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La formula di Baker-Campbell

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La formula di Baker-Campbell
Università degli studi di Napoli “Federico II”
Scuola Politecnica e delle Scienze di Base
Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”
Laurea triennale in Fisica
La formula di Baker-Campbell-Hausdorff
Relatore:
Dr. Wolfgang Mück
Candidato:
Michele Celentano
Matricola N85/452
Anno Accademico 2014/2015
Non nobis, Domine, non nobis,
sed nomini Tuo da gloriam.
Indice
1 Introduzione
4
2 Formula di Baker-Campbell-Hausdorff
2.1 Teorema di Baker-Campbell-Hausdorff .
2.2 Lemma di Baker-Hausdorff . . . . . . . .
2.3 Dimostrazione della forma integrale (2.3)
2.4 Dimostrazione della forma integrale (2.4)
3 Casi speciali
3.1 Formula di Glauber . . . . .
3.2 Forma chiusa notevole . . .
3.3 Forma traslata . . . . . . .
3.4 Forma disentangled . . . . .
3.5 Rappresentazione matriciale
3.6 Effetti sul lemma (2.5) . . .
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6
6
7
8
10
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12
12
13
17
17
18
19
4 Applicazioni
4.1 Particella soggetta a forza costante . . . . .
4.2 Propagatore di Feynman: metodo algebrico .
4.3 Stati coerenti . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4 Stati squeezed . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.5 Sviluppi recenti . . . . . . . . . . . . . . . .
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21
21
24
27
30
32
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A Appendice
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34
3
Introduzione
Questa tesi è inquadrabile nel contesto della meccanica quantistica: si prefigge lo studio
di un metodo matematico e ne mostra l’utilità con diverse applicazioni. A molti rami
della fisica è comune la necessità di lavorare con esponenziali di operatori.1 In particolare,
siano A e B due operatori: il prodotto dei loro esponenziali è uguale all’esponenziale della
somma degli operatori se e solo se gli operatori commutano:
[A, B] = AB − BA = 0
⇐⇒
eA eB = eB eA = eA+B
(1.2)
Qualora, invece, [A, B] 6= 0, il prodotto dei loro esponenziali è regolato dalla formula di Baker-Campbell-Hausdorff, risultato algebrico conseguito dai matematici Henry
Frederick Baker, John Edward Campbell e Felix Hausdorff :2
1
1
1
ln eA eB = A + B + [A, B] + [A, [A, B]] − [B, [A, B]] + ...
2
12
12
(1.3)
La precedente espansione in serie risulta, spesso, poco maneggevole a causa del numero
crescente di commutatori annidati, cioè posti in successione l’uno dentro l’altro. Esistono,
tuttavia, alcuni casi speciali in cui la (1.3) si riduce ad un numero esiguo di termini
facilmente trattabili. Ad esempio, se [A, B] gode della proprietà:
[A, [A, B]] = [B, [A, B]] = 0
(1.4)
allora, la formula di Baker-Campbell-Hausdorff diviene:
1
ln eA eB = A + B + [A, B]
2
(1.5)
Immediata è l’applicazione al commutatore:
[A, B] = cI
(1.6)
di rilievo in meccanica quantistica, dove c è un numero complesso o reale e I è l’operatore
identità: infatti, per gli operatori di posizione x̂ e quantità di moto p̂ vale la relazione di
1
L’esponenziale di un operatore A è definito dal suo sviluppo formale in serie di Taylor:
eA =
2
∞
X
An
n!
n=0
Per una dettagliata ricostruzione storica è utile consultare il contributo [1].
4
(1.1)
Heisenberg [x̂, p̂] = i~I, ossia c = i~; per gli operatori di distruzione â e costruzione ↠,
invece, vale la relazione di Dirac [â, ↠] = I, ossia c = 1. Un risultato, altrettanto noto
[2], si ottiene considerando:
[A, B] = vB
(1.7)
dove v è un numero complesso o reale. Allora, la serie (1.3) si riduce a:
A B
ln e e
v ev − ev +1
v
B
B =A+B+
= A+
1 − e−v
ev −1
v ev − ev +1
[A, B]
= A+B+
v ev −1
(1.8)
Rientrano in questo caso speciale i commutatori:
[N̂ , ân ] = −nân
[N̂ , â†n ] = nâ†n
(1.9)
dove N̂ = ↠â è l’operatore numero. In un recente articolo [2], viene esaminata la
relazione di commutazione:
[A, B] = uA + vB + cI
(1.10)
con u, v e c variabili complesse. Dalla (1.10) discende che:
ln eA eB = A + B + f (u, v)[A, B]
(1.11)
dove f (u, v) è una funzione simmetrica nelle variabili u e v. L’importanza della relazione
precedente risiede nella sua generalità: i commutatori (1.6) e (1.7) sono, infatti, casi
molto speciali del commutatore (1.10).
La tesi si articola in tre capitoli: nel primo, forniremo una dimostrazione del teorema di
Baker-Campbell-Hausdorff o teorema esponenziale, che ha per tesi la formula omonima
(1.3); nel secondo, caratterizzeremo in dettaglio il caso speciale (1.10), da cui discendono
i sottocasi (1.6) e (1.7); nel terzo, mostreremo l’utilità del metodo matematico studiato, applicandolo al problema della particella soggetta a forza costante, al calcolo del
propagatore di Feynman, alla teoria degli stati coerenti e degli stati squeezed. Infine, accenneremo per sommi capi gli sviluppi recenti indotti dall’introduzione del commutatore
(1.10).
5
Formula di
Baker-Campbell-Hausdorff
2.1
Teorema di Baker-Campbell-Hausdorff
Introduciamo la conveniente notazione:
LA B = [A, B]
(2.1)
adoperata per agevolare la scrittura dei commutatori annidati. Il teorema di BakerCampbell-Hausdorff stabilisce che:
1
1
1
ln eA eB = A + B + LA B + L2A B + L2B A + ...
2
12
12
(2.2)
La precedente serie d’infiniti termini, trascrizione della (1.3), può trovarsi nella forma
integrale [3]:
Z 1 X
∞
(I − etLA eLB )n
A B
A
(2.3)
ln e e = A + B +
dt
n
+
1
0
n=1
o nella forma equivalente [2]:
A B
ln e e
Z
1
=A+B−
0
∞
X
(I − eLA etLB )n
dt
B
n(n
+
1)
n=1
(2.4)
La dimostrazione del teorema richiede, come passo preliminare, il lemma di BakerHausdorff, strumento indispensabile per le sue notevoli applicazioni.
In seconda battuta seguiremo la logica che conduce alla forma integrale (2.3), presentata
dagli autori [3]: verrà costruita, caratterizzata, trascritta in forma equivalente e, poi,
esplicitata un’opportuna funzione parametrica.
Successivamente, l’introduzione dell’espressione ad hoc e−C(t) dtd eC(t) , dove C(t) è un
operatore o una matrice analitica nella variabile t, permetterà di ricondurci alla forma integrale (2.4), utile allo studio del caso particolare (1.11) della formula di BakerCampbell-Hausdorff.
6
2.2
Lemma di Baker-Hausdorff
Il lemma di Baker-Hausdorff stabilisce che:
A
e Be
−A
=
∞
X
Ln
A
n=0
n!
B = eLA B
(2.5)
dove A e B sono due operatori che non commutano, cioè [A, B] 6= 0.
DIMOSTRAZIONE DEL LEMMA DI BAKER-HAUSDORFF
Consideriamo la seguente funzione di operatori:
f (s) = esA B e−sA
(2.6)
dipendente dal parametro reale s. ∀n ∈ N, la derivata n-esima rispetto a s è:
dn f
= esA LnA B e−sA
n
ds
(2.7)
La dimostrazione può effettuarsi per induzione classica.
1) Passo base: mostriamo che la tesi induttiva è vera per n = 1. Infatti:
df
d sA
=
e B e−sA = esA AB e−sA − esA BA e−sA = esA LA B e−sA
ds
ds
(2.8)
2) Passo induttivo: supponendo che la tesi sia vera per n, mostriamo, adesso, che risulta
vera anche per n + 1. Dunque:
d
dn+1
f=
n+1
ds
ds
dn f
dsn
=
d sA n
e LA B e−sA = esA LnA AB e−sA − esA LnA BA e−sA
ds
−sA
= esA Ln+1
A Be
(2.9)
La seconda uguaglianza è stata ottenuta sfruttando l’ipotesi induttiva; la terza, invece,
discende dalla commutatività di A con gli operatori LA e e±sa . Sviluppando la funzione
f (s) in serie di Maclaurin:
∞
X
s n dn f
(2.10)
f (s) =
n
n!
ds
s=0
n=0
otteniamo:
f (s) =
∞
X
sn
n=0
n!
sA
e
LnA B e−sA s=0
=
∞
X
n=0
Infine, imponendo s = 1, ricaviamo il risultato (2.5).
7
sn
LnA
B
n!
(2.11)
2.3
Dimostrazione della forma integrale (2.3)
Nelle prove per via analitica, non è rara la manipolazione di espressioni del tipo eC(t)
Per esplicitare questa quantità, costruiamo la funzione:
K(s, t) = esC(t)
∂ −sC(t)
e
∂t
d
dt
e−C(t) .
(2.12)
Notiamo che K(0, t) = 0, mentre K(1, t) = eC(t) dtd e−C(t) è proprio la forma da esplicitare.
∀n ∈ N, la derivata parziale n-esima rispetto a s è:
∂n
K(s, t) = LnC(t) K(s, t) − Ln−1
C(t) Ċ(t)
∂sn
(2.13)
La dimostrazione può effettuarsi, ancora una volta, per induzione classica.
1) Passo base: mostriamo che la tesi induttiva è vera per n = 1. Infatti:
∂
∂ −sC(t)
∂
∂
sC(t) ∂ −sC(t)
= C(t) esC(t) e−sC(t) − esC(t)
K(s, t) =
e
e
e
C(t)
∂s
∂s
∂t
∂t
∂t
= [C(t), K(s, t)] − Ċ(t) = LC(t) K(s, t) − Ċ(t)
(2.14)
2) Passo induttivo: supponendo che la tesi sia vera per n, mostriamo, adesso, che risulta
vera anche per n + 1. Dunque:
n
∂
∂ n
∂
∂
∂ n+1
n−1
n
K(s, t) =
K(s, t) =
LC(t) K(s, t) − LC(t) Ċ(t) = LC(t)
K(s, t)
∂sn+1
∂s ∂sn
∂s
∂s
n
= Ln+1
C(t) K(s, t) − LC(t) Ċ(t)
(2.15)
La seconda uguaglianza è stata ottenuta sfruttando l’ipotesi induttiva; la quarta, invece, deriva dalla relazione (2.14). Sviluppando la funzione K(s, t) in serie di Maclaurin
rispetto a s:
∞
∞
X
X
sn
sn ∂ n
def
K(s, t) =
Dn (t) =
K(s, t)
(2.16)
n!
n! ∂sn
s=0
n=0
n=0
con i coefficienti:
D0 (t) = 0
n
∂
Dn (t) =
K(s, t)
= −Ln−1
C(t) Ċ(t)
∂sn
s=0
si ottiene:
K(s, t) =
∞
X
sn n=1
n!
n−1
−LC(t)
Ċ(t)
(2.17)
(2.18)
Dopodiché, imponendo s = 1 e traslando l’indice della sommatoria, abbiamo:
K(1, t) = −
∞
X
LnC(t)
n=0
8
(n + 1)!
Ċ(t)
(2.19)
Ora, intendiamo trascrivere la (2.19) in una forma equivalente. Per questa ragione,
consideriamo la funzione analitica:
h(z) =
Sviluppando in serie ez =
P∞
zn
n=0 n! ,
P∞
h(z) =
zn
n=0 n!
z
ez −1
z
(2.20)
allora:
−1
=
1+
P∞
zn
n=1 n!
−1
z
=
∞
X
n=0
zn
(n + 1)!
Confrontando le relazioni (2.19) e (2.21), troviamo:
K(1, t) = −h LC(t) Ċ(t)
(2.21)
(2.22)
dove la funzione h(z) è interpretabile come la serie (2.21). Assegniamo, adesso, all’operatore C(t) la seguente forma:
C(t) = ln etA eB
(2.23)
Dall’applicazione del lemma di Baker-Hausdorff (2.5) con LA ≡ LC(t) a un generico
operatore H discende:
eLC(t) H = eC(t) H e−C(t) = etA eB H e−B e−tA = eLtA eLB H = etLA eLB H
(2.24)
Per l’arbitrarietà di H, allora:
eLC(t) = etLA eLB
(2.25)
da cui si ricava che:
LC(t) = ln etLA eLB
(2.26)
Richiamiamo, a questo punto, la funzione K(1, t). Sostituendo al suo interno la (2.23),
abbiamo:
K(1, t) = etA eB
d
d
d − ln(etA eB )
−B −tA
e
= etA eB eln(e e ) = etA eB e−B e−tA
dt
dt
dt
=−A
(2.27)
Dal confronto fra la relazione generale (2.22) e la (2.27), si trova:
h LC(t) Ċ(t) = A
(2.28)
Esplicitando la funzione introdotta in (2.20) con l’argomento di (2.26), otteniamo:
ln etLA eLB
Ċ(t) = tL L
A
(2.29)
e A e B −I
Integrando rispetto alla variabile t, allora:
Z
t
C(t) = C(0) +
0
9
t0 LA LB
e
0 ln e
dt t0 L L
e A e B −I
A
(2.30)
Sostituendo parte dell’integrando in (2.30) con lo sviluppo formale in serie di Taylor della
funzione di operatori:
∞
X
1
ln ẑ
(I − ẑ)n
=
=
(2.31)
ẑ − I
n+1
h ln ẑ
n=0
abbiamo:
Z t X
0
0
∞
∞
X
(I − et LA eLB )n
(I − et LA eLB )n
0
dt
dt
C(t) = C(0) +
A = C(0) + tA +
A
n
+
1
n
+
1
0
0
n=0
n=1
(2.32)
La forma integrale (2.3) della formula di Baker-Campbell-Hausdorff si consegue imponendo t = 1 e sostituendo C(0) = B.
Z
2.4
t
0
Dimostrazione della forma integrale (2.4)
Per lo studio del caso speciale (1.10) è necessario trascrivere la (2.3) nella forma integrale
equivalente (2.4). La derivazione è pressoché identica alla sezione [2.3]. Consideriamo
l’espressione ad hoc:
d
(2.33)
K(−1, t) = e−C(t) eC(t)
dt
Assegnando all’operatore C(t) la seguente forma:
C(t) = ln eA etB
(2.34)
dopo averla sostituita nella (2.33), otteniamo:
K(−1, t) = e− ln(e
A etB )
d A tB
d
d
−tB −A
e e = eln(e e ) eA etB = e−tB e−A eA etB
dt
dt
dt
=B
(2.35)
Riapplicando il lemma di Baker-Hausdorff (2.5) con LA ≡ LC(t) a un generico operatore
H, si determina una relazione simile alla (2.26):
LC(t) = ln eLA etLB
(2.36)
A questo punto, conviene richiamare la relazione generale (2.22). Dal confronto con la
(2.33), infatti, ricaviamo:
K(−1, t) = e−C(t)
d −(−C(t))
e
= −h L−C(t) −Ċ(t) = h −LC(t) Ċ(t)
dt
(2.37)
Incrociando la (2.35) con la (2.37):
h −LC(t) Ċ(t) = B
(2.38)
ed esplicitando la funzione introdotta in (2.20) con l’argomento di (2.36), segue:
Ċ(t) =
etLA eLB
A tB
B
ln
e
e
etLA eLB −I
10
(2.39)
Integrando rispetto alla variabile t, allora:
Z t
LA t0 LB
e
0
0 e
dt L t0 L
C(t) = C(0) +
ln(eLA et LB )B
A
B
e e
−I
0
(2.40)
Sostituendo parte dell’integrando in (2.40) con lo sviluppo formale in serie di Taylor della
funzione di operatori:
∞
X (I − ẑ)n
ẑ ln ẑ
1
=
=I−
ẑ − I
n(n + 1)
h − ln ẑ
n=1
(2.41)
troviamo:
Z
C(t) = C(0) +
0
∞
X
(I − eLA et LB )n
I−
n(n + 1)
n=1
t
dt0
0
Z
= C(0) + tB −
0
t
!
0
∞
X
(I − eLA et LB )n
dt
B
n(n
+
1)
n=1
0
B
(2.42)
La forma integrale (2.4) della formula di Baker-Campbell-Hasudorff si consegue imponendo t = 1 e sostituendo C(0) = A.
11
Casi speciali
Nell’introduzione [1], abbiamo accennato alcune delle problematiche relative alla formula
di Baker-Campbell-Hausdorff: di rilievo è la poca manegevolezza, causata dall’assenza
di una forma chiusa generale e dal numero crescente di commutatori annidati. Tuttavia,
la necessità di lavorare con prodotti di funzioni esponenziali, che dipendono da operatori non commutativi, ha motivato la ricerca di casi speciali che semplificano la serie
(1.3). In questo capitolo, intendiamo illustrarne in dettaglio alcuni, già menzionati nella
presentazione della tesi.
3.1
Formula di Glauber
La formula di Glauber costituisce uno dei casi particolari più noti della formula di BakerCampbell-Hausdorff, in quanto trova innumerevoli applicazioni nella teoria degli stati
coerenti (elaborata indipendentemente da G. Sudarshan e R. Glauber nel 1963 [7]). Si
ottiene facilmente dal risultato generale (1.3), imponendo la condizione (1.4). Comunque, può essere istruttivo esibire la dimostrazione dello stesso Glauber, che presuppone
l’ipotesi (1.4) e giunge alla tesi:
1
eA eB = eA+B e 2 [A,B]
(3.1)
DIMOSTRAZIONE DELLA FORMULA DI GLAUBER
Consideriamo la seguente funzione ausiliaria:
f (s) = esA esB
(3.2)
dipendente dal parametro reale s. Allora:
df
= A esA esB + esA B esB = A + esA B e−sA f (s)
ds
(3.3)
Richiamando la proprietà dei commutatori:
[B, An ] = nAn−1 [B, A]
(3.4)
[B, e−sA ] = −s e−sA [B, A]
(3.5)
osserviamo che:
12
da cui discende:
esA B e−sA = B − [B, A]s
(3.6)
Notiamo come la strategia dimostrativa adottata da Glauber eviti l’impiego del lemma di Baker-Hausdorff (2.5), che avrebbe generato parimenti il risultato precedente.
Sostituendo la (3.6) nella (3.3), otteniamo:
df
= A + B + [A, B]s f (s)
ds
(3.7)
con f (0) = 1. Dal momento che, per ipotesi:
[A + B, [A, B]] = 0
(3.8)
la (3.7) può essere integrata come un’equazione differenziale per funzioni numeriche:
1 2
[A,B]
f (s) = es(A+B) e 2 s
(3.9)
Confrontando (3.2) e (3.9) e imponendo s = 1, otteniamo il caso particolare (3.1).
3.2
Forma chiusa notevole
In un recente articolo [2] viene dimostrato che dalla regola di commutazione (1.10) deriva
il caso particolare (1.11) della formula di Baker-Campbell-Hausdorff. La prova richiede,
innanzitutto, la trascrizione della (2.4) in una forma più significativa. Considerato che:
e
tLB
B=B+
∞
X
(tLB )n
n=1
n!
B=B
(3.10)
dunque:
A B
ln e e
Z
dt
∞
X
(I − eLA etLB )n−1
(I − eLA etLB )B
n(n
+
1)
n=1
dt
∞
X
(I − eLA etLB )n−1
(I − eLA )B
n(n
+
1)
n=1
1
= A+B−
0
Z
1
= A+B−
0
Z
1
∞
X
(I − eLA etLB )n−1 (I − eLA )
dt
LA B
n(n
+
1)
L
A
n=1
1
∞
X
(I − eLA etLB )n−1 (eLA −I)
dt
[A, B]
n(n
+
1)
L
A
n=1
= A+B−
0
Z
= A+B+
0
(3.11)
Questa riscrittura mette in evidenza che la formula di Baker-Campbell-Hausdorff è esprimibile in termini di commutatori annidati, agenti ciascuno sul commutatore elementare
[A, B]. E’ ragionevole ipotizzare, allora, che un’opportuna relazione di commutazione
fra gli operatori A e B, come la (1.10), possa semplificare, riducendo a forma chiusa, la
formula (3.11).
13
Inoltre, si verifica facilmente che:
LA [A, B] = v[A, B]
(3.12)
LB [A, B] = − u[A, B]
(3.13)
In virtù delle relazioni (3.12) e (3.13), l’azione degli operatori LA e LB sul commutatore
[A, B] si riduce alla sostituzione:
LA → v
(3.14)
LB → − u
(3.15)
Per questa ragione, la forma integrale (3.11) diviene:
ln eA eB = A + B +
1
Z
dt
0
∞
X
(1 − ev e−ut )n−1 (ev −1)
n(n + 1)
n=1
v
!
[A, B]
(3.16)
dove l’integrando, a differenza della (3.11), è una funzione f (u, v) di variabili complesse
integrabile secondo i metodi classici dell’analisi matematica. Pertanto, vale la seguente
rappresentazione della (3.16):
def
Z(A, B) = ln eA eB = A + B + f (u, v)[A, B]
(3.17)
Anche se non risulta evidente dalla (3.16), è possibile dimostrare che f (u, v) = f (v, u).
Infatti, poiché:
−1
eA eB
= e−B e−A
(3.18)
allora:
Z(−B, −A) = −Z(A, B)
(3.19)
Invertendo, poi, la relazione di commutazione (1.10), osserviamo che:
[−B, −A] = v(−B) + u(−A) − cI
(3.20)
A questo punto, è semplice verificare che:
L−B [−B, −A] = u[−B, −A]
(3.21)
L−A [−B, −A] = − v[−B, −A]
(3.22)
In forza delle relazioni (3.21) e (3.22), l’azione degli operatori L−B e L−A sul commutatore
[−B, −A] si riduce alla sostituzione:
L−B → u
(3.23)
L−A → − v
(3.24)
In definitiva, (3.21) e (3.22) sono commutatori annidati con i ruoli di u e v invertiti
rispetto ai commutatori (3.12) e (3.13). Combinando i risultati (3.19), (3.23) e (3.24),
concludiamo che:
A + B + f (u, v)[A, B] = −{(−A) + (−B) + f (v, u)[−B, −A]}
14
(3.25)
ovvero, la funzione f (u, v) risulta simmetrica nelle variabili complesse u e v. Dopo questa
caratterizzazione, possiamo passare alla sua esplicitazione:
(ev −1)
f (u, v) =
v
Z
(ev −1)
=
v
Z
1
dt
0
∞
X
(1 − ev e−ut )n−1
n=1
1
dt
0
n(n + 1)
∞
X
(1 − ev e−ut )n
n=1
n(n + 1)
1
(1 − ev e−ut )
(3.26)
Sostituendo parte dell’integrando in (3.26) con lo sviluppo in serie di Taylor della funzione
numerica:
∞
X
1
z ln(z)
(1 − z)n
=
=1−
(3.27)
h (− ln z)
z−1
n(n
+
1)
n=1
abbiamo:
(ev −1)
f (u, v) =
v
Z
1
dt
0
1 − ev−ut + ev−ut (v − ut)
(1 − ev−ut )2
(3.28)
Per la risoluzione dell’integrale definito (3.28), effettuiamo la sostituzione y = v − ut, che
implica dy = −udt. Allora:
Z
Z
1 − ev v−u 1 − ey +y ey
1
1 − ev v−u
y ey
dy
dy
=
+
(3.29)
uv
(1 − ey )2
uv
1 − ey (1 − ey )2
v
v
Il primo dei due integrali nella (3.29) è immediato:
Z v−u
Z v−u
Z v−u
1 + ey − ey
ey
dy
dy
dy
=
=
−u
+
1 − ey
1 − ey
1 − ey
v
v
v
1 − ev−u
y v−u
= − u − ln(1 − e )|v = −u − ln
1 − ev
Il secondo può svolgersi per parti:
v−u
Z v−u
Z
y
dy
y ey
=
−
dy
(1 − ey )2
1 − ey
1 − ey v
v
v−u
y
y
− y + ln(1 − e )
=
1 − ey
v
v−u
y ey
=
+ ln(1 − ey )
y
1−e
v v−u v−u
(v − u) e
1−e
v ev
=
+
ln
−
1 − ev−u
1 − ev
1 − ev
Assemblando gli addendi (3.30) e (3.31) nella (3.29), otteniamo:
1 − ev
(v − u) ev−u
v ev
(u − v) eu+v −(u eu −v ev )
f (u, v) =
−u +
−
=
uv
1 − ev−u
1 − ev
uv(eu − ev )
15
(3.30)
(3.31)
(3.32)
La (3.32) permette di verificare la proprietà di simmetria della funzione f (u, v) nelle
variabili u e v. Altre forme utili, equivalenti alla precedente, sono:
f (u, v) =
=
=
u(1 − e−v ) − v(1 − e−u )
uv(e−v − e−u )
(3.33)
u eu (ev −1) − v ev (eu −1)
uv(eu − ev )
(3.34)
1
v
u
v
e 2 sinh v2 − u1 e 2 sinh u2
sinh u−v
2
(3.35)
Adesso, possiamo constatare che:
1
v
u
v
e 2 sinh v2 − u1 e 2 sinh u2
lim f (u, v) = lim
=
u→0
u→0
sinh u−v
2
v 1
1 1
= − coth − = f (0, v)
2 2
2 v
v
1
2
e 2 − v1 sinh v2
1
1
=
−
v
−v
sinh 2
1−e
v
(3.36)
La funzione f (0, v) riproduce il caso noto (1.8).
1 − v − e−v H
e−v −1
− e−v
H
=
=
v→0 v(e−v −1)
e−v −1 − v e−v
−2 e−v +v e−v
1
= = f (0, 0)
2
lim f (0, v) = lim
v→0
(3.37)
La funzione f (0, 0) è rappresentativa della formula di Glauber.
1
v
u
v
e 2 sinh v2 − u1 e 2 sinh u2
lim f (u, v) = lim
=
v→0
v→0
sinh u−v
2
1 1
u 1
= − coth − = f (u, 0)
2 2
2 u
1
2
u
e 2 − u1 sinh u2
1
1
−
=
u
−u
sinh 2
1−e
u
(3.38)
Le funzioni f (u, 0) e f (0, v) presentano la stessa forma: quindi, riproducono entrambe il
caso particolare (1.8). Lungo la diagonale, abbiamo:
u(1 − e−v ) − v(1 − e−u ) H
u e−v −1 + e−u
=
v→u
uv(e−v − e−u )
u(e−v − e−u ) − uv e−v
lim f (u, v) = lim
v→u
u e−u −1 + e−u
1 eu −(1 + u +
=
=
+
−u2 e−u
2
u2
u2
)
2
= f (u, u)
(3.39)
Lungo l’antidiagonale, invece:
u
v
e 2 sinh v2 − u1 e 2 sinh u2
2 sinh2 u2
lim f (u, v) = lim
=
v→−u
v→−u
u sinh u
sinh u−v
2
1
u
= tanh = f (u, −u)
u
2
1
v
(3.40)
In conclusione, la forma della funzione f (u, v), difficilmente prevedibile dall’equazione
(3.28), risulta agevole alla trattazione algebrica.
16
3.3
Forma traslata
La relazione di commutazione (1.10) può riscriversi come:
h u
u
c i
c A, A + B + I = v
A+B+ I
v
v
v
v
(3.41)
Definendo l’operatore:
c
u
A+B+ I
v
v
la (3.41) si riduce al commutatore (1.7). Questo implica:
B̄ =
u
uA + vB cI (e−v −1 + v)
ln eA e v A+B = A +
+
1 − e−v
v (1 − e−v )
(3.42)
(3.43)
Osserviamo che la (3.43) rappresenta una forma traslata della (1.11).
3.4
Forma disentangled
Intendiamo, adesso, ricavare la forma disentangled del caso particolare (1.11). A questo
scopo, consideriamo il commutatore:
[sA, tB] = st(uA + vB + cI) = ut(sA) + sv(tB) + st(cI)
(3.44)
dove s e t sono opportuni coefficienti complessi. Conseguentemente alla relazione di
commutazione (3.44), la forma entangled del caso particolare (1.11) diviene:
esA etB = esA+tB+stf (ut,sv)[A,B] = esA+tB+stf (ut,sv)[uA+vB+cI]
= es[1+utf (ut,sv)]A+t[1+svf (ut,sv)]B+stcf (ut,sv)I
(3.45)
Cerchiamone l’inversa:
es[1+utf (ut,sv)]A+t[1+svf (ut,sv)]B = e−stcf (ut,sv)I esA etB
(3.46)
A tal proposito, impostiamo il sistema:
(
s [1 + utf (ut, sv)] = 1
(3.47)
t [1 + svf (ut, sv)] = 1
(3.48)
Isolando la funzione f (ut, sv) dalle equazioni (3.47) e (3.48), otteniamo:
1
1
1
1
f (ut, sv) =
−1
=
−1
s
ut
t
sv
(3.49)
ovvero:
u u
+ t
v v
v v
t= 1− + s
u u
s= 1−
17
(3.50)
(3.51)
Richiamando il risultato (3.32), abbiamo:
f (ut, sv) =
(ut − sv) eut+sv −(ut eut −sv esv )
utsv(eut − esv )
(3.52)
Dall’esplicitazione di f (ut, sv) nella (3.47), dopo alcune semplificazioni, deriva che:
(sv − ut) eut (1 − esv ) = v(eut − esv )
(3.53)
Rimpiazziando la (3.50) nella (3.53), ricaviamo:
(v − u)(1 − ev−u+ut ) = v(1 − ev−u )
A questo punto, è possibile isolare la variabile t:
v − u eu−v
1
t = ln
u
v−u
(3.54)
(3.55)
e ottenere per sostituzione nella (3.50):
1
s = ln
v
u − v ev−u
u−v
(3.56)
E’ utile, infine, rendere esplicito il prodotto:
1
u eu −v ev
−stf (ut, sv) =
ln
uv
(u − v) eu+v
(3.57)
Infatti, utilizzando l’equazione (3.57), simmetrica rispetto allo scambio delle variabili u
e v, nella forma disentangled (3.46), troviamo:
c
ev−u
eu−v
1
u eu −v ev uv v1 ln u−vu−v
A u
ln v−u
B
A+B
v−u
e
e
=
e
(3.58)
u+v
(u − v) e
Di questo risultato, conseguenza del caso speciale (1.10), non viene fatta menzione in
nessuno degli articoli citati.
3.5
Rappresentazione matriciale
La forma chiusa della formula di Baker-Campbell-Hausdorff, ottenuta in (3.17), è altresı̀
verificabile adoperando un’opportuna rappresentazione in matrici 2 × 2. Siano, infatti:
u
v
1
−
1
2
B=
(3.59)
A= 2
0 − v2
0 u2
allora, è semplice mostrare che:
v
u
u
1
−2 1
− 2 1 v2 1
2
[A, B] =
−
0 − v2
0 u2
0 u2 0 − v2
v
u
0 u+v
−
1
u
2
=
=u 2
+v
0
0
0 − v2
0 + u2
= uA + vB
(3.60)
18
Le matrici A e B, quindi, forniscono un’esplicita rappresentazione del commutatore
[A, B] = uA + vB. Essendo matrici 2 × 2, esiste un metodo veloce per il calcolo del
loro esponenziale:
eλ 1 t 0 −1
At
g
g
(3.61)
e = g1 g2
1
2
0 e λ2 t
dove g1 e g2 sono gli autovettori della matrice A corrispondenti agli autovalori λ1 e λ2 .
Troviamo, allora:
2
1
v
v
λ1 = 2 , λ2 = − 2 , g1 =
e g2 = λ2 per la matrice A;
0
1
2
1
λ1 = u2 , λ2 = − u2 , g1 = λ1 e g2 =
per la matrice B.
0
1
Dunque:
v 2
−u 2
e 2 v sinh v2
e 2 u sinh u2
A
B
e =
e =
(3.62)
v
u
0
e− 2
0
e2
Sottolineiamo che le matrici (3.62) differiscono nell’elemento a12 rispetto a quelle fornite
dall’articolo [2]. Tramite programma di calcolo (e.g. Maple), è possibile determinare:
v−u
2 + (u + v)f (u, v)
A B
2
ln(e e ) =
= A + B + f (u, v)[A, B]
(3.63)
u−v
0
2
dove f (u, v) è esattamente la stessa funzione che compare nella (3.32): questa rappresentazione matriciale ad hoc costituisce, quindi, un controllo sulla consistenza del caso
particolare (1.11). Modificando convenientemente le matrici A e B siamo in grado di
riprodurre anche il commutatore (1.10). Infatti, ponendo:
v
u
1
−2 1
c(1 − p)
cp
2
A=− I+
B=−
(3.64)
I+
u
v
0 − v2
0 u2
∀p ∈ C, otteniamo:
0 u+v
[A, B] =
= uA + vB + cI
0
0
(3.65)
Il calcolo della formula di Baker-Campbell-Hausdorff con le matrici (3.64) genera il risultato (1.11): anche se questa procedura si basa su una particolare rappresentazione in
matrici 2 × 2, l’unica condizione da cui dipende è l’esistenza del commutatore (1.10). A
ragion veduta, possiamo dire di aver fornito una prova indipendente del caso particolare
(1.11).
3.6
Effetti sul lemma (2.5)
Ci proponiamo, adesso, di mostrare le modifiche che il commutatore (1.10) apporta al
lemma di Baker-Hausdorff (2.5) e alla relazione generale:
L
A
−A
eA eB = eA eB e−A eA = ee B e eA = ee A B eA
(3.66)
19
verficabile come segue:
e
eA B e−A
∞
∞
X
X
1
B n −A
−A A n−1
−A
A
=e
Be e
Be =e
e = eA eB e−A
n!
n!
n=0
n=0
A
(3.67)
Anzitutto, osserviamo che:
LA
e
B=B+
∞
X
Ln−1
A
n=1
n!
[A, B]
(3.68)
In virtù della (3.14), allora:
∞
LA
e
1 X vn
ev −1
B=B+
[A, B] = B +
[A, B]
v n=1 n!
v
(3.69)
Dalla (3.69), quindi, discende che:
eA eB = eB+
ev −1
[A,B]
v
eA
(3.70)
In maniera del tutto analoga, abbiamo:
e
LB
A=A+
∞
X
Ln−1
B
n=1
n!
[B, A]
(3.71)
Perciò, in forza della (3.15):
∞
e
LB
e−u −1
1 X (−u)n
[B, A] = A +
[A, B]
A=A−
u n=1 n!
u
(3.72)
Dalla (3.72), dunque, deriva che:
eB eA = eA+
e−u −1
[A,B]
u
eB
(3.73)
Segnaliamo che i risultati (3.69) e (3.72) differiscono da quelli pubblicati nell’articolo [2].
20
Applicazioni
Svariate questioni in meccanica quantistica si riconducono al seguente problema: scrivere
il prodotto degli esponenziali di due operatori A e B, che non commutano, come l’esponenziale di un terzo operatore C. La formula di Baker-Campbell-Hausdorff fornisce una
soluzione non sempre praticabile: infatti, l’espansione in serie (1.3) non può, in generale,
ridursi a forma chiusa; tuttavia, viene utilizzata per generare espressioni approssimate
dell’operatore C, mediante il calcolo diretto di un numero finito di termini. In questo
capitolo, intendiamo illustrare alcune notevoli applicazioni del caso particolare (1.5) e
del lemma (2.5) che risolvono esattamente il problema in esame.
4.1
Particella soggetta a forza costante
L’equazione fondamentale della meccanica ondulatoria è l’equazione di Schrödinger :
i~
∂
Ψ(x, t) = ĤΨ(x, t)
∂t
(4.1)
dove l’Hamiltoniana Ĥ è un operatore auto-aggiunto, in genere della forma:
Ĥ = â + b̂
(4.2)
con gli addendi â e b̂ che rappresentano rispettivamente l’energia cinetica e potenziale
del sistema. La tecnica più comune, utilizzata per risolvere la (4.1), consiste nel trovare
gli autovalori En e le autofunzioni ψn (x) dell’equazione di Schrödinger indipendente dal
tempo:
Ĥψn (x) = En ψn (x)
(4.3)
Allora, la soluzione della (4.1) si ottiene per combinazione lineare delle autofunzioni
ψn (x) su opportuni coefficienti:
Ψ(x, t) =
∞
X
i
e− ~ En t cn ψn (x)
(4.4)
n=0
R
dove cn = Ψ(x, 0)ψn (x)dx. Questa tecnica è nota come metodo degli autostati. Se
l’Hamiltoniana Ĥ è un operatore indipendente dal tempo, un approccio alternativo alla
risoluzione della (4.1) è l’integrazione diretta rispetto al tempo:
i
Ψ(x, t) = e− ~ Ĥt Ψ(x, 0) = eA+B Ψ(x, 0)
21
(4.5)
dove A = − ~i ât e B = − ~i b̂t. Questa tecnica è conosciuta come metodo dell’operatore di
evoluzione temporale. Un’ulteriore possibilità per risolvere la (4.1) è offerta dal metodo
del propagatore di Feynman. Il problema intrinseco alla (4.5) è che, in generale, A e
B sono operatori non commutativi: questo rende difficile l’applicazione dell’operatore
di evoluzione temporale allo stato iniziale Ψ(x, 0). Infatti, come possiamo manipolare
l’espansione in serie:
∞
X
1
eA+B =
(A + B)n
(4.6)
n!
n=0
affinchè tutti gli operatori B agiscano prima o dopo tutti gli operatori A? Un’idea
praticabile consiste nel fattorizzare l’argomento dell’esponenziale. Consideriamo, per
esempio, tre operatori A, B e C legati dalle seguenti regole di commutazione:
[A, B] = C
[A, C] = 0
[C, B] = −k
(4.7)
dove k è un numero complesso. Introduciamo, adesso, la funzione ausiliaria:
F (s) = es(A+B) = ef (s)A eg(s)B eh(s)C er(s)
(4.8)
Derivando rispetto a s il membro di sinistra della (4.8), otteniamo:
dF (s)
= (A + B) F (s)
ds
Derivando rispetto a s il membro di destra, invece:
dF
df
dr
dg
=
A+
F (s) + ef (s)A B eg(s)B eh(s)C er(s)
ds
ds
ds
ds
dh h(s)C r(s)
+ ef (s)A eg(s)B
Ce
e
ds
(4.9)
(4.10)
Le regole (4.7) costringono all’utilizzo del lemma di Baker-Hausdorff nella forma:
f 2 (s)
f (s)A
e
B = B + f (s)[A, B] +
[A, [A, B]] + ... ef (s)A
(4.11)
2!
per scambiare la posizione di ef (s)A con B e di eg(s)B con C. Dopodichè:
df
dF
dg
dg
dh
dr
=
A + B + f (s)C +
(C + kg(s)) +
F (s)
ds
ds
ds
ds
ds
ds
(4.12)
Confrontando le equazioni (4.9) e (4.12), ricaviamo il seguente sistema di equazioni
differenziali:

df



=1


ds



dg


 =1
ds
dg
dh



f (s) +
=0


ds
ds



dh dr


kg(s) +
=0
(4.13)
ds ds
22
sottoposto alla condizione iniziale F (0) = 1, che implica:
f (0) = g(0) = h(0) = r(0) = 0
(4.14)
Risolvendo il sistema (4.13) con le condizioni iniziali (4.14), segue che:
s3
s2
es(A+B) = e 3 k esA esB e− 2 C
(4.15)
Imponendo s = 1, otteniamo la fattorizzazione cercata. Un’applicazione del metodo
dell’operatore di evoluzione temporale [4] è l’analisi della dipendenza dal tempo di uno
stato quantistico. Consideriamo una particella soggetta a forza costante, e.g. V (x) =
−F x. La funzione d’onda al tempo t è:
Ψ(x, t) = e
− ~i
p̂2
−F x̂
2m
t
Ψ(x, 0)
(4.16)
dove Ψ(x, 0) è la funzione d’onda iniziale:
√ − 1
x2
Ψ(x, 0) = σ π 2 e− 4σ2
Definendo A =
p̂2
2m
(4.17)
e B = −F x̂, otteniamo le seguenti regole di commutazione:
[A, B] = i~
F
p̂
m
[C, B] = −~2
[A, C] = 0
F2
m
(4.18)
2
F
Se identifichiamo C = i~ m
p̂ e k = ~2 Fm , allora le (4.18) sono simili alle (4.7). Utilizzando
il risultato (4.15) e riconoscendo s = i~t , possiamo fattorizzare la (4.16) come segue:
Ψ(x, t) = e
it3 F 2
3~m
it
2
e− 2m~ p̂ e
itF
~
x̂
it2 F
e 2m~ p̂ Ψ(x, 0)
(4.19)
A questo punto, conviene riscrivere la (4.19) nella seguente maniera:
it 2 itF
it
it3 F 2
it
it2 F
2
2
Ψ(x, t) = e 3~m e− 2m~ p̂ e ~ x̂ e 2m~ p̂ e− 2m~ p̂ e 2m~ p̂ Ψ(x, 0)
(4.20)
perchè ci permette di impiegare la relazione generale (3.66). Quindi:
Ψ(x, t) = e
it3 F 2
3~m
e
itF
~
2
x̂− itm~F p̂
it
Applicando la formula di Glauber (3.1) al fattore e
Ψ(x, t) = e−
iF 2 t3
6m~
e
itF
~
2
it2 F
e− 2m~ p̂ e 2m~ p̂ Ψ(x, 0)
it
x̂ − 2m~
p̂2
e
itF
~
2
x̂− itm~F p̂
, otteniamo:
it2 F
e− 2m~ p̂ Ψ(x, 0)
Sostituendo l’espressione (4.17) nella (4.22) ed esplicitando p̂ =
√ − 1 i F t
Ψ(x, t) = σ π 2 e ~
t2
x̂− F6m
In virtù dell’azione:
e
2 ∂
∂x
t
− F2m
i~t ∂ 2
F t2 ∂
∂x
e 2m ∂x2 e− 2m
F t2
f (x) = f x −
2m
23
(4.21)
(4.22)
~ ∂
,
i ∂x
x2
e− 4σ2
ricaviamo:
(4.23)
(4.24)
e dell’identità:
∂2
∂x2
x2
1
√ e− 4w
w
∂
=
∂w
x2
1
√ e− 4w
w
(4.25)
la (4.23) può trascriversi, in definitiva, come:
2
2
t
x− F
2m
− 21
−
2
i
F
t
√
i~t
2 i~t
F t x− 6m
Ψ(x, t) = σ π 1 +
e~
e 4(σ + 2m )
2
2mσ
(4.26)
Evidenziamo che la (4.26) differisce dalla (38) pubblicata nell’articolo [4]. Possiamo
determinare il valore di aspettazione della posizione per un generico stato iniziale [5],
scrivendo:
i
(4.27)
|Ψit = e− ~ Ĥt |Ψi0
e il suo complesso coniugato, da cui segue:
i
i
hx̂it = hΨ0 | e ~ Ĥt x̂ e− ~ Ĥt |Ψ0 i = hΨ0 | eR x̂ e−R |Ψ0 i
(4.28)
Eliminando già i termini che commutano con x̂, risulta che:
R=
iF p̂t2
ip̂2 t
+
2m~
2m~
(4.29)
Infine, applicando il lemma di Baker-Hausdorff (2.5) alla (4.28), otteniamo:
hx̂it = hΨ0 |x̂|Ψ0 i +
4.2
F t2
t
F t2
t
hΨ0 |p̂|Ψ0 i +
hΨ0 |Ψ0 i = hx̂i0 + hp̂i0 +
m
2m
m
2m
(4.30)
Propagatore di Feynman: metodo algebrico
Esistono diverse tecniche per il calcolo del propagatore di Feynman. Tra queste, menzioniamo: il metodo di Schwinger, raramente impiegato nella meccanica quantistica non
relativistica; il metodo algebrico [6], interamente basato sulla fattorizzazione dell’operatore di evoluzione temporale tramite applicazioni ripetute del lemma di Baker-Hausdorff
(2.5); il metodo dell’integrale di cammino, che adopera una relazione di ricorrenza valida
per il prodotto di propagatori infinitesimi. In questa sezione, intendiamo studiare le caratteristiche del metodo algebrico, applicandolo all’oscillatore armonico unidimensionale.
La notazione che adottiamo per scrivere il propagatore di Feynman è:
K(x2 , x1 ; t) = θ(t) hx2 |U (t)|x1 i
(4.31)
dove U (t) è l’operatore di evoluzione temporale:
i
U (t) = e− ~ Ĥt
(4.32)
e θ(t) è la funzione di Heaviside:
θ(t) =
1
0
24
t≥0
t<0
(4.33)
L’origine di questo metodo risale agli albori della meccanica quantistica, in particolare
alla formulazione matriciale di Jordan, Heisenberg e Pauli. L’Hamiltoniana Ĥ di sistemi
non relativistici si scrive, di solito, come somma di termini che includono gli operatori x̂
e p̂, legati dal commutatore di Heisenberg. Per questa ragione, risulta difficile calcolare
direttamente l’azione dell’operatore (4.32) sugli stati |xi e |pi. Allora, si rende necessario
fattorizzare U (t) come prodotto degli esponenziali di x̂, p̂ e p̂x̂ tramite opportune manipolazioni algebriche, basate sul lemma (2.5), che costituisce l’essenza di questo metodo.
Infatti, ponendo:
C = eA B e−A
(4.34)
∀n ∈ N vale che:
C n = eA B n e−A
(4.35)
Se espandiamo in serie eC e identifichiamo le potenze di C come nella (4.35), otteniamo:
eC = eA eB e−A
(4.36)
eB = e−A eC eA
(4.37)
che, una volta invertita, dà:
A questo punto, possiamo porre B = − ~i Ĥt e cercare una forma fattorizzata per U (t),
scegliendo convenientemente l’operatore A. Questa scelta dipende dall’esplicita forma
dell’Hamiltoniana Ĥ. In ogni caso, la fattorizzazione potrà ripetersi tante volte quanto
è necessario. Dopodiché, sostituiremo questo risultato nella (4.31) e calcoleremo l’azione
di ex̂ , ep̂ e ep̂x̂ sullo stato |xi. Per l’operatore ex̂ il calcolo è semplice; per l’operatore ep̂
avremo bisogno della relazione di chiusura:
Z
dp |pi hp| = I
(4.38)
e dell’elemento di matrice:
hx|pi = √
i
1
e ~ xp
2π~
(4.39)
Per l’operatore ep̂x̂ sarà necessaria la relazione:
i
hp0 | e− ~ γ p̂x̂ |pi = e−γ δ p0 − e−γ p
(4.40)
che dimostriamo nell’appendice A. Adesso siamo in grado di applicare il metodo algebrico ai problemi della meccanica quantistica. L’operatore di evoluzione temporale per
l’oscillatore armonico unidimensionale è:
− ~i
U (t) = e
p̂2
+ 12 mω 2 x̂2
2m
t
(4.41)
Scegliamo l’operatore A = αx̂2 , dove α è un parametro arbitrario. Applicando il lemma
di Baker-Hausdorff (2.5) e dispondendo della (4.36), ricaviamo:
2
− ~i Ĥt
eαx̂ e
2
p̂2
m
2 − 2α~ 2 x̂2
− ~i t 2m
+ i~α
(x̂p̂+p̂x̂)+
ω
(m)
m
2
e−αx̂ = e
25
(4.42)
L’idea generale che guida il metodo algebrico è la fattorizzazione dell’operatore di evoluzione temporale. Il primo passo in questa direzione prevede l’eliminazione del termine
in x̂2 nel membro a destra della (4.42). A questo scopo, poniamo:
mω
2~
α=
(4.43)
Richiamando il commutatore di Heisenberg, riscriviamo la (4.42) come:
e
− ~i Ĥt
− ~i
iω
t −αx̂2
2
=e
e
e
p̂2
+iω p̂x̂
2m
t αx̂2
e
−i
p̂2
(4.44)
+iω p̂x̂
Procediamo, ancora, con la riduzione dell’esponenziale e ~ 2m
ad un prodotto di
fattori più semplici. Riadoperando il lemma (2.5) e ridisponendo della (4.36), otteniamo:
2
1
p̂
−β p̂2
β p̂2
+ iω p̂x̂ e
=
+ 2ω~β p̂2 + iω p̂x̂
(4.45)
e
2m
2m
Per eliminare il termine in p̂2 nel membro a destra della (4.45), poniamo:
β=−
Da ciò discende che:
e
− ~i
1
4mω~
(4.46)
p̂2
+iω p̂x̂
2m
t
i
2
= e−β p̂ e− ~ (iωt)p̂x̂ eβ p̂
2
(4.47)
Sostituendo la (4.47) nella (4.44), abbiamo:
ω
i
2
2
i
2
e− ~ Ĥt = ei 2 t e−αx̂ e−β p̂ e− ~ (iωt)p̂x̂ eβ p̂ eαx̂
2
(4.48)
La (4.48) esprime la fattorizzazione desiderata per l’operatore U (t). Rimpiazzandola
nella definizione di propagatore di Feynman (4.31), ricaviamo:
ω
2
i
2
2
2
K(x2 , x1 ; t) = hx2 | ei 2 t e−αx̂ e−β p̂ e− ~ (iωt)p̂x̂ eβ p̂ eαx̂ |x1 i
ZZ
dpdp0 ~i (p0 x2 −px1 )−β (p02 −p2 ) 0 − i (iωt)p̂x̂
t −α(x22 −x21 )
iω
2
|pi
e
= e e
hp | e ~
2π~
(4.49)
Sostituendo le definizioni (4.43), (4.46) e il risultato (4.40) nella (4.49), dopo aver fissato
il parametro γ = iωt, troviamo:
Z
p2
dp ~i p(e−iωt x2 −x1 ) 4mω~
x22 −x21 )
−i ω
t − mω
(
(e−2iωt −1)
2~
2
K(x2 , x1 ; t) = e
e
e
e
(4.50)
2π~
Completando il quadrato nell’argomento dell’esponenziale sotto il segno d’integrale,
otteniamo:

2
(e−iωt x2 −x1 )
x2 −x2 +2
− mω
2
1
2~
1−e−2iωt
K(x2 , x1 ; t) = e
Z
×
dp −
e
2π~
1−e−2iωt
4mω~
26

−i ω t
2
2
e−iωt x2 −x1
p−2imω
−2iωt
1−e
(4.51)
Sottolineiamo che la (4.51) differisce dalla (59) pubblicata nell’articolo [6]. Dallo svolgimento dell’integrale di forma gaussiana segue:

1
K(x2 , x1 ; t) =
2π~
r
4πmω~
e
1 − e−2iωt
2
x2 −x2 +2
− mω
2
1
2~
(e−iωt x2 −x1 )
1−e−2iωt

−i ω t
Infine, impiegando l’identità di Eulero e la sua conseguente:
1 − e−2iωt = 2i e−iωt sin ωt
2
(4.52)
(4.53)
nella semplificazione della (4.52), troviamo il propagatore di Feynman per l’oscillatore
armonico unidimensionale:
r
imω
mω
2
2
K(x2 , x1 ; t) =
e 2~ sin ωt [(x2 +x1 ) cos ωt−2x2 x1 ]
(4.54)
2πi~ sin ωt
4.3
Stati coerenti
L’algebra degli operatori di distruzione â e di costruzione ↠determina il tradizionale
formalismo con cui vengono trattati gli stati coerenti e gli stati squeezed: questi stati
semi-classici rivestono un’importanza centrale in ottica quantistica per le loro notevoli
proprietà.3 In notazione di Dirac, l’equazione agli autovalori per gli stati coerenti [7] si
scrive:
â |zi = z |zi
z∈C
(4.56)
dove lo stato |zi è normalizzato:
hz|zi = 1
(4.57)
La risoluzione della (4.56) implica che:
− 21 |z|2
|zi = e
∞
X
zn
√ |zi
n!
n=0
(4.58)
Sostituendo nella (4.58) la definizione di stato di Fock:
n
â†
|zi = √ |0i
n!
otteniamo:
− 21 |z|2
|zi = e
Visto che:
∞
X
zâ†
n!
n=0
n
1
(4.59)
2
†
|0i = e− 2 |z| ezâ |0i
def
â |0i = 0
3
(4.60)
(4.61)
Tra queste, spicca la saturazione del principio d’indeterminazione di Heisenberg:
∆x̂∆p̂ =
27
~
2
(4.55)
allora:
e
−z ∗ â
∞
X
(−z ∗ â)n
|0i =
n!
n=0
|0i = |0i
(4.62)
Per questa ragione, la (4.60) può riscriversi come:
1
2
†
∗
|zi = e− 2 |z| ezâ e−z â |0i
(4.63)
Dal momento che gli operatori â e ↠commutano entrambi con il commutatore [â, ↠],
possiamo adoperare la formula di Glauber (3.1) e trascrivere la (4.63) come segue:
† −z ∗ â
|zi = ezâ
|0i = T̂ (z) |0i
(4.64)
dove T̂ (z) è il cosiddetto operatore di spostamento. La relazione (4.64) stabilisce che l’operatore T̂ (z) genera, agendo sullo stato di vuoto, gli stati coerenti (4.58). L’operatore
T̂ (z) gode, inoltre, delle seguenti proprietà:
1) E’ un operatore hermitario unitario:
T̂ † (z) = T̂ −1 (z) = T̂ (−z)
(4.65)
2) E’ detto operatore di spostamento, in quanto:
T̂ † (z)âT̂ (z) = ez
∗ â−zâ†
† −z ∗ â
âezâ
= â + [z ∗ â − z↠, â]
= â + z ∗ [â, â] − z[↠, â] = â + z
T̂ † (z)↠T̂ (z) = ez
∗ â−zâ†
† −z ∗ â
↠ezâ
(4.66)
= ↠+ [z ∗ â − z↠, ↠]
= ↠+ z ∗ [â, ↠] − z[↠, ↠] = ↠+ z ∗
(4.67)
per il lemma di Baker-Hausdorff (2.5), adoperato con A = z ∗ â − z↠e B = â nella
(4.66), A = z ∗ â − z↠e B = ↠nella (4.67). Le relazioni precedenti possono scriversi più
utilmente come:
[â, T̂ (z)] = z T̂ (z)
†
(4.68)
∗
[â , T̂ (z)] = z T̂ (z)
(4.69)
In particolare, la (4.68) permette un’ulteriore prova dell’equivalenza fra l’assunto (4.56)
e la (4.64). Infatti, valendo la definizione (4.61):
0 = T̂ (z)â |0i = âT̂ (z) |0i − [â, T̂ (z)] |0i
(4.70)
âT̂ (z) |0i = z T̂ (z) |0i
(4.71)
da cui discende che:
3) Preserva la sua unitarietà rispetto a parametri additivi nell’argomento:
† −z ∗ â+w↠−w ∗ â
T̂ (z + w) = ezâ
† −z ∗ â
= ezâ
i
= T̂ (z)T̂ (w) e− 2 y(z,w)
† −w ∗ â
ewâ
1
† −z ∗ â,w↠−w ∗ â]
e− 2 [zâ
(4.72)
28
per la formula di Glauber (3.1), dove:
y(z, w) ≡ i(wz ∗ − w∗ z)
(4.73)
4) Rappresenta un gruppo non commutativo:
† −z ∗ â
T̂ (z)T̂ (w)T̂ (−z) = ezâ
† −w ∗ â
ewâ
ez
∗ â−zâ†
(4.74)
che, per la relazione (4.36), può riscriversi come:
T̂ (z)T̂ (w) = T̂ (w)T̂ (z) eiy(z,w)
(4.75)
Introduciamo, adesso, l’operatore:
M̂ (θ) = e−iθN̂
(4.76)
Mostriamo che (4.76) è l’operatore di rotazione per gli stati coerenti. Per la (4.60)
abbiamo:
2
2
1
1
†
†
(4.77)
M̂ (θ) |zi = e−iθN̂ e− 2 |z| ezâ |0i = e− 2 |z| e−iθN̂ ezâ eiθN̂ e−iθN̂ |0i
La definizione (4.61) implica che:
M̂ (θ) |0i = |0i
(4.78)
Richiamando, adesso, il commutatore:
[N̂ , ↠] = â†
(4.79)
∞
∞
X
X
(−iθ)n n †
z n
†
z
L( θ N̂ ) â =
LN̂ â = e−iθ zâ†
C=
i
n!
n!
n=0
n=0
(4.80)
e la relazione (4.36), dove:
otteniamo una conveniente riscrittura della (4.77):
1
2
M̂ (θ) |zi = e− 2 |z| ee
−iθ
zâ†
|0i = |e−iθ zi
(4.81)
La (4.81) indica che l’azione dell’operatore M̂ (θ) sullo stato coerente |zi si riduce alla
rotazione di un angolo θ dello stato stesso: a determinarla è l’operatore numero N̂ .
L’operatore M̂ (θ) gode, inoltre, delle due seguenti proprietà:
M̂ (θ)âM̂ (−θ) = eiθ â
(4.82)
M̂ (θ)↠M̂ (−θ) = e−iθ â†
(4.83)
la cui dimostrazione richiede il commutatore:
[N̂ , â] = −â
(4.84)
il commutatore (4.79) e il lemma di Baker-Hausdorff (2.5), adoperato con A = −iθN̂
e B = â nella (4.82), A = −iθN̂ e B = ↠nella (4.83). In conclusione, vogliamo
29
illustrare due caratteristiche fondamentali degli stati coerenti: non sono ortogonali e la
loro evoluzione nel parametro z ∈ C si comporta classicamente. La non-ortogonalità
implica che il loro prodotto scalare:
hz|z 0 i =
6 0
∀z, z 0
(4.85)
La prova può effettuarsi rievocando la (4.60) e applicando ripetutamente la formula di
Glauber (3.1). Infatti:
2
2
1
1
1 ∗ 0
0 2
0 2
∗
0 †
0 †
∗
hz|z 0 i = e− 2 (|z| +|z | ) h0| ez â ez â |0i = e− 2 (|z| +|z | ) e 2 z z h0| ez â +z â |0i
2
1
1
0 2
∗ 0
0 †
∗
0 2
= e− 2 (|z| +|z | ) ez z h0| ez â ez â |0i = e− 2 |z−z |
(4.86)
Nella rappresentazione di Schrödinger gli stati coerenti evolvono nella seguente maniera:
ω
|z, ti = e−i 2 t |z e−iωt i
(4.87)
La dimostrazione può svolgersi a partire dall’osservazione:
i
i
i
i
i
e− ~ Ĥt |zi = e− ~ Ĥt T̂ (z) |0i = e− ~ Ĥt T̂ (z) e ~ Ĥt e− ~ Ĥt |0i
i
ω
i
= e− ~ Ĥt T̂ (z) e ~ Ĥt e−i 2 t |0i
(4.88)
dove l’ultimo passaggio esplicita l’evoluzione temporale dello stato di vuoto |0i. Impiegando la relazione (4.36), ricaviamo:
i
† −z ∗ â
e− ~ Ĥt ezâ
† − it [Ĥ,↠]+...
~
e ~ Ĥt = ez(â
i
)−z∗ (â− it~ [Ĥ,â]+...)
(4.89)
Essendo l’hamiltoniana del sistema:
1
Ĥ = ~ω N̂ +
2
(4.90)
la (4.89) diventa:
i
i
† −z ∗ (1+itω+...)â
e− ~ Ĥt T̂ (z) e ~ Ĥt = ez(1−itω−...)â
= ez e
−iωt
↠−z ∗ eiωt â
= T̂ (z e−iωt )
(4.91)
Sostituendo il risultato (4.91) nella (4.88) ricaviamo la tesi (4.87).
4.4
Stati squeezed
Si considerino due operatori hermitiani A e B che soddisfano la relazione di commutazione:
[A, B] = iC
(4.92)
allora, in accordo con il principio d’indeterminazione di Heisenberg:
1
∆A∆B ≥ |hCi|
2
30
(4.93)
Uno stato quantistico si definisce stato squeezed [8] quando l’incertezza di una delle
osservabili (e.g. A) soddisfa la relazione:
1
(∆A)2 < |hCi|
2
(4.94)
Se, in aggiunta alla condizione (4.94), la relazione di minima incertezza è saturata:
1
∆A∆B = |hCi|
2
(4.95)
lo stato è detto stato squeezed ideale. Introduciamo, adesso, l’operatore hermitiano
unitario Ŝ(x), noto come operatore di squeezing:
1
Ŝ(x) = e 2 (x
)
(4.96)
r∈R
(4.97)
∗ â2 −xâ†2
dove:
x = r eiθ
Il parametro x determina l’ampiezza dello squeezing e dipende dal tipo di processo a
due fotoni. Esistono due modi equivalenti per generare gli stati squeezed ed entrambi
richiedono l’azione combinata degli operatori (4.64) e (4.97) sullo stato di vuoto |0i. Il
primo [3] fu introdotto da H. P. Yuen (1976):
|x, zi = Ŝ(x)T̂ (z) |0i
(4.98)
il secondo [3] da C. M. Caves (1980):
|z, xi = T̂ (z)Ŝ(x) |0i
(4.99)
Dal momento che il commutatore:
[T̂ (z), Ŝ(x)] 6= 0
(4.100)
le definizioni (4.98) e (4.99) non sono identiche; tuttavia, sono collegate dalla seguente
relazione:
Ŝ(x)T̂ (z) = Ŝ(x)T̂ (z)Ŝ † (x) Ŝ(x) = T̂ (w)Ŝ(x)
(4.101)
dove:
w = z cosh r − z ∗ eiθ sinh r
(4.102)
La prova della (4.101) può effettuarsi richiamando la (4.36) e le regole di commutazione:
[â, â†n ] = nâ†n−1
[ân , ↠] = nân−1
(4.103)
1 ∗ 2
[x â − xâ†2 , ↠] = x∗ â
2
(4.104)
da cui discende che:
1 ∗ 2
[x â − xâ†2 , â] = xâ†
2
Imponendo z = 0, gli stati squeezed (4.98) e (4.99) si riducono allo stato squeezed del
vuoto:
|x, 0i ≡ |0, xi = Ŝ(x) |0i
(4.105)
31
che possiede l’interessante proprietà:
b̂ |x, 0i = 0
(4.106)
dove l’operatore b̂ si ottiene a partire dagli operatori di distruzione â e di costruzione â†
mediante la trasformazione di Bogoliubov-Valatin:
b̂ = Ŝ(x)âŜ † (x) = â cosh r + ↠eiθ sinh r
(4.107)
b̂† = Ŝ(x)↠Ŝ † (x) = ↠cosh r + â e−iθ sinh r
(4.108)
dimostrabile impiegando il lemma di Baker-Hausdorff (2.5) e i commutatori (4.103) e
(4.104). La (4.106) può riscriversi nella conveniente forma:
(4.109)
µâ + ν↠|x, 0i = 0
con µ = cosh r e ν = eiθ sinh r, che si presta ad una notevole estensione. Infatti, agendo
sulla (4.99):
T̂ (z)b̂T̂ † (z)T̂ (z)Ŝ(x) |0i = 0
(4.110)
rievocando le proprietà (4.66) e (4.67) dell’operatore di spostamento, opportunamente
trascritte come:
T̂ (z)âT̂ † (z) = â − z
T̂ (z)↠T̂ † (z) = ↠− z ∗
e la trasformazione (4.107), otteniamo il problema agli autovalori generale:
µâ + ↠ν |x, zi = γ |x, zi
(4.111)
(4.112)
dove γ = z cosh r + z ∗ eiθ sinh r. Per cui, se r = 0 ricaviamo la (4.56); se z = 0 ritroviamo
la (4.106).
4.5
Sviluppi recenti
La rimarchevole semplificazione della formula di Baker-Campbell-Hausdorff [2], che abbiamo illustrato nel secondo capitolo di questa tesi, ha generato sviluppi recenti in svariati
campi di ricerca. Per esempio, nell’articolo [9] viene introdotto un algoritmo che estende il risultato (1.11) e conduce a nuove forme chiuse della formula (1.3). Viene anche
dimostrato che se A, B e C sono tre generatori della base di Cartan-Weyl, allora esiste
W , combinazione lineare di A, B e C, tale che:
eA eB eC = eW
(4.113)
Nell’articolo [10], invece, sfruttando l’associatività della formula (1.3) e imponendo la
simultanea validità del caso speciale (1.10), della relazione di commutazione [B, C] =
wB + zC + dI e, coerentemente con l’identità di Jacobi, del commutatore [A, C] =
mA + nB + pC + eI, si prova che:
eA eB eC = eaA+bB+cC+dI
32
(4.114)
dove a, b, c e d sono soluzioni di quattro equazioni. Viene, inoltre, mostrato che la
formula:
eA eC = eaA+bC+c[A,C]+dI
(4.115)
si estende anche a casi in cui [A, C] contiene elementi diversi da A e C. La forma chiusa (4.115) ha interessanti applicazioni sia in matematica (algebra di Virasoro, gruppo
speciale lineare SL2 (C), teoria dell’uniformizzazione) che in fisica (teoria di campo conforme). Nell’articolo [11] si dimostra l’esistenza di 13 tipologie differenti di commutatori
che conducono, ciascuno, ad una variante del risultato (4.114). L’algoritmo adoperato si
basa sulla decomposizione:
eA eB eC = eA eαB e(1−α)B eC
(4.116)
dove il parametro α è fissato in modo che riduca il secondo membro della (4.116) al
prodotto eà eB̃ , con à e B̃ tali da soddisfare il caso speciale (1.10). In 9 tipologie di
commutatori, l’equazione algebrica per α conduce a soluzioni razionali. Nell’articolo
[12] viene impiegato il caso particolare (1.11) per introdurre un metodo generale di
covariantizzazione adatto ad operatori differenziali arbitrari che trova applicazioni, per
esempio, in AdS/CFT; nell’articolo [13], comparando la rappresentazione di Schwinger
con la sua versione duale, si ottiene ancora una relazione tipo Baker-Campbell-Hausdorff.
33
Appendice
Proviamo la relazione (4.40), a partire da:
i
i
e− ~ γ p̂x̂ p̂ |pi = p e− ~ γ p̂x̂ |pi
L’equazione (A.1) può riscriversi come:
i
i
i
i
e− ~ γ p̂x̂ p̂ e ~ γ p̂x̂ e− ~ γ p̂x̂ |pi = p e− ~ γ p̂x̂ |pi
Utilizzando il lemma di Baker-Hausdorff (2.5), otteniamo:
i
γ2
γ
γ
p̂x̂
− ~i γ p̂x̂
p̂ e ~
= 1+γ+
+ ... p̂ = eγ p̂
e
2!
3!
(A.1)
(A.2)
(A.3)
Sostituendo il risultato (A.3) nella (A.2), abbiamo:
i
i
p̂ e− ~ γ p̂x̂ |pi = e−γ p e− ~ γ p̂x̂ |pi
(A.4)
i
La (A.4) mostra che e− ~ γ p̂x̂ |pi è autostato dell’operatore p̂ con autovalore e−γ p. Questo
autostato può essere scritto come |e−γ pi, a meno di una costante Cγ . Quindi:
i
e− ~ γ p̂x̂ |pi = Cγ |e−γ pi
(A.5)
Per determinare la costante Cγ , notiamo che:
i
i
hp0 | e ~ γ x̂p̂ e− ~ γ p̂x̂ |pi = |Cγ |2 he−γ p0 | e−γ pi
(A.6)
Sapendo che [x̂p̂, p̂x̂] = 0, possiamo adoperare la formula di Glauber (3.1) per ottenere:
i
hp0 | e ~ γ[x̂,p̂] |pi = |Cγ |2 δ e−γ (p0 − p)
(A.7)
Richiamando la seguente proprietà della delta di Dirac:
δ (αx) =
δ (x)
|α|
(A.8)
infine, ricaviamo:
e−γ δ (p − p0 ) = |Cγ |2 eγ δ (p0 − p)
(A.9)
Dalla (A.9) deriva che Cγ = e−γ . Cioè:
i
e− ~ γ p̂x̂ |pi = e−γ |e−γ pi
Moltiplicando ambo i membri della (A.10) per hp0 |, otteniamo la relazione (4.40).
34
(A.10)
Bibliografia
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35
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