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FRUMENTI: DURO, TENERO E FARRI (Triticum spp.)

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FRUMENTI: DURO, TENERO E FARRI (Triticum spp.)
Cap. 4 – Frumenti
CAPITOLO 4
_______________________________________________________________________________________
FRUMENTI: DURO, TENERO E FARRI
(Triticum spp.)
4.1 Origine e diffusione
Con il nome frumento s’intendono diverse specie di graminacee appartenenti al
genere Triticum la cui origine della coltivazione risale al Neolitico (circa 10.000
anni fa) nell’area geografica del Medio Oriente, da dove poi si sono evoluti e diffusi
in Asia e in Europa. In Italia li iniziarono a coltivare gli Etruschi, ma furono i
Romani che li diffusero e li trasformarono in coltura intensiva.
Al genere Triticum appartengono diverse specie, tutte a ciclo colture annuale,
delle quali le più importanti sono (Fig. 4.1):
ƒ frumento tenero (Triticum aestivum) (con cariosside nuda alla raccolta – Fig.
4.2);
ƒ frumento duro (Triticum durum) (con cariosside nuda alla raccolta – Fig. 4.2);
ƒ farri (Triticum monococcum, T. dicoccum, T. spelta) sono frumenti cosiddetti
vestiti (data l’aderenza delle glume e glumelle delle cariossidi alla raccolta - Fig.
4.3).
Essi saranno trattati nel capitolo successivo.
Fig. 4.1 – Spighe delle specie del genere Triticum maggiormente coltivate: 1)
grano duro; 2 e 3) grano tenero con e senza reste; 4) farro piccolo; 5) farro
medio; 6) farro grande
1
Fig. 4.2 – Cariossidi di frumenti duro (sopra)
e tenero (sotto)
Fig. 4.3 – Cariossidi di frumento
vestiti (farri)
Attualmente il frumento è il cereale più coltivato al mondo, rivestendo la
maggiore importanza internazionale sia nel commercio che nella politica
economica.
Negli ultimi 50-60 anni la produzione areica del frumento, in Italia, è aumentata
continuamente, grazie al miglioramento genetico ed al perfezionamento delle
tecniche agronomiche di coltivazione. Tra queste l'evoluzione varietale, la
concimazione azotata, il controllo delle infestanti, le modalità di semina e l'uso di
sementi certificate, sono gli aspetti tecnici che maggiormente hanno contribuito alla
modernizzazione della granicoltura ed all'innalzamento produttivo.
Attualmente, infatti, si raggiungono produzioni fino a 6-7 t ha-1. Tuttavia le rese
in molti ambienti meridionali restano inferiori rispetto a quelle che si registrano
nelle aree del Centro e del Nord Italia per fattori tecnici quali: la diffusione della
monocoltura, la carente regimazione idrica dei terreni, la scelta varietale. Nel Nord
è più diffusa la coltivazione del frumento tenero, mentre al Sud quella del frumento
duro, coltura mediamente meno produttiva del frumento tenero.
4.2 Cenni botanici e morfologici
I principali caratteri botanici e morfologici sono stati già descritti
precedentemente (Cap. 3); qui di seguito si riportano le particolarità relative ai
frumenti tenero e duro.
L’apparato radicale è di tipo fascicolato.
Il fusto è cilindrico e cavo, detto culmo, la cui altezza è in funzione della varietà
e delle condizioni pedo-climatiche. Le vecchie varietà di frumento raggiungono
180-220 cm di altezza, le varietà attuali presentano taglie più ridotte, tra 70 e 120
cm.
Il miglioramento genetico, infatti, ha ridotto l’altezza delle piante per indurla a
una maggiore resistenza all’allettamento.
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Cap. 4 – Frumenti
Le foglie, inserite sul culmo, prendono origine dai nodi, mentre la parte apicale
del culmo termina con l’infiorescenza (spiga), costituita da un asse centrale
(rachide) sul quale sono inserite le spighette che portano al loro interno i fiori in
numero variabile tra le specie. Ogni fiore è costituito da due brattee dette glumette,
una superiore (palea) e una inferiore (lemma). Quest’ultima può portare all’apice un
prolungamento detto arista o resta. Il frumento tenero può presentare varietà con
reste (dette aristate) e varietà sprovviste di reste dette mutiche. Tutte le varietà di
frumento duro, invece, hanno spighe aristate (Fig. 4.4).
Il frutto, comunemente indicato come seme è una cariosside ricca di amido. La
forma, la dimensione, il colore e la composizione variano con le varietà.
(A)
(B)
(D)
(C)
Fig. 4.4 – (A) Composizione di una spiga di grano tenero: a) rachide; b) spighetta;
(B) Composizione di una spighetta; (C) Impollinazione; (D) Grano duro in
spigatura
La cariosside di frumento è di forma ellittica, ovoidale con gradazioni di colore
che vanno dal bianco-avorio, crema, giallo fino al rosso o bruno; si può distinguere
3
una parte dorsale convessa e una parte ventrale solcata da un’affossatura più o meno
profonda detta solco ventrale. All’apice della cariosside vi è un piumino composto
da numerosi peli, non sempre presente (manca nei frumenti duri). Nella parte
basale, esternamente alla cariosside è riconoscibile una cicatrice chiamata ilo, che
rappresenta il punto di distacco del seme maturo dal funicolo.
Le cariossidi di frumento tenero hanno una sezione farinosa, quelle di frumento
duro, sezionate hanno una consistenza vitrea, cornea o dura.
La forma è più arrotondata nel tenero, più spigolosa nel frumento duro, mentre il
peso della cariosside è maggiore nel duro (peso di 1.000 semi 30-55 g) rispetto al
tenero (30-40 g).
La cariosside dalla parte esterna verso l’interno, come già detto nel Cap. 3 è
costituta da: involucri esterni; tegumento (pericarpo e perisperma, costituito dal
tegumento seminale detto testa e dallo strato ialino); endosperma (costituito dallo
strato aleuronico ed endosperma amilaceo) e germe o embrione (Fig. 4.5).
Il perisperma fa seguito al pericarpo e risulta costituito dal tegumento seminale
detto testa, costituito da alcuni strati di cellule parenchimatiche; ricopre
l’endosperma ed è intimamente unita con le cellule interne del pericarpo: Il testa
delle varietà a cariossidi rosse contiene un pigmento bruniccio, mentre il testa delle
varietà a cariossidi bianche od ambra non lo contiene. Lo strato ialino o nucellare fa
seguito al testa ed è composto da una fila di sottilissime cellule compresse inserite
tra il testa e l’endosperma.
L’endosperma, la parte più importante delle cariossidi ai fini alimentari,
costituisce l’84-88% del peso della cariosside ed è costituito di due parti: lo strato
aleuronico (3-4%) ed endosperma amidaceo il parenchima glutinamidoso (86% in
peso della cariosside). Lo strato aleuronico è costituito da una fila di grosse cellule
rettangolari dello spessore di 35-75 micron e forma lo strato più periferico
dell'endosperma, esso costituisce altresì lo strato più interno di tutto il materiale
compreso nella crusca durante la molitura delle cariossidi. Esso non contiene
glutine, ma granelli proteici ad alto valore biologico (aleurone) contenenti sali
minerali, grassi, vitamine ed enzimi. L’endosperma amidaceo o parenchima
glutinamidoso è composto da cellule di forma prismastica, contenenti nel
citoplasma granuli di amido immersi in una matrice di natura proteica disposta
all’interno di globuli sferici detti “corpi proteici”
Procedendo dall’esterno all’interno dell’endosperma, la grandezza dei granuli di
amido aumenta mentre il tenore proteico diminuisce progressivamente. La forma e
la dimensione dei granuli di amido sono tipiche di ogni cereale, tanto che è
possibile mediante esame microscopico riconoscere la provenienza della farina.
Rispetto allo strato aleuronico, nell’endosperma amilifero il tenore in lipidi, sali
minerali, vitamine ed enzimi è inferiore.
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Cap. 4 – Frumenti
Nella tabella 4.1 sono riportati i valori minimi e massimi della composizione
della granella di frumento.
Peli apicali
Pericarpo esterno
e interno
Tegumento
Crusca (14-17%)
Str ato aleuronico
Endosperma
esterno
Endosperma
Endosperma (80-84%)
farina
o
semola
interno
Germoglio
Radice
Scutello (cotiledone)
Pericarpo
Ge rme o
Embrione
(2-3%)
Ilo ( punto di distac co del seme dal funicolo)
Fig. 4.5 –Cariossidi di frumento e sezione longitudinale
Tab. 4.1 - Composizione delle cariossidi dei frumenti
Componenti
Minimo (%)
Massimo (%)
Acqua
10.0
14.0
Proteine
7.0
18.0
Amido
60,0
68.0
Pentosani
6.2
8.0
Saccarosio
0.2
0.6
Maltosio
0.6
4.3
Cellulosa
1.9
5.0
Lipidi
1.5
2.0
Ceneri
1.5
2.0
4.3 Ciclo biologico ed esigenze pedo-climatiche
Le peculiarità delle esigenze pedo-climatiche durante il ciclo biologico dei
frumenti sono riassunti nella seguente scheda:
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FASI FENOLOGICHE ED ESIGENZE TERMICHE DEI FRUMENTI
Germinazione
ed emergenza
Tmin: 2-4 °C
Tmax: 37 °C
Tott: 20-25 °C
Accestimento
Tott.:20- 25 °C
Levata
Tott: 15-22 °C
Fioritura ed
allegagione
Tott: 18-20 °C
Maturazione
Tmin: 10 °C
Tmax: 32 °C
Tott: 18-24 °C
Esigenze
pedologiche
Trattandosi di specie microterme germinano anche a basse
temperature. La germinazione inizia quando la cariosside ha assorbito
acqua dal terreno per il 35-40% del proprio peso. Poi la plantula
fuoriesce dalla superficie del terreno e si ha l’emergenza.
Questa fase dura mediamente 10-15 giorni.
Dopo l’emergenza la plantula continua a crescere, quindi, dopo aver
emesso le prime 3-4 foglie, dai nodi basali si originano nuovi culmi
secondari o di accestimento che producono a loro volta un apparato
radicale avventizio. L’indice d'accestimento (n° di culmi secondari), in
condizioni normali è in media 0.5-2. Esso aumenta all'aumentare delle
condizioni idriche e nutrizionali del terreno e della radiazione solare.
Il frumento tenero accestisce più di quello duro.
L'inizio della levata si ha con l'aumentare della temperatura. È il
periodo di crescita veloce (detta anche incannatura) durante il quale
gli internodi si allungano e si sviluppa l'apparato fogliare. Comprende
le sottofasi di botticella e spigatura, dovute rispettivamente
all’ingrossamento della spiga nell’ultima foglia e la sua fuoriuscita
all’esterno.
Avviene 5-7 giorni dopo la spigatura e si evidenzia con l'estromissione
delle antere dalle glumelle. L'impollinazione è autogama di tipo
cleistogama, anche se in casi particolari si può riscontrare una
percentuale di allogamia dell'1-4%.
Formazione della cariosside per un periodo di 30-35 giorni. Si
distinguono le sottofasi di maturazione lattea, cerosa, fisiologica e di
morte.
Il momento della raccolta è in corrispondenza della maturazione
fisiologica quando la cariosside raggiunge un contenuto di circa il
13% di umidità, condizione ideale per la conservazione senza
essiccamento. Il ritardo aumenta i rischi di perdita della produzione
(per uccelli e disseminazione). Talvolta le piogge e gli abbassamenti
della temperatura possono provocare la germinazione delle cariossidi
direttamente sulla spiga. Un improvviso e rapido aumento della
temperatura oltre i 28 °C durante l’ingrossamento della cariosside può
provocare notevoli perdite di acqua ed arresto della trasmigrazione
dell'amido determinando il fenomeno della stretta (maturazione
anticipata e cariossidi striminzite).
Il frumento si adatta a diversi tipi di terreno, ma preferisce quelli
tendenzialmente argillosi, ben drenati e ben dotati di sostanza
organica. Nei terreni sabbiosi sono soggetti a stress idrici.
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Cap. 4 – Frumenti
Esigenze idriche I cereali vernini, negli ambienti a clima mediterraneo, non
necessitano, in genere, degli apporti irrigui, poiché beneficiano delle
piogge autunno-invernale. La variabilità nella quantità e distribuzione
delle precipitazioni nelle diverse annate può comunque condizionare
fortemente i risultati produttivi.
Eccessi di piovosità nel periodo invernale sono dannosi perché
determinano asfissia del terreno e condizioni favorevoli allo sviluppo
di malattie fungine. Nella fase finale del ciclo colturale, piogge
battenti unite a vento forte possono determinare fenomeni di
allettamento, specie quelle varietà a taglia elevata. Nella fase di preraccolta, piovosità elevate possono, inoltre, determinare scadimento
qualitativo delle cariossidi che nei frumenti duri la granella può
risultare slavata o bianconata. In casi estremi possono verificarsi
fenomeni di pre-germinazione.
Carenze idriche determinano fenomeni di riduzione di produzione a
causa dell’incompleto riempimento della cariosside. Le fasi critiche
per la disponibilità idrica sono l’impollinazione, la fecondazione e il
riempimento della cariosside. Nelle prime due fasi stress idrici
causano riduzione di fertilità della spiga con conseguente minore
numero di cariossidi nella stessa. Nella fase finale del ciclo, invece,
condizioni di carenza idrica ed elevate temperature determinano una
brusca interruzione del trasferimento di sostanze nelle cariossidi che
risultano striminzite (“stretta”).
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4.4 Tecniche di coltivazione dei frumenti
Le principali tecniche di coltivazione sono riassunte nella seguente scheda:
Avvicendamento
colturale
Il frumento appartiene al gruppo delle piante tolleranti a succedere a se stesse (ringrano),
per un certo numero di anni, che non subiscono una forte decurtazione in termini di resa. Pur
tuttavia, è consigliabile la successione con altre colture in modo da evitare gravi infestazioni
da malerbe (specialmente Avena fatua negli ambienti meridionali) e da parassiti (insetti,
nematodi, malattie) contro cui non sempre si dispongono sufficienti mezzi di lotta.
E’ una coltura depauperante (o sfruttante), pertanto, è consigliabile avvicendarla nelle zone
irrigue a colture da rinnovo (pomodoro, barbabietola, girasole ecc).
In ambienti cerealicoli di zone aride e semiaride, come quelle del Meridione d’Italia, di
solito il frumento si avvicenda con il cosiddetto “maggese nudo” (o riposo lavorativo del
suolo) o con il maggese vestito (coltura di favino, veccia ecc.).
Lavorazioni
del terreno
La lavorazione preparatoria per la semina consiste in un’aratura o ripuntatura a 20-25 cm
seguita da lavorazioni di affinamento (frangizzollatura). Si può effettuare la lavorazione
minima (inferiore a 15 cm) (minimum tillage) oppure la semina diretta su terreno sodo (sood
seeding).
Semina
Concia del seme: per evitare contaminazione da parte di agenti patogeni la semente va
conciata, cioè trattata con fungicidi organici.
Germinabilità: in una buona semente la germinabilità non deve essere inferiore al 95%.
Inoltre, non deve contenere corpi estranei, in particolare semi di piante infestanti.
Epoca: Ottobre (frumento tenero), Novembre (frumento duro).
Dose di seme: 150-250 kg ha-1 per il f. duro, 80-100 Kg/ha per il tenero, in funzione del n°
di spighe ottimale alla raccolta. I valori più elevati si impiegano in condizioni difficili del
terreno e in semine tardive. Si impiegano 400-500 cariossidi m-2.
Distanza tra file singole: 15-18 cm; tra le coppie di file (bine): 25-30 cm.
Profondità: 3-5 cm.
Concimazione
Le dosi ottimali dei diversi fertilizzati da utilizzare dipendono da vari fattori: asportazione
della granella e paglia, o solo granella e dalla disponibilità degli elementi nutritivi nel
terreno. Qui di seguito sono riportati le dosi indicative delle concimazioni:
Azotata (N kg ha-1): 50 alla semina-accestimento, 70 fine accestimento-levata.
Fosfatica (P2O5 kg ha-1): 70 nei terreni carenti (P Olsen < 10 ppm) alla semina. Nessun
apporto in quelli a dotazione medio-buona (P Olsen > 20 ppm).
Potassica (K2O kg ha-1): 60 nei terreni carenti (K scambiabile < 100 ppm) alla semina.
Nessun apporto nei terreni sufficientemente dotati.
Controllo
delle infestanti
E’ importante la conoscenza delle specie infestanti che possono essere presenti con
frequenza nella coltura per poter effettuare la scelta giusta del prodotto da impiegare nel
diserbo chimico. Le erbe infestanti si distinguono in due gruppi:
ƒ le Dicotiledoni: borsa del pastore, falsa camomilla, correggilo, fumaria, rosolaccio,
veronica, stellaria;
ƒ le Graminacee: avena selvatica, falaride, loglio.
Il diserbo del frumento può essere eseguito in pre-emergenza (subito dopo la semina e prima
che il frumento nasca) e in post-emergenza (dopo la nascita delle piantine); questo a sua
volta può essere precoce (prima della levata) o tardivo (dopo la levata e prima della
spigatura).
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Cap. 4 – Frumenti
4.5 Varieta’ e Miglioramento genetico
Le varietà più diffuse sono per:
il frumento tenero: Veda, Zena, Festa, Libra, Dardo, Golia, Sagittario e Lampo.
il frumento duro: Adamello, Agridur, Appio, Appulo, Arcangelo, Cirillo, Creso,
Duilio, Fortone, Messapia, Neodur, Norba, Nudura, Ofanto, Tavoliere e Valnova.
La scelta della varietà da coltivare è di primaria importanza per ottenere le
migliori produzioni in termini di quantità e qualità. Essa va fatta considerando le
caratteristiche della pianta (capacità di accrescimento, resistenza all’allettamento,
delle potenzialità produttive) in funzione delle esigenze imposte da condizioni di
clima, di terreno, di infestazioni di malerbe, fitosanitarie, dei mezzi tecnici
impiegati nella produzione, di problemi di resistenza della pianta verso i trattamenti
di difesa e della qualità di prodotto che si vuole ottenere.
Per quanto riguarda le potenzialità produttive, il miglioramento genetico delle
varietà ha come obiettivo: l’adattamento alle condizioni di terreno; la resistenza al
freddo, alle alte temperature, alla siccità e alla “stretta”, all’allettamento e alle
malattie (mal del piede, ruggine e oidio); la fertilità della pianta (intesa come
numero di cariossidi per spiga); la stabilità di produzione.
Per quanto concerne la qualità della produzione gli obiettivi del miglioramento
genetico sono:
nel frumento tenero: lo standard qualitativo a cui tende è diverso a seconda che il
prodotto sia destinato alla panificazione o alla produzione di biscotti. Nel primo
caso si punta all'ottenimento di grani di forza con alto contenuto di glutine, nel
secondo caso si tende all’ottenimento di grani deboli. In entrambi i casi è
importante considerare la resa della granella nella farina, il peso medio delle
cariossidi; la resistenza alla sgranatura in campo e del rachide della spiga alla
rottura;
nel frumento duro: l’alta resa in semola, la bassa bianconatura, l’alto contenuto
proteico, il basso contenuto in ceneri, il colore intenso e l’attitudine della semola a
dare pasta con buona attitudine alla cottura;
4.6 Avversita’ e Parassiti
Le avversità meteoriche riguardano, come già detto (par. 4.3), le piogge
abbondanti che possono provocare allettamento e marciumi delle piante in campo; il
vento intenso, l’allettamento, i venti caldi a fine ciclo colturale (la stretta), la
grandine e le gelate.
9
I Parassiti Vegetali riguardano particolarmente i funghi: Mal del piede
(marciumi); Ruggini (macchie rossastre), Oidio o mal bianco, Carie e Carboni.
I Parassiti Animali riguardano in particolare insetti: Elateridi, Afidi e Tignole.
Anche dopo la raccolta del prodotto e durante la sua conservazione può essere
soggetto ad attacchi parassitari dovuti a diverse specie di insetti specializzati nel
danneggiare la granella in particolare: la Calandra o Punteruolo del frumento
(Sitophilus granaius e S. oryzae); lo Struggigrano (Tenebroides mauritanicus) e la
Vera tignola del grano (Sitotroga cerealella) (Fig. 4.5).
Particolare attenzione viene rivolta, pertanto, alla protezione del prodotto dalle
infestazioni durante la conservazione.
Il controllo delle infestazioni consiste nella pulizia e disinfezione degli ambienti
mediante l’uso di insetticidi a contatto o fumigazioni (fosfina) o l’impiego di
temperature estreme (sotto i 13 °C o sopra i 35 °C) in cui lo sviluppo degli insetti si
arresta.
Calandra
Struggigrano
Vera tignola del grano
Fig.4.5 – Principali insetti che attaccano il frumento duro durante la conservazione
4.7 Raccolta e utilizzazione del prodotto
La raccolta del frumento viene eseguita allorché la vegetazione è secca e le
cariossidi hanno raggiunto la piena maturazione con un contenuto in umidità del 1314%. La maturazione del prodotto e l’epoca di raccolta dipendono dalla temperatura
e dall’umidità dell’atmosferica. La raccolta completamente meccanizzata viene
effettuata con l’impiego di mietitrebbie, che provvedono in un unico passaggio al
taglio della pianta e la separazione della granella dalla paglia (data da culmi e
foglie) e dalla pula che è costituita dai resti della spiga. La paglia può essere
raccolta, pressata in balle o in rotoballe, oppure interrata (previo intervento con una
concimazione azotata per favorire l’attacco dei microrganismi), modalità
quest’ultima prevista nell’ambito della condizionalità in agricoltura.
In Italia, in media, il frumento matura nella prima metà di giugno nelle regioni
meridionali e centrali e tra la fine di giugno e i primi di luglio in quelle
settentrionali.
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Cap. 4 – Frumenti
Le produzioni di granella per ettaro sono molto variabili in relazione agli
ambienti pedo-climatici. In generale, le produzioni sono più elevate per il frumento
tenero rispetto a quello duro. La resa media nazionale per il frumento tenero è di 4.0
t ha-1 e per il duro 2.9 t ha-1. Le produzioni risultano maggiori in ambienti
settentrionali come la Pianura Padana mentre tendono a ridursi procedendo verso le
regioni meridionali e insulari dell’area mediterranea. In particolare, le produzioni
areiche sono come medie aziendali nell’Italia settentrionale di 6-7 t ha-1; nelle zone
di pianura dell’Italia centrale si registrano rese di 5-6 t ha-1; mentre nei comprensori
dell’Italia meridionale e nelle isole, dove sono limitanti le condizioni di clima
semiarido le rese si abbassano fino a 1.5-2 t ha-1. La produzione in paglia è molto
variabile. Il rapporto tra biomassa di granella e totale (Indice di raccolta - Harvest
index) è variabile in funzione di fattori climatici, pedologici e colturali. Esso varia
tra 1.5-2.0 nelle vecchie varietà e 0.50-0.55 in quelle basse e con elevate rese di
granella.
Lo stoccaggio della granella dei cereali può essere realizzato direttamente in
azienda, pratica che tende attualmente a scomparire per una serie di problemi legata
alle normative a cui è sottoposto, tra cui l’obbligo del sistema HACCP (Hazard
Analisis Crytical Control Points) che rendono più complicata tale pratica. In genere,
si prevede alla consegna presso centri di stoccaggio, privati o cooperative, con
modalità contrattuali differenti.
Nella fase di ricevimento del frumento all’industria viene effettuato il controllo
del peso e l’ispezione della partita e il campionamento. Infine, vengono prelevati
dei campioni di granella che vengono sottoposti al controllo di qualità.
4.8 Caratteristiche qualitative della granella
La qualità dei frumenti è una nozione complessa, in quanto il termine assume un
significato diverso in relazione al segmento della filiera considerata e alla tipologia
del prodotto e che riguardano l'agricoltore, il mugnaio, il pastificatore o il
panificatore ed il consumatore (Fig. 4.7). Pertanto, si possono distinguere le qualità:
varietale, molitoria, tecnologica, commerciale, igienico-sanitaria, sensoriale e di
salute per il consumatore, come di seguito riportato.
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Semola
Frumento duro
Industria
Mulino
Frumento
Pasta
Farina
Pane
Fette biscottate
Biscotti
Crackers
Panettoni
ecc.
Sottoprodotti
Mangimifici
Fig. 4.7 – Il frumento è la materia prima di numerosi prodotti dell’alimentazione umana
4.8.1 Qualità varietale
Per l'agricoltore è importante la potenzialità e la stabilità produttiva oltre che, ai
fini qualitativi, una regolare maturazione della granella in campo, in assenza di
fenomeni di allettamento o di carenze idriche e di alte temperature che determinano
lo striminzimento dei semi (stretta), riduzioni produttive, abbassamenti del peso
ettolitrico e diminuzione del valore commerciale del prodotto. È altresì importante
che la granella sia sana, cioè non colpita da malattie fungine, quali septoriosi,
fusariosi, carie, carbone e priva di infestanti come sclerozi di segale cornuta.
Durante la trebbiatura, è importante che il prodotto si sgrani senza eccessive rotture
della granella e che i residui di pula e paglia siano ridotti al minimo.
La qualità della produzione dei frumento è sempre più determinante per il valore
commerciale del prodotto che come è noto, può fluttuare da un anno all’altro in
relazione sia alle variazioni dei fattori pedoclimatici e agronomici che alla
composizione genetica.
Un carattere varietale importante riguarda la “rusticità”, cioè la capacità di
resistere a condizioni di crescita e di maturazione anche non favorevoli,
mantenendo caratteristiche qualitative costanti. Essa dipende essenzialmente
dall'efficienza dei sistemi di traslocazione e di assorbimento tardivo dell'azoto nella
granella, nonché dalla capacità di mantenere funzionante l'apparato fotosintetizzante
durante la maturazione (stay green).
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Cap. 4 – Frumenti
L’obiettivo qualità del frumento si realizza anche attraverso la coltivazione di
varietà consigliate dal Ministero delle Politiche Agricole (MiPA) che nelle zone del
Centro-Sud dell'Italia è riconosciuto, per esempio, un premio d'integrazione da parte
dell'UE ai produttori di frumento duro con l'evidente intento di disincentivare la
produzione delle varietà “tecnologicamente” scadenti, non aventi diritto al premio.
Per dimostrare questa “qualità”, cioè l'identità varietale, il produttore può
ricorrere ai “cartellini” del seme utilizzato alla semina o, eventualmente, alla copia
della fattura di acquisto del seme certificato.
Il compratore può verificare l'identità varietale anche con un'analisi specifica:
l'elettroforesi delle proteine del glutine che consente la determinazione della
“impronta digitale” lasciata dalle proteine del glutine in gel posto in campo
elettrico, inconfondibile e tipica per ogni varietà. Si determinano cioè le diverse
frazioni proteiche: albumine, globuline, gliadine e glutenine (Fig. 4.8). Alcuni
molini e pastifici effettuano già questo controllo sulle partite acquistate.
Fig. 4.8 – Elettroforesi
4.8.2 Qualità molitoria
Con l’operazione di macinazione si provoca lo schiacciamento delle cariossidi e
la separazione di tre frazioni:
1. endosperma amilifero, da cui deriva la farina dal frumento tenero o la semola dal
frumento duro;
2. embrione o germe (ricco di grassi e poco serbevole);
3. crusca, costituita dai tegumenti della cariosside, ricchi di fibra ai quali resta
saldato lo strato aleuronico, ricco di proteine ad alto valore biologico e di
elementi minerali (“ceneri”).
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Dall'endosperma amilifero, con gli attuali processi di macinazione della granella
del frumento tenero, vengono ricavati per vagliature progressive quattro diversi
tipi di farina (Tab. 4.2).
Tab. 4.2 - Tipi di farina e loro caratteristiche
Tipi di
farina
Ceneri
(% max)
Cellulosa
(% max)
Glutine secco
(% min)
Tipo 00
Tipo 0
Tipo 1
Tipo 2
0.50
0.65
0.80
0-95
--0.30
0.30
0.50
7
9
10
10
Dal germe, ricco in lipidi viene estratto dell'olio utilizzato in cosmetica e
dietetica.
La crusca ed i suoi derivati (cruschello, tritello e farinaccio) sono separati dalla
farina tramite il buratto e sono usati prevalentemente nell'alimentazione zootecnica
ma anche come prodotti dietetici ricchi di fibra.
Nello stesso modo alla macinazione della granella di frumento duro effettuata
con rulli scanalati, così come già visto per il tenero, si originano diverse frazioni:
1. dall’endosperma amilifero derivano semola (granella più grande), semolato e
semolino (granella più piccola);
2. embrione o germe;
3. crusca, cruschello e tritello costituita dai tegumenti delle cariossidi.
Le caratteristiche che devono possedere semola e semolato sono le seguenti:
Ceneri
Cellulosa
Sostanze azotate
Semola
min
max
Semolato
min
max
0.70 - 0.85
0.20 - 0.45
10.5
0.90 - 1.20
0.85
11.5
Un altro aspetto di qualità molto importante per i mugnai è la resa alla
macinazione, ossia la percentuale di farina (o di semola) ottenuta dall'unità di peso
di granella. Come si vedrà successivamente, un parametro legato alla resa è la
percentuale di ceneri che la legge stabilisce di non superare i suddetti valori
massimi, tanto che il mugnaio, per rispettare ciò talora è costretto ad abbassare la
resa della macinazione
14
Cap. 4 – Frumenti
La resa di macinazione è legata, inoltre, alla tecnologia impiegata, umidità della
granella, scarti e impurità, peso ettolitrico, grado di bianconatura e principalmente,
come già detto, dal contenuto in ceneri, caratteristiche qui di seguito riportate.
Umidità della granella (valutato per tenero e duro)
E’ la percentuale di acqua che deve essere inferiore del 13% (umidità standard di
commercializzazione). Valori di umidità superiori sono molto pericolosi per la
conservazione del prodotto. Pertanto per granella con un’umidità elevata è
necessaria l’essiccazione artificiale (ventilazione ad aria calda o a temperatura
ambiente). La resa alla molitura diminuisce all'aumentare dell'umidità della
granella.
Scarti e Impurità (valutati per tenero e duro) sono costitute da:
ƒ presenza di pula (glume o glumette), di semi di altri cereali o di altre specie che
oltre a ridurre la resa deprezzano la qualità del prodotto;
ƒ semi di erbe infestanti, tra cui la segale cornuta (es. Bifora radians) che
conferisce odore sgradevole alle farine (o alle semole) mentre la presenza di
cariossidi colorate in varie parti tra il bruno ed il nero brunastro, o colorate sul
germinello possono imbrunire i prodotti.
ƒ semi avariati, attaccati da insetti, spezzati; e presenza di sabbia, sassi, frammenti
legnosi, insetti morti ecc.;
Il limite massimo complessivo di ricevibilità di scarti e impurità è pari al 10%.
Peso ettolitrico (valutato per tenero e duro)
È il parametro più largamente utilizzato per fornire un primo indice qualitativo
della granella, cioè l’indice della resa in farine o delle semole. Il peso ettolitrico
rappresenta il peso specifico apparente della cariosside e corrisponde al peso (in kg)
dell'unità di volume (hl) occupato dalle cariossidi e dagli spazi vuoti tra essi
interposti. Si determina con la bilancia di Schopper (Fig. 4.9), con la quale si pesa
un recipiente di 250 cm3 pieno di cariossidi dopo averli assestati.
Fig. 4.9 - Bilancia di Schopper
15
Valori elevati del peso ettolitrico indicano che la granella è maturata nelle
condizioni ottimali che hanno favorito un regolare riempimento delle stesse; di
conseguenza, come già detto, le rese di macinazione saranno più elevate.
Abbassano il peso ettolitrico le impurità leggere (glume, glumette e altri semi); il
tenore d'umidità, lo striminzimento delle cariossidi (dovuto all’allettamento, alla
stretta, e a carenze idriche e nutrizionali azotate nella fase di granigione) e attacchi
parassitari.
Le caratteristiche varietali di “rusticità” possono contribuire a mantenere elevato
il peso ettolitrico anche in condizioni di “granigione” poco favorevoli.
Nel frumento tenero alcuni Autori (Baldrin e Kokeny, 1970) hanno stabilito la
seguente classificazione in relazione al peso ettolitrico:
ƒ < 70 Kg/hl = peso anomalo;
ƒ 70-73 Kg/hl = peso basso, grani leggeri;
ƒ 73-77 Kg/hl = peso medio;
ƒ 77-80 Kg/hl = peso elevato, grani pesanti;
ƒ > 80 Kg/hl = peso molto elevato.
I valori ottimali per il frumento tenero sono pertanto compresi tra 76 e 83 kg hl-1;
nella valutazione del prezzo si fanno aggiunte per i pesi ettolitrici maggiori di
76 kg hl-1 o detrazioni per valori inferiori a 76 kg hl-1; con meno di 73 kg hl-1 il
frumento tenero panificabile non è commercializzabile.
Nel frumento duro i requisiti minimi richiesti per l’accettabilità sono simili a
quelli del frumento tenero, ma con valori più elevati. Valori ottimali nel frumento
duro sono, infatti, compresi tra 80 e 85 Kg hl-1.
Il peso ettolitrico oltre che dalle caratteristiche varietali e pedo-climatiche
dipende anche dagli interventi agronomici, quali la concimazione e l'irrigazione di
soccorso durante la granigione, influenzandolo positivamente.
Peso unitario delle cariossidi (valutato per tenero e duro)
E' un carattere di facile determinazione; il conteggio si esegue solitamente su un
campione di 100-200 semi e si esprime come peso in grammi di 1.000 cariossidi.
Questo parametro associato all'esame visivo del campione per rilevare la
frequenza di cariossidi piccole o striminzite, stima il grado di regolare riempimento.
All'aumentare del peso dei 1.000 semi aumenta la resa di macinazione poiché
diminuisce la superficie esterna e quindi migliora il rapporto tra contenuto (farina o
semola) e parti esterne (crusca).
È un parametro che dipende molto dalle caratteristiche varietali, condizioni
pedoclimatiche ed agronomiche, nello stesso modo del peso ettolitrico.
Slavatura (valutato per tenero e duro)
S’intende l'aspetto traslucido che la granella presenta a seguito dell'azione delle
piogge a maturazione ultimata (microlesioni dell'endosperma per l'alternarsi di
16
Cap. 4 – Frumenti
umidificazione e asciugatura). Il rischio di slavatura può essere diminuito
anticipando la raccolta della granella ad una umidità del 16-20% che
successivamente sarà essiccata artificialmente. È dannosa soprattutto per il
frumento duro in quanto implica una riduzione dei pigmenti del colore.
Pregerminazione (valutato per tenero e duro)
Indica un inizio di germinazione dell'embrione. Può avvenire in campo prima
della raccolta o durante la conservazione. Spesso si accompagna alla slavatura in
quanto entrambi i difetti possono dipendere dalle piogge abbondanti cadute appena
prima della raccolta. Essa è deleteria in quanto provoca delle alterazioni gravi, in
termini biochimici, delle caratteristiche del frumento e quindi una riduzione
importante della sua qualità tecnologica.
Bianconatura (valutato solo nel frumento duro)
La bianconatura è un’alterazione fisiologica piuttosto frequente nella granella del
frumento duro che provoca un cambiamento nella tessitura dell'endosperma; questo
normalmente traslucido e vetroso, diventa parzialmente o totalmente opaco e
biancastro (frattura farinosa) a causa della formazione di cavità piene di aria.
Tale fenomeno è collegato alla mancata o ridotta formazione del reticolo di
glutine nell'endosperma. Ciò dipende essenzialmente da una cattiva nutrizione
azotata nella fase di granigione a seguito di carenze di azoto e a condizioni
ambientali che ne limitano l'assorbimento o la traslocazione. Esiste, a tal riguardo
una diversa sensibilità varietale alla biaconatura.
La bianconatura si misura come percentuale in peso dei chicchi non interamente
vitrei in una massa di 30 grammi di cariossidi pulite dalle impurità. La soglia
massima normalmente accettata è del 20% di bianconato. I Regolamenti comunitari
stabiliscono che le partite di frumento duro che contengono più del 50% di
cariossidi bianconate non siano accettate per l'intervento di sostegno dei prezzi. Un
sistema più rapido per determinare la bianconatura è quello di sezionare 100
cariossidi mediante apposito tagliagrani (Fig. 4.10) e di determinare la percentuale
in numero di quelle bianconate.
Sul piano tecnologico i frumenti duri bianconati determinano una diminuzione
della resa in semola, poiché la cariosside risulta più friabile e tende a disaggregarsi
in farine; tuttavia le più recenti e più raffinate tecnologie di macinazione hanno
notevolmente ridimensionato le conseguenze di questo inconveniente. Esso resta
comunque un parametro negativo poiché indica un ridotto contenuto di proteine e di
pigmenti colorati della granella.
17
Per ridurre il problema della bianconnatura risulta efficacia una concimazione
azotata tardiva supplementare (circa 50 kg ha-1) allo stadio di botticella.
Fig. 4.10 - Tagliagrani
Volpatura (valutato solo nel frumento duro)
La volpatura, o black point, è un'alterazione delle cariossdi del frumento duro che
consiste in imbrunimenti estesi alla zona dell'embrione ed al solco ventrale.
All'alterazione sono associati numerosi funghi abitualmente presenti sulle spighe,
fra questi un ruolo determinante è stato attribuito a Cochliobolus sativus ed
Alternaria alternata, che si instaurano nei tessuti subepidermici delle cariossidi.
Se interessa in profondità il solco ventrale della cariosside è una caratteristica
non eliminabile con la macinazione ed è estremamente negativa in quanto la pasta
ottenibile risulterebbe “puntata” di nero, con conseguente forte deprezzamento
commerciale.
La soglia di tolleranza ammessa per partite di media qualità è del 10-12% in peso
di cariossidi volpate.
La volpatura si manifesta frequentemente sulle produzioni centro-settentrionali di
frumento duro, ma può presentarsi anche nel meridione in concomitanza di
condizioni climatiche sfavorevoli, quali le frequenti piogge nelle prime fasi della
granigione. La risposta del frumento al black-point dipende dal genotipo: alcune
varietà manifestano l'alterazione in modo grave, mentre altre tendono a presentare
sintomi lievi.
All'attualità il problema può essere contenuto solo mediante l'utilizzazione di
varietà meno sensibili.
Contenuto in ceneri (valutato per tenero e duro)
Il contenuto in ceneri rappresenta il contenuto minerale della granella espresso
in percentuale di sostanza secca (s.s.), dopo incenerimento in muffola alla
temperatura di 575 °C.
18
Cap. 4 – Frumenti
Le ceneri sono localizzate prevalentemente nei tegumenti e negli strati più
esterni della cariosside (crusca), di conseguenza tale parametro è negativamente
correlato con la resa in farina o semola.
In precedenza sono stati indicati i tipi di farine in base al contenuti delle ceneri i
cui valori massimi imposti dal D.L. 580/67 (ved. pag. 13). La stessa normativa
vigente impone che il contenuto in ceneri di una semola non ecceda lo 0.9% sul
secco, proprio per impedire che i tegumenti esterni venissero immessi nella semola
in quantità eccessiva. Il mugnaio per non superare questo limite di legge è talora
costretto ad abbassare la resa della macinazione.
Oltre che dalle caratteristiche genetiche, il contenuto in ceneri è fortemente
influenzato dall'andamento dell'annata e dall'ambiente di coltivazione esso infatti
mostra un decremento con il diminuire della latitudine; infatti le produzioni ottenute
al Sud d'Italia presentano generalmente valori inferiori (di circa il 5%) rispetto a
quelle delle altre aree del Paese, anche se alcune varietà sembrano meno influenzate
dalle condizioni ambientali. Nel complesso la produzione nazionale manifesta un
limitato tenore in ceneri. Anche le tecniche agronomiche appaiono determinanti nel
condizionare i fenomeni di mineralizzazione nella granella, tra le quali molto
influente può risultare l'irrigazione.
In conclusione il mugnaio apprezza oltre la granella sana, asciutta, con elevato
peso ettolitrico anche la pulizia e l'omogeneità varietale delle cariossidi, le
caratteristiche tipiche delle regioni di provenienza, la facilità di macinazione, l'alta
resa in farina e il basso contenuto in ceneri.
4.8.3 Qualità tecnologica
La qualità tecnologica dei frumenti è la loro attitudine a rispondere alle esigenze
di trasformazione diversificato a seconda del prodotto alimentare. Infatti, sia il
frumento tenero che quello duro sono la materia prima di numerosi prodotti
dell'alimentazione umana: pasta, pane, crackers e biscotti ecc. Questa
diversificazione è dovuta sia al progresso dei processi tecnologici del mondo
produttivo, sia alla diversità del gusto dei consumatori, variabile nel tempo e nello
spazio.
Le determinazioni delle caratteristiche tecnologiche dei frumenti sono
normalmente realizzate attraverso simulazioni dei processi di trasformazione.
I parametri che più intervengono a definire la qualità tecnologica sono: il
contenuto proteico e la loro frazione proteica, il glutine (inteso come quantità e
qualità) e la determinazione degli indici tecnologici.
19
Contenuto proteico e frazione proteica (valutato per tenero e duro)
È una delle caratteristiche più importanti sia in termini quantitativi che qualitativi
per l’attitudine panificatoria o pastificatoria. Praticamente il tenore proteico della
granella viene di norma stabilito a partire dal contenuto in azoto (determinato come
% di sostanza secca) che poi viene convertito in contenuto proteico. Per il frumento
il coefficiente di trasformazione dell'azoto in proteine è di 5.7.
Il Regolamento Comunitario fissa per una qualità media delle farine un tenore
proteico dell’11.5% sul secco, mentre il “Contratto 101” stabilisce dei limiti
compresi tra 10.5 e 11.5% sul secco a seconda la classificazione del frumento.
A parità di contenuto totale delle proteine la loro composizione chimica influisce
in modo determinante sulla qualità. E’ importante, pertanto, la conoscenza delle
diverse frazioni proteiche: albumine, globuline, gliadine e glutenine, determinate
con metodi diversi compreso, come già indicato precedentemente (pag. 13) quello
dell’elettroforesi.
Glutine (valutato per tenero e duro)
Le proteine della granella come già detto precedentemente sono suddivisibili in
quattro classi: albumine, globuline, gliadine e glutenine. L'estrazione di queste
frazioni proteiche si effettua utilizzando, diverse modalità, sfruttando le loro
proprietà di essere solubili in mezzi diversi: le albumine sono solubili in acqua, le
globuline in soluzioni saline, le gliadine in soluzioni alcoliche, le glutenine in acidi
o alcoli diluiti. Mentre le globuline e le albumine, ben dotate dell’amminoacido
lisina, migliorano il valore biologico delle proteine, le gliadine e le glutenine,
pressoché insolubili in acqua, sono responsabili della formazione del glutine (Fig.
4.11), il cui contenuto è di primaria importanza nelle tecnologie di panificazione.
Infatti, è dalla quantità e qualità del glutine nelle farine e nelle semole che dipende
la loro capacità di assorbire acqua, di tendersi e rigonfiarsi, di mantenere la
consistenza durante la lavorazione e di mantenere la forma dopo la cottura
rappresenta, pertanto, lo “scheletro elastico” di prodotti trasformati come per
esempio, il pane o il panettone è dunque il glutine, che costituendo una fitta rete di
filamenti, trattiene l'acqua, l'amido in via di degradazione a zuccheri, che saranno
poi fermentati dai lieviti, ed i gas che si sviluppano durante la lievitazione.
Dalla sua quantità e soprattutto dalle sue caratteristiche dipenderà l'attitudine
dell'impasto ad essere utilizzato in uno dei tanti processi di trasformazione: pane,
biscotti ed altro. La quantità di proteine percentualmente contenuta nel frumento, sia
tenero che duro, è un parametro correlato positivamente alla quantità di glutine, che
normalmente rappresenta circa l’80% di tutte le proteine presenti.
La determinazione del glutine estratto dalle farine può essere eseguita con facilità
a seguito di un prolungato lavaggio in acqua per eliminare l'amido dall'impasto. Il
20
Cap. 4 – Frumenti
prodotto che si ottiene è una massa traslucida ed elastica e ha un contenuto in acqua
di circa il 70%.
La composizione del glutine secco è all'incirca la seguente: proteine 78-85%,
lipidi 5-10%, amido 5-15%. Il giudizio viene di solito espresso in base alla quantità
di glutine ed alle sue proprietà al tatto.
Al giudizio quantitativo si associa quello qualitativo, legato alla consistenza del
glutine. Un sistema empirico usato dai pastai è ad esempio quello di appendere la
pallottola di glutine estratto ad un chiodo infisso sul soffitto e di vedere il grado di
allungamento della massa dopo un certo periodo. Anche prove di estensibilità
effettuate maneggiando il campione possono fornire al mugnaio esperto quelle
informazioni che altrimenti si possono ottenere con apparecchiature molto più
sofisticate ma certamente più precise.
Fig. 4.11 - Glutine ottenuto da farina di frumento
4.8.3.1 Indici tecnologici
Numerosi sono gli indici e le apparecchiature impiegate nelle valutazioni della
qualità tecnologica dei frumenti tenero e duro in uso oggi in Italia. Alcuni di essi
sono anche distinti tra le due specie di frumento.
Indici tecnologici del frumento tenero
Di seguito si riportano gli indici molto usati per le farine per la produzione di
pane, che rappresenta il prodotto finale più importante:
a) l'indice di caduta o “falling number” di Hagberg (F.N.) per la resistenza alla
lievitazione;
b) l'indice di Zélény e l'indice di Berliner per la quantità e qualità del glutine;
c) l'indice di Pelshenke per la resistenza dell'impasto alla disgregazione;
21
d) gli indici alveogafici per la forza e l'elasticità del glutine;
e) l'indice farinografico di Brabender per la stabilità dell'impasto.
Indice di caduta di Hagberg (o di resistenza alla lievitazione)
La velocità di fermentazione dell'impasto farina ed acqua dipende dal contenuto
in zuccheri fermentescibili, amido ed enzimi (α- amilasi) che durante l'idratazione
scindono l'amido in zuccheri. Tale caratteristica è correlata con l'indice di caduta di
Hagberg o falling number che rappresenta il tempo necessario (in secondi -s-)
affinché un gel d'amido ottenuto con la farina da analizzare si degradi ad opera degli
enzimi presenti nell'impasto, posto in un bagno di acqua bollente.
L'indice di caduta misura pertanto l'attività amilasica della farina, ossia la rapidità
con cui l'impasto metterà a disposizione dei lieviti gli zuccheri per la fermentazione.
Il valore dell'indice è inversamente proporzionale all'attività amilasica. Indice
con valori di 250 s sono ottimali; valori > 300 s indicano perdita dell'attività
enzimatica, (ad esempio, per eccessivo invecchiamento); mentre valori < 160 s
segnalano o elevata quantità di α-amilasi o attivazione degli enzimi, e quindi,
degradazione dell'amido, già in atto.
L'indice di caduta dipende anche dal grado di finezza della farina: più è
grossolana e più tende ad essere basso. Esso può essere dunque influenzato da
fenomeni di pregerminazione causati da elevata umidità dell'aria o piogge eccessive
alla raccolta oppure ancora, da condizioni di conservazione poco idonee.
Indice di Zélény (o di sedimentazione)
Il test di Zélény è un saggio qualitativo che si basa sulla capacità del glutine di
rigonfiarsi e flocculare in condizioni debolmente acide. Esso fornisce il volume (in
ml) del deposito ottenuto a partire da una sospensione di un campione di farina in
una soluzione di acido lattico. L'indice che ne deriva può variare da 0 a 70 unità e
fornisce un'indicazione globale sulla qualità e sulla quantità delle proteine del
glutine. La scala di valori dell'indice di Zélény per la qualità panificatoria risulta:
ƒ < 18 = insufficiente;
ƒ 18 - 28 = buona;
ƒ 28 - 38 = molto buona;
ƒ > 38 = grano di forza.
Il Regolamento Comunitario, n° 1955/81, stabilisce per il grano di qualità media
un valore superiore o uguale a 25.
Indice di Berliner (o di intorbidimento)
Anche questo indice viene utilizzato per valutare la qualità del glutine estratto
dall'impasto e consiste nella misura colorimetrica dell'intorbidimento del glutine in
una soluzione di acido lattico. A diversi gradi di intorbidimento corrisponde una
22
Cap. 4 – Frumenti
scala di numeri da 0 a 26, che va dai grani più scadenti a quelli migliori. Questo
saggio, ideato in Germania attorno agli anni trenta non ha trovato una generale
applicazione ed è stato quasi subito sostituito dal suddetto test di Zélény che, pur
basato sugli stessi principi risulta di più facile esecuzione e di più semplice
interpretazione.
Indice di Pelshenke
Questo indice è dato dal tempo (in minuti) durante il quale un impasto di pochi
grammi di sfarinato integrale con lievito di birra e acqua, così da formare una
piccola sfera che viene immersa in bagno termostatato a 32 °C, riesce a resistere
prima di disgregarsi sotto l'azione della pressione dell'anidride carbonica
sviluppatasi, nel suo interno, durante la lievitazione. Più alto è l'indice, ossia tanto
più tardi la sferetta si disintegra, migliore è la qualità del glutine, in quanto le farine
di migliore qualità hanno gli impasti più estensibili, più resistenti all'estensione e
più elastici.
Indici alveografici
Gli indici alveografici prevalentemente usati in Europa, in Francia ed in Italia in
modo particolare, si determinano eseguendo i saggi tecnologici all'alveografo di
Chopin (Fig. 4.12).
E' uno strumento ideato dal francese Chopin che misura le caratteristiche
meccanico-fisiche delle farine. La determinazione analitica prevede di impastare la
farina con una quantità di fissa di acqua e cloruro di sodio (soluzione al 2.5%) per
un tempo di 7 minuti. L'impasto viene estruso sotto forma di nastro dal quale si
ricavano 5 dischi di pasta che, dopo un periodo di riposo, vengono pressati su di una
piastra con foro e sottoposte alla pressione di aria che gonfia la pasta e forma una
bolla, o “alveolo”, deformandola sino alla rottura.
L'alveografo registra graficamente le variazioni della pressione dell'aria durante
la deformazione all'interno dell'alveolo secondo un diagramma denominato
alveogramma (Fig. 4.13 e 4.14).
Fig. 4.12 – Alveografo
23
Fig. 4.13 – Alveogramma di Chopin
L’area sottesa al tracciato indica la resistenza opposta dall’impasto alla deformazione,
quindi la forza della farina (W); l’altezza della curva rappresenta la tenacità
dell’impasto (P); la lunghezza della curva ne rappresenta l’estensibilità (L); il rapporto
tra tenacità ed estensibilità ne esprime l’equilibrio (P/L)
Fig. 4.14 – Alveogrammi – Diversi tipi di grani
L’analisi dell'alveogramma fornisce i seguenti indici legati alla qualità
panificatoria delle farine:
24
Cap. 4 – Frumenti
1) l'indice P è il valore della pressione massima esercitata sulla parete dell'alveolo e
fornisce quindi indicazioni sulla "tenacità" della pasta e la "capacità di
assorbimento dell'acqua" da parte della farina;
2) l'indice W, il cosiddetto potenziale reologico, rappresenta la sommatoria dei
lavori di deformazione dell'impasto durante il rigonfiamento fino alla rottura ed è
proporzionale all'area dell'alveogramma. Esso indica la "forza" della farina, cioè
la qualità della rete proteica (glutine). Più W è alto e più il reticolo del glutine
può assorbire acqua e raggiungere volumi maggiori, più il frumento è, quindi,
giudicato di "forza". Tale caratteristica dipende essenzialmente da una frazione
del glutine solubile in acido e costituito dalle glutenine;
3) l'indice L che rappresenta la lunghezza dell'alveogramma (in mm) è in relazione
all'estensibilità dell'impasto ed esprime la capacità del glutine a gonfiarsi senza
rompersi, e dipende essenzialmente dalla frazione proteica del glutine solubile in
alcool costituita dalle gliadine. Indica, in definitiva, l’attitudine della farina a
dare pane ben lievitato con buona porosità.
4) l'indice P/L, dato dal rapporto tra la “tenacità” e la “estensibilità” esprime
l'elasticità del glutine. Più il P/L è basso e più nella farina prevalgono le
caratteristiche di morbidezza e di estensibilità conferitele dalle gliadine. Più il
P/L è alto e più prevalgono la durezza e la tenacità delle glutenine.
Nella già citata figura 4.11 sono riportati gli alveogrammi tipici di diverse varietà di
frumento tenero con differenti attitudini tecnologiche.
Indice farinografico di Brabender
Il farinografo di Brabender (Fig. 4.15) misura la resistenza che incontrano le pale
di un'impastatrice fatte ruotare a velocità costante, nel mescolare un certo
quantitativo di farina ed acqua. Con questo strumento si ottiene un grafico, il
farinogramma (Fig. 4.16) da cui si ricava l'indice di stabilità, ossia il tempo in
minuti, in cui l'impasto mantiene la consistenza ottimale. Con il farinografo è
possibile ottenere una valutazione completa delle caratteristiche della farina. Infatti,
mentre per la trasformazione delle farine in biscotti gli indici alveografici (W e P/L)
sono sufficienti a valutarne l'attitudine, per le lavorazioni che sfruttano la
lievitazione, l'alveogramma da solo non è sufficiente, poiché non fornisce
informazioni sulla capacità di mantenere stabile la consistenza dell'impasto durante
la lavorazione.
Valutazioni simili si ottengono con i mixometri, che formano miogrammi
riportati nella figura 4.17, il cui indice di stabilità è dato dall’angolo formato dalla
25
semiretta indicante lo sviluppo a quella della caduta dell’impasto. Maggiore è
l’angolo, migliore è la stabilità.
Fig. 4.15 - Farinografo di Brabender
Fig. 4.16 - Farinogramma
Fig. 17 - Mixogrammi di due diverse varietà con differenti caratteristiche qualitative
In relazione ai suddetti indici tecnologici esistono diversi tipi di frumenti teneri
classificati in base al tipo di prodotti e ai parametri tecnologici. Le principali sono
riportate nella tabella 4.3.
26
Cap. 4 – Frumenti
Tab. 4.3 - Classificazione del frumento tenero in base al tipo di prodotto e relativi ai
parametri tecnologici
Classe
tecnologica
del frumento
Tipo di utilizzazione
del frumento tenero
Tenore
proteico (N
x 5.7 s.s.)
Indici alveografici
W
P/L
Indice
farinografico
(stabilità)
Indice di
caduta
(F.N.)
Merendine Semisfoglie
Brioches
> 14.5 %
> 300
< 1.0
> 15
> 250
Panettoni
Farine correttive
Pane tipo michetta
Frumento
Crackers
> 13.5 % 220-300 0.4-0.6
> 10
> 220
panificabile
Pasticceria artigianale
superiore
Pane comune
Frumento
Fette biscottate
> 11.5 % 160-220 0.4-0.6
>5
> 220
panificabile
Pan carrè
comune
Biscotti
Frumento
Prodotti
a
bassa > 10.5 %
< 120 0.3-0.5
(*)
> 220
biscottiero
lievitazione
(*) - L'indice farinografico di stabilità non è importante per i biscotti, per i quali si richiedono invece
grani di tipo "soft" (a frattura della granella molto soffice e farinosa) non "hard" (a frattura vitrea)
Frumento
di forza
Panificazione e qualità panificatoria (valutato per frumento tenero)
In Italia il frumento tenero viene prevalentemente utilizzato per la produzione di
pane (circa l'80% del prodotto lavorato) e in minor quantità per prodotti da forno
quali biscotti, grissini, crackers, panettoni, dolciumi vari. Ogni prodotto richiede un
particolare tipo di farina che a sua volta presuppone l'impiego di grani con
caratteristiche qualitative diverse.
La qualità panificatoria comprende il complesso dei requisiti che una farina deve
avere per dare un buon pane dato dai cosiddetti grani di forza (caratterizzati da
complessi di proteine contenute nel glutine), per contro i grani deboli possono
essere usati per fare biscotti e impasti non lievitati.
Nella panificazione, ma anche nelle altre utilizzazioni, la farina è sottoposta a un
processo di trasformazione che attraversa le seguenti fasi:
1. impastamento della farina con acqua e lievito;
2. idrolisi enzimatica dell'amido con formazione di zuccheri fermentescibili;
3. fermentazione degli zuccheri con formazione di alcool etilico e di anidride
carbonica;
4. lievitazione, ossia sollevamento dell'impasto con formazione di una massa
spugnosa, ad opera delle bolle di gas carbonico;
5. cottura del pane con fissazione della struttura porosa.
27
Importanza molto grande, come già detto, ha la forza della farina, collegata al
comportamento dell'impasto durante la lievitazione. Si richiede che il gas carbonico
resti imprigionato nella massa dell'impasto e che questo sia elastico e nello stesso
tempo tenace. Queste proprietà sono conferite da quel complesso di proteine del
glutine esistente nell'endosperma del frumento che determinano la forza di una
farina. Il glutine esplica la funzione formando in presenza di acqua un reticolo
proteico elastico all'interno dell'impasto che imprigiona le bolle di CO2 e fa così
prendere all'impasto una struttura spugnosa.
Affinché questo reticolo elastico conferisca la desiderata porosità al pane sono
necessarie due condizioni concomitanti: 1) che il glutine sia abbondante, 2) che il
glutine sia di buona qualità, cioè sia dotato di estensibilità, elasticità, tenacità e
impermeabilità ai gas.
La resa in prodotto finale dipende essenzialmente dalla capacità della farina di
assorbire l'acqua nella fase di idratazione. L'assorbimento idrico ottimale è la
quantità di acqua che è necessario aggiungere alla farina per raggiungere la
consistenza ottimale.
La qualità del prodotto finale (intesa come volume, sofficità, porosità e finezza di
tessitura dell'impasto) dipende invece da:
ƒ idonea velocità di fermentazione operata dai lieviti sull'impasto prima e durante
le fasi iniziali della cottura;
ƒ capacità dell'impasto di rigonfiarsi, trattenendo al suo interno i gas sviluppati dai
lieviti nella fermentazione;
ƒ stabilità nel tempo dell'impasto ottenuto durante la lavorazione;
ƒ capacità di mantenere la forma dopo la cottura.
Indici tecnologici del frumento duro
Attualmente sono in corso tentativi di uniformare e standardizzare le
metodologie di caratterizzazione del frumento duro per la pastificazione. I parametri
che consentono di prevedere la qualità della pasta oggi in uso nei pastifici sono
numerosi e differenti. I parametri qualitativi maggiormente impiegati dalle
principali industrie pastarie, adottati ed utilizzati in modo diverso da ognuna di esse
in funzione delle proprie tecnologie di pastificazione, sono essenzialmente tre:
contenuto in proteine, forza ed elasticità del glutine, indice di giallo.
Contenuto in proteina grezza (PG %)
Il contenuto proteico del frumento duro è normalmente più alto rispetto al
frumento tenero (12-16% anziché 10-14%). Per la sua determinazione si utilizzano
le stesse metodologie viste per il frumento tenero.
28
Cap. 4 – Frumenti
Da diverse indagini risulta che il 50% della produzione media nazionale ha un
contenuto proteico oltre il 12.5%, valore capace di soddisfare le esigenze qualitative
dell’industria di trasformazione.
Forza ed elasticità del glutine
La forza (W) e l'elasticità del glutine (P/L), misurate come per il frumento tenero,
con l'alveografo di Chopin, misurano la “tenuta alla cottura” della pasta. Una pasta
che “tiene bene” la cottura, cioè che resta “al dente”, che non presenta sulla sua
superficie una patina vischiosa e che non si ammassa, ha un glutine forte con W più
alto possibile e, a differenza del frumento tenero, un P/L elevato, indice di limitata
elasticità ed elevata tenacità.
Alcune industrie, infatti, giudicano accettabile un frumento con W pari a 180 e
ottimo un frumento con un W pari 350, mentre il P/L deve essere in ogni caso,
superiore a 1.5.
Come per il frumento tenero, anche per il duro la qualità del glutine dipende sia
dalle caratteristiche genetiche della varietà sia dalle condizioni ambientali di
coltivazione (soprattutto quelle climatiche in fase di granigione, quelle di
concimazione azotata e quelle di difesa fitosanitaria).
I frumenti duri di qualità superiore si ottengono nelle regioni del Sud Italia,
grazie alle condizioni edafiche e climatiche che assicurano l'insieme delle
caratteristiche determinanti un'ottima qualità pastificatoria.
Colore (indice giallo)
Il colore giallo brillante ambrato interessa solo da pochi anni l'industria pastaria
italiana. Tale aspetto risulta particolarmente gradito soprattutto ai consumatori dei
mercati esteri, i quali spesso utilizzano la pasta come “contorno” (senza quindi
alterarne il colore con sughi).
Il colore di un frumento dipende dal suo contenuto in carotenoidi (carotene e
xantofille) nell'endosperma e dal contenuto in ossidasi, misurabile con l'indice di
bruno. Questi enzimi tendono a trasformare, in composti di colore scuro, i
carotenoidi durante la pastificazione e si oppongono pertanto al manifestarsi del
colore giallo della pasta.
Il colore giallo è una caratteristica esclusivamente varietale, che può essere
alterata da condizioni di maturazione e conservazione della granella non ideali.
Difetti quali bianconatura, slavatura, pregerminazione e presenza di cariossidi
spezzati concorrono ad aumentare il contenuto in ossidasi ed a ridurre così il
contenuto finale in carotenoidi.
29
Il colore giallo si può misurare in diversi modi. I più precisi sono i colorimetri
che esprimono l'intensità del colore come indice di giallo (Fig. 4. 18).
Fig. 4.18 - Colorimetro Cr-400
L'indice di giallo ottenuto sul frumento tal quale è considerato accettabile, da
alcune industrie, se ha un valore > 22; altre, invece, ritengono che il colore può
essere misurato sull'impasto e lo considerano buono se risulta > 36, ottimo se > 42.
Le caratteristiche varietali, interagendo con le condizioni pedoclimatiche,
influenzano tutti i principali parametri della qualità pastificatoria e precisamente il
contenuto in proteina totale, la composizione amminoacidica, il contenuto e la
tenacità del glutine, il contenuto in ceneri, il contenuto in carotenoidi. Nella tabella
4.4 sono riportati alcuni caratteri merceologici e tecnologici di alcune varietà di
grano duro.
Tab. 4.4 – Classificazione del frumento duro in base ai principali caratteri
qualitativi
Classificazione
tecnologica e tipo di
utilizzazione
del
fumento duro
Frumenti duri ad alto
valore
di
pastificazione
Frumenti duri a buon
valore
di
pastificazione
Frumenti duri a basso
valore
di
pastificazione
Frumenti duri per
paste all’uovo
Tenore proteico
(N x 5.7) % s.s.
Qualità del glutine
(giudizio
complessivo)
>14.0
ottimo
>13.0
da medio a
sufficiente
<21
<12.0
suffficiente
<21
<14.5
--
<24
30
Indice di giallo
(b Minolta)
>24
Cap. 4 – Frumenti
Pastificazione e qualità pastificatoria
Nel seguente schema è riportato il processo di pastificazione (Fig. 4.19).
Fig. 4.19 - Schema del processo di pastificazione
Mentre dal frumento tenero si ottengono prodotti tra loro tecnologicamente
differenti, per quanto riguarda il frumento duro, se si eccettua un limitato uso nelle
regioni del Sud Italia per la panificazione, peraltro in via di diffusione, o in alcune
aree dell'Africa (Maghreb) per la preparazione del couscous, esso è utilizzato
prevalentemente per la trasformazione in pasta, definita per legge come il prodotto
ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccazione degli impasti
preparati con semolato di grano duro ed acqua.
L'Italia si colloca al primo posto nel mondo quale Paese produttore, consumatore
ed esportatore di paste alimentari. Tra le quantità consumate pro-capite nelle diverse
aree geografiche permangono notevoli differenze, ma nel complesso si è
determinata nel corso degli anni una sostanziale stabilità del consumo di
quest'alimento, probabilmente anche grazie alla diffusione delle nuove teorie
dietetico-alimentari.
31
Sul versante dell'industria si può osservare che il settore della pastificazione vede
operanti circa 230 ditte produttrici dislocate al Nord, al Centro ed al Sud del Paese,
con circa 10.000 dipendenti.
La composizione chimica ed il valore energetico di diversi tipi di pasta sono
indicati in tabella 4.5.
Tab. 4.5 - Composizione chimica e valore energetico delle paste alimentari
(per100 g di parte edibile)
Pasta di semola
Pasta all'uovo
12.4
10.8
0.3
Pasta di semola con
glutine
11.0
13.9
0.3
disponibili
amido
solubili
fibra
82.8
72.2
2.7
0.3
80.0
77.0
0.3
tracce
78.6
69.0
2.0
0.2
kcal
kj
356
1490
1.3
17
165
358
1498
1.3
17
165
368
1540
2.1
22
199
Acqua (g)
Proteine (g)
Lipidi (g)
Glucidi (g):
12.5
13.0
2.4
Energia:
Fe (mg)
Ca (mg)
P (mg)
I metodi farinografici, alveografici e di analisi diretta della quantità di glutine
molto usati nel frumento tenero si sono rivelati insufficienti per accertare la qualità
di cottura della pasta, benché non risultino privi di interesse per alcune informazioni
che possono fornire sulla qualità dell'impasto. Pertanto, la via per la valutazione
della qualità tecnologica dei frumenti duri risiede nella prova di pastificazione e
successiva cottura con la determinazione degli indici di collosità e consistenza o
nervo.
Il grado di collosità si basa sulla titolazione delle Sostanze Organiche Totali
(metodo SOT) nelle acque di lavaggio delle paste cotte. Secondo tale metodo, a
bassi valori di SOT corrispondono ottime paste caratterizzate appunto da scarsa
collosità; al contrario, a valori elevati corrispondono a paste di qualità scadente.
Il suddetto metodo SOT può essere modificato sostituendo alla pasta delle
pasticche di semola, impastata e poi compressa, e titolando in seguito le loro acque
di lavaggio.
Il nervo è un'altro parametro importante nel giudizio della qualità. A riguardo,
sono stati messi a punto metodi oggettivi di natura meccanica, quale quello
viscoelastografico. In pratica il nervo si determina schiacciando uno spaghetto cotto
32
Cap. 4 – Frumenti
e valutando la consistenza conservata dalla parte interna (anima) dello spaghetto
stesso. Esiste un rapporto diretto e regolare tra contenuto in proteine totale delle
semole e nervo.
Per ciò che riguarda le frazioni proteiche è accertato che le albumine e le
globuline, di norma, influenzano negativamente il valore di pastificazione, mentre le
frazioni che costituiscono il glutine esercitano una influenza positiva.
Anche per il frumento duro la composizione aminoacidica si caratterizza per un
modesto tenore di alcuni aminoacidi essenziali - quali lisina, treonina, metionina,
triptofano - anche se gran parte delle varietà di frumento duro ne possiedono una
quantità totale più elevata rispetto alle varietà di frumento tenero.
Una buona pasta è di colore giallo brillante ambrato, dopo la cottura si presenta
al dente, non è collosa (lascia cioè limpida l'acqua di cottura) e non si ammassa.
Alcune caratteristiche che fanno buona una pasta dipendono dalla qualità della
semola e perciò dal frumento; altre dipendono dal processo di pastificazione, e
soprattutto dal tipo di essiccazione cui la pasta è sottoposta al termine del processo
di lavorazione. Infatti l'essiccamento alle alte temperature provoca legami tra le
proteine denaturate e gli amidi. Questi ultimi vengono così ad essere anche
chimicamente e non solo fisicamente imprigionati dai filamenti del reticolo del
glutine. Ne deriva che anche da semole con glutine di media forza si possono
ottenere paste di buona qualità.
4.9 Fattori genetici, ambientali e agronomici che influenzano la
qualità del frumento
La qualità della produzione del frumento duro è direttamente collegata al
contenuto proteico della granella, la cui espressione dipende dalla base genetica
(varietà) e può variare in relazione all’ambiente di coltivazione, alla piovosità
stagionale e alla temperatura, alla fertilità del suolo, alla concimazione, tutti fattori
che possono modificare l’azoto disponibile nel terreno.
Varietà
La scelta varietale è l'intervento tecnico che più fortemente condiziona la qualità
delle farine e delle semole, anche se il potenziale genetico delle singole varietà ha
modo di esprimersi compiutamente solo nelle condizioni ambientali adatte. Per ogni
ambiente si dovrebbero individuare le condizioni pedo-climatiche limitanti e
successivamente operare scelte varietali opportune in relazione al tipo di produzione
che si vuole ottenere che per il frumento tenero risultano: il grano di forza, di
qualità media, da biscotto, per l'utilizzazione zootecnica.
33
Condizioni ambientali
La variabilità delle condizioni termo-pluviometriche induce differenze altamente
significative nella resa delle colture di frumento, nella percentuale di biaconatura
(nel frumento duro) e nel contenuto di proteine (particolarmente importanti nel
determinare variazioni dell'indice di caduta di Hagberg) e nella composizione
amminoacidica.
Le gliadine oltre ad essere influenzate come si vedrà successivamente dalla
nutrizione azotata, sono anche più sensibili alle alte temperature durante la
granigione (maggio-giugno). Il sistema enzimatico che ne controlla la sintesi
rallenta infatti fortemente la propria attività in presenza di valori termici elevati.
Questo spiega perché, in annate caratterizzate da condizioni climatiche fresche e
miti durante la granigione, si registrano qualità superiori (W più elevati e P/L più
elastici) che nelle annate con i mesi di maggio e giugno molto caldi.
Una elevata piovosità durante le ultime fasi del ciclo sembra che possa dar luogo
ad un incremento dell'attività alfa-amilasica. Mentre un periodo primaverile-estivo
caratterizzato da alte temperature e scarsa piovosità determina un incremento della
tenacità del glutine.
Anche i fattori pedologici (tessitura, fertilità ecc.) influenzano significativamente
la qualità dei frumenti interagendo con gli altri fattori genetici, ambientali ed
agronomici.
Concimazione azotata
Nel grano tenero l’azoto disponibile per le piante deriva solo in parte dalla
concimazione minerale: una fonte importantissima è quella già presente all’inizio
della stagione colturale.
La concimazione azotata è in grado di influenzare notevolmente la qualità della
granella, anche se le diverse cultivar possiedono una differente capacità intrinseca
di utilizzare l'azoto disponibile nel terreno (derivante dalla sostanza organica, dalle
precessioni colturali, dalla dotazione del terreno, dalla concimazione minerale).
In generale, un aumento della concimazione azotata incrementa la percentuale di
proteine nelle cariossidi, mentre deprime il contenuto di lisina e altri amminoacidi
essenziali, al contrario aumenta l’acido glutammico.
Gli effetti più rilevanti sono prodotti dalle nitratazioni tardive, fatto questo da
mettere in relazione con il protrarsi della sintesi proteica fino agli ultimi periodi di
vita della pianta.
L’azoto accumulato o dato dopo la fioritura ha poco effetto sulla resa, ma può
aumentare il contenuto proteico della granella. Questo però non è consigliabile per
gli ambienti meridionali, perché normalmente durante la fase terminale del ciclo
34
Cap. 4 – Frumenti
vegetativo la scarsità di acqua disponibile nel terreno non consente alle piante di
sfruttare la maggiore disponibilità azotata.
Di seguito vengono schematicamente riassunti gli effetti della concimazione
azotata sui principali parametri qualitativi della granella.
ƒ Peso ettolitrico: sul peso ettolitrico della granella l'azoto sembra esercitare un
effetto negativo o non manifestare effetti significativi.
ƒ Contenuto proteico:
ƒ dosi elevate di azoto determinano un incremento del contenuto in proteina grezza
della granella;
ƒ tra le varie classi di proteine presenti nella granella sembrano giovarsi
particolarmente della concimazione azotata le gliadine, che insieme alle
glutenine sono responsabili della formazione del glutine, ne deriva che anche il
glutine nel suo complesso aumenta con l'aumentare dell'azoto disponibile;
ƒ per ciò che concerne il contenuto aminoacidico, come già accennato
precedentemente, sembra che ci sia una correlazione negativa tra la percentuale
di lisina e il contenuto proteico; esisterebbe quindi il problema della diminuzione
del valore biologico delle proteine quando la sintesi proteica venisse forzata con
interventi colturali.
In generale, quindi, considerato l’aumento delle gliadine, l'alveogramma del
frumento risulta influenzato dalla concimazione azotata con il conseguente
miglioramento dell'elasticità del glutine (P/L più basso). L'aumento delle proteine
grezze comporta perciò estensibilità del glutine (L) e, di conseguenza, un
incremento di W. Tuttavia la reattività alla concimazione azotata dell'indice
alveografico W è piuttosto variabile e fortemente correlata alle caratteristiche
varietali; infatti, in alcune cultivar questo parametro viene decisamente migliorato
con l'aumentare delle dosi di azoto, in altre peggiorato, in altre ancora non subisce
modificazioni significative.
Inoltre, l'indice alveografico P/L tenderebbe a diminuire con l'aumento delle dosi
di azoto; ciò determinerebbe risultati positivi nei confronti di frumenti che
presentano una eccessiva tenacità, mentre effetti negativi si avrebbero per i frumenti
che normalmente risultano avere un P/L equilibrato.
L'indice di Zélény è fortemente correlato al contenuto proteico della granella,
poiché quest'ultimo, come si è visto, è a sua volta influenzato positivamente dalla
concimazione azotata, ne risulta che la disponibilità di azoto miglioro questo indice.
I valori dell'indice di Pelshenke aumentano con l'aumentare della concimazione
azotata.
35
Sostanza organica
Le pratiche colturali che prevengono la perdita o apportano sostanza organica nel
terreno sono in grado di migliorare i livelli proteici delle cariossidi.
Avvicendamento colturale
L'avvicendamento può esercitare una significativa influenza sul contenuto
proteico della granella. La precessione colturale di una leguminosa può determinare
un incremento di oltre il 20% del contenuto in proteine totali, rispetto a precessioni
di frumento o barbabietola. Tale incremento è da mettere in relazione con
l'arricchimento in azoto indotto dalla leguminosa.
Ottimi risultati si ottengono anche dalla precessione annuale con il maggese
nudo.
Modalità e densità di semina
La modalità di semina non sembra influenzare i principali parametri qualitativi.
Allo stesso modo, la quantità di seme per ettaro non manifesta effetti significativi,
entro gli intervalli di densità normalmente adottati nei nostri ambienti.
In alcuni casi si è tuttavia evidenziato una correlazione positiva tra alcuni
parametri di qualità della farina e densità colturali molto basse.
Uso dei diserbanti, dei regolatori di crescita e degli antiparassitari
Non viene segnalata alcuna correlazione tra pratica del diserbo e qualità della
granella. Esistono invece pareri discordi sugli effetti dei brachizzanti sul frumento
(usati per diminuire il rischio di allettamento). In alcuni casi è stato evidenziato un
effetto negativo, in particolare del cloruro di clorocolina, sul contenuto proteico.
Questo inconveniente sarebbe tuttavia compensato dal fatto che l'uso dei
brachizzanti consente di effettuare più consistenti nitratazioni con i benefici effetti
qualitativi già menzionati.
In altri casi, invece, si è rilevato un effetto positivo dei regolatori di crescita
anche sui parametri qualitativi.
I trattamenti antiparassitari, quando si coltivino varietà sensibili a malattie
fungine, diventerebbero estremamente utili non solo al fine di ottenere rese più
elevate, ma anche perché manterrebbero per un più lungo periodo l'apparato fogliare
in buone condizioni, consentendo una più completa traslocazione delle proteine
dalle parti verdi della pianta alla granella.
Irrigazione
I genere il frumento si coltiva senza irrigazione. Tuttavia, l'irrigazione di
soccorso del frumento duro nell'Italia meridionale sta diventando una pratica
comune.
36
Cap. 4 – Frumenti
Alcune ricerche hanno evidenziato che entro certi limiti l'irrigazione influenza
positivamente il peso ettolitrico e negativamente il contenuto proteico, il glutine, le
ceneri e W, mentre risulta poco modificato il rapporto P/L.
Lavorazioni
La semina su sodo non comporta alcun effetto negativo a parità di concimazione
sulle caratteristiche quanti-qualitative del frumento duro.
CONTINUARE DA QUI
4.10 Aspetti normativi
Il problema della standardizzazione e della regolamentazione delle procedure
analitiche, atte a controllare e garantire la qualità dei cereali, è affrontato da
organizzazioni internazionali, comunitarie e nazionali.
A livello mondiale tre grandi organizzazioni partecipano all'elaborazione della
normativa che riguarda i cereali:
1. L’Organizzazione Internazionale di Normalizzazione (ISO), di cui fa parte l'Ente
Nazionale Italiano di Unificazione, fissa norme che servono da guida ai Comitati
Membri che intendono armonizzare le diverse regolamentazioni nazionali; le
norme ISO, infatti, hanno efficacia nei singoli Paesi solo se espressamente
riprese da leggi e regolamenti nazionali.
2. L’Associazione Internazionale di Chimica Cerealicola (ICC), costituita da
specialisti dei diversi settori che riguardano la cerealicoltura. Gli obiettivi di
questa associazione, la notorietà degli esperti che vi prestano la loro attività e lo
stretto collegamento con l'ISO, permettono agli standards (metodologie di
procedure analitiche) pubblicati da questa organizzazione di essere
mondialmente riconosciuti.
3. il Codex Alimentarius, Commissione mista FAO/OMS, da qualche anno si
occupa di cereali. Si tratta di una commissione intergovernativa creata al fine di
elaborare il programma sulle norme alimentari; tale programma si propone di
proteggere la salute dei consumatori, di assicurare il rispetto della legalità delle
pratiche seguite nel commercio dei prodotti alimentari e di promuovere il
coordinamento di tutti i lavori, in materia di norme alimentari, intrapresi da
organizzazioni governative o non governative. A tal fine è stato stipulato un
accordo con l'ISO per distinguere i diversi settori di intervento.
37
In ambito europeo è invece la Commissione delle Comunità Europee che fissa
direttamente i metodi di analisi applicativi per il controllo della qualità dei cereali. I
metodi pubblicati nelle direttive si rifanno interamente alle norme internazionali
ISO e ICC. Sono attualmente in vigore: a) il Regolamento C.E. n. 1955/1981
«Esigenze tecnologiche del frumento tenero destinato alla panificazione» che fissa
le caratteristiche richieste per la commercializzazione di frumento di qualità
panificabile media e minima; b) il Regolamento C.E. n° 2062/81 che stabilisce il
«metodo di determinazione della qualità panificabile minima del frumento tenero»;
c) il Regolamento C.E. n° 2731/75 “Qualità tipo del frumento tenero, della segale,
dell'orzo, del granoturco e del frumento duro” (parzialmente modificato dal
Regolamento C.E. n° 1454/82) in cui viene stabilita la qualità tipo per la quale sono
fissati il prezzo indicativo ed i prezzi di intervento per alcuni cereali; d) i
Regolamenti C.E. n° 1580/86 e 2094/87 che modificano il precedente 2734/75 che
fissa la qualità tipo di alcuni cereali (fr. tenero e duro, segale, orzo, granturco e
sorgo) e di alcune categorie di farine, semole e semolini.
A livello nazionale sin dal 1981 è stato stipulato il “Contratto italiano per
frumento tenero nazionale n° 101”, al quale hanno aderito tutte le associazioni
granarie ai fini di attribuire un valore commerciale delle partite di frumento tenero.
Recentemente questo contratto è stato aggiornato, e suddivide le partite di frumento
in quattro classi di qualità. I grani di tipo 1 corrispondono alle cosiddette varietà di
forza, quelli di tipo 2 corrispondono alle varietà direttamente panificabili, quelli di
tipo 3 e di tipo 4 alle altre varietà classificabili come comuni e da biscotti
rispettivamente.
Per le prime due qualitativamente valide sono richiesti valori minimi per il peso
ettolitrico, per il contenuto proteico e per gli indici alveografici W e P/L, per la terza
categoria si fissano i valori minimi esclusivamente per il peso ettolitrico e per le
proteine, mentre per la quarta si richiede solo un minimo per il peso ettolitrico.
Per il frumento duro, invece, le partite vengono distinte per provenienza (Nord,
Centro, Sud), per peso ettolitrico (fino > 80 kg hl-1, buono mercantile 77-80 kg hl-1,
mercantile 74-76 kg hl-1) e per bianconatura (< 20%).
Certificazione e rintracciabilità
Negli ultimi anni, come negli altri settori agroalimentari, nella filiera dei frumenti
è stata avviata una politica di grande attenzione verso metodi di produzione che
garantiscono al consumatore le qualità del prodotto (Sistemi di Qualità Certificati)
38
Cap. 4 – Frumenti
attraverso una rigorosa organizzazione ed un accurato controllo di tutte le fasi
produttive e di adottare sistemi di rintracciabilità; questi ultimi in conformazione del
Reg. U.E. n. 178/2002, consentono di individuare flussi delle merci, gli operatori
che concorrono alla formazione di un alimento e di attribuire le relative
responsabilità. La tracciabilità permette di registrare informazioni sul prodotto a
monte e a valle delle filiera, mentre per rintracciabilità si intende la possibilità di
raccogliere informazioni risalendo la filiera cerealicola, molitoria-pastaria,
schematizzata in figura 4.20.
INDUSTRIA DEI MEZZI TECNICI
E DELLE SEMENTI
Intermediari,
servizi e trasporti
CEREALICOLTURA
Intermediari,
servizi e trasporti
INDUSTRIA PASTARIA
Intermediari,
servizi e trasporti
DISTRIBUZIONE
CONSUMATORE
Fig 4.20 – Schema della filiera cerealicolo-molitorio-pastaria
Si fa rilevare, pertanto, che insieme alle caratteristiche intrinseche del prodotto,
per fornire una visione olistica della qualità occorrono altri elementi che non si
riferiscono al prodotto stesso, ma al contesto di produzione che influenzano la
percezione della qualità da parte del consumatore. In particolare sono importanti tre
39
requisiti: l’origine territoriale e la cultura, l’ambiente e la sua protezione e la
deontologia dei sistemi produttivi. Questi potremmo definirli requisiti psicologici
che insieme a quelli di qualità del prodotto (sicurezza, merceologici, nutrizionali e
sensoriali) sono importanti ai fini alimentari.
Ci sono, infine, dei requisiti di garanzia che considerano il prodotto come oggetto di
mercato e sono, come già detto, la certificazione e la rintracciabilità di azienda e di
filiera.
Un altro aspetto di qualità dei cereali riguarda gli effetti salutistici attribuiti a
composti biologicamente attivi (nutraceutici) presenti nelle diverse componenti
della cariosside (pericarpo, germe ed endosperma), che incidono sulla diminuzione
di malattie cardiovascolari, diabete e cancro. Sembra che il principale effetto
positivo della granella integrale di cereali sia la capacità antiossidante totale.
Nella tabella 4.6 sono riportate, in sintesi, l’insieme delle caratteristiche
qualitative del frumento duro.
Tab. 4.6 – Caratteristiche qualitative di frumento duro e derivati in
relazione al prodotto, al contesto produttivo e ai requisiti di garanzia
Requisiti del prodotto
Sicurezza (assenza di residui, basso contenuto in metalli pesanti etc.)
Nutrizionali (contenuto in macronutrienti, micronutrienti e composti
bioattivi)
Tecnologici (contenuto proteico, indice di glutine ecc.)
Requisiti del contesto produttivo
Origine territoriale, tradizione
Rispetto per l’ambiente (produzione integrata e biologica)
Requisiti di garanzia
Certificazione (prodotti DOP, IGP e marchi collettivi)
Rintracciabilità (Reg. UE n. 178-2002)
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