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La Gestione del Dolore nelle Strutture Residenziali

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La Gestione del Dolore nelle Strutture Residenziali
UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Anno 2011
Tavolo Tecnico Interaziendale ASL - RSA - RSD
La Gestione del Dolore
nelle Strutture Residenziali
Approcci terapeutici ed assistenziali:
Protocolli per la gestione del dolore
Strumenti di valutazione
Trattamento
1
UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Il documento è reperibile sul sito:
http://struttureassi.aslmi1.mi.it/
Si ringraziano per la collaborazione alla stesura del presente documento:
Dott. Gianluca Azi – Medico RSA Casa Padre Pio – Legnano
Dr.ssa Maria Antonia Barbieri – Psicologo RSA E. Bernardelli – Paderno Dugnano
Dott. Elisabetta Caccia – Medico RSA Albergo del Nonno – Parabiago
Dott.ssa Gianna Carella – Medico RSA Istituto Geriatrico C. Golgi – Abbiategrasso
Dr.ssa Monica Conti – Psicologo RSD Istituto Sacra Famiglia – Cesano Boscone
Dott. Davide Dell’Acqua – Medico RSA Il Gelso - Vittuone
Dott.ssa Aida De Pasquale – Medico RSD Istituto Sacra Famiglia – Cesano Boscone
Dr.ssa Roberta Di Gennaro – Inf. Prof. RSA Istituto Sacra Famiglia – Cesano Boscone
Dr. Giuseppe Gazzardi – Psicologo UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie ASL
Milano 1
Dott.ssa Raffaella Gornati – Medico UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
ASL Milano 1
Dott.ssa Federica Magnanini – Medico RSA A. e A. Pozzoli – Legnano
Dr. Stefano Mantovani – Inf. Prof. RSA Don Cuni – Magenta
Dr. Lucio Moderato – Psicologo - RSD Istituto Sacra Famiglia – Cesano Boscone
Dott.ssa Dolores Nuzzo – RSA Istituto Sacra Famiglia – Settimo Milanese
Dott.ssa Angelamaria Sibilano – Medico UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio
Sanitarie ASL Milano 1
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Sommario
Premessa ...........................................................................................................................5
Epidemiologia....................................................................................................................6
Cause, condizioni associate ed effetti del dolore .............................................................7
Cenni di Fisiopatologia del Dolore ....................................................................................8
Fenomeno della sensibilizzazione centrale.....................................................................10
Estensione del dolore......................................................................................................10
Teoria del cancello (fenomeno inibitorio).......................................................................11
Protocollo per la gestione del dolore..............................................................................11
Riconoscimento...............................................................................................................11
Assessment......................................................................................................................13
Strumenti di valutazione .................................................................................................14
Trattamento ....................................................................................................................16
Sensibilità del personale al problema dolore..................................................................17
Monitoraggio...................................................................................................................18
Il Trattamento farmacologico del Dolore cronico...........................................................18
Uso di analgesici non oppioidi.........................................................................................19
Uso di analgesici oppioidi................................................................................................19
Farmaci adiuvanti ............................................................................................................20
Modalità di somministrazione dei farmaci .....................................................................20
Raccomandazioni specifiche ...........................................................................................21
Protocollo di somministrazione dei farmaci ...................................................................22
Strategie non farmacologiche di trattamento ................................................................23
Aspetti generali della psicologia del dolore ....................................................................24
Premessa: Le basi psicologiche del dolore......................................................................24
Lo psicologo e la diagnosi nel dolore cronico .................................................................27
Terapia psicologica ..........................................................................................................27
Efficacia della terapia psicologica ...................................................................................28
La Medicina Complementare ..........................................................................................29
Legislazione .....................................................................................................................31
Conclusioni ......................................................................................................................32
Bibliografia e sitografia....................................................................................................33
Allegato 1 - Gli Strumenti di Valutazione del Dolore ......................................................35
Scale di Intensità .............................................................................................................35
Visual Analogue Scale (VAS)Scala Analogico Visiva ......................................................35
Verbal Numerical Scale (VNS) .........................................................................................37
Scala delle Espressioni Facciali ........................................................................................38
Scale Osservazionali ........................................................................................................39
Scala DOLOPLUS-2...........................................................................................................39
Scala PAINAD ...................................................................................................................42
ABBEY PAIN SCALE...........................................................................................................43
Scala NOPPAIN ................................................................................................................45
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Questionari multidimensionali........................................................................................47
MC GILL PAIN QUESTIONAIRRE (MPQ) ...........................................................................47
IPQ, Italian Pain Questionnaire .......................................................................................49
Allegato 2 - Comportamenti di dolore nelle persone con declino cognitivo..................51
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Premessa
L'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definisce il dolore come una
sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno
tissutale o comunque descritta come tale.
Il dolore è sempre un'esperienza soggettiva e ciascun individuo apprende il significato di
tale parola attraverso le esperienze correlate ad una lesione occorsa durante i primi anni di
vita; si accompagna ad una componente somatica ed in virtù delle sue caratteristiche
spiacevoli, si associa anche ad una carica emozionale (1, 2).
Il dolore fisico è il prodotto dell’elaborazione psichica di un segnale elettrico, un messaggio,
che il nostro sistema nervoso invia al cervello quando i tessuti del corpo subiscono un
danno.
Il dolore è un’esperienza personale, ed è tanto forte quanto il malato dice di provare ed è là
dove egli indica che è (3); se il paziente ne comunica la presenza, vuol dire che quel dolore
esiste (4, 5).
Non è corretto né utile cercare di giudicare il dolore di un altro applicando la nostra
esperienza, poiché in questo modo esso viene inevitabilmente sottostimato: nulla è più
facilmente sopportabile come il dolore degli altri.
Questo è probabilmente il motivo per cui il dolore è curato così poco efficacemente, per
pregiudizio e disattenzione, non per mancanza di mezzi idonei (3). Il dolore è un fenomeno
complesso, soggettivo e percettivo che presenta varie dimensioni, vissute da ogni persona
in modo unico e pertanto può essere valutato solo indirettamente (5).
Il dolore, in generale, può avere caratteristiche di tipo acuto e cronico. Il dolore acuto è
finalizzato ad allertare il corpo sulla presenza di stimoli pericolosi o potenzialmente tali
nell'ambiente o nell'organismo stesso. Il dolore è quindi un segno/sintomo UTILE, che prima
di essere affrontato e trattato va capito, interpretato e inserito nel corretto nesso
etiopatogenetico per un’adeguata terapia della patologia causale.
Il dolore cronico non rappresenta un’estensione temporale del dolore acuto, ma rappresenta
un’entità a sé poiché assume caratteristiche qualitative completamente diverse, che
necessitano di un particolare approccio mentale, culturale e professionale; é presente nelle
patologie degenerative, neurologiche, oncologiche, specialmente nelle fasi avanzate e
terminali di malattia, ed assume caratteristiche di dolore GLOBALE, legato a motivazioni
fisiche, psicologiche e sociali. In tal caso diviene un segno/sintomo INUTILE e va trattato nel
modo più tempestivo e completo possibile (1).
Altresì il dolore può essere definito e descritto in base all’intensità, al meccanismo
fisiopatologico e alle caratteristiche di presentazione (acuto, persistente, intermittente).
Solitamente nelle persone anziane prevale il dolore di tipo cronico che per definizione è
quello che dura da più di sei mesi. Il dolore persistente in geriatria è prevalentemente
nocicettivo (7). Studi sperimentali dimostrano che con l’invecchiamento vi è una ridotta
sensibilità al dolore lieve-moderato; la soglia del dolore aumenta del 15% nell’anziano
rispetto al giovane-adulto. La minore sensibilità al dolore lieve-moderato può
compromettere la funzione di allerta, ritardare la percezione del dolore e consentire agli
agenti patogeni di generare danni maggiori. Si sottostima quindi il dolore lieve-moderato,
con il rischio di effettuare delle mancate diagnosi. Con l’invecchiamento si riscontra
un’aumentata sensibilità al dolore severo e/o persistente (7). Con l’età aumenta inoltre
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l’accettazione del dolore e il sintomo è più frequentemente sotto riferito (5). L’accettazione
del dolore nell’anziano e la “riluttanza” nell’assumere antidolorifici, specialmente nei pazienti
in politerapia, potrebbe contribuire al sottotrattamento del dolore persistente (8); inoltre nei
pazienti con demenza, un ulteriore elemento di sottostima e quindi di sottotrattamento è
legato alle difficoltà di comunicazione; non vi sono evidenze che le persone affette da
demenza provino meno dolore (9).
Di certo sono da sfatare alcuni pregiudizi (10):
o
la convinzione che nell’anziano il dolore sia un processo inevitabile e non
modificabile;
o
la convinzione che nell’anziano sia più frequente sviluppare dipendenza da farmaci;
o
il timore degli effetti collaterali dei farmaci analgesici ed in modo particolare degli
oppiacei;
o
riferire dolore è un segno di debolezza personale;
o
soffrire di dolore cronico significa che la fase finale della vita è vicina;
o
il dolore cronico indica sempre la presenza di una malattia grave;
o
gli anziani dicono di avere dolore per attirare l’attenzione;
o
riferire dolore significa essere sottoposti ad esami invasivi.
Una particolare tipologia di dolore è il breakthrough pain che viene identificato come un
aumento transitorio dell’intensità del dolore in un paziente con algie ben controllate dalla
terapia analgesica di base, somministrata ad orari fissi. In tal caso l’eziologia è
prevalentemente di natura neoplastica, il numero di episodi è variabile mediamente da uno
a sei nelle 24 ore, la durata di ogni episodio è di circa trenta minuti, la sede delle algie
coincide generalmente con quella del dolore di base. Nel 50% dei casi è possibile identificare
un fattore scatenante di tali episodi, quale ad esempio la tosse o un movimento o la
distensione della vescica da ritenzione urinaria (6).
Pertanto il dolore deve essere considerato come V° segno vitale (11, 10) insieme a frequenza
cardiaca, frequenza respiratoria, pressione sanguigna e temperatura ed al pari di queste
deve essere indagato e monitorato (2, 12).
Epidemiologia
In letteratura sono reperibili dati esigui sull’incidenza del dolore nelle patologie croniche
benigne, mentre è nota l’incidenza del dolore cronico nella patologia oncologica. Nelle
persone affette da tale malattia infatti, il 70% dei dolori è dovuto alla neoplasia, il 20% alle
terapie antitumorali e il 10% da altre cause non correlate al tumore o alle terapie (1). Nel
mondo soffre di dolore cronico il 20-25% della popolazione e più della metà di queste
persone è resa disabile da tale condizione; infatti il dolore cronico causa disabilità più del
cancro e delle patologie cardiache associate. In Europa un adulto su cinque è affetto da
dolore cronico. Il 30% delle persone che soffre di dolore cronico va incontro a depressione.
In Italia oltre 10 milioni di persone sono affette da dolore cronico: in Lombardia e Piemonte
il dolore cronico interessa il 32% della popolazione, nel Centro Sud la percentuale scende al
21,7%. Le più colpite sono le donne: una su due sarebbe affetta da dolore cronico (13).
Per quanto concerne la rilevazione della problematica algica nella popolazione anziana, si
evince che la prevalenza del dolore nelle persone istituzionalizzate, correlata a molteplici
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cause, varia dal 25 al 50%, mentre negli anziani non istituzionalizzati i valori oscillano dal
45 a oltre l’80% (14, 15).
In letteratura non sono reperibili dati che quantifichino la prevalenza del dolore nelle
Residenze Sanitarie Assistenziali per Disabili (RSD).
Cause, condizioni associate ed effetti del dolore
Il dolore persistente aumenta con l’invecchiamento perché in questa fase della vita sono
prevalenti le malattie croniche causa di dolore (16). Le più frequenti cause di dolore sono
rappresentate dalle seguenti:
•
patologie osteoarticolari e muscolari quali artrosi, osteoporosi, polimialgia reumatica,
esiti di fratture,
•
patologie neoplastiche,
•
sindromi dolorose miste,
•
arteriopatie (diabetica, arteriosclerotica),
•
neuropatie (diabetica, da Herpes Zooster, nevralgia post-erpetica, nevralgia del
trigemino e post-stroke syndrome),
•
lesioni cutanee (traumatiche, da compressione),
•
sindrome da immobilizzazione e danni terziari conseguenti.
La frequenza percentuale delle condizioni morbose, che sono maggiormente imputabili come
cause di dolore nell’anziano, è riportata nella tabella 1: (7)
Tab. 1
Cause più frequenti di dolore
Frequenza percentuale
Patologie Muscoloscheletriche
Sindromi dolorose miste
Neoplasie
Malattie Ischemiche
Neuropatie
Cefalea
Dolore acuto
> 50%
30 - 50%
< 10%
< 10%
< 10%
< 10%
< 10%
Altri Autori riportano come le condizioni associate con la presenza di dolore nell’anziano,
siano rappresentate principalmente da artrosi/artrite, problemi gastrointestinali,
fibromialgia, vasculopatie periferiche, post-stroke syndrome, lesioni cutanee, errate posture
(10)
. In particolare, per quanto concerne gli anziani non disabili, il dolore è soprattutto di tipo
articolare (66%) o comunque localizzato agli arti inferiori durante le ore notturne (56%),
oppure di tipo lombare (28%) o esacerbato dalla deambulazione (21%). Per gli anziani non
autosufficienti, residenti in RSA, il dolore è prevalentemente di tipo articolare (70%), oppure
conseguente a fratture (13%), o ancora di tipo neuropatico (10%) o correlato a neoplasie
maligne (4%) (17).
Il dolore può associarsi inoltre a disturbi dell’umore quali depressione, ansia e disturbi del
sonno che incidono pesantemente sulla qualità di vita degli anziani, determinandone un
peggioramento, oltre ad indurre un aumento della disabilità (10, 5); è dimostrato infatti che il
40% degli anziani a domicilio e il 27-83% degli anziani istituzionalizzati, ha dolore con
riduzione delle attività della vita quotidiana (ADL) (7).
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Il dolore non adeguatamente trattato può essere responsabile di altre condizioni morbose
tra cui la ridotta partecipazione sociale, la sindrome ipocinetica, le cadute, la malnutrizione,
un maggior ricorso ai farmaci anche non analgesici, una minore risposta alla terapia
riabilitativa (9).
Per quanto riguarda le capacità cognitive, la presenza di dolore può influire negativamente
sull’attenzione, sulla memoria, sulle funzioni esecutive ed essere causa di comparsa o
peggioramento di disturbi comportamentali. In particolare, negli anziani con deterioramento
cognitivo di vario grado, il dolore assume delle caratteristiche peculiari in riferimento alla
gravità e alla durata. Può esservi, da parte del personale sanitario ed assistenziale, una
ridotta capacità di identificare il dolore a causa della variazione dei disturbi del
comportamento (BPSD) già presenti per la demenza (5).
Le persone con dolore cronico e demenza di grado severo, hanno più disturbi del
comportamento rispetto a chi è affetto da demenza di grado moderato (18).
Non è ipotizzabile una reazione lineare fra intensità del dolore e reazione emotivocomportamentale ed è possibile che gli operatori intercettino solo il dolore intenso.
La terapia può avere durata di settimane o mesi dato che il dolore, negli anziani con
demenza in fase avanzata, è prevalentemente persistente.
Le conseguenze del dolore non trattato sulla qualità della vita, devono indurre gli operatori
ad un atteggiamento di ascolto e di care anche quando il soggetto non è più in grado di
comunicare e il dolore da sintomo diventa segno (5). Il dolore spesso non è che una delle
manifestazioni di un complesso corredo sintomatologico che affligge i pazienti con patologie
croniche degenerative e progressive, che esige un approccio terapeutico-assistenzialepsicologico-sociale globale (1).
Cenni di Fisiopatologia del Dolore
Il dolore può essere definito come “una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva
associata ad un danno tissutale presente o potenziale o descritta come tale dal paziente”
(The International Association for the Study of Pain, 1979).
Il dolore ha pertanto aspetti somatici, psicologici e sociali.
Per tipo e localizzazione distinguiamo un dolore nocicettivo e un dolore neuropatico.
Il dolore nocicettivo (da noxa) consegue a un danno tissutale che attiva recettori per il
dolore (nocicettori) situati a livello somatico o viscerale che sono connessi a fibre nervose di
tipo Aδ e C.
Il dolore neuropatico o neurogeno consegue a modificazione o alterazione della trasmissione
degli impulsi nervosi, cioè a un danno primitivo del sistema nervoso. E’ causato tipicamente
da una modificazione o da un’alterazione della trasmissione dell’impulso lungo le afferenze
somato-sensoriali.
Dai recettori (terminazioni sensitive periferiche) partono le vie afferenti periferiche, 1°
neurone, che sono di due tipi:
Fibre Aδ, mieliniche, con spessore di 1.5 micron, alta velocità di conduzione, attivate da
eventi nocivi di natura meccanica e termica (dolore acuto);
Fibre C, amieliniche, con spessore di 0.2 -2 micron, a trasmissione lenta, che rispondono
anche a stimoli di natura chimica quali ipossia, variazioni di pH, sostanze algogene (dolore
cronico).
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Le più importanti sostanze algogene endogene dell’uomo sono: bradichinina, serotonina,
istamina, potassio, prostaglandine, leucotrieni.
Per la sensibilità viscerale la distinzione delle caratteristiche dei nocicettori è meno definita
che per la sensibilità somatica. La trasmissione dei segnali potenziali di un neurone
nocicettivo viene operata tramite glutammato-peptidi con la mediazione di calcio, che
aprono i cancelli del Sodio / Potassio, il che provoca la depolarizzazione del neurone
successivo. Gli oppioidi (come la morfina) inibiscono questo processo.
Queste fibre si dirigono dal recettore periferico (localizzato quindi sulla cute, su una mucosa,
su una sierosa o sulla capsula di un organo) fino al midollo spinale, dove prendono sinapsi
con un neurone midollare. Il neurone trasmetterà poi con il suo assone, attraverso il fascio
spino-talamico, il messaggio dolorifico ad una delle strutture encefaliche deputate
all'elaborazione della risposta (corteccia cerebrale, talamo, ipotalamo). Le fibre nocicettive
si raccolgono nelle radici spinali dorsali dei diversi segmenti e penetrano, segmento per
segmento nel midollo spinale, ponendosi in posizione laterale, marginale delle radici. Nella
zona di Lissauer interessano la sostanza grigia delle corna posteriori. In questa sede
emettono collaterali ascendenti e discendenti, brevi, destinate a segmenti a posizione
immediata sopra e sotto l’ingresso. Le fibre in esame contraggono sinapsi con nuclei di
ritrasmissione verso centri superiori del sistema nervoso centrale, nuclei che danno origine
alle vie spino-talamiche, alla via spino-tettale e alla via spino-reticolare.
L’articolazione sinaptica per le fibre Aδ che inoltrano il dolore acuto, si realizza
essenzialmente a livello delle lamine I e V; nelle lamine II e III, (sostanza gelatinosa di
Rolando) penetrano sostanzialmente le fibre C, che conducono il dolore cronico; nelle lamine
IV, V e VIII giungono le fibre Aδ, C e anche Aβ. Al loro ingresso nella sostanza grigia del
corno posteriore le fibre nocicettive danno origine anche a collaterali dirette al corno
anteriore (arco riflesso semplice) ed anche a collaterali verso interneuroni che modulano la
ritrasmissione degli influssi nocicettivi in collaborazione con il circuito analgesico
discendente (grigio periacqueduttale – rafe – colonna dorsale); in questi circuiti sono
implicate numerose molecole, tra cui peptidi, oppioidi endogeni.
Nell’insieme si costituisce in questa sede il cosiddetto gate control. Gli impulsi nocicettivi
raccolti nel volto vengono invece convogliati al SNC dalle tre branche trigeminali (a partire
dal ganglio di Gasser) e precisamente al nucleo sensitivo trigeminale, esteso dal ponte al
segmento cervicale del midollo spinale. Lo stimolo doloroso dal midollo arriva ai centri
superiori (talamo) dove avvengono rielaborazione, interpretazione ed elaborazione di
risposta.
Dai nuclei talamici (3° neurone sensitivo) lo stimolo va alle aree corticali sensoriali dove si
realizzano l’integrazione, coscienza, valutazione ed elaborazione della
risposta da
trasmettere. Il tratto spino-talamico è destinato ai nuclei ventro-postero-laterale e
intratalamici; il tratto spino-tettale alla sostanza periacqueduttale grigia ed al nucleo
cuneiforme della formazione reticolare; il tratto spino-reticolare è destinato ai nuclei della
formazione reticolare e in piccola parte anche ai nuclei intralaminali del talamo.
Le proiezioni trigeminali hanno lo stesso comportamento di quelle spinali, con elevati livelli
di discriminazione (cavità nasali, lingua, cavità faringea). I nuclei sopra indicati
ritrasmettono a varie aree cerebrali. I nuclei ventro-postero-laterali ed intralaminari del
talamo alle aree S1 e S2 (alla prima area connessioni di origine contro laterale e alla
seconda ipsilaterale). Tali connessioni sono importanti ai fini della localizzazione e
discriminazione qualitativa del dolore. Altre fibre, di origine talamica, proiettano al lobo
temporale il quale, collegato ad altre aree corticali provvede al processo di memorizzazione.
Infine, proiezioni all’ipotalamo forniscono possibilità di reazioni ormonali e viscerali e
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connessioni con la corteccia orbitaria e il sistema limbico provvedono a espressioni emotive;
a questa funzione emotiva partecipano i nuclei della base, l’ippocampo e l’amigdala.
Corteccia cerebrale, sistema limbico e ipotalamo inviano proiezioni discendenti alle
formazioni della sostanza reticolare, dalla quale si dipartono due vie modulatorie, l’una dal
bulbo (serotoninergica, oppioidea, peptidergica) e l’altra dal tratto pontino (adrenergica).
Questi centri si collegano con le zone del gate control e pertanto partecipano alla
modulazione dell’attività nocicettiva.
Gli stimoli dolorosi provenienti dalle vie spinotalamiche o dalla corteccia provocano
l’attivazione di vie di modulazione discendenti che agiscono sui neuroni del midollo spinale.
Ciò determina una riduzione del livello di eccitamento dei neuroni delle vie ascendenti da
parte degli stimoli dolorosi determinando analgesia. Ad esempio le endorfine possono agire
a livello del 1° neurone bloccando la liberazione di sostanza P o del 2° neurone bloccando la
trasmissione del dolore. La serotonina origina dai nuclei del rafe magno (bulbo) e ha come
effetto la riduzione della trasmissione dell’impulso doloroso. La noradrenalina origina dai
nuclei pontini del fascio discendente inibitorio e ha come effetto un meccanismo alfa
adrenergico (corna dorsali) di riduzione della trasmissione del dolore. Recettori per gli
oppioidi si trovano a livello di mesencefalo, bulbo e midollo. Questo sistema è integrato da
altri meccanismi fisiologici:
Fenomeno della sensibilizzazione centrale
La sensibilizzazione centrale è un fenomeno che si manifesta a livello di SNC in presenza di
uno stimolo periferico persistente. Stimoli lesivi periferici o una lesione di tipo nervoso
possono provocare alterazioni a livello centrale interpretabili come “plasticità” del sistema
nervoso centrale. Una intensa e persistente stimolazione dei nocicettori periferici determina
un aumento della eccitabilità dei neuroni spinali della via del dolore e di conseguenza il
progressivo aumento dell’attività dei neuroni del corno posteriore (wind up). Da tale
meccanismo traggono origine l’iperalgesia e l’allodinia.
L’Iperalgesia è la maggiore risposta agli stimoli dolorosi che in precedenza erano percepiti
come meno dolorosi. E’ determinata da una riduzione della soglia del dolore a livello
periferico. Il secondo neurone, a livello delle corna dorsali, diventa più sensibile agli stimoli
periferici; si hanno cioè un maggior numero di potenziali d’azione e di scariche spontanee in
risposta agli stimoli dolorosi.
L’Allodinia è la percezione di dolore causata da stimoli normalmente non dolorosi, come la
vibrazione o il toccamento. Deriva da una ridistribuzione delle terminazioni centrali. I
meccanocettori stabiliscono nuove sinapsi con i neuroni delle corna posteriori che
normalmente ricevono solo input nocicettivi. Dopo la ridistribuzione, i meccanocettori
stimolati dal toccamento o dalla vibrazione potranno attivare le vie del dolore allo stesso
modo dei nocicettori.
Estensione del dolore
Si verifica a causa di un aumento delle dimensioni dell’area ricettiva all’interno delle corna
posteriori. La percezione del dolore si allarga fino a coinvolgere aree cutanee che
normalmente non sono innervate. Un esempio clinico è l’arto fantasma.
10
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Teoria del cancello (fenomeno inibitorio)
Questa teoria si basa sull'interazione e sulla modulazione reciproca tra le fibre nervose
nocicettive e quelle non-nocicettive. A livello dello stesso neurone midollare, infatti,
convergono diversi tipi di fibre, ognuna delle quali porta informazioni sensitive di tipo
diverso (principalmente tattili, termiche e dolorifiche): il neurone deve essere in grado di
discriminare tra i vari tipi di sensibilità e di assegnare una priorità ciascuno di essi, in modo
da portare al cervello un'informazione chiara e pulita. L'interazione (teorizzata da Melzack e
Wall) riguarda in particolare le fibre dolorifiche di tipo Aδ e C e le fibre non dolorifiche di tipo
Aβ, di maggior calibro delle precedenti e responsabili della percezione degli stimoli tattili e
pressori. La teoria stabilisce che se prevale l'attività lungo le fibre di grosso calibro (cioè le
Aβ), la percezione del dolore sarà smorzata, mentre se a prevalere sono le scariche delle
fibre di piccolo calibro (cioè le Aδ e le C), il dolore verrà percepito in maniera più acuta. Per
attuare questo meccanismo, l'organismo si avvale di interneuroni, cioè piccoli neuroni
localizzati nella sostanza gelatinosa di Rolando, intercalati nel circuito di trasmissione
dell'impulso dalla fibra proveniente dal nocicettore al neurone midollare. Questi interneuroni
utilizzano come neurotrasmettitore un oppioide endogeno, detto encefalina, che viene
veicolato tramite il cortissimo assone dell'interneurone fino al neurone midollare. Tutte le
fibre che prendono contatto con il neurone midollare (cioè sia le Aβ che le Aδ e le C)
rilasciano, prima della sinapsi con il neurone stesso, un collaterale assonico che prende
sinapsi con l'interneurone encefalinergico, con effetti diversi: le fibre Aβ infatti ne stimolano
l'attività, mentre le fibre di piccolo calibro lo inibiscono. In questo modo, si può configurare
tale situazione: se la fibra Aβ è attivata per uno stimolo non dolorifico, essa andrà ad
attivare l'interneurone inibitorio, che quindi bloccherà la trasmissione di eventuali segnali
dolorifici fino al cervello. In questa configurazione, il cancello è chiuso e non si percepisce
dolore;
viceversa, se la fibra Aδ o C trasmette uno stimolo dolorifico, essa va
contemporaneamente ad inibire l'azione dell'interneurone encefalinergico, per cui
quest'ultimo non potrà inibire a sua volta la trasmissione dell'impulso doloroso al cervello.
In questa configurazione, il cancello è aperto e il dolore viene percepito (31, 32).
Protocollo per la gestione del dolore
Un protocollo per la gestione del dolore, dovrebbe considerare i seguenti aspetti (2, 19):
Riconoscimento - Assessment - Strumenti di valutazione - Trattamento - Sensibilità del
personale al problema – Monitoraggio - Verifiche periodiche.
Riconoscimento
Tutti gli individui hanno diritto ad essere ascoltati e creduti quando riferiscono del loro
dolore.
Il dolore, come citato in premessa, è caratterizzato da una forte componente soggettiva,
poiché la sofferenza è influenzata da numerosi fattori individuali. Per intervenire nel modo
più corretto, gli operatori hanno il dovere di ascoltare, prestare fede e tenere nella massima
considerazione la sofferenza espressa. La persona deve sentirsi libera di riferire il dolore
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provato senza temere il giudizio dell’operatore, che a sua volta deve interpretare al meglio
quanto il paziente cerca di comunicare (11).
L’anamnesi è il primo dato utile e parte sempre dal rilevare il racconto che ogni paziente fa
del suo dolore; è importante che la persona abbia il tempo di esprimere il proprio dolore e la
propria sofferenza con le sue parole. La “raccolta della storia della persona” consente di far
prendere atto al malato della disponibilità del medico all’ascolto e di favorire il
consolidamento del rapporto medico-paziente, così importante nella gestione del dolore
cronico; è possibile pertanto comprendere le caratteristiche del dolore, riconoscere dove è
localizzato e dove si irradia o si diffonde, rilevare l’intensità del sintomo, definirne gli aspetti
temporali e le sue esacerbazioni.
Tali aspetti sono indispensabili per la prescrizione del farmaco ottimale alla posologia
appropriata (dose/frequenza di somministrazione).
Rilevare inoltre il coinvolgimento psicologico del paziente e la sua influenza sul
comportamento, è un altro punto centrale per definire la necessità di un approccio globale
alla persona. L’anamnesi ha pertanto un duplice scopo: diagnostico, perché consente di
capire dove è localizzato il dolore dove si irradia o si diffonde, e di orientamento terapeutico,
poiché l’intensità del dolore e la sua correlazione con i diversi momenti della giornata,
definiscono l’andamento del sintomo nel tempo e servono a valutare il buon esito o
l’assenza di efficacia di una terapia.
Il tema del dolore rappresenta una sfida importante e richiede interventi mirati. La prima
tappa, soprattutto in ambito residenziale e ospedaliero, è rappresentata dal ridurre le
condizioni predisponenti, migliorare il comfort dei presidi e attivare tutte quelle iniziative
capaci di rallentare la progressiva compromissione dei tradizionali domini della fragilità
(nutrizionale, emotivo, cognitivo, biofunzionale e socio-tutelare); inoltre nella valutazione
delle persone anziane collaboranti, andrebbe incrementata la rilevazione puntuale e ripetuta
del dolore a riposo e sotto carico, per verificare quanto esso incida nel promuovere
patologie e comportamenti di astensione-rifiuto della deambulazione.
Il primo approccio a un malato con sintomatologia dolorosa è rappresentato dal definire se
l’episodio di dolore:
•
sia inquadrabile nell’ennesimo episodio di riacutizzazione di una malattia nota;
•
rappresenti la cronicizzazione persistente di un processo evolutivo di una malattia
inguaribile;
•
rappresenti il primo episodio di una nuova malattia da inquadrare e diagnosticare.
E’ importante riconoscere e definire il tipo di dolore cui ci si trova di fronte; si riportano al
riguardo le principali categorie che consentono di definire il paradigma della tipologia algica
descrittiva, temporale e di sede:
Dolore colico: dovuto a contrazione spastica di strutture a prevalente componente
muscolare liscia; ha andamento ciclico progressivo da un minimo ad un massimo e quindi
nuovamente a valori minimi, secondo tempi, durata e intensità specifici per ciascuna
etiologia.
Dolore costrittivo: si manifesta come espressione della riduzione del flusso distrettuale in
conseguenza di uno spasmo della muscolatura liscia vascolare.
Dolore gravativo: da fenomeni di distensione e/o compressione che producono per effetto
compressivo la liberazione locale di mediatori algogeni (prevalentemente sostanza P e ioni
H+).
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Dolore pulsante: correlato alla vasodilatazione creata da sostanze con azione vasoattiva
prodotte in corso di processi infiammatori (prevalentemente sostanze istamino-simili,
chinine e radicali liberi).
Dolore trafittivo: dalla stimolazione meccanica di terminazioni sensitive libere, che liberano
prevalentemente sostanza P e prostaglandine.
Dolore urente: prodotto sia da un insulto termico diretto, che da una lesione simpatica
distrettuale (gangliare) o locale (perivascolare). Esso determina per le caratteristiche di
monotona persistenza della sensazione di bruciore (espressione di alterazione/lesione della
conduzione del segnale a livello della fibra simpatica) una alterazione del sistema di
decodificazione talamica e si accompagna ad un dolore con componente emotivo-affettiva
pronunciata a genesi centrale (dolore neuropatico).
Dolore continuo: persiste per più di una giornata senza recedere mai totalmente, pur
potendo variare di intensità.
Dolore alternante: si manifesta solo in determinati momenti della giornata e non presenta
alcun legame con attività, movimenti, ritmi biologici o situazioni psico-fisiche.
Dolore incidente: provocato da movimenti attivi o passivi.
Dolore locale: riferito alla sede anatomica propria di insorgenza.
Dolore riflesso: riferito al territorio metamerico di innervazione
(20)
.
Tab. 2
Tipologia algica
Tipologia algica descrittiva
Colico
Costrittivo o ischemico
Gravativo (compressivo)
Pulsante (vascolare)
Trafittivo o puntorio
Urente (simpatico)
Tipologia algica temporale
Tipologia algica di sede
Alternante
Locale
Incidente
Riflesso
Continuo
Il riconoscimento del parametro dolore si basa sia sul paziente che riferisce o esprime il
proprio stato, laddove possibile, sia sugli operatori che valutano e intervengono.
Riconoscere il dolore è un atto fondamentale per la costruzione di un idoneo progetto di
cura. A tal fine è necessario sensibilizzare e formare adeguatamente il personale al
problema, identificare strumenti di rilevazione appropriati alle caratteristiche cliniche della
persona, ricercare le migliori strategie di rilevazione (setting, modalità di comunicazione
adeguata all’interlocutore), condividendo il progetto all’interno dell’equipe ed identificando le
corrette strategie di cura, verificandone con periodicità i risultati.
Assessment
Una valutazione completa del dolore può essere riassunta dall’acronimo NOPQRST:
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Numero dei siti dolorosi
Origine del dolore (qual è la causa del dolore?)
Palliativi/Fattori scatenanti (che cosa migliora o peggiora il dolore?)
Qualità del dolore (quali parole useresti per descriverlo?)
Regione/Irradiazione del dolore (il dolore si trasmette da qualche parte?)
S = Grado (Severità) di dolore (valutazione espressa in una scala)
Aspetto Temporale del dolore (il dolore aumenta durante la notte? È costante o
intermittente?).
Relativamente ai fattori che influenzano la soglia del dolore, si ritiene che la personalità e la
cultura del paziente al pari delle precedenti esperienze, influenzano la reazione al dolore; il
dolore può risultare ingestibile quando se ne trascurino la componente mentale e sociale.
Vi sono fattori che abbassano la soglia del dolore quali la sofferenza, il malessere, l’insonnia,
la fatica, l’ansia, la paura, la rabbia, la depressione, la noia, l’introversione, la tristezza,
l’abbandono e l’isolamento, così come vi sono fattori che innalzano la soglia del dolore quali
il sollievo dei sintomi, il riposo, il sonno, la riduzione dell’ansia, l’empatia, la comprensione,
la terapia occupazionale e la compagnia (21).
Strumenti di valutazione
Perché valutare il dolore?
Per permettere al paziente di narrare il suo dolore come parte della sua malattia ma anche
della sua storia personale e le ricadute che tale sintomo ha nel contesto sociale.
Per permettere la nascita di una relazione paziente operatore e contesto familiare.
Per cercare di capire le aspettative che il paziente ha nei nostri confronti.
Per ottenere collaborazione.
Per personalizzare l’assistenza.
Per dare importanza alla persona (22).
E’ importante valutare sempre il dolore anche quando non causa disabilità, per la tendenza
ad una sottostima o sovrastima o all’incapacità della persona a riferire. La valutazione deve
essere fatta con scale validate da somministrare ai pazienti per definire l’intensità del loro
dolore, unidimensionali o multidimensionali della componente psicologica e delle alterazioni
comportamentali (23).
In letteratura si riscontrano diversi e validi strumenti di valutazione del dolore il cui uso è
supportato dalle Evidence Based Nursing (EBN) citate di seguito (5, 24):
Selezionare tutte le persone a rischio di dolore almeno una volta al giorno
interrogando la persona o la famiglia riguardo la presenza di dolore o disagio
(raccomandazione grado C).
Il self report è la fonte primaria della valutazione per le persone con facoltà cognitive
e verbali intatte (raccomandazione grado C).
Un sistematico e convalidato strumento di valutazione del dolore viene selezionato
per valutare i seguenti parametri di base del dolore: localizzazione del dolore, effetti del
dolore sulle funzioni e le ADL, livello del dolore a riposo e durante l’attività, uso di farmaci
ed effetti avversi, fattori provocanti e precipitanti, qualità del dolore, irradiazione del dolore,
severità del dolore (raccomandazione grado C).
L’intensità del dolore viene valutata con uno strumento standardizzato di cui è stata
stabilita la validità (raccomandazione grado A).
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I seguenti parametri fanno parte di una valutazione completa per il dolore: esame
fisico, dati diagnostici e di laboratorio rilevanti, effetti e comprensione nella malattia attuale,
storia del dolore, significato del dolore e del disagio causato dal dolore (attuale e
precedente), risposte per far fronte allo stress e al dolore, effetti sulle attività di vita
quotidiana, effetti psicosociali e spirituali, variabili psicologiche e sociali (ansia,
depressione), fattori situazionali, preferenze e aspettative / credenze, miti della persona
circa i metodi di gestione del dolore, preferenze e risposte della persona a ricevere le
informazioni relative alla propria diagnosi del dolore (raccomandazione grado C).
Il dolore è rivalutato in maniera regolare secondo il tipo e l’intensità di dolore e del
programma di trattamento (raccomandazione grado C).
L’intensità del dolore e le funzioni (impatto sulle attività ) sono rivalutate ogni volta
che viene riferito un nuovo dolore e ad ogni nuova procedura. L’efficacia dell’intervento è
rivalutata dopo che l’ intervento ha raggiunto l’effetto massimo (raccomandazione grado C).
I seguenti parametri dovrebbero essere monitorati di continuo nelle situazioni
persistenti il dolore: intensità, qualità e localizzazione, intensità del dolore massimo nelle
ultime 24 ore, a riposo e in movimento, estensione del sollievo del dolore raggiunta
risposta, barriere a implementare il programma di trattamento, effetti del dolore sulle ADL,
sul sonno e sull’umore, effetti avversi dei farmaci per il trattamento del dolore (nausea,
costipazione), livello di sedazione, strategie usate per alleviare il dolore, sia farmacologiche
che non farmacologiche (raccomandazione grado C).
Un dolore intenso e inatteso, specialmente se improvviso o collegato con alterazioni
dei segni vitali quali ipotensione, tachicardia o febbre deve essere valutato immediatamente
(raccomandazione grado C).
Documentare la valutazione in modo regolare e routinario su format standardizzati
per tutti i clinici coinvolti nella cura (raccomandazione grado C).
Molteplici sono gli strumenti di valutazione del dolore centrati sulle emozioni, che
comprendono un’ampia gamma di indicatori, quali espressioni facciali, movimenti corporei,
pianti o altri segnali vocali. Questi dovrebbero essere presi in considerazione nei pazienti
impossibilitati a comunicare verbalmente, come coloro che soffrono di deficit cognitivi.
L’osservazione del paziente, secondo le indicazioni dell’American Geriatric Society (AGS
1998-2002),
dovrebbe
focalizzarsi
sulle
seguenti
sei
categorie
di
indicatori
comportamentali:
o
espressioni facciali che esprimono disagio, sofferenza, paura;
o
verbalizzazione, in particolare lamento, pianto, urlo;
o
movimenti corporei finalizzati all’assunzione di posizioni antalgiche o alla protezione
di parti del corpo;
o
modificazioni delle relazioni interpersonali;
o
modificazioni nelle abituali attività;
o
modificazioni dello stato mentale.
Nei soggetti affetti da demenza rivestono particolare importanza le modificazioni delle
relazioni interpersonali, delle abituali attività e dello stato mentale che si verificano nel
breve periodo (ore o qualche giorno) che potrebbero essere indotte dalla presenza di dolore
(23)
. La valutazione del dolore si basa su due attori principali: il paziente che riferisce e il
medico o l'infermiere che ascolta ed interviene.
Cosa succede quando il paziente non è in grado di ricordare un'esperienza o di riferirla? E’
documentato che molti soggetti con decadimento cognitivo leggero-moderato (CDR1-2)
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mantengono l’abilità a riferire il dolore ed è quindi corretto dare loro la possibilità di riferirlo:
il golden standard per la valutazione del dolore, in questi soggetti, è “il riferito” del paziente
(5)
. Nei pazienti con decadimento cognitivo più grave (CDR3-4), per i quali gli strumenti di
valutazione di self-report sono scarsamente applicabili, la valutazione della presenza e delle
possibili cause di dolore è affidata all’osservazione degli operatori: spesso un’agitazione
improvvisa o un comportamento insolito possono rappresentare la modalità con cui il
paziente cerca di comunicare la propria sofferenza. Rimane estremamente difficile in questi
pazienti misurare l’intensità del dolore (5).
La somministrazione degli strumenti di valutazione nel soggetto con decadimento cognitivo
lieve-moderato e limitazione dell’attenzione, richiede l’osservanza di alcune regole (5):
o
evitare eccessive stimolazioni prima di cominciare la valutazione;
o
eliminare i possibili disturbi ambientali;
o
assicurare una buona illuminazione;
o
Disponibilità di grossi pennarelli e / o immagini;
o
Ripetere le istruzioni;
o
Utilizzare termini semplici;
o
Lasciare un adeguato tempo per rispondere;
o
Se necessario ripetere le domande utilizzando le stesse parole.
Gli strumenti di valutazione più usati nelle persone con demenza severa, supportati da studi
scientifici e riportati in ordine cronologico dal 1992 al 2004, sono rappresentati da: Doloplus
2 (Wary et al.), PAINAD (Warden et al.), NOPPAIN (Snow et al.), Abbey Pain Scale (Abbey
et al.) (25).
Seppur una buona valutazione sia il presupposto per un buon trattamento, risulta purtroppo
carente l’uso di strumenti di valutazione per le persone con deficit cognitivo e con difficoltà
di linguaggio e comunicazione (26). Per uniformare i risultati di valutazioni ripetute nel
tempo, dovrebbe essere utilizzata sempre la stessa scala. Un cambiamento nel livello di
intensità del dolore può indicare la necessità di effettuare nuove valutazioni sulla causa delle
lesioni, sulle possibili complicazioni, sulla procedura, sulla scelta dell’analgesico o su altri
interventi per la gestione del dolore.
Le interferenze del dolore con le normali attività della vita quotidiana, con il lavoro e con il
sonno sono altrettanti elementi essenziali per valutare l’impatto del dolore nella vita
quotidiana del paziente e possono essere misurati, così come avviene per il dolore cronico,
con strumenti opportuni, nel caso il dolore persista per molto tempo.
Solo dopo aver indagato con attenzione e chiarito tutti questi aspetti è possibile prescrivere
una terapia analgesica adeguata, valutandone l’efficacia nel tempo.
Tutt’oggi l’anziano, soprattutto quando fragile, può convivere con il dolore manifestandolo
solo indirettamente. Quando è acuto, il dolore è accompagnato da aspetti fisici ed
emozionali disturbanti cronicamente perché fortemente intrisi di ansia, depressione,
alterazioni del sonno che si influenzano e si esacerbano scambievolmente e costituiscono il
corteo sintomatologico del dolore neuropatico cronico. In altri casi esiste un dolore negato,
quello scontato, quello misconosciuto, talora accompagnato da un’esagerata riluttanza a
somministrare antidolorifici maggiori (oppiofobia) (23).
Trattamento
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La prescrizione di una terapia analgesica in un malato con dolore, richiede sempre alcune
tappe fondamentali di approccio. L’utilizzo delle scale di valutazione del dolore rappresenta
un elemento importante per stabilire la strategia terapeutica in ogni singolo paziente.
Nella scelta del farmaco analgesico il medico deve sempre tenere conto dell’intensità del
dolore rilevata con la scala, riferito dal paziente o osservato dagli operatori. Nella cartella
clinica deve essere sempre riportata l’intensità del dolore all’inizio del trattamento e la
valutazione, dopo la somministrazione della terapia, della variazione della sintomatologia
dolorosa a seguito dell’assunzione dei farmaci. La scelta del farmaco analgesico deve tenere
conto del tipo di dolore e delle sue caratteristiche, nonché dell’intensità del sintomo, con la
prescrizione di farmaci di intensità progressivamente maggiore con il crescere dell’intensità
del dolore. Una buona base di partenza per la scelta di un farmaco analgesico è l’utilizzo
della scala analgesica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che stratifica in tre
gradini i farmaci analgesici sulla base della loro potenza antidolorifica. Tale approccio, nato
per il dolore oncologico, nel dolore cronico non neoplastico deve essere opportunamente
modificato. Per un primo approccio si possono tenere presenti i seguenti criteri:
• Dolore di intensità lieve (valori ≤ 3 riportati alla scala numerica): si consiglia di utilizzare
paracetamolo a dosaggio antalgico (1 g ogni 8 ore). Se non controindicato e se non
costituisce già parte della terapia causale della malattia, si può aggiungere un farmaco
antinfiammatorio non steroideo (FANS). In assenza di risposta, occorre passare allo step
successivo.
• Dolore di intensità moderata, forte o molto forte (valori ≥ 4 riportati alla scala numerica):
si consiglia di utilizzare farmaci che associano al paracetamolo un oppiaceo per dolori non
particolarmente intensi: paracetamolo-codeina oppure paracetamolo-tramadolo oppure
paracetamolo-oxicodone oppure tramadolo. In assenza di risposta, nel caso di dolori intensi
si possono utilizzare gli oppiacei (morfina, oxicodone, idromorfone, fentanil, buprenorfina,
metadone) (23).
E’ da segnalare che NON riceve cura per il dolore il 40-80% degli anziani a domicilio ed il
16-27% di quelli istituzionalizzati, il 25% di anziani con neoplasia. Nelle RSA vi è la maggior
quota di soggetti con dolore non controllato; nelle Nursing Home americane infatti il 26%
delle persone ha dolore quotidiano e tra queste il 25% non riceve farmaci analgesici. Dei
pazienti con neoplasia, il 29% riferisce dolore quotidiano e tra questi il 26% non riceve
antidolorifici (7). Un dato importante da segnalare è lo scarso utilizzo di farmaci analgesici
nei soggetti con deterioramento cognitivo che ci porta ad ipotizzare che il deficit cognitivo
possa essere un fattore che interferisce negativamente sulla scelta di attuare il trattamento
antidolorifico. In letteratura si riscontra che il 60% di 217 pazienti istituzionalizzati con
grave deterioramento cognitivo (MMSE medio di 12+/- 7.9), ha dolore cronico di tipo
osteoarticolare e che nella maggior parte dei casi, il dolore non è riportato nelle cartelle
cliniche. Nelle Nursing Home americane il 66% degli anziani riferisce dolore cronico, NON
riportato in cartella clinica nel 50% dei casi (7).
Sensibilità del personale al problema dolore
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La lotta contro il dolore non è efficace se non viene preceduta da una costante e qualificata
attività di formazione. Si ritiene importante promuovere la formazione continua del
personale, al fine di sensibilizzare gli operatori alla rilevazione del parametro dolore; infatti
l’implementazione di programmi per il miglioramento del controllo del dolore in queste
strutture passa attraverso la crescita culturale e professionale degli operatori (27).
Frequentemente il sintomo dolore viene trascurato ed i motivi, anche di carattere culturale,
si possono riassumere nei seguenti:
• l’opinione che il dolore sia sempre un evento naturale;
• l’attenzione verso un sintomo così oggettivo presuppone la centralità della figura del
malato, sovvertendo la tradizionale subordinazione del paziente al medico,
considerato come colui che conosce i bisogni della persona; questo capovolgimento
della relazione con il malato può essere difficile da accettare da parte di alcuni
medici;
• la mancanza di una formazione di base degli operatori sanitari riguardante
l’approccio al dolore;
• la mancanza di protocolli sulla terapia e sull’uso degli analgesici (28).
La persona che tollera il dolore in silenzio riceve frequentemente la nostra approvazione più
di colui che si lamenta o è insofferente (5).
Monitoraggio
In letteratura sono riportati diversi programmi di monitoraggio del parametro dolore, che
utilizzano le scale di valutazione. Tra questi si annoverano: Pain Monitoring Program (PMP),
Pain Symptom Assessment Record (PSAR), Multidimensional Affect and Pain Survey (MAPS)
(29)
. Vi è inoltre la scheda di monitoraggio del dolore, strumento clinico di monitoraggio e
trattamento del dolore e di rilevazione delle complicanze correlate alla terapia antalgica.
Secondo alcuni autori, l’iter relativo all’utilizzo della scheda di monitoraggio del dolore,
potrebbe essere il seguente:
la compilazione inizia quando è presente o si prevede una situazione clinica dolorosa
per cui si rende necessario il management del dolore nel tempo;
inizia la compilazione il primo operatore medico che diagnostica la presenza o
prevede una situazione clinica di dolore che necessita di terapia antalgica
somministrata nel tempo;
la compilazione compete, in base alle proprie competenze, al personale medico e
infermieristico;
accompagna il paziente negli spostamenti e trasferimenti nei vari nuclei della
struttura;
la scheda di monitoraggio del dolore è parte integrante della cartella clinica (21).
verifiche periodiche dell’avvenuta misurazione del dolore e della sua regolare
indicazione in cartella clinica (30).
Il Trattamento farmacologico del Dolore cronico
Il trattamento farmacologico del dolore: principi generali
Il trattamento farmacologico va il più possibile personalizzato. Gli anziani, pur essendo più
sensibili agli effetti collaterali dei farmaci analgesici, rispondono in maniera efficace agli
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analgesici ed ai farmaci modulatori del dolore (33).
Si enunciano i seguenti principi generali (36, 38, 39, 40) :
•
Iniziare il trattamento con basse dosi;
•
Combinare trattamenti farmacologici e non farmacologici;
•
Usare se necessario due o più farmaci, piuttosto che elevate dosi di uno solo;
•
Tenere conto della frequente poli farmacoterapia;
•
Nella maggior parte dei casi, in progressione terapeutica e di gravità di dolore, vanno
usati gli analgesici non oppioidi (per esempio paracetamolo), gli antinfiammatori, i
modulatori dei neuro-trasmettitori e stabilizzatori di membrana, gli oppiodi;
•
Alcuni tipi di dolore neuropatico possono rispondere solo a combinazioni di farmaci
modulatori del dolore, per esempio anticonvulsivanti;
•
I processi infiammatori generano spesso dolore severo, che però risponde bene ai
farmaci antinfiammatori.
Uso di analgesici non oppioidi
La prima scelta è il Paracetamolo (Acetaminofene), con dose di partenza pari a 500 mg ogni
sei ore, dose massima giornaliera 4 gr/die. In soggetti con insufficienza epatica o renale, è
utile ridurre dal 50 al 75% la dose (38). I FANS tradizionali non dovrebbero essere usati nel
dolore persistente per l'elevata incidenza di sanguinamento intestinale durante il loro uso;
l'associazione con inibitori della pompa protonica riduce la frequenza di tali sanguinamenti,
ma spesso con scarsa tolleranza e maggiori costi. Infatti la mortalità per sanguinamento
gastrointestinale, negli USA, è di 16.000 decessi per anno (33) . L'associazione dei FANS
tradizionali con il paracetamolo, per quanto possa essere considerata priva di rischi ulteriori,
rispetto all'uso delle singole molecole, probabilmente non fornisce una maggiore efficacia
analgesica.
In alternativa è disponibile l'associazione codeina 30 mg - paracetamolo 500 mg (Coefferalgan (41), con dose massima consigliata di 2 cpr tre volte al dì.
Si ricorda infine che i FANS hanno un effetto tetto come analgesia, cioè aumentando la dose
non aumenta l'efficacia.
Uso di analgesici oppioidi
Gli oppioidi si avvicinano al concetto di analgesico ideale e non hanno un effetto tetto (cioè
aumentando la dose aumenta l'effetto analgesico - l'eccezione è la sindrome maligna
iperalgesica in pazienti con dosi molto alte o in terapia per via spinale). Non determinano
danni permanenti su alcun organo, anche dopo l’uso per anni (36).
La dipendenza fisica da questi farmaci, inevitabile, può essere facilmente controllata, alla
sospensione degli stessi per il cessare delle indicazioni, con una graduale riduzione delle
dosi nell'arco di alcuni giorni o settimane. La vera dipendenza (desiderio di assumere ed uso
continuato degli oppioidi, nonostante se ne conoscano i pericoli), è molto rara negli anziani,
in confronto con l'elevata frequenza di dolore cronico defatigante e sottotrattato. La
tolleranza, secondo molti studi longitudinali, si sviluppa in maniera lenta (35, 40) .Tra gli
oppioidi, il Tramadolo si distingue per essere un analgesico a doppio meccanismo di azione,
uno agonista (debole) sui recettori mu, l'altro antagonista (forte) inibendo il reuptake della
norepinefrina e della serotonina (analogamente agli antidepressivi). E' paragonabile e
sovrapponibile come effetti collaterali (specie nausea e sonnolenza) alla codeina, ma data la
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potenzialità (rara) di scatenare crisi comiziali, deve essere usato con cautela in soggetti a
rischio (38) . Il dosaggio iniziale consigliato è di 25 mg ogni 4 - 6 ore, la dose media 50 - 100
mg al dì, la dose massimale è 300 mg (120 gtt) nelle 24 ore.
La Morfina solfato a rilascio protratto (MS Contin) (41) ha una dose di partenza raccomandata
di 15 mg ogni 12 ore; la dose efficace e la dose massimale sono variabili. Attenzione ai
pazienti con insufficienza renale o quando sono necessarie alte dosi (possibile accumulo di
metaboliti tossici della morfina). In generale si segnala che nell'anziano la clearance della
morfina è diminuita.
Il Fentanil transdermico (Durogesic) è usato in alternativa alla morfina orale; la dose più
bassa (25 mcg/h ogni 72 ore), è raccomandata per pazienti che necessitano di assumere 10
mg al giorno di morfina; il picco prima dose viene raggiunto dopo 18/24 ore, la durata
d'azione, in media tre giorni, può variare da 48 a 96 ore. L'aggiustamento terapeutico va
effettuato dopo due/tre cambi di cerotto (38) .
Se si inizia il trattamento con oppioidi usando il cerotto, conviene somministrare una prima
dose di morfina pronta per ottenere l'induzione dell'analgesia (raccomandazione utile anche
per le somministrazioni sottocutanee con pompa siringa) (35) .
Si ricorda inoltre che il passaggio dalla terapia per os alla terapia per via parenterale (con
siringa elettrica per via sottocutanea), deve comportare una riduzione ad un terzo della
dose orale.
Gli effetti collaterali della terapia con oppioidi sono ben noti, in particolare disturbo della
deambulazione (atassia), vertigini, cadute, prurito, stipsi, distensione o dolore addominale,
nausea, sedazione, difficoltà di concentrazione. Gli effetti collaterali gravi, come mioclonie,
alterazioni dello stato di coscienza, delirio, ipossia o depressione respiratoria pericolosa per
la sopravvivenza, sono rari, specie se si sale o si scende lentamente con le dosi. Essendo
aumentato il rischio di caduta, specie durante il periodo di aggiustamento dei dosaggi,
occorre cautela (uso di deambulatore ed assistenza da parte del personale sanitario) (34, 36,
38)
.
Farmaci adiuvanti
Questi farmaci possono essere usati da soli o insieme agli analgesici oppioidi o non oppioidi,
per trattare alcune forme di dolore, specie il dolore neuropatico. Mentre i relativamente
nuovi SSRI non hanno significativi effetti sul trattamento del dolore, più efficaci risultano i
vecchi antidepressivi triciclici, che tuttavia presentano spesso effetti collaterali
particolarmente pesanti nell'anziano. Si consigliano quindi il Gabapentin (a dosaggi di
partenza di 100 mg al dì, da aumentarsi ogni due tre giorni fino a raggiungere i 900/1800
mg al dì in dosi frazionate). Altri farmaci adiuvanti sono i cortisonici e il Baclofene (Lioresal),
da utilizzarsi in casi specifici.
Secondo gli estensori delle Linee Guida Americane, l'uso del placebo nel trattamento del
dolore non è etico e se ne sconsiglia l'uso (34, 41) .
Per quanto riguarda infine l'uso degli antidepressivi, si segnala che il 23% degli anziani
presenta depressione maggiore, con conseguente abbassamento della soglia del dolore (34,
38, 40)
.
Modalità di somministrazione dei farmaci
Importante è l'orario di somministrazione dei farmaci, si dovrebbe effettuare infatti la
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somministrazione ad orari prestabiliti. La somministrazione "al bisogno" andrebbe
abbandonata o riservata a casi specifici come nel caso di interventi che prevedano una
esacerbazione del dolore, quali le medicazioni; in tal caso sono preferibili i farmaci a breve
durata d'azione. Si segnala che i pazienti che hanno un disturbo primario del sonno e dolore
persistente, necessitano di terapia per entrambe le patologie. Altresì, la privazione del
sonno è così comune nelle algie croniche, da rendere frequente, alla risoluzione del dolore,
un periodo di alcuni giorni in cui il paziente sembra dormire continuamente. Solo se tale
periodo di sedazione, che corrisponde ad un sonno ristoratore, non finisce spontaneamente
nell'arco del periodo suddetto, è indicata una riduzione delle dosi di analgesico (38, 39) .
Raccomandazioni specifiche
•
Tutti i pazienti anziani che presentino deficit funzionale o riduzione della qualità della
vita, a causa di un dolore cronico, sono candidati ad una terapia farmacologica. Il
paracetamolo dovrebbe essere il primo farmaco ad essere considerato nel trattamento del
dolore da lieve a moderato di origine muscolo-scheletrica. I FANS andrebbero evitati nei
trattamenti cronici, per i frequenti effetti collaterali. Gli oppiodi sono indicati nel trattamento
del dolore da moderato a severo, specialmente se si tratta di dolore nocicettivo. Per episodi
dolorosi non continui andrebbero somministrati al bisogno, mentre in caso di algie
persistenti andranno somministrati ad orari. Il dolore di tipo "breakthrough" (a breccia), che
andrebbe affrontato con farmaci a rapida azione e breve emivita, viene distinto in tre tipi:
dolore di fine dose (se questo compare frequentemente, si dovrebbero in tal caso diminuire
gli intervalli di somministrazione, e non incrementare le dosi, con effetti tossici); dolore
incidentale (connesso ad attività che andrebbero anticipate e pretrattate, come le
medicazioni); dolore spontaneo (comune nelle algie neuropatiche, è di solito fugace e
difficile da predire) (33, 35, 36).
•
L'adeguamento posologico deve tenere conto della tendenza all'accumulo
farmacologico, propria dell'anziano, delle interazioni con altre molecole e di tutte le altre
variabili individuali (cliniche, sociali; ecc.) (35).
•
La stipsi e gli altri sintomi gastro-intestinali correlati all'assunzione di oppioidi
andrebbero prevenuti.
In particolare, viene raccomandato quanto segue:
a) l'attenta valutazione della funzione intestinale nei pazienti trattati;
b) cautela nell'uso dei lassativi di massa, che necessitano per essere efficaci di un adeguato
apporto idrico;
c) se sono presenti fecalomi, andranno evacuati manualmente e/o con clistere;
d) in assenza di segni di occlusione, è indicato l'uso di lassativi stimolanti come la senna,
con dosaggi personalizzati.
In caso di nausea, si raccomanda:
a) se il sintomo é lieve, è possibile una remissione spontanea in alcuni giorni;
b) se la nausea persiste, un tentativo con un oppioide alternativo può essere appropriato;
c) in caso di inefficacia della misura precedente, utilizzare un antiemetico a basso rischio di
effetti collaterali (Domperidone) (40)
•
L'uso di associazioni fisse di paracetamolo ed oppioidi è raccomandato nel dolore da
lieve a moderato (40) .
• L'assunzione di analgesici comporta, da parte del medico, un accurato monitoraggio del
paziente, sia nel caso di oppioidi che di FANS (40) .
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•
Un dolore severo, specialmente se acuto, deve essere visto come un'emergenza e
deve essere trattato con urgenza; la morfina endovena è il farmaco di prima scelta. Analoga
attenzione all'analgesia va posta prima di effettuare manovre che presuppongano lo
scatenarsi di algie, come la mobilizzazione, le medicazioni ed altro (38) .
• I farmaci inefficaci andrebbero sospesi gradatamente e sostituiti con i successivi nella
scala O.M.S. (41).
•
Se si sono ottenuti risultati parziali con un farmaco e se questo è ben tollerato si può
proseguirne l'uso, associandolo ad altri; la necessità di ricorrere a poli farmacoterapia è
maggiormente frequente nei pazienti con dolori "difficili" e poli fattoriali (41).
Protocollo di somministrazione dei farmaci
(38, 40, 41)
Nelle tabelle 3a e 3b sono riportate le dosi iniziali e massime, sia per i farmaci non oppioidi
sia per gli oppiodi.
Tab. 3a) Farmaci non oppioidi
Farmaci non
Dose di partenza
oppioidi
Dose efficace
(dose massima)
Dosaggio
Paracetamolo
(Tachipirina)
500 mg
ogni sei ore
2-4 gr/24 h
(4 gr/24h)
Dopo 4-6 dosi
Corticosteroidi
(Prednisone)
15 mg al dì
Variabile (non
disponibile)
Dopo 2-3 dosi
Amitriptilina
(Laroxyl)
10 mg alla sera
25-100 mg /24 h
(Variabile)
Dopo 3-5 giorni
Carbamazepina
(Tegretol)
100 mg
al dì
1800/1200
mg/24 h
Dopo 3-5 giorni
Clonazepam
(Rivotril)
0,5 mg
4/6 mg
al dì
nelle 24 h (10
mg.)
Dopo 3/5
Giorni
Gabapeptin
(Neurontin)
100 mg alla sera
300/900 mg
Tre volte al dì
(3.600 mg)
Dopo 1-2 giorni
15-20 mg
Due/tre volte
al giorno
(200 mg)
Dopo 3-5 giorni
Baclofene
(Lioresal)
25 mg al di
Commenti
Ridurre del 50% 75% in caso di
insufficienza
epatica
Usare la minor
dose efficace per
contrastare gli
effetti collaterali
Attenzione agli
effetti
anticolinergici
Monitorare i
parametri
principali di
laboratorio
Monitorare
emocromo,
sedazione
eccessiva
Monitorare
sedazione,
atassia, edema
Monitorare
astenia,
funzione urinaria,
non sospendere
bruscamente
(possibili effetti
sul S.N.C.
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Tab. 3 b) Farmaci oppioidi
Farmaci oppioidi
Dose di
partenza
Dose efficace
(dose
massima)
Codeina 30 mg e
paracetamolo500 mg
(Co-efferalgan)
15+250mg
Tre volte al
dì
30+500 mg
Tre volte al dì
(60+1000 mg
tre volte al dì)
Tramadolo
(Contramal)
25 mg Ogni
quattro/sei
ore
50-100
ogni mg/24 h
(300 mg/24h)
10 mg ogni
12 ore
Variabile
Morfina a pronto
rilascio
(Morfina Cloridrato)
Morfina a rilascio
protratto
(Ms contin)
Fentanyl
transdermico
(Durogesic)
10 mg
ogni 12
25 mcg/h al
dì (cerotto di
minor
dosaggio
ogni 72 h)
Variabile
Variabile
Variazione di
dosaggio
Commenti
Indicato per il dolore
lieve- moderato
Dopo 4-6 dosi
Attenzione alle comizialità
pregresse, nausea,
sonnolenza.
Dopo 1-2 giorni
Attenzione all’Insufficienza
Renale Cronica (I.R.C.)
Dopo 2-3 giorni
Da iniziare dopo una dose di
oppioide a pronto rilascio.
Dà accumulo nell' I.R.C.
Dopo 2-3 cambi
di cerotti
Iniziare il trattamento dopo
una dose di morfina pronta.
La dose da 25 mcg/h è
raccomandata per pz. che
assumono 60 mg./die di
morfina per os. L'effetto
analgesico spesso è
variabile tra 48 a 96 h.
Strategie non farmacologiche di trattamento
E’ necessario considerare sempre il comfort posturale mediante una programmazione
giornaliera dei cambi di posizione (nursing).
Nelle persone non in grado di mantenere autonomamente alcune o tutte le posizione
consigliate per un certo tempo, è necessario ricorrere all’aiuto di strumenti o ausili.
Lo strumento utilizzato per dare sostegno deve dare stabilità, in maniera tale da non
richiedere sforzo muscolare e contemporaneamente non deve impedire del tutto i
movimenti. Alcuni sistemi di posizionamento troppo rigidi come quelli a ”guscio”, rendono
minime o impossibili le variazioni di postura in autonomia, riducendone i movimenti
spontanei. È auspicabile associare sempre la valutazione dell'aspetto psicologico per una
eventuale terapia ansiolitica e/o antidepressiva (ansia e depressione fanno parte del corteo
sindromico del dolore cronico, quando non ne sono la causa).
L'attività fisica, intesa come attività motoria, è raccomandabile, quando non controindicata
da particolari condizioni cliniche; la terapia occupazionale è una valida ed utile alternativa.
Anche gli approcci di riattivazione cognitivo - comportamentali possono contribuire ad una
gestione più globale del dolore. Le terapie fisiche, per quanto non abbiano evidenze certe
negli studi internazionali, offrono spesso un sollievo seppur temporaneo (35, 40).
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Aspetti generali della psicologia del dolore
Premessa: Le basi psicologiche del dolore.
Secondo la teoria Gate Control Theory di Melzack e Wall, la percezione del dolore e la
risposta ad esso sono il frutto di un fenomeno complesso e multidimensionale nel quale
interagiscono tre dimensioni:
1) Dimensione sensoriale-discriminativa
2) Dimensione cognitivo-valutativa
3) Dimensione affettivo-motivazionale
Gli input somatici sono soggetti alla modulazione dei fattori cognitivi, affettivi e
comportamentali. Quindi i fattori psicologici possono mediare la percezione del dolore
alterando la valutazione dell’individuo riguardo alla minaccia, all’abilità di controllo delle
sensazioni nocicettive e al livello di attivazione emozionale.
Il rapporto fra lesione e dolore, evidenzia come ci sia un coinvolgimento del sistema nervoso
centrale che va al di là della sola conduzione di un messaggio nocicettivo dalla periferia al
sistema nervoso centrale e che questo messaggio non sia interpretato in modo meccanico.
La considerazione che il dolore sia un’emozione piuttosto che una sensazione risale agli
antichi Greci che lo consideravano una componente emozionale dello spirito umano in
contrapposizione negativa con il piacere. La storia fino alle epoche più recenti ha riportato la
diatriba fra modello sensoriale del dolore e modello emozionale. La prevalenza del primo è
coincisa con la mole di conoscenze scientifiche che si sono accumulate negli ultimi 100 anni,
che hanno contribuito a mettere in ombra gli aspetti emozionali del dolore. Il concetto
unidimensionale legato alla componente sensoriale ha goduto del netto predominio fino a
quando la Gate Control Theory non ha riportato le dimensioni cognitive ed emozionali sullo
stesso piano di quelle sensoriali.
Il dolore non è associato con una precisa emozione, ma interagiscono vari stati emozionali
come paura, rabbia, ansia, depressione, euforia e altre intense sensazioni. Inoltre hanno un
ruolo importante la personalità e il background culturale e di apprendimento che
caratterizzano ogni individuo.
Alla luce di questi considerazioni si può ipotizzare che precisi meccanismi psicologici di
carattere individuale possano influenzare la percezione del dolore. Anche da un punto di
vista intuitivo sembrerebbe logico che situazioni spiacevoli dovrebbero aumentare la
percezione del dolore mentre le situazioni piacevoli avrebbero il potere di diminuirla. In
realtà i meccanismi della percezione del dolore sono tutt’altro che semplici perché, oltre a
quelle già citate, si devono aggiungere altre caratteristiche come il Locus of Control, le
aspettative sull’esperienza dolorosa, la suggestionabilità.
Si citano di seguito le caratteristiche psicologiche che possono influenzare la percezione ed il
mantenimento del dolore:
Ansia
Di fronte a un pericolo non conosciuto e non gestibile, la risposta del sistema nervoso
centrale consiste nell’attivazione del sistema nervoso autonomo. Il dolore sembra
rispondere a queste caratteristiche e provoca una risposta del tutto simile a quella
dell’ansia. Nel dolore si manifesta un predominio dell’attività simpatica adrenergica che,
associata ad una inibizione vagale, prepara l’organismo con aumenti consistenti di energia
necessaria per una risposta di emergenza. L’ansia abbassa la soglia del dolore e riduce in
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modo cospicuo la tolleranza al dolore. La persona che esprime il dolore con forti componenti
di ansia, aumenta l’esteriorizzazione oppure facilita un processo di anticipazione cognitiva
della risposta. I pazienti con dolore acuto sono solitamente più ansiosi rispetto a pazienti
che non hanno sintomatologia dolorosa. La pratica clinica dimostra che la somministrazione
di farmaci ansiolitici o l’aiuto psicologico sul piano cognitivo attraverso la spiegazione e
rassicurazione, determinano una netta diminuzione del dolore.
Ansia Anticipatoria
La capacità di anticipare il dolore è stata rilevata sia nella ricerca che nella clinica.
I soggetti sperimentali che si attendono di ricevere delle stimolazioni dolorose, hanno un
atteggiamento ansioso o di stress che tende ad anticipare l’evento effettivo.
Un atteggiamento di ansia e paura è consueto nella fase preoperatoria ed è basato sugli
apprendimenti precedenti, in relazione all’evento che dovrà avvenire nell’immediato futuro.
Fattori Di Apprendimento
Il mancato apprendimento di strategie specifiche rispetto alle stimolazioni nocicettive e alla
difficoltà nel discriminare fra i pericoli importanti e quelli meno importanti, incide
pesantemente sulla percezione del dolore acuto. I tre modelli essenziali dell'apprendimento
spiegano queste assunzioni in modo sperimentale.
1.
Condizionamento Classico (CC)
Il condizionamento classico o rispondente ha un grandissimo valore di adattamento per ogni
tipo di organismo, perché permette di imparare ed eliminare una grande quantità di risposte
in rapporto alle richieste di un ambiente in continua modificazione. Nel dolore acuto sono
molto frequenti gli apprendimenti determinati da condizionamento rispondente.
2.
Condizionamento Operante (CO)
Il paradigma del condizionamento operante, si basa sul concetto del rinforzo: un
comportamento aumenta notevolmente la probabilità di essere ripetuto se ha subito dei
rinforzi sia negativi che positivi. Il rinforzo del comportamento disadattivo provoca una sua
frequenza e durata maggiore.
Il paradigma del condizionamento operante ha trovato una vasta applicazione nella diagnosi
e nella terapia del dolore cronico benigno ed è alla base del trattamento multidisciplinare
nelle pain clinics.
3.
Modeling
Nel processo di ordinamento degli stimoli ambientali si utilizza sia la propria esperienza, sia
l'esperienza fatta da altri.
L’osservazione di comportamenti da dolore espresso da altre persone, ha importanti
implicazioni nel trattamento del dolore. Se ad esempio la sala d’attesa dell’ambulatorio è
molto vicina al luogo preciso in cui vengono poste in atto medicazioni o trattamenti dolorosi,
il paziente può apprendere la risposta al dolore semplicemente per modellamento delle
risposte verbali o uditive di altri che stanno sperimentando il dolore. Oppure la vista
dell’espressione del volto del paziente che esce dall’ambulatorio, fa capire e imparare
rapidamente quale sia la consistenza dolorosa e quale siano le risposte comportamentali in
relazione al trattamento.
Fattori Di Personalità
Le relazioni fra personalità e dolore sono state oggetto di innumerevoli ricerche dai risultati
contrastanti. La grande dispersione di teorie psicologiche della personalità ha impedito di
dare risposte univoche a questo interrogativo perché ogni ricerca parte da un preciso
costrutto psicologico che condiziona tutte le fasi della ricerca. A ogni teoria corrispondono
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specifici test psicometrici che valutano le diverse dimensioni della personalità, quindi non è
possibile dare delle risposte definitive all'interrogativo sulla correlazione dolore-personalità.
Situazione E Significato Attribuito
La motivazione e il significato attribuito ad un evento preciso, possono influenzare la
percezione e la risposta comportamentale al dolore. Il paziente tenta di capire quale sia la
causa della situazione dolorosa e quali potranno essere le conseguenze sul futuro.
Comprendere che per un periodo di tempo si dovrà ricorrere all’assistenza e quindi alla
dipendenza da altre persone come il personale sanitario o i familiari stessi modifica, in
qualche modo, la propria percezione del dolore. Analoga deformazione, soprattutto in
persone che hanno un’alta considerazione di sé stessi, può derivare dal fatto di essere visti
in situazione di dolore o di invalidità da persone significative. Inoltre il paziente confronta la
situazione attuale con i suoi convincimenti relativi alla propria capacità di autocontrollo o
alla dipendenza da elementi esterni alla propria volontà.
Attenzione
L’attenzione aumenta la sensibilità dolorifica attraverso un orientamento selettivo dei
recettori sensoriali verso un unico stimolo. Questo concetto ha avuto una serie di conferme
soprattutto dalle ricerche di neurofisiologia che hanno paragonato i processi sensoriali con il
funzionamento del computer. Per entrambi ci sono processi in serie e processi in parallelo.
L’attenzione possiede un meccanismo di selezione e uno di riflessione che consentono la
scansione delle mappe sensoriali e operano estrazioni da ogni sede. La selezione avrebbe lo
scopo di filtrare alcune caratteristiche dello stimolo in arrivo per poterne fare un’ ulteriore
elaborazione.
Nel campo specifico del dolore la selezione può riguardare l’intensità o la durata dello
stimolo nocicettivo, mentre la riflessione ha un ruolo interpretativo e valutativo degli schemi
sensoriali.
Religione
Molto spesso religione e cultura sono intimamente connesse e intercorrelate attraverso
feedback continui sulle modalità di vita e sul tipo di lettura della realtà.
Nella specificità del dolore le religioni spesso si occupano dell’antinomia dolore-piacere con
un’ insistenza sull’uno o sull’altro di questi concetti.
Cultura
L’ambiente sociale ha un'azione di modeling sulla percezione del dolore da parte di ogni
appartenente al gruppo. Il termine percezione è particolarmente importante, perché la
cultura non differenzia la conduzione del messaggio nocicettivo ma come questo messaggio
viene elaborato nel sistema nervoso centrale. Una cultura può valorizzare il dolore come
fattore di passaggio dalla condizione infantile a quella adulta. In questo caso i giovani
affronteranno le cerimonie di iniziazione con una forte motivazione a sopportare il dolore o a
non sentirlo del tutto. Nella cultura occidentale la larga diffusione degli analgesici,
accompagnata da modalità educative estremamente protettive rispetto ad ogni tipo di
stress, hanno fatto sì che ci sia una minore accettazione del dolore come segnale fisico e
quindi una minore tollerabilità.
Contesto Sociale
Come tutte le emozioni, il dolore è influenzato in parte anche dall’ambiente in cui avviene il
dolore, sia esso fisico che sociale. Pertanto il dolore è un prodotto dell’interazione fra
individuo e ambiente, quest’ultimo visto sotto gli aspetti sociale, fisico e somatico. In ambito
ospedaliero vengono ad esprimersi tutti gli apprendimenti precedenti sia in termini di
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comportamenti, sia di cognizioni riguardo al dolore e, secondo il modello comportamentale
dell’analisi funzionale, rappresentano gli antecedenti che produrranno la risposta specifica:
a) Incertezza:
La mancanza o la carenza di informazioni sull’intervento o sulle tecniche diagnostiche che
verranno applicate, determinano un’ansia anticipatoria che innesca il circolo vizioso del
dolore, anche perché il paziente non può attivare quei processi cognitivi che gli
permetterebbero di controllare con maggiore efficacia le sensazioni dolorose.
b) Perdita di controllo:
La sensazione di perdere il controllo della situazione, è sgradevole di per sé in ogni
momento della vita. Quando c’è una situazione di minaccia fisica e di impossibilità di
intervenire adeguatamente con le proprie abilità personali, gli allarmi scattano con rapidità e
provocano una serie di risposte cognitive e comportamentali, che vanno dalla disperazione
alla chiusura in sé stessi e all’espressione accentuata del proprio stato di sofferenza.
c) Osservazioni di comportamenti di dolore:
L’apprendimento per modeling si instaura osservando le reazioni altrui in un contesto
analogo, o con una previsione futura di situazioni similari, oppure attraverso il ricordo che
scatta nel momento in cui il cervello analizza l’evento e lo confronta con quanto è stato
immagazzinato nella memoria. Non appena il confronto ha dato esito positivo, vengono
richiamati alla memoria i ricordi, i comportamenti e le sensazioni relative.
d) Isolamento sociale:
Il senso di isolamento deriva soprattutto dal fatto di essere al di fuori di un ambiente
familiare dove, in qualche modo, la persona aveva un discreto controllo della situazione e
una certa autonomia nella ricerca delle interazioni interpersonali.
Lo psicologo e la diagnosi nel dolore cronico
La valutazione psicologica dei pazienti con dolore cronico, deve comprendere tre elementi
fondamentali:
1.
Comportamenti motori osservabili
2.
Risposte cognitivo-verbali
3.
Risposte fisiologiche.
Per raggiungere questi tre obiettivi, gli strumenti a disposizione dello psicologo sono
molteplici. I comportamenti motori osservabili possono essere auto monitorati dal paziente
stesso, attraverso opportune schede di rilevazione che eventualmente si confrontano con le
osservazioni dei familiari significativi e dello stesso staff medico.
Le risposte cognitivo-verbali sono valutate attraverso test o batterie di test che vengono
somministrati tenendo presente diverse esigenze come gli obiettivi della diagnosi, il tipo di
patologia presentata e la capacità intellettiva del paziente. Le risposte fisiologiche rientrano
nel campo di applicazione diagnostica del biofeedback e sono elaborate con l’ausilio del
profilo psicofisiologico.
Terapia psicologica
Le metodologie psicologiche specifiche si sono affermate originariamente nelle patologie di
dolore cronico, catalogate come "sindromi psicosomatiche". La cefalea in particolare è stato
uno dei primi campi di applicazione del lavoro dello psicologo. Poi, con l’avvento del biofeedback, la terapia psicologica si è arricchita di un’apparecchiatura che ha dato un lustro di
scientificità a chi la utilizza. Dalla cefalea si è passati alla terapia del mal di schiena cronico
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e quindi a tutte le sindromi croniche dolorose. Alcuni autori propongono alberi decisionali
per la terapia del dolore, nei quali molto spesso sono comprese una o più tecniche
psicologiche. La tabella 4 offre un quadro complessivo delle patologie e degli interventi
psicologici proposti:
Tab. 4
SINDROMI CRONICHE
TECNICA PSICOLOGICA
Dolore Miofasciale
Biofeedback
Neuralgia posterpetica
Supporto psicologico
Distrofia simpatico-riflessa
Biofeedback
Dolore neurogeno
Supporto psicologico
Dolore centrale
Supporto psicologico
Arto Fantasma
Thermal Biofeedback
Fibromiosite
Stress management
Biofeedback
Rilassamento
Dolore non somatico
Modificazione comportamentale
Psicoterapia cognitivo-comportamentale
Psicoterapia di supporto
Torcicollo spasmodico
Biofeedback
Ipnosi
Modificazione comportamentale
Mal di schiena cronico (LBP)
Terapia psicologica
La concezione multidimensionale del dolore facilita l'individuazione di specifiche tecniche
psicologiche in base al tipo di componente maggiormente interessata. Di seguito viene
esposta la tabella 5 esplicativa:
Tab. 5
Componente
MOTIVAZIONALE
Modificazione comportamentale
Psicoterapia di supporto
Terapia di coppia
Componente
COGNITIVA
Terapia Cognitiva
Ipnosi
Componente
AFFETTIVA
Terapia cognitivo-comportamentale
Ipnosi
Rilassamento
Biofeedback
Attività fisica
Efficacia della terapia psicologica
28
Componente
SOMATICA
Modificazione
comportamentale
Biofeedback
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I criteri per stabilire l’efficacia dell’intervento psicologico in terapia del dolore, rispondono
alle medesime caratteristiche richieste all’intervento somatico:
1.
Valutazione dell’efficacia con il confronto con gruppi di controllo e con la
significatività statistica
2.
Follow-up a lungo termine secondo precisi protocolli clinici
3.
Possibilità di replicare lo studio ottenendo risultati sovrapponibili
4.
Terapia priva di controindicazioni.
I parametri che sono risultati più positivamente sensibili all’intervento psicologico sono la
tolleranza al dolore, la riduzione della sintomatologia, la progressiva diminuzione
nell’assunzione di farmaci antalgici, il decremento negli accessi alle strutture ospedaliere, la
ripresa dell’attività fisica e lavorativa.
Le tecniche psicologiche più utilizzate nella terapia del dolore, sono rappresentate dalla
Terapia comportamentale e Terapia cognitivo comportamentale comprendenti i seguenti
aspetti:
•
ristrutturazione cognitiva
•
stress inoculation training (SIT)
•
training alle abilità sociali
•
terapia razionale emotiva (RET)
•
training di rilassamento
•
biofeedback (BFB)
•
ipnosi.
Fra le terapie di rilassamento sono comprese il rilassamento progressivo, il training
autogeno, il training immaginativo, la desensibilizzazione sistematica. Altre terapie
considerate, sono rappresentate dal condizionamento operante, dalla psicoterapia di
supporto e dall’approccio sistemico sulla famiglia. L’esigenza formativa ha avuto una
risposta con i corsi di Psicologia del dolore tenuti annualmente a L'Aquila in collaborazione
con la Cattedra di Anestesia e Rianimazione della locale Università (42).
La Medicina Complementare
La medicina complementare interviene sul dolore, migliorando sia lo stato di salute che la
qualità della vita dei pazienti. L'omeopatia, l'omotossicologia, la fitoterapia e l’agopuntura,
consentono l’attuazione di una terapia integrata che favorisce la riduzione del numero di
farmaci di sintesi. La complementarietà in medicina e l'alleanza tra risorse terapeutiche, è la
premessa per pensare ad un modello di medicina integrata. La medicina complementare è
finalizzata alla fase cronica di una patologia, stimolando la sintesi endogena di mediatori
chimici come le endorfine, la serotonina e gli altri neurotrasmettitori, favorendo la
guarigione biologica. Il dolore in omotossicologia e in omeopatia è considerato come il
sintomo di un aspetto del naturale equilibrio della vita. Il corpo reagisce allo stimolo esterno
(stressore) con una fase di infiammazione che può evolvere naturalmente verso la
guarigione o verso la malattia. Il dolore è quindi una risposta ad uno stimolo esterno che
non va soppresso senza prima aver cercato di capire la causa che può anche non essere di
natura fisica, ma ad eziologia psicologica e ambientale.
Con il termine di Omeopatia si intende la cura della malattia con farmaci somministrati
secondo la legge dei simili. Il farmaco viene selezionato secondo il principio del simile
appartenente al mondo vegetale, animale, minerale, poi diluito a livelli infinitesimali e
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dinamizzato (sottoposto ad agitazione meccanica) per rendere disponibile ai sistemi cellulari
l'energia chimica che contiene e che potrà essere utilizzata dall'organismo malato, cioè in
disequilibrio energetico.
Due grandi regole generali guidano il medico nella terapia omeopatica:
1)
Quanto più il rimedio è simile alla sintomatologia del soggetto, tanto più alta deve
essere la diluizione da usare e viceversa;
2)
Una volta ottenuta la guarigione, diminuire la frequenza delle somministrazioni.
La reattività del soggetto rispetto al farmaco omeopatico dipende dal genotipo cui
appartiene (carbonico, fosforico, fluorico), dalla costellazione neuroendocrina del soggetto,
dal suo psichismo e dal sesso.
L'omotossicologia affronta il dolore seguendo la metodologia PNEI
(Psico-NeuroEndocrino-Immunologia) e la Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM).
La PRM studia la correlazione tra comportamento e processi neurologici, endocrini,
immunitari (MENS SANAM in CORPORE SANO). Uno stimolo diretto al Sistema Nervoso
Centrale (SNC), impegnerà il sistema endocrino e il sistema immunitario (la bilancia
immunitaria come autoregolazione).
Occorre quindi individuare la causa del dolore e procedere con una terapia di sintomo senza
trascurare il drenaggio, l'alimentazione, l'esercizio fisico, il sonno, l'equilibrio intestinale e
una terapia mirata immunologia (43, 44, 45, 46, 47, 48).
L’agopuntura è una disciplina medica sviluppatasi in Cina qualche millennio fa, diffusa in
tutto il mondo grazie alla sua efficacia e all'apparente semplicità dei metodi di diagnosi e
terapia. Sono stati eseguiti numerosi studi che evidenziano il ruolo dell'agopuntura in
relazione al dolore. L'agopuntura provoca un innalzamento dei livelli plasmatici di Betaendorfine con effetto analgesico e un incremento della proliferazione linfocitaria,
presentando un ruolo nella risposta immunitaria, a cui si aggiunge un incremento
dell'attività del sistema oppioide. Gli oppiodi endogeni svolgono una funzione di regolazione
dei meccanismi di trasduzione del segnale a livello cellulare.
L'agopuntura, attraverso la propria azione sui sistemi endorfininergici, si configura come
uno strumento complesso, in grado di influenzare fondamentali meccanismi molecolari
preposti al controllo dell'omeostasi cellulare (49, 50, 51).
La Fitoterapia rappresenta in assoluto la prima forma di medicina utilizzata dall'uomo
(Erbario di Shen nung 2700 a.c.). La pianta costituisce la singola unità terapeutica, nella
quale i principi attivi formano dei fitocomplessi caratteristici, legandosi o interagendo con
altre molecole che vengono eliminate nel corso dei processi di purificazione. E' il fitocomplesso la quinta essenza della pianta medicinale e non il suo principio attivo purificato.
Volendo dare una definizione di fitocomplesso, si può dire che esso è un' Entità Biochimica
complessa che rappresenta l'unità farmacologica integrale delle piante medicinali. Ogni
pianta medicinale ha quindi una specifica composizione chimica che comprende un numero
più o meno grande di sostanze (la maggior parte delle quali dotate di una propria attività
medicamentosa), che formano quello che si definisce un fitocomplesso: esso è responsabile
delle proprietà salutari di una pianta medicinale, che possono essere diverse da quelle di
uno o più dei suoi componenti considerati isolatamente. Questo spiega perchè ogni pianta
possiede un’azione medicamentosa considerata predominante e altre azioni secondarie.
Per conoscere con sicurezza la quantità di un principio o dei principi attivi contenuti in un
fitocomplesso, si ricorre alla titolazione cioè alla definizione, tramite procedimenti altamente
tecnologici, della concentrazione della droga, che non deve essere inferiore ai livelli minimi
stabiliti dalla letteratura internazionale e dalle Farmacopee, cioè i testi ufficiali redatti dalle
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Istituzioni dei singoli Paesi, nei quali sono dettagliatamente indicati tutti i farmaci e le
sostanze medicinali dei quali sono autorizzati l'uso e la vendita sul territorio nazionale.
La titolazione consente la standardizzazione della fitomedicina che assicura la presenza
costante della stessa quantità dei principi attivi in ogni lotto di produzione: viene così
garantita l'assunzione della dose adeguata per tutta la durata del trattamento.
Le fasi terapeutiche sono articolate in base alle esigenze specifiche di ogni singolo paziente
e sono rappresentate da terapia sintomatica e terapia di fondo. Sono utilizzati eterosidi
salicilici, iridoidi, antrachinonici, saponine, alcaloidi in base alla sintomatologia dolorosa (52,
53, 54, 55)
.
Legislazione
Il 9 marzo 2010 il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva la legge n. 38
“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”
entrata in vigore il 15 marzo 2010. La legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle
cure palliative e alla terapia del dolore.
Le finalità del provvedimento legislativo riguardano infatti la tutela della dignità e
dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione, la tutela e promozione della
qualità di vita fino al suo termine, l’adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della
persona malata e della sua famiglia.
Si sancisce l’obbligo di riportare all’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed
infermieristica, la rilevazione del dolore, specificando le caratteristiche del dolore rilevato e
della sua evoluzione, la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato
antalgico conseguito.
Le strutture sanitarie hanno la facoltà di scegliere gli strumenti più adeguati tra quelli
validati, per la valutazione e la rilevazione del dolore.
Viene esplicitato, inoltre, che entro sei mesi dall’approvazione della legge dovranno essere
messe a punto attività di formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario
attraverso diversi canali quali master e percorsi ECM relativi a tale argomento.
L’articolo 8 della legge 38/2010, cita espressamente la formazione e l’aggiornamento del
personale medico e sanitario in materia di cure palliative e di terapia del dolore, come di
seguito riportato:
Comma 1 : omissis…….”individua con uno o più decreti i criteri generali per la disciplina
degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di
terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative.
Con i medesimi decreti sono individuati i criteri per l'istituzione di master in cure palliative e
nella terapia del dolore”.
Comma 2 : omissis……. “l'aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e sociosanitario, impegnato nella terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a
patologie croniche e degenerative e nell'assistenza nel settore delle cure palliative, e in
particolare di medici ospedalieri, medici specialisti ambulatoriali territoriali, medici di
medicina generale e di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, si realizzi
attraverso il conseguimento di crediti formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e
multi professionali”.
La lotta al dolore deve riguardare tutta la rete dei servizi, per cui devono essere garantite
terapie del dolore durante i ricoveri in ospedale, in hospice, nelle strutture residenziali del
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territorio e a domicilio. Viene predisposta un’azione di monitoraggio ministeriale, per le cure
palliative e per la terapia del dolore, per monitorare in particolare: i dati relativi alla
prescrizione e all’utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, le prestazioni erogate e gli
esiti delle stesse, le attività di formazione a livello nazionale e regionale, le campagne di
informazione a livello nazionale e regionale e le attività di ricerca.
Conclusioni
Un progetto di cura del dolore in una struttura residenziale, deve avere quale obiettivo
principale la riduzione dell’intensità del dolore, rilevata con appropriate scale di valutazione,
quali obiettivi secondari la maggior soddisfazione dei caregiver e degli operatori e quali
risultati attesi l’aumento del “dolore riferito” sino a steady state e successiva riduzione, la
diminuzione dei disturbi del comportamento, l’aumento dei farmaci antalgici per dose e
potenza analgesica, la riduzione della somministrazione di psicofarmaci.
Il dolore deve essere inteso come un debito informativo e di risultato, un outcome
istituzionale (56).
Un requisito importante per un’efficace gestione del dolore, è rappresentato da una buona
comunicazione ed una forte collaborazione tra tutti i membri dell’equipe. Un adeguato
riconoscimento e trattamento del dolore è sicuramente un problema di primaria importanza
che deve essere urgentemente affrontato, soprattutto perché il dolore non controllato pone
il paziente, oltre che in una condizione di estrema fragilità e vulnerabilità, anche in una
condizione di perdita di dignità.
Se può diminuire infatti l’autonomia della persona, non per questo deve diminuire la dignità
della persona (57).
Si ritiene inoltre fondamentale l'approccio olistico, che non disgiunge mai il sintomo, per
quanto rilevante e disturbante possa essere il dolore, dalla persona che ne è colpita,
riconoscendo nell'interezza dell'individuo l'obiettivo del prendersi cura, collocando dunque la
terapia farmacologica e non farmacologica del dolore all'interno di una relazione
interpersonale, rappresentando la necessità di una buona pratica clinica per affrontare la
sofferenza e più in generale la malattia.
Solo in questo modo il dolore fisico, psicologico e spirituale, potrà trovare una risposta
adeguata ed il cammino della vecchiaia verso la fine della vita, ormai sempre più lungo,
potrà essere percorso in maniera umanamente ancora significativa e fisicamente
sopportabile (58).
Date al dolore la parola:
il dolore che non parla
sussurra al cuore affranto e
gli dice di spezzarsi …
W. Shakespeare (Macbeth IV,3)
32
UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Bibliografia e sitografia
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Allegato 1 - Gli Strumenti di Valutazione del Dolore
Scale di Intensità
Visual Analogue Scale (VAS)Scala Analogico Visiva
DESCRIZIONE
Rappresenta l’ampiezza visiva del dolore che il paziente crede di avvertire; può assumere la
forma del sollievo
CARATTERISTICHE E LIMITI
Semplice e ripetibile
Basso livello culturale utilizzabile dai 7 anni di età ed è indipendente dalla lingua
Più accurata di quella verbale, anche se meno gradita
Somministrare nel momento in cui c’è dolore,il ricordo può essere sovra stimato o
sottostimato
Richiede coordinazione visiva e motoria
Influenzata da condizioni psicofisiche
Tasso di insuccesso è del 7 %
Mono dimensionale – Tendenza al raggruppamento ai numeri centrali
Popolazione: Adulti cognitivamente integri
Esaminatore: Medico o infermiere
Tempo di somministrazione: 2-5 minuti
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
VAS
(RAPPRESENTAZIONI)
0___________________10
0_1_2_3_4_5_6_7_8_9_10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Verbal Numerical Scale (VNS)
Quale numero da 0 a 10 si avvicina di più
alla sua sensazione di dolore?
(nessun dolore) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 (peggior dolore)
DESCRIZIONE
Semplice e lineare
Elimina necessità di coordinazione visiva e motoria
Periodo post-operatorio
Ripetibile
Indicazioni efficacia interventi terapeutici
L’uso delle scale di valutazione per intensità presuppone le seguenti caratteristiche:
Credere in ciò che dice il paziente
Raccogliere un’ accurata anamnesi del dolore
Caratteristiche temporali
Qualità
Circostanze di insorgenza e di estinzione
Fattori allevianti o aggravanti
Valutare l’ intensità del dolore
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Scala delle Espressioni Facciali
Istruzioni e indicazioni
Esaminatore :Medico, infermiere
Punteggio
0 assenza di dolore
1 dolore lieve
2 dolore moderato
3 dolore forte ma sopportabile
4 dolore intenso
5 tutto il dolore che si può immaginare
Tempo di somministrazione : 2-5 minuti
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Scale Osservazionali
Scala DOLOPLUS-2
CARATTERISTICHE:
Deriva dalla Douleur Enfant Gustave Roussy(DEGR) scala per la valutazione del dolore nei
bambini
È composta da 10 items suddivisi in 3 dimensioni
1) Somatic Reaction ( REAZIONI SOMATICHE )
2) Psycomotor Reaction (REAZIONI PSICOMOTORIE)
3) Psychosocial Reaction (REAZIONI PSICOSOCIALI)
I punteggi assegnati per ogni items possono variare da 0 (assenza del dolore) a 3 (massimo
dolore) e la loro somma varia in un range compreso tra 0 e 30
Cut – off = 5
È costruita per valutare la progressione dell’ esperienza dolore e non la presenza di dolore in
uno specifico momento
Ne esistono due versioni una in francese e una in inglese (consultabili sul sito
www.doloplus.com), non ne esiste una versione in italiano
ISTRUZIONI PER L’USO
L’USO DELLA SCALA RICHIEDE APPRENDIMENTO
Come in ogni nuovo strumento è corretto praticare dei test prima di adottarlo.
TEAM DI VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE
Indipendentemente dal luogo di cura,è preferibile il punteggio di più operatori (medici,
infermieri, operatori dell’ assistenza).
NON VALUTARE SE L’ITEM È INAPPROPRIATO
Non è necessario avere una risposta da tutti gli items della scala,soprattutto su un paziente sul
quale non si conoscono ancora tutti i dettagli particolarmente a certi livelli psicosociale.
Similmente, in stati di coma, valutare solo gli items somatici.
COMPILARE I PUNTI IN EVOLUZIONE
La rivalutazione dovrebbe essere fatta due volte al giorno fino alla sedazione del dolore,poi più a
lungo, in relazione alla situazione. Compilare i punteggi e mostrare l’andamento del punteggio
sulla cartella (come la temperatura o la pressione sanguigna). La scala diventerà così un
strumento essenziale per la gestione dei sintomi e del trattamento iniziale.
NON COMPARARE I PUNTEGGI TRA PAZIENTI DIFFERENTI
Il dolore è una soggettiva e personale sensazione e emozione. Non è perciò valutabile un
confronto tra pazienti. Il punteggio assume un significato clinico solo nella sua evoluzione.
NEL DUBBIO, NON ESITARE A CONDURRE UN TRATTAMENTO CON APPROPRIATI ANALGESICI
E’ accettato che un punteggio uguale o maggiore di 5/30 è un segno di dolore. Comunque, per il
punteggio borderline, il paziente dovrebbe avere il beneficio del dubbio. Se ci sono cambiamenti
nei comportamenti dopo la somministrazione di analgesici il dolore era davvero presente.
LA SCALA VALUTA IL DOLORE E NON LA DEPRESSIONE, LA DIPENDENZA O LE FUNZIONE
COGNITIVE
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Numerosi strumenti sono disponibili per ogni situazione. È fondamentale capire che la scala è
usata per valutare i cambiamenti di comportamento collegabili al potenziale dolore. Così, per gli
items 6 e 7, non si valuta l’indipendenza o la dipendenza ma il dolore.
NON USARE LA DOLOPLUS 2 SISTEMATICAMENTE
Quando i pazienti anziani comunicano e cooperano è logico usare strumenti di auto valutazione.
Quando il dolore è palese è urgente alleviarlo che valutarlo. Comunque, se vi è il minimo
dubbio, di presenza di dolore l’attenzione dell’ operatore al problema permetterà di non sotto
stimare il dolore.
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
Scala PAINAD
CARATTERISTICHE
1. Respiro indipendente dalla vocalizzazione
2. Vocalizzazione negativa
3. Espressione facciale
4. Linguaggio del corpo
5. Consolabilità del paziente
Punteggio da 0 a 2 : da un minimo di 0 ad un massimo di 10 :
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UOC Accreditamento e Controlli Strutture Socio Sanitarie
ABBEY PAIN SCALE
CARATTERISTICHE:
1.
Vocalizzazione
2.
Espressione facciale
3.
Modificazioni comportamentali
4.
Modificazioni fisiologiche
5.
Modificazioni somatiche
Ogni dominio prevede una valutazione tra 0 e 3 :
•
Assenza di dolore : tra 0 e 2Assenza 2
•
Dolore lieve : tra 3 e 7Dolore 7
•
Dolore moderato : tra 8 e 13Dolore 13
•
Dolore severo > 14Dolore 14
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Scala NOPPAIN
MODALITA’ DI IMPIEGO
L’operatore deve effettuare almeno 5 minuti di assistenza quotidiana all’ ospite osservando i
comportamenti che suggeriscono dolore
CHECK LIST DELLE ATTIVITA’
• Mettere a letto l’ospite oppure osservare l’ ospite che si sdraia
• Girare l’ospite nel letto
• Passaggi posturali (letto-sedia;sedia-wc;sedia – in piedi,ecc)
• Mettere seduto l’ospite oppure osservare l’ospite che si siede
• Vestire l’ospite
• Aiutare l’ospite a stare in piedi oppure osservare l’ospite mentre è in piedi
• Aiutare l’ospite a camminare oppure osservare l ’ospite che cammina
• Fare il bagno all’ospite oppure fare una spugnatura al letto
L’ operatore deve riferire ciò che vede o sente durante l’assistenza.
Parole che esprimono dolore (“Che male!”“Ahi!”“Vai via!”“Basta!”)
Espressioni del viso che esprimono dolore (smorfie,sussulti,corrugamento della fronte)
Stringere una parte dolente (irrigidirsi, proteggersi, tenere fermo un arto)
Versi che esprimono dolore (gemiti,singhiozzi,lamenti,borbottii,ansimi,pianti)
Sfregare o massaggiare una parte dolente
Irrequietezza ( frequenti cambi di posizione, impossibilità a stare fermo, opposizione alle
cure)
L’operatore deve indicare il livello massimo di dolore rilevato durante l’assistenza
Dolore severo (10)
Dolore intenso (7-9)
Dolore moderato (4-6)
Dolore lieve (1-3)
Assenza di dolore (0)
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Questionari multidimensionali
MC GILL PAIN QUESTIONAIRRE (MPQ)
Strumento multidimensionale maggiormente utilizzato nei casi di dolore oncologico rispetto a
tutte le altre scale:
• Basato su parole che il paziente seleziona per descrivere il suo dolore
• Può essere associato con altri strumenti di valutazione per migliorare l’accuratezza.
• Esiste una versione italiana e una versione breve
Classifica 102 termini diversi che descrivono differenti aspetti del dolore.
• Termini sono suddivisi in 3 classi (maggiori, sensoriale, emotivo- affettiva,valutativa) e 16
sottoclassi che contengono un gruppo di parole considerate qualitativamente simili.
• Vi è aggiunta una VDS, per misurare l’intensità del dolore presente e un disegno di un corpo
umano (ant/post), per indicare la localizzazione.
Di aiuto nella diagnosi differenziale, in quanto ogni tipo di dolore è caratterizzato da una distinta
costellazione di descrittori verbali.
Tale possibilità può essere invalidata da alti livelli di ansia e altri disturbi psicologici che
possono produrre un alto punteggio della dimensione affettiva.
I pazienti vengono invitati a scegliere, per ciascun descrittore verbale, la parola che meglio
esprime la loro sensazione. In base alla scelta effettuata viene assegnato un punteggio ( pain
rating index ). Il MPQ è uno strumento potente per ottenere elementi di valutazione sia sulla
qualità che sulla quantità del dolore. Esso fornisce informazioni riproducibili che ben si
correlano con quelle ottenibili con strumenti psico-fisiologici più complessi.
La sua completezza è allo stesso tempo un pregio ed un grave difetto. La compilazione richiede
infatti tempo e un livello di cultura ed attenzione non basso. Esso, inoltre, è quantitativamente
sbilanciato verso il versante sensoriale dell'esperienza dolore. E' utile ricordare che la
somministrazione dovrebbe essere effettuata sempre nelle stesse condizioni potendo il punteggio
variare a seconda che il paziente compili il questionario da solo o con l'aiuto dell'operatore.
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IPQ, Italian Pain Questionnaire
Al fine di superare le barriere semantiche relative alla traduzione letterale del McGill Pain
Questionnaire (MPQ) , è stato sviluppato l’ IPQ, Italian Pain Questionnaire, basato su 3 campi di
analisi, proposti da Melzack e Torgerson: sensorio, affettivo, valutativo.
E’ un questionario di autosomministrazione costituito da alcune serie di parole idonee a
descrivere diversi caratteri del dolore. Viene presentato al paziente che deve scegliere i termini
che corrispondono al proprio dolore.
Le parole inserite nel questionario sono suddivise in in 3 classi e 20 sottoclassi, corrispondenti a
diverse caratteristiche del dolore:
• aspetto sensitivo (caratteri “qualitativi”)
• aspetto valutativo ( valutazione dell’intensità del dolore)
• aspetto affettivo ( espressione delle reazioni emotive)
Dall’esame delle parole scelte è possibile ricavare uno score globale ed uno parziale per le tre
sottoscale. Il questionario comprende anche una scala ordinale verbale per la valutazione
dell’intensità del dolore. Ad oggi rappresenta uno dei più completi questionari sul dolore.
Tuttavia, è stato criticato dai clinici in quanto “troppo concentrato sull’aspetto descrittivo del
dolore” e poco nell’area quantitativa.
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Allegato 2 - Comportamenti di dolore nelle persone con declino
cognitivo
Espressioni facciali
Lieve aggrottamento delle ciglia, espressione triste
Smorfie, fronte corrugata, occhi chiusi o serrati
Qualsiasi espressione anomala
Ammiccamento rapido
Verbalizzazioni, vocalizzi
Sospiri, lamenti, gemiti
Borbottio, cantilena, chiamare
Respiro rumoroso
Richiesta di aiuto
Espressioni verbali aggressive
Movimenti del corpo
Postura rigida, tesa, guardinga
Agitazione
Aumento del cammino su e giù, dondolamenti
Movimenti limitati
Cambiamenti nella marcia o nella mobilità
Cambiamenti nelle interazioni interpersonali
Aggressività, opposizione alle cure
Diminuzione delle interazioni sociali
Atteggiamenti socialmente inappropriati o aggressivi
Ritrosia
Cambiamenti nelle attività abituali o routine
Rifiuto del cibo, cambiamenti dell’appetito
Aumento periodi di riposo
Cambiamenti del sonno e dei modelli di riposo
Improvvisa cessazione delle attività abituali
Aumento del vagabondaggio
Cambiamenti dello stato mentale
Pianto o essere in lacrime
Aumento della confusione
Irritabilità o angoscia (1)
Il dolore
... non detto
… nascosto
…i ncomunicabile
… la sofferenza silenziosa (2)
Bibliografia
(1) A. Brugnolli: La valutazione del dolore negli anziani con declino cognitivo. Assistenza infermieristica e ricerca,
2007, 26, 1
(2) S. Franzoni. Specificità del dolore nell’anziano. Gruppo Ricerca Geriatrica Brescia, 2010
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