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Lo schema Ponzi: truffe finanziarie di ieri e di oggi

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Lo schema Ponzi: truffe finanziarie di ieri e di oggi
Lo schema Ponzi: truffe finanziarie di ieri e di oggi
Bruno Codenotti
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Introduzione
Lo schema di Ponzi è una semplice tecnica che sta alla base di molte truffe
finanziarie. Si tratta di una specie di catena di Sant’Antonio che assicura
alte entrate a breve termine ai primi investitori grazie alle sottoscrizioni degli
ultimi arrivati.
Il truffatore sfrutta l’avidità delle persone, pronte a cullarsi nell’illusione
di essere di fronte a un mago della finanza, in grado di procurare loro alti
guadagni con pochissimi rischi.
Lo schema funziona come segue. Al potenziale cliente viene proposto un
investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato. Chi sottoscrive
un contratto, riceve effettivamente gli interessi promessi. Una volta ottenuta
l’adesione di un certo numero di persone, si sparge la voce che l’investimento
è redditizio e il sistema attira cosı̀ nuovi investitori. Si continuano a pagare gli interessi promessi con i soldi via via incassati. La società finanziaria
ha infatti capitale sociale pari a zero, ma i risparmiatori vengono indotti a
credere che gli interessi provengano da sofisticati investimenti. Lo schema
riesce ad auto-alimentarsi e continua a funzionare finché le richieste di rimborso non superano i nuovi versamenti. Quando questo accade, il sistema
crolla e gli investitori non riescono a recuperare il proprio capitale.
In un primo tempo, le vittime vengono scelte nella comunità di appartenenza del truffatore e tra persone non competenti in materia finanziaria.
Facendo leva sulla loro reticenza ad ammettere la propria ignoranza, si giustificano i guadagni con (fittizie) attività, che vengono documentate in modo
poco chiaro.
Presentiamo adesso due storie, i cui protagonisti sono l’italo-americano
Carlo Ponzi (1882-1949), a cui si deve il nome dello schema, e un guru della
finanza dei nostri giorni, Bernard Madoff, che nel 2008 è stato arrestato per
la più grande truffa finanziaria della storia.
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Carlo Ponzi
Carlo Ponzi nacque nel 1882 a Lugo di Romagna. In gioventù fu prima
impiegato postale a Parma e poi studente all’Università di Roma. A corto
di soldi, nel 1903 lasciò l’università ed emigrò negli Stati Uniti, dove visse
per diversi anni in povertà, svolgendo lavori umili.
Nel 1907 si trasferı̀ a Montreal e si impiegò presso il Banco Zarossi, una
banca fondata da Luigi Zarossi e rivolta agli immigrati italiani.
Zarossi pagava interessi molto alti sui depositi. Ben presto si scoprı̀ che
il pagamento degli interessi non veniva da profitti finanziari, ma dal denaro
che i clienti stessi avevano depositato... La banca fallı̀ e Zarossi dovette
fuggire in Messico per evitare l’arresto.
Rimasto a Montreal a curare gli interessi della famiglia Zarossi, Ponzi fu
arrestato nel 1909 per aver falsificato assegni. Nel 1911 venne rilasciato dal
carcere e rientrò negli Stati Uniti. Qui fu nuovamente arrestato per il suo
coinvolgimento nell’immigrazione clandestina di italiani dal Canada negli
Stati Uniti e condannato a due anni di prigione.
Nel 1918, venne per caso a conoscenza di un sistema utilizzato nella
corrispondenza internazionale. Quando si spediva una lettera all’estero e si
desiderava una risposta da parte del destinatario, era buona norma inserire
all’interno della busta un buono di risposta internazionale. Le spese di
affrancatura per il destinatario venivano coperte dal buono, che poteva essere
scambiato con l’affrancatura valida nel paese da cui sarebbe stata spedita la
lettera di risposta.
Ponzi scoprı̀ che i buoni di risposta internazionale venivano venduti in
Italia per l’equivalente di 6 centesimi e si potevano convertire in francobolli
americani di valore superiore.
Iniziò allora a inviare denaro ad un mandatario in Italia che acquistava
i buoni e glieli spediva negli Stati Uniti; qui Ponzi scambiava gli stessi in
francobolli, che poi rivendeva traendone un profitto.
Durante un discorso pronunciato a Boston il 10 agosto 1920, lo stesso
Ponzi esemplificò la situazione:
“Prendo un dollaro, con il cambio di oggi ottengo 18 lire italiane che mi
bastano per comprare in Italia 60 buoni di risposta internazionali che poi
converto negli Stati Uniti per 3 dollari”.
Ponzi mise in piedi un’operazione di arbitraggio1 che era del tutto legale.
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L’arbitraggio consiste nell’acquisto di un bene su un mercato e nella rivendita dello
stesso su un altro mercato, sfruttando le differenze di prezzo al fine di ottenere un profitto.
L’operazione è conveniente quando il ricavo che si ottiene supera i costi per il trasferimento
del bene da un mercato all’altro.
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Avvicinò amici e parenti, li convinse dell’efficacia di questo sistema e a
scommettere su di esso, garantendo loro un rendimento del 50 per cento in
soli 90 giorni. Costituı̀ a Boston una società, la Securities Exchange Company, assunse agenti per raccogliere fondi, compensandoli con profumate
provvigioni.
Ponzi dichiarava di dare agli investitori solo una parte del profitto che
otteneva dallo scambio di buoni postali. Studi investigativi compiuti in
seguito mostrarono che non erano in gioco buoni postali o profitti finanziari,
ma semplicemente i soldi versati dagli investitori. Dall’agosto del 1920, il
dipartimento del servizio postale degli Stati Uniti aveva infatti deciso di non
accettare lo scambio di grandi quantità di buoni di risposta internazionale.
Era pertanto chiaro che gli “interessi” provenivano semplicemente dai fondi
versati.
Fino a che fosse riuscito ad incassare fondi da parte degli investitori,
Ponzi non avrebbe rischiato il tracollo e poteva continuare a remunerare i
suoi investitori ai tassi stabiliti.
In pochissimo tempo, riuscı̀ ad accumulare una fortuna. Nel maggio del
1920 aveva già incassato 420.000 dollari, una cifra che stimolò molti altri
ad investire nella sua società. Alla fine dell’estate, aveva attirato nella sua
rete ben 40.000 persone e raccolto una somma pari a 15 milioni di dollari.
Il sogno del povero immigrato italiano si era trasformato in realtà: Ponzi
divenne ricchissimo.
Tuttavia l’iniziale euforia si placò e la gente cominciò a domandarsi come Ponzi avesse potuto fare una fortuna del genere in cosı̀ poco tempo e,
soprattutto, in un periodo difficile come il primo dopoguerra. Alcuni investitori ritirarono i propri fondi dalla società, ma Ponzi riuscı̀ a farli tornare
sui loro passi, compensandoli lautamente.
Nei confronti della società di Ponzi si erano però insinuati curiosità e
sospetto. Il quotidiano Boston Post cominciò a pubblicare articoli su Ponzi
e sui dubbi che si accumulavano intorno alla sua società, arrivando persino ad
ingaggiare uno dei più noti analisti finanziari dell’epoca, Clarence Barron,
che, dopo un’attenta indagine, portò alla luce lo schema che guidava la
macchina fabbrica-soldi di Carlo Ponzi.
Alla fine del 1920 Ponzi venne arrestato e condannato a cinque anni
di reclusione. Seguirono altre peripezie e successivi arresti, finché nel 1934
uscı̀ definitivamente di prigione e venne fatto rimpatriare in Italia. Dopo
avere svolto alcune attività in Italia, emigrò in Brasile dove morı̀ nel 1949
in un ricovero per poveri. Pochi giorni prima della sua morte, dichiarò
ad un giornalista americano: “Ho dato agli abitanti di Boston il miglior
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spettacolo che sia mai stato visto sul territorio dai tempi dello sbarco dei
padri pellegrini! Valeva ben quindici milioni di verdoni il vedermi mettere
su tutta la baracca!”.
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Il caso Madoff
Bernard Madoff nacque a New York nel 1938. Iniziò gli studi di giurisprudenza nel 1959, ma smise dopo un anno per dar vita ad una società di
investimento, la Madoff Investment Securities. Allo scopo, utilizzò i 5000
dollari che aveva guadagnato lavorando d’estate come guardia del corpo.
Con l’aiuto di parenti e della fitta rete sociale circostante, riuscı̀ a penetrare nei circuiti più esclusivi di Long Island e Palm Beach. Lı̀ si guadagnò
la reputazione di filantropo e di guru della finanza, al punto che dozzine di
milionari, tra cui molti ricchi soci del Palm Beach Country Club, furono ben
presto disposti a tutto pur di investire con lui. Tra i suoi clienti, spiccano i
nomi di Steven Spielberg e Kevin Bacon.
La Madoff Investment Securities si impose all’attenzione del mondo finanziario soprattutto per la stabilità dei rendimenti, che sembravano non
risentire più di tanto delle fluttuazioni del mercato. Madoff non prometteva
agli investitori guadagni eccessivamente alti, ma dava garanzie di stabilità e
rischi minimi.
Anziché sfruttare l’avidità, faceva leva sul desiderio di sicurezza. Inoltre
dava la possibilità agli investitori di effettuare prelievi in qualsiasi momento,
in modo che questi avevano la sensazione di avere depositato i soldi in una
banca, con tassi di interesse più alti rispetto a quelli offerti dalle banche.
La Madoff Investment Securities inviava regolarmente agli investitori una
gran quantità di documenti, apparentemente perfetti e legali, che in realtà
contenevano false ricevute di transazioni.
Il fatto che i rendimenti non scendessero mai sotto il 10 per cento annuo attirò l’attenzione di un analista finanziario, Harry Markopolos, che nel
2005 sottopose all’attenzione della Securities and Exchange Commission,
l’ente federale preposto alla vigilanza della borsa valori, un dossier sulle attività di Madoff. Nel documento, Markopolos metteva in luce come fosse
matematicamente impossibile mantenere una stabilità del genere, a meno
che la finanziaria di Madoff non nascondesse un gigantesco schema di Ponzi.
Per lungo tempo, Markopolos non fu ascoltato e Madoff continuò a prosperare, nonostante le voci di frode cominciassero a circolare. Nei momenti
di difficoltà, riuscı̀ a fugare dubbi e sospetti, mantenendo una presenza co-
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stante a Palm Beach e Long Island e conducendo una vita tranquilla e senza
particolare ostentazione.
Tuttavia nel dicembre del 2008 i nodi vennero al pettine. Di fronte a
precise richieste di chiarimento da parte di alcuni investitori, Madoff dovette
confessare che una branca della sua società finanziaria non era altro che uno
schema di Ponzi. Venne arrestato e poi condannato a 150 anni di carcere:
dalle indagini era emerso un ammanco di oltre 50 miliardi di dollari!
Gli investitori, dapprima increduli, dovettero ben presto accettare la
realtà: il mago della finanza a cui si erano affidati era uno dei più grandi
truffatori della storia!
Non poche persone continuano a cadere in frodi che con un po’ di attenzione potrebbero essere evitate2 . L’avidità o il bisogno di sicurezza tolgono
loro la lucidità necessaria a capire che certe promesse sono semplicemente
troppo belle per essere vere.
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Si veda ad esempio la panoramica proposta da Elysa Fazzino nell’articolo “Ponzi ha
dato il nome a un metodo, ma Madoff e molti altri hanno superato il maestro”, apparso
sul Il Sole 24 Ore il 9 Marzo 2012.
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