Comments
Transcript
FRUMENTI: DURO, TENERO E FARRI (Triticum spp.)
Cap. 4 – Frumenti CAPITOLO 4 _______________________________________________________________________________________ FRUMENTI: DURO, TENERO E FARRI (Triticum spp.) 4.1 Origine e diffusione Con il nome frumento s’intendono diverse specie di graminacee appartenenti al genere Triticum la cui origine della coltivazione risale al Neolitico (circa 10.000 anni fa) nell’area geografica del Medio Oriente, da dove poi si sono evoluti e diffusi in Asia e in Europa. In Italia li iniziarono a coltivare gli Etruschi, ma furono i Romani che li diffusero e li trasformarono in coltura intensiva. Al genere Triticum appartengono diverse specie, tutte a ciclo colture annuale, delle quali le più importanti sono (Fig. 4.1): frumento tenero (Triticum aestivum) (con cariosside nuda alla raccolta – Fig. 4.2); frumento duro (Triticum durum) (con cariosside nuda alla raccolta – Fig. 4.2); farri (Triticum monococcum, T. dicoccum, T. spelta) sono frumenti cosiddetti vestiti (data l’aderenza delle glume e glumelle delle cariossidi alla raccolta - Fig. 4.3). Essi saranno trattati nel capitolo successivo. Fig. 4.1 – Spighe delle specie del genere Triticum maggiormente coltivate: 1) grano duro; 2 e 3) grano tenero con e senza reste; 4) farro piccolo; 5) farro medio; 6) farro grande 1 Fig. 4.2 – Cariossidi di frumenti duro (sopra) e tenero (sotto) Fig. 4.3 – Cariossidi di frumento vestiti (farri) Attualmente il frumento è il cereale più coltivato al mondo, rivestendo la maggiore importanza internazionale sia nel commercio che nella politica economica. Negli ultimi 50-60 anni la produzione areica del frumento, in Italia, è aumentata continuamente, grazie al miglioramento genetico ed al perfezionamento delle tecniche agronomiche di coltivazione. Tra queste l'evoluzione varietale, la concimazione azotata, il controllo delle infestanti, le modalità di semina e l'uso di sementi certificate, sono gli aspetti tecnici che maggiormente hanno contribuito alla modernizzazione della granicoltura ed all'innalzamento produttivo. Attualmente, infatti, si raggiungono produzioni fino a 6-7 t ha-1. Tuttavia le rese in molti ambienti meridionali restano inferiori rispetto a quelle che si registrano nelle aree del Centro e del Nord Italia per fattori tecnici quali: la diffusione della monocoltura, la carente regimazione idrica dei terreni, la scelta varietale. Nel Nord è più diffusa la coltivazione del frumento tenero, mentre al Sud quella del frumento duro, coltura mediamente meno produttiva del frumento tenero. 4.2 Cenni botanici e morfologici I principali caratteri botanici e morfologici sono stati già descritti precedentemente (Cap. 3); qui di seguito si riportano le particolarità relative ai frumenti tenero e duro. L’apparato radicale è di tipo fascicolato. Il fusto è cilindrico e cavo, detto culmo, la cui altezza è in funzione della varietà e delle condizioni pedo-climatiche. Le vecchie varietà di frumento raggiungono 180-220 cm di altezza, le varietà attuali presentano taglie più ridotte, tra 70 e 120 cm. Il miglioramento genetico, infatti, ha ridotto l’altezza delle piante per indurla a una maggiore resistenza all’allettamento. 2 Cap. 4 – Frumenti Le foglie, inserite sul culmo, prendono origine dai nodi, mentre la parte apicale del culmo termina con l’infiorescenza (spiga), costituita da un asse centrale (rachide) sul quale sono inserite le spighette che portano al loro interno i fiori in numero variabile tra le specie. Ogni fiore è costituito da due brattee dette glumette, una superiore (palea) e una inferiore (lemma). Quest’ultima può portare all’apice un prolungamento detto arista o resta. Il frumento tenero può presentare varietà con reste (dette aristate) e varietà sprovviste di reste dette mutiche. Tutte le varietà di frumento duro, invece, hanno spighe aristate (Fig. 4.4). Il frutto, comunemente indicato come seme è una cariosside ricca di amido. La forma, la dimensione, il colore e la composizione variano con le varietà. (A) (B) (D) (C) Fig. 4.4 – (A) Composizione di una spiga di grano tenero: a) rachide; b) spighetta; (B) Composizione di una spighetta; (C) Impollinazione; (D) Grano duro in spigatura La cariosside di frumento è di forma ellittica, ovoidale con gradazioni di colore che vanno dal bianco-avorio, crema, giallo fino al rosso o bruno; si può distinguere 3 una parte dorsale convessa e una parte ventrale solcata da un’affossatura più o meno profonda detta solco ventrale. All’apice della cariosside vi è un piumino composto da numerosi peli, non sempre presente (manca nei frumenti duri). Nella parte basale, esternamente alla cariosside è riconoscibile una cicatrice chiamata ilo, che rappresenta il punto di distacco del seme maturo dal funicolo. Le cariossidi di frumento tenero hanno una sezione farinosa, quelle di frumento duro, sezionate hanno una consistenza vitrea, cornea o dura. La forma è più arrotondata nel tenero, più spigolosa nel frumento duro, mentre il peso della cariosside è maggiore nel duro (peso di 1.000 semi 30-55 g) rispetto al tenero (30-40 g). La cariosside dalla parte esterna verso l’interno, come già detto nel Cap. 3 è costituta da: involucri esterni; tegumento (pericarpo e perisperma, costituito dal tegumento seminale detto testa e dallo strato ialino); endosperma (costituito dallo strato aleuronico ed endosperma amilaceo) e germe o embrione (Fig. 4.5). Il perisperma fa seguito al pericarpo e risulta costituito dal tegumento seminale detto testa, costituito da alcuni strati di cellule parenchimatiche; ricopre l’endosperma ed è intimamente unita con le cellule interne del pericarpo: Il testa delle varietà a cariossidi rosse contiene un pigmento bruniccio, mentre il testa delle varietà a cariossidi bianche od ambra non lo contiene. Lo strato ialino o nucellare fa seguito al testa ed è composto da una fila di sottilissime cellule compresse inserite tra il testa e l’endosperma. L’endosperma, la parte più importante delle cariossidi ai fini alimentari, costituisce l’84-88% del peso della cariosside ed è costituito di due parti: lo strato aleuronico (3-4%) ed endosperma amidaceo il parenchima glutinamidoso (86% in peso della cariosside). Lo strato aleuronico è costituito da una fila di grosse cellule rettangolari dello spessore di 35-75 micron e forma lo strato più periferico dell'endosperma, esso costituisce altresì lo strato più interno di tutto il materiale compreso nella crusca durante la molitura delle cariossidi. Esso non contiene glutine, ma granelli proteici ad alto valore biologico (aleurone) contenenti sali minerali, grassi, vitamine ed enzimi. L’endosperma amidaceo o parenchima glutinamidoso è composto da cellule di forma prismastica, contenenti nel citoplasma granuli di amido immersi in una matrice di natura proteica disposta all’interno di globuli sferici detti “corpi proteici” Procedendo dall’esterno all’interno dell’endosperma, la grandezza dei granuli di amido aumenta mentre il tenore proteico diminuisce progressivamente. La forma e la dimensione dei granuli di amido sono tipiche di ogni cereale, tanto che è possibile mediante esame microscopico riconoscere la provenienza della farina. Rispetto allo strato aleuronico, nell’endosperma amilifero il tenore in lipidi, sali minerali, vitamine ed enzimi è inferiore. 4 Cap. 4 – Frumenti Nella tabella 4.1 sono riportati i valori minimi e massimi della composizione della granella di frumento. Peli apicali Pericarpo esterno e interno Tegumento Crusca (14-17%) Str ato aleuronico Endosperma esterno Endosperma Endosperma (80-84%) farina o semola interno Germoglio Radice Scutello (cotiledone) Pericarpo Ge rme o Embrione (2-3%) Ilo ( punto di distac co del seme dal funicolo) Fig. 4.5 –Cariossidi di frumento e sezione longitudinale Tab. 4.1 - Composizione delle cariossidi dei frumenti Componenti Minimo (%) Massimo (%) Acqua 10.0 14.0 Proteine 7.0 18.0 Amido 60,0 68.0 Pentosani 6.2 8.0 Saccarosio 0.2 0.6 Maltosio 0.6 4.3 Cellulosa 1.9 5.0 Lipidi 1.5 2.0 Ceneri 1.5 2.0 4.3 Ciclo biologico ed esigenze pedo-climatiche Le peculiarità delle esigenze pedo-climatiche durante il ciclo biologico dei frumenti sono riassunti nella seguente scheda: 5 FASI FENOLOGICHE ED ESIGENZE TERMICHE DEI FRUMENTI Germinazione ed emergenza Tmin: 2-4 °C Tmax: 37 °C Tott: 20-25 °C Accestimento Tott.:20- 25 °C Levata Tott: 15-22 °C Fioritura ed allegagione Tott: 18-20 °C Maturazione Tmin: 10 °C Tmax: 32 °C Tott: 18-24 °C Esigenze pedologiche Trattandosi di specie microterme germinano anche a basse temperature. La germinazione inizia quando la cariosside ha assorbito acqua dal terreno per il 35-40% del proprio peso. Poi la plantula fuoriesce dalla superficie del terreno e si ha l’emergenza. Questa fase dura mediamente 10-15 giorni. Dopo l’emergenza la plantula continua a crescere, quindi, dopo aver emesso le prime 3-4 foglie, dai nodi basali si originano nuovi culmi secondari o di accestimento che producono a loro volta un apparato radicale avventizio. L’indice d'accestimento (n° di culmi secondari), in condizioni normali è in media 0.5-2. Esso aumenta all'aumentare delle condizioni idriche e nutrizionali del terreno e della radiazione solare. Il frumento tenero accestisce più di quello duro. L'inizio della levata si ha con l'aumentare della temperatura. È il periodo di crescita veloce (detta anche incannatura) durante il quale gli internodi si allungano e si sviluppa l'apparato fogliare. Comprende le sottofasi di botticella e spigatura, dovute rispettivamente all’ingrossamento della spiga nell’ultima foglia e la sua fuoriuscita all’esterno. Avviene 5-7 giorni dopo la spigatura e si evidenzia con l'estromissione delle antere dalle glumelle. L'impollinazione è autogama di tipo cleistogama, anche se in casi particolari si può riscontrare una percentuale di allogamia dell'1-4%. Formazione della cariosside per un periodo di 30-35 giorni. Si distinguono le sottofasi di maturazione lattea, cerosa, fisiologica e di morte. Il momento della raccolta è in corrispondenza della maturazione fisiologica quando la cariosside raggiunge un contenuto di circa il 13% di umidità, condizione ideale per la conservazione senza essiccamento. Il ritardo aumenta i rischi di perdita della produzione (per uccelli e disseminazione). Talvolta le piogge e gli abbassamenti della temperatura possono provocare la germinazione delle cariossidi direttamente sulla spiga. Un improvviso e rapido aumento della temperatura oltre i 28 °C durante l’ingrossamento della cariosside può provocare notevoli perdite di acqua ed arresto della trasmigrazione dell'amido determinando il fenomeno della stretta (maturazione anticipata e cariossidi striminzite). Il frumento si adatta a diversi tipi di terreno, ma preferisce quelli tendenzialmente argillosi, ben drenati e ben dotati di sostanza organica. Nei terreni sabbiosi sono soggetti a stress idrici. 6 Cap. 4 – Frumenti Esigenze idriche I cereali vernini, negli ambienti a clima mediterraneo, non necessitano, in genere, degli apporti irrigui, poiché beneficiano delle piogge autunno-invernale. La variabilità nella quantità e distribuzione delle precipitazioni nelle diverse annate può comunque condizionare fortemente i risultati produttivi. Eccessi di piovosità nel periodo invernale sono dannosi perché determinano asfissia del terreno e condizioni favorevoli allo sviluppo di malattie fungine. Nella fase finale del ciclo colturale, piogge battenti unite a vento forte possono determinare fenomeni di allettamento, specie quelle varietà a taglia elevata. Nella fase di preraccolta, piovosità elevate possono, inoltre, determinare scadimento qualitativo delle cariossidi che nei frumenti duri la granella può risultare slavata o bianconata. In casi estremi possono verificarsi fenomeni di pre-germinazione. Carenze idriche determinano fenomeni di riduzione di produzione a causa dell’incompleto riempimento della cariosside. Le fasi critiche per la disponibilità idrica sono l’impollinazione, la fecondazione e il riempimento della cariosside. Nelle prime due fasi stress idrici causano riduzione di fertilità della spiga con conseguente minore numero di cariossidi nella stessa. Nella fase finale del ciclo, invece, condizioni di carenza idrica ed elevate temperature determinano una brusca interruzione del trasferimento di sostanze nelle cariossidi che risultano striminzite (“stretta”). 7 4.4 Tecniche di coltivazione dei frumenti Le principali tecniche di coltivazione sono riassunte nella seguente scheda: Avvicendamento colturale Il frumento appartiene al gruppo delle piante tolleranti a succedere a se stesse (ringrano), per un certo numero di anni, che non subiscono una forte decurtazione in termini di resa. Pur tuttavia, è consigliabile la successione con altre colture in modo da evitare gravi infestazioni da malerbe (specialmente Avena fatua negli ambienti meridionali) e da parassiti (insetti, nematodi, malattie) contro cui non sempre si dispongono sufficienti mezzi di lotta. E’ una coltura depauperante (o sfruttante), pertanto, è consigliabile avvicendarla nelle zone irrigue a colture da rinnovo (pomodoro, barbabietola, girasole ecc). In ambienti cerealicoli di zone aride e semiaride, come quelle del Meridione d’Italia, di solito il frumento si avvicenda con il cosiddetto “maggese nudo” (o riposo lavorativo del suolo) o con il maggese vestito (coltura di favino, veccia ecc.). Lavorazioni del terreno La lavorazione preparatoria per la semina consiste in un’aratura o ripuntatura a 20-25 cm seguita da lavorazioni di affinamento (frangizzollatura). Si può effettuare la lavorazione minima (inferiore a 15 cm) (minimum tillage) oppure la semina diretta su terreno sodo (sood seeding). Semina Concia del seme: per evitare contaminazione da parte di agenti patogeni la semente va conciata, cioè trattata con fungicidi organici. Germinabilità: in una buona semente la germinabilità non deve essere inferiore al 95%. Inoltre, non deve contenere corpi estranei, in particolare semi di piante infestanti. Epoca: Ottobre (frumento tenero), Novembre (frumento duro). Dose di seme: 150-250 kg ha-1 per il f. duro, 80-100 Kg/ha per il tenero, in funzione del n° di spighe ottimale alla raccolta. I valori più elevati si impiegano in condizioni difficili del terreno e in semine tardive. Si impiegano 400-500 cariossidi m-2. Distanza tra file singole: 15-18 cm; tra le coppie di file (bine): 25-30 cm. Profondità: 3-5 cm. Concimazione Le dosi ottimali dei diversi fertilizzati da utilizzare dipendono da vari fattori: asportazione della granella e paglia, o solo granella e dalla disponibilità degli elementi nutritivi nel terreno. Qui di seguito sono riportati le dosi indicative delle concimazioni: Azotata (N kg ha-1): 50 alla semina-accestimento, 70 fine accestimento-levata. Fosfatica (P2O5 kg ha-1): 70 nei terreni carenti (P Olsen < 10 ppm) alla semina. Nessun apporto in quelli a dotazione medio-buona (P Olsen > 20 ppm). Potassica (K2O kg ha-1): 60 nei terreni carenti (K scambiabile < 100 ppm) alla semina. Nessun apporto nei terreni sufficientemente dotati. Controllo delle infestanti E’ importante la conoscenza delle specie infestanti che possono essere presenti con frequenza nella coltura per poter effettuare la scelta giusta del prodotto da impiegare nel diserbo chimico. Le erbe infestanti si distinguono in due gruppi: le Dicotiledoni: borsa del pastore, falsa camomilla, correggilo, fumaria, rosolaccio, veronica, stellaria; le Graminacee: avena selvatica, falaride, loglio. Il diserbo del frumento può essere eseguito in pre-emergenza (subito dopo la semina e prima che il frumento nasca) e in post-emergenza (dopo la nascita delle piantine); questo a sua volta può essere precoce (prima della levata) o tardivo (dopo la levata e prima della spigatura). 8 Cap. 4 – Frumenti 4.5 Varieta’ e Miglioramento genetico Le varietà più diffuse sono per: il frumento tenero: Veda, Zena, Festa, Libra, Dardo, Golia, Sagittario e Lampo. il frumento duro: Adamello, Agridur, Appio, Appulo, Arcangelo, Cirillo, Creso, Duilio, Fortone, Messapia, Neodur, Norba, Nudura, Ofanto, Tavoliere e Valnova. La scelta della varietà da coltivare è di primaria importanza per ottenere le migliori produzioni in termini di quantità e qualità. Essa va fatta considerando le caratteristiche della pianta (capacità di accrescimento, resistenza all’allettamento, delle potenzialità produttive) in funzione delle esigenze imposte da condizioni di clima, di terreno, di infestazioni di malerbe, fitosanitarie, dei mezzi tecnici impiegati nella produzione, di problemi di resistenza della pianta verso i trattamenti di difesa e della qualità di prodotto che si vuole ottenere. Per quanto riguarda le potenzialità produttive, il miglioramento genetico delle varietà ha come obiettivo: l’adattamento alle condizioni di terreno; la resistenza al freddo, alle alte temperature, alla siccità e alla “stretta”, all’allettamento e alle malattie (mal del piede, ruggine e oidio); la fertilità della pianta (intesa come numero di cariossidi per spiga); la stabilità di produzione. Per quanto concerne la qualità della produzione gli obiettivi del miglioramento genetico sono: nel frumento tenero: lo standard qualitativo a cui tende è diverso a seconda che il prodotto sia destinato alla panificazione o alla produzione di biscotti. Nel primo caso si punta all'ottenimento di grani di forza con alto contenuto di glutine, nel secondo caso si tende all’ottenimento di grani deboli. In entrambi i casi è importante considerare la resa della granella nella farina, il peso medio delle cariossidi; la resistenza alla sgranatura in campo e del rachide della spiga alla rottura; nel frumento duro: l’alta resa in semola, la bassa bianconatura, l’alto contenuto proteico, il basso contenuto in ceneri, il colore intenso e l’attitudine della semola a dare pasta con buona attitudine alla cottura; 4.6 Avversita’ e Parassiti Le avversità meteoriche riguardano, come già detto (par. 4.3), le piogge abbondanti che possono provocare allettamento e marciumi delle piante in campo; il vento intenso, l’allettamento, i venti caldi a fine ciclo colturale (la stretta), la grandine e le gelate. 9 I Parassiti Vegetali riguardano particolarmente i funghi: Mal del piede (marciumi); Ruggini (macchie rossastre), Oidio o mal bianco, Carie e Carboni. I Parassiti Animali riguardano in particolare insetti: Elateridi, Afidi e Tignole. Anche dopo la raccolta del prodotto e durante la sua conservazione può essere soggetto ad attacchi parassitari dovuti a diverse specie di insetti specializzati nel danneggiare la granella in particolare: la Calandra o Punteruolo del frumento (Sitophilus granaius e S. oryzae); lo Struggigrano (Tenebroides mauritanicus) e la Vera tignola del grano (Sitotroga cerealella) (Fig. 4.5). Particolare attenzione viene rivolta, pertanto, alla protezione del prodotto dalle infestazioni durante la conservazione. Il controllo delle infestazioni consiste nella pulizia e disinfezione degli ambienti mediante l’uso di insetticidi a contatto o fumigazioni (fosfina) o l’impiego di temperature estreme (sotto i 13 °C o sopra i 35 °C) in cui lo sviluppo degli insetti si arresta. Calandra Struggigrano Vera tignola del grano Fig.4.5 – Principali insetti che attaccano il frumento duro durante la conservazione 4.7 Raccolta e utilizzazione del prodotto La raccolta del frumento viene eseguita allorché la vegetazione è secca e le cariossidi hanno raggiunto la piena maturazione con un contenuto in umidità del 1314%. La maturazione del prodotto e l’epoca di raccolta dipendono dalla temperatura e dall’umidità dell’atmosferica. La raccolta completamente meccanizzata viene effettuata con l’impiego di mietitrebbie, che provvedono in un unico passaggio al taglio della pianta e la separazione della granella dalla paglia (data da culmi e foglie) e dalla pula che è costituita dai resti della spiga. La paglia può essere raccolta, pressata in balle o in rotoballe, oppure interrata (previo intervento con una concimazione azotata per favorire l’attacco dei microrganismi), modalità quest’ultima prevista nell’ambito della condizionalità in agricoltura. In Italia, in media, il frumento matura nella prima metà di giugno nelle regioni meridionali e centrali e tra la fine di giugno e i primi di luglio in quelle settentrionali. 10 Cap. 4 – Frumenti Le produzioni di granella per ettaro sono molto variabili in relazione agli ambienti pedo-climatici. In generale, le produzioni sono più elevate per il frumento tenero rispetto a quello duro. La resa media nazionale per il frumento tenero è di 4.0 t ha-1 e per il duro 2.9 t ha-1. Le produzioni risultano maggiori in ambienti settentrionali come la Pianura Padana mentre tendono a ridursi procedendo verso le regioni meridionali e insulari dell’area mediterranea. In particolare, le produzioni areiche sono come medie aziendali nell’Italia settentrionale di 6-7 t ha-1; nelle zone di pianura dell’Italia centrale si registrano rese di 5-6 t ha-1; mentre nei comprensori dell’Italia meridionale e nelle isole, dove sono limitanti le condizioni di clima semiarido le rese si abbassano fino a 1.5-2 t ha-1. La produzione in paglia è molto variabile. Il rapporto tra biomassa di granella e totale (Indice di raccolta - Harvest index) è variabile in funzione di fattori climatici, pedologici e colturali. Esso varia tra 1.5-2.0 nelle vecchie varietà e 0.50-0.55 in quelle basse e con elevate rese di granella. Lo stoccaggio della granella dei cereali può essere realizzato direttamente in azienda, pratica che tende attualmente a scomparire per una serie di problemi legata alle normative a cui è sottoposto, tra cui l’obbligo del sistema HACCP (Hazard Analisis Crytical Control Points) che rendono più complicata tale pratica. In genere, si prevede alla consegna presso centri di stoccaggio, privati o cooperative, con modalità contrattuali differenti. Nella fase di ricevimento del frumento all’industria viene effettuato il controllo del peso e l’ispezione della partita e il campionamento. Infine, vengono prelevati dei campioni di granella che vengono sottoposti al controllo di qualità. 4.8 Caratteristiche qualitative della granella La qualità dei frumenti è una nozione complessa, in quanto il termine assume un significato diverso in relazione al segmento della filiera considerata e alla tipologia del prodotto e che riguardano l'agricoltore, il mugnaio, il pastificatore o il panificatore ed il consumatore (Fig. 4.7). Pertanto, si possono distinguere le qualità: varietale, molitoria, tecnologica, commerciale, igienico-sanitaria, sensoriale e di salute per il consumatore, come di seguito riportato. 11 Semola Frumento duro Industria Mulino Frumento Pasta Farina Pane Fette biscottate Biscotti Crackers Panettoni ecc. Sottoprodotti Mangimifici Fig. 4.7 – Il frumento è la materia prima di numerosi prodotti dell’alimentazione umana 4.8.1 Qualità varietale Per l'agricoltore è importante la potenzialità e la stabilità produttiva oltre che, ai fini qualitativi, una regolare maturazione della granella in campo, in assenza di fenomeni di allettamento o di carenze idriche e di alte temperature che determinano lo striminzimento dei semi (stretta), riduzioni produttive, abbassamenti del peso ettolitrico e diminuzione del valore commerciale del prodotto. È altresì importante che la granella sia sana, cioè non colpita da malattie fungine, quali septoriosi, fusariosi, carie, carbone e priva di infestanti come sclerozi di segale cornuta. Durante la trebbiatura, è importante che il prodotto si sgrani senza eccessive rotture della granella e che i residui di pula e paglia siano ridotti al minimo. La qualità della produzione dei frumento è sempre più determinante per il valore commerciale del prodotto che come è noto, può fluttuare da un anno all’altro in relazione sia alle variazioni dei fattori pedoclimatici e agronomici che alla composizione genetica. Un carattere varietale importante riguarda la “rusticità”, cioè la capacità di resistere a condizioni di crescita e di maturazione anche non favorevoli, mantenendo caratteristiche qualitative costanti. Essa dipende essenzialmente dall'efficienza dei sistemi di traslocazione e di assorbimento tardivo dell'azoto nella granella, nonché dalla capacità di mantenere funzionante l'apparato fotosintetizzante durante la maturazione (stay green). 12 Cap. 4 – Frumenti L’obiettivo qualità del frumento si realizza anche attraverso la coltivazione di varietà consigliate dal Ministero delle Politiche Agricole (MiPA) che nelle zone del Centro-Sud dell'Italia è riconosciuto, per esempio, un premio d'integrazione da parte dell'UE ai produttori di frumento duro con l'evidente intento di disincentivare la produzione delle varietà “tecnologicamente” scadenti, non aventi diritto al premio. Per dimostrare questa “qualità”, cioè l'identità varietale, il produttore può ricorrere ai “cartellini” del seme utilizzato alla semina o, eventualmente, alla copia della fattura di acquisto del seme certificato. Il compratore può verificare l'identità varietale anche con un'analisi specifica: l'elettroforesi delle proteine del glutine che consente la determinazione della “impronta digitale” lasciata dalle proteine del glutine in gel posto in campo elettrico, inconfondibile e tipica per ogni varietà. Si determinano cioè le diverse frazioni proteiche: albumine, globuline, gliadine e glutenine (Fig. 4.8). Alcuni molini e pastifici effettuano già questo controllo sulle partite acquistate. Fig. 4.8 – Elettroforesi 4.8.2 Qualità molitoria Con l’operazione di macinazione si provoca lo schiacciamento delle cariossidi e la separazione di tre frazioni: 1. endosperma amilifero, da cui deriva la farina dal frumento tenero o la semola dal frumento duro; 2. embrione o germe (ricco di grassi e poco serbevole); 3. crusca, costituita dai tegumenti della cariosside, ricchi di fibra ai quali resta saldato lo strato aleuronico, ricco di proteine ad alto valore biologico e di elementi minerali (“ceneri”). 13 Dall'endosperma amilifero, con gli attuali processi di macinazione della granella del frumento tenero, vengono ricavati per vagliature progressive quattro diversi tipi di farina (Tab. 4.2). Tab. 4.2 - Tipi di farina e loro caratteristiche Tipi di farina Ceneri (% max) Cellulosa (% max) Glutine secco (% min) Tipo 00 Tipo 0 Tipo 1 Tipo 2 0.50 0.65 0.80 0-95 --0.30 0.30 0.50 7 9 10 10 Dal germe, ricco in lipidi viene estratto dell'olio utilizzato in cosmetica e dietetica. La crusca ed i suoi derivati (cruschello, tritello e farinaccio) sono separati dalla farina tramite il buratto e sono usati prevalentemente nell'alimentazione zootecnica ma anche come prodotti dietetici ricchi di fibra. Nello stesso modo alla macinazione della granella di frumento duro effettuata con rulli scanalati, così come già visto per il tenero, si originano diverse frazioni: 1. dall’endosperma amilifero derivano semola (granella più grande), semolato e semolino (granella più piccola); 2. embrione o germe; 3. crusca, cruschello e tritello costituita dai tegumenti delle cariossidi. Le caratteristiche che devono possedere semola e semolato sono le seguenti: Ceneri Cellulosa Sostanze azotate Semola min max Semolato min max 0.70 - 0.85 0.20 - 0.45 10.5 0.90 - 1.20 0.85 11.5 Un altro aspetto di qualità molto importante per i mugnai è la resa alla macinazione, ossia la percentuale di farina (o di semola) ottenuta dall'unità di peso di granella. Come si vedrà successivamente, un parametro legato alla resa è la percentuale di ceneri che la legge stabilisce di non superare i suddetti valori massimi, tanto che il mugnaio, per rispettare ciò talora è costretto ad abbassare la resa della macinazione 14 Cap. 4 – Frumenti La resa di macinazione è legata, inoltre, alla tecnologia impiegata, umidità della granella, scarti e impurità, peso ettolitrico, grado di bianconatura e principalmente, come già detto, dal contenuto in ceneri, caratteristiche qui di seguito riportate. Umidità della granella (valutato per tenero e duro) E’ la percentuale di acqua che deve essere inferiore del 13% (umidità standard di commercializzazione). Valori di umidità superiori sono molto pericolosi per la conservazione del prodotto. Pertanto per granella con un’umidità elevata è necessaria l’essiccazione artificiale (ventilazione ad aria calda o a temperatura ambiente). La resa alla molitura diminuisce all'aumentare dell'umidità della granella. Scarti e Impurità (valutati per tenero e duro) sono costitute da: presenza di pula (glume o glumette), di semi di altri cereali o di altre specie che oltre a ridurre la resa deprezzano la qualità del prodotto; semi di erbe infestanti, tra cui la segale cornuta (es. Bifora radians) che conferisce odore sgradevole alle farine (o alle semole) mentre la presenza di cariossidi colorate in varie parti tra il bruno ed il nero brunastro, o colorate sul germinello possono imbrunire i prodotti. semi avariati, attaccati da insetti, spezzati; e presenza di sabbia, sassi, frammenti legnosi, insetti morti ecc.; Il limite massimo complessivo di ricevibilità di scarti e impurità è pari al 10%. Peso ettolitrico (valutato per tenero e duro) È il parametro più largamente utilizzato per fornire un primo indice qualitativo della granella, cioè l’indice della resa in farine o delle semole. Il peso ettolitrico rappresenta il peso specifico apparente della cariosside e corrisponde al peso (in kg) dell'unità di volume (hl) occupato dalle cariossidi e dagli spazi vuoti tra essi interposti. Si determina con la bilancia di Schopper (Fig. 4.9), con la quale si pesa un recipiente di 250 cm3 pieno di cariossidi dopo averli assestati. Fig. 4.9 - Bilancia di Schopper 15 Valori elevati del peso ettolitrico indicano che la granella è maturata nelle condizioni ottimali che hanno favorito un regolare riempimento delle stesse; di conseguenza, come già detto, le rese di macinazione saranno più elevate. Abbassano il peso ettolitrico le impurità leggere (glume, glumette e altri semi); il tenore d'umidità, lo striminzimento delle cariossidi (dovuto all’allettamento, alla stretta, e a carenze idriche e nutrizionali azotate nella fase di granigione) e attacchi parassitari. Le caratteristiche varietali di “rusticità” possono contribuire a mantenere elevato il peso ettolitrico anche in condizioni di “granigione” poco favorevoli. Nel frumento tenero alcuni Autori (Baldrin e Kokeny, 1970) hanno stabilito la seguente classificazione in relazione al peso ettolitrico: < 70 Kg/hl = peso anomalo; 70-73 Kg/hl = peso basso, grani leggeri; 73-77 Kg/hl = peso medio; 77-80 Kg/hl = peso elevato, grani pesanti; > 80 Kg/hl = peso molto elevato. I valori ottimali per il frumento tenero sono pertanto compresi tra 76 e 83 kg hl-1; nella valutazione del prezzo si fanno aggiunte per i pesi ettolitrici maggiori di 76 kg hl-1 o detrazioni per valori inferiori a 76 kg hl-1; con meno di 73 kg hl-1 il frumento tenero panificabile non è commercializzabile. Nel frumento duro i requisiti minimi richiesti per l’accettabilità sono simili a quelli del frumento tenero, ma con valori più elevati. Valori ottimali nel frumento duro sono, infatti, compresi tra 80 e 85 Kg hl-1. Il peso ettolitrico oltre che dalle caratteristiche varietali e pedo-climatiche dipende anche dagli interventi agronomici, quali la concimazione e l'irrigazione di soccorso durante la granigione, influenzandolo positivamente. Peso unitario delle cariossidi (valutato per tenero e duro) E' un carattere di facile determinazione; il conteggio si esegue solitamente su un campione di 100-200 semi e si esprime come peso in grammi di 1.000 cariossidi. Questo parametro associato all'esame visivo del campione per rilevare la frequenza di cariossidi piccole o striminzite, stima il grado di regolare riempimento. All'aumentare del peso dei 1.000 semi aumenta la resa di macinazione poiché diminuisce la superficie esterna e quindi migliora il rapporto tra contenuto (farina o semola) e parti esterne (crusca). È un parametro che dipende molto dalle caratteristiche varietali, condizioni pedoclimatiche ed agronomiche, nello stesso modo del peso ettolitrico. Slavatura (valutato per tenero e duro) S’intende l'aspetto traslucido che la granella presenta a seguito dell'azione delle piogge a maturazione ultimata (microlesioni dell'endosperma per l'alternarsi di 16 Cap. 4 – Frumenti umidificazione e asciugatura). Il rischio di slavatura può essere diminuito anticipando la raccolta della granella ad una umidità del 16-20% che successivamente sarà essiccata artificialmente. È dannosa soprattutto per il frumento duro in quanto implica una riduzione dei pigmenti del colore. Pregerminazione (valutato per tenero e duro) Indica un inizio di germinazione dell'embrione. Può avvenire in campo prima della raccolta o durante la conservazione. Spesso si accompagna alla slavatura in quanto entrambi i difetti possono dipendere dalle piogge abbondanti cadute appena prima della raccolta. Essa è deleteria in quanto provoca delle alterazioni gravi, in termini biochimici, delle caratteristiche del frumento e quindi una riduzione importante della sua qualità tecnologica. Bianconatura (valutato solo nel frumento duro) La bianconatura è un’alterazione fisiologica piuttosto frequente nella granella del frumento duro che provoca un cambiamento nella tessitura dell'endosperma; questo normalmente traslucido e vetroso, diventa parzialmente o totalmente opaco e biancastro (frattura farinosa) a causa della formazione di cavità piene di aria. Tale fenomeno è collegato alla mancata o ridotta formazione del reticolo di glutine nell'endosperma. Ciò dipende essenzialmente da una cattiva nutrizione azotata nella fase di granigione a seguito di carenze di azoto e a condizioni ambientali che ne limitano l'assorbimento o la traslocazione. Esiste, a tal riguardo una diversa sensibilità varietale alla biaconatura. La bianconatura si misura come percentuale in peso dei chicchi non interamente vitrei in una massa di 30 grammi di cariossidi pulite dalle impurità. La soglia massima normalmente accettata è del 20% di bianconato. I Regolamenti comunitari stabiliscono che le partite di frumento duro che contengono più del 50% di cariossidi bianconate non siano accettate per l'intervento di sostegno dei prezzi. Un sistema più rapido per determinare la bianconatura è quello di sezionare 100 cariossidi mediante apposito tagliagrani (Fig. 4.10) e di determinare la percentuale in numero di quelle bianconate. Sul piano tecnologico i frumenti duri bianconati determinano una diminuzione della resa in semola, poiché la cariosside risulta più friabile e tende a disaggregarsi in farine; tuttavia le più recenti e più raffinate tecnologie di macinazione hanno notevolmente ridimensionato le conseguenze di questo inconveniente. Esso resta comunque un parametro negativo poiché indica un ridotto contenuto di proteine e di pigmenti colorati della granella. 17 Per ridurre il problema della bianconnatura risulta efficacia una concimazione azotata tardiva supplementare (circa 50 kg ha-1) allo stadio di botticella. Fig. 4.10 - Tagliagrani Volpatura (valutato solo nel frumento duro) La volpatura, o black point, è un'alterazione delle cariossdi del frumento duro che consiste in imbrunimenti estesi alla zona dell'embrione ed al solco ventrale. All'alterazione sono associati numerosi funghi abitualmente presenti sulle spighe, fra questi un ruolo determinante è stato attribuito a Cochliobolus sativus ed Alternaria alternata, che si instaurano nei tessuti subepidermici delle cariossidi. Se interessa in profondità il solco ventrale della cariosside è una caratteristica non eliminabile con la macinazione ed è estremamente negativa in quanto la pasta ottenibile risulterebbe “puntata” di nero, con conseguente forte deprezzamento commerciale. La soglia di tolleranza ammessa per partite di media qualità è del 10-12% in peso di cariossidi volpate. La volpatura si manifesta frequentemente sulle produzioni centro-settentrionali di frumento duro, ma può presentarsi anche nel meridione in concomitanza di condizioni climatiche sfavorevoli, quali le frequenti piogge nelle prime fasi della granigione. La risposta del frumento al black-point dipende dal genotipo: alcune varietà manifestano l'alterazione in modo grave, mentre altre tendono a presentare sintomi lievi. All'attualità il problema può essere contenuto solo mediante l'utilizzazione di varietà meno sensibili. Contenuto in ceneri (valutato per tenero e duro) Il contenuto in ceneri rappresenta il contenuto minerale della granella espresso in percentuale di sostanza secca (s.s.), dopo incenerimento in muffola alla temperatura di 575 °C. 18 Cap. 4 – Frumenti Le ceneri sono localizzate prevalentemente nei tegumenti e negli strati più esterni della cariosside (crusca), di conseguenza tale parametro è negativamente correlato con la resa in farina o semola. In precedenza sono stati indicati i tipi di farine in base al contenuti delle ceneri i cui valori massimi imposti dal D.L. 580/67 (ved. pag. 13). La stessa normativa vigente impone che il contenuto in ceneri di una semola non ecceda lo 0.9% sul secco, proprio per impedire che i tegumenti esterni venissero immessi nella semola in quantità eccessiva. Il mugnaio per non superare questo limite di legge è talora costretto ad abbassare la resa della macinazione. Oltre che dalle caratteristiche genetiche, il contenuto in ceneri è fortemente influenzato dall'andamento dell'annata e dall'ambiente di coltivazione esso infatti mostra un decremento con il diminuire della latitudine; infatti le produzioni ottenute al Sud d'Italia presentano generalmente valori inferiori (di circa il 5%) rispetto a quelle delle altre aree del Paese, anche se alcune varietà sembrano meno influenzate dalle condizioni ambientali. Nel complesso la produzione nazionale manifesta un limitato tenore in ceneri. Anche le tecniche agronomiche appaiono determinanti nel condizionare i fenomeni di mineralizzazione nella granella, tra le quali molto influente può risultare l'irrigazione. In conclusione il mugnaio apprezza oltre la granella sana, asciutta, con elevato peso ettolitrico anche la pulizia e l'omogeneità varietale delle cariossidi, le caratteristiche tipiche delle regioni di provenienza, la facilità di macinazione, l'alta resa in farina e il basso contenuto in ceneri. 4.8.3 Qualità tecnologica La qualità tecnologica dei frumenti è la loro attitudine a rispondere alle esigenze di trasformazione diversificato a seconda del prodotto alimentare. Infatti, sia il frumento tenero che quello duro sono la materia prima di numerosi prodotti dell'alimentazione umana: pasta, pane, crackers e biscotti ecc. Questa diversificazione è dovuta sia al progresso dei processi tecnologici del mondo produttivo, sia alla diversità del gusto dei consumatori, variabile nel tempo e nello spazio. Le determinazioni delle caratteristiche tecnologiche dei frumenti sono normalmente realizzate attraverso simulazioni dei processi di trasformazione. I parametri che più intervengono a definire la qualità tecnologica sono: il contenuto proteico e la loro frazione proteica, il glutine (inteso come quantità e qualità) e la determinazione degli indici tecnologici. 19 Contenuto proteico e frazione proteica (valutato per tenero e duro) È una delle caratteristiche più importanti sia in termini quantitativi che qualitativi per l’attitudine panificatoria o pastificatoria. Praticamente il tenore proteico della granella viene di norma stabilito a partire dal contenuto in azoto (determinato come % di sostanza secca) che poi viene convertito in contenuto proteico. Per il frumento il coefficiente di trasformazione dell'azoto in proteine è di 5.7. Il Regolamento Comunitario fissa per una qualità media delle farine un tenore proteico dell’11.5% sul secco, mentre il “Contratto 101” stabilisce dei limiti compresi tra 10.5 e 11.5% sul secco a seconda la classificazione del frumento. A parità di contenuto totale delle proteine la loro composizione chimica influisce in modo determinante sulla qualità. E’ importante, pertanto, la conoscenza delle diverse frazioni proteiche: albumine, globuline, gliadine e glutenine, determinate con metodi diversi compreso, come già indicato precedentemente (pag. 13) quello dell’elettroforesi. Glutine (valutato per tenero e duro) Le proteine della granella come già detto precedentemente sono suddivisibili in quattro classi: albumine, globuline, gliadine e glutenine. L'estrazione di queste frazioni proteiche si effettua utilizzando, diverse modalità, sfruttando le loro proprietà di essere solubili in mezzi diversi: le albumine sono solubili in acqua, le globuline in soluzioni saline, le gliadine in soluzioni alcoliche, le glutenine in acidi o alcoli diluiti. Mentre le globuline e le albumine, ben dotate dell’amminoacido lisina, migliorano il valore biologico delle proteine, le gliadine e le glutenine, pressoché insolubili in acqua, sono responsabili della formazione del glutine (Fig. 4.11), il cui contenuto è di primaria importanza nelle tecnologie di panificazione. Infatti, è dalla quantità e qualità del glutine nelle farine e nelle semole che dipende la loro capacità di assorbire acqua, di tendersi e rigonfiarsi, di mantenere la consistenza durante la lavorazione e di mantenere la forma dopo la cottura rappresenta, pertanto, lo “scheletro elastico” di prodotti trasformati come per esempio, il pane o il panettone è dunque il glutine, che costituendo una fitta rete di filamenti, trattiene l'acqua, l'amido in via di degradazione a zuccheri, che saranno poi fermentati dai lieviti, ed i gas che si sviluppano durante la lievitazione. Dalla sua quantità e soprattutto dalle sue caratteristiche dipenderà l'attitudine dell'impasto ad essere utilizzato in uno dei tanti processi di trasformazione: pane, biscotti ed altro. La quantità di proteine percentualmente contenuta nel frumento, sia tenero che duro, è un parametro correlato positivamente alla quantità di glutine, che normalmente rappresenta circa l’80% di tutte le proteine presenti. La determinazione del glutine estratto dalle farine può essere eseguita con facilità a seguito di un prolungato lavaggio in acqua per eliminare l'amido dall'impasto. Il 20 Cap. 4 – Frumenti prodotto che si ottiene è una massa traslucida ed elastica e ha un contenuto in acqua di circa il 70%. La composizione del glutine secco è all'incirca la seguente: proteine 78-85%, lipidi 5-10%, amido 5-15%. Il giudizio viene di solito espresso in base alla quantità di glutine ed alle sue proprietà al tatto. Al giudizio quantitativo si associa quello qualitativo, legato alla consistenza del glutine. Un sistema empirico usato dai pastai è ad esempio quello di appendere la pallottola di glutine estratto ad un chiodo infisso sul soffitto e di vedere il grado di allungamento della massa dopo un certo periodo. Anche prove di estensibilità effettuate maneggiando il campione possono fornire al mugnaio esperto quelle informazioni che altrimenti si possono ottenere con apparecchiature molto più sofisticate ma certamente più precise. Fig. 4.11 - Glutine ottenuto da farina di frumento 4.8.3.1 Indici tecnologici Numerosi sono gli indici e le apparecchiature impiegate nelle valutazioni della qualità tecnologica dei frumenti tenero e duro in uso oggi in Italia. Alcuni di essi sono anche distinti tra le due specie di frumento. Indici tecnologici del frumento tenero Di seguito si riportano gli indici molto usati per le farine per la produzione di pane, che rappresenta il prodotto finale più importante: a) l'indice di caduta o “falling number” di Hagberg (F.N.) per la resistenza alla lievitazione; b) l'indice di Zélény e l'indice di Berliner per la quantità e qualità del glutine; c) l'indice di Pelshenke per la resistenza dell'impasto alla disgregazione; 21 d) gli indici alveogafici per la forza e l'elasticità del glutine; e) l'indice farinografico di Brabender per la stabilità dell'impasto. Indice di caduta di Hagberg (o di resistenza alla lievitazione) La velocità di fermentazione dell'impasto farina ed acqua dipende dal contenuto in zuccheri fermentescibili, amido ed enzimi (α- amilasi) che durante l'idratazione scindono l'amido in zuccheri. Tale caratteristica è correlata con l'indice di caduta di Hagberg o falling number che rappresenta il tempo necessario (in secondi -s-) affinché un gel d'amido ottenuto con la farina da analizzare si degradi ad opera degli enzimi presenti nell'impasto, posto in un bagno di acqua bollente. L'indice di caduta misura pertanto l'attività amilasica della farina, ossia la rapidità con cui l'impasto metterà a disposizione dei lieviti gli zuccheri per la fermentazione. Il valore dell'indice è inversamente proporzionale all'attività amilasica. Indice con valori di 250 s sono ottimali; valori > 300 s indicano perdita dell'attività enzimatica, (ad esempio, per eccessivo invecchiamento); mentre valori < 160 s segnalano o elevata quantità di α-amilasi o attivazione degli enzimi, e quindi, degradazione dell'amido, già in atto. L'indice di caduta dipende anche dal grado di finezza della farina: più è grossolana e più tende ad essere basso. Esso può essere dunque influenzato da fenomeni di pregerminazione causati da elevata umidità dell'aria o piogge eccessive alla raccolta oppure ancora, da condizioni di conservazione poco idonee. Indice di Zélény (o di sedimentazione) Il test di Zélény è un saggio qualitativo che si basa sulla capacità del glutine di rigonfiarsi e flocculare in condizioni debolmente acide. Esso fornisce il volume (in ml) del deposito ottenuto a partire da una sospensione di un campione di farina in una soluzione di acido lattico. L'indice che ne deriva può variare da 0 a 70 unità e fornisce un'indicazione globale sulla qualità e sulla quantità delle proteine del glutine. La scala di valori dell'indice di Zélény per la qualità panificatoria risulta: < 18 = insufficiente; 18 - 28 = buona; 28 - 38 = molto buona; > 38 = grano di forza. Il Regolamento Comunitario, n° 1955/81, stabilisce per il grano di qualità media un valore superiore o uguale a 25. Indice di Berliner (o di intorbidimento) Anche questo indice viene utilizzato per valutare la qualità del glutine estratto dall'impasto e consiste nella misura colorimetrica dell'intorbidimento del glutine in una soluzione di acido lattico. A diversi gradi di intorbidimento corrisponde una 22 Cap. 4 – Frumenti scala di numeri da 0 a 26, che va dai grani più scadenti a quelli migliori. Questo saggio, ideato in Germania attorno agli anni trenta non ha trovato una generale applicazione ed è stato quasi subito sostituito dal suddetto test di Zélény che, pur basato sugli stessi principi risulta di più facile esecuzione e di più semplice interpretazione. Indice di Pelshenke Questo indice è dato dal tempo (in minuti) durante il quale un impasto di pochi grammi di sfarinato integrale con lievito di birra e acqua, così da formare una piccola sfera che viene immersa in bagno termostatato a 32 °C, riesce a resistere prima di disgregarsi sotto l'azione della pressione dell'anidride carbonica sviluppatasi, nel suo interno, durante la lievitazione. Più alto è l'indice, ossia tanto più tardi la sferetta si disintegra, migliore è la qualità del glutine, in quanto le farine di migliore qualità hanno gli impasti più estensibili, più resistenti all'estensione e più elastici. Indici alveografici Gli indici alveografici prevalentemente usati in Europa, in Francia ed in Italia in modo particolare, si determinano eseguendo i saggi tecnologici all'alveografo di Chopin (Fig. 4.12). E' uno strumento ideato dal francese Chopin che misura le caratteristiche meccanico-fisiche delle farine. La determinazione analitica prevede di impastare la farina con una quantità di fissa di acqua e cloruro di sodio (soluzione al 2.5%) per un tempo di 7 minuti. L'impasto viene estruso sotto forma di nastro dal quale si ricavano 5 dischi di pasta che, dopo un periodo di riposo, vengono pressati su di una piastra con foro e sottoposte alla pressione di aria che gonfia la pasta e forma una bolla, o “alveolo”, deformandola sino alla rottura. L'alveografo registra graficamente le variazioni della pressione dell'aria durante la deformazione all'interno dell'alveolo secondo un diagramma denominato alveogramma (Fig. 4.13 e 4.14). Fig. 4.12 – Alveografo 23 Fig. 4.13 – Alveogramma di Chopin L’area sottesa al tracciato indica la resistenza opposta dall’impasto alla deformazione, quindi la forza della farina (W); l’altezza della curva rappresenta la tenacità dell’impasto (P); la lunghezza della curva ne rappresenta l’estensibilità (L); il rapporto tra tenacità ed estensibilità ne esprime l’equilibrio (P/L) Fig. 4.14 – Alveogrammi – Diversi tipi di grani L’analisi dell'alveogramma fornisce i seguenti indici legati alla qualità panificatoria delle farine: 24 Cap. 4 – Frumenti 1) l'indice P è il valore della pressione massima esercitata sulla parete dell'alveolo e fornisce quindi indicazioni sulla "tenacità" della pasta e la "capacità di assorbimento dell'acqua" da parte della farina; 2) l'indice W, il cosiddetto potenziale reologico, rappresenta la sommatoria dei lavori di deformazione dell'impasto durante il rigonfiamento fino alla rottura ed è proporzionale all'area dell'alveogramma. Esso indica la "forza" della farina, cioè la qualità della rete proteica (glutine). Più W è alto e più il reticolo del glutine può assorbire acqua e raggiungere volumi maggiori, più il frumento è, quindi, giudicato di "forza". Tale caratteristica dipende essenzialmente da una frazione del glutine solubile in acido e costituito dalle glutenine; 3) l'indice L che rappresenta la lunghezza dell'alveogramma (in mm) è in relazione all'estensibilità dell'impasto ed esprime la capacità del glutine a gonfiarsi senza rompersi, e dipende essenzialmente dalla frazione proteica del glutine solubile in alcool costituita dalle gliadine. Indica, in definitiva, l’attitudine della farina a dare pane ben lievitato con buona porosità. 4) l'indice P/L, dato dal rapporto tra la “tenacità” e la “estensibilità” esprime l'elasticità del glutine. Più il P/L è basso e più nella farina prevalgono le caratteristiche di morbidezza e di estensibilità conferitele dalle gliadine. Più il P/L è alto e più prevalgono la durezza e la tenacità delle glutenine. Nella già citata figura 4.11 sono riportati gli alveogrammi tipici di diverse varietà di frumento tenero con differenti attitudini tecnologiche. Indice farinografico di Brabender Il farinografo di Brabender (Fig. 4.15) misura la resistenza che incontrano le pale di un'impastatrice fatte ruotare a velocità costante, nel mescolare un certo quantitativo di farina ed acqua. Con questo strumento si ottiene un grafico, il farinogramma (Fig. 4.16) da cui si ricava l'indice di stabilità, ossia il tempo in minuti, in cui l'impasto mantiene la consistenza ottimale. Con il farinografo è possibile ottenere una valutazione completa delle caratteristiche della farina. Infatti, mentre per la trasformazione delle farine in biscotti gli indici alveografici (W e P/L) sono sufficienti a valutarne l'attitudine, per le lavorazioni che sfruttano la lievitazione, l'alveogramma da solo non è sufficiente, poiché non fornisce informazioni sulla capacità di mantenere stabile la consistenza dell'impasto durante la lavorazione. Valutazioni simili si ottengono con i mixometri, che formano miogrammi riportati nella figura 4.17, il cui indice di stabilità è dato dall’angolo formato dalla 25 semiretta indicante lo sviluppo a quella della caduta dell’impasto. Maggiore è l’angolo, migliore è la stabilità. Fig. 4.15 - Farinografo di Brabender Fig. 4.16 - Farinogramma Fig. 17 - Mixogrammi di due diverse varietà con differenti caratteristiche qualitative In relazione ai suddetti indici tecnologici esistono diversi tipi di frumenti teneri classificati in base al tipo di prodotti e ai parametri tecnologici. Le principali sono riportate nella tabella 4.3. 26 Cap. 4 – Frumenti Tab. 4.3 - Classificazione del frumento tenero in base al tipo di prodotto e relativi ai parametri tecnologici Classe tecnologica del frumento Tipo di utilizzazione del frumento tenero Tenore proteico (N x 5.7 s.s.) Indici alveografici W P/L Indice farinografico (stabilità) Indice di caduta (F.N.) Merendine Semisfoglie Brioches > 14.5 % > 300 < 1.0 > 15 > 250 Panettoni Farine correttive Pane tipo michetta Frumento Crackers > 13.5 % 220-300 0.4-0.6 > 10 > 220 panificabile Pasticceria artigianale superiore Pane comune Frumento Fette biscottate > 11.5 % 160-220 0.4-0.6 >5 > 220 panificabile Pan carrè comune Biscotti Frumento Prodotti a bassa > 10.5 % < 120 0.3-0.5 (*) > 220 biscottiero lievitazione (*) - L'indice farinografico di stabilità non è importante per i biscotti, per i quali si richiedono invece grani di tipo "soft" (a frattura della granella molto soffice e farinosa) non "hard" (a frattura vitrea) Frumento di forza Panificazione e qualità panificatoria (valutato per frumento tenero) In Italia il frumento tenero viene prevalentemente utilizzato per la produzione di pane (circa l'80% del prodotto lavorato) e in minor quantità per prodotti da forno quali biscotti, grissini, crackers, panettoni, dolciumi vari. Ogni prodotto richiede un particolare tipo di farina che a sua volta presuppone l'impiego di grani con caratteristiche qualitative diverse. La qualità panificatoria comprende il complesso dei requisiti che una farina deve avere per dare un buon pane dato dai cosiddetti grani di forza (caratterizzati da complessi di proteine contenute nel glutine), per contro i grani deboli possono essere usati per fare biscotti e impasti non lievitati. Nella panificazione, ma anche nelle altre utilizzazioni, la farina è sottoposta a un processo di trasformazione che attraversa le seguenti fasi: 1. impastamento della farina con acqua e lievito; 2. idrolisi enzimatica dell'amido con formazione di zuccheri fermentescibili; 3. fermentazione degli zuccheri con formazione di alcool etilico e di anidride carbonica; 4. lievitazione, ossia sollevamento dell'impasto con formazione di una massa spugnosa, ad opera delle bolle di gas carbonico; 5. cottura del pane con fissazione della struttura porosa. 27 Importanza molto grande, come già detto, ha la forza della farina, collegata al comportamento dell'impasto durante la lievitazione. Si richiede che il gas carbonico resti imprigionato nella massa dell'impasto e che questo sia elastico e nello stesso tempo tenace. Queste proprietà sono conferite da quel complesso di proteine del glutine esistente nell'endosperma del frumento che determinano la forza di una farina. Il glutine esplica la funzione formando in presenza di acqua un reticolo proteico elastico all'interno dell'impasto che imprigiona le bolle di CO2 e fa così prendere all'impasto una struttura spugnosa. Affinché questo reticolo elastico conferisca la desiderata porosità al pane sono necessarie due condizioni concomitanti: 1) che il glutine sia abbondante, 2) che il glutine sia di buona qualità, cioè sia dotato di estensibilità, elasticità, tenacità e impermeabilità ai gas. La resa in prodotto finale dipende essenzialmente dalla capacità della farina di assorbire l'acqua nella fase di idratazione. L'assorbimento idrico ottimale è la quantità di acqua che è necessario aggiungere alla farina per raggiungere la consistenza ottimale. La qualità del prodotto finale (intesa come volume, sofficità, porosità e finezza di tessitura dell'impasto) dipende invece da: idonea velocità di fermentazione operata dai lieviti sull'impasto prima e durante le fasi iniziali della cottura; capacità dell'impasto di rigonfiarsi, trattenendo al suo interno i gas sviluppati dai lieviti nella fermentazione; stabilità nel tempo dell'impasto ottenuto durante la lavorazione; capacità di mantenere la forma dopo la cottura. Indici tecnologici del frumento duro Attualmente sono in corso tentativi di uniformare e standardizzare le metodologie di caratterizzazione del frumento duro per la pastificazione. I parametri che consentono di prevedere la qualità della pasta oggi in uso nei pastifici sono numerosi e differenti. I parametri qualitativi maggiormente impiegati dalle principali industrie pastarie, adottati ed utilizzati in modo diverso da ognuna di esse in funzione delle proprie tecnologie di pastificazione, sono essenzialmente tre: contenuto in proteine, forza ed elasticità del glutine, indice di giallo. Contenuto in proteina grezza (PG %) Il contenuto proteico del frumento duro è normalmente più alto rispetto al frumento tenero (12-16% anziché 10-14%). Per la sua determinazione si utilizzano le stesse metodologie viste per il frumento tenero. 28 Cap. 4 – Frumenti Da diverse indagini risulta che il 50% della produzione media nazionale ha un contenuto proteico oltre il 12.5%, valore capace di soddisfare le esigenze qualitative dell’industria di trasformazione. Forza ed elasticità del glutine La forza (W) e l'elasticità del glutine (P/L), misurate come per il frumento tenero, con l'alveografo di Chopin, misurano la “tenuta alla cottura” della pasta. Una pasta che “tiene bene” la cottura, cioè che resta “al dente”, che non presenta sulla sua superficie una patina vischiosa e che non si ammassa, ha un glutine forte con W più alto possibile e, a differenza del frumento tenero, un P/L elevato, indice di limitata elasticità ed elevata tenacità. Alcune industrie, infatti, giudicano accettabile un frumento con W pari a 180 e ottimo un frumento con un W pari 350, mentre il P/L deve essere in ogni caso, superiore a 1.5. Come per il frumento tenero, anche per il duro la qualità del glutine dipende sia dalle caratteristiche genetiche della varietà sia dalle condizioni ambientali di coltivazione (soprattutto quelle climatiche in fase di granigione, quelle di concimazione azotata e quelle di difesa fitosanitaria). I frumenti duri di qualità superiore si ottengono nelle regioni del Sud Italia, grazie alle condizioni edafiche e climatiche che assicurano l'insieme delle caratteristiche determinanti un'ottima qualità pastificatoria. Colore (indice giallo) Il colore giallo brillante ambrato interessa solo da pochi anni l'industria pastaria italiana. Tale aspetto risulta particolarmente gradito soprattutto ai consumatori dei mercati esteri, i quali spesso utilizzano la pasta come “contorno” (senza quindi alterarne il colore con sughi). Il colore di un frumento dipende dal suo contenuto in carotenoidi (carotene e xantofille) nell'endosperma e dal contenuto in ossidasi, misurabile con l'indice di bruno. Questi enzimi tendono a trasformare, in composti di colore scuro, i carotenoidi durante la pastificazione e si oppongono pertanto al manifestarsi del colore giallo della pasta. Il colore giallo è una caratteristica esclusivamente varietale, che può essere alterata da condizioni di maturazione e conservazione della granella non ideali. Difetti quali bianconatura, slavatura, pregerminazione e presenza di cariossidi spezzati concorrono ad aumentare il contenuto in ossidasi ed a ridurre così il contenuto finale in carotenoidi. 29 Il colore giallo si può misurare in diversi modi. I più precisi sono i colorimetri che esprimono l'intensità del colore come indice di giallo (Fig. 4. 18). Fig. 4.18 - Colorimetro Cr-400 L'indice di giallo ottenuto sul frumento tal quale è considerato accettabile, da alcune industrie, se ha un valore > 22; altre, invece, ritengono che il colore può essere misurato sull'impasto e lo considerano buono se risulta > 36, ottimo se > 42. Le caratteristiche varietali, interagendo con le condizioni pedoclimatiche, influenzano tutti i principali parametri della qualità pastificatoria e precisamente il contenuto in proteina totale, la composizione amminoacidica, il contenuto e la tenacità del glutine, il contenuto in ceneri, il contenuto in carotenoidi. Nella tabella 4.4 sono riportati alcuni caratteri merceologici e tecnologici di alcune varietà di grano duro. Tab. 4.4 – Classificazione del frumento duro in base ai principali caratteri qualitativi Classificazione tecnologica e tipo di utilizzazione del fumento duro Frumenti duri ad alto valore di pastificazione Frumenti duri a buon valore di pastificazione Frumenti duri a basso valore di pastificazione Frumenti duri per paste all’uovo Tenore proteico (N x 5.7) % s.s. Qualità del glutine (giudizio complessivo) >14.0 ottimo >13.0 da medio a sufficiente <21 <12.0 suffficiente <21 <14.5 -- <24 30 Indice di giallo (b Minolta) >24 Cap. 4 – Frumenti Pastificazione e qualità pastificatoria Nel seguente schema è riportato il processo di pastificazione (Fig. 4.19). Fig. 4.19 - Schema del processo di pastificazione Mentre dal frumento tenero si ottengono prodotti tra loro tecnologicamente differenti, per quanto riguarda il frumento duro, se si eccettua un limitato uso nelle regioni del Sud Italia per la panificazione, peraltro in via di diffusione, o in alcune aree dell'Africa (Maghreb) per la preparazione del couscous, esso è utilizzato prevalentemente per la trasformazione in pasta, definita per legge come il prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccazione degli impasti preparati con semolato di grano duro ed acqua. L'Italia si colloca al primo posto nel mondo quale Paese produttore, consumatore ed esportatore di paste alimentari. Tra le quantità consumate pro-capite nelle diverse aree geografiche permangono notevoli differenze, ma nel complesso si è determinata nel corso degli anni una sostanziale stabilità del consumo di quest'alimento, probabilmente anche grazie alla diffusione delle nuove teorie dietetico-alimentari. 31 Sul versante dell'industria si può osservare che il settore della pastificazione vede operanti circa 230 ditte produttrici dislocate al Nord, al Centro ed al Sud del Paese, con circa 10.000 dipendenti. La composizione chimica ed il valore energetico di diversi tipi di pasta sono indicati in tabella 4.5. Tab. 4.5 - Composizione chimica e valore energetico delle paste alimentari (per100 g di parte edibile) Pasta di semola Pasta all'uovo 12.4 10.8 0.3 Pasta di semola con glutine 11.0 13.9 0.3 disponibili amido solubili fibra 82.8 72.2 2.7 0.3 80.0 77.0 0.3 tracce 78.6 69.0 2.0 0.2 kcal kj 356 1490 1.3 17 165 358 1498 1.3 17 165 368 1540 2.1 22 199 Acqua (g) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g): 12.5 13.0 2.4 Energia: Fe (mg) Ca (mg) P (mg) I metodi farinografici, alveografici e di analisi diretta della quantità di glutine molto usati nel frumento tenero si sono rivelati insufficienti per accertare la qualità di cottura della pasta, benché non risultino privi di interesse per alcune informazioni che possono fornire sulla qualità dell'impasto. Pertanto, la via per la valutazione della qualità tecnologica dei frumenti duri risiede nella prova di pastificazione e successiva cottura con la determinazione degli indici di collosità e consistenza o nervo. Il grado di collosità si basa sulla titolazione delle Sostanze Organiche Totali (metodo SOT) nelle acque di lavaggio delle paste cotte. Secondo tale metodo, a bassi valori di SOT corrispondono ottime paste caratterizzate appunto da scarsa collosità; al contrario, a valori elevati corrispondono a paste di qualità scadente. Il suddetto metodo SOT può essere modificato sostituendo alla pasta delle pasticche di semola, impastata e poi compressa, e titolando in seguito le loro acque di lavaggio. Il nervo è un'altro parametro importante nel giudizio della qualità. A riguardo, sono stati messi a punto metodi oggettivi di natura meccanica, quale quello viscoelastografico. In pratica il nervo si determina schiacciando uno spaghetto cotto 32 Cap. 4 – Frumenti e valutando la consistenza conservata dalla parte interna (anima) dello spaghetto stesso. Esiste un rapporto diretto e regolare tra contenuto in proteine totale delle semole e nervo. Per ciò che riguarda le frazioni proteiche è accertato che le albumine e le globuline, di norma, influenzano negativamente il valore di pastificazione, mentre le frazioni che costituiscono il glutine esercitano una influenza positiva. Anche per il frumento duro la composizione aminoacidica si caratterizza per un modesto tenore di alcuni aminoacidi essenziali - quali lisina, treonina, metionina, triptofano - anche se gran parte delle varietà di frumento duro ne possiedono una quantità totale più elevata rispetto alle varietà di frumento tenero. Una buona pasta è di colore giallo brillante ambrato, dopo la cottura si presenta al dente, non è collosa (lascia cioè limpida l'acqua di cottura) e non si ammassa. Alcune caratteristiche che fanno buona una pasta dipendono dalla qualità della semola e perciò dal frumento; altre dipendono dal processo di pastificazione, e soprattutto dal tipo di essiccazione cui la pasta è sottoposta al termine del processo di lavorazione. Infatti l'essiccamento alle alte temperature provoca legami tra le proteine denaturate e gli amidi. Questi ultimi vengono così ad essere anche chimicamente e non solo fisicamente imprigionati dai filamenti del reticolo del glutine. Ne deriva che anche da semole con glutine di media forza si possono ottenere paste di buona qualità. 4.9 Fattori genetici, ambientali e agronomici che influenzano la qualità del frumento La qualità della produzione del frumento duro è direttamente collegata al contenuto proteico della granella, la cui espressione dipende dalla base genetica (varietà) e può variare in relazione all’ambiente di coltivazione, alla piovosità stagionale e alla temperatura, alla fertilità del suolo, alla concimazione, tutti fattori che possono modificare l’azoto disponibile nel terreno. Varietà La scelta varietale è l'intervento tecnico che più fortemente condiziona la qualità delle farine e delle semole, anche se il potenziale genetico delle singole varietà ha modo di esprimersi compiutamente solo nelle condizioni ambientali adatte. Per ogni ambiente si dovrebbero individuare le condizioni pedo-climatiche limitanti e successivamente operare scelte varietali opportune in relazione al tipo di produzione che si vuole ottenere che per il frumento tenero risultano: il grano di forza, di qualità media, da biscotto, per l'utilizzazione zootecnica. 33 Condizioni ambientali La variabilità delle condizioni termo-pluviometriche induce differenze altamente significative nella resa delle colture di frumento, nella percentuale di biaconatura (nel frumento duro) e nel contenuto di proteine (particolarmente importanti nel determinare variazioni dell'indice di caduta di Hagberg) e nella composizione amminoacidica. Le gliadine oltre ad essere influenzate come si vedrà successivamente dalla nutrizione azotata, sono anche più sensibili alle alte temperature durante la granigione (maggio-giugno). Il sistema enzimatico che ne controlla la sintesi rallenta infatti fortemente la propria attività in presenza di valori termici elevati. Questo spiega perché, in annate caratterizzate da condizioni climatiche fresche e miti durante la granigione, si registrano qualità superiori (W più elevati e P/L più elastici) che nelle annate con i mesi di maggio e giugno molto caldi. Una elevata piovosità durante le ultime fasi del ciclo sembra che possa dar luogo ad un incremento dell'attività alfa-amilasica. Mentre un periodo primaverile-estivo caratterizzato da alte temperature e scarsa piovosità determina un incremento della tenacità del glutine. Anche i fattori pedologici (tessitura, fertilità ecc.) influenzano significativamente la qualità dei frumenti interagendo con gli altri fattori genetici, ambientali ed agronomici. Concimazione azotata Nel grano tenero l’azoto disponibile per le piante deriva solo in parte dalla concimazione minerale: una fonte importantissima è quella già presente all’inizio della stagione colturale. La concimazione azotata è in grado di influenzare notevolmente la qualità della granella, anche se le diverse cultivar possiedono una differente capacità intrinseca di utilizzare l'azoto disponibile nel terreno (derivante dalla sostanza organica, dalle precessioni colturali, dalla dotazione del terreno, dalla concimazione minerale). In generale, un aumento della concimazione azotata incrementa la percentuale di proteine nelle cariossidi, mentre deprime il contenuto di lisina e altri amminoacidi essenziali, al contrario aumenta l’acido glutammico. Gli effetti più rilevanti sono prodotti dalle nitratazioni tardive, fatto questo da mettere in relazione con il protrarsi della sintesi proteica fino agli ultimi periodi di vita della pianta. L’azoto accumulato o dato dopo la fioritura ha poco effetto sulla resa, ma può aumentare il contenuto proteico della granella. Questo però non è consigliabile per gli ambienti meridionali, perché normalmente durante la fase terminale del ciclo 34 Cap. 4 – Frumenti vegetativo la scarsità di acqua disponibile nel terreno non consente alle piante di sfruttare la maggiore disponibilità azotata. Di seguito vengono schematicamente riassunti gli effetti della concimazione azotata sui principali parametri qualitativi della granella. Peso ettolitrico: sul peso ettolitrico della granella l'azoto sembra esercitare un effetto negativo o non manifestare effetti significativi. Contenuto proteico: dosi elevate di azoto determinano un incremento del contenuto in proteina grezza della granella; tra le varie classi di proteine presenti nella granella sembrano giovarsi particolarmente della concimazione azotata le gliadine, che insieme alle glutenine sono responsabili della formazione del glutine, ne deriva che anche il glutine nel suo complesso aumenta con l'aumentare dell'azoto disponibile; per ciò che concerne il contenuto aminoacidico, come già accennato precedentemente, sembra che ci sia una correlazione negativa tra la percentuale di lisina e il contenuto proteico; esisterebbe quindi il problema della diminuzione del valore biologico delle proteine quando la sintesi proteica venisse forzata con interventi colturali. In generale, quindi, considerato l’aumento delle gliadine, l'alveogramma del frumento risulta influenzato dalla concimazione azotata con il conseguente miglioramento dell'elasticità del glutine (P/L più basso). L'aumento delle proteine grezze comporta perciò estensibilità del glutine (L) e, di conseguenza, un incremento di W. Tuttavia la reattività alla concimazione azotata dell'indice alveografico W è piuttosto variabile e fortemente correlata alle caratteristiche varietali; infatti, in alcune cultivar questo parametro viene decisamente migliorato con l'aumentare delle dosi di azoto, in altre peggiorato, in altre ancora non subisce modificazioni significative. Inoltre, l'indice alveografico P/L tenderebbe a diminuire con l'aumento delle dosi di azoto; ciò determinerebbe risultati positivi nei confronti di frumenti che presentano una eccessiva tenacità, mentre effetti negativi si avrebbero per i frumenti che normalmente risultano avere un P/L equilibrato. L'indice di Zélény è fortemente correlato al contenuto proteico della granella, poiché quest'ultimo, come si è visto, è a sua volta influenzato positivamente dalla concimazione azotata, ne risulta che la disponibilità di azoto miglioro questo indice. I valori dell'indice di Pelshenke aumentano con l'aumentare della concimazione azotata. 35 Sostanza organica Le pratiche colturali che prevengono la perdita o apportano sostanza organica nel terreno sono in grado di migliorare i livelli proteici delle cariossidi. Avvicendamento colturale L'avvicendamento può esercitare una significativa influenza sul contenuto proteico della granella. La precessione colturale di una leguminosa può determinare un incremento di oltre il 20% del contenuto in proteine totali, rispetto a precessioni di frumento o barbabietola. Tale incremento è da mettere in relazione con l'arricchimento in azoto indotto dalla leguminosa. Ottimi risultati si ottengono anche dalla precessione annuale con il maggese nudo. Modalità e densità di semina La modalità di semina non sembra influenzare i principali parametri qualitativi. Allo stesso modo, la quantità di seme per ettaro non manifesta effetti significativi, entro gli intervalli di densità normalmente adottati nei nostri ambienti. In alcuni casi si è tuttavia evidenziato una correlazione positiva tra alcuni parametri di qualità della farina e densità colturali molto basse. Uso dei diserbanti, dei regolatori di crescita e degli antiparassitari Non viene segnalata alcuna correlazione tra pratica del diserbo e qualità della granella. Esistono invece pareri discordi sugli effetti dei brachizzanti sul frumento (usati per diminuire il rischio di allettamento). In alcuni casi è stato evidenziato un effetto negativo, in particolare del cloruro di clorocolina, sul contenuto proteico. Questo inconveniente sarebbe tuttavia compensato dal fatto che l'uso dei brachizzanti consente di effettuare più consistenti nitratazioni con i benefici effetti qualitativi già menzionati. In altri casi, invece, si è rilevato un effetto positivo dei regolatori di crescita anche sui parametri qualitativi. I trattamenti antiparassitari, quando si coltivino varietà sensibili a malattie fungine, diventerebbero estremamente utili non solo al fine di ottenere rese più elevate, ma anche perché manterrebbero per un più lungo periodo l'apparato fogliare in buone condizioni, consentendo una più completa traslocazione delle proteine dalle parti verdi della pianta alla granella. Irrigazione I genere il frumento si coltiva senza irrigazione. Tuttavia, l'irrigazione di soccorso del frumento duro nell'Italia meridionale sta diventando una pratica comune. 36 Cap. 4 – Frumenti Alcune ricerche hanno evidenziato che entro certi limiti l'irrigazione influenza positivamente il peso ettolitrico e negativamente il contenuto proteico, il glutine, le ceneri e W, mentre risulta poco modificato il rapporto P/L. Lavorazioni La semina su sodo non comporta alcun effetto negativo a parità di concimazione sulle caratteristiche quanti-qualitative del frumento duro. CONTINUARE DA QUI 4.10 Aspetti normativi Il problema della standardizzazione e della regolamentazione delle procedure analitiche, atte a controllare e garantire la qualità dei cereali, è affrontato da organizzazioni internazionali, comunitarie e nazionali. A livello mondiale tre grandi organizzazioni partecipano all'elaborazione della normativa che riguarda i cereali: 1. L’Organizzazione Internazionale di Normalizzazione (ISO), di cui fa parte l'Ente Nazionale Italiano di Unificazione, fissa norme che servono da guida ai Comitati Membri che intendono armonizzare le diverse regolamentazioni nazionali; le norme ISO, infatti, hanno efficacia nei singoli Paesi solo se espressamente riprese da leggi e regolamenti nazionali. 2. L’Associazione Internazionale di Chimica Cerealicola (ICC), costituita da specialisti dei diversi settori che riguardano la cerealicoltura. Gli obiettivi di questa associazione, la notorietà degli esperti che vi prestano la loro attività e lo stretto collegamento con l'ISO, permettono agli standards (metodologie di procedure analitiche) pubblicati da questa organizzazione di essere mondialmente riconosciuti. 3. il Codex Alimentarius, Commissione mista FAO/OMS, da qualche anno si occupa di cereali. Si tratta di una commissione intergovernativa creata al fine di elaborare il programma sulle norme alimentari; tale programma si propone di proteggere la salute dei consumatori, di assicurare il rispetto della legalità delle pratiche seguite nel commercio dei prodotti alimentari e di promuovere il coordinamento di tutti i lavori, in materia di norme alimentari, intrapresi da organizzazioni governative o non governative. A tal fine è stato stipulato un accordo con l'ISO per distinguere i diversi settori di intervento. 37 In ambito europeo è invece la Commissione delle Comunità Europee che fissa direttamente i metodi di analisi applicativi per il controllo della qualità dei cereali. I metodi pubblicati nelle direttive si rifanno interamente alle norme internazionali ISO e ICC. Sono attualmente in vigore: a) il Regolamento C.E. n. 1955/1981 «Esigenze tecnologiche del frumento tenero destinato alla panificazione» che fissa le caratteristiche richieste per la commercializzazione di frumento di qualità panificabile media e minima; b) il Regolamento C.E. n° 2062/81 che stabilisce il «metodo di determinazione della qualità panificabile minima del frumento tenero»; c) il Regolamento C.E. n° 2731/75 “Qualità tipo del frumento tenero, della segale, dell'orzo, del granoturco e del frumento duro” (parzialmente modificato dal Regolamento C.E. n° 1454/82) in cui viene stabilita la qualità tipo per la quale sono fissati il prezzo indicativo ed i prezzi di intervento per alcuni cereali; d) i Regolamenti C.E. n° 1580/86 e 2094/87 che modificano il precedente 2734/75 che fissa la qualità tipo di alcuni cereali (fr. tenero e duro, segale, orzo, granturco e sorgo) e di alcune categorie di farine, semole e semolini. A livello nazionale sin dal 1981 è stato stipulato il “Contratto italiano per frumento tenero nazionale n° 101”, al quale hanno aderito tutte le associazioni granarie ai fini di attribuire un valore commerciale delle partite di frumento tenero. Recentemente questo contratto è stato aggiornato, e suddivide le partite di frumento in quattro classi di qualità. I grani di tipo 1 corrispondono alle cosiddette varietà di forza, quelli di tipo 2 corrispondono alle varietà direttamente panificabili, quelli di tipo 3 e di tipo 4 alle altre varietà classificabili come comuni e da biscotti rispettivamente. Per le prime due qualitativamente valide sono richiesti valori minimi per il peso ettolitrico, per il contenuto proteico e per gli indici alveografici W e P/L, per la terza categoria si fissano i valori minimi esclusivamente per il peso ettolitrico e per le proteine, mentre per la quarta si richiede solo un minimo per il peso ettolitrico. Per il frumento duro, invece, le partite vengono distinte per provenienza (Nord, Centro, Sud), per peso ettolitrico (fino > 80 kg hl-1, buono mercantile 77-80 kg hl-1, mercantile 74-76 kg hl-1) e per bianconatura (< 20%). Certificazione e rintracciabilità Negli ultimi anni, come negli altri settori agroalimentari, nella filiera dei frumenti è stata avviata una politica di grande attenzione verso metodi di produzione che garantiscono al consumatore le qualità del prodotto (Sistemi di Qualità Certificati) 38 Cap. 4 – Frumenti attraverso una rigorosa organizzazione ed un accurato controllo di tutte le fasi produttive e di adottare sistemi di rintracciabilità; questi ultimi in conformazione del Reg. U.E. n. 178/2002, consentono di individuare flussi delle merci, gli operatori che concorrono alla formazione di un alimento e di attribuire le relative responsabilità. La tracciabilità permette di registrare informazioni sul prodotto a monte e a valle delle filiera, mentre per rintracciabilità si intende la possibilità di raccogliere informazioni risalendo la filiera cerealicola, molitoria-pastaria, schematizzata in figura 4.20. INDUSTRIA DEI MEZZI TECNICI E DELLE SEMENTI Intermediari, servizi e trasporti CEREALICOLTURA Intermediari, servizi e trasporti INDUSTRIA PASTARIA Intermediari, servizi e trasporti DISTRIBUZIONE CONSUMATORE Fig 4.20 – Schema della filiera cerealicolo-molitorio-pastaria Si fa rilevare, pertanto, che insieme alle caratteristiche intrinseche del prodotto, per fornire una visione olistica della qualità occorrono altri elementi che non si riferiscono al prodotto stesso, ma al contesto di produzione che influenzano la percezione della qualità da parte del consumatore. In particolare sono importanti tre 39 requisiti: l’origine territoriale e la cultura, l’ambiente e la sua protezione e la deontologia dei sistemi produttivi. Questi potremmo definirli requisiti psicologici che insieme a quelli di qualità del prodotto (sicurezza, merceologici, nutrizionali e sensoriali) sono importanti ai fini alimentari. Ci sono, infine, dei requisiti di garanzia che considerano il prodotto come oggetto di mercato e sono, come già detto, la certificazione e la rintracciabilità di azienda e di filiera. Un altro aspetto di qualità dei cereali riguarda gli effetti salutistici attribuiti a composti biologicamente attivi (nutraceutici) presenti nelle diverse componenti della cariosside (pericarpo, germe ed endosperma), che incidono sulla diminuzione di malattie cardiovascolari, diabete e cancro. Sembra che il principale effetto positivo della granella integrale di cereali sia la capacità antiossidante totale. Nella tabella 4.6 sono riportate, in sintesi, l’insieme delle caratteristiche qualitative del frumento duro. Tab. 4.6 – Caratteristiche qualitative di frumento duro e derivati in relazione al prodotto, al contesto produttivo e ai requisiti di garanzia Requisiti del prodotto Sicurezza (assenza di residui, basso contenuto in metalli pesanti etc.) Nutrizionali (contenuto in macronutrienti, micronutrienti e composti bioattivi) Tecnologici (contenuto proteico, indice di glutine ecc.) Requisiti del contesto produttivo Origine territoriale, tradizione Rispetto per l’ambiente (produzione integrata e biologica) Requisiti di garanzia Certificazione (prodotti DOP, IGP e marchi collettivi) Rintracciabilità (Reg. UE n. 178-2002) 40