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Canti, balli e racconti popolari

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Canti, balli e racconti popolari
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IL FOLKLORE
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Canti, balli e racconti popolari
U
Gruppo folkloristico
di Casalbuono
na vivace tradizione folkloristica fatta di canti, balli e racconti popolari restituisce oggi i caratteri principali dell’identità del nostro
territorio ed il suo patrimonio antropologico-culturale. Nel Vallo di
Diano queste forme espressive erano legate soprattutto alle ricorrenze religiose, alla vita dei campi ed alle feste in ambito familiare, tutte accompagnate dalla musica e dal ballo.
E’ antica nel Vallo di Diano la tradizione dell’uso della zampogna e della
ciaramella (strumento popolare della famiglia degli oboi, diffuso in tutto il
centro-sud Italia). Gli zampognari di Polla sono celebri per la loro bravura
sia nel suonare che nel costruire gli strumenti, ed accompagnano le novene
dell’Immacolata e del Natale in numerose zone, soprattutto del napoletano.
Il Gruppo Folkloristico di Casalbuono, uno dei più vitali del Vallo di Diano, tramanda storia e memorie del suo paese, recuperate attraverso i ricordi degli anziani. Nel corso dei loro spettacoli, al suono di fisarmonica, tamburelli e cúpe cúpe vengono composte danze e si innalzano canti che rievocano le varie fasi della vita: la nascita - rappresentata con la ninna nanna; l’infanzia - interpretata dai giochi dei bambini quali a mórra, pise e pisélla (il gioco della conta), une mbond’ a luna (la cavallina); infine il corteggiamento ed il matrimonio.
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IL FOLKLORE
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Buonabitacolo invece possiede una tradizione popolare legata a motti, versi
e stornelli, che venivano recitati o cantati per dichiarare un amore, vendicarsi
di un rifiuto amoroso, dare un consiglio o semplicemente destare ilarità.
Questi canti e racconti trovavano particolare espressione nelle domeniche invernali che precedevano il carnevale, durante le quali i frazziuoli - ovvero i
recitatori di frasi o motti, tutti uomini, ma alcuni travestiti da donna - andavano in giro a coppie per il paese ballando a suon di musica e recitando versi.
Nel tentativo di conservare questa cultura orale, si svolge a Buonabitacolo
una bella festa popolare, Lu cunto re zì Liuccio (Il racconto di zio Eliuccio,
in riferimento a S. Elia Patrono di Buonabitacolo), nel corso della quale alcuni attori di una compagnia teatrale recitano, girovagando nel centro storico, i cosiddetti cunti, ovvero fiabe e racconti popolari. La festa rappresenta dunque un tuffo nella tradizione, con la possibilità di assaporare piatti tipici ed unirsi in scatenate tarantelle.
I costumi tradizionali
Sino a qualche generazione fa, le donne della maggior parte dei paesi del
Vallo di Diano, nei giorni di festa indossavano il costume tradizionale. Pare
che le più eleganti fossero le donne di Polla, le quali indossavano una lunga gonna di panno rosso, detta ‘u suttànu, dotata di una sopragonna turchina rialzata per metà e bordata d’oro. Su questa si appoggiava un bustino ‘u curpèttu - di raso rosso o di altro colore
vivo, che risaltava sopra la camicia di mussola bianchissima: quest’ultima era senz’altro il capo più raffinato, per l’ampia scollatura adorna di merletti e le larghe maniche
a sbuffo, ricche di ricami. Coprivano infine
il capo con un panno scarlatto. Un vero
trionfo di colori sgargianti, di ricami e di ornamenti in oro, che ha fatto avvicinare il costume, tra l’altro simile a quello presente in
Calabria e Basilicata, alle fogge bizantine.
A differenza delle altre donne del Vallo,
inoltre, le pollesi indossavano il costume
tradizionale anche quando erano a lutto,
coprendo il seno con un fazzoletto nero o
sostituendo ai nastri colorati altri di colore nero. Oggi
Costume Tradizionale
è ancora possibile ammirare gli abiti tradizionali deldi Polla
le donne di Polla in Santa Maria la Scala, un’antica
cappella che, dismessa dall’uso religioso, ospita una
rassegna permanente delle antiche vestiture pollesi.
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LA TRADIZIONE DELLA FESTA
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Fiere, sagre e rievocazioni storiche
“Alla tavola della principessa Costanza”
a storia e la cultura del Vallo di Diano sono conservate in una serie di
feste civili e religiose che animano il territorio, specie nel periodo estivo.
Fra le tante sagre, ricordiamo ad esempio la Sagra del carciofo bianco
a Pertosa (maggio) con stand gastronomici e degustazione di piatti tipici, la
Sagra dei cavatieddi e dell’arrosto a Sanza (agosto) e la Sagra lagane e fasuli a Montesano sulla Marcellana (agosto).
Tra le fiere gode una lunga tradizione la Fiera del Tomusso a Padula (16
agosto), che prende il nome dalla località dove anticamente si svolgeva un
grande mercato del bestiame, oggi divenuto mercato di generi vari, con una
piccola sezione riservata a cavalli ed asini.
E sempre nel periodo estivo si svolgono alcune coinvolgenti rivisitazioni
storiche: a Padula la Frittata dalle mille uova (agosto) ricorda l’accoglienza
riservata dai certosini a Carlo V, di passaggio in Certosa nel 1535 di ritorno
con il suo seguito dalla battaglia di Tunisi: le mille uova vengono preparate
in un’enorme padella del diametro di tre metri e del peso di una tonnellata.
A Teggiano la manifestazione Alla tavola della principessa Costanza (agosto) riproduce uno spaccato medievale di festa tra balli, pietanze, antichi
mestieri, rievocando il matrimonio fra Antonello Sanseverino, principe di
Salerno, e Costanza da Montefeltro.
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LA TRADIZIONE DELLA FESTA
CURIOSITÀ
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La leggenda della Madonna e il Drago
Una leggenda di sapore
medievale narra di un
drago che viveva sulla
montagna. Per potersene
liberare i Salesi si erano inizialmente rivolti ad un incantatore, il quale dichiarò
che con un incantesimo
avrebbe portato il drago in
città, dove però spettava a loro ucciderlo.
Giunto il momento, il popolo impaurito si
rifugiò nelle case, serrando per bene
porte e finestre, ed il povero incantatore fu divorato
dalla bestiaccia, che tornò
sulla montagna.
Gli abitanti ebbero salva la
vita grazie all’intervento
della Madonna, che portò
il drago davanti alla Chiesa
di San Pietro e lo uccise,
come ricorda il dipinto di un’edicola ricavata nel muro di un’abitazione presso la
chiesa.
Ad Atena Lucana si svolge
da alcuni anni (in agosto) la
manifestazione In Campo
Atinate, che commemora la
storia romana di questo insediamento; a S. Arsenio si
mettono in scena le imprese
di Il brigante Tittariello (fine
luglio); a Sala Consilina sono
ricordate invece Le giornate
garibaldine (settembre).
“Alla tavola della principessa Costanza”
Le feste religiose
Moltissime sono poi le feste religiose nel corso dell’anno: il 17 gennaio a Buonabitacolo, Sanza, Sassano e Casalbuono si festeggia Sant’Antuono accendendo nelle diverse contrade paesane falò purificatori con cui favorire la
fecondità e la fertilità della terra.
Per il Corpus Domini, una delle feste più sentite della tradizione reigiosa
popolare, a Padula e Sala Consilina viene realizzata l’infiorata e si svolge
una processione che vede partecipe tutta la popolazione.
Del tutto particolari sono le doppie processioni in montagna, che ricordano
il rituale della transumanza, durante le quali si porta il simulacro presente
nella chiesa madre nel santuario in cima ai monti, per poi ricondurlo in
paese al termine dell’estate: folte compagnie di pellegrini accompagnano
ai santuari montani le immagini sacre portate a spalla al suono, ormai sempre più raro, di tamburelli, ciaramelle e zampogne.
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LA TRADIZIONE DELLA FESTA
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Molto curiosa è inoltre l’abitudine di portare in processione, nella gran parte delle feste religiose, i cinti o cende, elementi votivi costituiti da candele
dipinte e addobbate con nastri colorati.
Sulla cima del Cervati si venera la Madonna della Neve (una delle “Sette
Sorelle” del Cilento) per la quale tutto il Vallo nutre profonda devozione. Da
Sanza ogni 26 luglio, alle 4 del mattino circa, dopo la Santa Messa i fuochi
d’artificio annunciano la partenza della statua in legno, fissata ad una stipa
e portata a spalla; con passo spedito si sale per circa venti chilometri attraverso boschi, valli, pianori e pascoli, fin sulla vetta del monte più alto della
Campania. Il ritorno al paese si celebra il 5 agosto, per la festa di Maria Santissima della Neve.
Tra i festeggiamenti patronali si ricordano la festa di S. Cono con processione da Teggiano alla bella abbazia privata di S. Maria di Cadossa presso Montesano sulla Marcellana (prima domenica di agosto); la
festa di S. Michele alle Grottelle (terza
domenica di giugno) con la suggestiva
processione a suono di zampogne sull’altura della Civita di fronte Padula,
dove si trova il santuario rupestre dagli
interessanti affreschi medievali.
I festeggiamenti per San Michele Arcangelo a Sala Consilina (28-30 settembre) iniziano la sera del 28 quando,
partendo dal quartiere di S. Eustachio,
viene portata in processione a spalla una
barca con a bordo un bambino nelle vesti di S.
Michele, preceduta da una fiaccolata di ragazzi
inneggianti al santo, da un suonatore di organetto e da lu iardínu ri Sandu Micheli (il giardino di S. Michele) un trofeo di uva, pampini
e foglie d’edera. Arrivati alla Chiesa Madre si
simboleggia per tre volte l’entrata della barca
nel luogo sacro: questa, come respinta, oscilla indietro secondo un rituale di allontanamento
del Male. Il giorno seguente di fronte alla Chiesa di S. Eustachio si assiste con un po’ di trepidazione
Dall’alto: pellegrini in proal Volo dell’Angelo: il bambino-angelo viene agganciato
cessione verso il monte
ad un filo d’acciaio, sospeso a 10 metri di altezza, così
Sito Alto; il volo
dell’Angelo
da volare per tre volte, grazie ad un sistema di carrucole e funi manovrato da due uomini, sino alla statua
di S. Michele, portando in offerta al patrono i doni rituali in cambio della protezione dei Salesi.
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LA GASTRONOMIA
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I piatti della tradizione
I
l vissuto e le consetudini del Vallo di Diano emergono anche nella sua cucina tipica, fatta di ingredienti semplici e genuini, e diversi sono i ristoranti o gli agriturismo in cui è possibile assaggiare i piatti della tradizione
valdianese.
Tra gli antipasti ottimi sono i salumi locali come: salsiccia, soppressate, prosciutti e capicolli; gli sciuscilluni, peperoni dolci lasciati seccare per qualche
mese e poi tuffati nell’olio bollente; la ciambotta, a base di melanzane e altre verdure. E poi i ruospi, pasta lievitata e fritta con acciughe, e il caciocavallo dell’emigrante, frutto dell’ingegno dei valdianesi che, emigranti nelle
Americhe, nascondevano la soppressata all’interno di un caciocavallo per
riuscire a farla passare alla dogana.
Regina a tavola è la pasta fatta in casa in mille modi diversi: fusilli, cavatelli, vermicelli, ravioli sono conditi col sugo. Tradizione del giorno dell’Ascensione sono i tagliolini con latte, noce moscata e cannella, per ricordare l’Ascensione del Signore in una nuvola candida; mentre per la domenica delle Palme vengono preparati i parmarieddi, orecchiette di grande formato fatte con i polpastrelli delle dita e condite con ragù. Ancora tra i primi
piatti vi sono i vermicelli aglio e olio con mollica di pane e pezzi di acciughe; gli spaghetti ccu la middica conditi sempre con mollica di pane a cui si
aggiungono uva passa, pinoli, acciughe e olio; le minestre: lagane e fagioli
o in alternativa ceci o lenticchie insaporite con la porva, peperone dolce o
piccante in polvere.
Tra i secondi e contorni: il suffritt’ e patan’ (soffritto con patate e frattaglie),
la costa di maiale con i peperoni in agrodolce, le ottime salsicce al finocchietto con le cime di rapa saltate, la cicoria selvatica
con cotenna di maiale
o con fagioli.
Pietanza tipicamente
invernale di Monte San
Giacomo è Patan’e cicci, pietanza povera della tradizione contadina,
a cui è dedicata anche
una sagra che si svolge
tra Natale e Capodanno nella piazza del
paese riscaldata da
falò. Ingredienti principali sono le patate
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LA GASTRONOMIA
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rosse di montagna e i fagioli
bianchi che vengono ridotti a
purea ed insaporiti con por’v’
(ovvero polvere di peperoni
essiccati e macinati), sale e
pepe.
In quasi tutti i paesi del Vallo è usanza cucinare la cuccía il primo maggio, ad eccezione di Padula dove si
prepara il 13 dicembre,
giorno di S. Lucia, come accade anche in diversi paesi
della Calabria e della Sicilia. Il
nome viene dal greco kókkos,
“granello” e costituisce uno dei
tanti lasciti della cultura greca; si
tratta di una pietanza gustosa,
consistente in grano ammollato e
cotto con vari legumi in acqua o
latte; in passato nel Vallo era abitudine cucinarla insieme su un
grosso falò, dopo aver raccolto gli
ingredienti nelle diverse case, e
Piatti tipici valdianesi:
quindi distribuirla a tutto il paese come augurio per
dall’alto il caciocavallo
un buon raccolto.
dell’emigrante e la
“panella chiena” piatto di
Fra i dolci, quelli tipicamente natalizi sono le zeppoCasalbuono
le fritte, i torroncini ricoperti di naspro, i panzarotti
fritti ripieni di crema di castagne o ceci.
Un altro dolce tipico della tradizione popolare è il
sanguinaccio, fatto subito dopo l’uccisione del maiale, utilizzando il sangue
cotto a bagno maria con vin cotto e latte. Variante realizzata a Padula è una
torta di pasta frolla ripiena di sanguinaccio con molta cioccolata, pane sbriciolato e aromi.
In occasione dei pellegrinaggi in montagna a Sala Consilina e Padula si usa
ancora preparare i cavati fritti, gnocchi di pasta lievitata o dolce cosparsi di
zucchero.
Ed è proprio a Padula che, con una miscela di farina di grano tenero e duro
e con lievito naturale, si produce un pane casereccio dalla forma rotonda e
dal peso di circa 2 chili, che viene cotto a legna. Le incisioni sulla crosta disegnano una quadrettatura simile a quella del panis quadratus dei Romani,
raffigurato nei mosaici pompeiani.
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L’ARTIGIANATO
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Fatti a mano
L
e tradizioni locali legate alle lavorazioni artigianali nel Vallo di Diano come un po’ dappertutto - vanno scomparendo. Un tempo erano fiorenti nel territorio le lavorazioni artigianali della pietra, del legno e degli intrecciati. Oggi restano soltanto pochi laboratori superstiti ed il lavoro di alcuni anziani che durante la buona stagione si siedono sull’uscio
delle proprie case ad intrecciare ceste, ad intagliare scodelle o a ricamare.
A Padula continua tuttavia a tramandarsi l’arte del ricamo grazie a due
gruppi di ricamatrici che si riuniscono presso il Convento di S. Francesco e
presso la Chianca Vecchia.
A S. Arsenio, nel laboratorio di tessitura di Margherita Pica vengono realizzati arazzi, tappeti e tende ispirandosi anche a motivi tradizionali.
A Teggiano, sopravvive la lavorazione artigianale della pietra - che un tempo aveva reso noti al di fuori del Vallo gli scalpellini padulesi - con il laboratorio di Barbato e quello di Moscarella e La bottega della pietra nella piazza principale.
Sempre a Teggiano, la famiglia Mariniello tramanda da generazioni l’arte
della forgiatura realizzando anche su
commissione elementi d’arredo e piccole sculture.
A Polla l’antica tradizione della costruzione di zampogne e ciaramelle è oggi
mantenuta viva da Raffaele Sabbatella,
che nella sua bottega lavora al tornio a
pedale il legno d’ulivo per ottenere la
rotondità necessaria per le canne.
Per quanto riguarda la ceramica a Sala
Consilina vi è il laboratorio di Carmine
Greco ed in località Trinità di Sala Consilina il laboratorio dei fratelli Scialpi.
Molto antica è la lavorazione dei salici
per farne cestini, recipienti di varie forme e dimensioni, fusciéddi nei quali
mettere in forma ricotte e formaggi.
Per i più piccoli si consiglia una visita da
Michele Miele, un artigiano che si diverte nel suo garage presso Sala Consilina a riproIl Museo Ccivico di
Montesano;
durre i giochi in legno di un tempo ma anche trenini,
donne ricamatrici
macchinine ed arredi per le case delle bambole.
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