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7_la percezione (pdf, it, 11265 KB, 4/30/09)
Psicologia generale
Dr. Alessandra Galmonte
e-mail: [email protected]
1
7 La Percezione
La psicologia della percezione
I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la
percezione visiva nei termini di una corrispondenza
puntuale
tra
stimolo
distale
e
percetto
(vedi
Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche
hanno messo in discussione questo tipo di approccio.
Fondamentale a questo riguardo è il contributo della
psicologia della Gestalt.
L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che
l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una
semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è
diverso dalla somma delle parti”.
Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul
movimento stroboscopico (movimento apparente), che
segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt.
2
La psicologia della percezione
I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la
percezione visiva nei termini di una corrispondenza
puntuale
tra
stimolo
distale
e
percetto
(vedi
Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche
hanno messo in discussione questo tipo di approccio.
Fondamentale a questo riguardo è il contributo della
psicologia della Gestalt.
L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che
l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una
semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è
diverso dalla somma delle parti”.
Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul
movimento stroboscopico (movimento apparente), che
segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt.
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La psicologia della percezione
I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la
percezione visiva nei termini di una corrispondenza
puntuale
tra
stimolo
distale
e
percetto
(vedi
Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche
hanno messo in discussione questo tipo di approccio.
Fondamentale a questo riguardo è il contributo della
psicologia della Gestalt.
L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che
l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una
semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è
diverso dalla somma delle parti”.
Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul
movimento stroboscopico (movimento apparente), che
segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt.
4
La psicologia della percezione
Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt,
perché veniva dimostrato che era possibile percepire
qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta.
Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento
apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni
presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i
muscoli che controllano il movimento degli occhi causano
sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in
presenza di un movimento reale.
Wertheimer,
utilizzando
una
dimostrazione
molto
ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui
movimenti oculari non era plausibile.
5
La psicologia della percezione
Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt,
perché veniva dimostrato che era possibile percepire
qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta.
Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento
apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni
presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i
muscoli che controllano il movimento degli occhi causano
sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in
presenza di un movimento reale.
Wertheimer,
utilizzando
una
dimostrazione
molto
ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui
movimenti oculari non era plausibile.
6
La psicologia della percezione
Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt,
perché veniva dimostrato che era possibile percepire
qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta.
Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento
apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni
presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i
muscoli che controllano il movimento degli occhi causano
sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in
presenza di un movimento reale.
Wertheimer,
utilizzando
una
dimostrazione
molto
ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui
movimenti oculari non era plausibile.
7
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
Sono possibili diverse descrizioni del mondo, ad esempio
un dato stimolo può essere descritto:
– dal un punto di vista di un fisico (tipi di materiali,
caratteristiche della luce riflessa, etc.)
– da un punto di vista di un neurofisiologo (quantità e
qualità della risposta nervosa a livello retinico, della
corteccia visiva primaria, etc.)
– da un punto di vista di uno studioso della percezione
(fenomenologico: descrizione di cosa si vede, ovvero
l'esperienza percettiva in sé)
8
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
In molti casi le differenti descrizioni delle varie discipline
non differiscono sensibilmente, per quanto usino dei
termini diversi.
Un esempio:
9
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
In questo caso un fisico potrà descrivere lo stimolo come
un insieme di figure geometriche (o macchie d'inchiostro)
più o meno regolari, ciascuna con una sua precisa
posizione.
Un percettologo descriverà la scena in modo abbastanza
simile: cerchi incompleti e linee spezzate disposte in modo
irregolare.
10
Kanizsa G. (1955)
"Margini quasi-percettivi in campi con stimolazione omogenea.", Rivista di Psicologia 49 (1): 7–30
11
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
Questo nuovo stimolo è descritto da un punto di vista
fisico in modo del tutto simile all'altro: un insieme di
figure geometriche più o meno regolari, ciascuna con una
sua precisa posizione.
Per uno studioso della psicologia delle percezione le cose
sono cambiate completamente: si vede un triangolo
bianco con i vertici sopra tre cerchi neri. Il triangolo
bianco nasconde parzialmente un altro triangolo bordato
da nero.
12
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
Tre considerazioni fondamentali su questo esempio:
1.
2.
3.
Da un punto di vista fisico il triangolo non esiste: per
cui gli oggetti di studio e le corrispondenti descrizioni
della fisica e della percezione visiva sono tra loro
diversi.
Tutti gli esseri umani vedono però un triangolo, per
cui questo dato dell'esperienza è un fatto oggettivo e
stabile.
Dall'esempio segue che, anche quando le descrizioni
si assomigliano, gli oggetti di studio delle due
discipline rimangono distinti.
13
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
Similmente non si possono considerare i fenomeni
percettivi come equivalenti ai meccanismi neurofisiologici.
Farlo significa cambiare l'oggetto di studio di una
disciplina con quello di un'altra (sostituire l'esperienza
fenomenica con la fisiologia della visione).
14
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
La percezione ha come oggetto di studio l'esperienza
percettiva, ovvero ciò che noi vediamo (sentiamo,…), così
come lo vediamo (sentiamo,…).
Ciò che noi vediamo, così come lo vediamo, può essere
chiamato un "fenomeno", dunque la percezione visiva
studia
i
fenomeni
(fenomenologia
sperimentale,
fenomenologia della percezione, etc.).
Più
precisamente,
la
percezione
visiva
studia
l'organizzazione dello spazio percettivo, data una certa
configurazione di stimoli limitata nel tempo e nello
spazio.
15
Diversi approcci allo studio scientifico della percezione
Credere di vedere le cose esattamente come sono nella
realtà, ovvero credere che le proprietà dell'esperienza
(colore, forma, dimensioni, etc.) dipendano direttamente
dalle proprietà del mondo è detto dai percettologi
realismo ingenuo.
Lo studio della percezione coincide con il superamento del
realismo ingenuo.
16
La psicologia della Gestalt
Secondo la scuola della Gestalt la percezione non deriva
da
un
processo
gerarchico
di
scomposizione
dell’immagine nei suoi elementi più semplici.
“Il tutto è diverso dalla somma delle parti”
La percezione è intesa come un processo olistico che
considera la scena visiva nel suo insieme.
A sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che noi
normalmente non vediamo margini, tessiture e frequenze
di contrasto, ma figure organizzate su uno sfondo.
I principi della Gestalt permettono di capire come i
singoli
elementi
presenti
nell’ambiente
vengono
17
organizzati in modo da darci l’impressione di vedere
forme ed oggetti.
L’organizzazione figura/sfondo
La figura di RUBIN (1921) è costituita da aree bianche e nere
omogenee, contigue e poste sullo stesso piano.
Tipicamente, si vede un vaso nero su uno sfondo bianco.
Tuttavia, seguendo i contorni del vaso, è possibile notare che
costituiscono anche i profili di due volti bianchi su uno sfondo
nero; questi sono invisibili, nonostante siano presenti nelle
condizioni di stimolazione ed emergano dopo opportuno
suggerimento.
Le due immagini non sono visibili contemporaneamente:
quando si percepisce una l'altra non è visibile; il risalto che
assume una delle due immagini causa la perdita del carattere
di “figura” dell'altra, che diventa “sfondo” e pare estendersi
dietro alla “figura”, nonostante la stimolazione retinica resti
immutata.
I margini quindi sembrano avere una
funzione unilaterale, servirebbero cioè a
delimitare solo le parti del campo visivo
che hanno carattere di figura, mentre la
zona
interfigurale,
che
assume
fenomenicamente il carattere di sfondo, è
priva di forma e non ha margini distinti
(KANIZSA, 1975).
18
L’organizzazione figura/sfondo
La figura di RUBIN (1921) è costituita da aree bianche e nere
omogenee, contigue e poste sullo stesso piano.
Tipicamente, si vede un vaso nero su uno sfondo bianco.
Tuttavia, seguendo i contorni del vaso, è possibile notare che
costituiscono anche i profili di due volti bianchi su uno sfondo
nero; questi sono invisibili, nonostante siano presenti nelle
condizioni di stimolazione ed emergano dopo opportuno
suggerimento.
Le due immagini non sono visibili contemporaneamente:
quando si percepisce una l'altra non è visibile; il risalto che
assume una delle due immagini causa la perdita del carattere
di “figura” dell'altra, che diventa “sfondo” e pare estendersi
dietro alla “figura”, nonostante la stimolazione retinica resti
immutata.
I margini quindi sembrano avere una
funzione unilaterale, servirebbero cioè a
delimitare solo le parti del campo visivo
che hanno carattere di figura, mentre la
zona
interfigurale,
che
assume
fenomenicamente il carattere di sfondo, è
priva di forma e non ha margini distinti
(KANIZSA, 1975).
19
L’organizzazione figura/sfondo
RUBIN ha individuato le condizioni che
favoriscono
l'articolazione di certe zone del campo visivo come figure
e di altre come sfondo.
Tra le più importanti ci sono la grandezza relativa, i
rapporti topologici e i tipi di margini: a parità di
condizioni, tenderà a emergere come figura la zona più
piccola(3), una zona inclusa(1) e circondata da altre aree,
che assumeranno, invece, il carattere di sfondo.
Altre condizioni che influiscono sulla segregazione
figura/sfondo sono la convessità(2), che favorisce
l'emergere di una figura, e la concavità dei margini, che
invece tende a provocare la percezione di sfondo.
(1)
(2)
(3)
20
L’organizzazione figura/sfondo
Altro fattore è l'orientamento spaziale: le zone della
scena visiva i cui assi coincidono con gli assi principali,
ossia la verticale e l'orizzontale, tendono ad assumere il
carattere di figura.
Anche le aree simmetriche tendono ad essere percepite
come figure rispetto agli sfondi che, in genere, sono
asimmetrici.
21
L’organizzazione figura/sfondo
Quando nessuna di queste condizioni privilegia una parte
del campo visivo rispetto alle altre, si ha una situazione di
instabilità e una continua reversibilità del rapporto
figura/sfondo.
La regione del campo visivo che diventa figura assume anche
carattere oggettuale; mentre lo sfondo tende a essere vissuto
come spazio vuoto.
La figura ha un aspetto più solido, colore più compatto,
maggior risalto, attira maggiormente l'attenzione, ha un
contorno; mentre lo sfondo tende a passare dietro alla figura,
che, pertanto, tende a stare sopra o davanti allo sfondo
22
L’organizzazione figura/sfondo
Nel caso delle figure bistabili, quindi, assume rilevanza
anche l'impostazione soggettiva dell'osservatore, che
determina la segregazione figura/sfondo sulla base di uno
spostamento dell'attenzione (KANIZSA, 1975).
anatra/coniglio
23
vecchia/giovane
L’organizzazione figura/sfondo
Le figure bistabili e ambigue in generale, dimostrano
che l’attività percettiva è un processo attivo, dinamico e
automatico, in cui entrano in gioco processi di
riorganizzazione e di reinterpretazione.
24
L’organizzazione figura/sfondo
Ambiguità dell’oggetto: notate che la faccia felice rimane
sopra e quella triste sotto, anche se l’intera immagine
viene ruotata.
25
I principi di organizzazione formale
vicinanza
somiglianza
destino comune
buona continuazione (o continuità
direzione)
chiusura
pregnanza (o buona forma)
esperienza passata
di
conflitto tra leggi
26
I principi di organizzazione formale
vicinanza
A parità di condizioni, tendono ad essere vissuti come
costituenti un’unità percettiva elementi vicini
piuttosto che lontani.
27
I principi di organizzazione formale
vicinanza
Vicinanza e lettura
A parità di condizioni, tendono ad essere vissuti come
costituenti un’unità percettiva elementi vicini piuttosto
che lontani.
Applicazioni alla lettura:
SOLITAMENTECHIARA
SOLITAMENTE CHIARA
SOLITA MENTE CHIARA
28
SOLITAMENTE CHI ARA
I principi di organizzazione formale
somiglianza
A parità di condizioni, tendono a unificarsi tra di loro
elementi che possiedono un qualche tipo di
somiglianza.
29
I principi di organizzazione formale
somiglianza
Manipolando la somiglianza fra gli elementi di
un’immagine è possibile creare la sensazione di un
insieme unitario di elementi.
Le anomalie si osservano quando alcuni elementi non
rispettano il principio di raggruppamento percettivo che
domina l’immagine.
Questi elementi vengono percepiti come ancora più
30
diversi da tutti gli altri.
I principi di organizzazione formale
destino comune
Parti del campo
modo simile,
differenza di
costituirsi come
visivo che si muovono insieme, o in
o che comunque si muovono a
altre parti del campo, tendono a
unità segregate.
31
I principi di organizzazione formale
buona continuazione
Punti che, quando connessi, risultano in una linea
retta o in una linea che curva gradualmente, formano
un’unità percettiva.
32
I principi di organizzazione formale
buona continuazione
Elementi che presentano una direzione comune
tendono ad essere percepiti come appartenenti allo
stesso oggetto.
33
I principi di organizzazione formale
chiusura
A parità di altre condizioni, viene vissuta come
un’unità percettiva una zona chiusa piuttosto che
aperta.
34
I principi di organizzazione formale
pregnanza
Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino
unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati,
armonici, costruiti secondo un medesimo principio in tutte
le loro parti, che in tal modo “si appartengono”
reciprocamente.
35
I principi di organizzazione formale
pregnanza
Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino
unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati,
armonici, costruiti secondo un medesimo principio in tutte
le loro parti, che in tal modo “si appartengono”
reciprocamente.
36
I principi di organizzazione formale
conflitto fra leggi
In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di
parsimonia: si impone il principio che dà origine alla
configurazione più semplice.
Vicinanza contro chiusura
37
I principi di organizzazione formale
conflitto fra leggi
In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di
parsimonia: si impone il principio che dà origine alla
configurazione più semplice.
Vicinanza contro somiglianza
38
I principi di organizzazione formale
conflitto fra leggi
In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di
parsimonia: si impone il principio che dà origine alla
configurazione più semplice.
Buona continuazione contro chiusura
39
I principi di organizzazione formale
conflitto fra leggi
In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di
parsimonia: si impone il principio che dà origine alla
configurazione più semplice.
Orientamento contro somiglianza
40
I principi di organizzazione formale
conflitto fra leggi
In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di
parsimonia: si impone il principio che dà origine alla
configurazione più semplice.
Esperienza passata contro chiusura e buona continuazione
41
I principi di organizzazione formale
esperienza passata
Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la
segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre
condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in
modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali
abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di
forme sconosciute o poco familiari.
In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che
l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che
influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto
ad altre.
42
43
44
Le illusioni ottiche
Che cos’è un’illusione?
Una situazione in cui la percezione di uno
stimolo da parte di un osservatore non
corrisponde alle proprietà fisiche di tale
stimolo.
Esempio:
45
Le illusioni ottiche
Una tassonomia delle illusioni bidimensionali:
Illusioni
Illusioni
Illusioni
Illusioni
Illusioni
di
di
di
di
di
estensione
area
direzione
posizione
forma
http://www.illusionworks.com/
http://psylux.psych.tu-dresden.de/i1/kaw/diverses%20Material/www.illusionworks.com/index.html
http://www.viperlib.com
46
Le illusioni ottiche
Illusioni di estensione
Nell’illusione di Oppel-Kundt lo spazio diviso dalle
linee verticali appare più lungo di quello non diviso, pur
essendo fisicamente uguali.
I fattori importanti sono il numero di linee e la distanza tra di esse.
Se si aumenta o diminuisce uno dei due fattori l’effetto si riduce.47
Le illusioni ottiche
Illusioni di estensione
Nell’illusione della verticale/orizzontale la linea
verticale appare più lunga dell’orizzontale nonostante le
due linee siano fisicamente uguali.
Inclinazioni intermedie tra l’orizzontale
verticale producono illusioni intermedie.
e
la
48
Le illusioni ottiche
Illusioni di estensione
Nell’illusione di Mueller-Lyer la variante con frecce
verso dentro appare più corta della variante con frecce
verso fuori.
I fattori importanti sono:
L’angolo delle frecce - diminuendo l’angolo, diminuisce l’effetto.
La lunghezza delle frecce - aumentando la lunghezza, aumenta
49
l’effetto. Oltre una certa lunghezza, l’effetto diminuisce.
Le illusioni ottiche
Illusioni di estensione
Nell’illusione di Ponzo linee vicine all’apice di un angolo
vengono viste più lunghe di linee identiche poste
all’interno dell’angolo.
Il fattore critico è la prossimità dell’elemento ai contorni adiacenti.
Un altro fattore importante è la convergenza delle linee, che
suggerisce un’interpretazione prospettica.
50
Le illusioni ottiche
Illusioni di area
Nell’illusione di Ebbinghaus il disco centrale circondato
dai dischetti piccoli appare più grande di quello
circondato dai dischi grandi.
I fattori importanti sono:
Il numero di dischi inducenti - aumentando il numero, aumenta
l’effetto.
51
La loro distanza dal disco centrale - aumentando la distanza,
diminuisce l’effetto.
Le illusioni ottiche
Illusioni di area
Nell’illusione di Delboeuf il disco circondato dal disco
più grande appare più piccolo di quello circondato dal
disco piccolo.
L’illusione non dipende dalla forma usata. Se viene ridotto il
contrasto del disco interno, l’illusione aumenta. Se viene ridotto il
contrasto del disco esterno, l’illusione diminuisce.
52
Le illusioni ottiche
Illusioni di area
Nell’illusione di Delboeuf il disco circondato dal disco
più grande appare più piccolo di quello circondato dal
disco piccolo.
L’illusione non dipende dalla forma usata. Se viene ridotto il
contrasto del disco interno, l’illusione aumenta. Se viene ridotto il
contrasto del disco esterno, l’illusione diminuisce.
53
Le illusioni ottiche
Illusioni di area
Nell’illusione di Wundt-Jastrow l’oggetto che sta sopra
appare più piccolo di quello che sta sotto.
L’illusione è relativamente indipendente dalla forma degli oggetti,
purché essi abbiano un lato più lungo dell’altro e che il lato corto di
uno sia adiacente al lato lungo dell’altro.
54
L’illusione non dipende dall’orientamento dell’oggetto (sopra/sotto).
Le illusioni ottiche
Illusioni di area
L’oggetto con il lato corto adiacente al lato lungo dell’altro
oggetto appare sempre più piccolo.
55
56
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’illusione di Zoellner se una linea è intersecata da
altre linee che formano con essa un angolo acuto, essa
sembra inclinata in direzione opposta alla direzione delle
linee intersecanti.
I fattori importanti sono:
Il numero degli elementi - aumentando il numero, aumenta
l’effetto.
57
L’angolo di intersezione - quanto più è acuto, più forte è l’effetto.
Oltre un certo limite, l’illusione si inverte.
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’illusione di Poggendorff sebbene entrambe le
linee oblique siano collineari, quella in alto a destra
sembra troppo alta.
I fattori importanti sono:
L’angolo di intersezione - quanto più è acuto, più forte è l’effetto. A
90°°, l’illusione è assente.
58
La distanza tra le parallele - aumentando la distanza, aumenta
l’effetto.
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’illusione “café wall” le linee orizzontali sono di
fatto parallele, pur non apparendo come tali.
I fattori importanti sono:
Lo spessore delle linee - quanto più sono spesse, più debole è
l’effetto.
59
Il contrasto tra elementi adiacenti - riducendo il contrasto, si riduce
l’effetto.
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’illusione del quadro di riferimento figure con la
stessa inclinazione sembrano diversamente inclinate in
funzione dell’inclinazione del quadro che le circonda.
Un fattore importante è la dimensione del quadro, infatti l’effetto
60
aumenta in modo sorprendente se esso occupa l’intero campo
visivo.
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’effetto slalom di CESARO e AGOSTINI, un puntino o
una linea che attraversa un pattern di linee inclinate
subisce una distorsione sinusoidale della sua traiettoria.
I fattori importanti sono:
L’angolo di incidenza - quanto più è piccolo, più forte è l’effetto. Oltre
61
un certo limite
sparisce.
La velocità - l’effetto è più forte per velocità più basse.
Le illusioni ottiche
Illusioni di direzione e posizione
Nell’illusione di Jastrow-Lipps le linee centrali parallele
sembrano divergere l’una dall’altra.
Un fattore importante è l’angolo che si forma tra la parte centrale
della linea e i segmenti ai suoi estremi. Angoli piccoli tendono a
essere sovrastimati e angoli grandi tendono a essere sottostimati.
62
Le illusioni ottiche
Illusioni di forma
Nell’illusione di Wundt-Hering le linee orizzontali sono
diritte e parallele ma sembrano curvarsi al centro.
Un fattore importante è l’angolo di
intersezione.
63
Le illusioni ottiche
Illusioni di forma
Nell’illusione di Orbison i lati del quadrato posto al
centro di un insieme di cerchi concentrici sembrano
piegarsi verso l’interno.
L’illusione varia a seconda della zona e della struttura geometrica
su cui il quadrato viene posto (cerchi concentrici, linee radianti,
etc.). Sono importanti le relazioni tra i bordi della forma
dell’oggetto e il suo sfondo, cioè gli angoli, l’orientamento e la
direzione degli elementi lineari che intersecano le linee 64
che
definiscono la forma.
Le illusioni ottiche
Illusioni di forma
Nell’illusione di Fraser pur essendo i cerchi concentrici
si percepisce una spirale.
65
Le illusioni ottiche
Illusioni di forma
Nelle illusioni dei contorni illusori il triangolo che
viene percepito nel centro della configurazione non è
definito da margini fisicamente presenti.
66
Le illusioni ottiche
Illusioni di forma
Nelle illusioni dei contorni illusori il triangolo che
viene percepito nel centro della configurazione non è
definito da margini fisicamente presenti.
67
Il completamento amodale
È alla base della permanenza percettiva degli oggetti.
Sappiamo che ci sono, quindi è come se li vedessimo,
anche se sono occlusi da altri elementi.
68
Le illusioni ottiche
Le illusioni sono importanti per le teorie della
percezione perché:
Permettono di comprendere il funzionamento normale
del sistema percettivo. Sono i casi in cui non c’è
accordo con la realtà che sono particolarmente istruttivi
per scoprire le leggi dei processi della percezione
normale.
BALDWIN (1895) affermò che lo studio delle illusioni è, per la
comprensione della percezione “normale”, importante quanto lo
studio degli stati patologici lo è per la comprensione del
funzionamento normale del corpo.
Sono uno strumento utile per la verifica delle teorie.
Permettono il confronto tra teorie diverse.
Suggeriscono nuovi esperimenti, nuove spiegazioni,
nuove illusioni.
69
Le cause delle illusioni
La percezione di illusioni visive
determinata, oltre ai fattori già visti:
può
essere
1.
fenomeni
fisiologici,
strettamente
da
all’elaborazione nervosa dello stimolo;
legati
2.
da inferenze cognitive, che hanno a che fare con ciò
che sappiamo del mondo che ci circonda.
70
1. Le cause fisiologiche
Alcune illusioni possono essere spiegate da fenomeni
retinici, come la dispersione ottica della luce e le
interazioni laterali.
Entrambi questi fattori tendono a “spostare” l’intersezione
percepita fra le diagonali internamente all’angolo acuto,
distorcendo la percezione della lunghezza del segmento
orizzontale.
71
2. Le basi cognitive
…Ma le stesse illusioni possono anche essere spiegate da
fattori cognitivi o legati all’esperienza.
72
2. Le basi cognitive
L’immagine viene considerata nella sua globalità.
Il contesto influenza la percezione dei singoli oggetti ed
induce delle specifiche distorsioni di grandezza.
73
2. Le basi cognitive
L’interpretazione prospettica
l’illusione di Ponzo.
dell’immagine
determina
74
EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
effetti paradossali – figure impossibili
Shepard
Todorović
75
EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
effetti paradossali – figure impossibili
76
EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
effetti paradossali – figure impossibili
77
Le costanze percettive
Il problema delle costanze visive riguarda più aspetti della
psicologia della percezione (colore, grandezza, forma,
posizione, etc.).
Sotto il nome di costanza percettiva si unificano vari
fenomeni, tutti caratterizzati dalla seguente questione:
come è possibile passare da un mondo esterno stabile –
almeno nelle sue principali proprietà – ad un ad
un’esperienza fenomenica altrettanto stabile per mezzo di
un’immagine retinica assolutamente instabile?
Dimostrano che la percezione di un oggetto è
indipendente dalla sua immagine retinica, ed è il risultato
di un processo inferenziale.
Gli indizi dati dal contesto e dalla prospettiva partecipano
78
alla formazione di queste inferenze.
Le costanze percettive
Costanza di grandezza
Costanza di forma
Costanza di colore
79
Le costanze percettive
Costanza di grandezza
Gli oggetti mantengono la stessa grandezza nonostante
cambi la dimensione della loro immagine retinica.
80
Le costanze percettive
Costanza di grandezza
Per effetto della costanza di grandezza, un uomo viene
visto più lontano e non più piccolo.
Infatti, le variazioni registrate di grandezza sono
percepite come variazioni di distanza, mentre la
grandezza percepita si mantiene costante.
81
Le costanze percettive
Costanza di grandezza
Se gli indizi di distanza vengono progressivamente
eliminati, la costanza di grandezza s’indebolisce fino a
sparire del tutto.
Il sole e la luna sono visti avere la stessa dimensione in
quanto non ci sono indizi riguardo alla reale distanza dei
due oggetti dall’osservatore.
Se potessimo stimare correttamente le distanze della luna
e del sole, quest’ultimo apparirebbe 400 volte più grande.
82
Le costanze percettive
Costanza di grandezza
Stanza di Ames
83
Le costanze percettive
Costanza di forma
Gli oggetti mantengono la medesima forma nonostante
cambi la forma della loro immagine retinica.
84
Le costanze percettive
Costanza di forma
Gli oggetti mantengono la medesima forma nonostante
cambi la forma della loro immagine retinica.
La finestra di Ames.
85
Le costanze percettive
Costanza di forma
Se gli indizi di inclinazione vengono progressivamente
eliminati, la costanza di forma s’indebolisce fino a sparire
del tutto.
86
Le costanze percettive
Costanza di colore
Gli oggetti mantengono il loro colore di superficie (sia
acromatico, sia cromatico), nonostante cambi la quantità o la
qualità della luce della loro immagine retinica.
Due cartoncini bianchi, uno posto in un ambiente illuminato,
l’altro in un ambiente in ombra, appaiono avere lo stesso
colore di superficie (lightness), per quanto mostrino luminosità
(brightness) molto differenti.
Similmente, riducendo progressivamente la quantità di luce
che arriva dalle pareti di una stanza, non si ha mai la
sensazione che queste stiano cambiando colore, ma piuttosto
che stia avvenendo un cambiamento d’illuminazione.
87
Che cosa succede se l’intera retina viene esposta
ad una stimolazione completamente omogenea?
?
88
Condizioni necessarie per la percezione del
colore di superficie
Un campo completamente omogeneo, cioè realizzato in
modo che arrivi all'occhio la stessa luce da ogni direzione,
viene definito Ganzfeld (Metzger, 1930).
Nel Ganzfeld, l'unica cosa che si percepisce è una sorta di
«nebbia» di consistenza indefinita.
Introducendo almeno una disomogeneità all’interno del
Ganzfeld la «nebbia» sparisce e si percepisce il colore di
superficie.
89
Metzger (1899-1979)
La percezione del colore è relazionale: un altro esempio
La tecnica della stabilizzazione dell'immagine (Barlow,1963;
Krauskopf,1963; Yarbus,1967) consiste nel mantenere, nelle zone del
campo visivo in cui c'è un margine, una corrispondenza puntuale fra
stimolo distale e stimolo prossimale, evitando che lo stesso recettore,
dati i micromovimenti oculari, venga stimolato dalla luce proveniente
da diversi punti del campo visivo. Pertanto, la luce riflessa da un
determinato punto di una superficie va a stimolare sempre lo stesso
recettore retinico. Come risultato si ha che il margine scompare e ciò
che emerge è un'unica superficie di colore omogeneo.
Si può quindi pensare che il sistema visivo, per
determinare i diversi colori, estragga le informazioni solo
dai cambiamenti dell'intensità della luce riflessa; cioè il
colore verrebbe estratto dal rapporto ai margini presenti
nell'immagine retinica.
90
La visione dei colori acromatici
Gli elementi presenti nell’immagine riflettono una diversa quantità di
luce: le cose chiare riflettono molta luce e le cose scure ne riflettono
poca.
Se l’occhio non fosse in grado di vedere queste diverse intensità, non
si potrebbe distinguere alcun oggetto.
In un’immagine in bianco e nero, la capacità umana di percepire i
colori non è di nessuna utilità, ma ci si deve basare sulla capacità di
percepire l’intensità della luce riflessa dalle superfici.
91
Più modi di apparenza, un’unica informazione
Di che informazioni dispone il sistema visivo per
percepire i colori nelle diverse modalità?
Unicamente della quantità della luce che, riflessa dalle
superfici, raggiunge i recettori retinici dell’occhio.
Tale valore viene definito luminanza,
luminanza mentre si
definisce riflettanza la proporzione di luce riflessa da
una superficie.
L=RxI
92
Attributi del colore di superficie
Negli studi sulla percezione dei colori acromatici ci si
riferisce in genere a due attributi del colore di superficie:
uno relativo al suo modo di apparire e uno relativo alla
sua intensità.
Il modo di apparire superficiale definisce la dimensione
della bianchezza, che varia lungo un continuum che va
dal bianco al nero e che è il correlato fenomenico della
riflettanza.
Ogni bianchezza si presenta con un determinato grado
del suo attributo intensivo, cioè nella dimensione della
chiarezza, che varia lungo un continuum che va dal
chiaro allo scuro e che è il correlato fenomenico
dell’intensità dell’illuminazione.
Il colore di superficie ha sia un valore di bianchezza, sia
93
uno di chiarezza, mentre il colore visto nel modo filmare
può avere soltanto un valore di chiarezza.
Il problema della classificazione dei margini
Margine d’illuminazione
Luminanza
Margine di riflettanza
Occhio
Spazio
Come fa il sistema visivo, che dispone solo della
luminanza, a percepire sia la bianchezza che la chiarezza
e quindi a ricostruire i dati fisici della riflettanza
e
94
dell’intensità dell’illuminazione?
Il problema della classificazione dei margini
Questo fatto ha portato alla classificazione dei margini in
due categorie: margini d’illuminazione e margini di
riflettanza.
MARGINE
D’ILLUMINAZIONE
MARGINE DI
RIFLETTANZA
95
Il problema della classificazione dei margini
la luce che arriva dalle superfici alla retina può essere
prodotta o da cambiamenti nel livello della luce incidente,
cioè dall’intensità dell’illuminazione, o da cambiamenti
di riflettanza, cioè della pigmentazione delle superfici.
CAMBIAMENTO DI
ILLUMINAZIONE
Tina Modotti
Stadium, Mexico City
1927
CAMBIAMENTO DI
RIFLETTANZA
Piet Mondrian
Composition with Gray and Light Brown
1918
96
Maurits Cornelis Escher
Reptiles
1943
97
Rembrandt
Joseph accused by Potiphar’
Potiphar’s wife
1655
98
Le ombre
99
Come fa il sistema visivo a riconoscere un
margine d’illuminazione da un margine di
riflettanza?
Il principio del rapporto
Il profilo di luminanza del margine
100
L’effetto Gelb
luce ambientale debole
schermo
disco
nero
disco
bianco
fonte
di luce
La fonte di luce viene nascosta al soggetto, che giudica il
disco bianco e quello nero come uguali.
Se si pone nel raggio di luce un piccolo pezzo di 101
carta
bianca il disco nero viene visto come tale.
L’effetto Gelb
102
La costanza
103
La costanza
104
La costanza
105
La costanza
106
La costanza
107
La costanza
Nel fenomeno della costanza la percezione del colore di una superficie
tende a non modificarsi al variare dell'illuminazione, quindi della
stimolazione locale.
Katz (1935) aveva osservato che la bianchezza di due quadrati grigi identici
in riflettanza, posti uno in un ambiente illuminato e uno in un ambiente in
ombra,
cambia
di
poco
con
la
variazione
dell'illuminazione.
Fenomenicamente i due quadrati apparivano di bianchezza uguale 108
ma di
chiarezza molto diversa.
Spiegazioni del fenomeno
Wallach (1948) ha proposto il principio del rapporto tra
luminanze adiacenti.
In una stanza completamente buia, egli aveva posto quattro
proiettori, a intensità variabile, ognuno dei quali proiettava un
fascio di luce che si distribuiva su di uno schermo. Prima
d'iniziare l'esperimento veniva fissata la luminanza di uno dei
due anelli e quella dei due dischi. Il compito degli osservatori
era quello di regolare la luminanza dell'altro anello in modo
tale che la bianchezza dei dischi fosse uguale. I risultati
ottenuti indicano una corrispondenza quasi perfetta tra la
bianchezza del disco e il rapporto tra la sua luminanza e quella
dell'anello che lo circonda.
Quindi la costanza verrebbe
100
10
spiegata dalla constatazione
rapporto
tra
che
il
1
10 luminanze adiacenti rimane
costante
al
variare
dell'illuminazione
comune,
mentre il contrasto sarebbe
dovuto alla differenza del
rapporto tra la luminanza109dei
target e dei rispettivi sfondi.
?
Il contrasto simultaneo
110
Il contrasto simultaneo
Nel
fenomeno
del
contrasto
simultaneo, il grigio sullo sfondo di
destra appare più nero del grigio sullo
sfondo di sinistra.
111
Spiegazioni del fenomeno
La teoria dell’inferenza inconscia di Helmholtz (1868/1962)
Nel contrasto, il grigio posto sullo sfondo bianco verrebbe percepito come se fosse
all'interno di un ambiente fortemente illuminato, viceversa per l'altro; siccome la
luminanza per i due grigi è uguale, il sistema percettivo, mediante un'inferenza
inconscia sui livelli di illuminazione, assegnerebbe erroneamente un valore di
bianchezza più basso a quello dei due che sembra essere più illuminato (sfondo
bianco) e un valore più alto a quello posto sullo sfondo nero, in quanto sembra
meno illuminato.
La teoria del livello di adattamento di Helson (1938,1964)
Il sistema percettivo eseguirebbe una media ponderata di tutte le luminanze
presenti nella scena visiva e, conseguentemente a questa, assegnerebbe i valori di
bianchezza alle diverse superfici. Nel contrasto le luminanze uguali dei due grigi
verrebbero divise per livelli di adattamento diversi, poiché lo sfondo nero e quello
bianco, data la loro prossimità, assumono più peso nel calcolo dei livelli di
adattamento per ognuno dei due grigi.
La teoria dell’inibizione laterale
[Hering, 1920/1964]
La percezione del colore di superficie sarebbe il risultato di due processi antagonisti
che avvengono a livello della retina, uno costituito dall'eccitazione del recettore
stimolato dalla luce che lo colpisce, l'altro dall'inibizione su di esso ad opera dei
recettori adiacenti. Nel contrasto i grigi, di luminanza uguale, evocano lo stesso
livello di eccitazione, ma i due sfondi evocano diversi livelli di inibizione, pertanto il
livello di inibizione esercitata dallo sfondo bianco sul suo grigio sarebbe maggiore
112
rispetto a quella esercitata dallo sfondo nero.
Il contrasto simultaneo
Benussi-Koffka
113
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
Wertheimer, 1923
Il triangolino inserito tra le braccia della croce appare più
nero di quello che sta nella croce, nonostante i cateti di
entrambi confinino con una zona a bassa riflettanza e le
114
loro ipotenuse con una zona ad alta riflettanza.
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
Benary (1924)
115
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
White (1979)
116
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
Agostini e Proffitt (1993)
Buona continuazione
Buona continuazione
+
destino comune
Destino comune
Il principio dell’appartenenza può essere generalizzato ad
altre situazioni e l’effetto di contrasto si verifica anche in
assenza di contiguità spaziale.
117
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
Agostini e Galmonte (2002)
Nonostante siano completamente circondate da uno
sfondo ad alta riflettanza, le linee tratteggiate del cubo di
sinistra vengono viste più bianche di quelle del cubo di
destra, perché appartengono agli angoli a bassa
riflettanza.
Viceversa per il cubo di destra.
L'effetto di contrasto è determinato dalle relazioni di
appartenenza (fattori globali) e non dall’inibizione laterale
118
(fattori locali).
Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva
Per riassumere…
Il contrasto simultaneo è influenzato dall’organizzazione
percettiva
Diversi fattori di organizzazione percettiva elicitano
effetti di contrasto
L’appartenenza spiega il fenomeno del contrasto
L’effetto di contrasto si verifica anche in assenza di
contiguità spaziale
L'effetto di contrasto è determinato dalle relazioni di
appartenenza (fattori globali) e non (solo) dall’inibizione
119
laterale (fattori locali)
Illuminazione apparente e ombre
Il sistema percettivo assume che la fonte di luce
provenga dall’alto.
120
Kleffner e Ramachandran (1992)
Illuminazione apparente e ombre
Il sistema percettivo assume che la fonte di luce
provenga dall’alto.
121
Illuminazione apparente e ombre
L’orientamento delle ombre (proprie) determina il modo
in cui le variazioni di una superficie saranno viste.
Kersten, Knill, Mamassian & Bülthoff (1996)
122
Illuminazione apparente e ombre
L’orientamento delle ombre (proprie) determina il modo
in cui le variazioni di una superficie saranno viste.
Kersten, Mamassian & Knill (1991)
123
Ombre e modi di apparire del colore
Kanizsa (1954)
124
Illuminazione apparente
Kennedy (1976)
Sun figure
Black Hole figure
125
Illuminazione apparente
Zavagno e Caputo (2001)
126
I profili di luminanza graduali sono stati usati dai pittori
del
tardo
Rinascimento
per
dare alle aureole
un’impressione di luminosità.
Tintoretto
The last supper
127
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Adelson (1993)
“In queste nuove illusioni la bianchezza è
fortemente influenzata dall’organizzazione
percettiva
degli
stimoli.”
128
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Schirillo e Shevell (1997)
Condizione senza margine di illuminazione apparente
Condizione con margine di illuminazione apparente
129
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Agostini e Galmonte (2002)
130
Il contrasto e l’illuminazione apparente
A
B
C
D
Agostini e Galmonte (2002)
131
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Adelson (1995)
132
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Lotto (1999)
133
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Anderson e Winawer (2005)
134
Il contrasto e l’illuminazione apparente
Per riassumere…
I gradienti graduali di luminanza vengono percepiti dal
sistema visivo come indice di un cambiamento
nell’illuminazione
Il contrasto simultaneo è influenzato dall’illuminazione
apparente
L’effetto di contrasto in condizioni di illuminazione
apparente è più forte
L’effetto di contrasto è determinato dal fatto che il
sistema visivo è in grado di classificare i margini (margini
di riflettanza vs margini di illuminazione)
135
Per concludere…
Il contrasto simultaneo è influenzato dai fattori di
organizzazione
percettiva
(fattori
globali)
e
dall’illuminazione apparente
I fattori globali competono o concorrono con quelli locali
nel determinare l’effetto di contrasto
L’illuminazione apparente elicita i meccanismi della
costanza e quindi concorre nel determinare l’effetto di
contrasto
136
Assimilazione
Accanto ai fenomeni di contrasto percettivo ce ne sono
altri che hanno come risultato una riduzione delle
differenze tra le caratteristiche acromatiche delle superfici
indotte e di quelle inducenti: questi fenomeni sono noti
come "fenomeni di assimilazione" o "eguagliamento".
Assimilazione acromatica
(effetto Von Bezold)
Il grigio sul quale sono sparsi gli elementi
bianchi appare più bianco del grigio sul
quale sono sparsi gli elementi neri.
L'effetto osservato è di assimilazione in
quanto lo sfondo in ambedue i casi si
arricchisce di una componente acromatica
simile a quella degli elementi sparpagliati
su di esso.
Assimilazione cromatica
137
Assimilazione
Aumentando la dimensione degli elementi si passa dalla
percezione dell’assimilazione a quella del contrasto
(Helson, 1964).
Helson
osservò
che
il
fenomeno di assimilazione si
trasforma in fenomeno di
contrasto quando:
a) la larghezza delle barre
aumenta;
b) la distanza tra le barre
aumenta;
c) sia la larghezza delle barre
che la distanza tra di esse
aumentano.
Inoltre, egli trovò che per
specifiche combinazioni tra la
larghezza delle barre e la loro
distanza si hanno condizioni
figurali in cui si osserva una
zona neutrale in cui non c'è né
assimilazione, né contrasto,
vale a dire che il grigio dello
sfondo viene percepito in
maniera veridica.
138
Assimilazione
Fuchs (1923) dimostrò che quando un elemento di un dato colore
cromatico può venire organizzato con ciascuno di due gruppi di
elementi di colore diverso, il colore dell'elemento è assimilato al
colore degli elementi del gruppo con il quale esso viene
organizzato.
Il disco arancione è il vertice comune di due quadrilateri, uno
formato da dischi rossi e l'altro formato da dischi gialli e può
essere visto, a seconda dell'impostazione soggettiva, sia come un
elemento che appartiene al quadrilatero composto dai dischi gialli,
sia come un elemento che appartiene a quello composto dai dischi
rossi.
Quello che si osserva è che se il disco arancione è organizzato con
i dischi rossi esso appare di una tonalità cromatica più vicina al
rosso di quando esso è organizzato con i dischi gialli.
Dall'esito di questi esperimenti Fuchs concluse che l'appartenenza
produce assimilazione cromatica.
Assimilazione
139
Assimilazione
L’effetto acquarello (watercolor effect,
originariamente scoperto da Bozzi) è un
effetto assimilativo a lungo raggio in cui vi
è una propagazione all’interno dell’oggetto
del colore emanato da un contorno sottile
colorato e giustapposto all’interno di un
contorno cromatico più scuro.
Pinna, Brelstaff e Spillmann (2001)
140
La percezione del colore
141
Perché il colore è importante?
PER INDIVIDUARE MEGLIO
DOVE E’ LA PALLINA?
142
Perché il colore è importante?
PER DISCRIMINARE MEGLIO
COSA C’È SCRITTO?
143
Perché il colore è importante?
PER CAPIRE MEGLIO
FIGURE OCCLUSE
144
Perché il colore è importante?
PER VALUTARE LA QUALITÀ
SE DOVESTE SCEGLIERE?
145
Perché vedere a colori?
La funzione principale del sistema
visivo è quella di rilevare margini,
gradienti di contrasto, al fine di
suddividere la scena in oggetti e
sfondo.
Immagine completa a colori
Solo bianco e nero
Diamo per scontato che superfici
appartenenti
a
oggetti
diversi
differiscano sempre in luminanza.
Ma cosa succederebbe se ogni
porzione della scena che vediamo
fosse equiluminante?
In alcuni casi
elemento utile.
il
colore
è
Solo colore
l’unico
146
Cos’è il colore
Il colore non è una proprietà degli oggetti, ma
un'esperienza soggettiva.
L’esperienza del colore dipende da due fattori:
1) la luce riflessa dagli oggetti
2) le proprietà dell’occhio e del sistema nervoso
147
Come si descrive il colore
I colori si differenziano
caratteristiche diverse:
sulla
base
di
tre
tinta (hue)
saturazione (saturation)
bianchezza (lightness)
148
Come si descrive il colore
I parametri del colore
Tinta
Saturazione
Bianchezza
149
Come si descrive il colore
TINTA (HUE)
È la qualità che permette di distinguere un colore
dall’altro, il rosso dal giallo, dal blu, etc.
Viene calcolata come una posizione sulla ruota dei
colori ed è espressa in gradi da 0° a 360°.
È il colore riflesso da un oggetto.
La grandezza fisica corrispondente è la
lunghezza d’onda.
150
Differenze di tinta (con saturazione e bianchezza costanti)
Come si descrive il colore
SATURAZIONE (SATURATION)
Si riferisce a quanto il colore è vivido (intenso,
vivace, puro) o pallido (sbiadito, slavato,
scolorito).
Alta saturazione equivale a un colore intenso.
Tecnicamente si riferisce a quanto il colore si
differenzia da un grigio della stessa chiarezza.
Quando i colori si desaturano tendono al grigio.
Sulla ruota dei colori, la saturazione aumenta dal
centro verso l'esterno.
È calcolata come percentuale da 0%
(grigio) a 100% (saturazione completa).
La grandezza fisica corrispondente è la
forma d’onda.
151
Differenze di saturazione (con tinta e bianchezza costanti)
Come si descrive il colore
BIANCHEZZA (LIGHTNESS)
Si riferisce a quanto un colore è chiaro o scuro ed è
legata alla percentuale di luce riflessa fisicamente dalla
superficie.
Il suo valore più alto corrisponde al bianco e il più
basso al nero.
Cambiare la bianchezza equivale o ad aggiungere
bianco, rendendo il colore più chiaro, o ad aggiungere
nero, rendendo il colore più scuro.
È generalmente misurata come
percentuale da 0% (nero) a
100% (bianco).
La
grandezza
corrispondente
è
dell’onda.
fisica
l’ampiezza
152
Differenze di bianchezza (con tinta e saturazione costanti)
Come si descrive il colore
153
Quanti colori possiamo vedere?
Teoricamente un osservatore normale è in
grado di distinguere fra loro più di 7 milioni di
colori, nati dalla variazione di bianchezza e
saturazione di circa 150 tinte diverse, che
sono quelle che un osservatore normale è
capace di discriminare.
154
Percezione dei colori
Quanti recettori sensibili alle lunghezze d’onda servono?
Solo tre e non un numero uguale a quello dei colori che
possono essere distinti, perché i colori si possono
mescolare.
Ogni tipo di colore può essere ottenuto dalla miscela di
tre colori.
155
Percezione dei colori
MESCOLANZA DI COLORI
Ci sono due tipi di mescolanze:
–Mescolanze additive: mescolanze di luci di lunghezza
d’onda diversa (es., tv). Quando due luci di lunghezza
d’onda diversa vengono mescolate, noi non vediamo più
due colori, ma un nuovo colore.
–Mescolanze sottrattive: mescolanze di pigmenti (es.
stampe), sostanze colorate.
156
Miscela additiva
È il tipo di mescolanza fatta dall’occhio.
È definita come il fenomeno per cui luci di differente lunghezza
d'onda, che, viste singolarmente, ci appaiono ciascuna colorata in
modo diverso, generano, sommate insieme, la visione del bianco.
Ai fini della creazione di un sistema affidabile per la generazione di
colori ottenuti miscelando luci colorate, si ricorre solitamente all'uso
di tre colori, che sono definiti primari.
I primari utilizzati oggi nei televisori, nei monitor dei computer e nei
sistemi di grafica digitale sono il rosso, il verde e il blu.
È caratterizzata dal fatto che le lunghezze d’onda
contenute in ciascuna luce raggiungono tutte
l’occhio quando le luci vengono sovrapposte:
Dove tre raggi rosso, verde e blu si
sovrappongono, appare il bianco.
Dove, invece, si sovrappongono solo la luce rossa
e quella verde, vediamo il giallo.
Nella zona di sovrapposizione tra verde e blu, il
colore percepito è il ciano.
Dove di mescolano il rosso e il blu, il colore
percepito è il magenta.
157
Combinazione additiva di pigmenti
George Seurat
La parata del circo
18871887-1888
158
Miscela sottrattiva
Se vogliamo assegnare un colore ad un oggetto usando dei pigmenti
colorati, di fatto stabiliamo quali lunghezze d’onda saranno assorbite
da quell’oggetto. Più saranno i pigmenti colorati miscelati fra loro e
maggiore sarà la quantità di luce assorbita dalla miscela.
Esempio:
Il pigmento giallo riflette le lunghezze d’onda
corrispondenti al giallo e una parte di quelle
corrispondenti al verde e assorbe le altre (rosso,
arancio, blu).
Il pigmento blu riflette quelle corrispondenti al
blu e una parte di quelle corrispondenti al verde
e assorbe le altre (rosso, arancio, giallo).
Il verde è l’unica componente riflessa, dato che
veniva riflessa separatamente da entrambi i
pigmenti.
159
Percezione dei colori
Mescolanze sottrattive
Mescolanze additive
mescolanze di pigmenti
mescolanze di luci
I colori primari sono:
magenta, giallo, ciano
I colori primari sono:
rosso, verde, blu
160
I metameri
Sono
colori
percettivamente
identici che possono essere
creati con combinazioni diverse
di luci con diversa lunghezza
d’onda.
In generale il termine si riferisce
a qualsiasi coppia di stimoli che
sono percepiti essere identici
nonostante le differenze a livello
fisico.
Ciò avviene perché la nostra
percezione dei colori dipende dal
rapporto con cui sono eccitati i
tre tipi di coni: se due luci
provocano la stessa risposta nei
tre tipi di coni, allora le due luci
sembrano uguali.
161
Colori complementari
Sono i colori opposti nella ruota
dei colori (es. il 4 e il 52).
Contrasto simultaneo cromatico:
Nonostante il cerchio grigio sia di
un colore uniforme, quando è
sovrapposto
ad
un
quadrato
colorato tenderà ad apparire più
simile al colore opponente.
162
Colori consecutivi
Fissate per 30 s il puntino
nero
all’interno
del
rettangolo rosso e poi
fissate il puntino nero
all’interno del rettangolo
bianco.
163
Colori consecutivi
Effetti postumi cromatici (afterimages): in seguito
all’adattamento ad una particolare immagine colorata,
osservando poi una superficie bianca si avrà
l’impressione di vedere un’immagine postuma dei colori
opponenti a quella di adattamento.
164
Anomalie nella visione dei colori
L’esperienza del colore non è la stessa per tutti:
– la normale visione dei colori è detta TRICROMATICA ed
è variabile da individuo a individuo
– a parte le variazioni fra individuo e individuo, vi sono
persone la cui visione del colore differisce notevolmente
dalla norma
Queste
persone
soffrono
di
acromatopsia
o
discromatopsia, cioè non sono rispettivamente in grado
di distinguere i colori o certi colori.
L’incidenza di tale fenomeno varia con la razza (fra i
bianchi è doppia rispetto ai neri) e con il sesso (nei
maschi è 100 volte più frequente che nelle femmine)165
ed è
in molti casi ereditario.
Anomalie nella visione dei colori
TAVOLE DI ISHIHARA
usate per valutare anomalie nella visione rosso-verde
Le persone affette da daltonismo non vedono i numeri:
166
29, 45, 6, 8
Anomalie nella visione dei colori
TAVOLE DI ISHIHARA
Queste tavole sono create in modo da permettere un
raggruppamento degli elementi basato sul colore. Solo
potendo riconoscere i colori è possibile segregare la
figura dallo sfondo.
Il 7 in questa tavola non viene visto dalla maggior parte
167
dei Daltonici.
Anomalie nella visione dei colori
TAVOLE DI ISHIHARA
Mentre la maggior parte delle persone vede 8, i daltonici
protanopi vedono nettamente 3.
168
Anomalie nella visione dei colori
TAVOLE DI ISHIHARA
I daltonici protanopi vedono solo il 5.
I daltonici deuteranopi vedono solo il 3.
Solo i non daltonici possono vedere entrambi i numeri.
169
Anomalie nella visione dei colori
TAVOLE DI ISHIHARA
Qui non si vede proprio nulla…
I daltonici protanopi però vedono il numero 73!
170
Anomalie nella visione dei colori
171
Anomalie nella visione dei colori
172
La percezione dello spazio e della profondità
173
Il mondo è tridimensionale...
ma viene percepito da un sistema di recettori
bidimensionale…
174
Distanza e movimento
La percezione del movimento si collega
direttamente alla percezione della distanza e
della profondità di un oggetto.
Possiamo percepire un oggetto in movimento
verso di noi se la sua immagine proiettata sulla
retina diventa sempre più grande, come, ad
esempio, percorrendo un viale alberato con
l’automobile, vediamo gli alberi diventare sempre
più grandi al nostro avvicinarsi.
Ciò non è sempre vero:
175
Distanza e movimento
Nell’illusione del breathing square sono assenti gli
indizi fisiologici e pittorici di profondità, che sono
invece normalmente presenti nel nostro ambiente.
176
Indizi di profondità: indizi fisiologici
Gli indizi fisiologici sono:
• l’accomodamento del cristallino: il cristallino modifica la sua
forma in funzione della distanza del fuoco
• la vergenza degli occhi: l’azione coordinata dei muscoli che
controllano il movimento degli occhi
• la disparità binoculare: l’occhio destro vede infatti
l’oggetto un po’ più a destra, l’occhio sinistro un po’ più a
sinistra
• la parallasse di movimento: rispetto al punto di fissazione,
gli oggetti più lontani appaiono muoversi nella stessa direzione
del movimento dell’osservatore, mentre quelli più vicini sembra
che si muovano in direzione opposta
→Rispecchiano il funzionamento dei recettori sensoriali.
177
cromatostereopsi
il testo in blu appare più lontano che
il testo in rosso appare più vicino che
il testo in blu appare più lontano che
il testo in rosso appare più vicino che
il testo in blu appare più lontano che
il testo in rosso appare più vicino che
il testo in blu appare più lontano che
il testo in rosso appare più vicino che
178
cromatostereopsi
179
cromatostereopsi
180
cromatostereopsi
181
La percezione della profondità è innata
Sulla base degli indici fisiologici agiscono comportamenti
innati, che si manifestano nei bambini e negli animali,
come nel caso dell’esperimento di Gibson e Walk (1960),
che hanno dimostrato che di fronte ad un visual cliff,
cioè un pavimento di vetro trasparente sotto il quale vi è,
a un certo punto, una buca, i bambini, già a 6 mesi,
evitano di passarci sopra.
182
La percezione della profondità è innata
183
Indizi di profondità: indizi pittorici
Gli indizi pittorici (o psicologici) sono:
• L’occlusione:
quando
un
oggetto
è
interposto,
nascondendone quindi in parte un altro, il secondo viene
automaticamente percepito come più lontano.
• La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto più
grande viene visto più vicino.
• L’altezza relativa: sotto all’orizzonte, oggetti più in alto nel
campo visivo appaiono più lontani.
• La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino.
• La prospettiva aerea: gli oggetti più nitidi e brillanti sono
visti più vicini.
• La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a
convergere all’aumentare della distanza.
• Il gradiente di tessitura: gli oggetti con trama più fitta
appaiono più lontani.
• La dimensione familiare: la conoscenza delle dimensioni
degli oggetti aiuta a giudicare la distanza da essi e da quelli
che li circondano.
→
Rispecchiano
il
funzionamento
nell’organizzare i dati sensoriali.
della
mente
184
Indizi di profondità
Gli indizi fisiologici sono meno forti di quelli
psicologici, e in caso di contrasto, prevalgono i
secondi sui primi.
185
Indizi di profondità
1. Indizi monoculari
Le informazioni provenienti da ognuno dei due occhi
sono sufficienti per raggiungere una stima di distanza
e di profondità.
2. Indizi binoculari
Le operazioni che determinano una percezione
ottimale della terza dimensione richiedono però che
le informazioni provenienti dai due occhi siano
combinate/confrontate.
Provereste a guidare con un occhio solo?
186
Gli indizi monoculari
Fisiologici
- L’accomodazione
(o accomodamento)
- La proiezione retinica
Pittorici
- L’occlusione
(o interposizione)
- La grandezza relativa
- L’altezza relativa
- La dimensione familiare
- La luminosità
e l’ombreggiatura
Pittorici-Prospettici
- Il gradiente di tessitura
- La prospettiva lineare
- La prospettiva aerea
Cinetici
- La parallasse di movimento
- L’effetto cinetico di profondità
187
Gli indizi monoculari (fisiologici):
l’accomodazione
L’accomodamento del cristallino: il cristallino modifica
la sua forma in funzione della distanza del fuoco
Cristallino
Fuoco
Cristallino
Fuoco
188
Gli indizi monoculari (fisiologici):
l’accomodazione
Il grado di contrazione dell’anello di muscoli ciliari
viene usato per valutare la distanza degli oggetti.
189
Gli indizi monoculari (fisiologici):
la proiezione retinica
Maggiore è la distanza di un oggetto e minore sarà la
sua proiezione retinica.
Oggetti di dimensioni molto diverse possono però
occupare lo stesso angolo visivo, mettendo in
discussione questa semplice regola.
190
Gli indizi monoculari (pittorici):
l’occlusione
L’occlusione (o interposizione o sovrapposizione): quando un
oggetto nasconde in parte un altro, il secondo (oggetto occluso) viene
automaticamente percepito come più lontano, dietro all’oggetto che lo
copre (oggetto occludente). Notare che per l’oggetto occluso vale anche
un altro fenomeno percettivo, il completamento amodale:
amodale
“completamento” perché l’oggetto occluso appare completarsi dietro
l’occludente, e “amodale” perché la parte nascosta è presente nella
nostra esperienza ma non è specificata nella modalità sensoriale.
191
Gli indizi monoculari (pittorici):
l’occlusione
Indizio “non-metrico”: determina l’ordine, non le distanze.
192
Gli indizi monoculari (pittorici):
l’occlusione
193
Gli indizi monoculari (pittorici):
la grandezza relativa
La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto
più grande viene visto più vicino.
194
Gli indizi monoculari (pittorici):
la grandezza relativa
La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto
più grande viene visto più vicino.
195
Gli indizi monoculari (pittorici):
l’altezza relativa
L’altezza relativa:
nel campo visivo
osservatore giudica
la sua altezza nel
oggetto.
sotto all’orizzonte, oggetti più in alto
appaiono più lontani. Quando un
la distanza di un oggetto, considera
campo visivo in relazione all’altro
196
Gli indizi monoculari (pittorici):
la dimensione familiare
La dimensione familiare: attraverso l’esperienza, gli
osservatori diventano familiari con la dimensione tipica di
certi oggetti. La conoscenza delle dimensioni degli oggetti
aiuta a giudicare la distanza da essi e da quelli che li
circondano.
197
Gli indizi monoculari (pittorici):
la dimensione familiare
A prescindere dall’angolo visivo che ricoprono, è
molto difficile stimare la distanza di oggetti nuovi, che
non abbiamo mai visto prima.
Questa operazione diventa immediatamente più facile
se abbiamo a disposizione degli oggetti familiari che
possono essere usati come riferimento.
198
Gli indizi monoculari (pittorici):
la luminosità
La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino.
199
Gli indizi monoculari (pittorici):
la luminosità e l’ombreggiatura
La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino.
200
Gli indizi monoculari (pittorici):
la luminosità e l’ombreggiatura
201
Gli indizi monoculari (pittorici):
la luminosità e l’ombreggiatura
202
Gli indizi monoculari (pittorici):
l’ombreggiatura
Il sistema percettivo fa l’assunzione che luce proviene
dall’alto.
Cambiando la direzione di provenienza della luce si
altera il modo in cui gli oggetti vengono percepiti, ad
esempio se concavi o convessi.
Questi effetti sono più marcati se gli oggetti illuminati
sono poco significativi e/o poco conosciuti.
203
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
il gradiente di tessitura
Il gradiente di tessitura: gli oggetti con trama più fitta
appaiono più lontani.
Un gradiente di tessitura si osserva ogni volta che una
superficie viene vista in prospettiva invece che direttamente
dall’alto.
La tessitura diviene più densa e meno dettagliata mano a
mano che la superficie si allontana sullo sfondo, e questa
trasformazione aiuta a giudicare la profondità.
204
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
il gradiente di tessitura
205
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
il gradiente di tessitura
Se una tessitura regolare non ha una densità uniforme,
la parte più densa di elementi appare più lontano.
206
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
il gradiente di tessitura
Gradiente ecologico
207
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
il gradiente di tessitura
Gradiente di tessitura non ecologico
208
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva lineare
La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a
convergere all’aumentare della distanza.
209
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva lineare
La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a
convergere all’aumentare della distanza.
210
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva lineare
211
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva lineare
212
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva aerea
La prospettiva aerea: gli oggetti più nitidi e brillanti
sono visti più vicini.
L’aria contiene particelle microscopiche di polvere e
umidità che fanno apparire gli oggetti lontani sfuocati o
nebbiosi, e questo effetto viene usato per giudicare la
distanza.
213
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva aerea
La prospettiva aerea:
appaiono grigio-azzurro.
le
montagne
più
lontane
214
Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici):
la prospettiva aerea
Gli oggetti che hanno un contrasto minore con lo
sfondo sono percepiti come più distanti.
215
Gli indizi monoculari (cinetici):
la parallasse di movimento
La parallasse di movimento: rispetto al punto di fissazione, gli
oggetti più lontani appaiono muoversi nella stessa direzione del
movimento dell’osservatore, mentre quelli più vicini sembra che si
muovano in direzione opposta.
La velocità del movimento di un oggetto fornisce un indizio anche
sulla sua distanza.
Gli oggetti più lontani appaiono muoversi più lentamente.
Punto di fissazione
216
Movimento dell’osservatore
Gli indizi monoculari (cinetici):
la parallasse di movimento
La distanza degli oggetti viene stimata in base alla
velocità con cui le rispettive proiezioni si spostano sulla
retina.
Gli oggetti che all’interno della scena si spostano più
velocemente sono considerati più vicini.
Per sfruttare la parallasse di movimento come indizio
di profondità è ovviamente necessario essere in
movimento.
217
Gli indizi monoculari (cinetici):
l’effetto cinetico di profondità
Degli oggetti che se immobili appaiono bidimensionali,
possono apparire tridimensionali quando sono in
movimento.
218
Due retine, una sola immagine
I due occhi hanno punti di vista differenti: in ogni
momento ci sono quindi due diverse immagini retiniche
disponibili.
Dal confronto fra queste due immagini è possibile ottenere
una percezione molto accurata della profondità.
219
Due retine, una sola immagine
Differenti posizioni di osservazione risultano in viste 2D
differenti della stessa scena a 3D.
220
Due retine, una sola immagine
Avere due occhi invece comporta molti vantaggi, molti
dei quali sono legati alla percezione della profondità.
Avere due occhi permette anche:
a) di avere un campo visivo più esteso
b) di poter ottenere sommazione binoculare
c) di avere un sistema ridondante capace di permettere
la visione anche nel caso che uno dei due occhi venga
danneggiato
221
Due retine, una sola immagine
I predatori hanno occhi frontali (per la visione
binoculare), mentre le prede hanno occhi laterali (per
massimizzare il campo).
222
Gli indizi binoculari
Fisiologici
– Convergenza
(o vergenza)
– Disparità retinica
La visione della profondità mediata dalla disparità
retinica è detta stereopsi.
223
Gli indizi binoculari (fisiologici):
la convergenza
La vergenza degli occhi: l’azione coordinata dei muscoli
che controllano il movimento degli occhi
infinito
lontano
vicino
224
Gli indizi binoculari (fisiologici):
la disparità retinica
In molti casi gli oggetti nel
campo visivo non proiettano a
punti corrispondenti, e si avrà
una disparità fra le immagini
elaborate da ciascuna retina.
La disparità è
maggiore
con
l’aumentare della
distanza fra gli
oggetti
visibili
nella scena.
225
Studiare la visione stereoscopica
La visione stereoscopica ci conferisce una straordinaria
capacità di valutare le distanze relative fra oggetti.
Grazie a questi meccanismi siamo in grado di rilevare
una differenza di meno di 0,05 mm fra le distanze di
oggetti collocati a 50 cm da noi.
Se ai due occhi vengono proiettate immagini
leggermente disparate queste verranno fuse fra loro e si
avrà la sensazione di tridimensionalità.
Occhio sinistro
Occhio destro
226
Studiare la visione stereoscopica
Molti ma non tutti percepiscono la profondità ottenuta
dalla stereopsi, una condizione conosciuta come
stereoblindness.
Può esser causata per esempio di disturbi visivi patiti
durante l’infanzia, come lo strabismo, che consiste in un
errato allineamento dei due occhi.
227
Gli stereogrammi
Sono delle immagini che differiscono fra loro quanto
potrebbero differire se fossero osservate dai nostri due
occhi separatamente.
I primi stereogrammi risalgono al 1838 ad opera del
fisico inglese Charles Wheatstone, che inventò lo
stereoscopio, apparecchio che ricomponeva, grazie ad
un sistema di specchi, due immagini poste a pochi
centimetri l'una dall'altra e raffiguranti lo stesso oggetto,
ma con un angolo di visuale leggermente diverso.
228
Lo stereoscopio di Wheatstone
229
Lo stereoscopio di Wheatstone
230
Vedere gli stereogrammi
Il modo più efficace per vedere
la
tridimensionalità
generata
dagli stereogrammi è usare uno
stereoscopio, che mostrando le
due immagini separatamente ad
ogni occhio ci porta a fondere le
due immagini in una sola,
tridimensionale.
231
Vedere gli stereogrammi
232
Gli anaglifi
Indossando degli occhiali con una lente rossa e una
verde (o blu) le linee rosse vengono viste da un occhio
e quelle verdi (o blu) dall’altro, creando un illusione di
profondità stereoscopica.
233
I random-dot stereograms (Julesz)
La visione della tridimensionalità può essere ottenuta
anche usando stereogrammi molto semplificati.
Risalgono agli anni ‘70, e consistono in un apparente
coppia di disegni puntiformi casuali che invece
forniscono, in particolari condizioni di osservazione, una
singola immagine tridimensionale.
234
I random-dot stereograms (Julesz)
Gli stereogrammi “Random dot” possono solo essere visti
utilizzando indici di profondità binoculari: essi infatti non
contengono indici di profondità monoculari.
235
Autostereogrammi
Un autostereogramma è uno stereogramma a immagine singola,
studiato per creare l’illusione visiva di una scena 3D da un’immagine
2D.
Quando visti con la vergenza appropriata i pattern appaiono
galleggiare sopra o sotto lo sfondo. Ogni pixel dell’immagine è
calcolato da una mappa di profondità.
Gli autostereogrammi sono simili agli stereogrammi normali solo che
non devono essere visti tramite uno stereoscopio.
Possono essere visti in uno di due modi: in uno è richiesto che gli
occhi adottino un angolo il più possibile parallelo, nell’altro viene
richiesto di convergere gli occhi.
In questo autostereogramma i punti appaiono a diverse profondità.
236
Autostereogrammi
I SIS (Single Image Stereograms) riescono ad
incorporare in una singola immagine le informazioni di
due RDS.
L'immagine viene creata tramite un pattern di punti
apparentemente casuali, ma che invece, sapientemente
disposti, formano il profilo della figura nascosta.
L’autostereogramma 'Rankyo‘ di Kitaoka rappresenta un fiume con foglie
237 che
galleggiano.
Rivalità binoculare
Quando stimoli completamente differenti vengono mostrati ai due
occhi il sistema visivo decide di sopprimere un’immagine e percepire
l’altra.
Sembra che il sistema veda lo stimolo più rilevante per i primi stadi
di elaborazione corticale: i contrasti più alti, gli oggetti più luminosi,
quelli in movimento, etc.
La competizione tra i 2 occhi è detta rivalità binoculare e non è mai
vinta definitivamente da uno dei 2 occhi.
238
I movimenti oculari
239
Vedere vs. Guardare
La possibilità di muovere gli occhi è cruciale per vedere.
Il movimento degli occhi è controllato in modo preciso,
per migliorare la nostra percezione.
Gli spostamenti del nostro sguardo influiscono sulla
nostra possibilità di elaborare informazioni.
Questi spostamenti devono avvenire a favore di ciò che è
“realmente” importante.
240
I movimenti oculari
Hanno lo scopo di:
– Spostare lo sguardo su oggetti e posizioni spaziali
diverse.
– Mantenere lo sguardo su questi oggetti o posizioni per
il tempo necessario.
Spesso non sono gli oggetti che si muovono (e devono
essere “inseguiti”), ma siamo noi a non rimanere mai
fermi: con gli occhi dobbiamo compensare anche questi
spostamenti.
241
Movimenti oculari
Il processo di ricerca visiva prevede l’uso della visione per
ottenere informazione dall’ambiente al fine di determinare
cosa fare in ogni dato istante (Magill, 1993).
Per esempio, un giocatore di basket di alto livello, mentre
attraversa il campo di gioco palleggiando deve ottenere
informazioni sul canestro e sulla posizione di compagni e
avversari per decidere se passare o meno e a chi.
Per ottenere ciò, deve fare piccoli e rapidi movimenti
oculari per spostare le aree informative del campo visivo
dalla periferia della retina, in cui la risoluzione è scarsa,
alla fovea, che copre circa 1-2° dell’area centrale della
retina e riceve l’immagine più focalizzata e nitida (Zeki,
1993). Questa area è composta da soli coni, che data la
relazione 1 a 1 con le cellule bipolari e gangliari permette
un’acuità visiva fine (Sivak & MacKenzie, 1992).
242
Registrazione movimenti oculari
Le immagini stabilizzate
Si può eliminare l’effetto del nistagmo facendo in modo
che un’immagine venga proiettata continuamente sulla
stessa zona della retina.
Dopo qualche secondo l’immagine stabilizzata scompare.
243
Movimenti di inseguimento lento
I movimenti di inseguimento lento sono movimenti
volontari e permettono agli occhi di seguire target che si
muovono lentamente all’interno del campo visivo, come
ad es. la palla o un avversario, in modo da mantenere
un’immagine retinica stabile.
La velocità massima di questi movimenti oculari è di circa
100°/s, sebbene la capacità di inseguimento degli occhi
cominci a deteriorarsi a velocità angolari superiori a 30°/s
(Rosenbaum, 1991).
Quindi, il successo del sistema visivo nel ottenere
un’immagine retinica stabile dipende dalla velocità
dell’oggetto da inseguire (Sekuler & Blake, 1990).
I movimenti di inseguimento sono pertanto limitati a
situazioni come seguire il target nel tiro al piattello,
seguire i movimenti di una persona distante, etc.
In genere, però, i rapidi cambiamenti nel campo visivo
tipici di gran parte delle situazioni quotidiane rendono
difficile il seguire visivamente un oggetto usando
movimenti oculari di inseguimento.
244 la
A velocità superiori si usano le saccadi per prevedere
posizione finale dell’oggetto in movimento (Ripoll, 1991).
Inseguimento lento
Movimenti di inseguimento lento
I movimenti di inseguimento lento (smooth pursuit)
hanno una latenza di 100-150 ms. Dipendono però
dall’aspettativa, e possono essere programmati in
“anticipo” rispetto al movimento del bersaglio, se esso si
muove in modo prevedibile.
245
Movimenti saccadici
Sono movimenti volontari, che si osservano durante
l’esplorazione della scena visiva. Sono movimenti coniugati
degli occhi (cioè entrambi si muovono nella stessa direzione) e
sono movimenti rapidi verso un nuovo punto di fissazione che
permettono
di
portare
nuovi
oggetti
potenzialmente
interessanti del campo visivo sulla fovea (Carpenter, 1988).
Sono movimenti di tipo balistico, una volta iniziati non può
esserne cambiata la velocità o la traiettoria.
La latenza media è di 150-200 ms, durano circa 50 msec e
possono raggiungere la velocità di 900°/sec.
Saccadi
La ricerca ci dice che durante le saccadi vi è un drammatico
calo nella sensibilità visiva (Massaro, 1975), cioè l’informazione
visiva non può essere acquisita durante le saccadi, fenomeno
definito soppressione saccadica.
In teoria, a causa di questo, si assume più efficace una
strategia di ricerca che preveda un numero minore di
fissazione di durata maggiore e quindi una necessità ridotta di
saccadi (Williams et al, 1994).
In realtà, questa assunzione non è stata sempre confermata.
246
Fissazioni
Durante l’esplorazione visiva di un’immagine si
alternano velocemente dei movimenti saccadici,
che spostano la fovea su zone salienti
dell’immagine, e durante i quali la sensibilità
visiva è ridotta marcatamente (soppressione
saccadica), e fissazioni, della durata di circa 300
ms, durante le quali è possibile acquisire
informazioni.
Le fissazioni rendono possibile all’esecutore di
stabilizzare un’area informativa in visione foveale,
permettendo un’elaborazione più dettagliata.
La durata del periodo di fissazione è stata
considerata dai ricercatori come il segnale
dell’importanza relativa e della complessità
dell’area del campo visivo per l’osservatore; più è
l’informazione che deve essere elaborata, più
lunga la durata della fissazione (Just & Carpenter,
1976).
Per questo motivo, la durata delle fissazioni varia
sensibilmente a seconda della natura e della
difficoltà del compito e del tipo di situazione
visiva presentata agli osservatori.
247
Fissazioni e saccadi
Esplorazione libera
Valutare
lo
stato
economico degli individui
nell’immagine
Giudicare l’età degli
individui nell’immagine
Indovinare cosa stessero
facendo prima dell’arrivo
del visitatore
Ricordare
i
dettagli
dell’abbigliamento delle
persone
Ricordare
i
dettagli
dell’ambiente in cui si
trovano
Per quanto tempo
stato
assente
visitatore?
248
è
il
Tecniche di registrazione dei movimenti oculari
Ci sono molte tecniche per misurare i movimenti oculari
(vedi Leigh & Zee, 1991).
La procedura più comune è il metodo dei sistemi a
riflessione corneale montati su caschetto.
Questa tecnica si basa sul principio che la riflessione di un
fascio di luce posto di fronte alla porzione centrale della
cornea è assunta essere una funzione della posizione
degli occhi e quindi del punto di fissazione. Un
cambiamento nel punto di fissazione cambia la posizione
della cornea, che può essere colta dal sistema di
riflessione corneale.
I modelli più recenti, meno ingombranti, sono più
confortevoli, più accurati, più facili da calibrare e più
tolleranti ai movimenti della testa e del corpo.
Inoltre sono stati sviluppati sistemi che riducono il tempo
richiesto per le analisi dei dati grazie a procedure semiautomatiche, e permettono di studiare le integrazioni tra
movimenti oculari e della testa in contesti di performance
dinamica.
249
Tecniche di registrazione dei movimenti oculari
Eye trackers
fotoelettrici
Bobina sclerale
(Scleral eye-coil)
250
La percezione del movimento
Un serie di illusioni di movimento spiegabili dai movimenti
oculari…
251
La percezione del movimento
252
La percezione del movimento
253
La percezione del movimento
254
La percezione del movimento
255
La percezione del movimento
256
La percezione del movimento
257
La percezione del movimento
258
La percezione del movimento
259
La percezione del movimento
Il movimento fisico è sempre relativo ad un sistema di
riferimento.
Il movimento percepito è sempre assoluto rispetto ad
elementi considerati stazionari.
Non è semplicemente conseguenza del movimento
fisico: infatti si può avere percezione di movimento
senza movimento fisico e assenza di percezione di
movimento in presenza di movimento fisico.
Ci sono evidenze sperimentali neurofisiologiche che
dimostrano che lo spostamento di un’immagine sulla
retina eccita neuroni specializzati nell’area MT (Middle
Temporal o V5) detti “rilevatori di movimento”.
Ma lo spostamento di immagini sulla retina non è
necessario e nemmeno sufficiente per produrre una
percezione di movimento.
Il sistema che produce la percezione di movimento
considera l’output dei rilevatori di movimento ma anche
260
il movimento degli occhi.
La percezione del movimento
Il movimento apparente
Il termine “movimento apparente” si riferisce ad ogni
situazione dove al movimento fenomenico percepito
non corrisponde un movimento reale nello stimolo
distale.
I principali fenomeni di movimento apparente sono:
Movimento stroboscopico
Movimento indotto
Autocinesi
Effetti consecutivi di movimento
261
La percezione del movimento
Il movimento stroboscopico
Date due lampadine – a e b – poste ad una distanza
opportuna, il paradigma di presentazione è il seguente:
1. entrambe le luci spente
2. accensione della lampadina a
3. entrambe le luci spente
4. accensione di una lampadina b
5. entrambe le luci spente
262
La percezione del movimento
Il movimento stroboscopico
Date due lampadine – a e b – poste ad una distanza
opportuna, il paradigma di presentazione è il seguente:
1. entrambe le luci spente
2. accensione della lampadina a
3. entrambe le luci spente
4. accensione di una lampadina b
5. entrambe le luci spente
263
La percezione del movimento
Il movimento stroboscopico
Fattori rilevanti:
- Corrispondenza degli elementi: nel cambiamento
posizione relativa nel tempo deve essere confermata
corrispondenza fra elementi al tempo 1 e al tempo
(anche se occupano la stessa posizione retinica
presenza di movimento oculare).
di
la
2
in
- Vicinanza: principio della Gestalt che, in parte, spiega il
movimento apparente.
- Destino Comune e Grouping: assieme alla prossimità
servono per confermare la corrispondenza degli elementi
nel movimento apparente.
264
La percezione del movimento
Il movimento stroboscopico
Il tempo che intercorre tra l'accensione di una lampadina
e l'altra viene definito come ISI (Inter Stimulus Interval).
A seconda del suo valore si ottengono 3 condizioni
differenti:
1. Se ISI è superiore a circa 100 ms si vedono due luci
che si accendono e si spengono in successione.
2. Se ISI è vicino a 0 ms si vedono due luci simultanee e
compresenti lampeggiare velocemente.
3. Se ISI è inferiore a circa 100 ms ma superiore allo 0 si
vede una luce in movimento tra a e b.
265
La percezione del movimento
Il movimento stroboscopico
Nella terza condizione è possibile distinguere tre tipi di
movimento, incrementando via via il valore dell’ISI:
1. il movimento parziale
2. il movimento ottimale o continuo (anche detto
movimento beta)
3. il movimento puro o fenomeno phi
Mentre il movimento parziale e il movimento ottimale
comportano la percezione di un oggetto in movimento, il
movimento puro o fenomeno phi è un’esperienza di
movimento “senza oggetto”.
Oggi il termine “fenomeno phi” viene usato spesso per
tutte le forme di movimento stroboscopico ed in certi casi
ci si riferisce al fenomeno phi originale col termine “phi
puro”.
http://www.indiana.edu/~audioweb/T284/beta-phi.swf
http://www2.psych.purdue.edu/Magniphi/ARVODemo.html 266
La percezione del movimento
Il movimento indotto
Con il termine movimento indotto sono
indicate tutte quelle “illusioni di movimento”
dove il moto è attribuito ad uno stimolo
distale fermo, mentre uno in movimento
viene visto stabile.
Un esempio quotidiano di movimento
indotto è quello sperimentato in stazione,
quando si ha l’impressione di muoversi sul
proprio treno, quando invece è quello
adiacente a noi che parte (illusione del
treno).
Avviene in mancanza di un evidente segnale
di movimento personale (propriocezione) e
con uno stimolo che occupa la maggior
parte del nostro campo visivo, in assenza di
altri oggetti stazionari della scena.
La mancanza di informazioni non visive sul
movimento personale, come l’attivazione
labirintica che normalmente si ha in
conseguenza di variazioni repentine di
velocità e/o direzione (assente a velocità
costante o in assenza di movimento), crea
una sensazione di contraddittorietà.
267
La percezione del movimento
Il movimento indotto
La dimostrazione classica di movimento indotto consiste
in un punto luminoso incluso dentro un rettangolo a sua
volta luminoso in un stanza buia. Se il rettangolo viene
mosso, di norma è il punto al suo interno ad essere visto
in movimento (Dunker, 1929).
268
La percezione del movimento
Il movimento indotto
Nel movimento indotto sono quasi sempre oggetti piccoli
che si muovono rispetto ad oggetti di dimensione
maggiore che li includono.
In questi casi la figura includente è presa come quadro di
riferimento (come avviene del resto in condizioni
ecologiche).
Il movimento indotto non si limita a movimenti lineari,
ma si può verificare per movimenti circolari o di altra
forma.
Il movimento indotto diminuisce aumentando la velocità
del movimento della configurazione inducente e richiede
che le due figure (l’inducente e l’indotto) siano viste sullo
stesso piano.
269
http://psychlab1.hanover.edu/Classes/Sensation/induced/
http://www.uni-bielefeld.de/(en)/psychologie/ae/Ae01/forschung/indumo.html
La percezione del movimento
Il movimento indotto
Nell’illusione “Luna-Nuvole” vi è un cambiamento
egocentrico (della luna) di direzione.
Oggetti più grandi o che circondano un altro oggetto,
vengono solitamente percepiti come stazionari e fungono
da sistema di riferimento.
In certe condizioni quindi un oggetto della scena visiva
verrà considerato sistema di riferimento (e assunto come
stazionario), e rispetto ad esso gli altri oggetti della
scena verranno percepiti in movimento.
Quando il sistema di riferimento viene percepito in
movimento, gli oggetti in esso contenuti avranno diverse
componenti di movimento.
L’osservatore può assumere di essere in movimento, in
assenza di indicazioni propriocettive, quando la scena in
cui è inserito, che è in movimento, viene considerata
stazionaria (vedi illusione del treno).
270
271
La percezione del movimento
Autocinesi
L’autocinesi è un altro esempio di movimento apparente.
Il fenomeno appare quando viene osservato un punto
luminoso in una stanza buia. Dopo un certo lasso di
tempo, il punto luminoso appare muoversi irregolarmente
compiendo piccole escursioni in tutte le direzioni.
La mancanza di ogni altro riferimento visivo è la
condizione chiave perché l’autocinesi abbia luogo.
Il fenomeno dell’autocinesi sembra legato al ruolo dei
movimenti oculari e dei segnali efferenti di movimento, in
assenza di altri indici visivi.
272
La percezione del movimento
Effetti consecutivi di movimento
Gli effetti consecutivi di movimento costituiscono
un’insieme di illusioni osservabili dopo aver guardato a
lungo uno stimolo in movimento.
Spesso consistono in un movimento uguale e contrario a
quello osservato.
Gli effetti consecutivi di movimento costituiscono una
prova che il movimento fenomenico non è meramente
legato a fattori retinici od oculari, ma è sostenuto da
fattori di più alto livello di elaborazione.
273
La percezione del movimento
Costanza di movimento
La dimensione di un oggetto in movimento, in
proporzione alle dimensioni dello sfondo in cui di muove,
influenza notevolmente la velocità percepita.
Così come le dimensioni di un oggetto sono mantenute
costanti nonostante il variare delle sue proiezioni
retiniche, ovvero della sua distanza dall'osservatore, così
la velocità di oggetto è proporzionale alla distanza da cui
viene osservato.
274
La percezione del movimento
Costanza di movimento
La velocità di un immagine retinica in movimento è
inversamente proporzionale alla distanza tra l'osservatore
e l'oggetto in movimento.
Se, per la costanza di grandezza, un oggetto lontano ci
appare più grande della sua proiezione retinica, allora un
movimento di oggetto piccolo ci apparrà più veloce dello
stesso movimento di un oggetto grande.
Osservando due quadrati in movimento (il primo di
grandezza doppia del secondo) da due aperture (la prima
di grandezza doppia rispetto alla seconda), le due velocità
ci apparranno uguali quando il primo quadrato si muove
al doppio della velocità del secondo.
275
276
La percezione del movimento
Movimento biologico
Che cos’è?
277
La percezione del movimento
Movimento biologico
Movimento biologico o biomeccanico (Johansson, 1973).
Un attore vestito di nero, al buio, con 12 punti luminosi
posti sulle giunture significative.
Se è fermo è irriconoscibile, mentre se si muove, in 100
msec si capisce che è una persona.
Abbiamo anche la capacità di identificarne il genere. E
siamo in grado anche di distinguere diversi animali.
278
La percezione del movimento
Movimento biologico
A seguito degli studi di Johansson, la tecnica dei point light display, che
consiste nella presentazione di un film, o di display “in diretta” o simulati al
computer che consistono nel movimento di punti di luce che rappresentano
lo spostamento dei centri di articolazione e i punti di riferimento chiave
dell’azione di una persona, è stata molto utilizzata per studiare il movimento
biologico in generale e le azioni sportive in particolare.
Per esempio, Abernethy & Packer (1989) hanno usato questa tecnica nello
squash: atleti di diverso livello dovevano giudicare la direzione e la forza del
colpo di un avversario da un filmato a 26 punti luce. Sebbene ci fosse un
calo nella prestazione di previsione, dovuto alla mancanza di informazione
dai contorni e dallo sfondo, sia esperti che inesperti erano in grado di
percepire le informazioni cinematiche rilevanti per prevedere la direzione del
tiro e la forza. Pertanto sembra esserci uno stretto legame tra abilità
percettive e proprietà cinematiche dell’immagine vista.
L’idea è che manipolando i point light display i ricercatori possono
identificare le rappresentazioni dei centri di articolazione necessari a
preservare l’accuratezza della previsione.
La riduzione nella prestazione che si osserva
quando un certo punto luce viene occluso mette
in luce che quel indizio è usato normalmente dai
soggetti per prevedere il colpo dell’avversario.
Usando questa tecnica è possibile determinare sia
gli indizi importanti usati nella previsione
anticipatoria del colpo e il momento nel tempo in
279
cui questi diventano preminenti durante il
processo di anticipazione.
La percezione del movimento
Movimento biologico
Nella backscroll illusion, un reticolo di sfondo appare
scorrere nella direzione opposta alla direzione della
persona in cammino, come avviene nel flusso ottico di un
muro a strisce mentre si segue con lo sguardo uno che
cammina.
In realtà, il reticolo ha direzione ambigua (provare a
occludere quello che cammina con il dito).
Questa illusione indica che il sistema visivo valuta i
segnali di movimento retinici in relazione a una
rappresentazione di più alto livello del movimento
dell’oggetto, definita dal movimento biologico.
280
Teoria della percezione di Gibson
Gibson rifiuta la teoria cognitivista dell’elaborazione delle
informazioni: le informazioni sono già presenti nella stimolazione e
possono essere colte direttamente.
Per questo si parla di teoria della percezione diretta.
I sistemi percettivi diretti sono come sono perché si sono evoluti
con la funzione di cogliere le invarianti strutturali disponibili
nell’ambiente. Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è
quella necessaria per la percezione visiva.
“Ask not what is inside the observers head, but what the
observers head is inside of.”
Per Gibson è impossibile studiare i processi percettivi e cognitivi
indipendentemente dal contesto.
Fondamentale è quindi il nesso organismo-ambiente (= ciò che
circonda l’organismo).
L’ambiente (environment) non corrisponde necessariamente
all’ambiente fisico. L’ambiente varia costantemente e da esso
dipende la sopravvivenza degli organismi.
Nell’ambiente ci sono:
- un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di
percepire le sostanze
- delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, etc.)
- delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma,281una
tessitura, etc.
Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore
Il movimento è quindi essenziale per la visione. Il
movimento dell’osservatore produce trasformazioni nel
flusso ottico.
Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la luce entra
nell’occhio dell’osservatore in movimento, subendo
modificazioni continue e sistematiche: il flusso ottico
(optic flow).
Si passa da un concetto di assetto ottico, statico a un
concetto dinamico, il flusso ottico.
Nel continuo mutamento del flusso ottico ci sono degli
aspetti che restano invarianti (ad es., rigidità degli
oggetti).
282
Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore
Se si muove l’osservatore, punti diversi della registrazione
retinica fluiscono a velocità inversa rispetto alla distanza
dall’osservatore.
Il mondo si espande quando l’osservatore si avvicina, si
contrae quando si allontana.
Diagramma vettoriale del movimento dei punti sulla retina.
L’osservatore è un pilota che vola sotto nuvole basse.
283
Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore
Quando il flusso ottico fluisce intorno a noi, il mondo ci
fornisce informazione su distanza e velocità.
Il mondo terrestre infatti è fatto di superfici che si
modificano.
La luce riflessa dalle superfici confluisce agli occhi in un
fascio di raggi che variano in funzione di:
a. distanza
b. grana delle superfici (tessitura)
c. oggetti
Per Gibson quindi il sistema percettivo analizza le scene
visive in termini di superfici e oggetti, non di costituenti
elementari (pixel, contorni, geoni, etc.).
Le invarianti sono colte (“picked up”) dall’osservatore.
284
Gibson: le affordances
Concetto di affordance: l’ambiente si rende disponibile
al soggetto.
Affordance (da “offrire”): ciò che l’ambiente offre: se un
oggetto o una superficie può essere mangiato, afferrato,
lanciato, etc. (ad es. mela, tazza, palla…).
Anche gli altri esseri viventi e i luoghi possono costituire
affordances.
Ad esempio un ostacolo costituisce un’affordance di
collisione, un sentiero un’affordance di locomozione…
L’essere umano è in grado di introdurre cambiamenti
nell’ambiente (artefatti) per cambiare ciò che l’ambiente
“affords”.
L’informazione
affordances.
nella
luce
dell’ambiente
specifica
le
285 al
Nota: percepire le affordances non implica accedere
significato.
Gibson: le affordances
Le affordances riguardano sia la percezione che
l’azione.
Le affordances sono sia soggettive che oggettive.
Le affordances riguardano sia l’ambiente che gli
individui.
Le affordances sono variabili (ad es., una foglia è
ottima affordance per il riposo o per camminare per
una formica, non per un elefante).
Variabilità e soggettività delle affordances: sono rapportate
286 alle
dimensioni degli individui
Percepire per ri-conoscere, percepire per agire
Ci sono due vie visione-azione (Goodale e Milner, 1995):
1. una via diretta visione-azione, mediata dal sistema
dorsale how-come (affordances?)
2. una via indiretta visione-semantica-azione, mediata
dal sistema ventrale what-cosa
287
Percepire per ri-conoscere, percepire per agire
In una ricerca (Tucker & Ellis, 1998) foto di oggetti
sono state presentate centralmente sullo schermo del
computer, diritti o rovesciati, con il manico orientato a
destra o a sinistra.
Il compito dei soggetti era di premere un tasto a destra
o a sinistra per decidere se gli oggetti erano diritti o
rovesciati.
Si è trovato un’effetto di compatibilità tra la
collocazione del manico (destra/sinistra) e quella del
pulsante (destra/sinistra).
La visione di un oggetto con potenziali “affordances” ad
esso associate modifica l’azione.
288
Percezione e azione
Una corretta percezione dell’ambiente circostante è
fondamentale per consentire la preparazione e
l’esecuzione di movimenti appropriati.
Una parte del sistema visivo è principalmente coinvolta
nel tradurre le informazioni sensoriali in codici utilizzabili
per guidare il comportamento.
289
Percezione “passiva” e “attiva”
Nell’illusione di Ebbinghaus vediamo più grande il cerchio
circondato da dischi più piccoli.
Se però il cerchio è un disco da afferrare, la nostra mano
assumerà la forma più adatta per raccogliere il disco nella
sua dimensione reale, indipendentemente da quella
percepita.
290
Il sistema mirror
L’area premotoria F5 fa parte di un sistema detto mirror,
che contiene neuroni che rispondono durante l’esecuzione
di movimenti di afferramento, anche quando questi
movimenti sono compiuti da altri individui.
Per questo vengono chiamati neuroni specchio.
La loro esistenza è stata rilevata per la prima volta verso
la metà degli anni '90 dal gruppo di ricerca di Giacomo
Rizzolatti presso il dipartimento di neuroscienze
dell'Università di Parma.
Per
ottenere
attivazione
nei
neuroni mirror è necessario che
l’azione
sia
finalizzata
all’afferramento dell’oggetto.
In
questo
caso
i
neuroni
rispondono
anche
quando
il
movimento effettivo non è visibile.
291
Il sistema mirror
I neuroni specchio, più in generale, sono neuroni specifici che
si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si
osserva mentre è compiuta da altri (in particolare
conspecifici).
I
neuroni
dell'osservatore
"rispecchiano"
quindi
il
comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo
l'azione egli stesso.
Non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti: i
neuroni-specchio si attivano anche quando l'azione è
semplicemente mimata.
Sono stati individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell'uomo.
Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e
premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella
corteccia parietale inferiore. Ramachandran ha scritto un
saggio sulla loro importanza potenziale nello studio
dell'imitazione e del linguaggio.
Il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori
transitivi e intransitivi, è cioè capace di codificare sia il tipo di
azione che la sequenza dei movimenti di cui essa è composta.
Anche se il loro ruolo primario rimane quello di comprendere
le azioni altrui, il contesto umano è evidentemente più
292
complesso.
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