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La violazione della clausola di prelazione statutaria

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La violazione della clausola di prelazione statutaria
Adempimenti e problematiche di diritto societario
di Luca Toninelli*
La violazione della clausola di prelazione
statutaria: sanzioni e possibili strumenti di
prevenzione
Nella prassi operativa si registra con crescente frequenza l’inserimento negli statuti
delle società a responsabilità limitata di clausole di prelazione, variamente estese ed
articolate, con le quali notoriamente - secondo una nozione volutamente grossolana e
generica - si impone essenzialmente al socio che intenda trasferire la propria
partecipazione l’obbligo di offrirla preventivamente agli altri soci alle medesime
condizioni, salva la facoltà eventualmente concessa ai prelazionari di dichiararsi
compratori contestando la congruità del corrispettivo, rimesso alla determinazione di
un arbitratore sulla base di formule e parametri predeterminati65.
Il presente articolo, premessi alcuni cenni generali sull’istituto, intende approfondire la
tematica degli effetti della violazione di una clausola di prelazione, con particolare
riferimento ai seguenti aspetti:
 la sanzione per il trasferimento concluso in violazione della clausola di prelazione
statutaria ed i rimedi concessi al socio prelazionario pretermesso ovvero alla
stessa società;
 i riflessi su tali rimedi della sopravvenuta eliminazione dell’obbligo di tenuta del
libro soci;
 i possibili strumenti di prevenzione utilmente adottabili.
Cenni generali
Prima di affrontare le specifiche questioni oggetto di indagine, pare opportuno
premettere qualche cenno di carattere generale.
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Pur in assenza di una disposizione normativa che ne disciplini espressamente il
regime, il vincolo di prelazione, in quanto riconducibile alla nozione di “particolari
condizioni” al trasferimento delle partecipazioni, come tale sussumibile nella
fattispecie di cui all’art.2355-bis, co.1 c.c., deve ritenersi senz’altro ammissibile.
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Per quanto concerne la struttura della clausola, al fine di evitare ogni motivo di
incertezza in sede applicativa, è opportuno (ma, sotto taluni profili, anche necessario
per garantirne l’intrinseca validità) che la stessa disciplini e precisi chiaramente:
- l’ambito di efficacia del diritto di prelazione, con precipuo riferimento ai negozi
giuridici comportanti l’obbligo di offerta;
- il mezzo ed il luogo di comunicazione agli altri soci della “denuntiatio”;
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Avvocato
Trattasi della c.d. clausola di “prelazione impropria” (definita anche “prelazione-opzione”), ritenuta ormai legittima dalla
giurisprudenza assolutamente prevalente, salvo alcune isolate e più risalenti pronunce che ne hanno sancito la nullità (Tribunale
Trieste 19 dicembre 1993, in Giur. comm., 1995, II, pag. 431; Cass., sent. n. 83/89, in Giur. comm. 1990, II, pag. 563).
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l’esatto contenuto di quest’ultima, con riferimento all’identità del cessionario, alle
partecipazioni offerte, al corrispettivo ed a tutti gli ulteriori termini e condizioni,
anche accessorie, del trasferimento, tali da mettere in condizione i prelazionari di
valutare l’accettabilità dell’offerta;
il carattere scindibile o meno dell’offerta e quindi l’ammissibilità dell’esercizio
parziale della prelazione (la seconda soluzione è senz’altro preferibile);
tempi, modi e luogo di comunicazione di accettazione o rifiuto dell’offerta, con
l’indicazione dell’eventuale disponibilità di acquisto delle azioni riservate pro quota
agli altri soci e rimaste inoptate, sempre in proporzione alle rispettive quote e/o
per quote superiori o inferiori;
la possibile rinunzia, esplicita od automatica, dell’offerta in caso di esercizio (nel
complesso) parziale della prelazione;
il meccanismo di quantificazione, anche mediante procedura di arbitraggio (da
definire nella scelta dell’arbitratore, nei tempi di conclusione, nella ripartizione
degli oneri, ecc.), del corrispettivo in caso di trasferimento a titolo gratuito o con
prezzo parzialmente o non interamente pecuniario, con predeterminazione dei
criteri di liquidazione;
la facoltà di revoca dell’accettazione e/o dell’offerta in prelazione entro un
prefissato termine dalla comunicazione dell’esito dell’arbitraggio;
tempi e modi di formalizzazione del trasferimento ai prelazionari che abbiano
esercitato la prelazione e di pagamento del relativo corrispettivo;
eventuali ipotesi di deroga al diritto di prelazione, anche diversamente valevoli nel
tempo (più spesso previste per il trasferimento delle partecipazioni tra gli stessi
soci).
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Circa la natura della prelazione, è da dire che, secondo autorevole ma ormai risalente
dottrina66, l'interesse sotteso alla stessa andrebbe prevalentemente riferito ai singoli
soci, consistendo nell’esigenza di impedire modificazioni nel gruppo sociale, sia
attraverso l'ingresso di terzi sia mediante un mutamento delle rispettive partecipazioni.
Quale corollario di tale impostazione, si è sostenuto che l'introduzione della clausola
di prelazione richiederebbe una decisione unanime, in quanto incidente sul diritto
individuale dei soci alla libera circolazione della quota, mentre la sola modifica e/o
rimozione, riguardando una clausola già inserita nell'atto costitutivo, sarebbero
soggette alla regola maggioritaria67.
A tale tesi si è replicato che, una volta inserita nell'atto costituivo, la clausola verrebbe
ad assumere una specifica valenza organizzativa, di talché gli interessi con essa
perseguiti risulterebbero sia riferibili ai singoli soci, che afferenti alla collettività dei
membri della compagine sociale e, quindi, alla società tout court68.
Secondo quindi tale orientamento, attraverso la clausola statutaria di prelazione e la sua
disciplina verrebbero contestualmente e tendenzialmente tutelati due distinti interessi:
1. quello della società (come tale sociale) di evitare la dilatazione incontrollata della
base partecipativa e di porre i soci al riparo da tentativi di scalate esterne;
2. e quello dei singoli soci (come tale sostanzialmente parasociale) diretto ad impedire
l'alterazione di rapporti all'interno della compagine societaria attraverso la
garantita possibilità di accrescere proporzionalmente le partecipazioni di tutti i
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Ferri, Le società, in Tratt. di dir. civ., a cura di Vassalli, Torino, 1985, pag. 486.
Cass., sent. n. 11057/93, in Vita not., 1994, 820; Corte Appello Roma 7 dicembre 1989, in Foro it., 1990, I, 2027; Tribunale Bari 22
dicembre 2001; Tribunale Udine 21 ottobre 1998, in Le società, 1452; Tribunale Modena 21 settembre 1996, in Le Società., 1997,
84; Tribunale Bologna 17 dicembre 1996, in Giur. Comm. 1998, II, 417; Tribunale Aosta 14 ottobre 1995, in Le Società 1996, 199.
Angelici, Azioni - gruppi, in Tratt. delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 2, Torino, 1991, pag. 190.
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soci69, senza tuttavia ostacolare chi intenda realizzare il valore economico della
propria partecipazione attraverso il trasferimento della stessa.
La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, ha progressivamente sviluppato tale
tesi, posponendo i diritti soggettivi del socio al precipuo interesse sociale, consistente
nell’esigenza di conservazione della coesione tra i soci e dell'equilibrio dei rapporti di
carattere fiduciario tra gli stessi intercorrenti, ed arrivando quindi a sostenere che la
clausola di prelazione, pur nascendo con un indubbio carattere parasociale, una volta
inserita nello statuto acquisirebbe un’essenza prettamente sociale70.
È stata quindi coerentemente sancita anche la valida introduzione con deliberazione
maggioritaria di una clausola di prelazione71.
Tale evoluzione sembra definitivamente recepita dalla riforma del diritto societario.
I limiti di efficacia delle clausole di prelazione e le conseguenze della sua
violazione
 Il tema della sorte della cessione della quota societaria effettuata in violazione di
una clausola di prelazione risulta strettamente connesso e dipendente da quello
dell’ambito di efficacia della stessa clausola.
 Parte della dottrina72 ha sostenuto che la clausola di prelazione avrebbe
esclusivamente efficacia obbligatoria, in quanto, stante il perseguimento d'interessi
meramente individuali, sarebbe equiparabile - come sopra accennato - ad un
patto parasociale.
 Una dottrina più risalente73 è pervenuta ad analoghe conclusioni sulla scorta del
principio generale ricavabile dagli artt.1379 e 1372 co.2 c.c. secondo cui
solamente la legge e non anche l'autonomia privata potrebbe imporre limitazioni
aventi efficacia reale alla libera circolazione dei beni.
 Secondo tuttavia l'orientamento dottrinario prevalente74, l'inserimento in statuto
della clausola di prelazione eleva quest'ultima a regola dell'ordinamento societario,
conoscibile da parte di tutti per la pubblicità a cui essa è sottoposta, e dotata
quindi di efficacia reale.
Una parte del tutto minoritaria della dottrina ha altresì argomentato che l'efficacia
reale della clausola deriverebbe dalla sua natura di prelazione legale e non volontaria,
in quanto prevista implicitamente dall'art.2469 c.c.75.
Va segnalata anche l’opinione di chi enfatizza la duplice anima della clausola, al
contempo sociale e parasociale, concludendo per un'efficacia reale, laddove ad agire
sia la società, e per un'efficacia obbligatoria, ove l'azione sia proposta dai singoli soci
pretermessi76.
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Con la conseguenza che il socio alienante dovrebbe necessariamente offrire le proprie azioni a ciascuno dei vecchi soci in
proporzione alle rispettive quote detenute da ognuno: così Tribunale Bassano del Grappa decr., 15 settembre 1993, in Le Società,
1994, pag. 489; Tribunale Roma 4 maggio 1998, in Riv. dir. comm., 1999, II, pag. 65.
Cass., sent. n. 12012/98, in Riv. Notariato, 1999, 755; Cass., sent. n. 7614/96, in Giur. comm., 1997, II, 520; Cass., sent., n.
7859/93, in Foro it., 1994, I, 406; Tribunale Milano ord., 22 giugno 2001, in Giur. it., 2002, I, 2, 1998; Tribunale Napoli ord., 28 aprile
2004, in Le Società, 2004, 1403; Tribunale Verona 23 settembre 1991, in Giur. it., 1992, I, 2, 256
Tribunale Bologna 4 ottobre 2003, in Dir. e Prat. Delle società 2004, 13 79; Tribunale Genova 11 aprile 2001, in Nuov. Dir. 2001,
1017; Corte Appello Milano 1 luglio 1998, in Giur. Comm. 1999, II, 645.
Gatti, “L'iscrizione nel libro dei soci”, Milano, 1969, pag.112; Corapi, “Gli statuti delle società per azioni”, Milano, 1971, pag.181;
Maccabruni, “Clausole statutarie di prelazione”, in Giur. comm., 1989, II, pag. 101.; Ferri, “Le società”, in Trattato di diritto civile
italiano, fondato da F. Vassalli, vol. X, t. 3, Torino, 1987, pag.506, secondo cui la clausola avrebbe effetto obbligatorio, ma i soci
potrebbero riscattare la partecipazione con un diritto di retratto analogo a quello dell'art. 732 c.c..
Messineo, “Nullità ed inefficacia relative della clausola di gradimento nell'acquisto di azioni”, in Riv. soc., Milano, 1962, pag. 533.
Dal Martello, “Limitazioni statutarie alla circolazione delle azioni”, in Temi 1949, 90; De Ferra, “La circolazione della partecipazioni
societarie”, Milano, 1964, pag. 213; Galgano, “Le società per azioni”, in Trattato di dir. comm. pubblico dell’economia, Padova,
1988, VII, 147.
Binni, “Soppressione ed introduzione a maggioranza delle clausole relative all'alienazione di azioni e quote sociali”, in Giur. comm.,
II, 1995, p. 60 ss.; in giurisprudenza, si veda Tribunale Catania, 28 febbraio 1991, in Le società, 1991, pag 1104.
“La circolazione della partecipazione azionaria”, in Trattato Colombo-Portale, II, t. 1, Torino, 1991, pag. 207.
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La tesi, tuttavia, a prescindere dalle suesposte considerazioni circa la non
configurabilità di clausole statutarie parasociali, non convince, sembrando anomalo
ritenere che la violazione della prelazione statutaria possa produrre effetti differenti a
seconda di chi agisca per farla accertare.
a) Allo stato, può considerarsi consolidato l’orientamento sia dottrinale che
giurisprudenziale favorevole alla tesi dell’efficacia reale, e dunque erga omnes,
della clausola statutaria di prelazione77.
b) Deve, tuttavia, registrarsi una divergenza di opinioni circa le conseguenze
dell'alienazione effettuata in violazione della clausola di prelazione ed i rimedi
concessi al socio prelazionario pretermesso ed alla stessa società.
c) Può reputarsi definitivamente superata, al riguardo, la più risalente giurisprudenza
di legittimità78 che aveva affermato la nullità assoluta del trasferimento della
partecipazione posto in essere senza il rispetto del diritto di prelazione giacché,
stante quanto disposto dal previgente art.2355, ci si troverebbe di fronte ad una
prelazione stabilita dalla legge.
d) Tale ricostruzione è stata fermamente osteggiata, in quanto si è rilevato come la
nullità operi solo ed esclusivamente nel caso di violazione di norme imperative e
non anche nell'ipotesi di violazione di patti negoziali, tra i quali certamente rientra
la clausola di prelazione, che l'art.2355 nella vecchia formulazione si limitava
esclusivamente a contemplare79.
e) Non è neppure possibile addurre la sussistenza di un collegamento tra l'efficacia
reale della clausola e la sanzione della nullità, in quanto, come è stato
correttamente rilevato80, la limitazione del potere di disporre, che è insito in ogni
clausola di prelazione, non concerne gli elementi essenziali del negozio, ma è
esterna ad essi e riguarda il soggetto che pone in essere il trasferimento.
f) Appare pertanto definitivamente abbandonata la tesi della nullità del negozio
traslativo concluso con l’inosservanza della clausola di prelazione81.
g) Autorevole dottrina82 ha, diversamente, sostenuto come le limitazioni derivanti
dalla clausola di prelazione non incidano né sulla circolazione dell'azione né nei
confronti della società, che non potrebbe rifiutare l'iscrizione nel libro dei soci (ora
abrogato, come chiarito anche nel prosieguo) dell'acquirente sulla base della
violazione del patto di prelazione. Secondo tale opinione, la posizione dei membri
della compagine sociale sarebbe equiparabile a quella dei coeredi aventi diritto
alla prelazione, con la conseguenza che la tutela per i soci sarebbe garantita
dall'esercizio del diritto di riscatto nei confronti del terzo acquirente.
h) Sennonché, la più recente ed ormai univoca giurisprudenza83 esclude senz’altro la
facoltà di riscatto dei soci pretermessi in danno del terzo acquirente, sulla base
della motivazione secondo cui la prelazione societaria non ha nulla a che fare con
le ipotesi di prelazione legali, le uniche a prevedere testualmente la corrispettiva
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Cass., 21 ottobre 1973, n. 2763, in Giur. Comm., 1975, II, 23; Id., 10 ottobre 1957, n. 3702, in Giur. It., 1958, I, 548; App. Roma, 26
giugno 1989, in Rass. Arbitrato, 1990, 114 e segg., e recentemente ribadito da Trib. Cagliari, 28 agosto 2006, in Riv. Giur. Sarda,
2008, 323.
Cass. 21 ottobre 1973, n. 2763, in Giur. comm., 1975, II, 23; Cass. 10 ottobre 1957, n. 3702, in Giur. it., 1958, I, 1, 548.
Tribunale Milano, 23 settembre 1991, in Le Società, 1992, 357.
Carnevale, in nota a Tribunale Bassano del Grappa, 17 febbraio 1993, in Le società., 1993, 978.
Tribunale Milano, 9 novembre 2005, Corriere del merito 2006, 3 299; Tribunale Roma 8 luglio 2005, in Riv. notariato 2006, 2 541;
Tribunale Napoli 7 aprile 2005, in Banca borsa tit. cred. 2006, 6 757; Tribunale Napoli 7 aprile 2005, in Banca borsa tit. cred. 2006,
6 757; Corte Appello Bari, 29 aprile 1989, in Le società, 1989, pag. 1165; Corte Appello Cagliari 7 febbraio 1970, in Dir. fall., 1970,
II, pag. 479 Cass., 26 ottobre 1973, n. 2763, in Giur. comm., 1975, II, p. 23; Tribunale. Genova 3 aprile 1984, in Le società, 1984, p.
1344; Tribunale Milano, 25 febbraio 1988, in Giur. comm., II, pag. 94; Tribunale Napoli, 12 maggio 1993, in Dir. e giur., 1994, pag.
439; Tribunale Napoli, 29 giugno 1990, in Le società, 1991, pag. 47; Tribunale Napoli, 20 febbraio 1989, in Dir. e giur., 1991, pag.
683; Tribunale Como 23 febbraio 1994, in Le società, 1994, p. 678
Ferri, Le società, in Trattato di diritto civile, Torino, 3, p. 486.
Tribunale Verona 30 ottobre 2006 n. 3011, Redazione Giuffrè; Tribunale Milano 25 febbraio 1988, in Diritto e Giustizia 1989, II, 94;
Tribunale Napoli 20 febbraio 1989, ivi, 1991, 683.
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azione di riscatto, in contrasto con la dottrina che, ante-riforma, aveva sostenuto
tale possibilità.
Secondo, quindi, l’insegnamento sia dottrinario che giurisprudenziale attualmente
prevalente, l'alienazione posta in essere in violazione della clausola di prelazione
è senz’altro inefficace, pur dubitandosi sul carattere relativo ovvero assoluto di
tale sanzione.
Alcuni autori hanno prospettato la piena efficacia del trasferimento inter partes e
l'inefficacia nei soli confronti della società, con la conseguenza che solo
quest’ultima sarebbe legittimata a rifiutare l'iscrizione dell'acquirente nel libro dei
soci (oggi peraltro abrogato) e ad agire giudizialmente al fine di far valere
l'inefficacia del trasferimento84.
Analoga soluzione ha delineato un certo filone giurisprudenziale sostenitore della
tesi dell’inesistenza di effetti dell’atto nei confronti della società85.
Deve per contro registrarsi un’adesione pressoché univoca al più recente
orientamento secondo cui l'inserimento da parte dei soci stipulanti del patto di
prelazione nell'atto costitutivo o nello statuto di una società di capitali, attribuisce a
detta clausola - al pari di qualsiasi altra pattuizione riguardante posizioni soggettive
individuali dei soci che venga iscritta nello statuto dell'ente - anche un valore
generale, rilevante per la società la cui organizzazione ed il cui funzionamento
l'atto costitutivo o lo statuto sono destinati a regolare86.
Sulla base di tale impostazione, viene configurata una fattispecie di inefficacia
assoluta, con la conseguenza che anche i singoli soci potrebbero farne valere
l'inefficacia87.
In pratica, quindi, in caso di accoglimento dell’azione di inefficacia, la quota ed i
diritti in essa incorporati restano in una sorta di limbo, nel senso che l'acquirente
non potrà esercitarli, ma neanche potrà farlo il cedente, che non è più titolare delle
quote.
L’impasse potrebbe sbloccarsi o attraverso una rinuncia tout court alla prelazione
da parte dei soci prelazionari (della quale dovrebbe prendere atto la società che
abbia eventualmente agito per la dichiarazione di inefficacia) o attraverso un
annullamento degli effetti dell’atto traslativo (ad esempio mediante risoluzione
consensuale), ovvero ancora attraverso la rinnovazione della procedura di offerta
della partecipazione agli stessi soci prelazionari, che, esercitando la prelazione,
ne acquisirebbero la titolarità.
I riflessi sull’esperibilità di tali rimedi eventualmente connessi all’eliminazione
dell’obbligo di tenuta del libro soci.
Occorre, a questo punto, chiederci se l’opponibilità al terzo cessionario dell’inefficacia
della cessione conclusa in violazione della prelazione statutaria possa risultare
compromessa dall'abrogazione del libro dei soci, nell'ipotesi in cui l'atto di cessione
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Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963, pag.268; De Ferra, “La circolazione delle partecipazioni azionarie”, Milano, 1964, pag.221.
Tribunale Catania 20 novembre 2002; Tribunale Catania 6 febbraio 2003, in Giur. comm. 2003, II, Tribunale Roma 4 maggio 1998;
Tribunale Cagliari, 28 agosto 2006, n. 2255, in Riv. giur. Sarda 2008, 2 323; Tribunale Brindisi, 17 marzo 2006, in Riv. notariato
2008; Tribunale Busto Arsizio 9 maggio 2012, in Le Società, 5/12, p. 580.
Tribunale Bari n.2397/08, in Giurisprudenzabarese.it 2008, secondo cui, circa l'indissolubile connessione tra efficacia erga omnes e
valenza organizzativa della prelazione statutaria, "l'inserimento da parte dei soci stipulanti del patto di prelazione nell'atto costitutivo o
nello statuto di una società di capitali, attribuisce a detta clausola - al pari di qualsiasi altra pattuizione riguardante posizioni soggettive
individuali dei soci che venga iscritta nello statuto dell'ente [32] - anche un valore generale, rilevante per la società la cui organizzazione
ed il cui funzionamento l'atto costitutivo o lo statuto sono destinati a regolare. In quest'ottica, la clausola statutaria di prelazione ha
efficacia reale, ed i suoi effetti sono opponibili anche al terzo acquirente, perché si tratta di una regola del gruppo organizzato alla quale
non potrebbe non sottostare chiunque volesse entrare a far parte di quel gruppo", nello stesso senso Tribunale Roma, 8 luglio 2005, in
Notariato, 2006, 542; Tribunale Milano 28 giugno 2011, in Giurisprudenza Italiana, 7 /12.
Campobasso, Diritto delle società, Torino, 2002, pag. 242 e Di Sabato, Società, Torino, 1995, pag. 337.
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sia stato regolarmente iscritto presso il competente ufficio del Registro delle Imprese
ai sensi e per gli effetti dell'art.2470 co.1 c.c..
Una recente pronuncia del Tribunale di Milano88 ha fornito una risposta
perentoriamente negativa a tale interrogativo, rigettando il ricorso cautelare
presentato dall'aspirante nuovo socio ed accogliendo le istanze della società
resistente intese al riconoscimento del proprio diritto-potere di precludere l'esercizio
dei diritti sociali da parte di soggetti che, ancorché risultanti dal Registro delle Imprese
come acquirenti di partecipazioni, le abbiano acquistate illegittimamente.
I giudici aderiscono chiaramente all'orientamento espresso dal Notariato Triveneto
nella massima L.1, rubricata "Effetti del deposito nel registro delle imprese di un atto
di cessione di partecipazione effettuato in violazione dei limiti statutari al suo
trasferimetno", secondo la quale:
“la cessione di partecipazione avvenuta in violazione degli eventuali limiti statutari
al suo libero trasferimento (art.2469 c.c.: prelazione, gradimento, divieto assoluto,
ecc.) è inefficace, pertanto la stessa non legittima l'esercizio dei diritti sociali da
parte del cessionario, ancorché depositata nel Registro Imprese ai sensi
dell'art.2470, co.1 c.c. (nel testo novellato dalla L. n.2/09)”.
Trattasi di una soluzione conforme al regime precedente alla novella, in quanto anche
il previgente art.2470 co.1 c.c. disponeva che l'eventuale illegittima iscrizione al libro
soci di un atto di cessione di partecipazione avvenuto in violazione dei limiti statutari
non legittimava l'esercizio dei diritti sociali.
I possibili strumenti di prevenzione
Stante i non del tutto soddisfacenti rimedi attualmente consentiti dalla giurisprudenza
in ipotesi di trasferimenti effettuati in violazione della clausola di prelazione statutaria,
vale la pena di esplorare possibili strumenti di prevenzione, aventi valenza deterrente
o, addirittura di ripristino dei corretti assetti proprietari tutelati con il vincolo di prelazione.
Potrebbe, in proposito, pensarsi all'inserimento in statuto di una clausola che configuri
l'acquisto di partecipazioni in spregio al vincolo prelazionario quale giusta causa di
esclusione dalla società del socio subentrato ai sensi e per gli effetti dell'art.2473-bis
c.c., rafforzata dalla previsione di criteri “punitivi” di valorizzazione della stessa
partecipazione in sede di liquidazione.
Ancor più pregnantemente, potrebbe prevedersi l’inserimento in statuto di una
clausola attribuente collettivamente alla categoria dei soci pretermessi un diritto
particolare (ex art.2469, co.3 c.c.) di riscatto delle partecipazioni dal socio
acquirente89, ovvero un diritto di opzione di acquisto (call) delle medesime.
Tali ultimi meccanismi sarebbero idonei a riconoscere ai soci prelazionari pretermessi,
attraverso lo strumento convenzionale (previsione del contratto sociale), quella tutela
(e non solo efficacia) reale del diritto statutario di prelazione non concessa
legalmente, assicurando ai medesimi la facoltà di acquisizione, in ogni caso, della
partecipazione prelazionata.
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Tribunale Milano 28 giugno 2011, in Le Società, 11 / 2011, pag. 1266.
Si segnala che secondo la Massima n.95/07 del Consiglio Notarile di Milano, deve ritenersi "legittima la previsione statutaria di
diverse regole di circolazione delle azioni di s.p.a. o delle partecipazioni di Srl, che siano applicabili non già a tutte le azioni o
partecipazioni emesse dalla società, bensì solo ad alcune di esse. Tale facoltà - che incontra ovviamente i medesimi vincoli imposti
dalla legge per la generalità delle azioni o partecipazioni sociali - può riguardare sia le clausole comportanti limiti alla circolazione in
senso proprio (ad es. prelazione, gradimento, etc.), sia le altre clausole riguardanti in senso lato il trasferimento delle azioni (ad es.
tecniche di rappresentazione delle azioni, riscatto, recesso convenzionale, etc.). In queste circostanze, il diverso regime di
circolazione dà luogo: (i) nella s.p.a., a diverse categorie di azioni ai sensi dell'art.2348 c.c., ciascuna delle quali caratterizzata dalle
regole statutarie ad essa applicabili; (ii) nella s.r.l., a diritti particolari dei soci ai sensi dell'art.2468 c.c., spettanti ai singoli soci cui si
applica il diverso regime di circolazione".
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