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La filiera del grano duro in Sicilia
La filiera del grano duro in Sicilia OESAAS Osservatorio sull’Economia del Sistema AgroAlimentare della Sicilia REGIONE SICILIANA ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE CORERAS CONSORZIO REGIONALE PER LA RICERCA APPLICATA E LA SPERIMENTAZIONE La filiera del grano duro in Sicilia OESAAS Osservatorio sull’Economia del Sistema AgroAlimentare della Sicilia Responsabile della ricerca Gian Gaspare Fardella Responsabile scientifico Mario D’Amico Coordinamento tecnico Luca Altamore Redazione Alessandro Schilirò Si ringrazia per la gentile collaborazione: La D.ssa Anna Greco, responsabile U.O.B. 241 Monitoraggio dei Fondi Comunitari P.O.R 2000/2006 e Leader + del XXI Servizio, Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana. Indice 9 1. Premessa 2. Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo La PAC Seminativi Le Politiche regionali di sostegno del settore cerealicolo Il Programma Operativo Regionale 2000-2006 (POR) della Sicilia Il Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006 (PSR) della Sicilia 13 27 29 3.2 3.3 3.4 A n a l i s i d e l l a p r o d u zi o n e Superfici investite, produzioni realizzate e diffusione delle varietà in Sicilia Caratteri strutturali delle aziende granicole in Sicilia Il valore della produzione La produzione di semente di grano duro in Sicilia 4. 4.1 4.2 4.3 4.4 L’industria di trasformazione Lo stoccaggio L’industria molitoria L’industria della pasta alimentare L’industria del pane 45 47 48 54 56 2.1 2.2 2.2.1 2.2.2 3. 3.1 15 17 24 33 35 39 59 5. Gli scambi con l’estero Con si der a z i oni f i na l i 67 Bibliografia Siti Internet consultati 71 77 1. Premessa Premessa La coltivazione del grano duro nel nostro Paese assume un’importanza rilevante come dimostrano le superfici investite dalla coltivazione che si attestano su poco più di 1,3 milioni di ettari (ISTAT, 2006), contribuendo con oltre 4,1 milioni di tonnellate di granella pari a circa il 44% della produzione comunitaria. La coltura si concentra prevalentemente nelle regioni dell’Italia Meridionale, dove si realizza circa il 70% della produzione nazionale pari ad oltre 3 milioni di tonnellate (ISTAT 2005/2006) ed una superficie coltivata di poco superiore ad un milione di ettari, incidendo con il 77% sul totale nazionale (ISTAT 2006). Nelle regioni meridionali, grazie all’elevata adattabilità del grano duro agli ambienti di queste regioni la coltivazione è in grado di esprimere delle produzioni di elevato livello qualitativo (basso grado di bianconatura, ecc.). In ambito nazionale le regioni maggiormente interessate dalla coltivazione del grano duro sono la Puglia e la Sicilia che da sole rappresentano il 48,3% (ISTAT, 2006) della superficie nazionale contribuendo, inoltre, a poco meno del 42% (ISTAT, 2005/2006) all’intera produzione italiana. La coltura nel corso degli anni più recenti ha sofferto di una crisi causata principalmente dalla forte competizione delle produzioni estere e che ha causato una costante flessione dell’offerta nazionale ha spinto, di conseguenza, gli operatori del segmento della trasformazione a ricorrere in misura crescente al prodotto d’importazione. Anche l’applicazione della riforma della PAC del 2003, che prevede un pagamento unico per azienda basato su aiuti storici ricevuti e svincolato dalla produzione, sembra influenzare negativamente il comparto, infatti, almeno nel primo periodo di attuazione, si è assistito, nell’Isola ed in Italia, ad un ridimensionamento del livello quanti-qualitativo delle produzioni. L’importanza della coltivazione del grano duro in Italia risiede anche nel vasto indotto che esso alimenta attraverso processi a “monte”, quali le industrie sementiere e dei mezzi tecnici ed a “valle”, i centri di stoccaggio e le industrie di prima (molini) e seconda trasformazione (pastifici, panifici, ecc.). In Sicilia l’attività sementiera, svolge all’interno della filiera un ruolo rilevante, infatti, le superfici impegnate, sono pari ad oltre 16 mila ettari (ENSE, 2006). Il numero d’impianti, relativi alla selezione delle sementi fanno dell’Isola una delle principali regioni italiane, per la produzione di “seme tecnico”, anche in relazione alle condizioni pedo-climatiche che risultano favorevoli per la produzione di semente di elevata qualità. 11 Premessa Per quanto attiene l’industria di trasformazione, la Sicilia è la regione dove risultano localizzate il maggior numero d’imprese, rispetto al totale nazionale; i numerosi molini a duro, i panifici e i pastifici, dislocati in tutto il territorio regionale, rivestono un importante ruolo economico e sociale, offrendo sbocchi occupazionali non indifferenti all’interno del comparto agroindustriale dell’Isola. Prendendo spunto dalle suddette indicazioni, la presente indagine si è articolata in quattro parti: • La prima analizza le normative inerenti la politica comunitaria e regionale a favore del comparto; • La seconda è relativa all’evoluzione dell’offerta ed all’analisi dei caratteri tecnico-strutturali delle aziende durogranicole siciliane; • La terza riguarda l’analisi dell’industria di trasformazione del grano duro in Sicilia con particolare riferimento allo stoccaggio, all’industria molitoria, all’industria pastaria ed a quella del pane; • La quarta inerente gli scambi commerciali con l’estero. 12 2. Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo 2.1 La PAC Seminativi Nel corso degli anni la PAC è passata attraverso tre grandi tappe di riforma: il Libro verde del 1985, nell’ottica di ristabilire un equilibrio fra domanda ed offerta, la riforma Mac Sharry del 1992 le cui fondamenta si basavano sul disaccoppiamento e sul “pacchetto agroambientale” e più di recente Agenda 2000. Quest’ultima è stata una riforma tra le più radicali che ha preso in considerazione problematiche economiche, ambientali e rurali nel loro complesso. Proprio da Agenda 2000 ha preso spunto la riforma, approvata dal Consiglio Europeo il 26 giugno 2003 e resa concreta dai Regg. CE 1782/03 e 1783/03, con la quale si è voluto dare una vera e propria svolta alla Politica Agricola Comune (PAC). Il cuore della riforma della PAC, risulta dai sette Regolamenti pubblicati il 21 ottobre 2003. Essi riguardano, in particolare, le cosiddette misure orizzontali (Reg. CE 1782/03), le misure settoriali o, per l’esattezza le OCM tra cui quella dei cereali (Reg. CE 1784). La svolta nella Politica Agricola Comunitaria è data dall’introduzione del disaccoppiamento dell’aiuto. Tale disaccoppiamento consiste nel sostituire i pagamenti “accoppiati” ad una specifica produzione, nel caso specifico del grano duro, all’effettiva semina, coltivazione e raccolta di un dato prodotto agricolo che rientrava nel regime di sostegno ai sensi del Reg. CEE 1251/99, con un pagamento indipendente dall’effettiva produzione, trasferendo in tal maniera il sostegno dai prodotti ai produttori. In termini operativi, in base al Reg. 1782/03, gli agricoltori non percepiscono i premi previsti dalle OCM, ma un pagamento unico per azienda basato su un importo di riferimento determinato sugli aiuti storici percepiti nel triennio 2000-2002. Con riferimento al grano duro, è previsto un altro regime di aiuto che prevede un premio alla qualità pari ad un minimo di € 40,00, premio quest’ultimo, che è subordinato all’utilizzazione di un determinato quantitativo di sementi certificate di varietà riconosciute, nella zona di produzione, come varietà di alta qualità. Il suddetto aiuto è concesso nelle zone di produzione “tradizionali”, quindi anche in Sicilia, nei limiti delle Superfici di Base nazionali, che per l’Italia ammontano ad ettari 1.646.000. L’articolo 41 del Reg. 1782/2003 stabilisce, però, che per ciascun paese membro, la somma degli importi di riferimento non deve superare i massimali nazionali indicati nel Regolamento stesso. Per l’Italia, il massimale a 15 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo regime (dal 2007 in poi) è di 2,882 miliardi di euro. La piena erogazione del pagamento unico per azienda (PUA) è vincolato alla cosiddetta eco-condizionabilità, che consiste nel rispetto dei criteri di gestione obbligatori e al mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali. La eco-condizionalità dunque contribuisce anche al mantenimento del paesaggio rurale e del buono stato dei terreni. In caso di inadempimento ai requisiti di eco-condizionalità, i pagamenti diretti sono ridotti proporzionalmente all’inottemperanza constatata. Un sistema di audit aziendale obbligatorio, per gli Stati membri dal 2007, certifica le modalità di applicazione delle norme previste dalla “eco-condizionabilità dei pagamenti diretti” e dalle “buone pratiche agricole”. Inoltre, al fine di realizzare più integrazione e sinergie con la politica di sviluppo rurale e ottenere una semplificazione nei meccanismi di erogazione del sostegno e nella gestione amministrativa della PAC, è stata introdotta la “modulazione” obbligatoria, cioè la riduzione progressivamente crescente dei pagamenti diretti alle grandi aziende allo scopo di finanziare la nuova politica di sviluppo rurale, in particolare per le nuove misure a favore dell’ambiente, della qualità e del benessere animale e per aiutare gli agricoltori ad adeguarsi alle norme di produzione UE a partire dal 2005, sono esentate dalla modulazione le aziende che percepiscono importi inferiori a ? 5.000,00. I fondi generati grazie alla modulazione, vengono distribuiti tra i Paesi membri in base a specifici parametri strutturali, tuttavia, almeno l’80% del prelevato rimane a disposizione del Paese dove è stato effettuato il prelievo Uno degli aspetti più dibattuti all’interno dell’iter che ha apportato all’approvazione della riforma del giugno 2003 è stato il disaccoppiamento totale degli aiuti diretti, dovuto al timore che esso avrebbe potuto comportare una riduzione della produzione di grano duro (non più necessaria per maturare diritti) con un impatto negativo sul mercato, soprattutto quello locale, che verrebbe ad essere deficitario di materia prima, e con danni particolarmente pesanti per le zone marginali. Per evitare tali pericoli la commissione ha proposto di mantenere in vigore, a livello nazionale o regionale, una porzione degli attuali pagamenti diretti con gli stessi criteri oggi vigenti, cioè prevedendo l’erogazione in forma accoppiata alla produzione. Nel settore dei seminativi è possibile mantenere accoppiato fino al 25% dei pagamenti diretti oppure, in alternativa fino al 40% del solo pagamento del premio supplementare al grano duro. 16 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo 2.2 Le Politiche regionali di sostegno del settore cerealicolo La programmazione degli interventi a favore dell’agricoltura nelle regioni italiane dell’obiettivo 1, nella programmazione 2000/2006, ha seguito una doppia via, quella dei Fondi Strutturali e quella dello Sviluppo Rurale; gli strumenti d’applicazione erano costituiti dal Programma Operativo Regionale e dal Piano di Sviluppo Rurale. Nel Programma Operativo Regionale (POR) Sicilia, approvato con decisione C (2000) 2346 del 8/8/2000, erano inserite le misure di ammodernamento delle aziende agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione, gli interventi a favore dell’insediamento dei giovani agricoltori e della formazione in ambito agricolo e tutto il complesso di misure, cosiddette di diversificazione, previste dall’articolo 33 del Reg. 1257/99 e finalizzate alla promozione dell’adeguamento dello sviluppo delle zone rurali. Il settore cerealicolo rientrava a pieno titolo in diverse misure dell’asse IV“Sistemi locali di sviluppo” e specificamente nella misura 4.06 – Investimenti aziendali per l’irrobustimento delle filiere agricole e zootecnica, nella misura 4.09 – Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione e nella misura 4.13 – Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità. Nel Piano di Sviluppo Rurale (PSR), approvato con decisione C(2001) 135 del 23/01/2001, erano previste invece le misure relative al prepensionamento, alle indennità compensative per le aree svantaggiate e per quelle soggette a vincoli ambientali, all’imboschimento delle superfici agricole e agli interventi agro-ambientali. I cereali erano tra le colture che potevano beneficiare di aiuti inerenti la Misura F-Agroambiente per la produzione integrata e biologica. 2.2.1 Il Programma Operativo Regionale 2000-2006 (POR) della Sicilia La misura 4.06 - Investimenti aziendali per l’irrobustimento delle filiere agricole e zootecnica - prevedeva azioni finalizzate al miglioramento della competitività dei sistemi agricoli ed agroindustriali in un contesto di filiera, al sostegno dello sviluppo dei territori rurali e alla valorizzazione delle risorse agricole, forestali, ambientali e storico-culturali. Oltre alle azioni sopra descritte, si poneva quale elemento strategico di competitività anche l’ampliamento delle dimensioni aziendali, in considerazione del fatto che le ridotte dimensioni aziendali rappresentano uno dei principali problemi dell’agricoltura siciliana. Il bando per l’attivazione della misura per l’annualità 2001 è stato pubblicato nella GURS n. 48, parte I, del 17 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo 5 ottobre 2001. Erano previste 4 azioni, di cui soltanto l’azione 1 “Investimenti aziendali per le colture vegetali” poteva avere effetti sulla settore seminativi e quindi sulla filiera cerealicola. Tale azione prevedeva per il settore cerealicolo (compreso foraggi e mangimi) interventi finalizzati al miglioramento delle tecniche agronomiche per la valorizzazione della qualità delle produzioni, alla produzione biologica ed alla protezione dell’ambiente, al contenimento dei costi di produzione ed al risparmio energetico, al miglioramento della qualità delle filiere del grano duro ed all’allestimento di sistemi di qualità certificabili per lo stoccaggio differenziato del prodotto ed il miglioramento delle condizioni sanitarie attraverso l’applicazione di nuove tecnologie. Per quanto riguarda i foraggi ed i mangimi gli interventi erano finalizzati all’introduzione di tecnologie che avrebbero garantito il mantenimento di un migliore livello qualitativo del prodotto nel passaggio dal campo all’impresa di trasformazione. Erano esclusi interventi che comportavano un aumento della capacità produttiva (nel rispetto delle quote e nei limiti delle superfici che possono beneficiare dei premi comunitari) e della capacità di stoccaggio a livello regionale. Potevano essere ammesse a finanziamento le iniziative riguardanti interventi nelle aziende agricole ricadenti all’interno del territorio della Regione Siciliana, inoltre, la misura era soggetta a territorializzazione nell’ambito dei Programmi Integrati Territoriali fino ad un massimo del 65% della dotazione finanziaria programmata per ciascuna annualità. La tabella 1, mostra il numero di istanze finanziate, le somme impegnate ed erogate per provincia e per i bandi che hanno caratterizzato il periodo di Programmazione 2000-2006, ad esclusione del terzo bando (2005) per il quale un certo numero di istanze risultano ancora in istruttoria. La tabella 2 consente di verificare complessivamente l’applicazione della misura 4.06 del P.O.R Sicilia 2000-2006 per il comparto seminativi. In particolare si osserva che il numero di istanze finanziate risulta pari a 26, queste hanno comportato per la Pubblica Amministrazione un impegno di spesa di quasi 3,5 milioni di euro, mentre, le somme effettivamente erogate sono ammontate a poco meno di 3,4 milioni di euro. La misura 4.09 – Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione – prevedeva azioni volte alla realizzazione, all’ammodernamento ed al potenziamento di impianti per la lavorazione, la trasformazione, il confezionamento e la commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici. 18 19 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo Per il settore cerealicolo (compreso foraggi e mangimi) gli interventi erano finalizzati al miglioramento della qualità della filiera del grano duro con l’allestimento di sistemi di qualità certificabili per lo stoccaggio differenziato del prodotto ed il miglioramento delle condizioni sanitarie senza l’incremento della capacità di conservazione su base regionale. In conformità a quanto previsto dal Reg. CE 1685/2000, erano previsti inoltre interventi per l’acquisizione e l’ammodernamento di impianti d’immagazzinaggio, da soggetti che abbandonavano in via definitiva l’attività, senza incremento della capacità di conservazione su base regionale. Erano consentiti investimenti riguardanti le produzioni di pane di grano duro e prodotti da forno, purché realizzati da organismi associativi di produttori, in un’ottica di verticalizzazione della filiera. Era esclusa dal contributo la spesa relativa all’acquisto del terreno, l’acquisto d’impianti per la cui realizzazione erano stati concessi finanziamenti pubblici nell’ultimo decennio 20 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo (calcolato alla data di erogazione dell’aiuto), investimenti a livello di commercio al dettaglio e la commercializzazione e la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi. Per quanto riguarda i cereali per l’alimentazione degli animali, la realizzazione di nuovi impianti, o il potenziamento di quelli esistenti, potevano essere prese in considerazione per le iniziative che impiegavano, nel processo produttivo, una quota significativa di prodotto biologico, conferito da produttori agricoli di base, senza aumento della capacità di lavorazione su base regionale. E’ stato inoltre previsto di non finanziare gli investimenti riguardanti la produzione di amido, semole, semolini e prodotti derivati nonché l’industria molitoria e le malterie. Le tipologie di intervento previste dai bandi pubblicati nel periodo 20002006, vengono qui di seguito elencate: • interventi di filiera da cui risulti che le azioni di miglioramento e di ammodernamento che coinvolgono la fase di produzione si integrano con la fase i lavorazione e commercializzazione del prodotto; • interventi ex novo o di ammodernamento e/o potenziamento di impianti esistenti, finalizzati all’introduzione di nuove tecnologie, a favorire investimenti innovativi ed al recupero di sottoprodotti della lavorazione; • interventi finalizzati all’ammodernamento di impianti esistenti in cui sia previsto il controllo della qualità in conformità alle norme ISO 9000, HACCP, ISO 14000 ed EMAS; • interventi su strutture esistenti finalizzati al completamento del processo di lavorazione per l’ottenimento di prodotti finiti da collocare sul mercato; • interventi volti alla realizzazione di nuovi impianti ed all’ammodernamento e/o potenziamento di impianti esistenti, per l’ottenimento di prodotti non finiti o di prodotti semilavorati; • interventi per il miglioramento di condizioni di base per un più adeguato e migliore rispetto della salvaguardia dell’ambiente e dei requisiti sanitari; • interventi per l’introduzione di linee di lavorazione di prodotto biologico. L’ambito di intervento era l’intero territorio regionale, inoltre, la misura era soggetta a territorializzazione nell’ambito dei Programmi Integrati Territoriali (P.I.T.) La tabella 3 riporta il numero di istanze finanziate, le somme impegnate ed erogate per provincia e per i bandi che hanno caratterizzato il periodo 21 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo di Programmazione 2000-2006, ad esclusione del terzo bando (2005) per il qual molte istanze risultano ancora in istruttoria. La tabella 4 consente di osservare l’applicazione complessiva della misura 4.09 del P.O.R Sicilia 2000-2006 per il comparto seminativi. In particolare si osserva che il numero di istanze finanziate risulta pari a 9, queste hanno comportato per la Pubblica Amministrazione un impegno di spesa di oltre 27 milioni di euro, mentre, le somme effettivamente erogate sono ammontate a poco più di 23,5 milioni di euro. La misura 4.13 – Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità – si prefigge di valorizzare le produzioni di qualità nelle filiere agro-alimentari attraverso due azioni: • “Sostegno alla commercializzazione di prodotti regionali di qualità”; • “Sostegno alla creazione, al riconoscimento comunitario ed al controllo dei prodotti regionali di qualità”. Il Sostegno alla commercializzazione di prodotti regionali di qualità mirava alla conoscenza del mercato, delle filiere e degli strumenti di valorizzazione dei prodotti e del territorio. I destinatari della sottomisura erano la Regione Siciliana ed Enti o Consorzi pubblici e/o misti. Il Sostegno alla creazione, al riconoscimento comunitario ed al controllo dei prodotti regionali di qualità prevedeva la concessione di aiuti temporanei e decrescenti ai consorzi di tutela e di commercializzazione ed a Enti o Consorzi pubblici e/o misti. L’aiuto era concesso per un periodo di cinque anni ed in ogni caso non poteva superare sette anni a decorrere dalla data di registrazione del consorzio e riguardava la costituzione e l’avviamento dei consorzi (ivi compresi studi e ricerche di mercato), studi preliminari e consulenze per l’acquisizione di sistemi di qualità e di gestione ambientale secondo i criteri delle norme ISO 9000, ISO14000 e HACCP. Attraverso una serie di iniziative per il controllo della qualità in tutte le fasi della filiera, la sottomisura ha lo scopo di fornire alle imprese agroalimentari gli strumenti necessari per una corretta applicazione dei manuali della qualità. Venivano, infatti, incentivate le iniziative finalizzate all’ottenimento della tracciabilità delle produzioni agroalimentari, della sicurezza igienico-sanitaria, e del controllo qualitativo delle produzioni. Sono escluse dagli aiuti previsti dalla presente misura le aziende agricole. I prodotti che potevano beneficiare degli aiuti previsti dalla misura erano quelli riconosciuti o in fase di riconoscimento come DOP, IGP, AS, VQPRD, nonché i prodotti biologici. L’applicazione della misura riguardava l’intero territorio regionale, inoltre, la sottomisura 4.13b era soggetta a territorializ22 23 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo zazione nell’ambito di Progetti integrati territoriali (P.I.T.) fino ad un massimo del 60% della dotazione finanziaria programmata per ciascuna delle annualità. Tale misura nel periodo di Programmazione ha fatto registrare complessivamente una scarsa adesione, sono state poco numerose le istanze facenti capo al settore cerealicolo. 2.2.2 Il Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006 (PSR) della Sicilia L’obiettivo della Misura F-Agroambiente si fondava sulla diffusione dei metodi di produzione ecocompatibili, la tutela del paesaggio, del suolo, della biodiversità e la costituzione di sistemi foraggeri estensivi. La misura si articolava in 6 azioni, di esse il frumento duro rientrava in quelle riguardanti la produzione integrata e quella biologica: • F1a Metodi di produzione integrata. 24 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo • F1b Introduzione o mantenimento dei metodi dell’agricoltura e della zootecnia biologica. Con riferimento agli importi erogati al 2004, sulla base degli ultimi dati disponibili forniti dall’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana si osserva che per l’annualità in questione sono stai erogati 2,3 milioni di euro con riferimento agli aiuti di stato (Tab. 5) e 2,9 milioni di euro con riferimento alle pratiche Coofinanziate (Tab. 6). Complessivamente per l’annualità 2004 sono stati erogati per la coltura del frumento duro in Sicilia oltre 5,2 milioni di euro, pari ad una superficie complessiva di 1.269 ettari (Tab. 7). 25 Le politiche comunitarie e regionali a favore del settore cerealicolo 26 3. Analisi della produzione Analisi della produzione 3.1 Superfici investite, produzioni realizzate e diffusione delle varietà in Sicilia Il grano duro costituisce un comparto di primaria importanza nell’ambito dell’agricoltura siciliana rappresentando il seminativo largamente più utilizzato cui si contrappongono poche alternative valide negli avvicendamenti colturali. Nell’Isola la superficie a frumento duro ha attraversato nell’ultimo ventennio una fase di progressiva flessione. Tali flessioni, sono state causate anche dalle politiche comunitarie che negli anni hanno riguardato il comparto, si cita il noto set aside (fine anni ottanta inizi anni novanta) introdotto per contenere la produzione agricola in eccesso favorendo quindi il ritiro dai seminativi con notevoli contrazioni delle superfici e delle produzioni. Ad esso è seguita la riforma Mac Sharry che prevedeva l’introduzione di un nuovo regime di sostegno al grano duro, disaccoppiato dalla produzione e correlato ad una superficie massima garantita, in tale epoca la coltura ha conosciuto una ripresa fino alla Riforma della PAC introdotta a partire dal 2005 e che prevede un pagamento unico per azienda basato su aiuti storici ricevuti e svincolato dalla produzione. Ciò ha fatto registrare una consistenza al ribasso della superficie investita a frumento duro in Sicilia, che nel 2006 si è attestata su poco meno di 291 mila ettari. In Sicilia nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2006, la superficie investita a frumento duro ha fatto registrare un calo del 13%, pari a poco meno di 43 mila ettari. Dalla tabella 8 si osserva, come la coltura sia diffusa in tutta la regione, con una maggiore concentrazione nelle zone interne dell’Isola dove ne caratterizza l’indirizzo colturale. Infatti, al 2006, la provincia di Palermo intercetta il 24,1% (70 mila ettari) del totale regionale, seguono in ordine decrescente le province di Enna con il 17,3% (50,4 mila ettari), Caltanissetta con il 14,1% (41 mila ettari), Agrigento che intercetta il 13,1% (38 mila ettari), Catania intercetta il 10,3% (30 mila ettari) del totale regionale e infine Trapani che pesa per il 9,6% (28 mila ettari) della superficie investita. Con valori inferiori troviamo le province di Ragusa e Siracusa che intercettano rispettivamente il 5,5% (16 mila ettari) e infine la provincia di Messina che intercetta appena lo 0,5% (1,4 mila ettari) del totale regionale. Con riferimento alle produzioni (Tab. 9), nel periodo relativo ai bienni 2000/01 e 2005/06, si è registrata una lieve flessione pari al 2%, a fronte di una contrazione delle superfici che, come già detto, è stata pari al 13% del totale regionale. Tuttavia, nel periodo considerato si è assistito ad annate che 29 Analisi della produzione hanno determinato un notevole calo delle produzioni dovute ad eventi climatici avversi, in particolare l’annata agraria 2001-2002 si è caratterizzata da scarsissime precipitazioni (circa 200 mm), da temperature particolarmente elevate nei mesi di Febbraio e Marzo e da forti escursioni termiche nel mese di Aprile; le conseguenze si sono manifestate condizionando negativamente tutte le fasi del ciclo biologico del frumento, tanto che in molte aree è stato difficile e talora impossibile svolgere le normali attività di mietitura a causa del ridotto sviluppo delle piante. Anche il 2005 è stato caratterizzato da abbondanti precipitazioni, che nella fase di semina hanno ostacolato ed in alcuni casi impedito tale operazione, tuttavia l’andamento stagionale successivo è stato tale da non pregiudicare le rese medie aziendali. 30 Analisi della produzione La tabella 10 mostra come nel periodo compreso tra i bienni 2002/03 e 2005/06, in Sicilia, le rese espresse in tonnellate ad ettaro hanno subito un incremento pari al 24%. Il panorama varietale siciliano nel tempo si è profondamente rinnovato; rispetto al passato, oggi viene coltivata una minor gamma di varietà che si caratterizzano per le rese più elevate, la taglia bassa (sotto i 90 cm), la resistenza all’allettamento, l’attitudine alla meccanizzazione e la migliore risposta alla fertilizzazione. Sulla diffusione delle varietà hanno avuto un ruolo determinante le politiche comunitarie, volte inizialmente a soddisfare l’esigenza di un incremento della produzione e più recentemente al miglioramento degli standard qualitativi della granella secondo le esigenze dell’industria di trasformazione; inoltre, esse hanno imposto dei limiti all’accesso all’aiuto supplementare 31 Analisi della produzione solamente alle varietà iscritte nell’apposito registro che viene ogni anno presentato dai singoli Stati membri. Secondo i dati forniti dall’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Catania, le varietà di frumento duro più diffuse nell’Isola al 2006, sono state la varietà Simeto con il 32,3% della superficie rilevata, la varietà Arcangelo che intercetta un’aliquota pari al 16,8%, la varietà Duilio con il 12,8% ed infine la varietà Ciccio con il 6,1%, queste quattro varietà da sole, al 2006, rappresentano poco meno del 70% del panorama varietale regionale (Tab. 11). La varietà Simeto è stata coltivata, nel quadriennio 2003/06, su circa il 29% della superficie regionale coltivata a grano duro. Per la sua eccezionale adattabilità alle differenti condizioni pedoclimatiche negli ultimi dieci anni si è estesa in tutta l’area del bacino del mediterraneo, inoltre per la sua grande rusticità ha avuto la sua massima diffusione nelle zone aride della Sicilia e del Sud Italia. La varietà Arcangelo nello stes32 Analisi della produzione so periodo, e stata scelta per ricoprire oltre il 20% della superficie regionale coltivata a grano duro. La varietà Dulio ha interessato quasi il 13%, mentre, la varietà Ciccio nel periodo considerato, è stata coltivata mediamente sul 9% delle superfici coltivate a grano duro, in Sicilia. 3.2 Caratteri strutturali delle aziende granicole in Sicilia Un altro interessante carattere delle aziende che coltivano frumento duro in Sicilia riguarda la struttura delle aziende. Secondo i dati del IV e del V Censimento Generale dell’Agricoltura le aziende siciliane che praticano la coltivazione del grano duro ammontavano a 110.837 nel 1990 ed a 71.595 nel 2000, con un superficie agricola utilizzata (S.A.U.) rispettivamente pari a 443,6 e 331,6 mila ettari. Tali dati, evidenziano come nel decennio in questione si sia assistito ad una contrazione del numero di aziende pari a quasi il 35% ed a una contrazione della SAU investita pari a poco più del 25% del totale regionale (Tab. 12). Tale contrazione delle superfici, nel periodo intercensuario, è ascrivibile, alle massiccie adesioni dei coltivatori, nei primi anni novanta, al programma comunitario set aside. 33 34 Analisi della produzione L’analisi a livello provinciale, evidenzia come tale evoluzione abbia interessato tutte le province siciliane ed in particolare la provincia di Messina che ha subito un decremento del 55,8% della superficie investita, tuttavia, si tratta di una provincia non particolarmente vocata alla produzione di grano duro. In valori assoluti le perdite maggiori le registra la provincia di Palermo, con una perdita di 23,3 mila ettari, seguita dalla provincia di Agrigento (18,5 mila ettari), Caltanissetta (- 15,3 mila ettari), Enna (- 14,2 mila ettari), Catania (- 14,0 mila ettari), Trapani (- 9,0 mila ttari), Siracusa (- 8,7 mila ettari) e Ragusa (- 4,8 mila ettari). Per quanto riguarda, la distribuzione delle aziende granicole siciliane per classi d’ampiezza, la tabella 13, mette in evidenza la frammentazione dell’azienda agricola, infatti, le aziende con SAU inferiore a 5 ettari, secondo i dati del V Censimento Generale dell’Agricoltura, intercettano il 61% del totale regionale, per una SAU investita pari ad 65,6 mila ettari, che rappresenta il 19,80% della SAU regionale coltivata a grano duro. Le aziende agricole con classe d’ampiezza superiori ad una SAU di 5 ettari ed inferiori a 20 costituiscono il 28,9% del totale delle aziende granicole siciliane ed investono una SAU pari a 113,1 mila ettari. Con valori nettamente inferiori a quelli appena descritti troviamo le aziende con classi d’ampiezza superiore a 20 ettari di SAU. Esse intercettano poco meno del 10% del totale delle aziende granicole siciliane, ma di contro fanno registrare il 46,1% della SAU investita a grano duro. Infine, la tabella. 14 evidenzia che le aziende che coltivano frumento duro risultano in gran parte ubicate, come già detto, nelle aree più interne dell’Isola, distribuendosi per il 14% nelle aree di montagna, per il 79% nelle aree di collina e per il 7% nelle aree di pianura. 3.3 Il valore della produzione La Sicilia si colloca al secondo posto, dopo la Puglia, nel concorso alla formazione della PLV del frumento duro nazionale, infatti, sulla base dei dati ISTAT la produzione della coltura in Sicilia si è attestata su un valore pari a poco più di 158 milioni di euro, contribuendo in termini percentuali al 19,1% del valore della produzione ai prezzi di base del frumento duro nazionale, mostrando una flessione del 22% rispetto all’anno 2000, a causa soprattutto della notevole contrazione di superfici (- 42,7 mila ettari) che si è registrata nel periodo considerato (Tab. 15). 35 36 37 Analisi della produzione Quanto sopra detto, appare in linea con le altre regioni del Mezzogiorno e del Centro-Nord per le quali si è osservata, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2006, una contrazione percentuale sul valore della produzione ai prezzi di base del frumento duro nazionale, rispettivamente del 26% e del 40%. Il settore cerealicolo, ed in particolare quello del frumento duro, è stato interessato da molti anni da eventi, che hanno coinvolto le realtà agricole del Mezzogiorno, ciò, come già accennato, a causa delle misure di natura strutturale e di mercato adottate dall’UE; oltre che dagli andamenti climatici sfavorevoli che hanno fatto registrare in alcune annate agrarie contrazioni delle produzioni. Inoltre, la frammentazione aziendale e le condizioni pedoclimatiche difficili, che incidono negativamente sui costi di produzione e sulla redditività degli investimenti, rendono tale tipo di coltivazione poco competitiva a livello globale e strettamente legata ai sostegni comunitari a suo favore. Tuttavia, come più volte sottolineato, tale coltura riveste una grande importanza dal punto di vista territoriale e socio-economico, in quanto oltre ad assicurare un’importante funzione di presidio del territorio, costituisce una delle 38 Analisi della produzione principali forme di valorizzazione economica di molte aree interne caratterizzate da condizioni pedo-climatiche difficili nelle quali non esistono alternative colturali. 3.4 La produzione di semente di grano duro in Sicilia I dati forniti dall’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette) dimostrano che nel periodo compreso tra i bienni 2002/03 e 2005/06, nonostante le superfici controllate per la produzione di sementi certificate abbiano subito delle importanti contrazioni pari a poco meno del 40%, le zone interne della Sicilia continuano a rappresentare ancora le aree in cui si registra la maggiore concentrazione delle imprese di selezione e commercializzazione delle sementi che riescono ad approvvigionarsi a costi contenuti e rifornire gli agricoltori direttamente durante la semina, determinando un ruolo di rilievo dell’attività sementiera all’interno della filiera L’analisi dei bienni considerati evidenzia, infatti, una forte contrazione delle superfici investite che da poco meno di 33 mila ettari del biennio 2002/03 è passata a poco più di 19 mila ettari nel biennio 2005/06, mentre in termini di quantità prodotta tale contrazione, nel periodo compreso tra i due bienni, è stata pari al 45%. Dalla tabella 16 si osserva che nel biennio 2005/06, sono stati coltivati in Sicilia mediamente 19,6 mila ettari di grano duro da seme, che rappresentano quasi il 6,4% della superficie regionale investita a frumento duro in Sicilia nello stesso periodo. Per quanto riguarda la produzione di semente nel biennio 2005/06 essa si è attestata su oltre 43 mila tonnellate. Sempre dalla tabella 16, si osserva che le province di Palermo, Enna, Caltanissetta e Catania sono quelle maggiormente interessate alla coltivazione di grano duro per la produzione di semente, infatti, esse da sole, rappresentano nel biennio 2005/06 l’80,8% delle superfici coltivate. La semente di grano duro, viene commercializzata prevalentemente sul mercato regionale, esiste comunque una piccola quota di scambio con le altre regioni italiane e con l’estero, variabile in dipendenza dell’andamento produttivo delle varie annate nelle zone di coltivazione. Sempre dai dati forniti dall’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette) è stato possibile analizzare il panorama varietale siciliano, dalle tabelle 17 e 18 si osserva che dal biennio 2002/03 al biennio 2005/06 le varietà maggiormente diffuse nell’Isola sono fondamentalmente riconducibili a sei, esse da sole, nel biennio 2005/06, costituiscono oltre il 76% delle superfici coltivate 39 Analisi della produzione ed il 79% della produzione di semente di grano duro in Sicilia. Tali valori, nel periodo considerato (2002/03-2005/06) hanno fatto registrare sensibili variazioni percentuali in merito alle superfici ed alle produzioni ottenute, rimanendo, tuttavia, quelle che nel periodo considerato hanno caratterizzano il patrimonio varietale siciliano. Tali varietà, nel biennio 2005/06, sono rispettivamente, Simeto che ha fatto registrare il 31,3% delle superfici investite (6,2 mila ettari) ed una produzione del 38,5% regionale (poco meno di 17 mila tonnellate). Alla varietà Simeto, sempre al 2005/06, segue la varietà Mongibello con 2,4 mila ettari investiti (12% del totale regionale) ed una produzione di semente che nello stesso biennio si è attestata sul 4,6% del totale isolano, ad essa segue la varietà Arcangelo con il 10,1% delle superfici investite ed una produzione di semente pari al 9,3% del totale regionale. Con valori decrescenti seguono le varietà Dulio, Cicco e Iride che in termini di superfici, nel biennio 2005/06, hanno investito rispettivamente l’8,5%, il 7,3% ed il 7,4%, mentre in termini di semente prodotta i valori sono stati 40 Analisi della produzione rispettivamente del 13%, 7,1% e 6,9% del totale regionale. Al 2006 le imprese autorizzate ad effettuare la selezione di seme tecnico in Sicilia, risultano 46 e presentano una potenzialità di lavorazione complessiva teorica pari a quasi 186 mila tonnellate (Tab. 19); queste sono dislocate in tutto il territorio regionale con prevalenza delle province di Palermo, Caltanissetta, Enna e Catania che da sole costituiscono quasi il 90% sul totale regionale, mentre, non si rileva nessuna impresa in provincia di Messina. 41 Analisi della produzione 42 Analisi della produzione 43 4. L’industria di trasformazione L’industriadi trasformazione 4.1 Lo stoccaggio La commercializzazione del grano duro, in Sicilia, passa attraverso i centri di stoccaggio, che possono essere considerati l’anello di congiunzione tra la fase agricola e la fase industriale. Essi si configurano in strutture a gestione privata o associata, costituite da uno o più impianti di conservazione del prodotto (magazzini o silos), che talvolta operano anche in altre attività. Nell’ambito della commercializzazione del grano duro in Sicilia, oltre alle strutture di stoccaggio, operano altre figure ed in particolare i mediatori che sono attivi in alcune aree cerealicole della Sicilia, contribuendo a dare stabilità e continuità al mercato. Quest’ultima categoria non dispone di propri centri di stoccaggio ma spesso interviene offrendo anche servizi di logistica, i quali consentono di trasferire il grano duro dalle aziende agricole ai centri di trasformazione. Il ruolo all’interno della filiera dei centri di stoccaggio non si limitata soltanto alla conservazione della granella, ma risiede anche nella funzione di orientamento della produzione (tramite anche la fornitura di input, di assistenza tecnica e consigli commerciali) e di concentrazione di partite omogenee secondo le esigenze dell’industria di trasformazione. Lo stoccaggio differenziato del frumento duro rappresenta un intervento fondamentale per la valorizzazione della produzione e per accrescere la competitività della coltura. In Sicilia, la scarsa capacità di costituire grosse partite qualitativamente omogenee come richiesto dall’industria di trasformazione, è legata, soprattutto, a cause di ordine strutturale e di convenienza economica. La carenza di idonee strutture di stoccaggio e di valutazione qualitativa della granella, la dispersione e la polverizzazione delle unità produttive, il vasto numero di varietà coltivate e la concentrazione temporale delle operazioni di raccolta, nella pratica, rendono difficile operare la separazione delle partite in arrivo; inoltre, non sempre il mercato riconosce un differenziale di prezzo tale da rendere conveniente l’eventuale differenziazione qualitativa. Negli ultimi anni si osserva nell’Isola una diffusione dello stoccaggio differenziato delle granaglie che ha consentito in oltre 30 centri di separare durante il conferimento le diverse partite in funzione dei principali parametri qualitativi (proteine, glutine, peso specifico, umidità e colore). Fino al 2005 si osserva però, che la qualità del grano duro prodotto in Sicilia non risultava eccellente e di conseguenza le imprese di stoccaggio hanno destinato quote di produzione all’alimentazione zootecnica, importando da Paesi esteri significativi quantitativi per meglio rispondere alla domanda dei trasformatori siciliani (Chinnici, Pecorino, 2007). 47 L’industriadi trasformazione La tabella 20, evidenzia la consistenza dei centri di stoccaggio presenti in Sicilia al 2003. In particolare essi ammontano a 116 centri individuati di cui 114 censiti (Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore”, 2007). Dalla stessa tabella si osserva, che essi sono dislocati in tutto il territorio regionale ad eccezione della provincia di Messina, con una concentrazione nelle aree interne, dove è maggiormente diffusa la coltura del grano duro. La tabella 21, relativa alla distribuzione per province e capacità di stoccaggio delle imprese, mette in luce, che dei 114 centri operanti nell’Isola (Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore”, 2007), il 14,9%, pari a 17 strutture, presenta una capacità di lavorazione “Fino a 1.000 tonnellate”, mentre le classi di capacità lavorativa comprese tra 1.000-3.000 e 3.0005.000 tonnellate intercettano rispettivamente 35 strutture di stoccaggio cadauna pari complessivamente al 61,4% regionale. Invece, le classi con capacità di lavorazione più elevate comprese tra 5.000-10.000 e “Oltre 10.000” tonnellate sono quelle che intercettano il minor numero di strutture, infatti, esse ammontano rispettivamente a 18 (15,8%) ed a 9 (7,9% del totale regionale). Si stima infine che circa che circa l’81% del grano duro siciliano viene commercializzato all’interno dell’Isola, il 13% viene destinato ad altre regioni italiane, soltanto il 5% viene commercializzato all’estero (prevalentemente Malta, Algeria e Tunisia) da mediatori ed importatori internazionali (Chinnici, Pecorino, 2007). Per quanto riguarda il mercato nazionale, la tipologia di clienti è costituita soprattutto da molini, che direttamente o indirettamente attraverso figure di intermediari e grossisti vengono riforniti (Chinnici, Pecorino, 2007). 4.2 L’industria molitoria L’attività molitoria in Sicilia è orientata su due segmenti della trasformazione del grano duro che sono rivolti alla produzione della semola destinata alla produzione della pasta e della semola rimacinata per la panificazione. Il presente studio ha consentito di evidenziare che il settore molitorio regionale è caratterizzato da due distinte tipologie di imprese: • Aziende molitorie integrate a valle con l’attività di trasformazione; • Aziende molitorie prevalentemente orientate al mercato interno e non integrate né a valle né a monte. Nelle aziende integrate a valle con l’attività di trasformazione (pastifici e panifici), l’attività molitoria è subordinata spesso a quella principale e provvede alle esigenze di materia prima per l’attività di seconda trasformazione 48 L’industriadi trasformazione consentendo la possibilità di pianificare gli approvvigionamenti e di controllare le miscele dei grani in funzione delle caratteristiche degli sfarinati. Il gruppo nel quale rientrano la maggior parte delle imprese operanti in Sicilia è quello delle aziende molitorie prevalentemente orientate al mercato interno e non integrate né a valle né a monte. Queste si rivolgono, in genere, al mercato al dettaglio rappresentato dalle aziende della panificazione e pastificazione artigianale. 49 L’industriadi trasformazione A differenza di quanto si assiste nel resto dell’Italia, in Sicilia, il processo di ristrutturazione del comparto molitorio risulta piuttosto lento e il comparto è caratterizzato da una spinta polverizzazione strutturale. Secondo i dati forniti dall’ITALMOPA (Associazione Industriale Mugnai e Pastai d’Italia), tra il 2000 ed il 2005 il numero dei molini presenti nell’Isola è passato da 98 a 87 con una conseguente riduzione della potenzialità lavorativa nelle 24 ore; tuttavia, essi incidono per poco più del 13% sulla capacità molitoria nazionale (Tab. 22). La Sicilia detiene un’antica tradizione nella trasformazione del grano duro e detiene il secondo posto per potenzialità complessiva di macinazione, venendo subito dopo la Puglia (ITALMOPA, 2005 ). La potenzialità lavorativa degli impianti siciliani risulta inferiore alla media italiana, infatti, la maggior parte degli 87 molini rientrano nella classe di potenzialità lavorativa compresa tra 10 e 50 tonnellate nelle 24 ore, con un’incidenza percentuale di poco inferiore all’84% del totale regionale che risulta essere pari a 73 strutture delle 87 presenti nell’Isola ed un’incidenza percentuale sul totale nazionale pari ad oltre il 41%. Le imprese che rientrano nella classe di potenzialità lavorativa compresa tra 50 e 100 tonnellate nelle 24 ore sono 10 e incidono percentualmente per l’11,5% sul totale regionale e per il 5,6% sul totale nazionale. Infine le imprese che rientrano nella classe di potenzialità lavorativa superiore alle 100 tonnellate nelle 24 ore intercettano soltanto 4 imprese con un’incidenza percentuale del 4,6% sul totale regionale e del 2,2% sul totale nazionale. Per quanto riguarda la forma giuridica, dalla tabella 23 sopra riportata, si osserva che le imprese individuali ammontano a 24 pari al 27,6% del totale regionale, mentre prevalgono le forme societarie, che nel complesso costituiscono 63 imprese pari al 72,6% del totale regionale e, più precisamente, le società cooperative intercettano il 5,7% del totale regionale, le società per azioni e quelle in accomandita semplice intercettano il 6,9% ciascuno, mentre con aliquote maggiori troviamo le società a responsabilità limitata e quelle in nome collettivo che intercettano rispettivamente il 24,1% ed il 28,7% del totale regionale. Con riferimento alla destinazione delle produzioni si stima che quasi tutta la produzione viene commercializzata all’interno del territorio regionale (90% circa), mentre aliquote estremamente ridotte vengono esitate sui mercati extraregionali (9%) ed esteri (1%), destinando il prodotto verso altre imprese di trasformazione, pastifici e panifici soprattutto (Chinnici, Pecorino, 2007). 51 L’industriadi trasformazione 52 53 L’industriadi trasformazione 4.3 L’industria della pasta alimentare Nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2005 in Sicilia ed in Italia la consistenza delle imprese operanti nell’industria della pasta alimentare si è mantenuta su livelli costanti, infatti, nel 2000 in Sicilia ed in Italia si contavano rispettivamente 17 e 132 imprese con una potenzialità lavorativa espressa in tonnellate nelle 24 ore di 829,4 per la Sicilia e di oltre 15 mila tonnellate per l’Italia. Tali valori al 2005 si sono discostati di poco, infatti, in termini di consistenza si rilevano 16 imprese in Sicilia e 130 in Italia, mentre, con riferimento alla potenzialità lavorativa espressa in tonnellate nelle 24 ore, si è assistito ad un incremento nell’Isola (+ 31%), mentre, a livello nazionale tale valore si è mantenuto pressoché costante (Tab. 24). 54 L’industriadi trasformazione L’industria della pasta alimentare in Sicilia risulta caratterizzata da due diverse tipologie d’imprese, quelle organizzate a livello industriale e produttrici prevalentemente di pasta secca, e quelle organizzate a livello artigianale (unità produttive, di micro – piccole dimensioni) dislocate all’interno dei nuclei urbani con produzione e commercializzazione diretta di pasta fresca. Con riferimento alla forma giuridica (Tab. 25), le imprese sono costituite soltanto da forme societarie ed in particolare, 3 sono delle Società per Azioni, 11 sono Società a Responsabilità Limitata ed infine 2 sono Società in nome collettivo. Per quanto riguarda invece, l’attività delle 16 imprese pastarie è emerso che 11 svolgono l’attività pastaria, mentre, 5 sono integrate a monte con l’attività molitoria. L’integrazione a monte con l’attività molitoria consente all’industrie pastarie, come precedentemente accennato, di pianificare la politica di approvvigionamento e di effettuare un maggiore controllo sulla qualità dei grani (Tab. 25). 55 L’industriadi trasformazione Al 2005 nell’Isola dei 16 pastifici di pasta industriale secca, 4 risultano localizzati nella provincia di Trapani, 3 nella provincia di Palermo, 3 nella provincia di Catania, mentre i restanti 6 sono localizzati nelle province di Messina, Ragusa e Siracusa rispettivamente con 2 imprese per provincia. La potenzialità lavorativa complessiva dei pastifici siciliani di pasta industriale secca, al 2005, è di 1.087,4 tonnellate nelle 24 ore e rappresenta il 7% della potenzialità lavorativa totale nazionale. Dei 16 pastifici siciliani, 6 (37,5% del totale regionale) rientrano nella classe di potenzialità lavorativa più bassa, fino a 30 tonnellate nelle 24 ore, 5 (31,3% del totale regionale) rientrano nella classe di potenzialità lavorativa compresa tra 30 e 99,9 tonnellate nelle 24 ore, mentre, le restanti 5 (31, 3% del totale regionale) presentano potenzialità lavorative superiori alle 100 tonnellate nelle 24 ore (Tab. 26). Secondo i dati UN.I.P.I del 2005 il numero degli addetti nell’industria pastaria siciliana (Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore”, 2007) ammonta a 355, con un numero medio per impresa che in Sicilia si attesta su 22,2 addetti. Tale consistenza espressa in numero di addetti complessivi nell’industria pastaria siciliana, rappresenta soltanto il 5,5% degli addetti impiegati nell’industria pastaria nazionale. Una tale situazione evidenzia che, nonostante il numero rilevante d’imprese presenti nell’Isola che costituisce oltre il 12% dell’industria pastaria italiana, la Sicilia si caratterizza per una dimensione medio - piccola dell’imprese pastarie. Accanto ai pastifici industriali si rileva la presenza di imprese di piccole o piccolissime dimensioni, che vendono la pasta sul mercato locale, all’interno dei nuclei urbani. Si stima che gran parte della produzione realizzata viene venduta ad imprese di commercializzazione (52%), seguita dalla vendita alla distribuzione (dettaglio tradizionale e grande distribuzione organizzata) per il 35%, mentre aliquote ridotte vengono esitate direttamente al consumatore oppure ad altre imprese di trasformazione a seguito di contratti di lavorazione in conto terzi (Chinnici, Pecorino, 2007) 4.4 L’industria del pane La produzione e il consumo di pane di grano duro sono tradizionalmente diffusi in alcune regioni del meridione d’Italia. In Sicilia, la panificazione con frumento duro è polverizzata tra i piccoli laboratori artigianali che commercializzano direttamente il proprio prodot56 57 L’industriadi trasformazione to, essi sono presenti su tutto il territorio regionale. Accanto a questi piccoli laboratori artigianali che sono tipici dell’area urbana, in Sicilia, l’attività di panificazione industriale viene realizzata da un numero limitato d’imprese e, pertanto, questo specifico segmento della filiera non può essere approfondito come gli altri. Due realtà che svolgono l’attività di panificazione industriale, in Sicilia, sono ubicate rispettivamente una in provincia di Enna ed una in provincia di Palermo. Le forme giuridiche, di tali imprese sono: per la prima la società cooperativa e per la seconda la società in nome collettivo. Il processo di trasformazione e attuato da linee di panificazione aventi una capacità di trasformazione compresa fra 200 e 2000 kg/ora. Il prodotto ottenute viene principalmente esitato verso i mercati regionali attraverso la grande distribuzione organizzata, che intercetta aliquote elevate e garantisce livelli di fatturato che negli ultimi anni sono apparsi in crescita (Chinnici, Pecorino, 2007). 58 5. Gli scambi con l’estero Gli scambi con l’estero Il mercato dal quale le imprese siciliane acquistano il frumento duro è prevalentemente quello regionale e solo per quantitativi ridotti si riforniscono in altre regioni italiane e all’estero (Pecorino, 2001). A differenza del contesto nazionale, in cui si registra una costante dipendenza dai mercati esteri per quanto riguarda gli approvvigionamenti dell’industria di trasformazione, la quale non riesce a soddisfare il proprio fabbisogno con la produzione nazionale. Le quantità di grano duro importate dalla Sicilia nell’ultimo quinquennio (2002-2006) sono ammontate mediamente a circa 60,2 mila tonnellate all’anno per un valore complessivo medio di 10,61 milioni di euro, con estremi compresi tra un minimo di 27,5 mila tonnellate nel 2003 e valori massimi di 104,8 mila tonnellate importate nel 2002, anno in cui si è registrata una bassissima produzione di grano duro realizzata a causa degli eccezionali eventi calamitosi che si sono verificati in quel periodo. L’analisi della tabella 27 evidenzia che nel quinquennio considerato le importazioni di grano duro della Sicilia da altri Paesi di origine si sono ridotte del 32% in termini quantitativi e del 35% in termini di valore, tuttavia, è da precisare che l’elevata variabilità annua dei quantitativi importati è strettamente legata a particolari eventi che si sono verificati nei diversi periodi dell’arco temporale esaminato. La provenienza del frumento duro è prevalentemente comunitaria, in modo specifico si citano Francia, Grecia e Spagna. In particolare a partire dal 2003, sono soprattutto la Francia e la Spagna i due Paesi che hanno esportato grano duro in Sicilia, offrendo un prodotto anche se meno pregiato a prezzi inferiori. Infatti, l’introduzione di alcune innovazioni tecnologiche nell’industria pastaria, hanno permesso di raggiungere una buona qualità del prodotto finito senza ricorrere all’utilizzazione di materie prime di elevata qualità, ciò, ha ridotto le importazioni extracomunitarie che nel quinquennio considerato si identificano quasi esclusivamente con quelle canadesi. Con riferimento ai quantitativi di grano duro esportato dalla Sicilia per Paesi di destinazione, la tabella 28 evidenzia che nel quinquennio in questione (2002-2006), le quantità esportate sono ammontate mediamente a circa 86,1 mila tonnellate all’anno per un valore complessivo medio di 15,85 milioni di euro, con estremi compresi tra un minimo di 7,0 mila tonnellate nel 2006 e valori massimi di 156,7 mila tonnellate nel 2004. Complessivamente si osserva che tra il 2002 ed il 2006 le esportazioni di grano duro dalla Sicilia verso altri Paesi di destinazione si sono ridotte del 91% sia in termini quantitativi che di valore, tuttavia, è da precisare, anche in questo caso, che l’ele61 Gli scambi con l’estero vata variabilità annua dei quantitativi esportati è strettamente legata a particolari eventi che si sono verificati nei diversi periodi dell’arco temporale esaminato. Le esportazioni del grano duro siciliano riguardano prevalentemente i Paesi extracomunitari e in particolar modo l’Algeria. All’interno del comparto una buona fetta delle esportazioni risulta essere costituita dai derivati del frumento in particolare delle paste alimentari. Nel quinquennio considerato (2002-2006) le esportazioni delle paste alimentari si sono mantenute pressoché costanti determinando complessivamente tra il 2002 ed il 2006 un incremento in termini quantitativi pari all’8%, mentre in termini di valore tale incremento è stato pari al 17%. Le quantità esportate di pasta alimentare nel periodo considerato sono ammontate mediamente a circa 14,2 mila tonnellate all’anno per un importo 62 Gli scambi con l’estero complessivo medio di 9,14 milioni di euro, con estremi compresi tra un minimo di 11,5 mila tonnellate nel 2003 e valori massimi di 15,9 mila tonnellate nel 2004. Con riferimento ai Paesi di destinazione, quelli dell’UE coprono circa il 40% del valore delle esportazioni concentrati prevalentemente nel Regno Unito; Belgio e Paesi Bassi e in misura minore in Francia, Germania e Austria (medie del quinquennio 2002-2006). I Paesi extracomunitari coprono, invece, circa il 60% del valore delle esportazioni, tra essi spiccano gli Stati Uniti che occupa il 1° posto in graduatoria (Tab. 29). 64 Considerazioni finali Considerazioni finali Nel 2006 la Sicilia ha rappresentato la seconda regione italiana, dopo la Puglia, per quanto concerne le superfici investite a grano duro e le relative produzioni ottenute. Tuttavia, a fronte di tale primato, la granicoltura siciliana si caratterizza ancora per un’ampiezza della struttura aziendale medio-piccola. Secondo i dati del V Censimento Generale dell’Agricoltura, il 61,3% delle aziende granicole siciliane rientra nella classe d’ampiezza con una SAU inferiore a 5 ettari che corrisponde ad una SAU investita pari a 65.648 ettari, pari al 19,8% dell’intera SAU regionale coltivata a grano duro. Appare dunque evidente come la frammentazione aziendale limita ancora gli investimenti mirati all’adeguamento tecnologico e ad un utilizzo efficiente dei mezzi tecnici nella gestione dell’azienda e del processo produttivo. È quindi auspicabile una crescita dimensionale delle aziende granicole siciliane, allo scopo di favorire economie di scala e, conseguentemente, un’ottimizzazione dei costi di gestione sia dell’impresa che dell’intero processo produttivo. Tutto ciò assume un significato ancora maggiore in vista del 2013, quando potrebbero essere eliminati gli aiuti complementari ai redditi ed in prospettiva dell’ingresso nella UE dei Paesi dell’area orientale del continente. Per quanto riguarda gli aspetti concernenti la Politica Agricola Comune a favore della filiera del grano duro, l’introduzione del pagamento unico per azienda, basato sugli aiuti storici ricevuti dall’azienda e svincolato dalla produzione, sta penalizzando il settore con un ridimensionamento del livello quanti-qualitativo della produzione. Tale situazione sta provocando ripercussioni negative con una contrazione delle superfici investite e delle produzioni ottenute, generando sia per le imprese sementiere che di commercializzazione riduzioni dei volumi medi commercializzati e di conseguenza dei ricavi con gravi ripercussioni anche sull’industria di prima e di seconda trasformazione che si rivolge ai mercati esteri per approvvigionarsi di materia prima. Per quanto attiene le imprese sementiere siciliane, esse risultano ubicate prevalentemente nelle aree vocate alla produzione del grano duro ed in particolare nelle province di Palermo, Caltanissetta, Enna e Catania. Tali imprese sono caratterizzate da un buon livello di competitività riuscendo ad esportare le produzioni regionali anche nei Paesi del Bacino del Mediterraneo. Per quanto concerne i centri di stoccaggio, è emerso che in Sicilia appare necessario un intervento per la valorizzazione della produzione allo scopo di accrescere la competitività della coltura, superando i molteplici problemi che oggi interessano tali strutture (la scarsa capacità di costituire grosse partite qualitativamente omogenee come richiesto dall’industria di trasformazio69 Introduzione ne; la carenza di idonee strutture di stoccaggio e di valutazione qualitativa della granella; la dispersione e la polverizzazione delle unità produttive; il vasto numero di varietà coltivate e la concentrazione temporale delle operazioni di raccolta). Ciò sicuramente si rifletterà sull’industria di prima e seconda trasformazione che tenderà a contenere i rifornimenti di materia prima di provenienza extraregionale o estera. Per quanto attiene l’industria molitoria, si osserva che la Sicilia rappresenta ancora oggi la regione dove risulta localizzato il maggior numero di molini che trasformano grano duro. L’Isola in termini di consistenza numerica incide per quasi il 49% sul totale nazionale, tuttavia, il relativo peso percentuale in termini di potenzialità lavorativa espressa in tonnellate nelle 24 ore, è pari ad appena il 13,5% del totale nazionale, ciò evidenzia che si tratta di strutture mediamente dotate di potenzialità lavorativa e di insufficiente livello tecnologico. Con riferimento all’industria pastaria, il panorama regionale presenta molte similitudini con quello descritto per l’industria molitoria. In Sicilia esistono, infatti, un numero rilevante d’imprese che incidono per il 12,3% sul totale nazionale ma soltanto per il 7% in termini di potenzialità lavorativa. Tuttavia, l’incremento della potenzialità lavorativa regionale (31%) registrata tra il 2000 ed il 2005, induce a pensare che sia in atto un processo di ammodernamento degli impianti che sta portando alla creazione di strutture di elevata concezione tecnologica a cui comunque si affiancano ancora impianti tradizionali e ormai obsoleti. Con riferimento all’attività di panificazione, la Sicilia si caratterizza per la presenza di un numero limitato d’imprese che tuttavia rappresentano realtà imprenditoriali dinamiche in grado di collocare i propri prodotti sui mercati regionali attraverso la grande distribuzione organizzata. Alla luce di quanto detto, si può dunque affermare che la filiera del grano duro riveste, in Sicilia, ancora oggi, un ruolo non trascurabile sia per il vasto indotto che essa alimenta, attivando processi a “monte” e “valle” della filiera, che per il ruolo paesaggistico-ambientale che svolge nell’aree interne dell’Isola. Si tratta, dunque, di una filiera che gioca un ruolo determinante nell’economia agricola siciliana, anche se alcuni degli “attori” che la compongono spesso si limitano a sviluppare processi produttivi di semplice sussistenza, piuttosto che provvedere ad un adeguamento della fase produttiva, di trasformazione e di commercializzazione che risultano indispensabili per la crescita del comparto. 70 Bibliografia 72 Bibliografia AA. VV.: L’industria agroalimentare in Italia, Primo rapporto annuale MAF, Roma, 1992. ALTAMORE L. (2007): La filiera del grano duro: l’azienda e il processo produttivo, in Consorzio “Gian Pietro Ballatore” per la Ricerca su Specifici Settori della Filiera Cerealicola, Osservatorio della filiera cerealicola siciliana – terzo rapporto. La filiera del grano duro in Sicilia, Anteprima S.r.l., Palermo B. MESSINA, G. RUSSO, A. ARONADIO, in press. 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