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7_la percezione (pdf, it, 11265 KB, 4/30/09)
Psicologia generale Dr. Alessandra Galmonte e-mail: [email protected] 1 7 La Percezione La psicologia della percezione I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la percezione visiva nei termini di una corrispondenza puntuale tra stimolo distale e percetto (vedi Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche hanno messo in discussione questo tipo di approccio. Fondamentale a questo riguardo è il contributo della psicologia della Gestalt. L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è diverso dalla somma delle parti”. Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul movimento stroboscopico (movimento apparente), che segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt. 2 La psicologia della percezione I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la percezione visiva nei termini di una corrispondenza puntuale tra stimolo distale e percetto (vedi Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche hanno messo in discussione questo tipo di approccio. Fondamentale a questo riguardo è il contributo della psicologia della Gestalt. L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è diverso dalla somma delle parti”. Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul movimento stroboscopico (movimento apparente), che segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt. 3 La psicologia della percezione I primi psicologi sperimentali hanno tentato di spiegare la percezione visiva nei termini di una corrispondenza puntuale tra stimolo distale e percetto (vedi Associazionismo). Tuttavia, numerose evidenze empiriche hanno messo in discussione questo tipo di approccio. Fondamentale a questo riguardo è il contributo della psicologia della Gestalt. L’assunzione di base della Psicologia della Gestalt era che l’esperienza cosciente non poteva essere considerata una semplice somma delle parti che la costituiscono: “il tutto è diverso dalla somma delle parti”. Nel 1912 Wertheimer pubblicò il suo celebre lavoro sul movimento stroboscopico (movimento apparente), che segnò l’inizio formale della Psicologia della Gestalt. 4 La psicologia della percezione Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt, perché veniva dimostrato che era possibile percepire qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta. Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i muscoli che controllano il movimento degli occhi causano sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in presenza di un movimento reale. Wertheimer, utilizzando una dimostrazione molto ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui movimenti oculari non era plausibile. 5 La psicologia della percezione Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt, perché veniva dimostrato che era possibile percepire qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta. Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i muscoli che controllano il movimento degli occhi causano sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in presenza di un movimento reale. Wertheimer, utilizzando una dimostrazione molto ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui movimenti oculari non era plausibile. 6 La psicologia della percezione Questa dimostrazione inferse un duro colpo a Wundt, perché veniva dimostrato che era possibile percepire qualcosa anche in assenza di una stimolazione diretta. Wundt replicò dicendo che, quando si osserva il movimento apparente, il punto di fissazione degli occhi cambia ad ogni presentazione successiva dello stimolo visivo e pertanto i muscoli che controllano il movimento degli occhi causano sensazioni identiche a quelle che verrebbero provocate in presenza di un movimento reale. Wertheimer, utilizzando una dimostrazione molto ingegnosa, dimostrò che una spiegazione basata sui movimenti oculari non era plausibile. 7 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione Sono possibili diverse descrizioni del mondo, ad esempio un dato stimolo può essere descritto: – dal un punto di vista di un fisico (tipi di materiali, caratteristiche della luce riflessa, etc.) – da un punto di vista di un neurofisiologo (quantità e qualità della risposta nervosa a livello retinico, della corteccia visiva primaria, etc.) – da un punto di vista di uno studioso della percezione (fenomenologico: descrizione di cosa si vede, ovvero l'esperienza percettiva in sé) 8 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione In molti casi le differenti descrizioni delle varie discipline non differiscono sensibilmente, per quanto usino dei termini diversi. Un esempio: 9 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione In questo caso un fisico potrà descrivere lo stimolo come un insieme di figure geometriche (o macchie d'inchiostro) più o meno regolari, ciascuna con una sua precisa posizione. Un percettologo descriverà la scena in modo abbastanza simile: cerchi incompleti e linee spezzate disposte in modo irregolare. 10 Kanizsa G. (1955) "Margini quasi-percettivi in campi con stimolazione omogenea.", Rivista di Psicologia 49 (1): 7–30 11 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione Questo nuovo stimolo è descritto da un punto di vista fisico in modo del tutto simile all'altro: un insieme di figure geometriche più o meno regolari, ciascuna con una sua precisa posizione. Per uno studioso della psicologia delle percezione le cose sono cambiate completamente: si vede un triangolo bianco con i vertici sopra tre cerchi neri. Il triangolo bianco nasconde parzialmente un altro triangolo bordato da nero. 12 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione Tre considerazioni fondamentali su questo esempio: 1. 2. 3. Da un punto di vista fisico il triangolo non esiste: per cui gli oggetti di studio e le corrispondenti descrizioni della fisica e della percezione visiva sono tra loro diversi. Tutti gli esseri umani vedono però un triangolo, per cui questo dato dell'esperienza è un fatto oggettivo e stabile. Dall'esempio segue che, anche quando le descrizioni si assomigliano, gli oggetti di studio delle due discipline rimangono distinti. 13 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione Similmente non si possono considerare i fenomeni percettivi come equivalenti ai meccanismi neurofisiologici. Farlo significa cambiare l'oggetto di studio di una disciplina con quello di un'altra (sostituire l'esperienza fenomenica con la fisiologia della visione). 14 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione La percezione ha come oggetto di studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò che noi vediamo (sentiamo,…), così come lo vediamo (sentiamo,…). Ciò che noi vediamo, così come lo vediamo, può essere chiamato un "fenomeno", dunque la percezione visiva studia i fenomeni (fenomenologia sperimentale, fenomenologia della percezione, etc.). Più precisamente, la percezione visiva studia l'organizzazione dello spazio percettivo, data una certa configurazione di stimoli limitata nel tempo e nello spazio. 15 Diversi approcci allo studio scientifico della percezione Credere di vedere le cose esattamente come sono nella realtà, ovvero credere che le proprietà dell'esperienza (colore, forma, dimensioni, etc.) dipendano direttamente dalle proprietà del mondo è detto dai percettologi realismo ingenuo. Lo studio della percezione coincide con il superamento del realismo ingenuo. 16 La psicologia della Gestalt Secondo la scuola della Gestalt la percezione non deriva da un processo gerarchico di scomposizione dell’immagine nei suoi elementi più semplici. “Il tutto è diverso dalla somma delle parti” La percezione è intesa come un processo olistico che considera la scena visiva nel suo insieme. A sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che noi normalmente non vediamo margini, tessiture e frequenze di contrasto, ma figure organizzate su uno sfondo. I principi della Gestalt permettono di capire come i singoli elementi presenti nell’ambiente vengono 17 organizzati in modo da darci l’impressione di vedere forme ed oggetti. L’organizzazione figura/sfondo La figura di RUBIN (1921) è costituita da aree bianche e nere omogenee, contigue e poste sullo stesso piano. Tipicamente, si vede un vaso nero su uno sfondo bianco. Tuttavia, seguendo i contorni del vaso, è possibile notare che costituiscono anche i profili di due volti bianchi su uno sfondo nero; questi sono invisibili, nonostante siano presenti nelle condizioni di stimolazione ed emergano dopo opportuno suggerimento. Le due immagini non sono visibili contemporaneamente: quando si percepisce una l'altra non è visibile; il risalto che assume una delle due immagini causa la perdita del carattere di “figura” dell'altra, che diventa “sfondo” e pare estendersi dietro alla “figura”, nonostante la stimolazione retinica resti immutata. I margini quindi sembrano avere una funzione unilaterale, servirebbero cioè a delimitare solo le parti del campo visivo che hanno carattere di figura, mentre la zona interfigurale, che assume fenomenicamente il carattere di sfondo, è priva di forma e non ha margini distinti (KANIZSA, 1975). 18 L’organizzazione figura/sfondo La figura di RUBIN (1921) è costituita da aree bianche e nere omogenee, contigue e poste sullo stesso piano. Tipicamente, si vede un vaso nero su uno sfondo bianco. Tuttavia, seguendo i contorni del vaso, è possibile notare che costituiscono anche i profili di due volti bianchi su uno sfondo nero; questi sono invisibili, nonostante siano presenti nelle condizioni di stimolazione ed emergano dopo opportuno suggerimento. Le due immagini non sono visibili contemporaneamente: quando si percepisce una l'altra non è visibile; il risalto che assume una delle due immagini causa la perdita del carattere di “figura” dell'altra, che diventa “sfondo” e pare estendersi dietro alla “figura”, nonostante la stimolazione retinica resti immutata. I margini quindi sembrano avere una funzione unilaterale, servirebbero cioè a delimitare solo le parti del campo visivo che hanno carattere di figura, mentre la zona interfigurale, che assume fenomenicamente il carattere di sfondo, è priva di forma e non ha margini distinti (KANIZSA, 1975). 19 L’organizzazione figura/sfondo RUBIN ha individuato le condizioni che favoriscono l'articolazione di certe zone del campo visivo come figure e di altre come sfondo. Tra le più importanti ci sono la grandezza relativa, i rapporti topologici e i tipi di margini: a parità di condizioni, tenderà a emergere come figura la zona più piccola(3), una zona inclusa(1) e circondata da altre aree, che assumeranno, invece, il carattere di sfondo. Altre condizioni che influiscono sulla segregazione figura/sfondo sono la convessità(2), che favorisce l'emergere di una figura, e la concavità dei margini, che invece tende a provocare la percezione di sfondo. (1) (2) (3) 20 L’organizzazione figura/sfondo Altro fattore è l'orientamento spaziale: le zone della scena visiva i cui assi coincidono con gli assi principali, ossia la verticale e l'orizzontale, tendono ad assumere il carattere di figura. Anche le aree simmetriche tendono ad essere percepite come figure rispetto agli sfondi che, in genere, sono asimmetrici. 21 L’organizzazione figura/sfondo Quando nessuna di queste condizioni privilegia una parte del campo visivo rispetto alle altre, si ha una situazione di instabilità e una continua reversibilità del rapporto figura/sfondo. La regione del campo visivo che diventa figura assume anche carattere oggettuale; mentre lo sfondo tende a essere vissuto come spazio vuoto. La figura ha un aspetto più solido, colore più compatto, maggior risalto, attira maggiormente l'attenzione, ha un contorno; mentre lo sfondo tende a passare dietro alla figura, che, pertanto, tende a stare sopra o davanti allo sfondo 22 L’organizzazione figura/sfondo Nel caso delle figure bistabili, quindi, assume rilevanza anche l'impostazione soggettiva dell'osservatore, che determina la segregazione figura/sfondo sulla base di uno spostamento dell'attenzione (KANIZSA, 1975). anatra/coniglio 23 vecchia/giovane L’organizzazione figura/sfondo Le figure bistabili e ambigue in generale, dimostrano che l’attività percettiva è un processo attivo, dinamico e automatico, in cui entrano in gioco processi di riorganizzazione e di reinterpretazione. 24 L’organizzazione figura/sfondo Ambiguità dell’oggetto: notate che la faccia felice rimane sopra e quella triste sotto, anche se l’intera immagine viene ruotata. 25 I principi di organizzazione formale vicinanza somiglianza destino comune buona continuazione (o continuità direzione) chiusura pregnanza (o buona forma) esperienza passata di conflitto tra leggi 26 I principi di organizzazione formale vicinanza A parità di condizioni, tendono ad essere vissuti come costituenti un’unità percettiva elementi vicini piuttosto che lontani. 27 I principi di organizzazione formale vicinanza Vicinanza e lettura A parità di condizioni, tendono ad essere vissuti come costituenti un’unità percettiva elementi vicini piuttosto che lontani. Applicazioni alla lettura: SOLITAMENTECHIARA SOLITAMENTE CHIARA SOLITA MENTE CHIARA 28 SOLITAMENTE CHI ARA I principi di organizzazione formale somiglianza A parità di condizioni, tendono a unificarsi tra di loro elementi che possiedono un qualche tipo di somiglianza. 29 I principi di organizzazione formale somiglianza Manipolando la somiglianza fra gli elementi di un’immagine è possibile creare la sensazione di un insieme unitario di elementi. Le anomalie si osservano quando alcuni elementi non rispettano il principio di raggruppamento percettivo che domina l’immagine. Questi elementi vengono percepiti come ancora più 30 diversi da tutti gli altri. I principi di organizzazione formale destino comune Parti del campo modo simile, differenza di costituirsi come visivo che si muovono insieme, o in o che comunque si muovono a altre parti del campo, tendono a unità segregate. 31 I principi di organizzazione formale buona continuazione Punti che, quando connessi, risultano in una linea retta o in una linea che curva gradualmente, formano un’unità percettiva. 32 I principi di organizzazione formale buona continuazione Elementi che presentano una direzione comune tendono ad essere percepiti come appartenenti allo stesso oggetto. 33 I principi di organizzazione formale chiusura A parità di altre condizioni, viene vissuta come un’unità percettiva una zona chiusa piuttosto che aperta. 34 I principi di organizzazione formale pregnanza Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati, armonici, costruiti secondo un medesimo principio in tutte le loro parti, che in tal modo “si appartengono” reciprocamente. 35 I principi di organizzazione formale pregnanza Il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino unità e oggetti percettivi per quanto possibile equilibrati, armonici, costruiti secondo un medesimo principio in tutte le loro parti, che in tal modo “si appartengono” reciprocamente. 36 I principi di organizzazione formale conflitto fra leggi In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di parsimonia: si impone il principio che dà origine alla configurazione più semplice. Vicinanza contro chiusura 37 I principi di organizzazione formale conflitto fra leggi In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di parsimonia: si impone il principio che dà origine alla configurazione più semplice. Vicinanza contro somiglianza 38 I principi di organizzazione formale conflitto fra leggi In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di parsimonia: si impone il principio che dà origine alla configurazione più semplice. Buona continuazione contro chiusura 39 I principi di organizzazione formale conflitto fra leggi In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di parsimonia: si impone il principio che dà origine alla configurazione più semplice. Orientamento contro somiglianza 40 I principi di organizzazione formale conflitto fra leggi In caso di conflitto tra leggi diverse, vince il principio di parsimonia: si impone il principio che dà origine alla configurazione più semplice. Esperienza passata contro chiusura e buona continuazione 41 I principi di organizzazione formale esperienza passata Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di forme sconosciute o poco familiari. In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto ad altre. 42 43 44 Le illusioni ottiche Che cos’è un’illusione? Una situazione in cui la percezione di uno stimolo da parte di un osservatore non corrisponde alle proprietà fisiche di tale stimolo. Esempio: 45 Le illusioni ottiche Una tassonomia delle illusioni bidimensionali: Illusioni Illusioni Illusioni Illusioni Illusioni di di di di di estensione area direzione posizione forma http://www.illusionworks.com/ http://psylux.psych.tu-dresden.de/i1/kaw/diverses%20Material/www.illusionworks.com/index.html http://www.viperlib.com 46 Le illusioni ottiche Illusioni di estensione Nell’illusione di Oppel-Kundt lo spazio diviso dalle linee verticali appare più lungo di quello non diviso, pur essendo fisicamente uguali. I fattori importanti sono il numero di linee e la distanza tra di esse. Se si aumenta o diminuisce uno dei due fattori l’effetto si riduce.47 Le illusioni ottiche Illusioni di estensione Nell’illusione della verticale/orizzontale la linea verticale appare più lunga dell’orizzontale nonostante le due linee siano fisicamente uguali. Inclinazioni intermedie tra l’orizzontale verticale producono illusioni intermedie. e la 48 Le illusioni ottiche Illusioni di estensione Nell’illusione di Mueller-Lyer la variante con frecce verso dentro appare più corta della variante con frecce verso fuori. I fattori importanti sono: L’angolo delle frecce - diminuendo l’angolo, diminuisce l’effetto. La lunghezza delle frecce - aumentando la lunghezza, aumenta 49 l’effetto. Oltre una certa lunghezza, l’effetto diminuisce. Le illusioni ottiche Illusioni di estensione Nell’illusione di Ponzo linee vicine all’apice di un angolo vengono viste più lunghe di linee identiche poste all’interno dell’angolo. Il fattore critico è la prossimità dell’elemento ai contorni adiacenti. Un altro fattore importante è la convergenza delle linee, che suggerisce un’interpretazione prospettica. 50 Le illusioni ottiche Illusioni di area Nell’illusione di Ebbinghaus il disco centrale circondato dai dischetti piccoli appare più grande di quello circondato dai dischi grandi. I fattori importanti sono: Il numero di dischi inducenti - aumentando il numero, aumenta l’effetto. 51 La loro distanza dal disco centrale - aumentando la distanza, diminuisce l’effetto. Le illusioni ottiche Illusioni di area Nell’illusione di Delboeuf il disco circondato dal disco più grande appare più piccolo di quello circondato dal disco piccolo. L’illusione non dipende dalla forma usata. Se viene ridotto il contrasto del disco interno, l’illusione aumenta. Se viene ridotto il contrasto del disco esterno, l’illusione diminuisce. 52 Le illusioni ottiche Illusioni di area Nell’illusione di Delboeuf il disco circondato dal disco più grande appare più piccolo di quello circondato dal disco piccolo. L’illusione non dipende dalla forma usata. Se viene ridotto il contrasto del disco interno, l’illusione aumenta. Se viene ridotto il contrasto del disco esterno, l’illusione diminuisce. 53 Le illusioni ottiche Illusioni di area Nell’illusione di Wundt-Jastrow l’oggetto che sta sopra appare più piccolo di quello che sta sotto. L’illusione è relativamente indipendente dalla forma degli oggetti, purché essi abbiano un lato più lungo dell’altro e che il lato corto di uno sia adiacente al lato lungo dell’altro. 54 L’illusione non dipende dall’orientamento dell’oggetto (sopra/sotto). Le illusioni ottiche Illusioni di area L’oggetto con il lato corto adiacente al lato lungo dell’altro oggetto appare sempre più piccolo. 55 56 Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’illusione di Zoellner se una linea è intersecata da altre linee che formano con essa un angolo acuto, essa sembra inclinata in direzione opposta alla direzione delle linee intersecanti. I fattori importanti sono: Il numero degli elementi - aumentando il numero, aumenta l’effetto. 57 L’angolo di intersezione - quanto più è acuto, più forte è l’effetto. Oltre un certo limite, l’illusione si inverte. Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’illusione di Poggendorff sebbene entrambe le linee oblique siano collineari, quella in alto a destra sembra troppo alta. I fattori importanti sono: L’angolo di intersezione - quanto più è acuto, più forte è l’effetto. A 90°°, l’illusione è assente. 58 La distanza tra le parallele - aumentando la distanza, aumenta l’effetto. Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’illusione “café wall” le linee orizzontali sono di fatto parallele, pur non apparendo come tali. I fattori importanti sono: Lo spessore delle linee - quanto più sono spesse, più debole è l’effetto. 59 Il contrasto tra elementi adiacenti - riducendo il contrasto, si riduce l’effetto. Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’illusione del quadro di riferimento figure con la stessa inclinazione sembrano diversamente inclinate in funzione dell’inclinazione del quadro che le circonda. Un fattore importante è la dimensione del quadro, infatti l’effetto 60 aumenta in modo sorprendente se esso occupa l’intero campo visivo. Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’effetto slalom di CESARO e AGOSTINI, un puntino o una linea che attraversa un pattern di linee inclinate subisce una distorsione sinusoidale della sua traiettoria. I fattori importanti sono: L’angolo di incidenza - quanto più è piccolo, più forte è l’effetto. Oltre 61 un certo limite sparisce. La velocità - l’effetto è più forte per velocità più basse. Le illusioni ottiche Illusioni di direzione e posizione Nell’illusione di Jastrow-Lipps le linee centrali parallele sembrano divergere l’una dall’altra. Un fattore importante è l’angolo che si forma tra la parte centrale della linea e i segmenti ai suoi estremi. Angoli piccoli tendono a essere sovrastimati e angoli grandi tendono a essere sottostimati. 62 Le illusioni ottiche Illusioni di forma Nell’illusione di Wundt-Hering le linee orizzontali sono diritte e parallele ma sembrano curvarsi al centro. Un fattore importante è l’angolo di intersezione. 63 Le illusioni ottiche Illusioni di forma Nell’illusione di Orbison i lati del quadrato posto al centro di un insieme di cerchi concentrici sembrano piegarsi verso l’interno. L’illusione varia a seconda della zona e della struttura geometrica su cui il quadrato viene posto (cerchi concentrici, linee radianti, etc.). Sono importanti le relazioni tra i bordi della forma dell’oggetto e il suo sfondo, cioè gli angoli, l’orientamento e la direzione degli elementi lineari che intersecano le linee 64 che definiscono la forma. Le illusioni ottiche Illusioni di forma Nell’illusione di Fraser pur essendo i cerchi concentrici si percepisce una spirale. 65 Le illusioni ottiche Illusioni di forma Nelle illusioni dei contorni illusori il triangolo che viene percepito nel centro della configurazione non è definito da margini fisicamente presenti. 66 Le illusioni ottiche Illusioni di forma Nelle illusioni dei contorni illusori il triangolo che viene percepito nel centro della configurazione non è definito da margini fisicamente presenti. 67 Il completamento amodale È alla base della permanenza percettiva degli oggetti. Sappiamo che ci sono, quindi è come se li vedessimo, anche se sono occlusi da altri elementi. 68 Le illusioni ottiche Le illusioni sono importanti per le teorie della percezione perché: Permettono di comprendere il funzionamento normale del sistema percettivo. Sono i casi in cui non c’è accordo con la realtà che sono particolarmente istruttivi per scoprire le leggi dei processi della percezione normale. BALDWIN (1895) affermò che lo studio delle illusioni è, per la comprensione della percezione “normale”, importante quanto lo studio degli stati patologici lo è per la comprensione del funzionamento normale del corpo. Sono uno strumento utile per la verifica delle teorie. Permettono il confronto tra teorie diverse. Suggeriscono nuovi esperimenti, nuove spiegazioni, nuove illusioni. 69 Le cause delle illusioni La percezione di illusioni visive determinata, oltre ai fattori già visti: può essere 1. fenomeni fisiologici, strettamente da all’elaborazione nervosa dello stimolo; legati 2. da inferenze cognitive, che hanno a che fare con ciò che sappiamo del mondo che ci circonda. 70 1. Le cause fisiologiche Alcune illusioni possono essere spiegate da fenomeni retinici, come la dispersione ottica della luce e le interazioni laterali. Entrambi questi fattori tendono a “spostare” l’intersezione percepita fra le diagonali internamente all’angolo acuto, distorcendo la percezione della lunghezza del segmento orizzontale. 71 2. Le basi cognitive …Ma le stesse illusioni possono anche essere spiegate da fattori cognitivi o legati all’esperienza. 72 2. Le basi cognitive L’immagine viene considerata nella sua globalità. Il contesto influenza la percezione dei singoli oggetti ed induce delle specifiche distorsioni di grandezza. 73 2. Le basi cognitive L’interpretazione prospettica l’illusione di Ponzo. dell’immagine determina 74 EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA effetti paradossali – figure impossibili Shepard Todorović 75 EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA effetti paradossali – figure impossibili 76 EFFETTI FUNZIONALI DELLA ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA effetti paradossali – figure impossibili 77 Le costanze percettive Il problema delle costanze visive riguarda più aspetti della psicologia della percezione (colore, grandezza, forma, posizione, etc.). Sotto il nome di costanza percettiva si unificano vari fenomeni, tutti caratterizzati dalla seguente questione: come è possibile passare da un mondo esterno stabile – almeno nelle sue principali proprietà – ad un ad un’esperienza fenomenica altrettanto stabile per mezzo di un’immagine retinica assolutamente instabile? Dimostrano che la percezione di un oggetto è indipendente dalla sua immagine retinica, ed è il risultato di un processo inferenziale. Gli indizi dati dal contesto e dalla prospettiva partecipano 78 alla formazione di queste inferenze. Le costanze percettive Costanza di grandezza Costanza di forma Costanza di colore 79 Le costanze percettive Costanza di grandezza Gli oggetti mantengono la stessa grandezza nonostante cambi la dimensione della loro immagine retinica. 80 Le costanze percettive Costanza di grandezza Per effetto della costanza di grandezza, un uomo viene visto più lontano e non più piccolo. Infatti, le variazioni registrate di grandezza sono percepite come variazioni di distanza, mentre la grandezza percepita si mantiene costante. 81 Le costanze percettive Costanza di grandezza Se gli indizi di distanza vengono progressivamente eliminati, la costanza di grandezza s’indebolisce fino a sparire del tutto. Il sole e la luna sono visti avere la stessa dimensione in quanto non ci sono indizi riguardo alla reale distanza dei due oggetti dall’osservatore. Se potessimo stimare correttamente le distanze della luna e del sole, quest’ultimo apparirebbe 400 volte più grande. 82 Le costanze percettive Costanza di grandezza Stanza di Ames 83 Le costanze percettive Costanza di forma Gli oggetti mantengono la medesima forma nonostante cambi la forma della loro immagine retinica. 84 Le costanze percettive Costanza di forma Gli oggetti mantengono la medesima forma nonostante cambi la forma della loro immagine retinica. La finestra di Ames. 85 Le costanze percettive Costanza di forma Se gli indizi di inclinazione vengono progressivamente eliminati, la costanza di forma s’indebolisce fino a sparire del tutto. 86 Le costanze percettive Costanza di colore Gli oggetti mantengono il loro colore di superficie (sia acromatico, sia cromatico), nonostante cambi la quantità o la qualità della luce della loro immagine retinica. Due cartoncini bianchi, uno posto in un ambiente illuminato, l’altro in un ambiente in ombra, appaiono avere lo stesso colore di superficie (lightness), per quanto mostrino luminosità (brightness) molto differenti. Similmente, riducendo progressivamente la quantità di luce che arriva dalle pareti di una stanza, non si ha mai la sensazione che queste stiano cambiando colore, ma piuttosto che stia avvenendo un cambiamento d’illuminazione. 87 Che cosa succede se l’intera retina viene esposta ad una stimolazione completamente omogenea? ? 88 Condizioni necessarie per la percezione del colore di superficie Un campo completamente omogeneo, cioè realizzato in modo che arrivi all'occhio la stessa luce da ogni direzione, viene definito Ganzfeld (Metzger, 1930). Nel Ganzfeld, l'unica cosa che si percepisce è una sorta di «nebbia» di consistenza indefinita. Introducendo almeno una disomogeneità all’interno del Ganzfeld la «nebbia» sparisce e si percepisce il colore di superficie. 89 Metzger (1899-1979) La percezione del colore è relazionale: un altro esempio La tecnica della stabilizzazione dell'immagine (Barlow,1963; Krauskopf,1963; Yarbus,1967) consiste nel mantenere, nelle zone del campo visivo in cui c'è un margine, una corrispondenza puntuale fra stimolo distale e stimolo prossimale, evitando che lo stesso recettore, dati i micromovimenti oculari, venga stimolato dalla luce proveniente da diversi punti del campo visivo. Pertanto, la luce riflessa da un determinato punto di una superficie va a stimolare sempre lo stesso recettore retinico. Come risultato si ha che il margine scompare e ciò che emerge è un'unica superficie di colore omogeneo. Si può quindi pensare che il sistema visivo, per determinare i diversi colori, estragga le informazioni solo dai cambiamenti dell'intensità della luce riflessa; cioè il colore verrebbe estratto dal rapporto ai margini presenti nell'immagine retinica. 90 La visione dei colori acromatici Gli elementi presenti nell’immagine riflettono una diversa quantità di luce: le cose chiare riflettono molta luce e le cose scure ne riflettono poca. Se l’occhio non fosse in grado di vedere queste diverse intensità, non si potrebbe distinguere alcun oggetto. In un’immagine in bianco e nero, la capacità umana di percepire i colori non è di nessuna utilità, ma ci si deve basare sulla capacità di percepire l’intensità della luce riflessa dalle superfici. 91 Più modi di apparenza, un’unica informazione Di che informazioni dispone il sistema visivo per percepire i colori nelle diverse modalità? Unicamente della quantità della luce che, riflessa dalle superfici, raggiunge i recettori retinici dell’occhio. Tale valore viene definito luminanza, luminanza mentre si definisce riflettanza la proporzione di luce riflessa da una superficie. L=RxI 92 Attributi del colore di superficie Negli studi sulla percezione dei colori acromatici ci si riferisce in genere a due attributi del colore di superficie: uno relativo al suo modo di apparire e uno relativo alla sua intensità. Il modo di apparire superficiale definisce la dimensione della bianchezza, che varia lungo un continuum che va dal bianco al nero e che è il correlato fenomenico della riflettanza. Ogni bianchezza si presenta con un determinato grado del suo attributo intensivo, cioè nella dimensione della chiarezza, che varia lungo un continuum che va dal chiaro allo scuro e che è il correlato fenomenico dell’intensità dell’illuminazione. Il colore di superficie ha sia un valore di bianchezza, sia 93 uno di chiarezza, mentre il colore visto nel modo filmare può avere soltanto un valore di chiarezza. Il problema della classificazione dei margini Margine d’illuminazione Luminanza Margine di riflettanza Occhio Spazio Come fa il sistema visivo, che dispone solo della luminanza, a percepire sia la bianchezza che la chiarezza e quindi a ricostruire i dati fisici della riflettanza e 94 dell’intensità dell’illuminazione? Il problema della classificazione dei margini Questo fatto ha portato alla classificazione dei margini in due categorie: margini d’illuminazione e margini di riflettanza. MARGINE D’ILLUMINAZIONE MARGINE DI RIFLETTANZA 95 Il problema della classificazione dei margini la luce che arriva dalle superfici alla retina può essere prodotta o da cambiamenti nel livello della luce incidente, cioè dall’intensità dell’illuminazione, o da cambiamenti di riflettanza, cioè della pigmentazione delle superfici. CAMBIAMENTO DI ILLUMINAZIONE Tina Modotti Stadium, Mexico City 1927 CAMBIAMENTO DI RIFLETTANZA Piet Mondrian Composition with Gray and Light Brown 1918 96 Maurits Cornelis Escher Reptiles 1943 97 Rembrandt Joseph accused by Potiphar’ Potiphar’s wife 1655 98 Le ombre 99 Come fa il sistema visivo a riconoscere un margine d’illuminazione da un margine di riflettanza? Il principio del rapporto Il profilo di luminanza del margine 100 L’effetto Gelb luce ambientale debole schermo disco nero disco bianco fonte di luce La fonte di luce viene nascosta al soggetto, che giudica il disco bianco e quello nero come uguali. Se si pone nel raggio di luce un piccolo pezzo di 101 carta bianca il disco nero viene visto come tale. L’effetto Gelb 102 La costanza 103 La costanza 104 La costanza 105 La costanza 106 La costanza 107 La costanza Nel fenomeno della costanza la percezione del colore di una superficie tende a non modificarsi al variare dell'illuminazione, quindi della stimolazione locale. Katz (1935) aveva osservato che la bianchezza di due quadrati grigi identici in riflettanza, posti uno in un ambiente illuminato e uno in un ambiente in ombra, cambia di poco con la variazione dell'illuminazione. Fenomenicamente i due quadrati apparivano di bianchezza uguale 108 ma di chiarezza molto diversa. Spiegazioni del fenomeno Wallach (1948) ha proposto il principio del rapporto tra luminanze adiacenti. In una stanza completamente buia, egli aveva posto quattro proiettori, a intensità variabile, ognuno dei quali proiettava un fascio di luce che si distribuiva su di uno schermo. Prima d'iniziare l'esperimento veniva fissata la luminanza di uno dei due anelli e quella dei due dischi. Il compito degli osservatori era quello di regolare la luminanza dell'altro anello in modo tale che la bianchezza dei dischi fosse uguale. I risultati ottenuti indicano una corrispondenza quasi perfetta tra la bianchezza del disco e il rapporto tra la sua luminanza e quella dell'anello che lo circonda. Quindi la costanza verrebbe 100 10 spiegata dalla constatazione rapporto tra che il 1 10 luminanze adiacenti rimane costante al variare dell'illuminazione comune, mentre il contrasto sarebbe dovuto alla differenza del rapporto tra la luminanza109dei target e dei rispettivi sfondi. ? Il contrasto simultaneo 110 Il contrasto simultaneo Nel fenomeno del contrasto simultaneo, il grigio sullo sfondo di destra appare più nero del grigio sullo sfondo di sinistra. 111 Spiegazioni del fenomeno La teoria dell’inferenza inconscia di Helmholtz (1868/1962) Nel contrasto, il grigio posto sullo sfondo bianco verrebbe percepito come se fosse all'interno di un ambiente fortemente illuminato, viceversa per l'altro; siccome la luminanza per i due grigi è uguale, il sistema percettivo, mediante un'inferenza inconscia sui livelli di illuminazione, assegnerebbe erroneamente un valore di bianchezza più basso a quello dei due che sembra essere più illuminato (sfondo bianco) e un valore più alto a quello posto sullo sfondo nero, in quanto sembra meno illuminato. La teoria del livello di adattamento di Helson (1938,1964) Il sistema percettivo eseguirebbe una media ponderata di tutte le luminanze presenti nella scena visiva e, conseguentemente a questa, assegnerebbe i valori di bianchezza alle diverse superfici. Nel contrasto le luminanze uguali dei due grigi verrebbero divise per livelli di adattamento diversi, poiché lo sfondo nero e quello bianco, data la loro prossimità, assumono più peso nel calcolo dei livelli di adattamento per ognuno dei due grigi. La teoria dell’inibizione laterale [Hering, 1920/1964] La percezione del colore di superficie sarebbe il risultato di due processi antagonisti che avvengono a livello della retina, uno costituito dall'eccitazione del recettore stimolato dalla luce che lo colpisce, l'altro dall'inibizione su di esso ad opera dei recettori adiacenti. Nel contrasto i grigi, di luminanza uguale, evocano lo stesso livello di eccitazione, ma i due sfondi evocano diversi livelli di inibizione, pertanto il livello di inibizione esercitata dallo sfondo bianco sul suo grigio sarebbe maggiore 112 rispetto a quella esercitata dallo sfondo nero. Il contrasto simultaneo Benussi-Koffka 113 Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva Wertheimer, 1923 Il triangolino inserito tra le braccia della croce appare più nero di quello che sta nella croce, nonostante i cateti di entrambi confinino con una zona a bassa riflettanza e le 114 loro ipotenuse con una zona ad alta riflettanza. Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva Benary (1924) 115 Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva White (1979) 116 Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva Agostini e Proffitt (1993) Buona continuazione Buona continuazione + destino comune Destino comune Il principio dell’appartenenza può essere generalizzato ad altre situazioni e l’effetto di contrasto si verifica anche in assenza di contiguità spaziale. 117 Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva Agostini e Galmonte (2002) Nonostante siano completamente circondate da uno sfondo ad alta riflettanza, le linee tratteggiate del cubo di sinistra vengono viste più bianche di quelle del cubo di destra, perché appartengono agli angoli a bassa riflettanza. Viceversa per il cubo di destra. L'effetto di contrasto è determinato dalle relazioni di appartenenza (fattori globali) e non dall’inibizione laterale 118 (fattori locali). Il contrasto e i fattori di organizzazione percettiva Per riassumere… Il contrasto simultaneo è influenzato dall’organizzazione percettiva Diversi fattori di organizzazione percettiva elicitano effetti di contrasto L’appartenenza spiega il fenomeno del contrasto L’effetto di contrasto si verifica anche in assenza di contiguità spaziale L'effetto di contrasto è determinato dalle relazioni di appartenenza (fattori globali) e non (solo) dall’inibizione 119 laterale (fattori locali) Illuminazione apparente e ombre Il sistema percettivo assume che la fonte di luce provenga dall’alto. 120 Kleffner e Ramachandran (1992) Illuminazione apparente e ombre Il sistema percettivo assume che la fonte di luce provenga dall’alto. 121 Illuminazione apparente e ombre L’orientamento delle ombre (proprie) determina il modo in cui le variazioni di una superficie saranno viste. Kersten, Knill, Mamassian & Bülthoff (1996) 122 Illuminazione apparente e ombre L’orientamento delle ombre (proprie) determina il modo in cui le variazioni di una superficie saranno viste. Kersten, Mamassian & Knill (1991) 123 Ombre e modi di apparire del colore Kanizsa (1954) 124 Illuminazione apparente Kennedy (1976) Sun figure Black Hole figure 125 Illuminazione apparente Zavagno e Caputo (2001) 126 I profili di luminanza graduali sono stati usati dai pittori del tardo Rinascimento per dare alle aureole un’impressione di luminosità. Tintoretto The last supper 127 Il contrasto e l’illuminazione apparente Adelson (1993) “In queste nuove illusioni la bianchezza è fortemente influenzata dall’organizzazione percettiva degli stimoli.” 128 Il contrasto e l’illuminazione apparente Schirillo e Shevell (1997) Condizione senza margine di illuminazione apparente Condizione con margine di illuminazione apparente 129 Il contrasto e l’illuminazione apparente Agostini e Galmonte (2002) 130 Il contrasto e l’illuminazione apparente A B C D Agostini e Galmonte (2002) 131 Il contrasto e l’illuminazione apparente Adelson (1995) 132 Il contrasto e l’illuminazione apparente Lotto (1999) 133 Il contrasto e l’illuminazione apparente Anderson e Winawer (2005) 134 Il contrasto e l’illuminazione apparente Per riassumere… I gradienti graduali di luminanza vengono percepiti dal sistema visivo come indice di un cambiamento nell’illuminazione Il contrasto simultaneo è influenzato dall’illuminazione apparente L’effetto di contrasto in condizioni di illuminazione apparente è più forte L’effetto di contrasto è determinato dal fatto che il sistema visivo è in grado di classificare i margini (margini di riflettanza vs margini di illuminazione) 135 Per concludere… Il contrasto simultaneo è influenzato dai fattori di organizzazione percettiva (fattori globali) e dall’illuminazione apparente I fattori globali competono o concorrono con quelli locali nel determinare l’effetto di contrasto L’illuminazione apparente elicita i meccanismi della costanza e quindi concorre nel determinare l’effetto di contrasto 136 Assimilazione Accanto ai fenomeni di contrasto percettivo ce ne sono altri che hanno come risultato una riduzione delle differenze tra le caratteristiche acromatiche delle superfici indotte e di quelle inducenti: questi fenomeni sono noti come "fenomeni di assimilazione" o "eguagliamento". Assimilazione acromatica (effetto Von Bezold) Il grigio sul quale sono sparsi gli elementi bianchi appare più bianco del grigio sul quale sono sparsi gli elementi neri. L'effetto osservato è di assimilazione in quanto lo sfondo in ambedue i casi si arricchisce di una componente acromatica simile a quella degli elementi sparpagliati su di esso. Assimilazione cromatica 137 Assimilazione Aumentando la dimensione degli elementi si passa dalla percezione dell’assimilazione a quella del contrasto (Helson, 1964). Helson osservò che il fenomeno di assimilazione si trasforma in fenomeno di contrasto quando: a) la larghezza delle barre aumenta; b) la distanza tra le barre aumenta; c) sia la larghezza delle barre che la distanza tra di esse aumentano. Inoltre, egli trovò che per specifiche combinazioni tra la larghezza delle barre e la loro distanza si hanno condizioni figurali in cui si osserva una zona neutrale in cui non c'è né assimilazione, né contrasto, vale a dire che il grigio dello sfondo viene percepito in maniera veridica. 138 Assimilazione Fuchs (1923) dimostrò che quando un elemento di un dato colore cromatico può venire organizzato con ciascuno di due gruppi di elementi di colore diverso, il colore dell'elemento è assimilato al colore degli elementi del gruppo con il quale esso viene organizzato. Il disco arancione è il vertice comune di due quadrilateri, uno formato da dischi rossi e l'altro formato da dischi gialli e può essere visto, a seconda dell'impostazione soggettiva, sia come un elemento che appartiene al quadrilatero composto dai dischi gialli, sia come un elemento che appartiene a quello composto dai dischi rossi. Quello che si osserva è che se il disco arancione è organizzato con i dischi rossi esso appare di una tonalità cromatica più vicina al rosso di quando esso è organizzato con i dischi gialli. Dall'esito di questi esperimenti Fuchs concluse che l'appartenenza produce assimilazione cromatica. Assimilazione 139 Assimilazione L’effetto acquarello (watercolor effect, originariamente scoperto da Bozzi) è un effetto assimilativo a lungo raggio in cui vi è una propagazione all’interno dell’oggetto del colore emanato da un contorno sottile colorato e giustapposto all’interno di un contorno cromatico più scuro. Pinna, Brelstaff e Spillmann (2001) 140 La percezione del colore 141 Perché il colore è importante? PER INDIVIDUARE MEGLIO DOVE E’ LA PALLINA? 142 Perché il colore è importante? PER DISCRIMINARE MEGLIO COSA C’È SCRITTO? 143 Perché il colore è importante? PER CAPIRE MEGLIO FIGURE OCCLUSE 144 Perché il colore è importante? PER VALUTARE LA QUALITÀ SE DOVESTE SCEGLIERE? 145 Perché vedere a colori? La funzione principale del sistema visivo è quella di rilevare margini, gradienti di contrasto, al fine di suddividere la scena in oggetti e sfondo. Immagine completa a colori Solo bianco e nero Diamo per scontato che superfici appartenenti a oggetti diversi differiscano sempre in luminanza. Ma cosa succederebbe se ogni porzione della scena che vediamo fosse equiluminante? In alcuni casi elemento utile. il colore è Solo colore l’unico 146 Cos’è il colore Il colore non è una proprietà degli oggetti, ma un'esperienza soggettiva. L’esperienza del colore dipende da due fattori: 1) la luce riflessa dagli oggetti 2) le proprietà dell’occhio e del sistema nervoso 147 Come si descrive il colore I colori si differenziano caratteristiche diverse: sulla base di tre tinta (hue) saturazione (saturation) bianchezza (lightness) 148 Come si descrive il colore I parametri del colore Tinta Saturazione Bianchezza 149 Come si descrive il colore TINTA (HUE) È la qualità che permette di distinguere un colore dall’altro, il rosso dal giallo, dal blu, etc. Viene calcolata come una posizione sulla ruota dei colori ed è espressa in gradi da 0° a 360°. È il colore riflesso da un oggetto. La grandezza fisica corrispondente è la lunghezza d’onda. 150 Differenze di tinta (con saturazione e bianchezza costanti) Come si descrive il colore SATURAZIONE (SATURATION) Si riferisce a quanto il colore è vivido (intenso, vivace, puro) o pallido (sbiadito, slavato, scolorito). Alta saturazione equivale a un colore intenso. Tecnicamente si riferisce a quanto il colore si differenzia da un grigio della stessa chiarezza. Quando i colori si desaturano tendono al grigio. Sulla ruota dei colori, la saturazione aumenta dal centro verso l'esterno. È calcolata come percentuale da 0% (grigio) a 100% (saturazione completa). La grandezza fisica corrispondente è la forma d’onda. 151 Differenze di saturazione (con tinta e bianchezza costanti) Come si descrive il colore BIANCHEZZA (LIGHTNESS) Si riferisce a quanto un colore è chiaro o scuro ed è legata alla percentuale di luce riflessa fisicamente dalla superficie. Il suo valore più alto corrisponde al bianco e il più basso al nero. Cambiare la bianchezza equivale o ad aggiungere bianco, rendendo il colore più chiaro, o ad aggiungere nero, rendendo il colore più scuro. È generalmente misurata come percentuale da 0% (nero) a 100% (bianco). La grandezza corrispondente è dell’onda. fisica l’ampiezza 152 Differenze di bianchezza (con tinta e saturazione costanti) Come si descrive il colore 153 Quanti colori possiamo vedere? Teoricamente un osservatore normale è in grado di distinguere fra loro più di 7 milioni di colori, nati dalla variazione di bianchezza e saturazione di circa 150 tinte diverse, che sono quelle che un osservatore normale è capace di discriminare. 154 Percezione dei colori Quanti recettori sensibili alle lunghezze d’onda servono? Solo tre e non un numero uguale a quello dei colori che possono essere distinti, perché i colori si possono mescolare. Ogni tipo di colore può essere ottenuto dalla miscela di tre colori. 155 Percezione dei colori MESCOLANZA DI COLORI Ci sono due tipi di mescolanze: –Mescolanze additive: mescolanze di luci di lunghezza d’onda diversa (es., tv). Quando due luci di lunghezza d’onda diversa vengono mescolate, noi non vediamo più due colori, ma un nuovo colore. –Mescolanze sottrattive: mescolanze di pigmenti (es. stampe), sostanze colorate. 156 Miscela additiva È il tipo di mescolanza fatta dall’occhio. È definita come il fenomeno per cui luci di differente lunghezza d'onda, che, viste singolarmente, ci appaiono ciascuna colorata in modo diverso, generano, sommate insieme, la visione del bianco. Ai fini della creazione di un sistema affidabile per la generazione di colori ottenuti miscelando luci colorate, si ricorre solitamente all'uso di tre colori, che sono definiti primari. I primari utilizzati oggi nei televisori, nei monitor dei computer e nei sistemi di grafica digitale sono il rosso, il verde e il blu. È caratterizzata dal fatto che le lunghezze d’onda contenute in ciascuna luce raggiungono tutte l’occhio quando le luci vengono sovrapposte: Dove tre raggi rosso, verde e blu si sovrappongono, appare il bianco. Dove, invece, si sovrappongono solo la luce rossa e quella verde, vediamo il giallo. Nella zona di sovrapposizione tra verde e blu, il colore percepito è il ciano. Dove di mescolano il rosso e il blu, il colore percepito è il magenta. 157 Combinazione additiva di pigmenti George Seurat La parata del circo 18871887-1888 158 Miscela sottrattiva Se vogliamo assegnare un colore ad un oggetto usando dei pigmenti colorati, di fatto stabiliamo quali lunghezze d’onda saranno assorbite da quell’oggetto. Più saranno i pigmenti colorati miscelati fra loro e maggiore sarà la quantità di luce assorbita dalla miscela. Esempio: Il pigmento giallo riflette le lunghezze d’onda corrispondenti al giallo e una parte di quelle corrispondenti al verde e assorbe le altre (rosso, arancio, blu). Il pigmento blu riflette quelle corrispondenti al blu e una parte di quelle corrispondenti al verde e assorbe le altre (rosso, arancio, giallo). Il verde è l’unica componente riflessa, dato che veniva riflessa separatamente da entrambi i pigmenti. 159 Percezione dei colori Mescolanze sottrattive Mescolanze additive mescolanze di pigmenti mescolanze di luci I colori primari sono: magenta, giallo, ciano I colori primari sono: rosso, verde, blu 160 I metameri Sono colori percettivamente identici che possono essere creati con combinazioni diverse di luci con diversa lunghezza d’onda. In generale il termine si riferisce a qualsiasi coppia di stimoli che sono percepiti essere identici nonostante le differenze a livello fisico. Ciò avviene perché la nostra percezione dei colori dipende dal rapporto con cui sono eccitati i tre tipi di coni: se due luci provocano la stessa risposta nei tre tipi di coni, allora le due luci sembrano uguali. 161 Colori complementari Sono i colori opposti nella ruota dei colori (es. il 4 e il 52). Contrasto simultaneo cromatico: Nonostante il cerchio grigio sia di un colore uniforme, quando è sovrapposto ad un quadrato colorato tenderà ad apparire più simile al colore opponente. 162 Colori consecutivi Fissate per 30 s il puntino nero all’interno del rettangolo rosso e poi fissate il puntino nero all’interno del rettangolo bianco. 163 Colori consecutivi Effetti postumi cromatici (afterimages): in seguito all’adattamento ad una particolare immagine colorata, osservando poi una superficie bianca si avrà l’impressione di vedere un’immagine postuma dei colori opponenti a quella di adattamento. 164 Anomalie nella visione dei colori L’esperienza del colore non è la stessa per tutti: – la normale visione dei colori è detta TRICROMATICA ed è variabile da individuo a individuo – a parte le variazioni fra individuo e individuo, vi sono persone la cui visione del colore differisce notevolmente dalla norma Queste persone soffrono di acromatopsia o discromatopsia, cioè non sono rispettivamente in grado di distinguere i colori o certi colori. L’incidenza di tale fenomeno varia con la razza (fra i bianchi è doppia rispetto ai neri) e con il sesso (nei maschi è 100 volte più frequente che nelle femmine)165 ed è in molti casi ereditario. Anomalie nella visione dei colori TAVOLE DI ISHIHARA usate per valutare anomalie nella visione rosso-verde Le persone affette da daltonismo non vedono i numeri: 166 29, 45, 6, 8 Anomalie nella visione dei colori TAVOLE DI ISHIHARA Queste tavole sono create in modo da permettere un raggruppamento degli elementi basato sul colore. Solo potendo riconoscere i colori è possibile segregare la figura dallo sfondo. Il 7 in questa tavola non viene visto dalla maggior parte 167 dei Daltonici. Anomalie nella visione dei colori TAVOLE DI ISHIHARA Mentre la maggior parte delle persone vede 8, i daltonici protanopi vedono nettamente 3. 168 Anomalie nella visione dei colori TAVOLE DI ISHIHARA I daltonici protanopi vedono solo il 5. I daltonici deuteranopi vedono solo il 3. Solo i non daltonici possono vedere entrambi i numeri. 169 Anomalie nella visione dei colori TAVOLE DI ISHIHARA Qui non si vede proprio nulla… I daltonici protanopi però vedono il numero 73! 170 Anomalie nella visione dei colori 171 Anomalie nella visione dei colori 172 La percezione dello spazio e della profondità 173 Il mondo è tridimensionale... ma viene percepito da un sistema di recettori bidimensionale… 174 Distanza e movimento La percezione del movimento si collega direttamente alla percezione della distanza e della profondità di un oggetto. Possiamo percepire un oggetto in movimento verso di noi se la sua immagine proiettata sulla retina diventa sempre più grande, come, ad esempio, percorrendo un viale alberato con l’automobile, vediamo gli alberi diventare sempre più grandi al nostro avvicinarsi. Ciò non è sempre vero: 175 Distanza e movimento Nell’illusione del breathing square sono assenti gli indizi fisiologici e pittorici di profondità, che sono invece normalmente presenti nel nostro ambiente. 176 Indizi di profondità: indizi fisiologici Gli indizi fisiologici sono: • l’accomodamento del cristallino: il cristallino modifica la sua forma in funzione della distanza del fuoco • la vergenza degli occhi: l’azione coordinata dei muscoli che controllano il movimento degli occhi • la disparità binoculare: l’occhio destro vede infatti l’oggetto un po’ più a destra, l’occhio sinistro un po’ più a sinistra • la parallasse di movimento: rispetto al punto di fissazione, gli oggetti più lontani appaiono muoversi nella stessa direzione del movimento dell’osservatore, mentre quelli più vicini sembra che si muovano in direzione opposta →Rispecchiano il funzionamento dei recettori sensoriali. 177 cromatostereopsi il testo in blu appare più lontano che il testo in rosso appare più vicino che il testo in blu appare più lontano che il testo in rosso appare più vicino che il testo in blu appare più lontano che il testo in rosso appare più vicino che il testo in blu appare più lontano che il testo in rosso appare più vicino che 178 cromatostereopsi 179 cromatostereopsi 180 cromatostereopsi 181 La percezione della profondità è innata Sulla base degli indici fisiologici agiscono comportamenti innati, che si manifestano nei bambini e negli animali, come nel caso dell’esperimento di Gibson e Walk (1960), che hanno dimostrato che di fronte ad un visual cliff, cioè un pavimento di vetro trasparente sotto il quale vi è, a un certo punto, una buca, i bambini, già a 6 mesi, evitano di passarci sopra. 182 La percezione della profondità è innata 183 Indizi di profondità: indizi pittorici Gli indizi pittorici (o psicologici) sono: • L’occlusione: quando un oggetto è interposto, nascondendone quindi in parte un altro, il secondo viene automaticamente percepito come più lontano. • La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto più grande viene visto più vicino. • L’altezza relativa: sotto all’orizzonte, oggetti più in alto nel campo visivo appaiono più lontani. • La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino. • La prospettiva aerea: gli oggetti più nitidi e brillanti sono visti più vicini. • La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a convergere all’aumentare della distanza. • Il gradiente di tessitura: gli oggetti con trama più fitta appaiono più lontani. • La dimensione familiare: la conoscenza delle dimensioni degli oggetti aiuta a giudicare la distanza da essi e da quelli che li circondano. → Rispecchiano il funzionamento nell’organizzare i dati sensoriali. della mente 184 Indizi di profondità Gli indizi fisiologici sono meno forti di quelli psicologici, e in caso di contrasto, prevalgono i secondi sui primi. 185 Indizi di profondità 1. Indizi monoculari Le informazioni provenienti da ognuno dei due occhi sono sufficienti per raggiungere una stima di distanza e di profondità. 2. Indizi binoculari Le operazioni che determinano una percezione ottimale della terza dimensione richiedono però che le informazioni provenienti dai due occhi siano combinate/confrontate. Provereste a guidare con un occhio solo? 186 Gli indizi monoculari Fisiologici - L’accomodazione (o accomodamento) - La proiezione retinica Pittorici - L’occlusione (o interposizione) - La grandezza relativa - L’altezza relativa - La dimensione familiare - La luminosità e l’ombreggiatura Pittorici-Prospettici - Il gradiente di tessitura - La prospettiva lineare - La prospettiva aerea Cinetici - La parallasse di movimento - L’effetto cinetico di profondità 187 Gli indizi monoculari (fisiologici): l’accomodazione L’accomodamento del cristallino: il cristallino modifica la sua forma in funzione della distanza del fuoco Cristallino Fuoco Cristallino Fuoco 188 Gli indizi monoculari (fisiologici): l’accomodazione Il grado di contrazione dell’anello di muscoli ciliari viene usato per valutare la distanza degli oggetti. 189 Gli indizi monoculari (fisiologici): la proiezione retinica Maggiore è la distanza di un oggetto e minore sarà la sua proiezione retinica. Oggetti di dimensioni molto diverse possono però occupare lo stesso angolo visivo, mettendo in discussione questa semplice regola. 190 Gli indizi monoculari (pittorici): l’occlusione L’occlusione (o interposizione o sovrapposizione): quando un oggetto nasconde in parte un altro, il secondo (oggetto occluso) viene automaticamente percepito come più lontano, dietro all’oggetto che lo copre (oggetto occludente). Notare che per l’oggetto occluso vale anche un altro fenomeno percettivo, il completamento amodale: amodale “completamento” perché l’oggetto occluso appare completarsi dietro l’occludente, e “amodale” perché la parte nascosta è presente nella nostra esperienza ma non è specificata nella modalità sensoriale. 191 Gli indizi monoculari (pittorici): l’occlusione Indizio “non-metrico”: determina l’ordine, non le distanze. 192 Gli indizi monoculari (pittorici): l’occlusione 193 Gli indizi monoculari (pittorici): la grandezza relativa La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto più grande viene visto più vicino. 194 Gli indizi monoculari (pittorici): la grandezza relativa La grandezza relativa: a parità di condizioni, l’oggetto più grande viene visto più vicino. 195 Gli indizi monoculari (pittorici): l’altezza relativa L’altezza relativa: nel campo visivo osservatore giudica la sua altezza nel oggetto. sotto all’orizzonte, oggetti più in alto appaiono più lontani. Quando un la distanza di un oggetto, considera campo visivo in relazione all’altro 196 Gli indizi monoculari (pittorici): la dimensione familiare La dimensione familiare: attraverso l’esperienza, gli osservatori diventano familiari con la dimensione tipica di certi oggetti. La conoscenza delle dimensioni degli oggetti aiuta a giudicare la distanza da essi e da quelli che li circondano. 197 Gli indizi monoculari (pittorici): la dimensione familiare A prescindere dall’angolo visivo che ricoprono, è molto difficile stimare la distanza di oggetti nuovi, che non abbiamo mai visto prima. Questa operazione diventa immediatamente più facile se abbiamo a disposizione degli oggetti familiari che possono essere usati come riferimento. 198 Gli indizi monoculari (pittorici): la luminosità La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino. 199 Gli indizi monoculari (pittorici): la luminosità e l’ombreggiatura La luminosità: l’oggetto più luminoso appare più vicino. 200 Gli indizi monoculari (pittorici): la luminosità e l’ombreggiatura 201 Gli indizi monoculari (pittorici): la luminosità e l’ombreggiatura 202 Gli indizi monoculari (pittorici): l’ombreggiatura Il sistema percettivo fa l’assunzione che luce proviene dall’alto. Cambiando la direzione di provenienza della luce si altera il modo in cui gli oggetti vengono percepiti, ad esempio se concavi o convessi. Questi effetti sono più marcati se gli oggetti illuminati sono poco significativi e/o poco conosciuti. 203 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): il gradiente di tessitura Il gradiente di tessitura: gli oggetti con trama più fitta appaiono più lontani. Un gradiente di tessitura si osserva ogni volta che una superficie viene vista in prospettiva invece che direttamente dall’alto. La tessitura diviene più densa e meno dettagliata mano a mano che la superficie si allontana sullo sfondo, e questa trasformazione aiuta a giudicare la profondità. 204 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): il gradiente di tessitura 205 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): il gradiente di tessitura Se una tessitura regolare non ha una densità uniforme, la parte più densa di elementi appare più lontano. 206 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): il gradiente di tessitura Gradiente ecologico 207 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): il gradiente di tessitura Gradiente di tessitura non ecologico 208 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva lineare La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a convergere all’aumentare della distanza. 209 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva lineare La prospettiva lineare: le linee parallele tendono a convergere all’aumentare della distanza. 210 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva lineare 211 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva lineare 212 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva aerea La prospettiva aerea: gli oggetti più nitidi e brillanti sono visti più vicini. L’aria contiene particelle microscopiche di polvere e umidità che fanno apparire gli oggetti lontani sfuocati o nebbiosi, e questo effetto viene usato per giudicare la distanza. 213 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva aerea La prospettiva aerea: appaiono grigio-azzurro. le montagne più lontane 214 Gli indizi monoculari (pittorici/prospettici): la prospettiva aerea Gli oggetti che hanno un contrasto minore con lo sfondo sono percepiti come più distanti. 215 Gli indizi monoculari (cinetici): la parallasse di movimento La parallasse di movimento: rispetto al punto di fissazione, gli oggetti più lontani appaiono muoversi nella stessa direzione del movimento dell’osservatore, mentre quelli più vicini sembra che si muovano in direzione opposta. La velocità del movimento di un oggetto fornisce un indizio anche sulla sua distanza. Gli oggetti più lontani appaiono muoversi più lentamente. Punto di fissazione 216 Movimento dell’osservatore Gli indizi monoculari (cinetici): la parallasse di movimento La distanza degli oggetti viene stimata in base alla velocità con cui le rispettive proiezioni si spostano sulla retina. Gli oggetti che all’interno della scena si spostano più velocemente sono considerati più vicini. Per sfruttare la parallasse di movimento come indizio di profondità è ovviamente necessario essere in movimento. 217 Gli indizi monoculari (cinetici): l’effetto cinetico di profondità Degli oggetti che se immobili appaiono bidimensionali, possono apparire tridimensionali quando sono in movimento. 218 Due retine, una sola immagine I due occhi hanno punti di vista differenti: in ogni momento ci sono quindi due diverse immagini retiniche disponibili. Dal confronto fra queste due immagini è possibile ottenere una percezione molto accurata della profondità. 219 Due retine, una sola immagine Differenti posizioni di osservazione risultano in viste 2D differenti della stessa scena a 3D. 220 Due retine, una sola immagine Avere due occhi invece comporta molti vantaggi, molti dei quali sono legati alla percezione della profondità. Avere due occhi permette anche: a) di avere un campo visivo più esteso b) di poter ottenere sommazione binoculare c) di avere un sistema ridondante capace di permettere la visione anche nel caso che uno dei due occhi venga danneggiato 221 Due retine, una sola immagine I predatori hanno occhi frontali (per la visione binoculare), mentre le prede hanno occhi laterali (per massimizzare il campo). 222 Gli indizi binoculari Fisiologici – Convergenza (o vergenza) – Disparità retinica La visione della profondità mediata dalla disparità retinica è detta stereopsi. 223 Gli indizi binoculari (fisiologici): la convergenza La vergenza degli occhi: l’azione coordinata dei muscoli che controllano il movimento degli occhi infinito lontano vicino 224 Gli indizi binoculari (fisiologici): la disparità retinica In molti casi gli oggetti nel campo visivo non proiettano a punti corrispondenti, e si avrà una disparità fra le immagini elaborate da ciascuna retina. La disparità è maggiore con l’aumentare della distanza fra gli oggetti visibili nella scena. 225 Studiare la visione stereoscopica La visione stereoscopica ci conferisce una straordinaria capacità di valutare le distanze relative fra oggetti. Grazie a questi meccanismi siamo in grado di rilevare una differenza di meno di 0,05 mm fra le distanze di oggetti collocati a 50 cm da noi. Se ai due occhi vengono proiettate immagini leggermente disparate queste verranno fuse fra loro e si avrà la sensazione di tridimensionalità. Occhio sinistro Occhio destro 226 Studiare la visione stereoscopica Molti ma non tutti percepiscono la profondità ottenuta dalla stereopsi, una condizione conosciuta come stereoblindness. Può esser causata per esempio di disturbi visivi patiti durante l’infanzia, come lo strabismo, che consiste in un errato allineamento dei due occhi. 227 Gli stereogrammi Sono delle immagini che differiscono fra loro quanto potrebbero differire se fossero osservate dai nostri due occhi separatamente. I primi stereogrammi risalgono al 1838 ad opera del fisico inglese Charles Wheatstone, che inventò lo stereoscopio, apparecchio che ricomponeva, grazie ad un sistema di specchi, due immagini poste a pochi centimetri l'una dall'altra e raffiguranti lo stesso oggetto, ma con un angolo di visuale leggermente diverso. 228 Lo stereoscopio di Wheatstone 229 Lo stereoscopio di Wheatstone 230 Vedere gli stereogrammi Il modo più efficace per vedere la tridimensionalità generata dagli stereogrammi è usare uno stereoscopio, che mostrando le due immagini separatamente ad ogni occhio ci porta a fondere le due immagini in una sola, tridimensionale. 231 Vedere gli stereogrammi 232 Gli anaglifi Indossando degli occhiali con una lente rossa e una verde (o blu) le linee rosse vengono viste da un occhio e quelle verdi (o blu) dall’altro, creando un illusione di profondità stereoscopica. 233 I random-dot stereograms (Julesz) La visione della tridimensionalità può essere ottenuta anche usando stereogrammi molto semplificati. Risalgono agli anni ‘70, e consistono in un apparente coppia di disegni puntiformi casuali che invece forniscono, in particolari condizioni di osservazione, una singola immagine tridimensionale. 234 I random-dot stereograms (Julesz) Gli stereogrammi “Random dot” possono solo essere visti utilizzando indici di profondità binoculari: essi infatti non contengono indici di profondità monoculari. 235 Autostereogrammi Un autostereogramma è uno stereogramma a immagine singola, studiato per creare l’illusione visiva di una scena 3D da un’immagine 2D. Quando visti con la vergenza appropriata i pattern appaiono galleggiare sopra o sotto lo sfondo. Ogni pixel dell’immagine è calcolato da una mappa di profondità. Gli autostereogrammi sono simili agli stereogrammi normali solo che non devono essere visti tramite uno stereoscopio. Possono essere visti in uno di due modi: in uno è richiesto che gli occhi adottino un angolo il più possibile parallelo, nell’altro viene richiesto di convergere gli occhi. In questo autostereogramma i punti appaiono a diverse profondità. 236 Autostereogrammi I SIS (Single Image Stereograms) riescono ad incorporare in una singola immagine le informazioni di due RDS. L'immagine viene creata tramite un pattern di punti apparentemente casuali, ma che invece, sapientemente disposti, formano il profilo della figura nascosta. L’autostereogramma 'Rankyo‘ di Kitaoka rappresenta un fiume con foglie 237 che galleggiano. Rivalità binoculare Quando stimoli completamente differenti vengono mostrati ai due occhi il sistema visivo decide di sopprimere un’immagine e percepire l’altra. Sembra che il sistema veda lo stimolo più rilevante per i primi stadi di elaborazione corticale: i contrasti più alti, gli oggetti più luminosi, quelli in movimento, etc. La competizione tra i 2 occhi è detta rivalità binoculare e non è mai vinta definitivamente da uno dei 2 occhi. 238 I movimenti oculari 239 Vedere vs. Guardare La possibilità di muovere gli occhi è cruciale per vedere. Il movimento degli occhi è controllato in modo preciso, per migliorare la nostra percezione. Gli spostamenti del nostro sguardo influiscono sulla nostra possibilità di elaborare informazioni. Questi spostamenti devono avvenire a favore di ciò che è “realmente” importante. 240 I movimenti oculari Hanno lo scopo di: – Spostare lo sguardo su oggetti e posizioni spaziali diverse. – Mantenere lo sguardo su questi oggetti o posizioni per il tempo necessario. Spesso non sono gli oggetti che si muovono (e devono essere “inseguiti”), ma siamo noi a non rimanere mai fermi: con gli occhi dobbiamo compensare anche questi spostamenti. 241 Movimenti oculari Il processo di ricerca visiva prevede l’uso della visione per ottenere informazione dall’ambiente al fine di determinare cosa fare in ogni dato istante (Magill, 1993). Per esempio, un giocatore di basket di alto livello, mentre attraversa il campo di gioco palleggiando deve ottenere informazioni sul canestro e sulla posizione di compagni e avversari per decidere se passare o meno e a chi. Per ottenere ciò, deve fare piccoli e rapidi movimenti oculari per spostare le aree informative del campo visivo dalla periferia della retina, in cui la risoluzione è scarsa, alla fovea, che copre circa 1-2° dell’area centrale della retina e riceve l’immagine più focalizzata e nitida (Zeki, 1993). Questa area è composta da soli coni, che data la relazione 1 a 1 con le cellule bipolari e gangliari permette un’acuità visiva fine (Sivak & MacKenzie, 1992). 242 Registrazione movimenti oculari Le immagini stabilizzate Si può eliminare l’effetto del nistagmo facendo in modo che un’immagine venga proiettata continuamente sulla stessa zona della retina. Dopo qualche secondo l’immagine stabilizzata scompare. 243 Movimenti di inseguimento lento I movimenti di inseguimento lento sono movimenti volontari e permettono agli occhi di seguire target che si muovono lentamente all’interno del campo visivo, come ad es. la palla o un avversario, in modo da mantenere un’immagine retinica stabile. La velocità massima di questi movimenti oculari è di circa 100°/s, sebbene la capacità di inseguimento degli occhi cominci a deteriorarsi a velocità angolari superiori a 30°/s (Rosenbaum, 1991). Quindi, il successo del sistema visivo nel ottenere un’immagine retinica stabile dipende dalla velocità dell’oggetto da inseguire (Sekuler & Blake, 1990). I movimenti di inseguimento sono pertanto limitati a situazioni come seguire il target nel tiro al piattello, seguire i movimenti di una persona distante, etc. In genere, però, i rapidi cambiamenti nel campo visivo tipici di gran parte delle situazioni quotidiane rendono difficile il seguire visivamente un oggetto usando movimenti oculari di inseguimento. 244 la A velocità superiori si usano le saccadi per prevedere posizione finale dell’oggetto in movimento (Ripoll, 1991). Inseguimento lento Movimenti di inseguimento lento I movimenti di inseguimento lento (smooth pursuit) hanno una latenza di 100-150 ms. Dipendono però dall’aspettativa, e possono essere programmati in “anticipo” rispetto al movimento del bersaglio, se esso si muove in modo prevedibile. 245 Movimenti saccadici Sono movimenti volontari, che si osservano durante l’esplorazione della scena visiva. Sono movimenti coniugati degli occhi (cioè entrambi si muovono nella stessa direzione) e sono movimenti rapidi verso un nuovo punto di fissazione che permettono di portare nuovi oggetti potenzialmente interessanti del campo visivo sulla fovea (Carpenter, 1988). Sono movimenti di tipo balistico, una volta iniziati non può esserne cambiata la velocità o la traiettoria. La latenza media è di 150-200 ms, durano circa 50 msec e possono raggiungere la velocità di 900°/sec. Saccadi La ricerca ci dice che durante le saccadi vi è un drammatico calo nella sensibilità visiva (Massaro, 1975), cioè l’informazione visiva non può essere acquisita durante le saccadi, fenomeno definito soppressione saccadica. In teoria, a causa di questo, si assume più efficace una strategia di ricerca che preveda un numero minore di fissazione di durata maggiore e quindi una necessità ridotta di saccadi (Williams et al, 1994). In realtà, questa assunzione non è stata sempre confermata. 246 Fissazioni Durante l’esplorazione visiva di un’immagine si alternano velocemente dei movimenti saccadici, che spostano la fovea su zone salienti dell’immagine, e durante i quali la sensibilità visiva è ridotta marcatamente (soppressione saccadica), e fissazioni, della durata di circa 300 ms, durante le quali è possibile acquisire informazioni. Le fissazioni rendono possibile all’esecutore di stabilizzare un’area informativa in visione foveale, permettendo un’elaborazione più dettagliata. La durata del periodo di fissazione è stata considerata dai ricercatori come il segnale dell’importanza relativa e della complessità dell’area del campo visivo per l’osservatore; più è l’informazione che deve essere elaborata, più lunga la durata della fissazione (Just & Carpenter, 1976). Per questo motivo, la durata delle fissazioni varia sensibilmente a seconda della natura e della difficoltà del compito e del tipo di situazione visiva presentata agli osservatori. 247 Fissazioni e saccadi Esplorazione libera Valutare lo stato economico degli individui nell’immagine Giudicare l’età degli individui nell’immagine Indovinare cosa stessero facendo prima dell’arrivo del visitatore Ricordare i dettagli dell’abbigliamento delle persone Ricordare i dettagli dell’ambiente in cui si trovano Per quanto tempo stato assente visitatore? 248 è il Tecniche di registrazione dei movimenti oculari Ci sono molte tecniche per misurare i movimenti oculari (vedi Leigh & Zee, 1991). La procedura più comune è il metodo dei sistemi a riflessione corneale montati su caschetto. Questa tecnica si basa sul principio che la riflessione di un fascio di luce posto di fronte alla porzione centrale della cornea è assunta essere una funzione della posizione degli occhi e quindi del punto di fissazione. Un cambiamento nel punto di fissazione cambia la posizione della cornea, che può essere colta dal sistema di riflessione corneale. I modelli più recenti, meno ingombranti, sono più confortevoli, più accurati, più facili da calibrare e più tolleranti ai movimenti della testa e del corpo. Inoltre sono stati sviluppati sistemi che riducono il tempo richiesto per le analisi dei dati grazie a procedure semiautomatiche, e permettono di studiare le integrazioni tra movimenti oculari e della testa in contesti di performance dinamica. 249 Tecniche di registrazione dei movimenti oculari Eye trackers fotoelettrici Bobina sclerale (Scleral eye-coil) 250 La percezione del movimento Un serie di illusioni di movimento spiegabili dai movimenti oculari… 251 La percezione del movimento 252 La percezione del movimento 253 La percezione del movimento 254 La percezione del movimento 255 La percezione del movimento 256 La percezione del movimento 257 La percezione del movimento 258 La percezione del movimento 259 La percezione del movimento Il movimento fisico è sempre relativo ad un sistema di riferimento. Il movimento percepito è sempre assoluto rispetto ad elementi considerati stazionari. Non è semplicemente conseguenza del movimento fisico: infatti si può avere percezione di movimento senza movimento fisico e assenza di percezione di movimento in presenza di movimento fisico. Ci sono evidenze sperimentali neurofisiologiche che dimostrano che lo spostamento di un’immagine sulla retina eccita neuroni specializzati nell’area MT (Middle Temporal o V5) detti “rilevatori di movimento”. Ma lo spostamento di immagini sulla retina non è necessario e nemmeno sufficiente per produrre una percezione di movimento. Il sistema che produce la percezione di movimento considera l’output dei rilevatori di movimento ma anche 260 il movimento degli occhi. La percezione del movimento Il movimento apparente Il termine “movimento apparente” si riferisce ad ogni situazione dove al movimento fenomenico percepito non corrisponde un movimento reale nello stimolo distale. I principali fenomeni di movimento apparente sono: Movimento stroboscopico Movimento indotto Autocinesi Effetti consecutivi di movimento 261 La percezione del movimento Il movimento stroboscopico Date due lampadine – a e b – poste ad una distanza opportuna, il paradigma di presentazione è il seguente: 1. entrambe le luci spente 2. accensione della lampadina a 3. entrambe le luci spente 4. accensione di una lampadina b 5. entrambe le luci spente 262 La percezione del movimento Il movimento stroboscopico Date due lampadine – a e b – poste ad una distanza opportuna, il paradigma di presentazione è il seguente: 1. entrambe le luci spente 2. accensione della lampadina a 3. entrambe le luci spente 4. accensione di una lampadina b 5. entrambe le luci spente 263 La percezione del movimento Il movimento stroboscopico Fattori rilevanti: - Corrispondenza degli elementi: nel cambiamento posizione relativa nel tempo deve essere confermata corrispondenza fra elementi al tempo 1 e al tempo (anche se occupano la stessa posizione retinica presenza di movimento oculare). di la 2 in - Vicinanza: principio della Gestalt che, in parte, spiega il movimento apparente. - Destino Comune e Grouping: assieme alla prossimità servono per confermare la corrispondenza degli elementi nel movimento apparente. 264 La percezione del movimento Il movimento stroboscopico Il tempo che intercorre tra l'accensione di una lampadina e l'altra viene definito come ISI (Inter Stimulus Interval). A seconda del suo valore si ottengono 3 condizioni differenti: 1. Se ISI è superiore a circa 100 ms si vedono due luci che si accendono e si spengono in successione. 2. Se ISI è vicino a 0 ms si vedono due luci simultanee e compresenti lampeggiare velocemente. 3. Se ISI è inferiore a circa 100 ms ma superiore allo 0 si vede una luce in movimento tra a e b. 265 La percezione del movimento Il movimento stroboscopico Nella terza condizione è possibile distinguere tre tipi di movimento, incrementando via via il valore dell’ISI: 1. il movimento parziale 2. il movimento ottimale o continuo (anche detto movimento beta) 3. il movimento puro o fenomeno phi Mentre il movimento parziale e il movimento ottimale comportano la percezione di un oggetto in movimento, il movimento puro o fenomeno phi è un’esperienza di movimento “senza oggetto”. Oggi il termine “fenomeno phi” viene usato spesso per tutte le forme di movimento stroboscopico ed in certi casi ci si riferisce al fenomeno phi originale col termine “phi puro”. http://www.indiana.edu/~audioweb/T284/beta-phi.swf http://www2.psych.purdue.edu/Magniphi/ARVODemo.html 266 La percezione del movimento Il movimento indotto Con il termine movimento indotto sono indicate tutte quelle “illusioni di movimento” dove il moto è attribuito ad uno stimolo distale fermo, mentre uno in movimento viene visto stabile. Un esempio quotidiano di movimento indotto è quello sperimentato in stazione, quando si ha l’impressione di muoversi sul proprio treno, quando invece è quello adiacente a noi che parte (illusione del treno). Avviene in mancanza di un evidente segnale di movimento personale (propriocezione) e con uno stimolo che occupa la maggior parte del nostro campo visivo, in assenza di altri oggetti stazionari della scena. La mancanza di informazioni non visive sul movimento personale, come l’attivazione labirintica che normalmente si ha in conseguenza di variazioni repentine di velocità e/o direzione (assente a velocità costante o in assenza di movimento), crea una sensazione di contraddittorietà. 267 La percezione del movimento Il movimento indotto La dimostrazione classica di movimento indotto consiste in un punto luminoso incluso dentro un rettangolo a sua volta luminoso in un stanza buia. Se il rettangolo viene mosso, di norma è il punto al suo interno ad essere visto in movimento (Dunker, 1929). 268 La percezione del movimento Il movimento indotto Nel movimento indotto sono quasi sempre oggetti piccoli che si muovono rispetto ad oggetti di dimensione maggiore che li includono. In questi casi la figura includente è presa come quadro di riferimento (come avviene del resto in condizioni ecologiche). Il movimento indotto non si limita a movimenti lineari, ma si può verificare per movimenti circolari o di altra forma. Il movimento indotto diminuisce aumentando la velocità del movimento della configurazione inducente e richiede che le due figure (l’inducente e l’indotto) siano viste sullo stesso piano. 269 http://psychlab1.hanover.edu/Classes/Sensation/induced/ http://www.uni-bielefeld.de/(en)/psychologie/ae/Ae01/forschung/indumo.html La percezione del movimento Il movimento indotto Nell’illusione “Luna-Nuvole” vi è un cambiamento egocentrico (della luna) di direzione. Oggetti più grandi o che circondano un altro oggetto, vengono solitamente percepiti come stazionari e fungono da sistema di riferimento. In certe condizioni quindi un oggetto della scena visiva verrà considerato sistema di riferimento (e assunto come stazionario), e rispetto ad esso gli altri oggetti della scena verranno percepiti in movimento. Quando il sistema di riferimento viene percepito in movimento, gli oggetti in esso contenuti avranno diverse componenti di movimento. L’osservatore può assumere di essere in movimento, in assenza di indicazioni propriocettive, quando la scena in cui è inserito, che è in movimento, viene considerata stazionaria (vedi illusione del treno). 270 271 La percezione del movimento Autocinesi L’autocinesi è un altro esempio di movimento apparente. Il fenomeno appare quando viene osservato un punto luminoso in una stanza buia. Dopo un certo lasso di tempo, il punto luminoso appare muoversi irregolarmente compiendo piccole escursioni in tutte le direzioni. La mancanza di ogni altro riferimento visivo è la condizione chiave perché l’autocinesi abbia luogo. Il fenomeno dell’autocinesi sembra legato al ruolo dei movimenti oculari e dei segnali efferenti di movimento, in assenza di altri indici visivi. 272 La percezione del movimento Effetti consecutivi di movimento Gli effetti consecutivi di movimento costituiscono un’insieme di illusioni osservabili dopo aver guardato a lungo uno stimolo in movimento. Spesso consistono in un movimento uguale e contrario a quello osservato. Gli effetti consecutivi di movimento costituiscono una prova che il movimento fenomenico non è meramente legato a fattori retinici od oculari, ma è sostenuto da fattori di più alto livello di elaborazione. 273 La percezione del movimento Costanza di movimento La dimensione di un oggetto in movimento, in proporzione alle dimensioni dello sfondo in cui di muove, influenza notevolmente la velocità percepita. Così come le dimensioni di un oggetto sono mantenute costanti nonostante il variare delle sue proiezioni retiniche, ovvero della sua distanza dall'osservatore, così la velocità di oggetto è proporzionale alla distanza da cui viene osservato. 274 La percezione del movimento Costanza di movimento La velocità di un immagine retinica in movimento è inversamente proporzionale alla distanza tra l'osservatore e l'oggetto in movimento. Se, per la costanza di grandezza, un oggetto lontano ci appare più grande della sua proiezione retinica, allora un movimento di oggetto piccolo ci apparrà più veloce dello stesso movimento di un oggetto grande. Osservando due quadrati in movimento (il primo di grandezza doppia del secondo) da due aperture (la prima di grandezza doppia rispetto alla seconda), le due velocità ci apparranno uguali quando il primo quadrato si muove al doppio della velocità del secondo. 275 276 La percezione del movimento Movimento biologico Che cos’è? 277 La percezione del movimento Movimento biologico Movimento biologico o biomeccanico (Johansson, 1973). Un attore vestito di nero, al buio, con 12 punti luminosi posti sulle giunture significative. Se è fermo è irriconoscibile, mentre se si muove, in 100 msec si capisce che è una persona. Abbiamo anche la capacità di identificarne il genere. E siamo in grado anche di distinguere diversi animali. 278 La percezione del movimento Movimento biologico A seguito degli studi di Johansson, la tecnica dei point light display, che consiste nella presentazione di un film, o di display “in diretta” o simulati al computer che consistono nel movimento di punti di luce che rappresentano lo spostamento dei centri di articolazione e i punti di riferimento chiave dell’azione di una persona, è stata molto utilizzata per studiare il movimento biologico in generale e le azioni sportive in particolare. Per esempio, Abernethy & Packer (1989) hanno usato questa tecnica nello squash: atleti di diverso livello dovevano giudicare la direzione e la forza del colpo di un avversario da un filmato a 26 punti luce. Sebbene ci fosse un calo nella prestazione di previsione, dovuto alla mancanza di informazione dai contorni e dallo sfondo, sia esperti che inesperti erano in grado di percepire le informazioni cinematiche rilevanti per prevedere la direzione del tiro e la forza. Pertanto sembra esserci uno stretto legame tra abilità percettive e proprietà cinematiche dell’immagine vista. L’idea è che manipolando i point light display i ricercatori possono identificare le rappresentazioni dei centri di articolazione necessari a preservare l’accuratezza della previsione. La riduzione nella prestazione che si osserva quando un certo punto luce viene occluso mette in luce che quel indizio è usato normalmente dai soggetti per prevedere il colpo dell’avversario. Usando questa tecnica è possibile determinare sia gli indizi importanti usati nella previsione anticipatoria del colpo e il momento nel tempo in 279 cui questi diventano preminenti durante il processo di anticipazione. La percezione del movimento Movimento biologico Nella backscroll illusion, un reticolo di sfondo appare scorrere nella direzione opposta alla direzione della persona in cammino, come avviene nel flusso ottico di un muro a strisce mentre si segue con lo sguardo uno che cammina. In realtà, il reticolo ha direzione ambigua (provare a occludere quello che cammina con il dito). Questa illusione indica che il sistema visivo valuta i segnali di movimento retinici in relazione a una rappresentazione di più alto livello del movimento dell’oggetto, definita dal movimento biologico. 280 Teoria della percezione di Gibson Gibson rifiuta la teoria cognitivista dell’elaborazione delle informazioni: le informazioni sono già presenti nella stimolazione e possono essere colte direttamente. Per questo si parla di teoria della percezione diretta. I sistemi percettivi diretti sono come sono perché si sono evoluti con la funzione di cogliere le invarianti strutturali disponibili nell’ambiente. Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è quella necessaria per la percezione visiva. “Ask not what is inside the observers head, but what the observers head is inside of.” Per Gibson è impossibile studiare i processi percettivi e cognitivi indipendentemente dal contesto. Fondamentale è quindi il nesso organismo-ambiente (= ciò che circonda l’organismo). L’ambiente (environment) non corrisponde necessariamente all’ambiente fisico. L’ambiente varia costantemente e da esso dipende la sopravvivenza degli organismi. Nell’ambiente ci sono: - un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di percepire le sostanze - delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, etc.) - delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma,281una tessitura, etc. Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore Il movimento è quindi essenziale per la visione. Il movimento dell’osservatore produce trasformazioni nel flusso ottico. Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la luce entra nell’occhio dell’osservatore in movimento, subendo modificazioni continue e sistematiche: il flusso ottico (optic flow). Si passa da un concetto di assetto ottico, statico a un concetto dinamico, il flusso ottico. Nel continuo mutamento del flusso ottico ci sono degli aspetti che restano invarianti (ad es., rigidità degli oggetti). 282 Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore Se si muove l’osservatore, punti diversi della registrazione retinica fluiscono a velocità inversa rispetto alla distanza dall’osservatore. Il mondo si espande quando l’osservatore si avvicina, si contrae quando si allontana. Diagramma vettoriale del movimento dei punti sulla retina. L’osservatore è un pilota che vola sotto nuvole basse. 283 Il flusso ottico e il movimento dell’osservatore Quando il flusso ottico fluisce intorno a noi, il mondo ci fornisce informazione su distanza e velocità. Il mondo terrestre infatti è fatto di superfici che si modificano. La luce riflessa dalle superfici confluisce agli occhi in un fascio di raggi che variano in funzione di: a. distanza b. grana delle superfici (tessitura) c. oggetti Per Gibson quindi il sistema percettivo analizza le scene visive in termini di superfici e oggetti, non di costituenti elementari (pixel, contorni, geoni, etc.). Le invarianti sono colte (“picked up”) dall’osservatore. 284 Gibson: le affordances Concetto di affordance: l’ambiente si rende disponibile al soggetto. Affordance (da “offrire”): ciò che l’ambiente offre: se un oggetto o una superficie può essere mangiato, afferrato, lanciato, etc. (ad es. mela, tazza, palla…). Anche gli altri esseri viventi e i luoghi possono costituire affordances. Ad esempio un ostacolo costituisce un’affordance di collisione, un sentiero un’affordance di locomozione… L’essere umano è in grado di introdurre cambiamenti nell’ambiente (artefatti) per cambiare ciò che l’ambiente “affords”. L’informazione affordances. nella luce dell’ambiente specifica le 285 al Nota: percepire le affordances non implica accedere significato. Gibson: le affordances Le affordances riguardano sia la percezione che l’azione. Le affordances sono sia soggettive che oggettive. Le affordances riguardano sia l’ambiente che gli individui. Le affordances sono variabili (ad es., una foglia è ottima affordance per il riposo o per camminare per una formica, non per un elefante). Variabilità e soggettività delle affordances: sono rapportate 286 alle dimensioni degli individui Percepire per ri-conoscere, percepire per agire Ci sono due vie visione-azione (Goodale e Milner, 1995): 1. una via diretta visione-azione, mediata dal sistema dorsale how-come (affordances?) 2. una via indiretta visione-semantica-azione, mediata dal sistema ventrale what-cosa 287 Percepire per ri-conoscere, percepire per agire In una ricerca (Tucker & Ellis, 1998) foto di oggetti sono state presentate centralmente sullo schermo del computer, diritti o rovesciati, con il manico orientato a destra o a sinistra. Il compito dei soggetti era di premere un tasto a destra o a sinistra per decidere se gli oggetti erano diritti o rovesciati. Si è trovato un’effetto di compatibilità tra la collocazione del manico (destra/sinistra) e quella del pulsante (destra/sinistra). La visione di un oggetto con potenziali “affordances” ad esso associate modifica l’azione. 288 Percezione e azione Una corretta percezione dell’ambiente circostante è fondamentale per consentire la preparazione e l’esecuzione di movimenti appropriati. Una parte del sistema visivo è principalmente coinvolta nel tradurre le informazioni sensoriali in codici utilizzabili per guidare il comportamento. 289 Percezione “passiva” e “attiva” Nell’illusione di Ebbinghaus vediamo più grande il cerchio circondato da dischi più piccoli. Se però il cerchio è un disco da afferrare, la nostra mano assumerà la forma più adatta per raccogliere il disco nella sua dimensione reale, indipendentemente da quella percepita. 290 Il sistema mirror L’area premotoria F5 fa parte di un sistema detto mirror, che contiene neuroni che rispondono durante l’esecuzione di movimenti di afferramento, anche quando questi movimenti sono compiuti da altri individui. Per questo vengono chiamati neuroni specchio. La loro esistenza è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni '90 dal gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti presso il dipartimento di neuroscienze dell'Università di Parma. Per ottenere attivazione nei neuroni mirror è necessario che l’azione sia finalizzata all’afferramento dell’oggetto. In questo caso i neuroni rispondono anche quando il movimento effettivo non è visibile. 291 Il sistema mirror I neuroni specchio, più in generale, sono neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare conspecifici). I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti: i neuroni-specchio si attivano anche quando l'azione è semplicemente mimata. Sono stati individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell'uomo. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. Ramachandran ha scritto un saggio sulla loro importanza potenziale nello studio dell'imitazione e del linguaggio. Il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori transitivi e intransitivi, è cioè capace di codificare sia il tipo di azione che la sequenza dei movimenti di cui essa è composta. Anche se il loro ruolo primario rimane quello di comprendere le azioni altrui, il contesto umano è evidentemente più 292 complesso.