIATI Tiene banco, dopo l’ultimo consiglio comunale, la discussione sulla discarica di Scala Coeli. Le dichiarazioni del vice sindaco Montesanto che ha sottolineato la necessità «di un confronto ragionato e motivato con la Bieco», non sono piaciute al movimento “Le Lampare”. «Crediamo sia superfluo e inutile- affermano- cercare ancora il dialogo con la ditta privata che tra le altre cose, avrebbe dovuto attuare, come da progetto preliminare, una campagna di sensibilizzazione verso i cittadini, campagna di sensibilizzazione che non si è percepita. Riteniamo sia paradossale- continuano- come alla fine di un iter che si e’ basato su procedure prive di qualsiasi forma di dialogo tra gli enti istituzioni locali, provinciali, regionali, si possa ora ancora cercare di dialogare per “controllare” o “capire” “quali” rifiuti speciali siano da ricoverare in discarica». I giovani de “Le Lampare” concordano, invece col presidente del consiglio comunale Trento che «si è "dissociato" dalla posizione del vice-sindaco, ed ha asserito la necessità di ricercare l’unità, rilanciando la sua netta contrarietà all'opera. Apprezziamo affermano- che l’assessore provinciale con delega all’Ambiente e ai Nullaosta Paesaggistici abbia ribadito la necessità di La discarica di contrada Pipino difendere il territorio, denunciando i vari illeciti che ci sono stati nell’iter burocratico -procedurale, aggravati dal mancato coinvolgimento degli enti locali territoriali». Il movimento esprime inoltre apprezzamento per «la irremovibile posizione di contrarietà alla discarica» assunta dalla minoranza consiliare e condivide quanto affermato dal consigliere Mario Sero: «Questo problema non può essere più ignorato. Questa lotta non la si può lasciare solo nelle mani di comi- tati spontanei e attivisti ambientali, in un ambito come quello della difesa del territorio, dell’ambiente, dei beni comuni, esponendo privati cittadini ad enormi rischi. E’ necessario che le istituzioni locali si assumano le proprie responsabilità, auspicando un coordinamento politico con gli altri sindaci del comprensorio per dar maggior forza all'azione già svolta dagli attivisti». “Le Lampare”, dopo aver tra l’altro registrato «la presa di posizione del sindaco, che, appreso dell'atto di sospensione dei lavori, reputa ancora più determinante che si crei un clima di unità politica tra i diversi comuni e le diverse amministrazioni sul tema», ritengono importante che «i comuni limitrofi prendano posizioni. Altrettanto importante è riuscire a coordinarsi perché –ribadisconoquella di Scala Coeli è una battaglia popolare, una campagna territoriale da Francavilla a Torretta; non è una situazione isolata, ma è una situazione simile a quella in cui versano molti altri contesti e molti altri cittadini. Ecco perchè – concludono- riteniamo sia importante la condivisione delle lotte territoriali in sintonia con i comitati e le associazioni». MANUELA MONTESANTO [email protected] come spesso avviene, in questo giro vizioso pare vi siano anche funzionari regionali che si sarebbero prestato al gioco, in cambio di “bustarelle”. Ovviamente tutto da dimostrare con le prove dei fatti. Si è costituita anche L’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) che ha il controllo dell’assegnazione dei contributi che sono erogati dall’Unione Europea. Tra l’altro controlla anche il coordinamento di tutti gli organismi pagatori e ha la vigilanza su questi ultimi al fine di garantire la coerenza della loro attività rispetto alle linee guida comunitarie. Una cosa è certa, la lunghezza della durata di questi processi dove, le forze dell’ordine e la magistratura s’impegnano con grande fatica, alla fine il loro impegno risulta vano per il sopraggiungere della prescrizione che salva tutti. ALESSANDRO ALFANO [email protected] lipambiente «A spalare i metri di neve c’eravamo anche noi» BOCCHIGLIERO «A Bocchiegliero, a spalare la neve e a soccorrere i cittadini, c’eravamo anche noi». È lo sfogo dei volontari della locale sezione di Lipambiente – Protezione civile, mirato a fare chiarezza su quanto accaduto sul territorio nei giorni dell’emergenza. «Considerata la mancanza di mezzi meccanici, il nostro gruppo ha spalato a braccia i metri di neve che si erano accumulati sulle strade e davanti alle porte di tanti cittadini». Non solo. «Abbiamo svolto – fanno sapere dall’associazione – un servizio di assistenza costante e completo alla popolazione ed in particolar modo agli anziani. I volontari si sono fatti carico di acquistare i beni di prima necessità, compresi i farmaci, che sono stati poi consegnati alle famiglie più disagiate. Addirittura, siamo stati impegnati a tagliare legna e rifornire i camini delle case». Insomma, un lavoro encomiabile a trecentosessanta gradi. «La nostra – aggiungono - non vuole essere una critica, o un auto cerimonia delle cose fatte da Lipambiente in questi giorni di neve. Serve, però, fare e dare merito ai tanti volontari, giovani e meno giovani, che in quei giorni di grande difficoltà hanno lasciato le loro famiglie per dare una mano a quanti erano in difficoltà». CERCHIARA DI CALABRIA “La grande festa con Dacia”. Questo il titolo delL’evento culturale vissuto domenica scorsa dalla comunità cerchiarese che ha avuto come ospite e protagonista Dacia Maraini. L’iniziativa, fortemente voluta dal sindaco Antonio Carlomagno, era rivolta a celebrare l’opera letteraria e teatrale della scrittrice, facendo memoria di un altro importante autore italiano Pier Paolo Pasolini che alla Maraini fu legato da profonda amicizia. L’evento ha preso il via in mattinata a Piana di Cerchiara dove la Maraini, insieme alla scrittrice cariatese Assunta Scorpiniti, ha presentato l’ultimo suo libro, appunto “La grande festa”, edito da Rizzoli, attraverso una conversazione a due che ha toccato momenti di Una piazza dedicata a Pasolini Dacia Maraini madrina dell’evento rara intensità quando l’autrice ha svelato il suo pensiero riguardo alla vita e alla morte, tra sogno e ricordi vivissimi di persone amate, come il padre Fosco, la sorella Yuki, Alberto Moravia e lo stesso Pasolini. Nel pomeriggio la stessa Maraini ha fatto da madrina all’intitolazione di una piazza a Pasolini nel cuore di CerchiaraCentro. E quindi, a seguire, l’intervento del sindaco Carlomagno sul valore dell’iniziativa, la presentazione dell’opera dell’artista Ivan Donato, quindi, condotto da Loredana Martufi, il re- cital “Sprazzi di poesie all’improvviso”. In serata, infine, presso la Chiesa di S. Antonio da Padova, è andato in scena lo spettacolo “ i Digiuni di Santa Caterina da Siena” scritto dalla stessa Maraini. Con questo evento, dedicato alla scrittrice conosciuta e tradotta in tutto il mondo, autrice di romanzi, poesie, saggi ed opere teatrali, ma anche impegnata sul fronte dei diritti civili, “la città del pane” si conferma come luogo amato e apprezzato da grandi autrici italiane La Maraini con il sindaco Carlomagno come Antonia Arslan e dove Dacia Maraini torna sempre volentieri. Pino La Rocca