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Alcolici a minorenne? Ne risponde anche il barista
Alcolici a minorenne? Ne risponde anche il barista Cassazione penale, sez. V, sentenza 13.06.2014 n. 25443 (Simone Marani) In caso di somministrazione di alcolici a un minorenne anche il barista risponde della contravvenzione ex art. 689 c.p., in concorso con il titolare della licenza. E' quanto emerge dalla sentenza 13 giugno 2014, n. 25443 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione. Il caso vedeva un barista somministrare alcolici ad un infrasedicenne all'interno di uno stabilimento balneare. Secondo la difesa dell'imputato, il reato di cui all'art. 689 c.p. doveva considerarsi come "reato proprio", comportando la responsabilità solo dell'esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi e bevande, mentre il barista era un semplice dipendente. Oltre alla lettera della disposizione normativa, tale soluzione deriverebbe dalla previsione della pena accessoria della sospensione dell'esercizio, la quale non potrebbe ricadere su un soggetto diverso dal titolare. Di diversa opinione gli ermellini, secondo i quali, in merito alla possibilità di ascrivere la contravvenzione ex art. 689 c.p. anche a soggetti diversi dal titolare dell'esercizio, deve rilevarsi come l'orientamento dominante abbia osservato che nella previsione normativa de qua "non rientra solo il titolare della licenza di esercizio di osteria od altro pubblico spaccio, ma anche chi gestisce per lui, legittimamente o abusivamente. Lo stesso dipendente può essere chiamato a rispondere dell'illecito, in concorso col titolare della licenza ovvero, se abbia agito di sua esclusiva iniziativa, come rappresentante di fatto dell'esercente, acquistando la qualità di costui" (Cass. pen., Sez. V, 5 maggio - 14 luglio 2011, n. 27706). Per approfondimenti: • Le nuove norme sulla giustizia penale, a cura di Conti Carlotta, Marandola Antonella, Varraso Gianluca, CEDAM, 2014. (Altalex, 11 settembre 2014. Nota di Simone Marani) / alcolici / minori / bar / barista / Simone Marani / Bar, dipendente, minorenne, somministrazione alcoolici, responsabilità Cassazione penale , sez. V, sentenza 13.06.2014 n° 25443 Risponde anche il barista dipendente, in concorso con il titolare della licenza, della contravvenzione di somministrazione di bevande alcoliche a minore, ovvero, se abbia agito di sua esclusiva iniziativa, come rappresentante di fatto dell'esercente, acquistando la qualità di costui. (1) (*) Riferimenti normativi: art. 689 c.p. (1) Cfr. Cass. Pen., sez. 5, sentenza 5 maggio 2011, n. 27706. (Fonte: Massimario.it - 33/2014. Cfr. nota di Simone Marani) / bar / dipendente / minorenne / somministrazione alcoolici / responsabilità / SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V PENALE Sentenza 13 giugno 2014, n. 25443 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DUBOLINO Pietro - Presidente Dott. MICHELI Paolo - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. LIGNOLA Ferdinando - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: M.R., nato a (OMISSIS); avverso la sentenza emessa il 28/06/2013 dal Giudice di pace di Rimini; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stabile Carmine, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Svolgimento del processo Il difensore di M.R. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la condanna del suo assistito in ordine alla contravvenzione prevista dall'art. 689 c.p., per avere l'imputato - secondo l'ipotesi accusatoria - somministrato alcolici ad un infrasedicenne presso uno stabilimento balneare di (OMISSIS). Nell'interesse del ricorrente si deduce: - inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 689 c.p., sul presupposto che la norma incriminatrice disegna un'ipotesi di reato proprio, contemplando l'esclusiva responsabilità del soggetto "esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o bevande" (mentre il M. doveva intendersi un semplice barista dipendente), tanto più che, coerentemente, viene prevista come pena accessoria la sospensione dell'esercizio, da cui un soggetto diverso dal titolare non potrebbe in alcun modo ritenersi sanzionato; - contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove viene segnalato che a somministrare le bevande alcoliche in rubrica sarebbe stato il M., a fronte dell'accertata presenza di due baristi nell'orario in cui si sarebbe verificato il fatto e della circostanza che l'ufficiale di p.g. escusso durante il processo riferì di non ricordare come fu possibile risalire al nominativo dell'imputato. In concreto, peraltro, dall'esame degli atti emerge che il M. venne identificato dopo circa un mese e mezzo, mentre nella sentenza del Giudice di pace si legge che quella attività venne compiuta nell'immediatezza del fatto. Motivi della decisione 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 1.1 Quanto alla possibilità di ascrivere la contravvenzione ex art. 689 c.p. anche a soggetti diversi dal titolare dell'esercizio, deve infatti rilevarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha già osservato che nella previsione normativa de qua "non rientra solo il titolare della licenza di esercizio di osteria od altro pubblico spaccio, ma anche chi gestisce per lui, legittimamente o abusivamente. Lo stesso dipendente può essere chiamato a rispondere dell'illecito, in concorso col titolare della licenza ovvero, se abbia agito di sua esclusiva iniziativa, come rappresentante di fatto dell'esercente, acquistando la qualità di costui" (Cass., Sez. 5, n. 27706 del 05/05/2011, Ragazzini). 1.2 Quanto alle censure che riguardano le circostanze della identificazione dell'imputato, è pacifico che presso l'esercizio vi fossero - al momento dell'accertata consumazione di una bevanda alcolica da parte del minorenne indicato in rubrica - due baristi addetti alla somministrazione. Il riferimento, operato in sentenza, alla circostanza di una identificazione del M. subito dopo il fatto non costituisce frutto di un travisamento, malgrado le deduzioni difensive che si soffermano sulla presa d'atto di un verbale curato soltanto il 14/09/2009: il teste M.llo Ma. rappresentò infatti che la prassi era certamente quella, pur non potendo avere memoria dello specifico episodio ma evidentemente riferendosi, in tal modo, non già alla formale attività successivamente curata ai fini della redazione della comunicazione di notitia criminis, con tanto di invito dell'indagato ad eleggere domicilio e a nominare difensore, bensì ad una verifica immediata. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 maggio 2014. Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2014 ( da www.altalex.it )